LAGHI

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  1. gheagabry
     
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    Sullo specchio d’acqua galileo ha camminato Gesù,
    lungo le sue rive ha chiamato i discepoli,
    ha compiuto la pesca miracolosa, ha sedato la tempesta...
    La zona però è centrale pure per la storia "civile":
    qui sorgevano le "terme romane", circondate da splendide ville; qui è stato finito il "Talmud".


    LAGO di TIBERIADE



    Il Mare di Galilea, detto anche Lago di Tiberiade o di Gennesaret o di Kinneret, è il più grande lago d'acqua dolce dello Stato di Israele avendo una circonferenza di circa 53 km.
    Situato a 213 m sotto il livello del mare, ha una profondità massima di 43 m: si tratta del lago d'acqua dolce più grande della Terra sotto il livello del mare, superato per dimensioni solo dal Mar Morto che è però un lago d'acqua salata. Il lago si trova nella Grande Fossa Tettonica, depressione creatasi dal distacco delle placche araba e africana e nella quale, da nord a sud, scorrono le acque del fiume Giordano che alimentano il lago. Per tale motivo la zona è caratterizzata da elevata sismicità, mentre in passato era presente anche una certa attività vulcanica come testimonia la presenza di rocce basaltiche ed ignee.
    È posto tra i territori di Israele e le alture del Golan annesse da Israele e rivendicate dalla Siria. Nel corso dei secoli ha avuto molte denominazioni in funzione delle principali città che nel tempo avevano la prevalenza sulle sue rive. Nell'Antico Testamento è chiamato Mare di Kinneret (Numeri 34,11) e (Giosuè 13,27), termine che potrebbe derivare dalla parola ebraica kinnor, ovvero arpa o lira in relazione alla forma del lago stesso. Nel Nuovo Testamento è chiamato lago o mare di Galilea, o di Tiberiade o di Gennèsaret: Galilea dal nome della regione in cui si trova; Tiberiade dal nome della città fondata da Erode Antipa intorno al 20 d.C. sulla sua riva nord in onore dell'imperatore Tiberio; Gennèsaret dal nome di una piccola pianura fertile situata sulle coste occidentali del lago. Il nome arabo del lago deriva da Tiberiade, la principale città all'epoca della conquista araba.



    In Epoca romana fu oggetto di una battaglia combattuta nei suoi pressi, non molto distante dalla città di Tarichee durante la prima guerra giudaica (nel 68 d.C.).[2] Viene quindi descritto da Giuseppe Flavio, il quale riporta:
    « Il lago di Gennesar, prende il nome dal vicino territorio. Misura 40 stadi in larghezza e 140 in lunghezza. Le sue acque sono dolci, ma non buone da bere. Esse sono più leggere della pesante acqua di palude, è limpida perché le sue rive sono formate da ghiaia e sabbia; ha inoltre una temperatura mite: è meno fredda di quella di un fiume o di una sorgente, ma rimane comunque più fresca di quanto si immagini, vista l'estensione del lago. Al centro di esso scorre il Giordano, che sembra nascere dal Panion, mentre in realtà giunge al Panion attraverso un percorso sotterraneo, e nasce invece dal bacino di nome Fiale, che si trova a 120 stadi da Cesarea, sulla destra, non molto distante dalla strada che porta alla Traconitide. [...] Non si sapeva che nascesse dal Giordano fino a quando ciò che la cosa non fu dimostrata da Filippo, tetrarca della Traconitide. Egli, infatti, gettando nella Fiale della paglia, la ritrovò trasportata al Panion, dove nell'Antichità si credeva nascesse il Giordano. [...] »
    (Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, III, 7.)




    Il lago di Tiberiade viene denominato da Marco “mare della Galilea” (Mc 1,16) e viene menzionato con tale dizione proprio quando Gesù, camminando lungo questo, vedendo Andrea e suo fratello Simone che erano intenti alla pesca perchè erano pescatori, li chiamò invitandoli a seguirlo: “Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: “Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini”. Il lago di Tiberiade diviene così il luogo in cui si commemora l'inizio della chiamata di Gesù dei primi discepoli.

    La Storia – o piuttosto le storie: romana, ebraica e cristiana – qui si sono svolte conferendo al "sito" un’inesauribile ricchezza archeologica. Perché dunque un "incrocio" di civiltà nel bel mezzo della piana, lontano dalle coste dove arrivano i viaggiatori? «La storia è una questione di geografia», scherza un abitante del luogo. In effetti è l’attività "tellurica" dei bordi del lago che, facendo zampillare sorgenti d’acqua calda, spiega l’attrattiva del luogo. Fin dall’antichità le "terme" della città sono tra le più apprezzate del Medio Oriente, e molto presto la città di Tiberiade diventa luogo di passaggio dove si incrociano nel corso dei secoli ebrei, cristiani, "drusi" e musulmani. I terremoti a ripetizione hanno da tempo cancellato dalla carta geografica la città antica, fondata da Erode Antipatro in onore dell’imperatore Tiberio (intorno al 21 a.C.). Il foro, il tribunale, il teatro e lo stadio dove avvenivano i combattimenti dei "gladiatori", tutto è sparito, tranne qualche "terme romana" a due chilometri a sud della città attuale.
    «Queste rovine attirano solo i "tombaroli" – s’inorgoglisce Katerina, dell’"ufficio turistico" – . Sono nascoste da vari anni e i maggiori archeologi sono ormai convinti che la sede ufficiale del "Sinedrio", la più alta autorità religiosa dell’ebraismo, si trovava proprio qui». Dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C., la città diventò in effetti il rifugio principale degli ebrei cacciati dalla Giudea. È qui che è stato terminato il "Talmud", cosa che ha permesso alla città di diventare il quarto "luogo santo" di Israele, insieme a Gerusalemme, Hebron e Safed. Appena 5 chilometri più a nord sorge Cafarnao, luogo fondamentale per la predicazione di Cristo in Galilea.A qualche minuto da qui, il monte delle "Beatitudini": è lì che, sempre secondo la tradizione, Gesù esaltò le otto virtù nel "Sermone della montagna".
    Dall’alto di questa collina, la vista sul lago di Tiberiade e sull’immensa valle del Giordano è a perdita d’occhio. Regna un’atmosfera da "inizio del mondo". ("Avvenire", 8/3/’08)

    ....una misteriosa piramide....

    C’è un mistero in fondo al Lago di Tiberiade: si tratta di una pietra da 60 mila tonnellate a forma di cono di cui nessuno archeologo riesce a spiegare con certezza l’origine.

    Rilevata per la prima volta dai sonar di un gruppo di ricercatori israeliani nel sud-est del Lago nel 2003, la gigantesca pietra è oggetto di un lungo e dettagliato studio pubblicato sull’ultimo numero dell’”International Journal of Nautical Archeology”. La misteriosa struttura anzitutto è grezza, a forma di cono, composta da pietre e sassi di basalto, misura 7 metri di altezza e 70 di diametro ovvero oltre il doppio della cornice esterna della pietra di Stonehenge. Strutture simili in pietra sono in genere note per essere, in altre regioni, delle tombe ma nessuno degli archeologi e ricercatori che ha esaminato le immagini dei fondali è giunto a simili conclusioni. I sommozzatori che l’hanno esaminata da vicino, riporta l’articolo, affermano di non aver visto alcun segno di lavorazione della pietra, confermando però che si tratta di un cumulo di pietre che solo l’intervento dell’uomo può aver messo le une sulle altre. L’ipotesi avanzata dal “Journal” è che il “mucchio di pietre” sia stato creato da esseri umani sulla terraferma e dunque prima che il Lago di Tiberiade la ricoprisse.

    Da qui lo scenario avanzato da Yitzhak Paz, del reparto di Antichità dell’Università Ben Gurion in Israele, secondo il quale “risale a 4000 anni fa” e fa parte di “fortificazioni di città” risalenti all’antichità. Per appurarlo in maniera definitiva servirà tuttavia l’intervento di una task force di archeologi, che dovrà riuscire a scavale sul fondale per di trovare conferme sull’origine del “cumulo di pietre”. Un’ipotesi, ma ancora tutta da verificare, è che fosse una struttura difensiva della città di Bet Yerah che 4000 anni fa era una delle più fortificate della regione e di Israele, ospitando circa 5000 abitanti.
    (Maurizio Molinari, la stampa.it)

     
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  2. gheagabry
     
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    Grüner See



    Il Gruner See, letteralmente ‘Lago verde’, si trova in Stiria, regione dell’Austria sud-orientale a metà strada tra Graz e Linz. La sua unicità sta nel fatto che se in estate è un lago vero e proprio, in autunno e inverno le sue acque si prosciugano, fino a farlo diventare un laghetto – quasi una pozzanghera - circondato da un ambiente alpino che è perfettamente adornato di panchine di legno e bianchi viottoli dove passeggiare. Un lago come il Gruner See è difficile da trovare fuori dall’Austria. Il fenomeno è in realtà facilmente spiegabile: in estate la temperatura sale, quindi i ghiacci si sciolgono e si trasformano in acqua. Ed essendo il Gruner circondato dalle montagne, il flusso delle sue acque è influenzato dallo scioglimento di un ghiacciaio, che nei mesi estivi lo rifornisce di acqua facendolo aumentare fino a coprire un’area di 7 ettari. Durante questa inondazione, le acque della valle raggiungono gli 11 metri di profondità, e tutto ciò prima era prato e pascolo diventa fondale. La visibilità è di circa 40 metri, praticamente perfetta per le riprese subacquee. E di meraviglie, a Grüner See, ce ne sono molte: panchine e sentieri sommersi, cespugli e prati quasi cristallizzati in un'immagine della primavera alpina.

    Prima che arrivi l'inverno, l'acqua proveniente dal massicio montuoso di Hochschwab evapora, lasciando la valle quasi asciutta in attesa della successiva stagione calda. Durante l'inverno, Grüner See è una pozza d'acqua profonda da 1 a 2 metri, circondata da una distesa di roccia e fango. La cosa che rende tutto ancora più unico è il fatto che i prati di Grüner See vendono inondati quando le piante sono in piena fioritura. Osservando il lago si nota una colorazione verde che non è dovuta all'acqua torbida, ma ai prati sommersi che si trovano sul fondo.
















     
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  3. gheagabry
     
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    IL LAGO ROSA


    Lake Hillier è un lago dell'Australia occidentale immediatamente riconoscibile per il suo insolito colore: il rosa. Lake Hillier è situato sull'isola di Middle Island, la più grande all'interno dell'arcipelago australiano denominato Recherche e formato da almeno 100 isole, nelle vicinanze di Cape Arid. Si tratta di un lago salato privo di affluenti situato a 600 metri dall'oceano e separato da esso da una stretta striscia di terreno. La sua forma ricorda quella di un'impronta umana che si estende dal limitare della foresta e che ne è separato da una porzione di terreno composta da sabbia e da sale. La vegetazione è composta soprattutto da alberi di eucalipto della specie Melaleuca leucadendra.
    Le ragioni di tale particolare tinta sembrano rimanere al momento misteriose.
    Le prime informazioni riguardo a Lake Hillier risalgono al 1802. Il colore rosa delle acque del lago è permanente ed esso si manterrebbe anche nel momento in cui l'acqua viene travasata all'interno di un contenitore. A metà del ventesimo secolo alcuni esperti si sono occupati di studiare e analizzare la composizione delle acque del lago, per comprendere se esse contenessero una particolare sostanza in grado di donare alle stesse l'insolita tonalità accesa. Si è ipotizzato che la colorazione sia dovuta alla presenza di alghe appartenenti alla specie Dunaliella salina. Tali alghe presentano una colorazione rosso acceso e sono ricche di carotenoidi. La colorazione del lago potrebbe essere dunque imputata alla loro presenza, ma si tratta al momento di una correlazione che non è stata ancora confermata. Essa potrebbe essere dovuta anche alla presenza di particolari batteri ed alla loro eventuale reazione rispetto alla salinità del lago.

    IL LAGO BLU


    È noto come 'vasca di Dio', ed è uno dei luoghi ancora incontaminati del pianeta. È il Blue Lake di North Stradbroke Island, l'isola australiana del Queensland. I ricercatori dell'Università di Adelaide hanno scoperto che il lago non ha subito gli effetti dei cambiamenti climatici negli ultimi 7000 anni, e finora ha resistito anche all'impatto degli esseri umani.
    Il Blue Lake è uno dei laghi più grandi di North Stradbroke Island, a sud est di Brisbane ed è al centro di varie ricerche, si studiano la qualità dell'acqua e confrontandola con le foto storiche degli ultimi 117 anni, esaminando al tempo stesso fossili di pollini e alghe per comprenderne meglio la storia nel corso degli ultimi 7500 anni. I risultati, pubblicati online sul Freshwater Biology Journal, mostrano che il “Lago Blu” è rimasto relativamente stabile e resistente per millenni. Insolito perché ha una profondità di circa 10 metri ma è così limpido che si può vedere il fondo," ha detto l'autore principale dello studio, il dottor Cameron Barr. “Non ci siamo accorti di quanto fosse unico e insolito questo lago fino a quando non abbiamo iniziato a guardare ad una vasta gamma di indicatori ambientali”.
    Stando agli esiti delle ricerche, vi sarebbero state variazioni climatiche nella regione di North Stradbroke Island negli ultimi decenni, ma in questo periodo il lago non ha mostrato praticamente alcun cambiamento. Non solo oggi, anche in epoche remote la zona è stata soggetta a cambiamenti climatici. Accadde circa 4000 anni fa, quando il clima divenne più secco. Ma anche in quel caso, secondo gli esperti australiani, Blue Lake dimostrò di cambiare poco, in netto contrasto con altre variazioni nella regione a causa dei cambiamenti climatici.(greenme.it)
     
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  4. gheagabry
     
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    Amadeus... salato




    Il lago Amadeus in Australia è uno dei tanti acquitrini salati del continente dove l'acqua, circondata dal deserto, scorre in solchi verso una depressione lunga circa 160 chilometri e larga 30: solo dopo piogge consistenti il livello dell'acqua raggiunge appena un paio di centimetri: subito dopo le precipitazioni l'acqua è dolce, ma sotto i raggi del sole evapora rendendo l'acqua salmastra e salata.
    Il nome fu dato in onore del compositore Wolfgang Amadeus Mozart dal suo scopritore Ernest Giles, che lo scovò nel 1872 durante il suo primo viaggio attraverso il continente, ancora in larga parte sconosciuto.





    Un tuffo nel vulcano



    A prima vista quella all'interno della caldera del vulcano Maly Semiachik, in Russia, potrebbe sembrare una piscina. In realtà è un lago caldo che deve il colore celeste delle sue acque ad una specifica composizione chimica a base di acido sulfureo.
    L'ultima sua eruzione - non particolarmente violenta - risale al 1952, ma ad incuriosire gli scienziati è piuttosto l'acqua del laghetto, che continua a cambiare temperatura (dai 25 ai 66°C) e composizione chimica. Tutta colpa delle fumarole, emanazioni subacquee di vapore e gas vulcanici, che determinano queste continue oscillazioni.




    focus.it

    Un lago deludente



    Un esploratore si aggirava nel lontano 1897 in una delle zone più remote dell'Australia occidentale: spinto dalla sete, seguì tante piccole tracce d'acqua sperando di trovarne un bacino da cui dissetarsi. Il bacino lo trovò ed era vasto, ma la sua acqua risultò troppo salata per essere bevuta. Da qui quella distesa d'acqua prese il nome di Lake Disappointment, traducibile in lago Delusione. Non così sembrano però pensarla i tanti uccelli acquatici che vi si radunano, trovando un rifugio in una zona completamente arida com'è quella circostante. Da satellite sono visibili le dune di sabbia attorno all'azzurro delle acque del lago.


    Foto: © Nasa





    Buco nero nel Tibet



    Il Dagze Co è uno dei principali laghi dell'entroterra tibetano con i suoi 260 chilometri quadrati. Questa foto mette in rilievo i cerchi concentri attorno al lago: sono delle rive fossili che attestano la presenza di un lago più largo e profondo in un lontano passato. I cambiamenti climatici degli ultimi secoli infatti hanno portato ad una intensificazione del clima arido e quindi ad una riduzione degli specchi d'acqua dell'altopiano del Tibet.
    © Nasa



    focus.it

    Edited by gheagabry - 6/8/2014, 21:53
     
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  5. gheagabry
     
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    IL LAGO DI GINEVRA



    Il Lago Lemano, o Lago di Ginevra, in lingua francese "Lac Léman" o "Lac de Genève", è il maggiore lago della Svizzera e dell'Europa occidentale, si trova sul confine con la Francia. Adagiato oltre le maestose Alpi il lago Lemano è il più grande lago interno con i suoi 582 chilometri quadrati di superficie e con la maggiore portata d' acqua dell' Europa centrale. Lo specchio d'acqua ha una forma allungata, tipica di un lago glaciale subalpino, a mezza luna in direzione est-ovest con la concavità verso la sponda meridionale, quella francese.
    Il Lago Lemano, diviso per un'irregolarità nella forma presso Yvoire in "Grand lac" (grande lago) ad est e "Petit lac" (piccolo lago) ad ovest, è formato dalle acque del Rodano, il suo maggiore immissario ed emissario, ed ebbe origine al termine dell'ultima glaciazione, circa 15.000 anni fa.
    Il nome "lac Léman" (lago Lemano) appare nella letteratura intorno al 50 a.C. con il termine di origine greca "lemanè limnè" o "lemanos limnè" (Λιμένος Λίμνη ossia lago del porto). Questo toponimo è anche utilizzato e reso popolare da Giulio Cesare che, nel 58 a.C. "parte da Genava e dal lacus Lemanus per combattere gli Elvezi." Con lo sviluppo della cartografia, i nomi si moltiplicano: "lacu Lausonio", "lacus Losanetes" o ancora "lac de Lozanne" (tra il II secolo e il IV secolo). Come conseguenza della nuova fama internazionale di Ginevra, il termine "lac de Genève" (lago di Ginevra) appare e coesiste con i termini esistenti (XVI secolo). In quest'epoca, il lago di Ginevra indica il Petit-Lac (Piccolo-Lago) (79 km²) e il "lac de Lausanne" (lago di Losanna) (503 km²) indica il Grand-Lac (Grande-Lago). Col passar del tempo, il lago di Losanna è scomparso e il nome di lago Lemano è stato adottato da Savoiardi, Vodesi e Vallesani. Il nome del Lemano, particolarmente di moda durante il secolo dei Lumi e durante la Rivoluzione francese e il Primo Impero, è stato utilizzato da autori come Jean-Jacques Rousseau o Voltaire e serviva da prestanome all'antico dipartimento del Lemano che raggruppava il nord della Savoia, il pays de Gex e Ginevra. François-Alphonse Forel, medico e scienziato svizzero della fine del XIX secolo, dirà che "l'uso tende a stabilirsi in geografia, e questo con ragione, di preferire, ovunque dove ne esiste, il nome personale di un lago al nome della città situata sui suoi bordi. Un lago è un individuo geografico in se stesso e da lui stesso".

    LE GALEE DEL “LEMANO”



    Molto tempo è passato, le mura delle fortezze inespugnabili si sono coperte di edera, i gerani hanno invaso le finestre delle caserme, le navi da guerra ormai inutili, sono marcite nei porti e il ricordo di questo grande miscuglio di cattiveria umana è svanito. Ne resta pertanto qualche traccia, annotazioni in vecchi registri contabili dell’amministrazione. In particolare quelli della cancelleria di Chillon che risalgono al XIIIesimo secolo. Questi documenti sono ancora oggi accuratamente conservati negli archivi della città di Torino dove hanno seguito i duchi di Savoia nella loro lenta ascesa al trono d’Italia. Perduto in qualche parte, fra tante venerabili addizioni, si trova il primo accenno scritto a proposito di un battello che avrebbe navigato sul lago Lemano.
    L’imbarcazione di svago del Conte e castellano di Chillon. Si narra che egli “si mise in una barca e prese il vento sul lago” Una trentina di anni prima del giuramento di Grütli, il conte ordinò di tirare la sua barca a riva e di ripararla. Qualche settimana dopo, il contabile del castello annotava, a penna d’oca, con una bella scrittura che il prezzo dei chiodi, della verniciatura e impeciatura dell’imbarcazione ammontava a quattro libre e nove denari. Senza saperlo, il brav’uomo stava scrivendo proprio l’inizio della gloriosa storia dei Vascelli del Lemano! Questa storia fu straordinaria. Lo si sa perché oramai l’amministrazione del castello, prese l’abitudine di annotare tutti i fatti e misfatti del piccolo mondo di marinai, carpentieri e castellani occupati a creare una flotta savoiarda da guerra sulle rive del lago. Numerose decine di battelli di cui il più grande aveva bisogno di un equipaggio di due o trecento marinai.
    La prima di queste grandi imbarcazioni fu varata nel 1287. Era una galea, probabilmente simile a quelle che combattevano nel Mediterraneo a quel tempo. Gli architetti, venuti specialmente da Genova, per dirigere il cantiere, furono probabilmente spaventati dai rigori dell’inverno del Lemano per cui istallarono dei caminetti per scaldare le cabine del battello. I soldati stavano a prua. Dietro loro, una lunga passerella separava le file di rematori: il ritmo della frusta degli aguzzini stimolava lo zelo della ciurma. Allorquando il vento era favorevole, si issavano le vele latine: Due grandi triangoli fregiati delle armi dei Savoia, la mezzana ed il trinchetto. Il contabile del castello di Chillon ha annotato che ci vollero ben duecento “aulnes” di stoffa per confezionare queste ali. (quasi trecento metri quadrati). E questa meravigliosa galea del Lemano fu solo la prima di una serie di navi ancor più straordinarie.
    La più grande fu varata verso il l’anno 1300. Questa poteva portare fino a trecentottanta marinai. Non solo rematori, ma anche arcieri, soldati e ufficiali che vivevano a bordo con tutti i loro domestici. E quando questi enormi bastimenti prendevano il largo, c’era quasi sempre, a scorta, una schiera di navi più piccole. Non potendosi illustrare in vere battaglie navali: le galee savoiarde si dedicavano a saccheggiare città e villaggi dove depredavano i pacifici battelli mercantili. Questo fino al 1343. Perché in quell’anno la collera degli Dei si riversò improvvisamente sul capo di questi malvagi. In una bella mattina di primavera, un incendio divampa in una vecchia casa di Villeneuve. In pochi istanti si propaga, attraverso la strada, a tutto il quartiere. La gente corre in tutte le direzioni, grida, s’affolla. Il “foehn”(vento caldo e violento) si solleva, metà città brucia. Un enorme fumo nero, carico di tizzoni ardenti è ora sospeso sulla rada dove si trovano tutti i battelli della flotta. In pochi istanti essi prendono fuoco, ed una indescrivibile confusione di navi, di remi e di relitti invade le rive del lago.
    Una sola galea riuscirà a scampare a quell’incendio. Essa si lancerà, attraverso le fiamme spinta dal vento e dalle onde. Ma il fuoco ha raggiunto il ponte malgrado gli sforzi dei marinai, ed è come un legno fumante che finalmente getta l’ancora al riparo del castello di Chillon. Saranno necessari due anni di lavoro e sessantamila chiodi per ripararla! Questo è per lo meno ciò che è scritto nei libri di contabilità. Tutti gli altri battelli affondarono. L’impresa che oggi utilizza la ghiaia del delta del Rodano ritrova qualche volta dei rottami calcificati: qualche tavola, un pezzo di chiglia. Prova che i relitti sono ancora là, affondati nella massa di ghiaia. Dopo questa catastrofe, i cantieri navali furono totalmente ricostruiti, ma ci vollero dieci anni di lavoro. Tutto ciò è segnato nei libri contabili del castello di Chillon . Senza volerlo probabilmente, il nostro vecchio amico contabile descrisse il tran-tran quotidiano della vita militare del Medio-Evo con le parole, le espressioni dell’epoca.
    All’origine molti termini tecnici utilizzati sui battelli del Lemano erano stati portati dagli operai genovesi che lavoravano nei cantieri savoiardi. Ma con il tempo, dal tono delle pagine del libro, si sente che si addolcisce graziosamente di un antichissimo accento valdese. Così, le “garcettes de ris”, che consistono in cordame utilizzato per diminuire la velatura quando il vento si rinforza, si chiamavano in italiano dell’epoca, i “metafioni” divennero “metafions”e poi “metafis”. Ancora più interessante è l’evoluzione della parola “peguola”. In italiano indica il barile che contiene il catrame che serve a calafatare lo scafo. Sulla riva del lago si trasforma in “pègue” e poi, più semplicemente, in “pèdze”. Disgraziatamente quei meravigliosi libri di contabilità si fermano al 1352. I volumi più recenti sono scomparsi e, a partire da quella data, l’oblio avvolge più o meno la vita dei marinai d’acqua dolce ed i loro superbi battelli. Un oblio che dura fino all’invasione bernese “del Pais de Vaud” a metà del secolo XVI esimo .
    Dopo due secoli velati di mistero, la flotta savoiarda riappare allora fugacemente, ma per l’ultima volta. In questo momento della storia politica delle sponde del Lemano, i ginevrini si considerarono pericolosamente circondati dalle armate del loro vicino, il Duca di Savoia. Il Consiglio della città decise dunque di chiedere aiuto ai cari concittadini di Berna, i quali, ben felici all’idea di ingrandirsi verso il Sud, si prepararono subito ad invadere i territori ducali. Uno dei pochi luoghi dove si è manifestata una qualche resistenza è il castello di Chillon, difeso fra le altre, da una ultima e vecchia galea. Di fronte a questa difficoltá imprevista, lo stato-maggiore di Berna, non amando il rischio, sollecita l’aiuto dei ginevrini. Questi la accordano con entusiasmo. Ginevra riunisce tutti gli avventurieri che riesce a trovare e li imbarca su una flottiglia improvvisata. Erano quattro pesanti navi armate di cannoni e due grandi barconi caricati di balle di lana, nella speranza, un po’ ingenua che potessero servire da riparo galleggiante contro l’artiglieria del castello. A vele spiegate, tutti i remi in acqua, la flotta si scaglia attraverso il lago per“attaccare Chillon.” E’ l’ora della vendetta e lo si grida forte a Ginevra. Si alza il pugno fermo verso l’orizzonte.
    Il sangue scorrerà sicuramente a fiumi. Appena arrivati la battaglia s’accende. Un consistente bombardamento per cominciare. E mentre il fumo dei cannoni si alza sopra i pioppi delle sponde, ci si prepara all’attacco. Ma il comandante del castello, Antoine de Beaufort, non ha per nulla intenzione di porre resistenza. Egli non dispone che di una debole guarnigione: alcuni italiani, un pugno di valdesi sparpagliati dietro le numerose saettiere lungo il cammino di ronda. Malauguratamente l’armata di Berna non ha una buonissima reputazione. Una resa pura e semplice avrebbe attirato delle rappresaglie soprattutto contro i valdesi restati fedeli al duca di Savoia. Allora, per guadagnare tempo, Beaufort finge una sorta di negoziazione. A gran voce, sopra le mura, egli finge di voler patteggiare. I ginevrini, come sempre sboccati, rispondono gridando insulti. Un po’ ci si ascoltava, si mercanteggiava, si parlava di garanzie. A momenti si stizziscono, paonazzi, dopo si riconciliano con dignità. Si torna a minacciare, qualcuno si affaccia ad una finestra per insultare gli assedianti che rispondono con parole indignate...E durante questa commedia, al riparo delle mura, i soldati savoiardi si affrettano a caricare su l’ultima vecchia galea: gli archivi, l’oro, gli impiegati, l’artiglieria. All’improvviso le finestre del castello si chiudono sul naso dei ginevrini, e la galea, tutti stendardi al vento, si slancia per l’ultima volta in piena luce sul Lago. Alla potente cadenza dei remi ella attraverserà la flotta nemica e si avvierà verso il largo. Vista la differenza di velocità, l’inseguimento è ridicolo. Quando Beaufort arriva nel porto di Tourronde in Savoia, il suo anticipo è tale che i marinai hanno il tempo di distruggere i cannoni, di dar fuoco al battello e di nascondersi tra le montagne. I ginevrini non trovano che cenere e fumo.Forse sulla riva, una vecchia scopava tranquillamente davanti alla sua porta, forse era un po’ sorda, aveva la vista debole, non notò nulla. Ed è così che è finito il tempo delle galee savoiarde. Non si ammireranno mai più dei così begli uccelli da guerra e di prestigio sul lago Lemano. (Olivier Gonet
    dott. es scienze)

    .....lo tsunami del lago.....


    C’è un punto, non meno suggestivo, ma tutt’altro che rilassante, del Lemano che incute soggezione per la maestosità e la severità degli scorci. Quando, infatti, il Rodano finisce temporaneamente la sua corsa nel lago, il suo delta è sovrastato da montagne che incombono sull’acqua lambendo le rive del bacino. È un paesaggio che sorge dall’acqua e sul quale, per gran parte della giornata, il sole non riesce a fare breccia. Sono le pareti scoscese del Grammont che si erge severo come un torrione naturale a chiudere il Vallese. Proprio questa montagna è stata protagonista di un evento, di cui si parla moltissimo in questi giorni, eccezionale che si produsse in queste terre nel lontanissimo 563. Due racconti storici - "evento Taurendunum" - descrivono questo devastante tsunami, generato da un'enorme frana staccatasi da una montagna vallesana, a oltre 70 km da Ginevra. Si tratta dello tsunami che distrusse Ginevra proprio in quell’anno, di cui sono stati testimoni di eccezione Gregorio di Tours e Mario di Avanches, che descrissero il fenomeno nelle loro cronache medievali. I testimoni non offrono spiegazioni sull’onda anomala che si produsse nel maggiore specchio di acqua dell’Europa occidentale, colpendo e distruggendo gran parte dei villaggi della costa ed arrivando a Ginevra dopo aver sorpassato le mura portando distruzione in tutta la città. A fare chiarezza è stato uno studio condotto dalla dott.ssa Katrina Kremer e dai suoi collaboratori dell’Università di Ginevra, i quali studiando i sedimenti presenti nel lago sono arrivati a dimostrare che con ogni probabilità una parte del Grammont precipitò sugli strati sedimentari creati dal fiume sul fondo del lago facendoli collassare e provocando lo tsunami. Simulazioni al computer hanno dimostrato come un’onda di 13 metri raggiunse, 15 minuti dopo il distacco della roccia, Losanna (provocando pochi danni poiche la città è costruita a terrazze) e la stessa onda, di dimensioni un po’ ridotte (solo 8 metri!), raggiunse, dopo 55, minuti anche Ginevra (all’altro capo del lago).(italianintransito.com/)
     
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  6. gheagabry
     
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    Il lago KAINDY



    Il lago Kaindy è situato in un bosco di conifere a 2.000 m sul livello del mare e ad una distanza di 129 chilometri dalla città di Almaty in Kazakistan. Si formò nel secolo scorso a causa di una frana causata dal terremoto Kebin del 1911. L'acqua inondò la valle di abeti rossi (Abete del Schrenk, il luogo significa un sacco di abete rosso), il che rende il lago molto giovane in termini geologici. La sua lunghezza è di 400 metri con una profondità di 30 metri in alcune zone.
    Il lago produce una luce spettrale, quasi sovrannaturale, con le cime degli abeti scheletrici, enormi tronchi che sovrastano l'acqua fredda, come il alberi di una nave affondata. Sotto l'acqua, le alghe danno una sensazione di alberi ancora vivi, in attesa che il diluvio scompaia. Al di sotto della linea di galleggiamento, l' acqua è così fredda che ha conservato rami degli abeti rossi L'acqua è spesso di una tonalità un verdognola, quasi innaturale. Questa strana colorazione è causata da depositi di minerali di calce e di altri che sono stati filtrati dall'acqua durante la creazione del lago, le particelle di roccia si sono depositate sui rami, formando incredibili "stalattiti". Una volta che ci si avvicina l'acqua appare cristallina - a volte è possibile anche vedere le trote che sono stati introdotti nel lago nel 1930.






















    foto dal web
     
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  7. gheagabry
     
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    "C’era una volta nel cuore dell’Africa,
    un lago di fuoco dove l’acqua brucia di colore scarlatto e cremisi,
    e nel suo silenzio ha il riflesso del cielo.
    Dopo mesi senza pioggia, la siccità è sovrana e il lago diventa arido e bianco come la cenere.
    Ma una nuova stagione è alle porte;
    una stagione di colore e vita, la stagione dell’inizio."


    IL LAGO NATRON



    Il Lago Natron è un lago salino situato nella Tanzania settentrionale, nella Rift Valley africana a circa 600 metri di altitudine, vicino al confine keniota, nei pressi della sua riva sudorientale si trova il Vulcano Gelai. Il lago che raggiunge a malapena i tre metri di profondità, varia in ampiezza a seconda del livello di riempimento del proprio invaso.
    Il Lago Natron (56 Km. di lunghezza - 24 km di larghezza) occupa una depressione creata dallo sprofondamento della litosfera terrestre ed è alimentato da sorgenti sotterranee altamente alcaline che filtrano da Ol Doinyo Lengai, l'unico vulcano al mondo noto per eruttare lava bianca e "fredda" composta da carbonatite di sodio e potassio. Contribuisce anche quella minima parte di pioggia che riesce a raggiungere il suolo prima di evaporare sotto forma di pioggia fantasma. L'altissima evaporazione comporta grandi variazioni nelle dimensione del lago. Durante la stagione secca il lago si ritira lasciando scoperte superfici di fango grigio costellate di cristalli di soda, contemporaneamente il livello di salinità aumenta dando il via al proliferare di cianobatteri (anche detti alghe verdi-azzurre) che come le piante si nutrono tramite la fotosintesi ma a differenza di quelle utilizzano anche una parte dello dello spettro cromatico non visibile grazie ad un complesso di antenne dette ficobilosomi, nelle quali sono contenute ficocianina (pigmento fotosintetico azzurro) o ficoetrina (pigmento fotosintetico rosso). Sono questi pigmenti fotosintetici a donare a molti cianobatteri la caratteristica colorazione blu, ma talvolta anche rossa (ad es. nei casi della Spirulina e della Oscillatoria rubescens). Nei mesi più secchi dell'anno quindi il lago tende ad assumere un'intensa colorazione rossa nelle aree più centrali e tendente all'arancione dove l'acqua è meno profonda. Questo fenomeno non è visibile se ci trova al livello del lago ma solo dall'alto. Il sistema migliore per apprezzarlo è un sorvolo del lago oppure dall'alto della parete della Rift che normalmente si discende provenendo dal Serengeti. Quando il lago non è si prosciugato a sufficienza il colore delle acque varia, a seconda della profondità, dal bianco al verde acqua con una serie di tonalità intermedie tra il grigio ed il marrone.


    Se c'è acqua vi sono pesci. Non importa che tipo di acqua, basta che ci sia. E non importa neppure che la pozza nasca in una regione umida o nel deserto. Un tempo, circa 10.000 anni fa, i due laghi formavano un corpo unico con salinità e basicità molto inferiori all'attuale. La siccità che colpì in seguito l'Africa portò alla formazione di numerose piccole zone umide che intrappolarono dei ciclidi all'interno delle poche pozze d'acqua dolce che non seccarono. Temperatura e alcalinità impedirono e impediscono tuttora la dispersione dei pesci che sono in grado di spostarsi da un punto all'altro solo quando le precipitazioni sono abbondanti. A mali estremi, estremi rimedi e i ciclidi di questi laghi hanno evoluto alcune capacità uniche tra i pesci ossei. L'urina è costituita esclusivamente da urea; nei teleostei generalmente troviamo ammoniaca. La vescica natatoria è diventata un rudimentale organo accessorio per la respirazione che cattura ossigeno quando in acqua c'è poco. Si è evoluto un sofisticato sistema che permette ai pesci di bere acqua alcalina e il metabolismo è accelerato per combattere le elevate temperature ambientali.

    .... i fenicotteri a Natron ....


    I cianobatteri costituiscono la principale e ghiottissima fonte di nutrimento per i 2.5 milioni di fenicotteri minori (corrispondente al 75% della popolazione mondiale) che hanno eletto il Lago Natron a unico luogo di riproduzione per tutta l'Africa orientale. Il periodo di riproduzione dei fenicotteri va da Agosto ad Ottobre quando la salinità è ai livelli massimi quindi anche la disponibilità di cibo. Negli altri mesi dell'anno pur se sempre avvistabili in buon numero i fenicotteri tendono a suddividersi in più laghi tra cui i laghi Momela ad Arusha, il lago Manyara, il lago Ndutu nel Serengeti, il lago Magadi all'interno del cratere di Ngorongoro, il lago Bahi nei pressi di Dodoma, Il lago Nakuru in Kenya.
    l nidi, simili a piccoli vulcani, vengono costruiti esclusivamente lungo le rive nord-orientali del lago in prossimità delle sorgenti di acqua calda dove nessun predatore può raggiungerli.
    Al di là dei fenicotteri il lago ospita oltre 400 specie di uccelli acquatici tra cui, per nominarne solo alcuni, le inseparabili coppie di Fischer's Lovebird Agapornis fischeri, il martin pescatore, il bucero di Von der Decken, il barbuto rosso e giallo, il Cordonbleu, la ghiandaia dal petto lilla, lo storno di Hildebrandt ed il Barbuto di D'Arnaud, i grifoni di rupell ed altri rapaci ed uccello del paradiso. (riftsafari.com)


    "E con la pioggia arrivano i Fenicotteri (Flamingos: il nome di origine spagnola, da Flamengo, a cui è associato il colore rosso). In qualche modo, loro sanno quando posso tornare al lago di Natron. Lasciando altre sponde hanno volato per centinai, migliaia di chilometri per essere qui. Ogni uccello ha la sua storia, e la propria vita segreta; ed ogni storia comincia proprio qui, a Natron, con la pioggia. La pioggia permette la crescita di particolari alghe (piccoli batteri che contengono pigmento rosso), quando i fenicotteri mangiano, si trasformano: le piume gli occhi e le lunghe zampe, arrossiscono. Ed è proprio il colore ha renderli particolarmente attrattivi l’uno per l’altro. Dopotutto, questo è il motivo che li spinge fin qui: trovare un compagno. Lentamente e con garbo, si aprono le danze. Ogni movimento fa parte del corteggiamento. Una coreografia. Un crescente desiderio paradisiaco! C’è una leggenda Masai che racconta della nascita dei fenicotteri dall’acqua salata. E che loro sono i figli del lago. La verità non è meno straordinaria. Qualcosa che accade soltanto qui, a Natron: un’isola segreta emerge dal centro del lago. Quando la stagione della pioggia è al capolinea, e il Sole ardente ritorna al suo posto, l’acqua evapora molto rapidamente lasciando sulla superficie uno strato di sale - Il livello di salinità aumenta a un punto tale che colonie di microrganismi cominciano rapidamente a prosperare. Questi microrganismi comprendono i ciano batteri, piccoli batteri che si sviluppano in ambiente acquatico traendo nutrimento dalla luce solare con un procedimento simile alla fotosintesi clorofilliana delle piante. Tali batteri contengono un pigmento rosso vivo responsabile del colore del lago Natron, che assume tuttavia variazioni tonali tendenti all'arancio nelle parti dove l'acqua è meno profonda - Ogni giorno, il Sole inclemente permette al sale di aggregarsi creando una lastra di ghiaccio salato che avanza e si muove nel vento. I fogli di sale si mescolano creando una serie di piccole isole. E il vento fa il resto, spingendo le isole verso il centro del lago. Singole isole di sale. I residui di acqua si solidificano diventando una piscina sulfurea, dove la temperatura può arrivare fino a 130°.
    Ci sono poco più di 2 milioni di fenicotteri nell’Africa Orientale e, ognuno di loro, è nato qui; su una segreta isola di sale nel lago di Natron. I futuri genitori costruiscono il nido nel fango salato del lago e, nonostante ci sia spazio a sufficienza, in quanto uccelli sociali, i fenicotteri preferiscono stare amorevolmente raggruppati. E per un lungo e caldo mese, aspettano insieme che le uova si schiudano; e il loro primo, unico e caratteristico, pianto che gli permetterà di riconoscersi l’un l’altro, sempre. Anche se il lago non è completamente accogliente per i piccoli arrivati; il sale si attacca alle gracili zampe rendendole pesanti e, allo stesso tempo, crea una sorta di protezione naturale anti frattura. Coccolati e protetti, i piccoli fenicotteri crescono con amore e profonda intimità, insieme, uniti con tutti gli altri.
    Un grande nido socialmente condiviso. Sebbene sia un luogo ostile per la maggior parte degli animali, per i Fenicotteri Rosa, questo strano nuovo mondo è un dono." (alessia sorrentino, 11.9.2012)
     
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  8. gheagabry
     
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    "Un delizioso piccolo lago ai piedi del Rosa,
    un'isola ben situata sull'acque calmissime, civettuola e semplice, (...).
    Il mondo che il viaggiatore ha conosciuto si ritrova in piccolo modesto e puro:
    il suo animo ristorato l'invita a rimanere là,
    perché un poetico e melodioso fascino l'attornia,
    con tutte le sue armonie e risveglia inconsuete idee..."
    (Balzac)


    IL LAGO D'ORTA


    Il Lago d' Orta, o Cusio, è situato a ovest del Lago Maggiore. È il più occidentale fra i grandi laghi prealpini, originato dal fronte meridionale del ghiacciaio del Sempione. Il lato orientale presenta i dolci declivi delle colline che lo separano dal Lago Maggiore e che culminano ai 1491 metri del Monte Mottarone. Le sponde occidentali sono invece più impervie e ripide: le colline lasciano spazio qui alle montagne della Valstrona e della vicina Valsesia. Contrariamente a quanto accade con molti laghi alpini, che hanno un emissario a sud, le acque del lago d'Orta escono dal lago a nord e attraversano la città di Omegna, dando origine al torrente Nigoglia, che confluisce nello Strona che, a sua volta, sfocia nel Toce e quindi nel Lago Maggiore. Ha una superficie di 18,2 km quadrati, allungandosi da nord a sud per 13,4 km e con una larghezza massima di 2,5 km; si trova a 290 m sul livello del mare e raggiunge una profondità di 143 m.

    Sulle sponde del lago d'Orta sorge una cittadina dall'imperdibile fascino: Orta San Giulio, fronteggiata dalla stupenda Isola di San Giulio. Il caratteristico aspetto di Orta è dato dall’arte Rinascimentale e Barocca che contraddistingue i suoi Palazzi Signorili e i suoi magnifici giardini. Da ammirare le splendide residenze di Villa Perone e di Villa Crespi, nonché il Palazzo della Comunità, un tempo sede del Consiglio della Riviera.

    Nel medioevo il lago era noto come lago di San Giulio e solo a partire dal XVII secolo cominciò ad affermarsi il nome attuale di lago d'Orta, dalla principale località, Orta San Giulio. Il nome Cusius (Cusio) deriva da una cattiva lettura della Tabula Peutingeriana dove compare un lacus Clisius la cui esatta identificazione è incerta. Il nome Cusio entrò comunque nell'uso, dapprima erudito e quindi amministrativo ed è ora utilizzato per indicare il lago. Sono invece da relegare tra le speculazioni fantastiche le ipotesi che farebbero derivare il nome Cusius dalla fantomatica tribù degli Usii. Il nome degli Usii appare per la prima volta negli scritti dello storico Antonio Rusconi, verso il 1880, e da alcuni è stato ripreso acriticamente in seguito.

    ....l'isola di San Giulio....


    È situata a circa 400 metri dalla riva, lunga 275 m e larga 140, ha un perimetro di circa 650 m ed è quasi interamente occupata dall'abbazia Mater Ecclesiae. Le indagini archeologiche hanno dimostrato l'antichità della presenza umana, attestata dal Neolitico all'Età del Ferro. Secondo la leggenda della vita di San Giulio in età romana il sito sarebbe stato abbandonato. È possibile però, benché manchino riscontri archeologici, che l'isola fosse un centro cultuale precristiano. Ciò spiegherebbe, sia il motivo per cui l'evangelizzatore decise di costruirvi, verso il 390, la prima chiesa, sia il simbolo adombrato dalla leggendaria infestazione di serpi e draghi. Tali rettili sarebbero quindi una allegoria del Male e, nel caso specifico, secondo i cristiani di quei tempi, del paganesimo. Le indagini archeologiche hanno messo in luce i resti di un'antica chiesa, datata tra la fine del V ed il VII secolo, fornendo base storica alla Leggenda.
    L'isola nel corso dei secoli rappresentò anche un baluardo difensivo per l'intero Cusio, dapprima come possedimento del ducato longobardo (proprio qui, nel 590, il duca Mimulfo venne ucciso per ordine del re, Agilulfo), quindi dei conti vescovi di Novara, divenendo fulcro religioso della Riviera.
    In epoca longobarda l'isola era certamente fortificata e, secondo la testimonianza di Paolo Diacono, vi risiedette il Duca Mimulfo. Gli eventi bellici del 962, quando l'imperatore del Sacro Romano Impero Ottone I assediò sull'isola per mesi la regina Willa moglie di Berengario II re d'Italia, portarono forse alla distruzione della chiesa primitiva. Dal 1219 i Vescovi di Novara assunsero la piena sovranità sul territorio della Riviera di San Giulio, di cui l'isola era il centro religioso e amministrativo.

    ... Friedrich Nietzsche ...


    Il Sacro Monte di Orta è passato alla storia come «Idillio di Orta», avvolto ancora oggi nel piccolo mistero di una passeggiata sul Sacro Monte fra un uomo quasi sulla soglia dei quarant' anni e una fanciulla ventunenne. Enigma nell' eco perduta di un bacio forse concesso da lei oppure soltanto vagheggiato da lui, di una proposta di matrimonio caduta nel vuoto e dello smarrimento del senso del tempo, delle ferite che mai si sarebbero cicatrizzate. Erano i primi giorni del maggio 1882 quando Friedrich Nietzsche, in viaggio per Lucerna, si fermò alcuni giorni a Orta San Giulio, prendendo alloggio al tuttora esistente albergo del Leon d' Oro in compagnia dell' amico Paul Rée, della «giovane russa» Lou-Andreas Salomè e di Louise, la madre della ragazza che il filosofo aveva conosciuto a Roma nel mese di marzo e alla quale aveva già domandato di sposarlo, ricevendo un rifiuto. Nelle memorie che la Salomé stese molti anni più tardi si legge che in quel periodo sul lago lei stessa e Nietzsche trascorsero soli alcune ore pomeridiane al Sacro Monte dal cui incanto furono a tal punto conquistati da perdere la nozione del tempo. Nietzsche era in preda ad una insolita euforia. Tra le cappelle barocche del Sacro Monte si era verificato un equivoco che avrebbe portato l'ipersensibile pensatore tedesco ad una delle crisi più drammatiche della sua vita. La stessa Lou, molto più tardi, non ricordava se in quella circostanza avesse o no baciato il filosofo: certo aveva vissuto con lui un momento di estatico rapimento in uno spirito di fraterna condivisione, ma niente di più. Non fu così per Nietzsche che trascorse diversi mesi nello stato di grazia di un adolescente innamorato, fino a che aprì gli occhi sulla sua illusione.(dal web)

    ...la storia ....


    Alla fine del IV secolo i due fratelli greci Giulio e Giuliano, originari dell'isola di Egina arrivano sulle rive del lago e si dedicano, con il beneplacito dell'imperatore Teodosio I all'abbattimento dei luoghi di culto pagani e alla costruzione di chiese. La leggenda vuole che san Giulio abbia lasciato al fratello Giuliano il compito di edificare a Gozzano la novantanovesima chiesa, cercando da solo il luogo dove sarebbe sorta la centesima. Individuata nella piccola isola il luogo adatto gettò le fondamenta della chiesa nello stesso punto in cui oggi si trova la basilica di San Giulio.
    Con l'arrivo dei longobardi, attorno all'anno 570, le terre dell'Alto Novarese furono inquadrate nel ducato di San Giulio, a capo del quale fu posto nel 575 il duca Mimulfo, con l'incarico di difendere l'Ossola dai Franchi. Quando, pare a causa del tradimento di Mimulfo, i Franchi varcarono il Sempione il re dei Longobardi Agilulfo fece decapitare Mimulfo. Un sarcofago che si dice aver ospitato le sue spoglie è attualmente utilizzato come cassetta per le elemosine nella Basilica.
    Nel 957 il castello dell'isola di San Giulio, in cui si era asserragliato Berengario d'Ivrea, venne assediato da Litolfo, figlio dell'imperatore Ottone I. Alla morte di Litolfo, Berengario riprese le ostilità, costringendo lo stesso imperatore a calare in Italia. Mentre Berengario si fortificava a San Leo nel ducato di Spoleto, sua moglie Willa, radunati tutti i suoi tesori, si rifugiò sull'isola di San Giulio, essendo queste le uniche fortezze del regno a poter resistere a lungo. L'assedio del 962 all'isola durò in effetti due mesi dopodiché la regina si arrese. Ottone si impossessò del tesoro ma, ammirato dal coraggio della regina, le permise di raggiungere il marito. Durante l'assedio nacque sull'isola Guglielmo da Volpiano, futuro abate di Digione.
    Nel 1219, dopo una contesa ventennale tra il vescovo e il Comune di Novara, nacque formalmente il feudo vescovile della "Riviera di San Giulio". Nel 1311 lo staterello divenne contea imperiale e successivamente conosciuta anche come principato vescovile. Nel 1767 i diritti sovrani sul territorio furono ceduti alla casa Savoia. La definitiva cessione di potere ai Savoia avvenne però solo nel 1817 con la rinuncia ufficiale da parte dell'ultimo principe-vescovo titolare. Il Comune di Omegna e la parte settentrionale del lago si federarono invece con il Comune di Novara fin dal 1221, seguendo le sorti del Novarese.

    “In mezzo alle montagne c’è il lago d’Orta.
    In mezzo al lago d’Orta,
    ma non proprio a metà, c’è l’isola di San Giulio.....”
    (Gianni Rodari)


    ...miti e leggende...


    Un antico manoscritto del VI secolo narra la vita di San Giulio e del di lui fratello San Giuliano, diacono. Profughi entrambi dalla città greca di Egina, da cui erano originari, a seguito delle persecuzioni trovarono rifugio alla corte dell’imperatore Teodosio, presso il quale fecero voto di evangelizzare le genti e di costruire cento nuove chiese. Dopo lunghi viaggi di apostolato, nel 390 giunsero nel novarese e a Gozzano iniziarono la costruzione della novantanovesima chiesa, spingendosi poi fino alle sponde del lago d’Orta, il Cusio dei Romani. Alla vista della superba bellezza dell’isola, Giulio decise di terminare lì la propria opera costruendovi una basilica dedicata ai dodici apostoli.
    La leggenda vuole che l’isola allora fosse deserta perché infestata da rettili
    mostruosi per cui nessun barcaiolo ebbe il coraggio di traghettare il Santo.
    Senza perdersi d’animo egli distese il suo mantello sull’acqua e salitovi sopra come su di una zattera, guidandosi col pastorale, sbarcò in breve sull’isola.
    Al cenno di lui i serpenti fuggirono, tuffandosi nelle acque e rifugiandosi alle falde del monte Camosino sulla sponda occidentale del lago.
    Gli infaticabili fratelli diedero poi inizio alla costruzione della chiesa sull’isola
    ultimando contemporaneamente anche quella di Gozzano. Possedendo però una sola serie di attrezzi da muratore, pensarono di scambiarsi gli oggetti in modo insolito: Giulio servendosi della cazzuola, la gettava al fratello, e questa percorsi a volo cinque o sei chilometri in linea d’aria, veniva afferrata da Giuliano.
    Quest’ultimo, un giorno che s’era distratto, non accortosi dell’arrivo del piccone si ferì ad una mano. Lo spruzzo del sangue tinse di rosso una roccia, che in seguito fu oggetto di particolare attenzione da parte dei devoti.
    Ci fu poi un altro episodio miracoloso: quello del lupo che divorò un bue aggiogato al carro, durante l’edificazione della chiesa di Gozzano. San Giulio, dopo aver reso il lupo mansueto come un agnellino, lo costrinse a sottoporsi al giogo e a portare a compimento l’opera interrotta.
    Spentosi nell’anno 400, San Giulio fu sepolto nell’isola, e in seguito fu deposto nella cripta della basilica a lui dedicata. Successivamente, in epoche diverse sorsero intorno altri edifici sacri. Accanto a lui riposano il senatore romano Audenzio, venerato per santo, Sant’Elia vescovo di Sion, san Demetrio martire ed il santo abate Filiberto. Infatti l’isola venne definita da Carlo Borromeo “rifugio e dormitorio dei santi”.
    A questa leggenda si collega un’altra credenza, che vuole che uno dei mostri
    scacciati dal Santo, si fosse rifugiato in una grotta situata sul golfo a nord della
    penisola, detto Bagnèra. La grotta incorporata in una villa, viene chiamata “Bus
    dell’orchera” (Buco dell’orca). Una curiosa coincidenza, è che nel XVII secolo sia stata trovata nella zona la gigantesca vertebra di un mostro antidiluviano, ora conservata nella sagrestia della basilica di San Giulio.


    Il Consilium di Bartolo da Sassoferrato (1357) è il primo documento che riporta un processo contro le streghe. Il vescovo di Novara chiede a Bartolo un parere riguardo a come vada giudicata una strega sotto processo a Orta. La strega di Orta è una donna che aveva ammesso di aver calpestato una croce, di essersi inginocchiata davanti al diavolo e di aver provocato con la malìa la morte di alcuni bambini, in seguito al quale fatto le madri l’avrebbero denunciata. Bartolo però si dimostra scettico su quest’ultimo fatto e si rimette alla chiesa e ai teologi perché stabiliscano se effettivamente sia possibile causare la morte di qualcuno servendosi di incantesimi, consiglia al vescovo di trattare la donna come un’eretica, da salvare solo dopo il pentimento. Il rogo della presunta strega avvenne nel 1340.

    Sopra lo sperone di roccia granitica, a 638 metri, in posizione dominante rispetto al Lago d’Orta sorge la Chiesa della Madonna del Sasso, un edificio alquanto caratteristico che sembra quasi proteggere il lago.
    In questo luogo il culto per la Santa Madre è molto più antico e ha dato origine a numerose leggende. Tra le più note quella del pastore che, addormentatosi mentre pascolava le proprie pecore e capre, si riposò su una larga pietra collocata sopra lo sperone di roccia in bilico sullo strapiombo. Durante il suo riposo un terribile temporale flagellò tutto il circondario e lui, non solo non si accorse di nulla, ma rimasto in bilico sulla pietra si svegliò seduto sulla solida terra. Il pastore incauto, stupito, volle erigere una piccola chiesa per ringraziare la Vergine, proprio sul luogo dove si era. Altre leggende, narrano invece della bella Maria di Pella che, insidiata da alcuni militari spagnoli si gettò dallo sperone per salvaguardare il suo onore. In un’altra versione, è il marito a gettarla accecato dalla gelosia per la paura di essere stato tradito durante la sua assenza a causa di una missione presso la Rocca di Angera. La popolazione, commossa dalla morte della ragazza, vi pose prima una croce e poi eresse una chiesa. Una terza leggenda racconta che un gruppo di scalpellini rischiò di essere travolto da un enorme masso di granito che si era staccato dalla cava. Non potendo fuggire, i lavoratori implorarono la Madonna la quale deviò il percorso del masso che cadde più lontano. Avvicinatisi al macigno scoprirono che sopra di esso vi era una piccola statua della Vergine; la presero e la portarono nella Cappella di San Mauro. Ma la mattina seguente la statuetta era miracolosamente ritornata sul masso e così fece per molte volte, ogni volta che veniva spostata dal masso. Dunque si decise che il posto della Vergine doveva essere per sempre lì sulla rupe.
    (tratto da “Itinerari 1 – dal Borgomanerese al Cusio” di M.Borzini, A.Salvini, F.Valeggia)
     
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  9. gheagabry
     
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    Favolosa acqua scintillante in una giornata di sole,
    o montagne avvolte dalla foschia per la pioggia;
    in un giorno normale o addobbata a festa come Xizi;
    Hangzhou è sempre affascinante.
    (Su Dongpo)


    Lago Occidentale di Hangzhou



    Il Lago Occidentale è una perla della città di Hangzhou, capoluogo della provincia del Zhejiang, nella Cina orientale. Circondato da monti ai tre lati, ha acque meravigliose, mentre due dighe chiamate coi cognomi dei due famosi poeti Su Dongpo e Bai Juyi, la diga Bai e la diga Su, paiono galleggiare leggermente sulle creste delle onde. Il lago Xihu è di origine lagunare, e se non fosse stato drenato e tutelato dall'uomo per generazioni, si sarebbe trasformato in lago eutrofico e successivamente si sarebbe prosciugato. Il lago Xihu iniziò ad essere famoso a partire dalla dinastia Tang, perchè il valore dell'area paesaggistica del lago corrisponde ai concetti del confucianesimo cinese. I monti circostanti non sono alti e il lago non è molto grande, inoltre il paesaggio è molto vario. Tutti questi elementi corrispondono al concetto confuciano del giusto mezzo "Zhongyong". è stato tutelato dall'uomo nel corso delle diverse dinastie. Secondo le statistiche, nella storia del lago si contano 23 grandi operazioni di dragaggio e, oltre ai diversi dragaggi di piccola entità, il lago Xihu viene dragato ogni 30/40 anni. È appunto questo concetto di cultura tradizionale che è alla base della tutela del lago Xihu e che, tramandato di generazione in generazione, ha evitato che il lago venisse danneggiato.

    Il paesaggio pittoresco del lago nelle quattro stagioni ha inebriato i letterati delle varie generazioni, che non hanno lesinato le espressioni di elogio della sua bellezza. Al famoso poeta della dinastia Tang Bai Juyi si deve il verso “Se non posso lasciare Hangzhou, è perchè il Lago Occidentale mi trattiene...”, che esprime il suo profondo amore per il lago. Il poeta della dinastia Song Su Dongpo paragonò il lago alla famosa bellezza dell’antichità Xishi nei versi “la vasta distesa d’acqua riflette l’azzurro del cielo, fra i monti misteriosi anche la pioggia è stupenda; vorrei paragonare il Lago Occidentale alla bella Xishi, perché sia il trucco leggero che pesante gli conviene.” Quest’ espressione è diventata un elogio classico del lago, tramandandosi di generazione in generazione.


    I dieci scenari del lago Occidentale. Con questa espressione si indicano dieci tra le più splendide viste intorno al lago occidentale di Hangzhou, in cui i poeti e gli artisti delle epoche antiche erano soliti recarsi per ammirarne le bellezze e ottenere la massima ispirazione per le loro opere.
    I Dieci Scenari risalgono all'epoca dei Song meridionali 南宋 (1127 – 1279 d.C.), quando Hangzhou era nientemeno che la capitale dell'impero cinese, dopo che, in seguito all'invasione dei nomadi Jurchen (poi dinastia Jin 金, 1115 - 1234), l'imperatore Gaozong 高宗 era stato costretto a scappare dalla capitale Kaifeng 开封, rifugiandosi nel Sud della Cina.
    Gaozong rimase così affascinato dai paesaggi mozzafiato intorno il lago, che incaricò un pittore di corte di raffigurarne l'anima in un'opera che lui potesse contemplare durante la stagione invernale, quando le basse temperature impedivano le sue uscite. Quando il pittore, però, allo scadere del tempo prefissato, si presentò di nuovo dall'imperatore, aveva con sé non uno, bensì dieci quadri raffiguranti ognuno una parte diversa del lago, affermando che una sola opera sarebbe stata insufficiente a descrivere la magnificenza delle sue acque, che assumevano per ogni stagione e ogni evento climatico, una sfumatura e una bellezza differenti.
    I quadri di questo pittore si tramandarono nei secoli, e funsero da linee guida per i turisti nei tempi antichi, come d'altronde lo sono ancora in quelli odierni. Ad aumentare il fascino di questi dieci panorami, si aggiungono le stele scritte a mano dall'imperatore Qianlong 乾隆, della dinastia Qing, che ufficializzarono formalmente i nomi dei dieci scenari, e sono ancora oggi fonte di ammirazione da parte di innumerevoli turisti cinesi e non.(Michela Mascitti)


    Nel lago vi sono 4 isole, delle quali la più importante è la Gushan (Collina Solitaria)....il Padiglione per Ammirare il Lago, nell'angolo sud-orientale dell'isola. Costruito nel 1699 come studio per l'imperatore Kangxi con una terrazza per godere lo scenario davanti a esso. Il luogo ha un nome altamente poetico: "La luna autunnale sul lago tranquillo".... il Museo della Provincia del Zhejiang, che conserva documentazioni di zoologia, storia, arti popolari, ritrovamenti archeologici e un giardino botanico.....- il Parco Zhongshan, dedicato a Sun Yatsen.... la Biblioteca provinciale del Zhejiang.
    Nella parte sud-occidentale si può ammirare il Padiglione d'Autunno sul lago placido, uno degli angoli più pittoreschi del lago, con un edificio costruito verso la fine dell'epoca Qing. 

    Nella parte meridionale del lago vi è Ia Piccola Isola delle Fate (Xiaoyingzhou), isola artificiale costruita nel 1607 con materiale dragato dal lago. La sua forma ricorda un atollo, come ricorda un detto cinese: "nel lago c'è un'isola, nell'isola c'è un lago". Il lago interno è diviso da moli e ponti che lo attraversano da nord a sud e da est a ovest, dividendolo in quattro parti. Nella parte asciutta (due quinti del totale) ci sono giardini con padiglioni e chioschi.
    A circa 90 m dalla riva meridionale ci sono tre lanterne di pietra che fuoriescono dall'acqua di 2 m. Nelle notti d'estate, attraverso una delle 5 aperture rotonde, intercomunicanti fra di loro, si introduce una candela, creando l'impressione che ci siano quattro lune riflesse nell'acqua.
    Xi Hu un lago-atollo poiché quasi tutti gli isolotti interni e le sponde delle penisole lacustri sono uniti fra loro da una ragnatela di ponticelli in pietra e deliziosi lembi di terra artificiali. Sopra questi “fluttuanti” vialetti rialzati è possibile ammirare tramonti da amour fou, carpe rosse giganti e le pagode che spuntano dai colli attorno al lago. Per godere invece di quello che è ritenuto il miglior riflesso di luna piena al mondo, dovrete raggiungere col traghetto l'isolotto Xiao Ying Zhou, cioè l'Isola dei Piccoli Oceani. Il significato è dovuto al fatto che al suo interno è occupato per la maggior parte da un laghetto, a sua volta punteggiato da zigzaganti ponti a palafitta e padiglioni buddhisti. Ecco perchè spesso Xi Hu viene descritta sbrigativamente come “il lago con dentro un'isola, l'isola con dentro un lago”.

    Pare di essere in paradiso!”
    (Marco Polo)


    ...miti e leggende... 

      

    Secondo una la leggenda, una perla creata nella Via Lattea da un drago e una fenice cadde sulla terra e si trasformò nel Lago dell'Ovest, un involontario regalo per la gente di Hangzhou.
    Un'altra parla di un serpente bianco, evolutosi per mille anni, acquistò finalmente forma umana, trasformandosi nella bellissima Bainiangzi (ragazza bianca). Un serpente verde, dopo cinquecento anni di evoluzione, si trasformò a sua volta nella ragazza Xiaoqing, piena della vitalità della giovinezza. Mentre le due, visitando il Lago Occidentale, giunsero al ponte interrotto, Bainiangzi vide un letterato dal viso delicato e grazioso fra la folla e se ne è innamorò subito. Xiaoqing usò allora la sua arte magica per procurare della pioggia. Il letterato Xu Xian, arrivato a riva per imbarcarsi, viste Bainiangzi e Xiaoqing impregnate di pioggia, dette loro il proprio ombrello, allontanandosi poi nella pioggia. Vedendo che Xu Xian era così franco e buono, Bainiangzi l’amò ancora di più e dal canto suo Xu Xian, vistala così bella, si innamorò a sua volta. Con la mediazione di Xiaoqing, i due si sposarono, aprendo una farmacia accanto al lago per curare i malati, procurandosi l’affetto dei locali.
    Tuttavia il monaco Fahai del Tempio del Monte dorato riteneva Bainiangzi una strega dannosa all’umanità, di conseguenza informò di nascosto Xu Xian che Bainiangzi era un serpente bianco, insegnandogli a come riconoscerlo. Xu Xian ne era dubbioso. Arrivata la Festa delle Barche-drago, la popolazione beveva il vino di regolarmente per scacciare le influenze moleste. Xu Xian allora, secondo il metodo indicatogli dal monaco Fahai, costrinse Bainiangzi a bere a sua volta. Costei, già incinta, non potè rifiutare, ma una volta bevuto acquistò subito l’aspetto di un serpente, spaventandolo a morte. Per salvare Xu Xian, Bainiangzi, pur incinta, raggiunse il lontano sacro monte Kunlun per rubare il fungo Ganoderma lucidum, in grado di far ritornare in vita. Dopo aver lottato a lungo con il guardiano del fungo, costui fu commosso dall’amore di Bainiangzi per Xu Xian e gliene fece dono. Dopo essere stato salvato, Xu Xian realizzò l’amore sincero di Bainiangzi e l’affetto fra i due divenne ancora più profondo.
    Tuttavia il monaco Fahai continuava a non ammettere che un serpente bianco vivesse tra gli uomini, quindi ingannò Xu Xian, portandolo all’interno del Tempio del Monte dorato e costringendolo a farsi monaco. Furiose, Bainiangzi e Xiaoqing attaccarono il tempio con soldati della fauna marina per salvare Xu Xian. Utilizzando continuamente le loro arti magiche, provocarono un’ inondazione intorno al tempio, registrata nella famosa leggenda dell’ “acqua che inonda il Monte dorato”. Anche Fahai ricorse alle sue arti magiche, e visto che era vicina al parto, Bainiangzi non riuscì ad avere la meglio su di lui, fuggendo protetta da Xiaoqing. Giunte al ponte interrotto, le due vi incontrarono Xu Xian fuggito dal Tempio del monte dorato. Dopo mille disavventure, incontrandosi di nuovo al ponte sede del loro primo incontro, i due non poterono che abbracciarsi e piangere. Appena Bainaingzi dette alla luce il bimbo, Fahai arrivò, seppellendola crudelmente sotto la pagoda Leifeng, accanto al Lago Occidentale, e pronunciando la maledizione che non sarebbe più tornata nella società umana a meno che il lago si disseccasse e la pagoda Leifeng crollasse.
    Dopo molti anni di pratica, Xiaoqing ottenne l’illuminazione, quindi tornò al Lago Occidentale, sconfisse Fahai, bevve tutta l’acqua del lago e fece crollare la pagoda Leifeng, salvando finalmente Bainiangzi.
    La tragica storia dell’incontro e della separazione sul ponte interrotto del Lago Occidentale di Bainiangzi e Xu Xian commuove sempre i visitatori, rendendo ancora più indimenticabile il lago.
     
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  10. gheagabry
     
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    IL LAGHI di KELIMUTU



    Il Kelimutu è un vulcano situato vicino alla città di Moni nel centro dell' Isola di Flores in Indonesia. E' composto da tre laghi vulcanici i cui colori cambiano nel tempo. Il primo e il secondo lago si trova molto vicino insieme, mentre il terzo lago si trova a circa 1,5 chilometri ad ovest. Il terzo grande lago è di circa 1.051.000 metri quadrati con un volume di 1.292 milioni di metri cubi d'acqua. Confine tra il lago con un muro di pietra stretta soggetta a frane. La parete è molto ripida con un angolo di 70 gradi. L'altezza della parete del lago da 50 a 150 metri

    Il colore dell'acqua da tre laghi è diversa tra loro e costantemente cambia, in particolare colore dell'acqua Tiwu Nuwa Muri (dodici volte in 25 anni).
    Alcuni anni fa erano bianco, turchese e rosso. Nel novembre 2009 erano neri, turchese e coca-cola colorata. Nel luglio 2010 il più piccolo, Tiwu Ata Mbupu, era chiaro verde bottiglia, Tiwu Nuwa Muri Koo Fai, il più grande, era turchese del rame sotto, Tiwu Ata Polo era verde muschio.
    Sebbene non sia mai stata condotta alcuna indagine scientifica sotto la superficie dei laghi, si presume che le differenze dei colori siano dovute all'attività che si sviluppano nei fondali, dove dalle aperture nella superficie del pianeta emergono vapore e gas (biossido di zolfo, cloruro di idrogeno e solfuro e anidride carbonica). Questo crea un "upwelling", termine normalmente usato in oceanografica, che inidica la risalita delle acque profonde.

    ..storia, miti e leggende...



    Furono scoperti nel 1915 dall’olandese, Van Tale Talen, ma resi noti al mondo solo nel 1929 da Y.Bouman, che raccontò nei suoi scritti di questi meravigliosi specchi d’acqua dai colori variopinti.
    Per secoli la popolazione locale ha creduto che fossero il luogo di riposo spirituale dei loro antenati. Gli abitanti di Flores credeno che Mae, il dio incaricato di organizzare la vita nell'aldilà, abbia dciso che gli spiriti di coloro che sono morti, uno per uno siederanno sui laghi in base alla devozione di beneficenza durante la vita.
    Si dice, infatti, che il cambiamento del colore dipenda dagli stati d'animo degli spiriti, che sarebbero costantemente inquieti. Il Tiwu Ata Mbupu (lago degli anziani) all'estremità occidentale del vulcano è tipicamente blu. Separato dagli altri due crateri, è al suo interno che andrebbero a riposare gli spiriti degli anziani che hanno condotto una vita giusta. Gli altri due laghi condividono una parete del cratere. Il lago Tiwu Nuwa Muri Koo Fai è tipicamente verde, mentre il terzo, il Tiwu Ata Polo, lago "Incantato", spesso può essere rosso sangue
     
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  11. gheagabry
     
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    VALLE DEL JIUZHAIGOU, Cina



    Il nome di questa valle è dovuto alla presenza, in un'area di circa 700 chilometri quadrati, in gran parte coperti da foresta, di nove villaggi. Jiuzhaigou si trova nella contea di Nanping, nella parte nord della provincia del Sichuan, vicino al confine con la provincia del Gansu. I villaggi sono sparsi in una vallata lunga circa 40 km, ad un'altitudine compresa fra i 2000 e 3000 m. Il luogo è circondato da picchi coperti di neve tutto l'anno è cosparso di un centinaio di piccoli laghi dalle acque cristalline che riflettono i colori come gemme preziose. Gli abitanti del luogo chiamano questi specchi d'acqua Haizi (figli del mare).

    La valle di Jiuzhaigou è composta da tre valli disposte a forma di “Y”. Le valli Rize e Zechawa derivano dal sud e si incontrano al centro del luogo dove si formano la valle Shuzheng, che scorre verso nord fino alla foce della valle. La valle Rize si estende per 18 km da Nuorilang nel centro del parco alla foresta vergine, nella parte superiore del ramo destra della “Y”. È la parte più affascinante della valle del Jiuzhaigou, dove ci sono foreste e cascate bellissime. La valle Zechawa si trova al ramo sud-est della valle del Jiuzhai, con la stessa lunghezza come la valle Rize (18 km), ma con un’altitudine più alta (3150 m presso il Lago Lungo). La valle Shuzheng è al nord della valle del Jiuzhai.


    "Diversi fattori hanno determinato la ricchezza della flora e della fauna di questa zona. Le particolari condizioni climatiche associate alle variazioni di altitudine consentono dì vedere a 4800 metri vette ricoperte di nevi perenni, insieme a valli con una vegetazione subtropicale a una quota di 2000 metri. Inoltre, l'orientamento nord-sud della catena costituisce un ostacolo insormontabile per i venti monsonici e favorisce l'abbondanza delle precipitazioni. Durante quasi tutto l'anno, le nuvole avvolgono le montagne e scendono a valle sotto forma di nebbie, sfumando la luce e i contorni tanto che il paesaggio sembra interamente ricoperto dal velo di un fantasma. Non sorprende, infatti, che in Cina la regione di Sichuan sia nota come il "paese delle nuvole" e che la valle di Jiuzhaìgou, costellata di laghi, lagune, cascate, di enormi vette ricoperte di nevi perenni e di foreste quasi impenetrabili, venga considerata come un mondo di racconti e di leggende. Un altro fattore da tenere presente e che le montagne di questa regione sono molto antiche, molto più della catena himalayana, ragione per la quale diverse specie primitive sono riuscite a sopravvivere fino ai giorni nostri protette dagli imponenti rilievi che le circondano. Qualunque sia la loro origine, tutti i laghi sembrano incatenati gli uni agli altri. Il cambiamento graduale che si produce sulla vegetazione a mano a mano che si scende dalle vette più alte fino alle quote più basse, provoca una trasformazione dell'aspetto dei laghi tanto più rilevante quanto maggiore o minore è la presenza delle alghe che prosperano al loro interno, grazie ai depositi calcarei dei fondali e delle sponde. Il continuo variare del riflesso della luce sulla superficie delle acque, quando riesce ad attraversare le fitte nebbie che avvolgono la valle, rende questa regione lacustre ancora più suggestiva. Quando la stessa bellezza diventa un pericolo II popolo cinese, che tradizionalmente ha l'abitudine di battezzare con nomi pittoreschi tutte le forme della natura, in questo luogo si è potuto davvero sbizzarrire. Infatti, dopo aver attraversato la porta d'ingresso dello spazio protetto ed essere arrivati davanti al precipizio "specchio prezioso" si giunge al "pino di benvenuto ai visitatori".
    Da lì, il sentiero avanza per cinque chilometri attraverso la gola di Shuzeng costeggiando una cinquantina di laghi, che i nativi chiamano haizi, vale a dire "mari". Probabilmente, i più belli fra tutti sono "il mare di giunco", "il mare del doppio drago", il mare del drago coricato", "il mare di fiori di fuoco", "il mare tigre", "il mare del rinoceronte" e "il mare senza nome". Attraversata questa zona, si arriva alla cascata Norilang, a partire dalla quale è possibile seguire due sentieri, ognuno dei quali sale lentamente su un versante della valle. La via che si dirige verso destra in direzione della vetta "spada" conduce alla foresta di bambù del genere Sinarundinaria, in cui abitano il panda e altre specie animali altrettanto interessanti, e attraversa la gola dello Zechawa in direzione del "mare lungo". Questo lago, con i suoi 20 chilometri di lunghezza (il più esteso della valle), giace ai piedi del Nushenshan, "la montagna della dea", una vetta bella e solitària di oltre 3000 metri d'altezza che si erge splendida sui boschi avvolti nella nebbia. Lì vicino si trova lo stagno dei "cinque colori", ai bordi del quale durante tutto l'anno fioriscono gemme di diverso tono: giallo tenue, celeste, verde giada, giallo intenso e viola chiaro. Un nuovo cammino si addentra ora attraverso la gola dello Xize, in cui si trovano nove laghi dai bei nomi esotici quali "il lago dello specchio", presso il quale il mitico Dagor e la dea Ngono s'incontravano di nascosto, "il mare dei cinque fiori", "il lago del panda", prima di giungere alla sorgente "pendente del precipizio spada". In alcuni casi, i laghi sono uniti tra loro mediante un restringimento che consente il passaggio delle acque; in altri sono separati e le sponde sono chiaramente delimitate dalla presenza di affioramenti di tufo calcareo che spesso originano salti d'acqua."(in-sieme.it)

    ...storia, miti e leggende...



    Questa remota regione venne abitata per secoli da popolazioni tibetane e Qiang, ma non venne ufficialmente scoperta dal governo fino al 1972. Dal 1979 l'area venne pesantemente disboscata, attività che venne interrotta dal governo centrale con l'istituzione di un parco nazionale nel 1982. Nel 1984 il parco venne ufficialmente aperto al turismo, con la costruzione di numerose infrastrutture. Nel 1992 venne inserita nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità e nel 1997 venne dichiarata riserva della biosfera.

    La leggenda narra che, in un tempo remoto, il dio della montagna, Dago, si fosse perdutamente innamorato della dea Semo e le avesse regalato uno specchio fatto di vento e nuvole. Il loro amore era però turbato dalla presenza di un demone. Semo, inavvertitamente, ruppe lo specchio. Esso si frantumò in 108 pezzi, i quali, cadendo sulla Terra, si trasformarono nei coloratissimi laghi della Valle di Jiuzhaigou.

    ...i laghi...



    Il Lago dei Due Draghi (Lago Shuanglong).
    Si trova ai piedi della cascata del Lago Scintillante. Il suo nome trae origine dai due cumuli di roccia calcarea situati sul fondale, la cui forma ricorda quella di due draghi. Si racconta che, nell’antichità, la zona fosse abitata da due draghi malvagi, i quali causavano disastri ai danni dei popoli tibetani che abitavano quelle aree, scatenando contro di essi forti grandinate e temporali. Furono poi affrontati e sconfitti da Re Gesar, una figura eroica della tradizione epica tibetana, il quale li incatenò sul fondo del lago. Da quel momento in poi, il lago si trasformò in un luogo di pace ed armonia.

    Il Lago delle Canne (Lago Luwei)
    Situato a 2.140 m sopra il livello del mare, è lungo circa 22 Km e la vegetazione che lo caratterizza è costituita da folti canneti. Limpidi torrenti si snodano tra i canneti e uccelli acquatici sorvolano la superficie del lago. In primavera e in estate, le acque del lago si tingono di verde.

    Il Lago Scintillante (Lago Huoha)
    Si trova tra il Lago dei Due Draghi e il Lago del Drago Disteso. Le sue acque raggiungono i 9 m di profondità e si estende su una superficie di oltre 36.352 m². Le acque cristalline del lago, una lastra di smeraldo scintillante come uno specchio di giada, sono nascoste dalla rigogliosa vegetazione circostante. Quando i primi raggi del sole mattutino illuminano la superficie del lago, le sue acque brillano ed iniziano ad incresparsi, quasi fossero una miriade scintille. In estate, i fiori selvatici bagnati dalla rugiada brillano sulle rive, creando uno spettacolo surreale.

    Il Lago del Rinoceronte (Lago Xiniu)
    È il lago più grande dell’intera Valle di Shuzheng. La leggenda narra che, nell’antichità, un Lama fosse giunto sulle sue sponde in groppa ad un rinoceronte. Il Lama era gravemente malato, ormai in punto di morte. Tuttavia, dopo aver bevuto alcune sorsate dell’acqua del lago, improvvisamente le sue condizioni fisiche migliorarono. Egli si abbeverò presso il lago per diversi giorni e diverse notti, divenendo sempre più riluttante al pensiero di andarsene. Ecco che, giunto nuovamente presso le sponde del lago in groppa al suo rinoceronte, decise di dimorare lì per sempre.

    Il Lago dello Specchio
    La Rupe dello Specchio Magico (Scogliera Baojing) è alta 400 m e si trova all’ingresso del Zharu, proprio di fronte ai laghi. La sua superficie è piuttosto uniforme ed è questa sua caratteristica a farla apparire come un grande specchio, se vista da lontano. Si dice che questo grande e prezioso specchio sia stato eretto in passato dal signore della montagna, allo scopo di proteggere le genti del luogo dalla furia assassina di un demone. Proprio per questo motivo, la rupe è anche detta “Rupe del Demone”. Circondato dai boschi, lo stretto Lago dello Specchio si estende in lunghezza per circa 1 Km. Sulla destra, la parte più bassa del lago si trova a ridosso delle cascate di Nuorilang.

    Il Lago dei Cinque Fiori
    Orgoglio della Valle di Jiuzhaigou, il Lago dei Cinque Fiori, situato alla fine della parte più alta del Fiume del Pavone, si trova a 2.472 m sopra il livello del mare e le sue acque raggiungono una profondità di 5 m. Le coloratissime foglie degli alberi a bordo lago sembrano intrecciarsi tra loro quasi a formare la trama di un broccato. Le acque del lago sono ricche di carbonato di calcio e piante acquatiche di ogni tipo, fatto che conferisce loro uno splendido aspetto multicolore: azzurrino, blu, verde scuro, giallo tenue, … Ecco perché è chiamato Lago dei Cinque Fiori! I locali lo considerano un lago sacro: dove arrivano le sue acque, lì crescono fiori ed alberi rigogliosi. Osservando il panorama dall’alto delle montagne il lago, circondato su tre lati da file di colline, somiglia ad una grande zucca rovesciata, dalla quale acque coloratissime si riversano nelle zone sottostanti. Nel “ventre” della zucca, sembra di scorgere la rappresentazione di una zampa di cervo, lunga circa 10 m. I contorni di quest’immagine sono di colore verde chiaro, mentre la parte centrale è di un verde più scuro, a causa di una fossa presente sul fondo del lago. L’immagine ricorda davvero quella di un cervo dal manto maculato. La leggenda narra che, mentre era alla ricerca di una fonte d’acqua, la divinità delle montagne ferì per errore il cervo sacro appartenente alla divinità del bosco, la quale si mise ad inseguire l’autore del misfatto, in groppa al suo cervo, con lo scopo di ucciderlo. Le altre divinità, al fine di soccorrere la divinità delle montagne in pericolo, tagliarono una delle zampe del sacro cervo, il quale cadde a terra e si trasformò nello stupendo e coloratissimo lago.

    Lo Stagno dei Cinque colori.
    Un’antica leggenda narra che presso il palazzo della Regina Madre d’Occidente vi fosse un coloratissimo lago, il Lago di Diaspro. Tuttavia, nessuno l’aveva mai visto. Questo leggendario lago non è altro che lo Stagno dei Cinque colori, profondo circa 6,6 m, situato a 2.995 m sopra livello del mare, per un’ampiezza di 5.645 m². Durante le soleggiate giornate estive, quando le sue acque si increspano, il lago risplende di una luce rossa, arancione, gialla, verde, turchese, blu e violacea.
    (viaggio-in-cina.it)
     
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  12. fasanotto
     
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    grazie
     
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  13. gheagabry
     
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    "le acque del lago brillano al sole
    il cielo si specchia raggiante,
    mentre gli alberi e frusci sono
    intorno e lo abbracciano come
    per proteggerlo, il lago ispira poesia
    ispira pensieri, sensazioni,
    ispira pace, serenità d'animo.
    ispira amore dal profondo dei tuoi occhi.
    Perchè tu sei sopra quel lago
    e io ti osservo da lontano."
    (daniela cesta)


    IL LAGO DI BOLSENA



    lI lago di Bolsena è un lago dell'Italia centrale formatosi oltre 300.000 anni fa in seguito al collasso calderico di alcuni vulcani appartenenti alla catena dei monti Volsini. È il lago di origine vulcanica più grande d'Europa.
    Il Vulsinio, il gruppo vulcanico che ha dato origine al lago di Bolsena, iniziò la sua attività circa 600.000 anni fa. Il vulcanesimo Vulsinio ha coperto di depositi vulcanici il territorio che va dai fiumi Paglia e Tevere, fin quasi al Mare Tirreno ed ha avuto carattere essenzialmente esplosivo. La storia del Vulsinio è complessa ed incerta: vi fu una lunga sequenza di fasi esplosive, ciascuna seguita da collassi della struttura vulcanica, che hanno dato luogo al bacino che contiene il lago di Bolsena. Quando è avvenuto il crollo dell’apparato vulcanico, si è originata la caldera. Si ritiene che sotto la conca lacustre i detriti vulcanici abbiano uno spessore di alcune centinaia di metri raggiungendo quote inferiori al livello del mare. Il successivo riempimento della caldera con acque meteoriche, di falda o sorgive ha dato origine al lago.

    Ha una forma ovale, tipica per la sua origine, due isole e un fiume emissario. Si trova interamente nel territorio della provincia di Viterbo e precisamente nella parte a Nord, detta Alta Tuscia. Per una parte considerevole è lambito dalla strada consolare Cassia, a pochi chilometri dal monte Amiata.

    .....storia.....



    Il lago iniziò ad essere popolato verso la fine del Neolitico quando lungo le sue rive sorsero diversi villaggi di palafitte. Fu poi abitato durante l'età del ferro e quella del bronzo ma i suoi insediamenti restarono fortemente condizionati dalle variazioni di livello delle acque.
    Il promontorio di Bisenzio, dove sorse l'antica città etrusca, è oggi uno dei luoghi più caratteristici del lago. Sotto i Villanoviani sorsero i centri di Visentum (Bisenzio) e Volsinii (Bolsena) che raggiunsero un notevole grado di ricchezza e benessere, come dimostrano i numerosi reperti. Con gli Etruschi, il lago vive un periodo di grande splendore: secondo alcune ipotesi sulle sue rive, in una località incerta sorse il famoso “Fanum Voltumnae” un grandioso santuario dove si riunivano ogni anno le dodici città della Confederazione Etrusca. In questi anni si ha lo scontro fra le due città su chi deve imporre il nome al lago, vincerà Volsini.
    I Romani giunsero qui nel 264 a.C., quando occuparono Volsinii e distrussero Visentum dopo un interminabile assedio. In seguito le due città vennero ricostruite e divennero dei municipi. Il lago è citato da Plinio nella sua Naturalis Historia e in età tardo-imperiale vive la drammatica vicenda di Santa Cristina, martire cristiana del III secolo che sarà proclamata successivamente patrona del lago.
    I Longobardi e i Saraceni saccheggiarono i principali centri urbani. Bolsena venne saccheggiata e un gruppo di abitanti portò le spoglie di santa Cristina sull'Isola Martana. Bisenzio venne distrutta e la sua sede vescovile spostata a Castro. Sull'isola Martana, il re gotico Teodato, vi fece imprigionare e uccidere la cugina Amalasunta figlia di Teodorico. Il Medioevo fu per il lago un periodo di tristezza e di declino. A partire dal XII secolo, viene conteso tra i Comuni di Orvieto, Viterbo, la Chiesa e i potenti feudatari dei signori di Bisenzio. I paesi sulle rive vissero un periodo di costante declino e subirono frequenti saccheggi. Il grande poeta Francesco Petrarca, restò colpito dalla grave situazione e chiese a papa Clemente VI di intervenire. Clemente VI inviò il cardinale Egidio Albornoz che riuscì a riportare il lago sotto il controllo della Chiesa, ma lo scontento degli abitanti fu tale da scatenare violenti tumulti e ribellioni.
    Il ritorno del Papa a Roma, gli permette di consolidare i suoi domini nell'area del lago. La città di Montefiascone conosce un grande sviluppo diventando rifugio di numerosi pontefici. Nel 1537 papa Paolo III istituisce il ducato di Castro e lo affida al figlio Pier Luigi Farnese. Per il lago inizia un nuovo periodo di grandezza e splendore. Lungo le sue rive sorgono palazzi e residenze delle nobili famiglie romane e gli stessi Farnese non disdegnano di trasferirsi qui nei caldi mesi estivi.
    Nel 1649 con la caduta di Castro, il lago ritorna sotto il dominio della Chiesa.
    Nel Seicento il lago conobbe l'opera lungimirante e illuminata del cardinale Marcantonio Barbarigo, Con la scomparsa di Barbarigo, il lago vive una periodo di lunga sonnolenza. Nel Settecento il livello del lago si alza notevolmente, causando l'impaludamento delle rive più basse, che provoca un forte diffusione della malaria. Scompaiano i centri abitati di Bisenzio (che sarà unito a Capodimonte nel 1816) e il Borghetto che viene unito a Grotte di Castro nel 1745. Gli abitanti di San Lorenzo vengono spostati su un colle vicino dove viene realizzato il nuovo centro abitato di San Lorenzo Nuovo costruito in stile settecentesco. Nel 1848 nasce l'Associazione Castrense, un movimento d'ispirazione mazziniana cui aderiscono molti abitanti del lago. Nel 1860 un distaccamento di garibaldini sbarcati a Talamone, raggiunge il lago e cercando di scatenare una rivolta popolare, occupando la fortezza militare di Valentano. Il tentativo fallì sia per l'ostilità degli abitanti sia per il deciso intervento delle forze pontificie che ricacciano in Toscana i patrioti. L'area del lago entra nel 1871 nel Regno d'Italia.
    Dopo l'Unità, le condizioni dei contadini e dei pescatori non migliorano e le nuove tasse imposte dai governi unitari, causano forti scontenti che sfociano nel grave fenomeno del brigantaggio. Il più celebre di tutti è senza dubbio Domenico Tiburzi, una figura destinata ad entrare nella leggenda mentre il rifugio preferito dai briganti è l'inestricabile Selva di San Magno. L'intervento dello Stato non si fa attendere e non mancano figure coraggiose come il maresciallo dei carabinieri Angelo Tordi che cade ucciso in un agguato presso la chiesa di San Magno in Gradoli. Il fenomeno del brigantaggio viene sconfitto agli inizi del Novecento e gli anni successivi sono contraddistinti da numerosi interventi pubblici come la sistemazione della Via Cassia, l'arrivo dell'acqua corrente e dell'energia elettrica. Il lago passerà sotto il regime fascista e durante la seconda guerra mondiale offrirà rifugio a molti profughi provenienti dalla Toscana, da Orvieto, da Viterbo, da Roma. Negli anni successivi conoscerà una crisi economica e un lento ma costante declino demografico causa di abbandono dei campi e dei paesi. Oggi il lago è in una posizione confusa: da un lato la crisi continua, con una disoccupazione fra le più alte del Lazio, l'invecchiamento generale della popolazione, l'esodo forzato di molti giovani costretti a spostarsi per lavoro, dall'altro non mancano segnali incoraggianti. L'industria è completamente inesistente se non si considerano piccole imprese artigianali a livello famigliare e diverse cooperative agricole e per la lavorazione del pesce. L'economia quindi resta basata sull'agricoltura che può puntare su risorse tipiche di consolidata tradizione ma è bloccata dalla frammentazione eccessiva dei terreni e dall'abbandono dei campi. La grande risorsa per il futuro è il turismo, che pur vantando ottime attrattive è bloccato dalla carenza di collegamenti adeguati.

    ...miti e leggende...


    Il lago di Bolsena e le sue isole stregate...Una celerebbe il passaggio segreto che conduce al regno sotterraneo di Agharti; l’altra sarebbe ancora abitata dallo spirito senza pace di Amalasunta, regina degli Ostrogoti. L’isola Bisentina e l’isola Martana, entrambe di proprietà privata, sorgono al centro del lago di Bolsena, in provincia di Viterbo, e rappresentano i resti di un antico cono vulcanico. Il nome Bisentina deriva da Bisentium, antico centro di origine etrusca fondato sulla sponda di fronte del lago. Ma a rendere speciale quest’isolotto, è la leggenda che vi aleggia intorno secondo cui nelle sue viscere si nasconderebbe un passaggio segreto al regno sotterraneo di Agarthi. Dell’esistenza di questo mondo inaccessibile (in sanscrito il termine ‘agharti’ significa, appunto, ‘l’inaccessibile’) e dei varchi attraverso cui entrarvi si favoleggia da tempi remoti...Agarthi (detto anche, a seconda delle varie traslitterazioni, Aghartta o Agartha o Agharti, con significato di “L’Inaccessibile”) è un regno leggendario che si troverebbe all’interno della Terra, descritto nelle opere dello scrittore Willis George Emerson (1856 – 1918): il concetto su cui si basava Emerson era legato alla teoria della Terra Cava ed è un soggetto popolare soprattutto nel campo dell’esoterismo.

    Il lago di Bolsena offre altre diverse e varie leggende: la piccola città scomparsa fra le acque di cui sarebbe possibile sentire il suono delle campane; l’avvistamento di sirene; la colorazione rossa dell’acqua; le scie di diverso colore che si formerebbero sull’acqua a rappresentare il percorso che fece la pietra che riportò a terra la santa patrona di Bolsena; la palla d’oro che fuoriesce dal lago a rappresentare gran quantità di raccolti e ricchezze; il “carbonchio” un termine locale usato per indicare la fuoriuscita di gas dal fondo del lago e i bagliori emessi a causa del magnetismo connesso all’attività vulcanica e tellurica; i mostri nascosti nelle profondità del lago.
    Altre leggende del lago di Bolsena, rimandando a culti antichi che si perdono nel tempo, hanno per protagonista un toro, animale che rappresenta la personificazione della forza generatrice e di rinnovamento, simbolo di fertilità e devozione a culti ancora più antichi e probabilmente più complessi, ctonio e celeste, solare e lunare. Così un toro è protagonista di una leggenda che lo vede tuffarsi nell’acqua per raggiungere le vacche che pascolavano in un’isola del lago nella stagione degli amori. Oppure si narra di un toro che, sempre attraversando a nuoto il lago, si dirigeva al centro di un bosco per inginocchiarsi davanti ad una roccia e ad alcune piante. Alcuni abitanti dell’area che seguirono il toro, lo videro in adorazione di un rudere. Il rudere, evidentemente antico è divenuto il piccolo santuario chiamato della Madonna di Turona nell’abitato di San Lorenzo.

    ...le pietre lanciate...


    Il toponimo di pietre lanciate, con cui vengono comunemente denominate queste particolari rocce, ha origine popolare: fu coniato dagli abitanti del posto nel tentativo di comprendere quello che appariva come un fenomeno inspiegabile. Si immaginò quindi che l'antico vulcano di Bolsena, al cui posto si trova attualmente il Lago di Bolsena, avesse scagliato pietre durante un’eruzione e che queste si fossero conficcate nel terreno. Secondo una leggenda locale, una divinità arcaica aveva costruito il suo tempio in un luogo sacro vicino al lago, vietando espressamente ai sacerdoti di celebrare riti e sacrifici nei giorni infausti. Ciò nonostante, alcuni di essi non si attennero al volere divino violando in questo modo la sacralità del tempio. La divinità scatenò la sua ira scagliando una serie di fulmini sul tempio e sul paese vicino. Una ragazza coraggiosa, mossa a pietà e volendo per salvare le persone innocenti, raggiunse il lago per immergervisi e morire, sacrificandosi al dio. L'Onnipotente, colpito dal sacrificio spontaneo della ragazza, la salvò da un fulmine trasformandosi in pietra e le impedì di affogare. Il Dio, colto da compassione, calmò la sua furia e trasformò ogni fulmine lanciato sul tempio e sul paese in una serie di pietre che si conficcarono nel terreno. La quiete ritornò, ma da allora i riti furono celebrati seguendo regole scrupolose e rigorosissime; il tempio fu distrutto e non più ricostruito. La ragazza fu riconosciuta da tutti come unica vestale del dio, ritirandosi in una grotta sacra posta vicino alle acque del lago. A testimonianza dell’accaduto, narra la leggenda, rimasero solo pietre: le pietre lanciate.
     
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  14. gheagabry
     
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    Rocas Bainbridge è una catena di coni vulcanici al largo della costa sud-est di Santiago Island nelle isole Galapagos (Ecuador).

    In un cono si è formato un piccola laguna di acqua salata. Nonostante il suo aspetto desolato, è un rifugio per molte specie di uccelli.

     
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  15. gheagabry
     
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    « Il suo lago è un velo argenteo »
    (Lord Byron, Childe Harold's Pilgrimage, 1816)


    IL LAGO TRASIMENO



    Il lago Trasimeno è ampio 125 km2, il maggiore dell'Italia centrale e il quarto fra i laghi italiani, compreso in territorio umbro. La superficie si trova a 258 m sul livello del mare; ha forma tondeggiante e profondità massima di ca. 6 m, ma il livello è stato soggetto a oscillazioni in vari periodi storici.
    E' un bacino idrico chiuso detto "relitto" la cui origine è dovuta al riempimento di una depressione tettonica, avvenuto nel Pliocene o nel Pleistocene inferiore; la formazione risale a circa 3 milioni di anni fa, all’epoca del ritiro delle acque dell’attuale mar Tirreno. Per tale motivo il livello delle acque è strettamente legato alle precipitazioni annuali più che alla portata delle acque dei torrenti che si immettono sul lago.
    Cinque milioni di anni fa il lago Trasimeno era semplicemente un golfo del Mar Tirreno, poi, con l’abbassamento del livello marino la zona è stata occupata da uno specchio d’acqua dolce che negli ultimi 500.000 anni ha fatto rilevare variazioni del livello dell’acqua molto elevate, con testimonianze di disseccamenti quasi integrali dello specchio lacustre e periodi di forte piovosità con un elevato apporto di sabbia all’interno del lago. Privo di emissario naturale, il lago è stato fornito di un emissario artificiale nel 1420 e di un altro nel 1896. Negli anni 1950, per contrastare un’accentuata fase di abbassamento che minacciava di trasformarlo in uno stagno, vi sono state immesse le acque di alcuni fossi che prima defluivano nella Val di Chiana.

    Nel lago Trasimeno sono presenti tre isole, la Polvese, la Maggiore e la Minore.
    L'isola Polvese è situata nella parte sud-orientale ed è l'isola più estesa delle tre (69,60 ettari). Dal 1995 la Provincia di Perugia, proprietaria dal 1973, l'ha dichiarata parco scientifico-didattico. L'isola Maggiore è l'unica isola abitata in maniera stabile, l'isola conta 18 abitanti ed ha una superficie di 24 ettari, racchiusa in un perimetro di 2 km. Una fitta rete di sentieri copre l'isola intera, dipanandosi attraverso una macchia di ulivo, leccio, pino, cipresso, pioppo ed altre varietà mediterranee.
    L'isola Minore si eleva per circa 20 m dalla superficie del lago, ha la forma di una virgola con dimensioni di circa 450 x 260 m e una superficie totale di 0,05 km². L'isola è coperta da una fitta vegetazione boschiva, comprendente pini e lecci, che da rifugio ad una nutrita colonia di cormorani.

    ...storia...


    La zona era abitata sin dall'epoca preistorica, come testimoniano i ritrovamenti oggi conservati nel Museo archeologico nazionale dell'Umbria. Nel 217 a.C. sulle rive del lago ebbe luogo la battaglia del Lago Trasimeno, che vide le forze cartaginesi di Annibale sconfiggere le legioni romane del console Gaio Flaminio.

    "La seconda guerra punica tra cartagine e Roma è iniziata da due anni (219 a.C.). Il generale Cartaginese Annibale Barca, il più grande condottiero del suo tempo, sta scendendo l'Italia (via Pirenei ed Alpi) alla guida di una eterogena armata di circa 50'000 uomini, 9'000 cavalli e 37 elefanti. Gli elefanti, gli antenati dei moderni carri armati, con cui aveva attraversato le Alpi sono ormai morti...Passa l'Appennino e risalendo l'Arno ferma i suoi uomini, che a causa della peste si erano ridotti a 40'000, sulle colline tra Monte Gualandro e Montigeto in prossimità dell'attuale Tuoro sul Trasimeno. A braccarlo dalla Val di Chiana ci sono le milizie del Console Caio Flaminio. I Romani sono circa 25'000 uomini e quindi sono in netta inferiorità numerica. I Romani si erano accampati sui "Montes Cortonenses" tra Cortona ed il Trasimeno.
    E' il 24 Giugno 217 a.C. ed il Console Caio Flaminio, convinto che Annibale fosse ancora ad almeno un giorno di marcia dal Trasimeno, decide muovere verso nord per ricongiungersi alle truppe del Console Servilio che scendevano da Rimini.
    Costeggia il lago e punta deciso ad attraversare la valle che dal Borghetto porta a Tuoro senza usare particolari precauzioni, ovvero senza verificare cosa ci fosse sui colli. Le milizie Romane si mossero snodandosi per oltre un chilomentro praticamente in fila indiana per una strada, ancora oggi chiamata il Malpasso.
    La classica nebbia che avvolge il lago c'era allora come oggi ed Annibale attaccò dall'alto con la cavalleria senza pietà. L'esercito romano si trovò subito con il fianco sinistro totalmente scoperto e con la fuga bloccata dai canneti del Lago Trasimeno ... e fu un massacro. Oltre 16'000 legionari morirono ed il torrente che passa per la valle dal quel giorno cambiò nome in Sanguineto." (www.trasimeno)


    Successivamente, ai tempi dell'imperatore Claudio, per ovviare al problema delle frequenti alluvioni del Trasimeno, i Romani costruirono un primo emissario artificiale collegato al Tevere. Le rive paludose hanno poi scoraggiato grossi insediamenti e tutta l'antichità ed il medioevo passano quasi senza toccare il Trasimeno. I riottosi comuni (Siena, Arezzo e Perugia, e anche Orvieto e Pitigliano) si combattono aspramente tra di loro ma trascurano il Lago. Anche i numerosi eserciti Tedeschi, Francesi o Spagnoli che scendono l'Italia passano dalla Valdichiana o dalla Cassia ma non si soffermano sul Trasimeno.
    Nel 1422 Braccio da Montone, signore di Perugia, fece realizzare un nuovo emissario, per una lunghezza complessiva di circa 1 km e sviluppato quasi interamente in galleria. Tale opera non fu però risolutiva dei problemi al punto che anche il celebre Leonardo da Vinci studiò un ingegnoso sistema idraulico, mai messo in opera, per regolare i flussi in eccesso del Trasimeno e del lago di Chiusi, che prevedeva anche il coinvolgimento del Tevere e dell'Arno. Nella seconda metà del XVI secolo papa Sisto V decise di deviare gli unici immissari naturali del Trasimeno, il Rigo Maggiore e la Tresa, verso il lago di Chiusi.
    L
    a pace tra il Granducato di Toscana e lo stato Pontificio ebbe come conseguenza una lunga tranquillità sulle rive sempre più malariche del Trasimeno, cosicchè, nel 1777, tal frate Cosimo Peintinger ne propose il completo prosciugamento. E l'idea ebbe dei seguaci tanto che sorse una "lobby" (la società dei Caratanti) con lo scopo di trasformare il Trasimeno in terreno agricolo.
    L'idea venne bloccata da due illuminati professori dell'Università di Perugia, Annibale Mariotti e Benedetto Bernardi i cui nomi sono stati pressoche' dimenticati dalle popolazioni odierne. Passò Napoleone ed il Congresso di Vienna quando nel 1828 prima e nel 1842 poi due ingegneri riprendono l'idea.
    Con il Risorgimento e l'Unità d'Italia,il Governo Sabaudo concede nel 1865 al Camillo Bonfigli la concessione per il prosciugamento. L'idea fu bloccata, fortunatamente dalla carenza dei mezzi finanziari del Bonfigli e dalla tenace opposizione sia di alcuni esponenti locali e sia del comune di Perugia.
    Dopo anni di dure battaglie con il demanio e gli speculatori, tra il 1896 ed il 1898 il Consorzio di Bonifica presieduto da Guido Pompilj riuscì a realizzare un nuovo emissario, parallelo a quello del XV secolo, per una lunghezza di 7 km ed una portata di 12 m³/s. Scongiurato così il disseccamento artificiale (per il quale era già stata rilasciata la concessione reale) e risolto il problema delle inondazioni e della conseguente malaria, tra gli anni quaranta e gli anni cinquanta del XX secolo, a causa del ricorso intenso all'abbassamento della soglia del nuovo emissario in favore dei potenti proprietari terrieri, si dovette far fronte ad una crisi idrica: il Trasimeno corse addirittura un serio rischio di prosciugamento, con una profondità massima ridottasi a 2,93 metri alla fine degli anni cinquanta. Nel 1952 vennero quindi reintrodotti gli immissari naturali Rio Maggiore e Tresa, deviati nel XVI secolo, ed il recupero avvenne a partire dal 1958. Recentemente, il lago Trasimeno è entrato in una nuova crisi idrica, forse superiore a quella degli anni cinquanta: la sua profondità massima attualmente è di 4,30 metri, ma tra il 2007 e il 2008 è calato di 78 centimetri. Grazie alle abbondanti precipitazioni ott. 2011 mar. 2012 il livello del lago è notevolmente cresciuto (oltre un metro) ed ha raggiunto i meno 40 cm. rispetto allo zero idrometrico posto a 257,33 s.l.m. La piovosità della primavera 2013 ha consentito al bacino umbro di raggiungere i meno 29 cm., un livello record che secondo i tecnici della provincia di Perugia non si registrava da almeno venti anni. Nel febbraio 2014 il Trasimeno ha raggiunto di nuovo, dopo 25 anni, lo zero idrometrico.

    ...miti e leggende...



    Narra la leggenda: "Tanto tempo fa’ regnava sul lago la bella ninfa Egille. Viveva nell’isola Polvese, in un magnifico palazzo.Trasimeno, il giovane figlio di Tirreno, un giorno si avventurò in una partita di caccia. Mentre usciva dal bosco sulle sponde del lago, il suo sguardo fu attratto dall’isola “Che splendido edificio, solo un re può abitarvi! All’improvviso udì una dolce melodia proveniente dall’isola e vide un gruppo di fanciulle sotto una loggia aperta del palazzo. Una di esse pettinava i suoi capelli aiutata da altre. Allora entrò in acqua e nuotò verso l’isola. Vide quindi che la donna era veramente bellissima. Era proprio lei che cantava. Aveva dei lunghi capelli biondi…forse era lei la principessa! Iniziarono a parlare. Lei gli chiese: Sei veramente un povero pescatore a cui si è capovolta la barca? Alla fine Trasimeno confessò la verità e le chiese di diventare sua sposa. Il re Tirreno, contrario alle nozze, diede il suo consenso solo dopo molte reticenze. Dopo il matrimonio, che fu celebrato con una grande festa, i due giovani trascorsero pochi giorni felici insieme. Una mattina, mentre Trasimeno si bagnava nelle acque agitate del lago, una grande onda lo travolse e scomparve.
    Invano Egille chiamò e cercò a lungo lo sposo, egli non rispose. Sembrava dissolto in ogni goccia d’acqua, come se il lago avesse voluto oltre che il suo corpo anche il suo nome. Agilla non si diede per vinta. Giorno dopo giorno, continò a cercarlo e non perse la speranza di riabbracciare il suo Trasimeno. La ninfa finì i suoi giorni su una barca in mezzo al lago, controllando tutte le imbarcazioni alla ricerca dell’amato.
    I pescatori raccontano che d’estate, quando soffia il vento dalla Toscana, si sente il pianto di Agilla. E, se all’improvviso si alza un’onda che rischia di fare rovesciare le barche: è la ninfa che crede di avere ritrovato Trasimeno."

    In realtà, il nome del lago sembra avere origini meno fantasiose, più verosimilmente il nome avrebbe origine dalla posizione geografica del lago stesso: Trasimeno significherebbe “oltre il monte Imeno – o Menio – ” come in epoca preromana si chiamava la montagna che a nord delimita il lago.

    Tre perle chiude in sé questa conchiglia
    di lago: la Polvese, l’isoletta
    e la Maggiore; e sono una famiglia
    di tre fanciulle che le nozze aspetta.
    L’aura, che tra le arici s’impiglia,
    e co’ baci a sbocciar l’iridi affretta,
    i segreti d’amor lene bisbiglia
    or luna or’ all’altra giovinetta.
    Sposo alle tre sultane è il Divin Maggio,
    che a’talami di canna e di ninfea
    scende fresco, odorifero e selvaggio.
    E nella notte cantano le rane,
    lontanamente, in tutta la vallea,
    l’epitalamio delle nozze arcane.
    (Vittoria Aganoor)

     
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