SICILIA PARTE 2^

ENNA..MORGANTINA..FINO ALLE PENDICI DELL’ETNA PER ARRIVARE A CATANIA

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “ ... Giovedì ... pennacchi di fumo grigio che si perdono nell’azzurro del cielo sono come segnali di un codice cifrato che raccontano la rotta che dovremo seguire per il viaggio di oggi ... sapori unici e forti come la terra che li produce e che rappresentano ... il sole alto nel cielo riscalda più che in ogni altro luogo ... andiamo verso Sud sfogliando le pagine di questo libro unico e affascinante chiamato Sicilia ... Buon risveglio amici miei ... anche oggi la Sicilia si mostra a noi e ci svela storie e immagini che la raccontano ...””

    (Claudio)



    LA ROTTA PROSEGUE VERSO SUD..ENNA..MORGANTINA..FINO ALLE PENDICI DELL’ETNA PER ARRIVARE A CATANIA..


    “Curiosi sono i primati di Enna, primo fra tutti è proprio quello di essere il capoluogo di provincia meno popolosa della Sicilia e tra i meno abitati di tutta Italia. Grazie alla sua conformazione geografica, è nota anche come Ombelico di Sicilia (termine coniato dal poeta Callimaco) o Belvedere di Sicilia. ….con i suoi 931 metri di altitudine, è il capoluogo di provincia più alto d’Italia. Il terrazzamento calcareo naturale sul quale sorge Enna, le conferiscono l’aspetto di un palco sullo splendido scenario dell’entroterra siciliano, fatto di groppe e colline che si susseguono senza sosta fino al mare. Villaggio degli autoctoni Siculi che la resero fortezza per difendersi dai Sicani, nel V secolo a.C fu colonizzata dai Greci. Liberata nel 227 a.C. dalla dominazione cartaginese per opera di Pirro, si alleò con Roma e ne ricevette, in cambio, un nuovo nome: Castrum Ennae. Gli Arabi, che vi soggiornarono come dominatori, trasformarono il nome in Qasr Yani, Castrogiovanni, nome che rimase ad Enna fino al 1927. I monumenti che Enna conserva riescono a coprire diverse epoche storiche. Il più antico risale all’epoca greco-romana: si tratta della Rocca di Cerere, resti che dovevano appartenere ad un grande tempio eretto in onore della dea…..il Duomo..del XIV secolo e il campanile della chiesa di San Francesco d’Assisi.…la dimora nobiliare di Palazzo Pollicarini, con un sontuoso portale di epoca barocca …. sei delle venti torri di cui era merlato il Castello Lombardo”


    “Sperlinga è come se fosse lo scenario ideale per le giostre dei cavalieri. Nell'XI secolo il re normanno Ruggero I fece edificare un'imponente fortificazione su una rupe di arenaria a 1050 m di altezza. Fatta ampliare da Federico II, la fortezza fu di proprietà dei Ventimiglia, i sovrani di Castebuono, fino al XVI secolo. La località stessa nacque soltanto alla fine del XVI secolo, quando un certo Giovanni Forte Natoli fondò qui un principato sotto il dominio spagnolo. Sperlina è entrata nella storia durante i Vespri siciliani, quando fu l'unica località dell'isola a garantire un rifugio ai francesi. Sul secondo portale di accesso al castello gli abitanti scolpirono con orgoglio la seguente epigrafe: Quod siculis placuit sola Sperlinga negavit (soltanto Sperlinga si oppose a ciò che piaceva ai siciliani). Una ripida scalinata rupestre conduce al belvedere con uno stupendo panorama sull'altopiano di Gangi, sul massiccio delle Madonie e dei Nebrodi e infine sull'Etna. Nella zona circostante il castello si possono visitare numerose caverne abitate e utilizzate fino agli anni '60. Alcune mantengono ancora gli arredi originali, mentre altre sono state trasformate in stalle o, con l'aggiunta di una facciata, in case vere e proprie.”



    “Agira è un piccolo paese a circa 850 mt sul livello del mare… antichissimo e ricco di storia… Agyrion, così era chiamata dagli antichi, è legata alla mitologia perché si racconta che qui Ercole trovò rifugio e ricevette cure e cibo durante il suo peregrinare per affrontare le prove a cui era sottoposto…. passeggiare attraverso il quartiere arabo, vagare e perdersi tra gli stretti vicoli che portano nei “bagli”, antichi cortili interni alle abitazioni….Il quartiere greco ancora custodisce reperti e resti della vecchia città, ma la scoperta più interessante è stato il ritrovamento dell’Aron Ha’kodesch… un portale in pietra arenaria rinvenuto all’interno della vecchia sinagoga, poi divenuta chiesa cristiana…. alle spalle dell’attuale chiesa del Santissimo Salvatore…La zona nord della città sembra da lontano quasi un braccio proteso verso il cielo, dove oggi si scorgono i resti del castello e, a pochi metri dalla sinagoga, le torri d’avvistamento normanne. L’Aron o arca santa è in realtà uno splendido esempio in arenaria del XV secolo, una sorta di armadio che serviva a custodire i rotoli della Torah…oggi meta di pellegrini e turisti di religione ebraica che arrivano prevalentemente dal Jewish Museum of New York, per ammirare quello che è definito il più interessante esempio di Aron Ha’kodesch rinvenuto nell’area mediterranea…Ha una importante iscrizione dedicatoria che consente di identificarne con esattezza l’anno di costruzione. Vi si legge: “Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore” (Isaia, 2,5)…. per risalire alla data dei monumenti ebraici si fa riferimento al valore numerico delle ultime lettere del versetto biblico in essi riportato….. secondo il computo degli anni del calendario ebraico, l’anno è il 5214 dalla creazione del mondo, corrispondente all’anno 1454 del calendario gregoriano.”



    “Morgantina..E’ un sito archeologico magico!..Ha tutte le caratteristiche architettoniche ed urbanistiche della città greca per eccellenza…...dagli scavi sono emersi resti databili dalla metà del V alla fine del I secolo a.C. Tra questi la bellissima statua di Venere oggi custodita al Getty Museum di Los Angeles e destinata a ritornare alla sua naturale dimora nel 2010…..Visitando il sito ci si immerge nel passato e si rivivono gli ambienti di quest’antica città, dall’agorà all’acropoli, dalle mura di cinta alle aree sacre…”



    “L'Etna nasce da eruzioni sottomarine che circa 500.000 anni fa, formano anche la Piana di Catania, prima occupata da un golfo. Nel Medioevo il vulcano erutta nel 1329 e nel 1381, seminando il terrore nella gente che vive nella zona. Ma è nel 1669 che ha luogo il cataclisma più terribile: il torrente di lava scende fino al mare devastando in parte Catania al suo passaggio. L'Etna mantiene sempre il suo pennacchio di fumo e può in qualsiasi momento entrare in attività….Tutt'intorno ai crateri, le colate di lava nere se sono recenti, grigie quando invece risalgono a tempi più lontani e cominciano a ricoprirsi di licheni, testimoniano con la loro presenza e, qua e là, con i loro funesti effetti …strade interrotte, edifici distrutti… l'incessante attività del vulcano….. il parco copre un'estensione di 59000 ha….La montagna appare come un enorme cono nero, visibile in un raggio di 250 km. Alla sua base, estremamente fertile, prosperano numerose colture di aranci, mandarini, limoni, olivi, agavi, fichi d'india, nonchè banani, eucalipti, palme, pini marittimi e viti da cui si produce eccellente vino Etna. Sopra i 500 m crescono noccioli, mandorli, pistacchi, castagni che più in alto lasciano il posto alle querce, ai faggi, alle betulle ed ai pini, soprattutto nella zona di Linguaglossa … Il paesaggio a queste quote è inoltre caratterizzato dalla ginestra dell'Etna…Superati i 2100 m di quota ha inizio la zona desertica dove si trova lo spinosanto (Astragalus siculus), piccolo cespuglio spinoso, a cui spesso si trovano associate variopinte varietà endemiche di viole, seneci e altri fiori che popolano le pendici dei crateri secondari. Verso le punte più elevate, la neve e la lava calda per lungo tempo, impediscono la crescita di qualsiasi tipo di vegetazione macroscopica…..è il cosiddetto deserto vulcanico….Il parco dell'Etna ospita anche una fauna variata di piccoli mammiferi (istrici, volpi, gatti selvatici, donnole, martore, ghiri), volatili (gheppi, poiane, fringuelli, picchi, upupe), alcuni rettili, tra cui la vipera, e moltissime farfalle tra le quali spicca l'Aurora dell'Etna.”



    “Calatabiano … un castello arabo-normanno… è possibile accedervi tramite un ascensore panoramico inclinato che ha pareti vetrate e che regala un panorama mozzafiato di tutta la valle dell’Alcantara e del comprensorio Taormina-Etna e conduce dalle pendici della collina fin su al castello… Arrivati su in cima si innalza imponente il maniero a cui si accede oltrepassando un arco in pietra… Entrati nel castello tutto è storia, tutto narra di antiche vicende e di antichi eroi… le numerose sale del castello…gli archi a tutto sesto nelle possenti mura, tegole greche, colonnine e resti di arcatelle con porzioni di intonaco…la “sala Cruyllas” (della famiglia gotico-catalana dei Cruyllas, come suggerisce lo stemma nobiliare a nove crocette), la sala d’Armi (il pavimento è composto da vetrate che lasciano vedere i cosiddetti pithoi - grandi vasi in terracotta), la cappella (con tracce cromatiche di affreschi) ed il museo multimediale per la fruizione dei beni culturali della Diocesi di Acireale.”


    “Forse è per via delle numerosissime ginestre che crescono nei boschi, colorando tutto di giallo il paesaggio circostante, o forse è per via della coltivazione di zafferano - un tempo diffusissima – che questa ridente località alle pendici orientali dell’Etna ha assunto il nome di Zafferana Etnea…la “perla dell’Etna”, così come la chiamano in tanti, sorge a circa seicento metri sul livello del mare da cui domina la provincia di Catania….da qui si può assistere ad uno degli eventi più spettacolari che la natura è in grado di offrire: l’eruzione del vulcano…Un trionfo di lapilli scintillanti che fuoriescono dal cratere del vulcano, come fantasmagorici fuochi d’artificio…….Nelle giornate di sole, assai rare in realtà ( gli indigeni hanno adottato il divertente modo di dire “A Zafarana si non chiovi è anneulatu” cioè “A Zafferana se non piove, comunque è nuvoloso”), è possibile ammirare uno splendido panorama che spazia dalla valle del Bove al golfo di Siracusa, arrivando ad abbracciare persino le coste della Calabria…..Chiunque abbia avuto modo di affacciarsi da quella terrazza “ideale” almeno una volta nella vita non troverà un caso che uno dei più grandi registi di ogni tempo, cioè Franco Zeffirelli, abbia scelto proprio quelle valli e i suoi dolci declivi per girarci “Storia di una Capinera”, tratto dal romanzo di Verga…….il centro storico di Zafferana Etnea però è altrettanto in grado di offrire ai suoi visitatori non poche sorprese, a cominciare dalla Chiesa madre di Santa Maria della Provvidenza che - miracolosamente sopravvissuta ai numerosi terremoti che si sono succeduti negli anni – si erge candida e maestosa in piazza Umberto I…. Capitello della Madonna della Provvidenza che contiene al suo interno il settecentesco simulacro della Vergine, per intercessione della quale nel 1792 si arrestò la potenza distruttrice della colata lavica che avanzava inesorabile verso il centro abitato. Il miracoloso arresto del fiume incandescente avvenne nell’esatto punto in cui il suo simulacro venne condotto in processione. Ecco perché oggi, così come noi lo vediamo, l’altare è sormontato dalla scritta “Tu salus nostra”…Sulla medesima piazza possiamo ammirare il Palazzo Comunale, in stile liberty, per raggiungere il quale percorreremo una pregiata scalinata in marmo bianco”



    “Già Omero, nei versi della sua Odissea, aveva citato questa meravigliosa terra sormontata dall’imponenza dell’Etna….. ed è proprio da questo vulcano nasce la figura di Polifemo, il ciclope a guardia della costa ionica….Narra una leggenda popolare che Galatea, la ninfa marina figlia di Nereo, s’innamorò di Aci, il pastore figlio di Pan. Della fanciulla, però, si accorse anche il ciclope Polifemo che, accecato dalla gelosia, uccise Aci…le nove parti del corpo furono deposte… dove poi furono fondate le nove Aci: Aci Castello e la sua frazione Aci Trezza, Aci Bonaccorsi, Aci Catena e le sua frazioni Aci San Filippo e Aci Santa Lucia, Acireale e la sua Aci Platani, Aci Sant’Antonio che si estendono lungo la costa chiamata Riviera dei Ciclopi….Il comune di Aci Castello è una piccola borgata marinara … Situata in un’ampia insenatura del litorale orientale siciliano, ai piedi di una roccia basaltica…. è cresciuta intorno al fortilizio normanno.. In nera pietra lavica, questa fortezza normanna è arroccata su uno sperone di roccia sul mare …. Il luogo fu fortificato fin dai tempi dei Romani quando qui sorse la Rocca Saturnia….. Più volte distrutta venne riedificata da re Tancredi nel 1189 e sotto i Borboni …il castello venne adibito a prigione. Dalla cima si gode di una bella vista sui Faraglioni dei Ciclopi e sull’Isola Lachea…ill castello è una fortezza a strapiombo sul mare, era raggiungibile solo grazie al ponte levatoio, oramai scomparso…oggi l’unico mezzo per raggiungerlo è costituito da una lunga scalinata, quasi scavata nella roccia…Lo splendore del mare cristallino, che al sorgere del sole rispecchia le forme imponenti della fortezza, fanno della scenario castellese, un dipinto di immenso e raro valore….. la famosa frazione decantata nell’intramontabile capolavoro verghiano dei Malavoglia: Aci Trezza….La caratteristica di Trezza (così chiamata dagli abitanti, i trezzoti) è proprio nel suo porticciolo, che si trova di fronte la Piazza Verga, dove si possono incontrare i barcaroli del luogo , sulle loro caratteristiche barche a remi, che portano i turisti fino agli scogli dei ciclopi….usciti dal porto s’incontra subito l’Isola Lachea; poi la barca attraversa il canale tra la Longa (altro scoglio) e l’isola stessa….i due enormi faraglioni, che si incontrano lungo il cammino, hanno i a che fare con la leggenda di Poliremo..si narra che siano gli enormi massi che il ciclope, ormai accecato da Ulisse e i suoi uomini, lanciò contro di loro”



    “Catania.. fu colonizzata dai Greci (729 a.c.), dai Romani (262 a.c.), dai Bizantini (535 d.c.), poi dagli Arabi (nell'anno 900) che la chiamarono "Città dell'Elefante". I Normanni l'occuparono nel 1071 e durante il periodo aragonese, divenne perfino capitale dell'isola. La storia di Catania è innanzitutto una lunga successione di catastrofi…. La prima distruzione che si conosca risale al 476 a.c., allorquando il tiranno di Siracusa deporta gli abitanti. Essi ritornano quindici anni dopo e danno un tale sviluppo alla loro nuova città che un altro tiranno geloso della sua fama, si accanisce a sua volta e la saccheggia nel 403 a.c. Essa risorge, ma nell'anno 121 un'eruzione dell'Etna la distrugge…. Catania rinasce dalle sue ceneri, ma non sfugge alla furia vendicatrice del figlio di Barbarossa che non perdona agli abitanti di aver sostenuto i Normanni. Gli Angioini a loro volta non la risparmiano al tempo della guerra dei Vespri Siciliani… la terra si squarcia per circa 15 km. nella regione di Nicolosi dove si trovano attualmente i Monti Rossi…..lì fiume di lava scende verso la città, invade il porto e il mare per circa 2 km. .. in considerazione delle dimensioni della catastrofe, Carlo I di Spagna esonera la città da imposte per 10 anni..nel 1693, ..un nuovo terremoto distrugge la città ..Soltanto l'abside della cattedrale, il Castello Ursino e alcune case resistono al cataclisma… e poi la seconda guerra mondiale…Catania è sempre risorta…si possono ammirare..”l’Anfiteatro” a forma ellittica ..che conserva, quasi integro, il corridoio inferiore...il “Castello Ursino” costruito, su commissione di Federico II di Svevia, dall'ar¬chitetto militare Riccardo da Lentini. La mas¬siccia mole è ingentilita dalla presenza, su due facciate, di finestre rinascimentali, di cui una molto ampia decorata da un pentagramma a ca¬rattere mistico, chiamato Segno di re Salomo¬ne….la “Chiesa Del Santo Carcere” eretta su un ba¬luardo spagnolo che incorporava una parte del carcere romano dove fu prigioniera S. Agata…la “ Collegiata” costruita su pro¬getto del gesuita Angelo Italia. La facciata del 1768, estremamente elegante, è l'opera prin¬cipale dell'architetto romano S. Ittar. All'in¬terno, ricco di pitture, sculture e legni inta¬gliati, notevoli, soprattutto, gli affreschi di G. Sciuti…il “ Duomo” rifatto dopo il terre¬moto del 1693, eccetto l'abside. La facciata e il fianco sinistro sono di G. B. Vac¬carini. All'interno sono rimasti molti elementi della costruzione originale normanna, come, per esempio, la Cappella della Madonna. Notevole la Cappella di S. Agata con sculture di A. Freri del XV, bella cancellata di ferro battuto e la Tomba di Ferdinando d'Acuna….la Fontana Dell'elefante - Opera di G. B. Vaccarini, prende come modello l'obelisco della Minerva, a Roma, opera del Bernini….. basamento all'obelisco egiziano l'ele¬fante di lava, simbolo della città.”


    “Terra ricca di argilla, Caltagirone è conosciuta nel mondo per la produzione artigianale della ceramica … l‘arte della maiolica ha origini antichissime: i primi forni risalgono, infatti, all'epoca musulmana e ai normanni e testimoniano di un'attività che non si è mai spenta nel corso dei secoli. Nel tempo gli artigiani, detti cannatari, hanno perfezionato la tecnica esecutiva e decorativa dando prova di grande originalità, conservando, tuttavia, i motivi moreschi e i colori della tradizione (turchino, verde ramino, giallo oro, manganese)….Una miriade di negozietti anima le stradine della città esponendo i prodotti tipici di questa antica arte: mattonelle, candelieri, fischietti, piatti, albarelli (speziali ) ,vasi… Tra gli edifici color ocra si innalzano le chiese, i campanili barocchi e la splendida Villa comunale, giardino pubblico tra i più eleganti di Italia, costruito nell'800 da Giovanni Battista Filippo Basile (padre di Ernesto, maestro del Liberty siciliano). Il centro storico di Caltagirone si estende lungo due arterie principali: Corso Vittorio Emanuele e Via Roma. Sulla prima si affacciano bellissimi palazzi barocchi,…Palazzo Gravina, e la basilica normanna di San Giacomo ..All'inizio della Via Roma, che dal centro storico porta alla città nuova, si trova il 'Tondo Vecchio', scenografica costruzione a forma di esedra, progettata da Francesco Battaglia per celebrare l'apertura della strada….Percorrendo la via si incontrano diverse chiese e la balconata in ceramica policroma di Palazzo Ventimiglia….. Palazzo del Municipio, il Palazzo Senatorio, attuale Teatro comunale e sede della Galleria Don Sturzo… il Duomo di San Giuliano, costruzione dei primi del Settecento….la Corte Capitaniale, l'edificio più originale della città, costruito su un unico piano e ingentilito da una serie di finestre e portali realizzati nel XVI - XVII secolo da Domenico e Antonuzzo Gagini…… la scenografica scalinata: centoquarantadue gradini che collegano la città alta alla città bassa…..fu costruita da Giuseppe Giacalone all'inizio del '600 e nel 1954 le alzate di ogni gradino furono rivestite con mattonelle in maiolica, in un tripudio di motivi geometrici, antropomorfici e fitomorfici…..la chiesa di Santa Maria del Monte, fondata nel 1100 e ridisegnata da Francesco Battaglia nel XVIII secolo, ospita al suo interno la preziosa Madonna di Condomini, interessante opera del Duecento bizantino…… “



    “Caltagirone ha origini antichissime.. il suo territorio fu abitato fin dalla preistoria …. Greci, siculi, saraceni e spagnoli la occuparono nel corso dei secoli, lasciando ampia testimonianza del loro passaggio nel notevole patrimonio archeologico, artistico e architettonico della città…..Importante mercato agricolo, durante la dominazione araba vide fiorire l'arte della ceramica, che a tutt'oggi conferisce fama alla città….Caltagirone, il cui nome deriva dall'arabo Cal'at Ghiran e significa 'castello dei vasi ', è uno dei siti archeologici più importanti del Mediterraneo per il ritrovamento di un gran numero di ceramiche prodotte nelle diverse epoche….. Il suo splendore fu irrimediabilmente leso dal terremoto del 1693 che rase al suolo il paese…però diversamente da quanto accadde per altri centri della Sicilia orientale qui la ricostruzione non trasformò però l'originario impianto medievale, limitandosi ad inserire nel vecchio tessuto urbano le nuove costruzioni barocche caratterizzate da scalinate, balaustre, campanili e cornici nel "nuovo" stile. ….Nella storia della città figura, infine, un nome importante della storia della politica italiana: Don Luigi Sturzo.”










    ETNA



    L'Etna è il vulcano più alto d'Europa, si trova nella Sicilia nord orientale ed è attivo da tempo immemorabile. Con la sua enorme mole si affaccia sul mare Jonio ad est, a nord è delimitato dal fiume Alcantara, il quale scavando il suo letto su terreno lavico ha dato origine a stupende strette gole, le cosidette "Gole dell'Alcantara". Ad ovest e sud ovest l'Etna è invece delimitato dal fiume Simeto. L'Etna è attualmente alto circa 3330 metri, si estende su un perimetro di circa 210 Km e su una superfice di 1600 chilometri quadrati. Durante i periodi di intensa attività eruttiva, la lava può fuoriuscire da centinaia di crateri avventizi che si trovano sui fianchi del vulcano, questi crateri sono raccolti in oltre 260 sistemi eruttivi.



    In tempi storici la più grande eruzione fu quella che avvenne nel 1669. La colata lavica, distrusse molti paesi e terreni agricoli, seppellendo in parte la stessa città di Catania e raggiungendo il mare. Fra le eruzioni del novecento ricordiamo quella del 1908, che portò alla formazione di diversi nuovi crateri e quella avvenuta nel 1928 nel corso della quale la lava distrusse, coprendolo, il paese di Mascali. Nel 1971 grossi pericoli corsero i paesi di Milo e Sant'Alfio, da due distinte bocche eruttive sul versante sud e sul versante est fuoriuscirono due colate principali, che causarono gravi danni alle strade e alle colture, minacciando da vicino i due paesi. Nel 1981 fu Randazzo ad essere minacciata; nel 1983, per la prima volta. la lava venne deviata in un canale artificiale, utilizzando cariche esplosive. Nel 1992 fu Zafferana a correre grandi pericoli. L'eruzione del 2001 è storia recente.





    L'ETNA





    L'etna è il gigante della Sicilia. Una Montagna di Fuoco. Nata dal Fuoco. Che il Fuoco rigenera da millenni. Un Vulcano perennemente attivo, il più grande d'Europa, che dai suoi 3345 metri d'altezza domina l'isola e ogni suo angolo. Per gli antichi navigatori del Mediterraneo fu "il pilastro del cielo".
    Lì dove si erge, un parco di 58.095 ettari, pari quindi a 580.950.000 di metri quadrati, istituito nel 1987. Un parco fenomenale, come fenomenale è la flora, che si adatta alla lava sprigionata sempre più spesso.



    Cenni di Storia
    dell'Etna e del suo parco

    Il vulcano si crea al centro del Mediterraneo 600.000 anni fa e cresce per il sollevamento del fondo marino e per lento accumulo, spostandosi profressivamente fino a prendere il suo attuale posto in sicilia.
    170.000 anni fa ci fu la prima eruzione, durata 70.000 anni.
    80.00 anni fa si crearono le bocche attuali, che fecero eruzioni a intervalli di tempo.
    Con l'avvento dell'era moderna l'Etna diviene un "sorvegliato speciale". Negli ultimi 350 anni infatti ha subito più di 70 eruzioni, perciò i tecnici del sistema Poseidon non lo perdono d'occhio: il controllo, sia diretto che mediante sofisticati strumenti, è attivo 24 ore su 24.
    L'eruzione del gennaio del 2000 si è mantenuta attiva per diversi mesi. Fontate e getti di magma, alti fino a 600 metri, hanno illuminato i cieli delle notte catanesi: il cratere Sud-Est si è letteralmente spaccato a metà e le esplosioni si sono ripetute ogni 6-12 ore.



    Ma l'eruzione più importante nella storia recente è stata quella del 1999, quando in mezzora l'etna ha espulso un paio di milioni di metri cubi di cenere e lapilli, liberando un'energia pari a un decimo dell'esplosione nucleare di Hiroshima :wacko:
    E' stata la più grande colata degli ultimi 300 anni: in quindici mesi erutta più di 300 milioni di metri cubi di lava.
    Il flusso venne fermato con quattro dighe di terra, inizialmente. In seguito viene costruito un canale artificiale per farsi che la lava non colpisca il paese di Zafferana Etnea, con 7000 abitanti.
    Infine, l'opera si completa con un bombardamento aereo di 200 metri cubi di blocchi lavici.



    Ma sebbene sembra che ci sia Guerra al Vulcano, i Siciliani si interessarono alla tutela del Vulcano: Il Parco Regionale dell'Etna venne preso seriamente in considerazione con la nuova legge regionale del 3 ottobre 1995, che ha reso più agile e funzionante la sua gestione.



    Una natura al limite della sopravvivenza.
    L'Etna è una montagna assai viva. La sua altezza non è mai la stessa. Spesso cambia. Sale e scende in un lasso di pochi anni.
    I monti Calanna e Centenari "sostengono" l'attuale cono del Mongibello, che culmina nelle quattro bocche sommitali: "Voragine" e "Bocca Nuova" nel cratere centrale, il cratere di "Nord Est" dell'eruzione del 1911 e quello di "Sud Est" di quella del 1971.
    I canali eruttivi pescano il magma incandescente fino a 20 chilometri sotto il livello del mare, in un'estesa zona di ristagno detta camera magmatica: si tratta di una specie di serbatoio di lava bollente.
    Il magma che lo alimenta ha origine nell parte dell'involucro più esterno della Terra, il cosidetto "mantello".




    Gli ambienti etnei sono di due tipi: quelli originati da ceneri e lapilli, molto più friabili e facilmente colonnizzabili dalle piante e quelli lavici, orginati da lava solidificata, ricchi di minerali, ma poverissimi di sostanze organiche.
    Sono oltre 1400 le specie vegetali presenti nel Parco dell'Etna: molte di queste è possibile osservarle nel Giardino Alpino "Nuopva Gussonea", dove vivono le faggete più meridionali d'Europa.
    Vi sono boschi di betulle (di cui parleremo in seguito) e specie legnose come la ginestra dell'Etna.
    Ma si contano anche i matusalemme vegetali: lecci e castagni che superano il mezzo millennio d'età.



    C'è una fauna che "colonnizza" il parco: i rapaci.
    Nel 1989 la regina dei cieli, l'aquila reale, fu avvistata.
    In seguito si aggiunse anche il falco pellegrino (foto), più veloce in picchiata del solito falco, che si costruisce la casa nelle rocce ma per cacciare preferisce andare nei campi aperti.
    Di notte sono presenti lo sparviero, la poiana e il gheppio.
    Seguiti dalle altre specie più comuni e dal cuculo.

    Betula aetnensis, specie diversa dalla normale betulla: raggiunge solo i 15 metri d'altezza (solo :P ) e ha una corteccia liscia, sottile e di colore bianco argenteo.
    E' esclusiva di questo vulcano, diffusa sul suo versante orientale dove si associa in boscaglie che raggiungono i 2100 metri d'altitudine.

    Vi risparmio la lunga lista di flora e fauna dell'etna. La metterò solo se la richiederete a gran voce :lol:

    Conclusione
    L'Etna è una delle meraviglie del mondo. Appare dall'alto come una gigantesca montagna adagiata sulla Sicilia orientale, fumante con il suo pennacchio che fa capolino tra le nuvole. Luogo di divinità nella storia antica. Montagna di grande fascino per i filosofi, per gli imperatori romani, meta dei primi viaggiatori europei del settecento (anghe Wolfang Goethe!).
    Qui, dove la neve incontra il fuoco della lava.
    Qui, nel Parco dell'Etna, è ancora la natura, con la sua forza dirompente, a comandare sull'uomo.






    "A volte sembra di avere un dialogo con la bella Etna,di sentirla come una di casa...la mattina uscendo non posso fare a meno di notare come di giorno in giorno ci si presenta,come se si osservasse un amico e se ne deducesse l'umore da come ci appare..un giorno ha uno sbuffo di quà,come zucchero filato,un altro giorno è coperta per metà di neve..a volte,quando fa proprio brutto tempo,nemmeno si vede,nascosta da una spessa cortina di nuvole grigie..fastidioso è invece quando ci ha regalato con tanta prodigalità la sua cenere,che ci ha fatto bestemmiare nelle forme più astruse e contorte del nostro dialetto.."





    Enna

    (Ennaan per i Sicani, Henna per Greci e Romani, Castrogiovanni dall'età araba all'inizio del XX secolo) è un comune di 27.987 abitanti, capoluogo della provincia omonima e nota come il capoluogo di provincia più alto d'Italia, per via dell'altitudine del centro abitato che, nell'area del centro storico, raggiunge i 931 m precedendo Caltanissetta e Ragusa in Sicilia. Fino al 1926 nota con il nome di Castrogiovanni, la città è inoltre celebre sotto i motti di Urbs Inexpugnabilis, come i romani la definirono per la sua imprendibilità, Ombelico di Sicilia, grazie alla sua centralità geografica rispetto all'Isola, e Belvedere di Sicilia, per le superbe vedute panoramiche che da qui si hanno su buona parte dell'isola. Dopo un passato glorioso che la vide, già da oltre tre millenni or sono, roccaforte privilegiata per sicani, greci, romani, bizantini, arabi, normanni, svevi e aragonesi, Enna vive oggi un periodo di rinnovato sviluppo e accresciuto prestigio sul piano nazionale ed internazionale, grazie principalmente alla sua moderna università, al suo Autodromo di Pergusa in cui si disputarono gran premi della Formula 3000 e della Formula 2 (Gran Premio di Enna), ed al suo polo industriale, nel quale sono in costruzione un impianto per la produzione di energia elettrica attraverso lo sfruttamento delle biomasse nonché il primo outlet village della Sicilia, ma grazie altresì alle grandiose tracce che una storia lunga e fiorente vi hanno impresso, che si rivelano nel suo castello, nelle sue torri, nei suoi quartieri più antichi e nel centro storico ricco di belle chiese, pregevoli palazzi ed eccezionali belvederi.

    Enna alta

    è la prima aerea urbana della città di Enna. Si trova a un'altitudine variabile tra i 900 e i 990 m sul livello del mare, e in ciò si differenzia da Enna Bassa, agglomerato di quartieri nati a partire dagli anni ottanta a valle di Enna, a 700 m circa d'altitudine. Enna alta resta il cuore della vita cittadina, nonostante la recente nascita di Enna bassa, per svariate ragioni: comprende infatti il centro storico, i più importanti uffici amministrativi della provincia (Comune, Provincia, gran parte delle forze dell'ordine), i monumenti medievali, rinascimentali e moderni, ed ha una popolazione superiore rispetto ad Enna bassa (16.543 ab. contro 9.691, dai riferiti al 2006).D'altro canto, tuttavia, il fatto che l'altopiano su cui Enna alta si sviluppa sia ormai quasi completamente urbanizzato e non presenti altre aree edificabili, ha dirottato su Enna bassa lo sviluppo edilizio e, conseguentemente, sono stati dislocati, del tutto in parte, verso l città bassa, alcuni importanti servizi che prima avevano sede in centro. Tra questi, si segnalano: l'ospedale Umberto I di Enna, che fino al 2005 era ospitato in una cittadella di uffici e reparti a Enna alta, ed oggi è alloggiato invece in due grandi edifici di vetro e cemento nella città bassa; il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco, il cui trasferimento nei nuovi locali di Enna bassa sarà completato nel 2007. Fa parte di un processo inverso e di valorizzazione del centro storico, al contrario, l'espansione dell'Università Kore (che, essendo di recente fondazione, ha le sue sedi soltanto ad Enna bassa) ad Enna alta. Tale importante fase si attuerà con l'apertura nel 2008 di un Residence Universitario a 5 stelle ad Enna alta, con 100 posti letto, mensa universitaria, cinema, sala informatica, e altri servizi all'interno di una piramide di vetro, la quale sarà a sua volta inserita nella struttura in via di restauro della ex Scuola Media Nino Savarese.

    Castello di Lombardia

    è ritenuto da numerosi esperti il più imponente e antico castello della Sicilia, oltreché il più vasto per i suoi 23.000 m² di superficie, e svetta maestosamente su uno scenografico paesaggio, arroccato com'è nella propaggine orientale di Enna.

    Il Castello di Lombardia odierno affonda le sue radici in un antichissimo maniero che i Sicani, incalzati dall'avanzare dei Siculi oltre due millenni fa, ersero sulla parte più alta della montagna, 970 m circa s.l.m., su cui fondarono Henna. La fortezza consentì alla città, che nacque attorno ad essa, di assumere un ruolo di primo piano prima nel popolo sicano, un cui re visse tra le mura del maniero, e poi tra le poleis greche dell'Isola, divenendo un'ottima roccaforte militare inespugnabile a tal punto che i Romani dovettero passare dalla rete fognaria per conquistarla. Sotto al Castello, esisteva già la Rocca di Cerere, su cui sorgeva il famosissimo tempio, descritto da Cicerone, che i Sicani avevano eretto per esprimere il culto della dea delle messi, che da Henna si sarebbe poi diffuso in tutto l'impero romano. Il fatto che il Castello dominasse la Rocca, era un segno di protezione del potere militare sul culto di Cerere. In seguito al declino dell'impero romano, furono gli arabi, intorno al X sec., a rifondare il maniero e a rivitalizzarlo, tanto da ridare a Castrogiovanni, nome arabo di Enna, il suo ruolo peculiare di Urbs Inexpugnabilis. Dopo due-tre secoli, l'architetto Riccardo da Lentini su incarico della corte degli Svevi ristrutturarò il Castello, innalzando 20 bellissime torri per rafforzare gli imponenti muraglioni stretti attorno agli atri residenziali, ove soggiornò Federico II di Svevia durante i periodi estivi. In quegli anni, il Castello di Lombardia (difeso da fanti della Calabria lombarda, e per ciò così denominato) conobbe il culmine della sua importanza strategica; il castello, la cui fama si estese oltre i confini siciliani come di uno dei più inespugnabili d'Italia,fu una roccaforte d'assoluta eccellenza in cui, per due volte, fu riunito il Parlamento del Regno svevo. L'avvento dei Borboni, avversi ad Enna, e lo sviluppo dell'artiglieria portarono il Castello di Lombardia a un declino che lo vide trasformato in prigione da cui era impossibile evadere. Dal secolo scorso è divenuto, però, la maggiore attrazione turistica di Enna e il monumento medievale più importante della provincia. Nel 2002 un'importante campagna di scavi promossa dalla Sovrintendenza di Enna ha portato alla luce beni d'enorme rilevanza archeologica, che in futuro saranno i componenti protagonisti di un nuovo museo. Per quasi mezzo secolo, fino a pochi anni orsono, al Castello ha avuto sede il Teatro Lirico cittadino.

    Il Teatro più vicino alle Stelle

    Nell'Atrio o Piazzale degli Armati, in una suggestiva cornice di muraglie in pietra antica e torri, ha sede il notissimo Teatro più vicino alle Stelle, uno dei teatri lirici più prestigiosi e suggestivi d'Italia sia per la scenografica ed unica ambientazione, che r l'altissimo livello degli autori che vi si sono esibiti, tra cui si citano Vasco Rossi, i Pooh, Katia Ricciarelli e infiniti altri, per non parlare della stagione prettamente lirica. Momentaneamente non attivo per via dei recenti scavi archeologici, il Teatro deve il suo nome poetico al fatto di trovarsi a un'altitudine di quasi mille metri, e d'essere all'aperto: l'afa delle serate estive in quest'angolo della Sicilia cede il posto a una piacevole brezza. Dalla Torre Pisana è possibile vedere il grande palcoscenico, e l'area per gli spettatori, con ben 5.000 posti a sedere. Negli anni d'onorata carriera, il Teatro più vicino alle Stelle ha giocato un ruolo assai significativo come importante richiamo turistico a livello non solo regionale.

    Il Piazzale della Maddalena

    Anche detto delle Vettovaglie a testimoniare il suo antico ruolo di punto militare strategico, il Piazzale della Maddalena è il più vasto, e occupa il settore settentrionale della Cittadella. L'imponente Porta della Catena immette qui. Vi si trovano il punto d'informazione e assistenza, e un ampio giardino all'inglese con tronchi d'albero e panche per i pic nic, all'ombra di altissimi pini secolari visibili da valle.
    Maggiore interesse turistico-architettonico rivestono le grandiose mura esterne, spesse diversi metri, da alcuni tratti delle quali è possibile ammirare un panorama da cartolina.


    Il Piazzale degli Armati

    Utilizzato come ingresso alla Cittadella durante gli spettacoli teatrali, qui si trova il famoso Teatro Lirico all'aperto. Gli scavi archeologici ivi condotti hanno scoperto splendide vestigia tra cui il basamento della Torre della Zecca e opere di grande valore, prossimamente esposte in un museo.

    Il Piazzale di San Nicola

    È il principale atrio, il più interno e perciò l'ultimo baluardo di salvezza in caso d'invasione. Per questo motivo, qui sitrovano i resti degli appartamenti reali ove vissero il Re Sicano e l'imperatore Svevo, la cappella vescovile di San Martino di Tours da cui prende nome, una splendida basilica di cui oggi si intravedono le mura perimetrali, alcuni torrioni, la Torre Pisana, un interessantissimo oratorio rupestre e altre vestigia dell'antico potere.

    La Torre Pisana

    Si impone fra le 6 sopravvissute delle 20 torri sveve della Cittadella come la più alta, bella e meglio conservata. A differenza delle altre, la Pisana, anche detta dagli arabi Torre delle Aquile, poiché numerosi rapaci vi svolazzavano intorno dalle circostanti vallate, si erge in modo spettacolare dal Piazzale di San Nicola e risulta visibile chiaramente da vasti territori del nord della provincia. Effetto particolarmente suggestivo della torre si ha vedendola dall'A19. Per questi motivi essa rappresenta probabilmente la maggiore attrazione del maniero; una finissima merlatura guelfa di resturo conferisce grande eleganza alla struttura massiccia. Alla Torre Pisana si accede da un ingresso moderno; all'interno, una caratteristica scalinata in pietra conduce prima al primo livello, con bellissime finestre da cui si cominciano ad assaggiare vedute mozzafiato, quindi al grande terrazzo con i merli che ricordano il suo strategico ruolo difensivo. Uno dei motivi migliori per visitare Enna, al pari delle sue chiese, torri, palazzi, monumenti e quartieri antichi, e forse un gradino di più per via dell'unicità assoluta, rimane il panorama vastissimo e stupendo che questa città millenaria offre, e dalla Torre delle Aquile si ha quella che è probabilmente la sintesi più emozionante di queste vedute: a un'altezza di 1000 m, infatti, dalla cima di questa torre come da nessun altro luogo è possibile godere di una vista ampissima che spazia, nelle giornate più terse e limpide, dai profili delle Madonie e dei Nebrodi oltre cui si cela il Mar Tirreno a nord, all'imponente piramide imbianchita dell'Etna ad oriente, che digrada nella piana di Catania e nell'azzurro mar Ionio; dall'altra parte, si hanno le verdi colline sino a Caltanissetta, con impareggiabili tramonti, e, a sud, il Lago di Pergusa in primo piano con il Canale di Sicilia sullo sfondo, prospiciente la dorata Piana di Gela.


    Il ruolo del Castello nella vita di Enna

    Il Castello di Lombardia, la celebre Cittadella militare, il più importante maniero medievale di Sicilia, ha da sempre rivestito un ruolo di primissimo piano nella città di Enna: con lei è nato quasi tre millenni orsono come rifugio dagli invasori; grazie ad esso, Henna fu un'importante polis greca e oppose una strenua resistenza ai Romani, che tanta difficoltà ebbero ad espugnare il castello da dare nome a quel nuovo municipium di Urbs Inexpugnablis.
    Dalla Torre Pisana e dal Castello più che d'altrove, ci si accorge che Enna è l'Umbilicus Siciliae, e probabilmente i Romani la soprannominarono così restando ammaliati dalla vastità dei paesaggi cha dalle torri della Cittadella si godono, che abbracciano quasi due terzi dell'Isola. Enna e il Castello sono stati un binomio perfetto, l'una unita e indissolubile dall'altro, anche durante i Bizantini, ma ancor più presso gli Arabi, i Normanni e gli Svevi che esaltarono fino all'apice l'imprendibilità dell'allora Castrogiovanni. Ancora oggi il Castello di Lombardia costituisce l'indiscusso simbolo architettonico della città, prim'ancora della rivale Torre di Federico II, nonché il suo monumento non religioso di maggiore importanza e uno dei più visitati di tutto l'entroterra siciliano. Non per niente, è il Castello col profilo merlato della sua Torre delle Aquile che si vede più nitidamente rispetto a ogni altro edificio antico sia dall'autostrada, sia dalla vicina Calascibetta e nel raggio di 10-15 km a nord, che ad Enna Bassa verso sud.

    L'illuminazione artistica

    Dopo alcuni anni di semi-oscurità, il maestoso profilo della Cittadella è stato recentemente dotato di un nuovo impianto di illuminazione artistica che brilla nitidamente nelle notti della Sicilia centrale, risultando chiaramente visibile da decine di chilometri di distanza in tutte le direzioni. L'icona della città di Enna è infatti dotata di un impianto "triplo" a effetto scenografico: l'illuminazione del Viale che lo circonda, quella che proietta luce diffusa sui muraglioni perimetrali, e quella, spettacolare, che rischiara la Torre Pisana. In questo modo, il castello risulta visibile da decine di chilometri di distanza da tutte e quattro i punti cardinali.





    ...Ti affacci sul mare scappando da tutto.

    In mezzo al caos, in mezzo alla vita frenetica che ti scorre addosso, in mezzo al turbinio di pensieri senza posa.

    Ti affacci sul mare.

    Ed è calmo, affamato di coste, buio o come cielo sciolto...ma comunque immenso.

    Lì a circondarti come in un eterno abbraccio, a ricordarti ancestrali radici su quest' isola senza tempo, che sputa passione dalla sua montagna..

    Lì a regalarti un respiro di continuità col mondo e con te stesso. Lì a inebriarti di immenso e di memoria.

    Questo mi regala la mia Catania.

    La possibilità di respirare quando voglio il mio lunatico mare da isolana, e la sua incommensurabile immensità...e tutto il resto è vento passeggero che alimenta la vita, fino al prossimo incontro.

    La Rouge.



    La leggenda del cavallo senza testa






    La Catania del 700 ci presenta una leggenda davvero affascinante, quella del cavallo senza testa.

    Questa leggenda è ambientata nella bellissima Via Crociferi; in questa via i numerosi nobili che vi abitavano nel 700, e che vi tenevano i loro notturni conciliaboli o per intrighi amorosi o per cospirazioni private, e quindi non volevano essere notati, e tanto meno riconosciuti, fecero spargere la voce che di notte vagasse un cavallo senza testa, e perciò nessuno vi si avventurava una volta calate le tenebre. Soltanto un coraggioso giovane scommise con i suoi amici che ci sarebbe andato nel cuore della notte, e come prova di questo, avrebbe piantato un grosso chiodo sotto l’Arco delle monache Benedettine, che la tradizione vuole costruito in una sola notte nel 1704. Gli amici accettarono la scommessa, e l’ardimentoso giovane, munito di scala, del grosso chiodo e del martello, si recò a mezzanotte sotto l’arco delle monache, e vi piantò il chiodo (ancora se ne vede il buco), ma, nell’eccitazione non si accorse di avere attaccato anche un lembo del suo mantello al muro, sicché quando volle scendere dalla scala, si sentì afferrato a una mano invisibile, il giovane credette allora di essere stato afferrato dal cavallo senza testa, e ci rimase secco.

    Aveva vinto la scommessa ma la leggenda del cavallo ebbe una clamorosa conferma, e nessuno si azzardò più di passare di notte per Via Crociferi.


    Enna Bassa

    precedentemente nota come Sant'Anna, è la seconda area urbana della città di Enna, differenziata dal centro storico di Enna alta perché posta a 260 m di altitudine più in basso. La sua struttura e il suo sviluppo la stanno ormai consolidando come vera e propria città nella città. Enna Bassa nacque negli anni 1920 come insediamento di operai delle miniere e di agricoltori, che il governo Mussolini volle facilitare costruendo per loro alloggi popolari in un sito più vicino al luogo di lavoro. Il nucleo originario gravitava intorno alla Chiesetta di Sant'Anna, che le diede il nome usato in passato; nel dopoguerra, vi si insediarono altri alloggi popolari, finché nei tardi anni 1970 non vi si costruirono residenze private e condomini, per sopperire alla mancanza di suolo nella parte alta della città. L'espansione continuò nel decennio a venire, ma si rinforzò in maniera decisiva allorquando, nel 1995, vi si stabilì il Polo Universitario. Da allora Enna Bassa ha conosciuto un inarrestabile allargamento a macchia d'olio, al che oggi, per importanza, è divenuta una sorta di sotto-città.

    Villaggio Pergusa

    altrimenti noto semplicemente come Pergusa, è la più importante tra le frazioni di Enna, se si esclude Enna Bassa. La località occupò un posto di rispetto nella letteratura classica, grazie ai versi che scrissero su di essa e sul suo lago poeti, oratori e scrittori tra cui si citano Ovidio, Cicerone e Claudiano. Il Villaggio Pergusa ha una popolazione di circa mille anime; esso fu fondato come centro abitato ai tempi di Benito Mussolini, che bonificò i terreni paludosi e fece edificare le prime abitazioni. Oggi Pergusa è una rinomata località di elevata risonanza per lo sport, la natura e il turismo: essa infatti sorge in incantevole posizione sulle rive dell'unico bacino naturale della Sicilia, il Lago Pergusa, popolato da una ricchissima avifauna sia stanziale che migratoria. Il lago è circondato da sinuose colline, sulle quali si aggrappa la folta vegetazione della Selva Pergusina, facente parte delle foreste demaniali. Attorno al bacino lacustre, si sviluppa l'Autodromo di Pergusa, l'impianto automobilistico più importante dell'Italia meridionale, che fu scenario e lo sarà nuovamente a partire dal 2007, grazie ai lavori di messa in sicurezza del circuito, di gare di risonanza internazionale organizzate dalla FIA e da altre federazioni, quali la Formula 1 (che disputò qui il Gran Premio del Mediterraneo nel 1961) o la cosiddetta Festa della Ferrari, cui parteciparono campioni del calibro di Michael Schumacher. La cosiddetta Conca Pergusina è uno dei paesaggi più belli dell'isola, in quanto vi coesistono armonicamente lo stupendo lago, la sua foresta, il villaggio, i dolci colli ammantati di vigneti e uliveti, il giuncheto, il canneto e, in lontananza, il profilo maestoso del monte Enna. Il Villaggio Pergusa è sovrastato da Cozzo Matrice, un rilievo che supera gli 800 m sul livello del mare, in cima al quale vi è una grande necropoli preistorica, con numerosissime tombe a grotticella e le vestigia di un'antichissima città. Negli anni '50, sulle rive del lago, fu impiantata una stazione balneare fornita di tutto punto.



    La prima chiesa cristiana...



    San Gaetano alle Grotte




    [color=blue][CENTER]Sorge in piazza Carlo Alberto, nel luogo in cui il Vescovo S. Everio costruì la prima chiesa catanese nel 260 D.C. dedicandola a S. Maria di Betlemme. Distrutta dai Saraceni, fu ricostruita nel XI sec. Nel 1508 fu dedicata a S. Gaetano. Nuovamente distrutta nel 1674 fu riedificata nel 1800 dal vescovo Corrado Deodato Moncada. Il sottosuolo conserva ancora i resti delle costruzioni precedenti come la cripta in cui si riunivano i cristiani nel periodo delle persecuzioni e il fonte battesimale in pietra lavica collocato all'interno di una grotta.




    La parte superiore ricostruita nel 1800 si sviluppa secondo una pianta ad aula e presenta l’altare maggiore all’interno dell’abside e due altari minori per ogni lato.




    L’esterno circondato da un’inferriata, presenta il prospetto principale leggermente convesso con il portale principale architravato inquadrato da tre lesene per lato. Il secondo ordine presenta un finto parapetto in cui al centro si apre una nicchia che accoglie la statua di San Gaetano con in braccio il Bambin Gesù. La parte superiore si conclude con un timpano triangolare su lesene scanalate.



    Il sotterraneo e' molto suggestivo, il tutto aiutato da un buco nella parete attraverso il quale si vede e si sente il fiume che attraversa la citta'....e' un vero peccato che sia sempre chiusa.




    "Succede a volte che verso sera, quando l'aria diventa più fredda e le luci dei lampioni si accendono, che cammino per Catania silenziosa e la città mi sembra diversa dal mattino...
    Un mistero, come faccia a stupirmi così in ogni momento...e giro il mio sguardo da ogni parte e i miei occhi incrociano zone in cui ancora la vita mi stupisce con il suo semplice trascorrere...
    Eppure molti vedono in essa solo il rifiuto di una modernità, mentre per me è l'attaccamento alle origini...non assurdo bigottismo, ma voglia di "amare il passato".
    Le macchine tornano alle case, percorrono strade e vicoli e Catania incomincia a brillare alla luce bianca della luna..




    Poi il caos delle comitive prenderà e travolgerà la notte catanese...
    ...il mondo è un piccolo angolo, ognuno di noi sceglie qual'è il suo..
    Catania col suo fare da vecchia strega ti incanta, ti cattura come Circe e ti libera a te stessa come la più cara delle amiche, ti dà aria di vita e ti concede ali di cera come Icaro...
    ...ti attira a sè, ti spinge a donarti a lei e poi con un inganno si tira indietro e ti sfida...finge e dona verità, salva e butta sull'orlo, costruisce e distrugge...
    Ti porta alla strada del tuo destino sul far della sera, con passo leggero, proprio verso il tramonto, in un inverno appassito...poche macchine in giro...così all'improvviso capisci che è questa la strada da percorrere...

    ...Questa è Catania...




    Che bedda Catania, Catania di notti
    iu sentu ca u cori m'abbatti chiù forti
    ndè strati, ndè chiazzi e intra i cuttigghi
    Catania fà a matri e annaca i so figghi
    poi l'alba d'argentu s'ammisca cò mari




    Catania è a genti ca si usca u pani
    ma quannu s'arrobba e si isunu i manu
    Catania s'incazza e diventa vulcanu.



    Catania è 'na pupa, capiddi castani,
    labbra carnusi e l'occhi ruffiani
    e quannu mi sapi luntanu du iorna
    ca so vuci d'angilu mi rici torna
    Catania umiliata, trattata cche peri
    s'attrucca e si pettina pe' furasteri
    e quannu c'ancontra du ziti filici
    Catania romantica li binidici

    Musica, c'è musica Catania abballa
    restu ca vucca apetta a taliarla
    chi bellu pettu chi formi, Catania ca non dormi
    Musica, chi musica Catania sona
    e si ndò menzu qualchedunu stona
    fa 'na battuta schirzusa, Catania è spiritusa.



    Che bedda Catania, Catania di notti
    cu attracca, cu vivi e cu fa cosi storti
    Catania è pueti, finomeni e geni
    gilusa picchì pi nuautri ci teni
    Catania cò Suli macari ndo nvernu
    Catania figghiozza do Patri Eternu




    Sperlinga

    (Sperrënga in gallo-italico, Spillinga in siciliano) è un comune di 906 abitanti della provincia di Enna, nella Sicilia centrale.

    « Quod Siculis placuit, sola Sperlinga negavit »« Ciò che piacque ai Siciliani, solo Sperlinga lo negò » (Iscrizione nel castello della città, riferita ai Vespri siciliani)

    Storia

    Tra i primi documenti storici in cui è citata Sperlinga, si trova un privilegio del Conte Ruggero del 1082. Risale al periodo subito successivo una forte colonizzazione da parte di popolazioni venute dal Nord Italia. Per questo motivo a Sperlinga si parla un dialetto del ceppo gallo italico, il gallo-siculo, come in altre zone della Sicilia, dovuto ad immigrazioni dalle province di Novara, Asti e Alessandria. La storia di Sperlinga si identifica con le famiglie che hanno posseduto il Castello e i feudi annessi. Il paese, nato come borgo feudale ai piedi del Castello medievale, si è espanso dal 1597 in poi, quando il re Filippo II concesse a Giovanni Forti Natoli, principe di Sperlinga, il privilegio di potervi fabbricare terre. Il territorio comunale è caratterizzato da numerose grotte scavate nella roccia arenaria. Si segnalano quelle di Contrada Rossa, Cicera, Perciata, Grotta Vecchia, e all'interno del centro abitato quella del "Balzo" scavate in fila e sovrapposte con antistanti pittoresche stradine che costituiscono nel loro insieme un borgo rupestre, dove, ogni anno, il 16 agosto, si celebra la "Sagra del Tortone". Tale manifestazione folcloristica consiste nella distribuzione e degustazione di cibi locali tipici, espressione della migliore e più genuina tradizione culinaria del luogo. Al centro della proposta alimentare riccamente imbandita il gustosissimo "Tortone". Nei giorni precedenti, i vari rioni del paese, ognuno rappresentato da una Dama, si sfidano in vari giochi. La dama del rione che ha ottenuto il maggior punteggio viene eletta Castellana di Sperlinga. Il 14 agosto la Castellana, insieme alle altre dei paesi Gallo-Italici, partecipa al corteo storico, coposto da molti personaggi, in costume d'epoca, che sfilano lungo le vie del paese. Una giuria eleggerà la Dama dei paesi Gallo-Italici. La serata in piazza Castello è allietata da rappresentazioni di eventi storici, spettacoli pirotecnici, canti e balli.

    Il castello medioevale di Sperlinga

    Il castello è un raro esempio di castello rupestre, in parte scavato nella roccia e risalente probabilmente al periodo anteriore ai Siculi pre-greci (XII-VIII secolo a.C.), in parte costruito sulla stessa roccia, intorno all'anno 1000. È stato sede della Baronia dei Ventimiglia fino al 1597, poi dei principi di Sperlinga Forti Natoli (1597 - 1658) e quindi del duca Oneto (1658-1861), l'ultimo dei quali lo concesse in enfiteusi al barone Nunzio Nicosia, i cui discendenti lo donarono al Comune di Sperlinga nel 1973. È famosa la scritta in latino scolpita sull'arco a sesto acuto nell'androne del Castello "QUOD SICULIS PLACUIT SOLA SPERLINGA NEGAVIT", tale scritta postuma è legata alle vicende dei Vespri Siciliani (1282) quando una guarnigione francese si asserragliò all'interno del castello e resistette all'assedio per circa un anno.

    Le grotte trogloditiche di Sperlinga viste dalla sommità del castello

    Dal castello di sperlinga

    Laboratorio all'interno del castello di Sperlinga



    CATANIA..

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    Catania fu fondata nell'VIII secolo aC da coloni greci. E 'stato come testimoniano le numerose duramente colpita dal terremoto nel 1169, da eruzioni nel 1329, nel 1381 e nel 1669, la maggior parte di esso è stata rasa al suolo nel 1693 da un tremendo terremoto. rianimato Catania in stile barocco, ma solo pochi resti del passato, tempi poteva resistere e, talvolta, sono stati utilizzati nella ricostruzione del nuovo Catania. Questo è, per esempio, il caso del fronte del Duomo (in cui sono state utilizzate pietre del teatro greco-romano) e della Fontana dell'Elefante, capolavori dell'architetto Giovanni Battista Vaccarini. La Fontana dell'Elefante è un vero e proprio crogiolo di culture diverse: l'elefante in pietra lavica ed è di epoca romana (epoca bizantina per alcuni ricercatori) e porta sulla schiena un obelisco egizio con un piano esagonale singolare.



    Il castello nella roccia

    In parte è proprio scavato nella roccia.



    "Viaggio in Sicilia"...
    Guy de Maupassant


    [..]La Sicilia ha avuto la fortuna d’essere stata posseduta, volta a volta, da popoli fecondi, venuti ora dal Nord ora dal Sud, i quali hanno costellato il suo territorio d’opere infinitamente varie, in cui convergono, in modo seducente e inatteso, gli influssi più distanti.

    Ne è nata un’arte speciale, sconosciuta altrove, in cui domina certo l’influenza araba, incalzata dai ricordi greci e perfino egizi, in cui la severità dello stile gotico, introdotto dai Normanni, vengono mitigate dalla scienza mirabile della decorazione bizantina.

    Da due prospettive la Sicilia dovrebbe attrarre il viaggiatore, giacché le sue bellezze naturali e quelle artistiche sono davvero ragguardevoli e singolari.
    E’ l’isola che accende, ogni sera, sopra il mare, la lampara terribile dell’Etna.
    Ma quel che ne fa una terra essenziale a vedersi e unica al mondo è anzitutto il suo apparire, da un capo all’altro, come un curioso e divino museo di architetture.
    Quando si sono visti questi monumenti che, pur appartenenti a epoche e origini diverse, possiedono un medesimo carattere, un natura identica, si può dire che non sono né gotici, né arabi, né bizantini, ma siciliani; si può affermare che esiste un’arte siciliana, uno stile siciliano, sempre riconoscibile, che fra gli stili dell’architettura è certo il più attraente, il più vario, il più colorato, il più ricco d’inventiva.
    E’ ugualmente in Sicilia che si scorgono i modelli più grandiosi e compiuti dell’antica architettura greca, in seno a paesaggi indicibilmente belli.[..]

    Parsifal. [..] Rientro lentamente all’albergo delle Palme.. un viaggiatore, seduto su una panca, mi racconta i fatti memorabili dell’anno. Poi risale a vicende più lontane, lasciando cadere in ultimo queste parole: "erano i tempi in cui Wagner abitava qui".
    Mi meraviglio: "Come qui, in quest’albergo?" - "Ma si! E’ qui che ha scritto le ultime note del Parsifal e che ne ha corretto le bozze".
    Volli vedere l’appartamento occupato da quel geniale musicista, giacché mi sembrava che avesse dovuto lasciarvi qualcosa di suo, e che avrei ritrovato..
    Sulle prime, altro non vidi che un bell’appartamento d’albergo. Mi indicarono i cambiamenti che egli vi aveva apportato, mi mostrarono, proprio in mezzo alla stanza, lo spazio del divano dove egli ammucchiava vistosi tappeti ricamati d’oro.
    Aprii a quel punto la porta dell’armadio a specchio. E un profumo delizioso e acuto mi pervase, come il tocco lieve d’una brezza che fosse passata su un roseto.
    Il padrone dell’albergo che mi guidava mi disse: "Qui dentro egli custodiva la biancheria dopo averla bagnata con essenza di rose. Ormai, quest’odore non andrà più via".[..]





    DUOMO...

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    Dedicata al martire S. Agata, patrona di Catania, è stato eretto nel tardo 11 ° secolo su ordine di Ruggero I, e ricostruita dopo il terremoto del 1693. Lungo via Vittorio Emanuele II, dal cortile del Palazzo Vescovile la si può cercare per le absidi lava alte, risalente all'età normanna. -Looking struttura solida cattedrale Il suggerisce che esso è stato concepito come chiesa fortificata. Sul lato nord un bel portale ornato di un cornicione di cherubini si può ammirare.

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    CATANIA..

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    Catania
    Catania si trova ai piedi dell'Etna. Come una fenice dalle ceneri la città ha sfidato tutte le forze della natura. Oggi Catania offre magnifiche facciate barocche che rendono la città così bella.


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    CATANIA




    Catania (C.A.P. 95100) capoluogo di provincia, dista 192 Km. da Agrigento, 126 Km. da Caltanissetta, 97 Km. da Enna, 96 Km. da Messina, 249 Km. da Palermo, 104 Km. da Ragusa, 58 Km. da Siracusa, 348 Km. da Trapani.


    Il comune conta 341.455 abitanti e ha una superficie di 18.088 ettari per una densità abitativa di 1888 abitanti per chilometro quadrato. Sorge in una zona pianeggiante, posta a 10 metri sopra il livello del mare.



    Sita in una delle zone più fertili della Sicilia tra il mar Ionio e le pendici del monte Etna, la città di Catania si distingue per una ricca produzione di agrumi, frutta, ortaggi e cereali. Spiccato è l'allevamento di bovini, ovini e caprini grazie alle vaste aree adibite a pascolo. Nel settore dell'artigianato sono tipici i manufatti in pietra lavica locale.

    Il nome Catania deriva dal siciliano Katane che significa "scorticatoio, grattugia" poichè la cittadina sorge su un irto territorio di pietra lavica.

    Il primo nucleo abitato fu fondato nel 729 a.C. da una colonia di Calcidesi su un colle dove venne stabilita l'Acropoli della città.




    Nel 476 a.C. fu sottomessa a Ierone tiranno di Siracusa e gli abitanti vennero confinati nella vicina Leontini. Nel 461 a.C. i catanesi riconquistarono la loro cittadina. Intorno al 263 a.C., in epoca romana, essa potè svilupparsi grazie ai floridi commerci marittimi.

    Nel 1071 d.C. fu conquista dei Normanni e nel 1195, con l'avvento della dinastia sveva, conobbe un lungo periodo di decadenza. Successivamente vi fu al suo governo la dinastia aragonese sotto la quale venne fondata la prima Università siciliana detta "Siculorum Gymnasium".

    Tra il 1669 e il 1693 il paese fu devastato da un'eruzione lavica prima e un terribile terremoto poi. L'odierno centro abitato venne riedificato dopo il 1693 grazie al nuovo progetto urbanistico, opera del luogotenente e duca di Camastra Giuseppe Lanza.

    Nel settore dei monumenti notevoli sono la Chiesa di S. Nicolò con l'annesso omonimo Monastero benedettino (oggi sede della Facoltà di Lettere e Filosofia) entrambi del XVII secolo, la Chiesa di S. Giuliano eretta nel XVIII secolo che è simbolo del barocco catanese, la Chiesa di S. Maria di Gesù del XV secolo che racchiude una splendida tavola opera di De Chirico (1525), la Cattedrale che risale al 1078 e che conserva diversi sepolcri di re aragonesi e la cappella di S. Agata patrona della città.



    Di rilevante struttura architettonica sono il Castello Ursino eretto nel 1239 oggi adibito a museo Civico e Pinacoteca, il Museo Belliniano allestito nella casa di Vincenzo Bellini, l'Anfiteatro Romano di epoca augustea e la casa natale dello scrittore Giovanni Verga, sede di un personale museo.




    Agira

    (Aggira in siciliano, Agyrion in greco, Agyrium in latino) è un comune di 8.358 abitanti della provincia di Enna, nella Sicilia centrale.

    Secondo quanto riferito dall'Agostiniano Padre P. A. Rubulotta nel suo prezioso e rarissimo testo dedicato a San Filippo, Agira è abitata da più di 6 milioni di anni. La cittadina sorge su una montagna che domina le valli del Salso e del Simeto. Questa posizione ne ha fatto un importante nodo viario dalla preistoria sino ai giorni nostri. Le origini di Agira sono antichissime. Secondo Diodoro Siculo, che vi era nato, la città aveva origini sicule. Nel 339 a.C. vi fu dedotta una colonia di 10 000 greci. Ai tempo di Cicerone che la cita nell'In Verrem era una città ricca.Nel I secolo Filippo fu inviato ad Agyrion per diffondere il cristianesimo e vi morì nel 103. In seguito il centro prese il nome di San Filippo d'Argirò, poi San Filippo d'Agira, fino al 1862 quando prese il nome di Agira.Il monastero greco della città era uno dei più importanti della Sicilia, ma di San Filippo d'Agira era uno dei più importanti dell'isola. Alla fine dell'XI secolo del monastero greco è scomparso ogni traccia e nell'ultimo decennio del secolo il monastero di Agira è popolato da monaci benedettini.


    Verdi valli nei pressi di Agira

    Primi cenni di primavera nelle campagne siciliane, mandorlo in fiore pressi Agira

    RISERVA PIANO DELLA CORTE

    Valli dorate, verdi altopiani, dolci colline: il territorio di Agira è caratterizzato dal Vallone di Piano della Corte (oggi riserva naturale), luogo seducente e remoto, di rilevante pregio botanico e paesaggistico. Distribuito per un tratto lungo più di sei chilometri, lungo le rive di un modesto corso d'acqua che scorre a sud-ovest dell'abitato, sinuosamente si snoda un lussuoso arabesco vegetale, un verde intrico, nella penombra che regna nel sottobosco e lungo le rive del vallone, in ogni specie vegetale si mostra in tutta la sua legante architettura. Altissimi Pioppi, varie specie di Salici, Olmi, Noccioli, di considerevole pregio botanico: il Garofanino di bosco, dai fiori roseo-violetti, la profumata Ginestra, il superbo Cisto rosso, il variopinto Trifoglio, il Vilucchio, dalle fragili campanule rosee, l'esuberante Valeriana rossa, l'aromatico Timo, varie specie di Menta profumatissima, l'elegante Giunco e ancora la Tifa l'Equiseto il Carice. Assieme alle numerosissime specie di uccelli tipici delle zone umide e dei boschi radi ed agli anfibi, le farfalle sono presenti in grande quantità, arricchendo con le loro sgargianti livree la bellezza del vallone.

    ORIGINE DEL NOME

    L'odierna Agira, il cui nome classico attribuitele dagli studiosi' è Agirlo, nota ancora oggi alle persone più anziane come «San Fulippu d'Aggira» o «San Fulippu d'Argirò» o, più semplicemente, «San Fulippu», venne più o meno impropriamente detta, tra gli altri, «Agyra» da Diodoro Siculo, «Augurium» nelle tavole Antoniane, «Aggirium» da Dionisio d'Alicarnasso, «Aggirena» da Stefano il Compendiatore, «Aggirina» dal Galzo, «Argira» dal Fazello e dal Pirri, «Agyre» dal Vivant-Denon e dal de Saint-Non.In epoca sicula, uno dei suoi tiranni,impossessatesi del potere, volle assumere per se stesso il nome della città e si fece chiamare Agyris: evidentemente era questo il nome con cui l'avevano lasciata i Sicani. In epoca greca il suo nome ufficiale era «Argyros» o «Agyrion». E questo nome conservò, sia pure con la variante abbreviativa araba di «San Filippo», sino alla seconda metà del XIX secolo. Nel 1862, cessa ufficialmente di essere la «San Filippo d'Argirò» per ridiventare semplicemente «Aggira» e, quindi, «Agira».

    Conseguentemente al variare del nome della città, anche gli abitanti di Agira, hanno subito varie denominazioni, comunque sempre simili tra loro. Infatti, gli attuali «agirini», ancora recentemente detti «aggiresi», noti in Sicilia come «sanfulippani», vennero detti «aggirenei» da Diodoro Siculo, «aggirini» da Plinio, «augurini» nelle Tavole Antoniane, «aggirenensi» da Cicerone, «argirini» dal Fazello e dal Pirri e «agiri» da Vivant-Denon e De Saint-Non.

    LA LEGENDA DI ERCOLE

    A rendere più affascinanti i primi mitici secoli di Agira, si vuole che l'eroe della forza per antonomasia "Ercole", l'uomo che per giustizia era pronto a sfidare gli Dei, e che per essersi messo contro di loro dovette superare dodici pericolosissime prove, facesse nvisita alla città di Agira el 1290 a.C., assieme a Jolao suo nipote e compagno di avventura. Una delegazione della città andò incontro ad Ercole amichevolmente, lo acclamò ed lo accolse trionfalmente, lo invitò a sostare, lo rifocillò e gli tributò molti onori. Soddisfatto della calorosa accoglienza, accettò di rimanere ospite della città più del tempo necessario a fare riposare i suoi guerrieri, ma, nel frattempo, oltre a gratificare Agira realizzando notevoli opere pubbliche, volle imporre taluni suoi costumi, militari civili e religiosi, e avviò proficui contatti di intesa politica. Quindi, dopo avere rivelato alla popolazione le tecniche idrauliche perla conservazione delle acque del lago, consacrato un bosco nei dintorni dello stesso lago, e avviata una palestra per la formazione sportiva dei giovani andò via, e, dopo altre avventure, ritornò nella sua terra dove mori qualche decennio prima che scoppiasse la guerra di Troia. Gli agiri, che, in seguito, coniarono diverse serie di monete con le effigici di Ercole e di Jolao, e che scolpirono statue con le loro sembianze, fecero subito tesoro delle novità introdotte dall'eroe tebano e legiferarono che da allora nessun sacrificio di sangue fosse consumato sugli altari, che a Jolao fossero sacre le chiome degli adolescenti a Gerione le primizie dei campi. A Ercole si dedicarono in tutti i tempi statue e monumenti e lo stesso stemma antico della città (ripreso da una sua moneta) rappresenta Ercole in lotta con l'idra.



    Morgantina

    è una antica città sicula e greca, sito archeologico nel comune di Aidone (EN), in Sicilia. La città fu riportata alla luce nell'autunno del 1955 dalla missione archeologica dell'Università di Princeton (Stati Uniti). Gli scavi sinora compiuti consentono di seguire lo sviluppo dell'insediamento per un periodo di circa un millennio, dalla preistoria all'epoca romana. L'area più facilmente visitabile, recintata dalla Sovraintendenza, conserva resti dalla metà del V alla fine del I secolo a.C., il periodo di massimo splendore della città. Da questo sito provengono importantissimi reperti archeologici come la Venere di Morgantina, attualmente custodita presso la collezione Getty a Malibu, di cui è previsto il ritorno in loco nel 2010, e il Tesoro di Morgantina, anch'esso in via di restituzione.

    Uno dei siti archeologici più interessanti dell'entroterra di Sicilia è sicuramente l'antica città greca di Morgantina, nella provincia di Enna. Le numerose fonti in cui viene menzionata Morgantina sono una riprova della sua importanza. Alle informazioni delle fonti letterarie si aggiungono ovviamente i reperti rinvenuti in seguito agli scavi archeologici effettuati in tutta l'area. La città si estende su una piccola pianura delimitata da dolci colline. Al centro del pianoro si trova l'Agorà dominata dall'alto dal "colle della Cittadella", sede dell'Acropoli. Il sito, prima di essere colonizzato dai greci, presentava insediamenti preistorici di età castelluciana e dell'Età del Bronzo. Fu nel IX secolo a.C. che arrivarono i Morgeti (da cui Morgantina prende il nome). Testimonianze del periodo di colonizzazione da parte di questo popolo si trovano nell'area dell'Acropoli: capanne a pianta quadrata appartenenti ad un villaggio agricolo. Nel IV secolo a.C. i coloni Calcidesi di Catania ingrandiscono il sito. Nel 211 a.C. , durante le guerre puniche, Morgantina si schiera con i Cartaginesi e questo provoca la sua distruzione da parte dei Romani.



    VORREI CON QUESTE MIE PAROLE DESCRIVERVI IL MIO PERSONALE RICORDO DELLA SICILIA, TERRA DEI MIEI GENITORI, ANZI NELLO SPECIFICO DEL VIAGGIO VERSO LA SICILIA……….
    DA BAMBINO VI PASSAVO I MESI ESTIVI……DAI DUE AI TRE MESI…….SE C’ERA LA POSSIBILITÀ VENIVA SEMPRE UNO DEI MIEI ZII A PRENDERMI (SONO NATO E VISSUTO IN PROVINCIA DI NOVARA….) PER POI SCENDERE INSIEME IN TRENO……L’AEREO A QUEI TEMPI ERA ANCORA UN MEZZO TROPPO CARO PER NOI……..RICORDO SEMPRE L’IMPATTO CON IL TRENO……I SALUTI AI MIEI GENITORI……SALUTI CALOROSI MA NON TRISTI DATO CHE DA LI A POCO TEMPO MI AVREBBERO RAGGIUNTO ANCHE LORO…… “L’ODORE” INCONFONDIBILE DEL TRENO…….ACRE E FERROSO……IL SUO RUMORE FORTE E DECISO…..E LO SBUFFO” CHE EMANAVA AD OGNI USCITA DA UNA GALLERIA…… E COME DIMENTICARE POI LA SCRITTA SUI FINESTRINI: “PERICOLO! VIETATO AFFACCIARSI”….. SCRITTA NELLE 4 LINGUE PIÙ COMUNI COME L’ITALIANO IL FRANCESE IL TEDESCO E L’ITALIANO…….FORSE IL MIO PRIMO APPROCIO ALLE LINGUE STRANIERE CHE POI NEL FUTURO SAREBBERO DIVENTATE PARTE DEL MIO BAGAGLIO PROFESSIONALE………….POI I PAESAGGI CHE CORREVANO ALL’ORIZZONTE……..MOLTI DI LORO LI HO RIVISTI IN QUESTO GIRO D’ITALIA INTRAPRESO CON IL NOSTRO GRANDE CLAUDIO……….PER FINIRE POI IL TRAGHETTO……..LUNGHE ATTESE PER POI ESSERE TUTTI STIVATI IN QUELLA GRANDE NAVE CHE MI IMPRESSIONAVA E CHE MI INCURIOSIVA SUL FATTO CHE NELLA SUA “PANCIA” POTESSE TENERE COSÌ TANTI VAGONI…..….AUTO……..CAMION……PASSEGGERI………ECC……….CHE BELLO L’ONDEGGIARE (QUANDO ERA CALMO IL MARE NATURALMENTE AHAHAHAHAHAH………..)…………L’APPRODO IN SICILIA……..CHE GIOIA…….RICORDO CHE TUTTA LA COSTA DA MESSINA FINO A CATANIA, LA MIA META, LA PASSAVO TUTTA GUARDANDO DAL FINESTRINO………CHE BEI PAESAGGI……..IL MARE……L’ETNA……LE CITTADINE COSTIERE CON I LORO COLORI……..E I PROFUMI……….INCONFONDIBILI ED INEBRIANTI………..RICORDO ANCHE IL “VOCIARE” ALLA STAZIONE…….TUTTI CHE SALUTAVANO TUTTI IN MODO CALOROSO COME SOLO LA GENTE DEL SUD SA FARE……E I TASSISTI CHE TI “OFFRIVANO” I LORO SERVIGI DICENDO DI APPLICARE LA MIGLIORE TARIFFA DELLA ZONA………PECCATO CHE ANCHE IL TASSISTA VICINO DICESSE LA STESSA FRASE……ED ANCHE L’ALTRO……E L’ALTRO ANCORA…….MA ALLORA MI DOMANDAVO DI CHI ERA LA MIGLIORE TARIFFA???............POI L’ARRIVO A CASA DEI MIEI NONNI…………..BHE……....QUI MI FERMO………I RICORDI ORA SI INTRISTISCONO PER VARI MOTIVI NON DIFFICILI DA CAPIRE……….QUINDI FINISCE IL MIO “VIAGGIO” IN DIREZZIONE DELLA SICILIA……………GRAZIE A CHI MI HA “ASCOLTATO”………
    ANTONIO


    L'ETNA!!!













    Lungo il perimetro dell'area archeologica sono visibili le antiche mura di cinta che, seguendo l'orografia della zona, hanno un andamento piuttosto frastagliato. Le mura non presentavano torri, solo alcuni baluardi, e si aprivano in corrispondenza delle quattro porte. Sull'Acropoli, oltre alle succitate capanne morgetiche, si trovano i resti più antichi della città, compresa l'area sacra. L'area sacra comprende dei piccoli templi ed il naiskos arcaico, un grande tempio lungo all'incirca 32 metri risalente al VI secolo a.C. Ai piedi della collina dell'Acropoli si trova il quartiere residenziale. Qui sono state rinvenute lussuosi esempi di abitazioni con pavimenti a mosaico e pareti affrescate: la Casa del Capitello Dorico, famosa per la sua iscrizione musiva EYEKEY (Stai bene!) sul pavimento in cocciopesto; la Casa di Ganimede, che prende il nome dal mosaico rinvenuto al suo interno raffigurante il ratto di Ganimede; altre abitazioni degne di nota sono la Casa dei capitelli tuscanici e la Casa del Magistrato, entrambe con decorazioni musive e parietali.

    Il teatro, il Santuario di Demetra e Persefone,l'ekklesiasteron e l'abitato della collina est

    La zona più interessante di Morgantina è certamente l'Agorà,disposta su due livelli (quello inferiore riservato ai riti sacri, quello superiore per fini commerciali e pubblici) collegati da una grande scalinata. Quest'ultima è molto particolare perchè consta di tre lati che formano così in basso uno spazio probabilmente usato per le riunioni cittadine, come Ekklesiasterion, o per momenti di culto vista la vicinanza con il Santuario delle Divinità Ctonie, Demetra e Kore. Contemporaneo alla scalinata è senza dubbio il Teatro Greco. La sua cavea semicircolare consta di 15 gradini ed è suddivisa in sei settori; è probabile che le scalinate in pietra continuavano con delle strutture in legno per aumentare la capienza del teatro (5000 posti circa). Il Santuario delle Divinità Ctonie ha una pianta trapezoidale ed è all'interno di questo edificio che sono stati rinvenuti dei busti votivi policromi che raffigurano Demetra. Accanto al teatro greco, più a est, si trova il granaio pubblico; risalente al III sec. a.C. ha una pianta rettangolare. I resti di due fornaci all'interno dell'edificio sono la prova dell'esistenza in città di fabbriche di vasi in ceramica. La terrazza superiore dell'Agorà è delimitata da tre portici monumentali con colonne (stoà); uno con funzione di ginnasio, uno adibito a fini commerciali, l'altro per riunioni pubbliche. Al centro di questa terrazza dell'Agorà si trova il Macellum, del II secolo a.C. ; l'edificio ha pianta quadrata ed è l'esempio più antico di macellum a noi pervenuto. I reperti archeologici rinvenuti nell'area archeologica di Morgantina sono conservati nel piccolo ma interessantissimo Museo Archeologico nella vicina Aidone. I reperti custoditi vanno dall'età del Ferro al I secolo a.C.

    Resti della fontata delle Ninfe

    Macellum

    Casa Pappalardo: mosaico

    Casa della cisterna ad arco





    Castagno dei Cento Cavalli

    Il Castagno dei Cento Cavalli è un albero di castagno plurimillenario, ubicato nel Parco dell'Etna in territorio del comune di Sant'Alfio (CT). Il castagno, considerato come il più famoso d'Italia, è stato studiato da diversi botanici e visitato da molti personaggi illustri; la sua storia si fonde con la leggenda di una misteriosa regina e di cento cavalieri con i loro destrieri, che, si narra, vi trovarono riparo da un temporale.

    Notizie storiche sul castagno
    Il castagno oggi: L'albero si trova nel bosco di Carpineto, nel versante orientale del vulcano Etna, in un'area tutelata dal Parco Regionale dell'Etna.

    Diversi botanici concordano che avrebbe dai due ai quattro mila anni di vita e secondo il botanico torinese Bruno Peyronel è l'albero più antico d'Europa ed il più grande d'Italia (1982).

    Le prime notizie storiche certe sul Castagno dei Cento Cavalli furono fornite dal De Amodeo, Carrera e da altri nel XVI secolo. Pietro Carrera ne «Il Mongibello» (1636), descrisse maestoso il tronco e l'albero «...capace di ospitare nel suo interno trenta cavalli». Successivamente ne parlerà anche Antonio Filoteo (1611).

    Il 21 agosto 1745 venne emanato un primo atto dal «Tribunale dell'Ordine del Real Patrimonio di Sicilia»che tutelava istituzionalmente il Castagno dei Cento Cavalli ed il vicino Castagno Nave. Visto il periodo (fine del XVIII secolo) è un atto da annoverare fra i primati della tutela ambientale.

    L'insigne naturalista catanese Giuseppe Recupero in «Storia naturale e generale dell'Etna» descriveva dettagliatamente l'albero, cercò di fornire diverse prove e dimostrazioni sulla unicità dalla pianta (allora era in discussione se fossero più alberi) e narrò che nell'anno 1766 trovò la casa molto deteriorata (esisteva una casa sotto le fronde del castagno, si può notare nel quadro di Jean-Pierre Houël).

    Castagno dei Cento Cavalli, Jean-Pierre Houël ca. 1777.Sarà ritratto da molti viaggiatori del Grand Tour, fra questi Patrick Brydone e Jean Houel, che, nella sua opera Voyage de la Sicile, de Malta e Lipari, lo descriverà e ritrarrà nel 1787. Queste le parole con cui l'artista lo descrive in uno stralcio della sua opera:

    ..."La sua mole è tanto superiore a quella degli altri alberi, che mai si può esprimere la sensazione provata nel descriverlo. Mi feci inoltre, dai dotti del villaggio raccontare la storia di questo albero (che) si chiama dei cento cavalli in causa della vasta estensione della sua ombra. Mi dissero come la regina Giovanna recandosi dalla Spagna a Napoli, si fermasse in Sicilia e andasse a visitare l'Etna, accompagnata da tutta la nobiltà di Catania stando a cavallo con essa, come tutto il suo seguito. Essendo sopravvenuto un temporale, essa si rifugiò sotto quest'albero, il cui vasto fogliame bastò per riparare dalla pioggia questa regina e tutti i suoi cavalieri"...

    A seguito del dipinto e delle belle parole che Houel dedicò all'artista, in tempi recenti l'amministrazione comunale ha deciso di dedicargli una Via, proprio nei pressi dell'albero.

    Inoltre questo sarà oggetto di studio da Alberto Fortis in Della coltura del castagno (1780), che lo troverà degradato.

    Nel 1923 l'albero subirà un incendio che lo intaccherà nel tronco principale (voci popolari parlano di vendetta di alcuni abitanti di Giarre, per l'autonomia amministrativa ottenuta dal paese di Sant'Alfio proprio dal comune giarrese).

    Il Castagno fu preminentemente proprietà di nobili famiglie locali (fra cui i Caltabiano) e venne usato come luogo di conviviali e banchetti per ospiti illustri. Nel 1965 il castagno fu espropriato e dichiarato monumento nazionale. Solo alla fine del XX secolo alcuni enti locali hanno avviato una serie di studi per tutelare e conservare il castagno.

    Il programma televisivo scientifico Super Quark, trasmesso sul canale Rai Uno, studiò il DNA, prelevato dal castagno. Con i risultati, affermò che il castagno potrebbe avere la più grande circonferenza del mondo, prima di un grande cipresso presente in Messico e largo 38 mt. Ma questa affermazione è ora al vaglio degli studiosi, perché si sta discutendo nuovamente della unicità dell'albero.

    Il castagno oggi
    Il castagno, (Castanea sativa), misura circa 22 m di circonferenza del tronco, per 22 m d'altezza.
    In realtà, oggi si presenta costituito da tre polle (fusti), rispettivamente di 13, 20 e 21 m; su queste polle è vivo il dibattito sulla unicità della pianta. Negli ultimi anni il libro dei Guinness dei primati ha registrato il Castagno come l'albero più grande del mondo, per la rilevazione del 1780, quando furono misurati ben 57,9 m di circonferenza con tutti i rami.
    Posizione geografica: 37°45'00",5 N - 15°07'49",0 E.

    Altri alberi plurisecolari etnei
    Nelle vicinanze dell'albero, a circa quattrocento metri, si trova un altro castagno con almeno mille anni di vita, il Castagno Nave (chiamato anche Castagno S.Agata o Arrusbigghiasonnu - risveglia sonno - forse per il cinguettio degli uccelli o forse per le fronde basse che destavano improvvisamente dal sonno qualche carrettiere passante). Questo castagno sarebbe, secondo alcuni studi, il secondo per antichità e grandezza in Italia. La circonferenza misura 20 m ed è alto 19 m.
    Sempre nel versante orientale dell'Etna, ma in territorio di Zafferana Etnea, si trova un leccio (specie di quercia) quasi millenario: l'Ilice di Carrinu. La circonferenza è 4 m ed è alto 19 m.

    La leggenda
    Si narra che una Regina, con al seguito cento cavalieri e dame fu sorpresa da un temporale, durante una battuta di caccia, nelle vicinanze dell'albero e proprio sotto i rami trovò riparo con tutto il numeroso seguito. Il temporale continuò fino a sera, così la regina passò sotto le fronde del castagno la notte in compagnia, si dice, di uno o più amanti fra i cavalieri al suo seguito.
    Non si sa bene quale possa essere la regina, secondo alcuni si tratterebbe di Giovanna d'Aragona, secondo altri Giovanna I d'Angiò ed è così che la leggenda verrà collegata all'insurrezione del Vespro (XIV-XV secolo). Ma è tutto, molto probabilmente, frutto della semplice fantasia popolare. Ad esempio la regina Giovanna d'Angiò, pur essendo nota per una certa dissolutezza nelle relazioni amorose, è quasi certo che non fu mai in Sicilia.

    Traendo spunto dalla leggenda, alcuni poeti cantarono del castagno e della regina, fra questi vanno citati Giuseppe Borrello e Giuseppe Villaroel che furono fra i maggiori poeti dialettali catanesi del XIX secolo, e Carlo Parini.








    Calatabiano

    (Cattabbianu in siciliano) è un comune di 5.458 abitanti della provincia di Catania. Calatabiano è posta a 62 metri d'altitudine, a meno di 3 chilometri dal mare Ionio. Il suo territorio, delimitato a nord dal corso del fiume Alcantara, è costituito da una fertile e ottimamente irrigata piana alluvionale e dalle retrostanti colline. Dista 40 chilometri da Catania e 59 chilometri da Messina. La popolazione è concentrata per circa il 75% nel centro capoluogo, e per la restante parte nelle frazioni di Lapide Pasteria e Ponte Boria. Calatabiano è un comune del Parco fluviale dell'Alcantara.

    La storia di Calatabiano è strettamente collegata a quella del suo castello che si erge su un'altura a 160 metri d'altitudine, all'imboccatura meridionale della Valle dell'Alcantara. Con tutta probabilità, stante l'importanza strategica e militare del sito, una fortezza doveva già essere presente in epoca greca e forse addirittura sicula. A tal proposito lo Schubring sostenne che i Siculi dovevano tenere un caposaldo all'imboccatura della valle, di fronte al monte Tauro, nominato come Castello di Bidio, ma tale ipotesi non è mai stata suffragata dai reperti archeologici rinvenuti, che hanno invece datazione posteriore al II secolo. Il castello, nella sua conformazione attuale, e con l'annesso borgo collinare cinto da mura merlate, venne fondato dagli Arabi, che proprio dal territorio di Calatabiano mossero nel 902 alla conquista di Taormina. Lo stesso toponimo del paese è di chiara origine araba, derivando da قلعة, kalaat (castello) e 'al Bîan, probabile nome proprio del signore locale. Sotto il dominio normanno, regnando Ruggero II, nel 1135 Calatabiano venne elevata a baronia. Tra i vari signori che si succedettero nel corso dei secoli, il periodo più fulgido nella storia di Calatabiano si ebbe con la signoria dei Cruyllas. Famiglia di origine catalana, i Cruyllas ottennero la baronia nel 1396 tenendola per circa un secolo, ingrandendo il castello ed edificando la Chiesa del Santissimo Crocifisso. Esauritasi la successione per linea maschile questa continuò per linea femminile con il passaggio della signoria prima ai Moncada e poi ai Gravina, principi di Palagonia. Nel 1544 si ebbe la venuta del pirata Dragut che, sbarcato sul lido di San Marco, espugnò e saccheggiò il borgo. Nel 1677, a seguito della rivolta anti-spagnola di Messina i francesi assediarono lungamente il castello, venendo respinti dai 150 difensori spagnoli e poi sopraffatti dai soverchianti rinforzi. Il borgo e il castello vennero completamente abbandonati a seguito del Terremoto del Val di Noto del 1693, che danneggiò gravemente l'abitato. La popolazione si reinsediò ai piedi della collina da dove da qualche decennio insisteva già un piccolo insediamento, primo nucleo della Calatabiano moderna, che progressivamente si espanse sulla pianura. Nel 1813 il Parlamento Siciliano decretò la fine del feudalesimo nell'isola, elevando nello stesso anno il territorio di Calatabiano a comune autonomo, con i confini che ha mantenuto fino ad oggi.



    Arancia Rossa di Sicilia!!

    La definizione Arancia rossa di Sicilia è usata per individuare alcune varietà di arance a Indicazione Geografica Protetta (IGP) e in particolare:

    - la varietà Tarocco, con i cloni: Tarocco Comune, Tarocco Galice, Tarocco Gallo, Tarocco Messina, Tarocco dal Muso, Tarocco Nucellare 57-IE-1, Tarocco Nucellare 61-1E-4, Tarocco Catania, Tarocco Scirè, Tarocco rosso.
    - la varietà Moro, con i seguenti varietà e cloni: Moro Comune, Moro Nucellare 58-8D-l;
    - la varietà Sanguinello, con le varietà ed i cloni: Sanguinello Comune, Sanguinello Moscato, Sanguinello Moscato Nucellare 49-5-3, Sanguinello Moscato Nucellare 49-5-5, Sanguinello Moscato Cuscunà;
    coltivate esclusivamente in alcuni comuni delle province di Catania, Enna e Ragusa, Siracusa.

    Le arance si presentano con buccia di colore arancio acceso con sfumature rosse variabili a seconda delle varietà e del momento di raccolta e sapore dolce.

    Il Disciplinare di produzione della Indicazione Geografica Protetta "Arancia rossa di Sicilia" è regolata dalla Circolare del Ministero per le Politiche Agricole – GURI n. 240 del 14 ottobre 1997 che ha determinato l'Iscrizione nel "Registro delle denominazioni di origine protette e delle indicazioni geografiche protette" ai sensi del Reg. CE n. 1107/96.


    Limitazioni all'uso dell'IGP

    La indicazione geografica protetta "Arancia rossa di Sicilia" è riservata ai frutti pigmentati. La IGP (Indicazione Geografica Protetta) è un marchio di qualità che viene attribuito ad un prodotto la cui origine avviene in un'area geografica determinata. Chi produce IGP deve attenersi alle rigide regole del disciplinare di produzione, ed il rispetto di tali regole è garantito dall'organismo di controllo.


    Zona di produzione

    La zona di produzione dell'"Arancia rossa di Sicilia" comprende il territorio idoneo della Sicilia orientale per la coltivazione dell'Arancia ed è così individuato:

    - Provincia di Catania - Territorio seguenti comuni: Adrano, Belpasso, Biancavilla, Caltagirone, Castel di Judica, Catania, Grammichele, Licodia Eubea, Militello in Val di Catania, Mineo, Misterbianco, Motta Sant'Anastasia, Palagonia, Paternò, Ramacca, Santa Maria di Licodia, Scordia e Randazzo limitatamente all'area detta "isola di Spanò".
    - Provincia di Siracusa - Territorio dei seguenti comuni: Lentini, Francofonte, Carlentini, Melilli, Augusta


    Regole degli impianti

    Le condizioni ambientali e di coltura degli aranceti destinati alla produzione dell'"Arancia rossa di Sicilia" devono essere quelle tradizionali della zona e, comunque, atte a conferire al prodotto che ne deriva le specifiche caratteristiche di qualità.

    I sesti di impianto, le forme di allevamento ed i sistemi di potatura devono essere quelli in uso generalizzato atti a mantenere un perfetto equilibrio e sviluppo della pianta oltre ad una normale aereazione e soleggiamento della stessa. La densità di piante per ettaro è normalmente compresa tra 230 e 420.

    Per gli impianti esistenti e destinati ad esaurimento è ammessa una densità fino ad un massimo di 725 piante per ettaro.

    Per i sesti dinamici la densità è compresa tra 600 e 840 piante per ettaro.

    Per i nuovi impianti sono ammessi altri sesti su proposta dell'Assessorato per l'Agricoltura della Regione Siciliana, previo parere dell'Istituto Sperimentale per l'agrumicoltura di Acireale, purché non siano modificate le caratteristiche dei frutti.

    I portainnesti idonei sono i seguenti: arancio amaro, citrange Troyer, citrange Carrizo, Poncirus trifoliata, esenti da virosi e dotati di alta stabilità genetica.

    Le operazioni colturali e le modalità di raccolta, devono essere quelli generalmente utilizzati, il distacco dei frutti viene effettuato con l'ausilio di forbicine di. raccolta che operano il taglio del peduncolo.

    La produzione unitaria massima consentita di "Arancia rossa di Sicilia" per le tre varietà è fissata in quintali 300 per ettaro. Per le selezioni clonali "Tarocco Nucellare", "Moro Nucellare" e "Sanguinello Nucellare" la produzione unitaria massima consentita è di q.li 360 per ettaro.

    A detti limiti, anche in annate, eccezionalmente favorevoli, la resa deve essere riportata attraverso una accurata cernita, purché la produzione globale dell'agrumeto non superi di oltre il 30 per cento detti limiti.


    Caratteristiche dei frutti degli agrumi

    frutti di "Arancia rossa di Sicilia" all'atto dell'immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:

    -- Arancia rossa di Sicilia

    - Tarocco

    - forma: obovata o globosa, con base più o meno prominente ("Muso" lungo o corto)
    - colore della buccia: arancio con parti colorate in rosso granato più o meno intenso;
    - colore della polpa: arancio con screziature rosse più o meno intense in relazione all'epoca di raccolta;
    - calibro: minimo 10 (diam. mm. 60/68);
    - resa in succo: minima 40%, determinata mediante spremiagrumi con birillatrice;
    - contenuto di solidi solubili totali nel succo: minimo 10,0 espresso in gradi Brix;
    - rapporto di maturazione: minimo 7,0, determinato come rapporto Brix/acidi, esprimendo gli acidi come acido citrico anidro.


    -- Arancia rossa di Sicilia

    - Moro

    - forma: globosa o ovoidale;
    - colore della buccia: arancio con sfumature più intense su un lato del frutto;
    - colore della polpa: interamente rosso vinoso a maturazione avanzata;
    - calibro: minimo 10 (diam. mm. 60/68);
    - resa in succo: minima 40, determinata mediante spremiagrumi con birillatrice; contenuto di solidi solubili totali nel succo: minimo 10, espresso in gradi Brix;
    - rapporto di maturazione: minimo 6,5, determinato come rapporto Brix/acidi, esprimendo gli acidi come acido citrico anidro. Può essere tollerato il rapporto di 5,5 per i frutti raccolti nel mese di dicembre;


    -- Arancia rossa di Sicilia

    - Sanguinello

    - forma: globosa o obovata;
    - colore della buccia: arancio con sfumatore rosse;
    - colore della polpa: arancio con screziature rosse;
    - calibro: minimo 10 (diam. mm. 60/68);
    - resa in succo: minima 40% determinata mediante spremiagrumi con birillatrice;
    - contenuto di solidi solubili totali nel succo: minimo 10,0 espresso in gradi Brix;
    - rapporto di maturazione: minimo 8,0 determinato come rapporto Brix/acidi, esprimendo gli acidi come acido citrico anidro







    CONDORELLI!!


    Cavaliere, è un vero piacere!!
    A Belpasso, (Catania) suo paese natale, il Cavaliere del lavoro Francesco Condorelli rappresentava una istituzione, così come la sua industria dolciaria che, proprio lo scorso anno, ha festeggiato trenta anni di attività e di successi derivati, in massima parte, dai torroncini commercializzati in tutto il mondo.

    La notizia della scomparsa di Condorelli, ha offerto l’occasione per scoprire un personaggio che con i suoi 91 anni di esistenza pienamente vissuta, ha contrassegnato una pagina positiva dell’imprenditorialità siciliana sin da quando, ventunenne, nel 1933, divenne proprietario della pasticceria di Borrello. Spirito irrequieto e curioso, Condorelli conobbe anche l’esperienza dell’emigrazione. Per un breve periodo della sua vita, su sollecitazione di un conoscente, decise di trasferirsi in Istria e nel 1939 giunse a Pola. L’avventura istriana fu breve, così come quella che lo portò, dopo la guerra, a Malta. Tornato definitivamente in Sicilia, nonostante fosse provato dai combattimenti e dalla prigionia patita in un campo di Tunisi, mostrò tutta la sua tempra .


    La Storia dell'industria dolciaria Condorelli

    Pasticcere per passione, Condorelli si fece protagonista della locale vita imprenditoriale. La sua pasticceria cominciò ad essere frequentata dalle numerose comitive di gitanti che passavano da Belpasso, per salire a fare escursioni sull’Etna.

    Il Cavaliere maturò poi l’idea di realizzare un morbido torrone monodose in seguito ad una cena in casa di una vedova a Venaria Reale, in provincia di Torino. Quella sera il dolce era proprio una stecca di torrone che venne rotto con un grosso coltello in parti diseguali. A Condorelli, che era l’ospite fu dato il pezzo più grosso e questo non gli sembrò giusto, per non parlare dei problemi di masticazione che, a causa della durezza, creava soprattutto alle persone anziane.

    Gli balenò allora l’idea di un torrone morbido, dal gusto delicato, incartato in porzioni singole. E da qui il salto di qualità perché il marchio Condorelli divenne presto sinonimo di torroncino e fu esportato in tutto il mondo.

    Oggi nell’industria dolciaria Condorelli si trasformano ogni giorno settemila chili di mandorle per confezionare 15 mila chili di torrone morbido ricoperto con sette glasse diverse. L’industria dà lavoro a 54 dipendenti fissi, a 66 stagionali e a 96 agenti, che coprono tutto il territorio nazionale. Sono cifre imponenti e – siamo certi - destinate ad accrescersi con la istituzione della Fondazione, nata per ricordare uno dei più importanti imprenditori siciliani nel settore dolciario.


    Nasce la Fondazione Condorelli

    Testimoniare, onorare e tramandare la memoria di un grande uomo.

    "L’idea della fondazione – ha spiegato Giuseppe Condorelli, figlio di Francesco – è maturata dopo la scomparsa di mio padre. Desideravo creare qualcosa che potesse mantenere vivo il nome di mio padre e le peculiarità in termini di umanità e solidarietà da lui espresse nella sua vita e nel mondo del lavoro”.

    La fondazione non ha scopo di lucro e si propone di contribuire:

    - alla cultura d’impresa;
    - alla qualificazione di imprese artigiane ed industriali del settore dolciario, mediante l’acquisizione di innovative tecniche nei processi produttivi, nella commercializzazione dei prodotti e nella gestione dell’azienda;
    - alla formazione di artigiani del settore dolciario e di giovani per creare le condizioni per diventare imprenditori di successo;
    - alla crescita socio – economica del territorio di Belpasso e della provincia di Catania;
    - alla costituzione di un distretto produttivo dolciario che valorizzi la tipicità dei prodotti delle zone etnee e delle tradizioni artigianali ed industriali della pasticceria del Catanese .

    Al testimonial Condorelli per eccellenza, l’attore catanese Leo Gullotta, è stato affidato il compito di presiedere la Fondazione. Presenti alla cerimonia di costituzione, tra gli altri, il presidente della Provincia, Raffaele Lombardo, il sindaco di Belpasso, Alfio Papale, l’assessore regionale al Lavoro, Raffaele Stancanelli e l’assessore provinciale all’Industria, Salvo Pogliese.










    ZAFFERANO ETNEA






    Il borgo si sviluppò con l’insediamento in valle San Giacomo dei frati Benedettini, che fondarono un monastero nella vigna “Ursina”, dove sorgeva anche una chiesa dedicata a San Giacomo.



    Il toponimo più antico di Zafferana è “Cella”, che indicava la stessa contrada denominata “San Giacomo”. Il nome “Zafferana” si rileva invece in alcune carte del 1694. Il suo significato deriverebbe dall’arabo “Zafarana” ossia contrada ricchissima di acqua. Un’altra ipotesi fa derivare il nome del paese dall’arabo “Zaufanah” ovvero “giallo” per le grandi estensioni di ginestre che si trovano nel suo territorio.

    Il primo nucleo abitato si sviluppò verso la fine del 1600 attorno alla chiesa di San Giacomo.

    Nel 1792 la lava dell’Etna divorò numerosi frutteti e vigneti della zona. In quell’occasione i fedeli portarono in processione il simulacro della Vergine Maria invocando il miracolo di bloccare la forza distruttrice del vulcano. La colata si fermò a poche centinaia di metri dal paese.

    Nel 1818 un violento terremoto colpì il paese, distruggendo numerose abitazioni e facendo 34 vittime.

    Nel 1820 Zafferana diventò comune autonomo. Dopo il 1826 ebbe inizio, ad opera delle famiglie più in vista del paese (Sciuti, Bonanno, Longo) un processo di allargamento dei territori comunali che si concluse qualche anno prima dell’Unità d’Italia.



    Inizialmente il comune era formato dai centri di Pisano e Bongiardo, ma grazie al potere del gruppo cittadino si poterono incorporare per intero le due frazioni. Tale integrità si ruppe nel 1934, quando Bongiardo insieme a Dagala, Linera e Santa Venerina costituì un nuovo comune, mentre Zafferana ricevette l’agglomerato di Petrulli.

    Dopo l’Unità d’Italia il comune di Zafferana si compose di numerose contrade : Ballo, Cancelliere, Rocca d’Api, Sarro.
    Dal punto di vista monumentale spiccano la Chiesa Madre, il Palazzo Comunale, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie, la Villa Manganelli, la Villa Gravina e la Villa Tripi.




    Piazza Umberto I è il luogo centrale di ritrovo degli zafferanesi, sulla quale si apre un belvedere che dà sui sottostanti giardini pubblici, con curate siepi che formano disegni geometrici, palme e roseti e una bella fontana circolare.

    Da qui si gode uno stupendo panorama che, nelle giornate terse, spazia fino alla lontana Calabria e al Golfo di Siracusa.

    Di fronte alla piazza svetta il Palazzo Municipale (fine ottocento), preceduto da una scalinata liberty a doppia rampa fiancheggiata da belle statue. Al suo interno si trovano due pregevoli tele di : la più grande (posta nella sala consiliare) è un dipinto allegorico, dal titolo "Il Benessere e le Arti"; l’altra raffigura l’eruzione dell’Etna del 1852, che mise in pericolo l’abitato.




    Di fronte alla Piazza Umberto si erge maestosa la Chiesa Madre intitolata alla Madonna della Provvidenza, ricostruita dopo il terremoto del 1817 la chiesa si contraddistingue per lo stile barocco siciliano, con due campanili gemelli e la facciata in pietra bianca, che spicca al confronto con la scalinata curvilinea di pietra lavica. Sul portone centrale è una bella statua della Madonna, mentre fra le opere d’arte conservate all’interno spicca una pala d’altare raffigurante San Giuseppe col Bambino.

    A poca distanza merita una visita anche la Chiesa della Madonna delle Grazie di fronte al quale si apre il Parco Comunale, ricco di flora nei graziosi vialetti. Camelie, ortensie, magnolie e alberi secolari, unitamente al piccolo belvedere ed all’aristocratica palazzina, rendono il parco – un tempo villa privata – ricco di suggestione.

    Da vedere anche una bella finestra trifora sul mare di Palazzo Cutuli e, nella frazione di Fleri, la vecchia e nuova chiesa, l’uno a fianco dell’altra.

    Vivo è ancora nella memoria del ricordo del pericolo scampato nel 1992, quando la lava si fermò a poca distanza dal centro abitato modificando l’aspetto della Val Calanna. La colata è visibile seguendo l’apposita segnaletica, e nei suoi pressi è stata eretta una statua della Madonna, in segno di ringraziamento.



    Api e miele a Zafferana Etnea
    Zafferana Etnea è fra i maggiori produttori di miele in campo nazionale. Nella cittadina hanno sede il CO.A.SI., Consorzio tra Apicoltori di Sicilia, la Cooperativa Agricola Apicoltori Etnei e l'Associazione Comunale Produttori Miele (Sicilmiele): in tutto oltre 800 apicoltori (circa il 10% della popolazione residente) e una produzione media di 150 tonnellate/anno di miele (1,5% del prodotto nazionale). Le principali varietà di miele prodotto sono quello di Zagara (Agrumi), Arancia, Eucalipto, Millefiori, Timo, Sulla, Fico d'India, Castagno e Acacia. Ricca anche la produzione di pappa reale e polline. Il miele è un ingrediente indispensabile di molti dolci tipici della zona, dai celebri torroncini, alla cubbaita, ai mostaccioli e alle zeppole.
    Altre prodotti tipici sono il Vino dell'Etna (D.O.C.), la frutta - soprattutto mele, pere, ciliege e pesche - e le castagne. I funghi sono alla base delle specialità gastronomiche.



    ACI CASTELLO



    La struttura che caratterizza questa cittadina è il suo castello Normanno, edificato dai Normanni tra il 1071 e il 1081, su una preesistente struttura araba. In origine il castello era su un isola che fu poi unita alla terraferma dalla lava durante l'eruzione del 1169. Aci Castello è anche un privilegiato punto panoramico sulle isole dei Ciclopi. All'interno del castello è un piccolo Museo Civico con esposti fossili, vasellame antico e un piccolo orto botanico con piante grasse



    Il castello, eretto su un'immensa roccia basaltica a strapiombo sul mare per tre lati, era posto a controllo della costa ionica catanese con particolari funzioni difensive del golfo e della città di Catania.
    Del castello, accessibile da terra solo da un lato e in passato attraverso un ponte levatoio (oggi sostituito da un ponte in muratura), si conserva soprattutto la torre principale (a pianta rettangolare); come le altre strutture, essa è realizzata in pietra lavica.



    Già nel 902 - Aci è ricordata come centro della resistenza bizantina contro l'invasione musulmana (Ibn al-Athfr, in Amari 1880-81): la località fu occupata ed i musulmani ne spianarono le fortificazioni gettando a mare le pietre delle mura; non è però agevole identificare con certezza il sito dell'Aci di epoca bizantina.



    Nel 1092 - il castellum di Aci (da identificarsi quasi certamente, almeno topograficamente, con il castello attualmente esistente) e le sue pertinenze vengono dal gran conte Ruggero concessi ad Ansgerio, vescovo di Catania.



    Nel 1150 ca. - Idrisi descrive Aci come "terra marittima di antica civiltà" - (Idrisi, in Amari 1880-81).
    Nel 1297 - il castello, tenuto da fedeli di Ruggero de Lauria che era stato dichiarato nemico pubblico da Federico III, è sottoposto ad assedio e preso dalle truppe regie; di esso è,detto che super ingenti saxo fundatum, fluctibus maris spumantibus undis eluditir.
    Castello di ACI - AcicastelloNel 1300 è citato come terra e castello
    Nel 1348 - insieme a Paternò, Aci rimane fedele a Blasco Alagona; nel castello si era nascosto il tesoriere del duca Giovanni di Randazzo con un' ingente somma di denaro.



    Nel 1357 Aci è citatata come terra e castello
    Nel 1409 - il castello, recuperato al demanio reale, è tenuto da un castellano, un vice castellano ed una guarnigione composta da nove servientes ed un portarius; l'armamento comprende quindici balestre e tré bombarde di cui una di grandi dimensioni; era presente inoltre una viga di trabucu cum lu so pernu di ferru ed il resto della carpenteria di un trabucco.




    Nel XVI secolo (ultimo quarto) - nel castello risiedevano "un artigliere, il castellano, un cappellano, quattro soldati stipendiati et altri quattro di rispetto".
    Sempre nel XVI secolo (ultimo quarto) - durante il comando del castellano don 'Pietro di Gravina, i guardiani' "anno cura di prigioni che stanno in detto castello ed insieme fanno guardia per vascelli... sono catanesi et maritati alcuni et alcuni scapoli, non tengono beni in nessuna parte" - (Spannocchi).




    ACI TREZZA FARAGLIONI




    Uom gigantesco abita qui, che lunge
    Pasturava le pecore solingo.
    In disparte costui vivea da tutti,
    E cose inique nella mente cruda
    Covava: orrendo mostro, né sembiante
    Punto alla stirpe che di pan si nutre,
    Ma più presto al cucuzzolo selvoso
    D’una montagna smisurata, dove
    Non gli s’alzi da presso altro cacume.


    Così Omero, nel IX libro dell’Odissea (traduzione di Ippolito Pindemonte), introduce la figura del ciclope Polifemo: un gigantesco e orrendo uomo che dedica la sua solitaria vita alla pastorizia ignorando completamente l’arte della coltivazione del grano, dal quale si ricava il pane.
    In queste poche righe Omero riesce a racchiudere l’antitesi quasi completa di quella che, non solo per i greci, è la civiltà: la vita in comune e l’agricoltura.
    È facile immaginare, da questa breve lettura, che i leggendari ciclopi fossero, in realtà, i primitivi abitanti della Sicilia, scacciati o sterminati dai colonizzatori greci.



    Faraglioni dei Ciclopi - Aci TrezzaDi queste popolazioni primitive non rimane praticamente nessuna traccia, mentre Polifemo alcuni segni nel territorio siciliano li ha lasciati: i Faraglioni dei Ciclopi ad Aci Trezza. Narra Omero che Polifemo, accecato e deriso da Ulisse in fuga, “scagliò d’un monte la divelta cima” verso la nave dei fuggiaschi. Le divelte cime dei monti sono ancora lì, a ricordare la cieca potenza di Polifemo.
    I Faraglioni dei Ciclopi sono rocce basaltiche: la loro origine è vulcanica. Polifemo non sarebbe dunque un pastore siciliano antecedente la colonizzazione greca, bensì il vulcano Etna.




    ACI TREZZA "I MALAVOGLIA"





    Il vero protagonista dei Malavoglia è il villaggio di Aci Trezza, all’interno del quale inizia e si svolge il dramma della famiglia Toscano. È senza dubbio la gente di questo paese (l’usuraio Zio Crocifisso, il calafato mastro Turi Zuppiddu, il segretario comunale don Silvestro) che sa sempre tutto e che ha un compito importantissimo, tanto che è stata suggerita non a caso, la definizione dei Malavoglia come opera "corale". Tuttavia, l’indiscutibile importanza della "coralità" nel romanzo non esclude né diminuisce il rilievo di alcuni personaggi, tra i quali spiccano il vecchio Padron ‘Ntoni e il maggiore dei suoi nipoti ‘Ntoni.



    Nonno e nipote, occupano un posto centrale nella dinamica dei Malavoglia e sono quasi l’uno specchio dell’altro, poiché ognuno di loro rappresenta uno dei cardini della visione verghiana. Padron ‘Ntoni è il simbolo dei valori fondati sulla tradizione, di quella "religione della casa e della famiglia", che rappresenta uno dei punti fondamentali del romanzo. Egli era solito mostrare "il pugno chiuso", emblema di una salda unione familiare e nel parlare, ricorre di continuo ai proverbi e ai motti, che racchiudono la saggezza degli antichi.



    ‘Ntoni invece, incarna la ricerca del nuovo e del diverso che, sempre secondo l’ideologia verghiana, è implicita nello scorrere inarrestabile della "fiumana del progresso", una ricerca che in lui, si traduce in una costante irrequietezza. Per Padron ‘Ntoni e ‘Ntoni, la legge è la stessa e non cambia: l’unica differenza tra loro è che il primo la accetta, il secondo la rifiuta.

    Un legame analogo c’è anche tra Mena e Lia. Quest’ultima disonorata da un’accusa infamante è destinata ad una triste sorte sui marciapiedi della città.



    Mena invece, è una vittima volontaria e docilmente rassegnata dalla rigida "religione della famiglia". Ella infatti rinuncia a costruirsi una vita propria. Alessi, come Luca, che muore prematuramente, è l’unico che raccoglie e condivide l’etica e gli ideali sostenuti da Padron ‘Ntoni.




    CALTAGIRONE






    Sorta probabilmente nel III millennio a.C., Caltagirone è considerata uno dei primi abitati della Sicilia. Sul colle di Sant'Ippolito sono venuti alla luce resti di un villaggio capannicolo risalente al periodo neolitico; le necropoli scoperte in contrada Montagna e in contrada degli Angeli, risalenti al secondo millennio a.C., testimoniano non soltanto nutriti insediamenti umani in epoca molto remota, ma per la loro analogia con le necropoli di Pantalica e di Cassibile confermano che Caltagirone fu un centro notevole della civiltà siciliana detta appunto Pantalica che coincise con quella Ausonia e con l'affermazione della supremazia dei Fenici nel Mediterraneo.



    Altre necropoli, oltre quelle già citate, scoperte nei dintorni della città, sono databili al periodo siculo e siceliota, confermando così che Caltagirone fu colonia greca tra l'VIII ed il VII secolo a.C.. Ma del periodo della colonizzazione greca, della dominazione romana e bizantina non è rimasta alcuna traccia che possa colmare un vuoto di secoli nella storia di Caltagirone, storia che ebbe inizio con la dominazione degli Arabi, ai quali deve il suo stesso nome.
    Qalat Alghiran, cioè castello delle grotte.



    E alla dominazione araba risale la prima lavorazione della maiolica, accanto a quella più antica della ceramica, che ha costituito per secoli la maggiore risorsa economica della città.



    Liberata per breve tempo dalla dominazione araba dai Genovesi che la occuparono nel 1030 (e vi insediarono, sembra, una colonia di Liguri, ai quali sarebbe dovuta l'introduzione del culto di S.Giorgio), lo fu definitivamente con l'occupazione dei Normanni, nel 1090.
    Tale occupazione fu facilitata dagli stessi abitanti che scacciarono gli arabi asserragliati nella roccia di Judica, ottenendone, per ricompensa, dal normanno Ruggero I, un vasto territorio ed una certa autonomia amministrativa e politica.



    Nei secoli XIV e XV fu soggetta, in tempi diversi, alla servitù feudale dei Chiaramonte, dei Moncada e degli Alagona, ma nel 1464 fu affrancata e posta sotto il diretto dominio della corona. Per questa sua posizione ebbe dal Re di Castiglia Ferdinando IV e ancor più da Carlo V (al quale Caltagirone offrì una galea armata comandata da Antonio Gravina nella guerra contro i Turchi del 1534) particolari privilegi e riconoscimenti.
    Danneggiata dal terremoto del 1542, fu interamente distrutta da quello del 1693.



    Ricostruita nei primi anni del XVIII secolo, con impronta architettonica tipica del barocco siciliano, fu arricchita di monumenti e di edifici pubblici e religiosi, segnando anche una progressiva ripresa sul piano economico.
    Nel 1799 osteggiò decisamente l'esplosione del giacobinismo in Sicilia e nel 1818 fu eretta a sede vescovile. Nel luglio del 1943, durante la seconda guerra mondiale, fu gravemente devastata dai bombardamenti, sotto i quali trovarono la morte oltre settecento caltagironesi.



    Vi nacquero il Beato Innocenzo da Caltagirone (XVI secolo), i figurinai ceramisti Giacomo Bongiovanni (XVIII secolo) e Giuseppe Vaccaro Bongiovanni (XIX secolo) e Luigi Sturzo (1871-1959), sacerdote, sociologo e politico, fondatore del Partito Popolare Italiano (1919) di cui fu primo segretario fino al 1923.



    Poco resta della Caltagirone medioevale: nell'abitato si può segnalare solo il campanile di San Giorgio. Al Rinascimento, oltre a varie opere dei Gagini nelle chiese e alla celebre tavola della SS Trinità, di scuola fiamminga, conservata in San Giorgio, appartengono due edifici interessanti, di carattere insolito in Sicilia: la Corte Capitaniale, basso e nobile edificio di gusto gaginesco, e il Palazzo Polino-Gravina, costruito verso la metà del '500.
    La Chiesa di San Francesco d'Assisi Dello stesso periodo la vecchia Matrice di Santa Maria del Monte e la Chiesa del Gesù (ove si conservano superbe opere di Polidoro da Caravaggio e del Paladino). Vastissimi gli apporti dell'architettura barocca: la Chiesa di San Giacomo, del 1694, la Chiesa del Rosario (il cui pavimento in maiolica, benchè del 1802, rientra ancora nella tradizione barocca), la Chiesa di San Francesco d'Assisi. Più avanti si manifesta l'interessante opera eclettica di G.B.Basile, creatore della Villa, bellissimo giardino pubblico con decorazioni in ceramica e ispiratore della caratteristica facciata di San Pietro, essa pure rivestita di ceramiche a vivaci colori.



    Caltagirone oggi:
    Uno tra i più importanti centri della provincia, è noto soprattutto per le sue fiorenti tradizioni nell'artigianato delle ceramiche e delle terrecotte, cui si dedicano ancora numerose piccole e medie aziende che utilizzano ancora gli stessi sistemi e gli stessi materiali dei secoli passati. A Caltagirone operano anche industrie operanti nei settori molinitorio e della pastificazione, dei materiali da costruzione e del legno. Inoltre sono presenti numerose fabbriche artigianali di scope, calzature, confezioni, imballaggi, attrezzi rurali e alcune tessiture artigiane. Grazie alla fertilità dei terreni si hanno forti produzioni di uva, agrumi, ortaggi, olive, mandorle, cereali e pesche.




     
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  2. tappi
     
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    grazie claudio...che emozione vedere i propri luoghi...òi luoghi dove vivi e dove puoi capire come scorre la vita!
     
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  3. tomiva57
     
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    enna_lago-di-pergusa


    Lago Pergusa


    lago_di_pergusa


    « Qui sempre son fior,
    qui mai non verna:
    qui ride il suol di primavera eterna! »
    (Ovidio, Metamorfosi)



    Posto al centro di una corona di alture che toccano i 911 m d'altitudine con il Monte Carangiaro, nel fantastico scenario della Conca Pergusina, si apre il lago di Pergusa, noto sin dall'epoca classica come lago di Pergo, su cui scrissero versi grandi del passato come Ovidio, Claudiano e Cicerone, teatro del mitico Ratto di Proserpina, e recentemente designato tra i "luoghi del cuore" degli italiani in un sondaggio nazionale. Privo di immissari e di emissari, ed alimentato pertanto dalle falde e dalle precipitazioni, il bacino imbrifero, l'unico naturale dell'isola, riveste un'importanza centrale per l'avifauna della Sicilia intera.
    Nel giuncheto, nel canneto, nella Selva demaniale e nelle verdi colline che circondano il lago, svernano, transitano o risiedono oltre metà delle specie di uccelli di cui si è accertata la presenza in Sicilia. Tra queste, numerose sono quelle rare, come l'Airone rosso, il Falco di palude, la Moretta tabaccata e la Coturnice sicula, oltre alle più comuni frequentatrici, come le folaghe, nitticore, il mignattaio, l'alzavola, il mestolone, il fischione, ecc.
    Di origine tettonica, riveste un'importanza capitale dal punto di vista naturalistico (è sede di una riserva), poiché si erge a crocevia, nei mesi centrali dell'anno, del 50% degli uccelli migratori che transitano nell'isola, con un'avifauna ricchissima e una flora rigogliosa (giuncheto, canneto, pineta attrezzata e un'area boschiva detta "Selva Pergusina").




    da wikipedia



    Lago-di-Pergusa

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    Piazza Armerina



    Posizione del comune di Piazza Armerina nella provincia di Enna
    Sito istituzionale
    Piazza Armerina (Ciazza nella parlata locale Gallo-italica, Piazza in siciliano) è un comune italiano di 20.766 abitanti della provincia di Enna in Sicilia.
    Già comune in provincia di Caltanissetta, quando la provincia di Enna non era ancora stata istituita, poi entrata a far parte di quest'ultima provincia, è patrimonio dell'UNESCO dal 1997 per la sua Villa del Casale.



    Piazza Armerina sorge nell'entroterra del Golfo di Gela, su un'altura dei monti Erei meridionali, nella Sicilia centrale, a quasi 700 m d'altitudine. La città, tra i maggiori punti di riferimento della provincia, è incastonata tra fitti ed estesi boschi misti con predominanza di eucaliptus, che si estendono ai suoi piedi a nord come a sud. Il territorio comunale della città rientra tra i primi 100 comuni italiani per superficie, piazzandosi al 37º posto con un'estensione di 302 km², che ne fanno il secondo centro della provincia alle spalle del capoluogo, ed il settimo della regione. Il suo punto più alto è di 877 m sul livello del mare, mentre quello più basso si colloca a quota 225 m, determinando una notevole escursione altimetrica che si registra tra il centro urbano e le località sottostanti, tra cui numerose sono le enclavi, ritagliate nei territori dei comuni limitrofi. Qualora dovesse formarsi la provincia di Gela, potrebbe rientrarvi anche Piazza Armerina.


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    Natura

    La città è circondata, oltre che dalle foreste del parco della Ronza, e dagli altri boschi, da altri siti dalla prospera natura, quali ad esempio il lago d'Olivo, bacino artificiale creato a scopi irrigui, o il sito archeologico di Montagna di Marzo, avvolto anch'esso nel verde. Senza contare che in un raggio limitato, nei pressi di Enna, si apre il lago di Pergusa, incorniciato dall'incantevole riserva omonima ad alta naturalità, o altresì la Riserva naturale orientata Rossomanno Grottascura Bellia, parte della quale ricade proprio in territorio armerino. Quest'ultima riserva abbraccia il bosco di Rossomanno, che prende nome dall'omonimo monte, una fitta selva i cui sentieri sono stati recentemente tracciati di nuovo per favorire le attività escursionistiche e di trekking.


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    Storia


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    Un pavimento della Villa del Casale

    Dai ritrovamenti numismatici presenti sul Monte Naone non lungi dall'abitato si può presumere che qui esistesse un abitato di età greca, forse una sub-colonia di Gela e più precisamente la Hybla Geleatis di cui fa menzione Tucidide in seguito chiamata Stiela. Sulla storia poi di Piazza dove è attualmente ubicata si sa con certezza solo dalla dominazione normanna in poi, in riferimento alla ricostruzione della città nel 1163 ad opera di Guglielmo II. Per il periodo precedente alla fondazione precedente a tale data diverse sono le ipotesi. Alcuni autori del Seicento favoleggiarono di un villaggio chiamato Plutia di origine romana, ma nessuna fonte classica ha mai riportato tale località. Tuttavia secondo diversi musulmani esisteva una città che essi, arabofoni, traslitteravano 'Iblâtasah o 'Iblâtanah, abitata da comunità islamiche, che dovette sorgere su un villaggio preesistente che le cronache medievali (come il Fazello) indicavano più tardi come Casalis Saracenorum. Tale villaggio potrebbe essere la Ibla Elatson o Ibla Elatton (Ibla minore) riportata da Idrisi che corrisponderebbe alla Ibla Geleate (ibla Gelese) descritta da Tucidide (per Pausania Ibla Gereate, per Stefano Bizantino Ibla Era o Minore). La città islamica venne ribattezzata Placia o Platsa dai Normanni che la conquistarono e la affidarono agli Aleramici. Re Guglielmo I di Sicilia, per punirla della sua ribellione capeggiata da Ruggero Sclavo, figlio illegittimo dell'aleramico Simone, conte di Policastro, che in pratica aveva trucidato la popolazione araba, la fece incendiare e distruggere nel 1161. Venne dunque ricostruita, nel 1163 più in alto da Guglielmo II sul colle Armerino e ripopolata con genti provenienti dalle aree "longobarde" settentrionali. Scavi recenti, condotti dall'università La Sapienza di Roma hanno messo in luce, nei dintorni della Villa Romana del Casale l'impianto di un villaggio di epoca medievale, presumibilmente riferibile alla città distrutta da Guglielmo il Malo.
    Piazza diviene sede di tribunali nel periodo federiciano e nel 1459, Nel 1517 Carlo V la fregia del titolo di Città, chiamandola sovente Opulentissima. In questo periodo Piazza è capitale di una Comarca che riunisce a sé i diversi paesi lombardi, accomunati da un linguaggio e una storia comuni. Dal 1689 fino al 1817 è sede della quarta Università del Regno. Dal 1817 è anche sede di vescovato, mentre ottiene il titolo di Armerina nel 1863. Persa la sua egemonia sul territorio venne accorpata al Vallo di Caltanissetta e dal 1926 passò alla Provincia di Enna.

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    villa romana del casale



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    Duomo


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    Il gran priorato di S. Andrea a Piazza Armerina, fondazione normanna, esempio unico nel panorama siciliano che può essere considerata il prototipo del gotico siciliano.



    Cultura

    La cittadina è nota per far parte dei cosiddetti "comuni lombardi" di Sicilia, il cui vernacolo (appartenente al gruppo cosiddetto "gallo-italico di Sicilia") ha poco a che fare con gli idiomi indigeni e molto invece con quelli delle regioni settentrionali piemontesi, specie delle zone del Monferrato. Il fatto è spiegabile storicamente per essere stata occupata storicamente da comunità provenienti da quell'area.


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    Dialetto


    Il dialetto è stato scritto per la prima volta dal sig. Remigio Roccella da Piazza in un saggio di poesie originali stampate in Piazza stessa Poesie e prose nella lingua parlata piazzese. Ha pure provveduto a stilare un Vocabolario della lingua parlata in Piazza Armerina ma si possono ricordare anche i contributi di Litterio Villari.

    (SCN)
    « Com nna barca senza cap'tangh, com senza di tranti 'mp'c'ríngh, com na crésgia senza cap'llangh, p' tali e quali é Ciazza lu sc'ntìngh. Non ggh' è ciù nudd, ch' ggh' stenn a mangh, murinu Massimiángh e Ciccu e Ningh, l' ana ddasciàt ai mai d' 'nsagr'stangh, ch' di 'mpulini scurza l' egua e u vingh. O Ciazza, Ciazza, scunsulada e stanca, döi o tréi far'séi e n' om viu, t' ana purtàit 'ntaggh d' ddavanca. S' tarda ciù l' Autor'tà c'vìu, a dett ajùt e cadi a banna manca, sc'ntina mur'rài d' mau s'ttìu. »
    (IT)
    « Come una barca senza capitano, come senza tirelle un bambino, come una chiesa senza cappellano, così è ridotta l'infelice Piazza. Non vi è più alcuno che le dà la mano, son morti Massimian, Francesco e Nino, l'hanno abbandonato alle mani d'un sagrestano, che sottrae dalle ampolle l'acqua e il vino. O Piazza, Piazza, sconsolata e stanca, due o tre farisei e un uomo vile t'hanno condotto all'orlo del precipizio. Se tarda ancor l'autorità civile a darti ajuto, e resti abbandonata, infelice, morirai di consunzione! »
    (Roccella, A Ciazza (A Piazza), sonetto)

    A proposito delle origini piemontesi (anzi “monferrine”) di Piazza Armerina potrebbe riscontrarsi non solo l'uso del dialetto gallo-siculo con le altre notizie storiche variamente confermate ma anche una qualche aneddotica analogia tra un lemma del quale riparleremo e la leggenda che, sulla etimologia del nome Monferrato (in piemontese "mònfrà"), narra come nel 961, l'allora Conte Aleramo dovesse cavalcare con il proprio cavallo un giorno intero per delineare i confini del futuro suo feudo (che diventerà marchesato) che avrebbe ricevuto in premio da Ottone I per i suoi servigi. In quel giorno sembra che il cavallo di Aleramo perdesse un ferro e il cavaliere, non avendo niente di meglio per rimediare, usasse, lì per lì, un mattone trovato per terra e, con questo legato allo zoccolo del suo destriero, in guisa di ferratura, al fine di riprendere il suo viaggio. In piemontese il mattone viene chiamato usualmente "mòn" e da lì a "mònfrà" (ferrato con mattone) e quindi "Monferrato", il passo sarebbe breve! Ma ci sarebbe di più; risulta infatti che le origini di una particolare etimologia siciliana che indica il mattone siano appannaggio esclusivo di Piazza Armerina e dintorni: in quei luoghi il mattone da costruzione viene usualmente chiamato “zucculettu” che, tradotto in italiano, può suonare più o meno come “piccolo zoccolo”: ecco ritornato lo zoccolo del cavallo di Aleramo e, in qualche modo, riconfermate le origini piemontesi di Piazza Armerina[senza fonte]. Una descrizione del poeta dialettale Gaetano Marino Albanese:

    « Per le vie di Piazza Armerina si vede non di rado un giovane di mediocre altezza, mingherlino, pallido, seguito da qualche amico e da ragazzi curiosi, che si compiace di regalare qualche sua poesia stampata su fogli volanti. Bravo ebanista, fornito di un facile estro poetico, ma senza cultura. Possiede invece una buona dose di buon senso e molte nozioni apprese nell'osservazione attenta della sua vita, anche della lontana America. Nei versi il Marino riflette la sua abituale piacevolezza comica della conversazione, in una forma raramente stentata, che ritrae dalla viva bocca del popolo. Preferisce per lo più versi brevi riuniti in quartine. Certo dal Marino non possiamo aspettarci un verso sempre corretto, rime simmetriche, né l'esatta grafia delle varie gradazioni vocali e delle consonanti, ch'egli, come ogni altro dilettante, raddoppia sulla falsa riga del dialetto siciliano »
    (Filippo Piazza)



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    Turismo

    Presente in tutti i pacchetti turistici della Sicilia, Piazza Armerina è una delle mete più richieste ed apprezzate del turismo isolano, distinguendosi come famosa località per le visite archeologiche e culturali. Ogni anno, sono circa 600.000 i visitatori - provenienti da tutto il mondo - che si recano presso la Villa romana del Casale, patrimonio dell'umanità tutelato dall'UNESCO, nonché rientrante tra i siti d'arte romana più fruiti in assoluto. La città ed il suo centro storico sono tuttavia spesso trascurati dal turismo di massa, che si cerca di captare migliorando la ricettività e restaurando i monumenti più significativi, tra cui Palazzo Trigona, che da anni attende l'adattamento a museo archeologico, e operando la vendita a gestori privati dei principali beni culturali presenti, nell'auspicio di una più competitiva gestione.

    Per chi ama i dolci consigliamo di non perdere l'ottima pasticceria locale. Sono deliziose le "paste di mandorle" prodotte in svariate versioni e gusti e i dolci a base di ricotta (cannoli, bocconcini, etc.). La genuinità dei prodotti tipici locali caratterizza la bontà e freschezza della gastronomia piazzese.


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    Piazza Garibaldi: ex Palazzo Senatorio (1783)


    Appuntamenti

    L'evento più importante è il Palio dei Normanni, che si svolge dal 12 al 14 di agosto.
    Esso è la rievocazione, in costume, di un episodio svoltosi a Piazza Armerina nel XII secolo abbinato ad una giostra cavalleresca sullo stile della quintana. Ha una durata di tre giorni e si svolge tutti gli anni.

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