VENEZIA

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  1. gheagabry
     
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    « (...) con un ricco e solenne Bucintoro,
    sopra il quale venne fino a S. Clemente,
    dove già era giunto il principale
    e più solenne Bucintoro con i consiglieri. »


    IL BUCINTORO



    Il Bucintoro è un naviglio di parata, ornato con lusso d'intagli e di sculture dorate, destinato a pubbliche solenni cerimonie o a navigazione di diporto. Questo tipo di nave era posseduto fin dal sec. XV dai pontefici, dai Visconti di Milano, dagli Estensi di Ferrara e più tardi nel '600 e nel '700 Luigi XV re di Francia, i viceré di Sicilia e i duchi di Savoia. Ma il Bucintoro per antonomasia, il più celebre di tutti per la magnificenza degli addobbi, per l'antichità e per l'importanza delle cerimonie in cui era usato, fu quello della repubblica di Venezia. era riservato, quale propria nave di stato, nei cortei acquei, ad accogliere il doge e la signoria con il loro corteggio in pubbliche feste e in ricevimenti allestiti per la venuta a Venezia di sovrani e di augusti personaggi, ma soprattutto nell'antichissima "Festa della Sensa", il tradizionale "Sposalizio" del mare celebrato ogni anno alla presenza della signoria e del doge, che con grande pompa si recava al porto di S. Nicolò di Lido, dove gettava nelle onde il simbolico anello nuziale.

    Il nome bucintoro, come testimonia anche il Sanudo, deriva dal veneziano buzino d'oro (burcio d'oro), latinizzato nel Medioevo come bucentaurus, nome di un'ipotetica creatura mitologica simile al centauro ma con corpo bovino. Questo ha portato qualcuno a sostenere che il nome derivasse da una testa bovina utilizzata come polena della galea, ma l'ipotesi è erronea: il nome bucentaurus non esiste nella mitologia greca, e la polena dei Bucintori (come appare nei dipinti che li raffigurano) è Venezia sotto forma di Giustizia. In un antico cerimoniale della basilica di S. Marco, datato fra il 1250 e il 1289, a indicare il Bucintoro viene invece adoperato un termine dialettale Buzo, che potrebbe confermare l'ipotesi che la parola Bucintoro sia la tarda trasformazione di Buceus aureus o Buzo d'oro (Buceus, Buzo "Burchio"). Contrasta con tale etimologia, un documento veneziano del 27 settembre 1355, in cui il termine di buzentauro (Venezia, Archivio di Stato - Senato Misti) è usato a indicare una comune nave di trasporto. Sembra comunque che qualsiasi grande e sontuosa galea veneziana fosse chiamata con il nome Bucintoro.

    Il Bucintoro nella sua ultima forma settecentesca era lungo circa m. 35, largo circa m. 7,50; nella sua struttura generale riproduceva il tipo ormai tradizionale: si presentava cioè diviso in due piani, l'uno in basso per i 42 remi (21 per lato), mossi da 168 rematori (4 per remo), scelti fra gli operai dell'Arsenale, e l'altro superiore, ricoperto in tutta la sua lunghezza da un baldacchino o tiemo, rivestito all'esterno di velluto rosso e sostenuto ai lati da cariatidi scolpite e dorate. Il piano superiore si componeva di due parti: quella maggiore, suddivisa longitudinalmente in due lunghi corridoi, con quattro fila di seggi, costituiva la sala della Signoria; l'altra, di più ristrette proporzioni, con copertura più alta, formava il gabinetto del doge, il cui ricco trono era collocato nel fondo a poppa; intorno erano disposti i seggi per gli ambasciatori e i più cospicui personaggi invitati alla cerimonia. In corrispondenza alla divisione fra la sala e il gabinetto ducale era piantato l'unico albero su cui s'issava il gonfalone a code della repubblica, e a cui veniva appeso lo stemma del doge regnante. Nella parte anteriore della nave, trovavano posto oltre agli scudieri del doge e ai componenti la corte ducale, i comandadori, con gli otto vessilli dello Stato e i sonatori con le trombe d'argento, mentre i cantori della cappella di San Marco erano raccolti nell'ultimo tratto del tiemo verso il gabinetto ducale. Il vastissimo complesso delle sculture esterne ed interne spettava quasi integralmente ad Antonio Corradini, il cui nome era inciso a prua; solo alcune sculture, fra cui una colossale statua di Marte e due grandi leoni andanti, collocati a poppa contro il timone, erano state ricavate dal precedente Bucintoro, ove erano ricordate come opera di Alessandro Vittoria.
    Di questi intagli oggi non rimangono che pochi frammenti: due figure allegoriche a rilievo (Maggio e l'Ora quinta del giorno) e un trofeo di emblemi marini si conservano presso A. Banchieri di Feltre.

    ...storia...


    Venne utilizzato nelle cerimonie pubbliche già dal doge Pietro Tradonico nel lontano 836, epoca alla quale si possono, quindi, far risalire le più antiche attestazioni in assoluto.
    La più antica testimonianza, nei documenti veneziani questa nave di stato con l'appellativo di Bucintoro, risale solo al 1252, alla "promissione" del doge Renier Zeno, nella quale è fatto obbligo all'Arte dei Marangoni di provvedere alla costruzione del Bucentaurum: prescrizione che viene ripetuta in altre promissioni ducali e nel "Capitolare dei Marangoni" del 1271. Il 17 agosto 1311 fu aggiunta alla Promissione Ducale, del doge Marino Zorzi, una nuova legge “quod Bucentaurus Domini ducis fiat per Dominium et teneatur in Arsenatu”, con tale legge per la prima volta si prescriveva l’addebito delle spese per la costruzione al bilancio pubblico e la custodia dell’imbarcazione in Arsenale. L'imbarcazione si presentava già con le sue tipiche caratteristiche: due ponti, uno per i rematori e uno di rappresentanza, sovrastato dal tiemo, una copertura a volta con ampie aperture laterali, tale da ricreare sulla nave una vasta sala destinata alle autorità, sopraelevata verso poppa, nella zona destinata al trono ducale. La prua recava una grande statua raffigurante Venezia nelle vesti della Giustizia.
    Un nuovo e ancor più grande Bucintoro venne varato nel 1526, in sostituzione del precedente, oramai vetusto. Questo Bucintoro si presentava più grande e riccamente decorato del precedente. La grande statua della giustizia è attualmente conservata nel Museo Storico Navale di Venezia. Anche in questo Bucintoro la copertura, il tiemo, era mobile.
    Nel 1601 venne avviata la costruzione di una ulteriore versione della nave, varata nel 1606, per la prima Sensa del doge Leonardo Donà. Ancor più grande del precedente, questo Bucintoro presentava, nella zona di poppa, luogo dove sedeva il doge, un tiemo sopraelevato. La zona di prua veniva lasciata priva di copertura per consentire una più agile esposizione delle insegne dogali (vessilli e trombe d'argento) e culminava con la polena in forma di Giustizia. Gli autori degli intagli furono gli scultori bassanesi Agostino e Marcantonio Vanini.
    L'ultimo e più magnifico dei Bucintori, venne commissionato dal Senato nel 1719, e consegnato nel 1729. Fu soggetto di numerosissimi dipinti dei vedutisti veneziani del Settecento. Sopravvisse sino alla caduta della Repubblica e all'arrivo degli occupanti francesi nel 1797. Venne distrutto il 9 gennaio nel 1798 da questi ultimi in spregio verso l'abolita Repubblica e dei sopraggiungenti austriaci, ma soprattutto per ricavarne l'oro delle decorazioni, arse sull'isola di San Giorgio Maggiore.

    "Il 9 gennaio 1798 gli intagli e le statue dorate della nave dogale furono distrutti a colpi di ascia dai francesi: accatastati nell’orto di S. Giorgio Maggiore furono dati alle fiamme. Il rogo durò tre giorni. Le ceneri furono portate a Milano per trarne l’oro delle dorature. I pochissimi frammenti decorativi che si salvarono dalle fiamme sono conservati al Museo Correr di Venezia. Fu risparmiato solo lo scafo, seppur privo del secondo ponte: prendendo il nome di Prama Hydra fu messo a guardia dell’imboccatura del porto del Lido come batteria costiera, armata da cannoni. Poi lo scafo tornò in Arsenale, dove era nato secoli prima. Lì rimase fino al 1824, anno della demolizione definitiva. Fortunatamente, prima della demolizione il marchese Amilcare Paulucci delle Roncole, vice Ammiraglio dell’Imperial Regia Marina Austriaca, fece eseguire all’ingegner Giovanni Casoni il modello in scala 1:10 che attualmente è conservato presso il Museo Storico Navale di Venezia. Tale modello riproduce con la maggior fedeltà possibile l’ultimo Bucintoro." (www.fondazionebucintoro.it)


    Il Bucintoro aveva sede nell'Arsenale di Venezia, dapprima in un bacino, come attestato dalla pianta di Jacopo de Barbari del 1500, in seguito in un apposito scalo coperto, detto Casa del Bucintoro, dove la nave era conservata all'asciutto e priva degli addobbi. Prima di essere utilizzato il Bucintoro veniva accuratamente calafato, per ripristinare l'impermeabilità dello scafo, e riaddobbato. Ai remi erano per esclusivo privilegio gli operai dell'Arsenale, detti Arsenalotti, mentre il comando spettava all'Ammiraglio dell'Arsenale, coadiuvato da prua dall'Ammiraglio del Lido, che verificava la rotta, e da poppa dall'Ammiraglio di Malamocco, che sovrintendeva al timone.


    "5 ottobre 1786.
    Per esprimere in due parole che cosa è il Bucintoro, lo chiamerò una galea da parata. Il Bucintoro antico, del quale rimangono le riproduzioni, giustifica questa espressione più ancora del moderno, il quale con tutta la sua magnificenza ci fa dimenticare la sua origine. Insisto sempre nella mia antica idea: date ad un artista un soggetto veramente buono, ed egli produrrà qualche cosa di buono. Nel caso nostro all’artista era stato dato il compito di costruire una galea, che fosse degna di portare i capi della repubblica, nel giorno solenne che consacra il tradizionale dominio del mare; un tal compito è stato eseguito alla perfezione. La nave è già per sé tutta una decorazione; non si può dire quindi che sia sovraccarica di ornamenti; è tutto un cesello d’oro, e del resto non serve ad altro; è un vero e proprio ostensorio, che serve a mostrare al popolo i suoi principi, in tutta la loro magnificenza. Si sa che il popolo, come ha una predilezione per adornare i suoi capelli, così ama vedere anche i suoi superiori in abito elegante e sfarzoso. Questa nave di gala non è che un autentico mobile d’inventario, che ci ricorda in modo tangibile quello che i Veneziani furono, o si lusingarono di essere."
    (Goethe, in Viaggio in Italia)


    ..la Festa della Sensa..



    Le origini della Festa della Sensa hanno le radici nella storia di Venezia, e più precisamente nell'episodio che vede il doge Ziani fungere da mediatore tra il Papa Alessandro III e l'imperatore Federico Barbarossa.
    La leggenda vuole che il Papa, a suggello e ricompensa dell'azione diplomatica svolta dalla Serenissima, e culminata nella pace di Venezia del 1177, grazie all'incontro tra papa e imperatore avvenuto a Venezia proprio il giorno dell'Ascensione, abbia conferito alla città numerosi privilegi: l'uso della spada, del cero, della bolla, degli stendardi, della sedia curile, delle trombe d'argento, la concessione di un'indulgenza a San Marco per la festa dell'Ascensione. Tra questi, anche la facoltà di "sposare il mare", come segno di dominio e investitura ufficiale del predominio che di fatto la Repubblica già esercitava sui mari.
    Il rito dello Sposalizio con il Mare. Con questo articolato rito il Serenissimo Doge voleva dimostrare il fondamento giuridico del dominio del golfo. Probabilmente la cerimonia, al di là della leggenda e della tradizione, aveva precedenti origini bizantine, oppure si innestava su antichi riti pagani propiziatori. Il doge, con il seguito, si imbarcava sul Bucintoro e, raggiunta la bocca di porto di San Nicolò, gettava in mare un anello d'oro. Il Bucintoro era seguito da un folto e colorato corteo di barche ornate a festa, con i rappresentanti dei mestieri e delle principali corporazioni cittadine.
    Il giorno dell'Ascensione il Bucintoro veniva portato davanti alla piazzetta: lì aspettava l'imbarco del doge e del Consiglio, insieme agli ospiti illustri e agli ambasciatori stranieri. Il corteo era composto dai comandadori, dagli scudieri, dai canonici, dai chierici, dai cancellieri. Durante il viaggio i musici della cappella marciana intonavano madrigali. Superata l'isola di S. Elena, il Bucintoro veniva raggiunto da un'imbarcazione col Patriarca che, salito a bordo, benediceva il mare. Immediatamente dopo il doge gettava l'anello in acqua, a suggello del matrimonio. (www.algiardinovenezia.it/)
     
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