VULCANI

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    Unesco, Etna nel patrimonio dell'umanità

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    L'Unesco ha inserito l'Etna nel patrimonio mondiale dell'umanità definendolo come uno dei vulcani "più emblematici e attivi del mondo". Se ne è scritto da circa 2.700 anni e questo rappresenta "uno dei più documentati record mondiali nel campo dei vulcani", aggiunge il comitato Unesco riunito nella sua sessione annuale nella capitale cambogiana Phnom Penh. E ancora: "I crateri, le ceneri, le colate di lava le grotte di lava e la depressione della valle del Bobe, fanno del monte Etna una destinazione privilegiata per la ricerca e l'educazione" contiuando ad avere un ruolo importante, capace di influenzare "la vulcanologia, la geofisica e altre discipline di scienza della terra". "La sua notorità, la sua importanza scientifica, i suoi valori culturali e pedagogici sono - conclude l'Unesco - di importanza mondiale".

    La zona classificata come patrimonio mondiale fa parte del Parco dell'Etna creato nel 1987. Il ministero dell'Ambiente ha definito l'inserimento del vulcano nella lista Unesco "un risultato importante che riconosce l'unicità del patrimonio naturale italiano, il valore delle politiche nazionali di conservazione e il lavoro svolto negli ultimi anni dal Parco dell'Etna e dal Ministero dell'Ambiente, che nel gennaio 2012 ne ha patrocinato la candidatura".

    Tra gli altri luoghi inseriti oggi dall'Unesco nel patrimonio mondiale dell'umanità, il Tian Shan, la grande catena montuosa cinese che include la vetta della Vittoria Peak, alta 7.439 metri, e il Namib Sand Sea della Namibia, un deserto costiero unico al mondo che comprende vaste aree di dune influenzate dalla nebbia, su una superficie di oltre tre milioni di ettari. Il Comitato deve vagliare l'iscrizione nel patrimonio di 31 luoghi naturali e culturali. Fino ad ora sono 962 i siti iscritti in 157 Paesi.

    Per l'Italia, che "interrompe il digiuno" di un anno (non aveva ottenuto nuove iscrizioni nella sezione del giugno 2012, è il 45mo sito nella Lista World Heritage: a tutt'oggi è il paese leader
    (21 giugno 2013)





    repubblica .it
     
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  2. gheagabry
     
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    Campi Flegrei,
    uno dei 3 peggiori supervulcani al mondo


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    Tra i vulcani italiani e mondiali il più noto è senz’altro il Vesuvio, vuoi per le eruzioni storiche sulle città romane di Pompei ed Ercolano, vuoi per la pericolosità estrema che una sua esplosione potrebbe avere dato il gran numero di abitanti che vive alle sue falde. La certezza matematica di una sua futura eruzione fa nascere persino dei dubbi sulla professionalità di certi scienziatoni giapponesi che sembrano aver scoperto l’acqua calda annunciando questo evento, sottolineando altresì che non è prevedibile a livello temporale. Si sa che il Vesuvio erutterà e si sa che non è possibile sapere quando! E’ come dire che in Italia in futuro ci sarà un grande terremoto ma non si può sapere con precisione quando! Tutto ciò non costituisce un’informazione sensibile, è come dire “Domani all’alba nascerà il sole”.Perché un’informazione sia sensibile, deve essere caratterizzata da un alto grado di improbabilità.

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    Poco ad ovest del Vesuvio, a meno di 15km dalle sue falde una serie di rilievi collinari con una massima elevazione di 460m sul livello del mare nasconde un pericolo ben più grave. Si tratta dell’area vulcanica dei Campi Flegrei conosciuta per i fenomeni di sollevamento del suolo (bradisismo) che affliggono da sempre il comune di Pozzuoli e venuta prepotentemente alla ribalta negli anni 80, precisamente tra l’82 e l’84 per una crisi sismica che mise in ginocchio tutta l’area causando l’evacuazione di migliaia di persone. Ebbene il Vulcano Flegreo è uno dei dieci supervulcani esistenti al mondo. Sono solo 10 e in questi 10 non rientrano ne il Vesuvio, ne il Pinatubo o il Krakatoa, ne il Tambora, il Kilauea, il Monte Pelee o il monte Saint Elen che sono responsabili delle peggiori catastrofi della storia dell’uomo. Un supervulcano è molto peggio, un supervulcano è una struttura la cui eruzione può modificare radicalmente il paesaggio per decine o centinaia di chilometri e condizionare pesantemente il clima a livello mondiale per diversi anni, con effetti cataclismatici sulla vita stessa del pianeta e dell’uomo.

    solfatara

    Non parliamo quindi di effetti locali ma di effetti globali. Gli apparati vulcanici più pericolosi ascrivibili a questa categoria sono solo tre, Yellowstone negli Stati Uniti, il Lago Toba in Indonesia ed i Campi Flegrei in Italia. Insomma l’Italia nel suo piccolo ha anche un supervulcano e dei peggiori! La caldera flegrea ha un raggio di 15km e nella sua ancora controversa storia geologica si riconoscono almeno due catastrofiche eruzioni, la prima (eruzione dell’Ignimbrite campana) avvenuta circa 40mila anni fa con un’espulsione di materiale vulcanico compresa tra i 200 ed i 250km cubi, si chilometri cubi! La seconda (eruzione del Tufo Giallo Napoletano) avvenuta circa 15mila anni fa con un’espulsione di materiale vulcanico di circa 40 chilometri cubi. Tra le due enormi eruzioni e successivamente a quella del tufo giallo, tutta una serie di eventi eruttivi minori hanno creato la struttura attuale dell’area.

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    L’ultima eruzione storica risale all’anno1538 quando in una settimana o poco più, dal fondo del mare in una piccola baia vicino Pozzuoli spuntò un vulcano (Monte nuovo) che distrusse ogni cosa per un raggio di qualche chilometro. Ebbene non tutti sanno o forse ricordano eccetto gli abitanti dell’area, che nella crisi sismica degli anni ‘80 si temette il peggio, gli sciami sismici arrivarono a toccare le 500 scosse di terremoto al giorno, chiari sintomi di un’eruzione imminente! Senza contare poi gli eventi sismici di magnitudo superiore al 3.5 e persino al 4.0 (con punte massime di 4.8) che a causa della scarsa profondità degli epicentri risultarono altamente lesivi per gli edifici provocando numerosi crolli. L’eruzione per fortuna non ci fu, il sollevamento del suolo che nei due anni della crisi raggiunse quasi i 2 metri si arrestò nel 1985 e la cronaca eccetto casi rari di piccoli sciami, da allora non si è mai occupata in modo particolare del gigante addormentato.

    Solo di recente la comunità scientifica ha cominciato a preoccuparsi per i pericoli collegati ad una eventuale eruzione dei Campi Flegrei che non coinvolgerebbe solo Napoli o la Campania, ma tutta l’Italia e persino l’intero pianeta a causa di un mutamento climatico globale causato dalle abnormi emissioni di cenere vulcanica. E’ stato stimato che la probabilità che il vulcano flegreo erutti nei prossimi 100 anni è dell’1%, una probabilità che rapportata al grado di pericolosità diventa elevatissima. Abbandonata persino l’indagine scientifica che si stava conducendo nell’area attraverso carotaggi profondi, per paura di “risposte” impreviste del vulcano. Il Vesuvio rispetto ai Campi Flegrei? Un ragazzino con un sasso in mano al confronto di un reggimento di soldati dei reparti speciali armati fino ai denti!



    09 settembre 2013 ore 14:09 | a cura di Carlo Migliore, www.3bmeteo.com/
     
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    TAMBORA


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    Il monte Tambora è uno stratovulcano (come lo sono Etna, Vesuvio e Stromboli) che si trova sulle isole Sumbawa, in Indonesia, dove si innalza per 2700 metri.

    Il 10 Aprile 1815, il mondo intero venne sconvolto da quella che viene considerata la più potente esplosione vulcanica mai registrata nella storia. A 2600 km dal Tambora, vennero avvertiti dei suoni che sembravano spari. Non erano colpi di fucile, ma il vulcano che iniziava a scatenarsi a migliaia di chilometri di distanza da Sumatra. A circa 1000 km di distanza, insediamenti europei riportarono di aver sentito colpi di cannone, e inviarono navi per scoprire se ci fosse un attacco in corso in una delle isole indonesiane.


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    Il 10 Aprile l'eruzione si fece sempre più violenta, fino all'esplosione, classificata sul Volcanic Esplosivity Index al settimo grado. Il 7° grado è il penultimo sulla scala di esplosività vulcanica, ed è la potenza che dovrebbe avere l'intera Yellowstone quando dovesse decidere di esplodere. L'eruzione del Tambora fu 4-8 volte più potente del Krakatoa, e nemmeno paragonabile a quella del Vesuvio del 70 d.C., classificata al 5° grado del Volcanic Explosivity Index e circa 100 volte meno potente del Tambora.
    Prima dell'esplosione, il vulcano era alto circa 4300 metri; dopo l'esplosione, la sua altezza si era ridotta a 2851 metri, ed era comparsa l'enorme caldera, del diametro di 7 km e profonda 700 metri. L'esplosione venne sentita a 2600 km di distanza, e le ceneri ricaddero ad oltre 1300 km. Tutta la vegetazione dell'isola venne distrutta da una nube piroclastica del raggio di 20 km dal vulcano. L'evento generò uno tsunami con onde di oltre 4 metri sull'isola di Sanggar, 1-2 metri a Besuki e di 2 metri sulle Isole Molucca.
    La colonna di fumi raggiunse l'altezza di 43 km, e le particelle di cenere ricaddero nell'area fino a 2 settimane dopo l'eruzione, ma le particelle più sottili rimasero nell'atmosfera per anni, viaggiando attorno al mondo ad un'altezza di 10-30 km, creando fenomeni ottici in tutto il globo per via della loro interazione con la luce solare. Il materiale emesso sotto forma di cenere e pomice fu pari a 100 chilometri cubi. Le navi incontrarono anche dopo 4 anni dall'eruzione la cenere in mare nella forma di isolotti di pomice galleggianti.



    Gli effetti negativi dell'esplosione vennero registrati in tutto il mondo. Il 1816 è noto come "L'anno senza l'estate". Le inusuali aberrazioni climatiche del 1816 ebbero l'effetto peggiore nell'America del nordest, nelle province canadesi del Maritimes e di Terranova e nel nord dell'Europa.
    Tipicamente la tarda primavera e l'estate in quelle regioni americane sono sì relativamente instabili, ma mai fredde: le temperature minime raramente scendono sotto i 5 °C, praticamente mai in Europa, e la neve d'estate in quelle zone del Nord America è estremamente rara, sebbene a maggio talvolta cada del nevischio.
    Nel maggio 1816, invece, il ghiaccio distrusse la maggior parte dei raccolti; a giugno nel Canada orientale e nel New England si abbatterono due grandi tempeste di neve che provocarono numerose vittime; inoltre, all'inizio di giugno quasi trenta centimetri di neve ricoprirono Québec, e a luglio ed agosto i laghi e i fiumi ghiacciarono in Pennsylvania e altre tre gelate colpirono il New England distruggendo tutti gli ortaggi, tranne quelli poco sensibili al freddo. Furono comuni rapide ed improvvise variazioni di temperatura.
    Come risultato, vi fu un notevole incremento dei prezzi dei cereali.
    Grandi tempeste, piogge anomale e inondazioni dei maggiori fiumi europei (incluso il Reno) sono attribuite all'eruzione, così come la presenza di ghiaccio nell'agosto del 1816.
    L'eruzione del Tambora fu anche la causa, in Ungheria, della caduta di neve "sporca", e qualcosa di simile accadde anche in Italia, dove per un anno circa cadde della neve rossa, si crede dovuta alle ceneri presenti nell'atmosfera.
    L'Europa, che stava ancora riprendendosi dalle guerre napoleoniche, soffrì per la mancanza di cibo: in Gran Bretagna e in Francia vi furono rivolte per il cibo e i magazzini di grano vennero saccheggiati. La violenza fu peggiore in uno stato senza sbocchi sul mare come la Svizzera, il cui governo fu costretto a dichiarare un'emergenza nazionale. Secondo un'ipotesi formulata da J.D.Post della Northeastern University, il freddo fu responsabile, in qualche modo, della prima pandemia colerica del mondo.

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    dal web

    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 17:07
     
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  4. gheagabry
     
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    « Fra le terre di Kai e quelle di Suruga lambita dalle onde,
    sta la vetta del Fuji. Gli alti cirri osano appena avvicinarsi,
    e mai volano fin lassù gli uccelli.
    Il ghiaccio raggela irosi incendi e il fuoco distrugge la caduta neve.
    Vano è cercar parole, non v'è un nome degno di lui.
    Che sia un misterioso kami? »
    (Mushimaro - VII secolo d.C.)


    IL MONTE FUJI

    Monte-Fuji


    Il Monte Fuji con i suoi 3.776 metri è la montagna più alta del Giappone. Si trova al confine tra le prefetture di Shizuoka e Yamanashi, vicino alla costa sull'Oceano Pacifico dell'isola di Honshu, tra Hamamatsu e Tokyo, dalla quale dista 100 km e da dove è visibile quando il cielo è limpido.
    L'origine del Fuji è molto complessa. Secondo la tradizione popolare, la montagna si formò in seguito a un terremoto avvenuto nel 286 a.C. ma, in realtà è uno stratovulcano e la sua forma conica regolare e quasi simmetrica è la conseguenza della sovrapposizione di vari strati di lava solidificata e ceneri vulcaniche. E' il risultato di quattro distinte fasi nell'attività vulcanica che ne hanno caratterizzato forma e struttura. La prima, chiamata Sen-komitake, è caratterizzata da un nucleo di andesite recentemente scoperto nella sua parte più interna. La seconda, detta del Komitake Fuji, è uno strato di basalto formatosi diverse decine di migliaia di anni fa. Circa 100.000 anni fa si formò quindi lo Hurui Fuji sulla cima del Komitake Fuji. L'attuale Fuji, Shin Fuji, si ritiene si sia formato intorno ai 10.000 anni fa sulla cima del vecchio monte.

    È situato sulla faglia che fa parte della cintura di fuoco del Pacifico, tra la placca euroasiatica, la placca di Okhotsk e la placca delle Filippine. È attualmente in fase di quiescenza dal 1708; l'ultima eruzione documentata iniziò il 16 dicembre 1707 e terminò il 1º gennaio dell'anno successivo. Durante l'eruzione, nota come Hōei, l'attuale Tokyo venne ricoperta da uno spesso strato di cenere, mentre il vulcano vide la formazione di un nuovo cratere con un secondo picco, più o meno a metà della sua altezza, chiamato Hōeizan. Da allora le attività vulcaniche sono ridotte a modeste manifestazioni solfatariche, benché alcuni studiosi abbiano ipotizzato un possibile risveglio del vulcano entro il 2015.
    La base del Fuji ha un diametro compreso tra i 40 e i 50 km e una circonferenza di 125 km. Il cratere, i cui bordi frastagliati formano otto creste (Oshaidake, Izudake, Jojudake, Komagatake, Mushimatake, Kengamme, Hukusandake e Kukushidake), si estende per circa mezzo chilometro, raggiungendo una profondità massima di 250 m.
    Una conseguenza delle attività vulcaniche e della stratificazione della struttura del Fuji è la presenza di più di 150 flussi lavici solidificati tra i quali i più importanti sono quello di Mishima e quello di Manno (risalenti a circa 15.000 anni fa), oltre a quelli di Inusuzumi-yama (circa 5.000 anni fa), Kansu-yama (4.000 anni fa) e Aokigahara (864 d.C.). Tali flussi a loro volta hanno contribuito alla formazione di numerose grotte naturali di roccia lavica lungo le pendici del monte. Tra le grotte più famose vi sono quella di Subashiri Tainai, la grotta posta a maggior altitudine in Giappone, quella di Mitsuike-ana (Fujinomiya) la quale raggiunge una lunghezza di 2.139 m e quella di Saiko Komori-ana (Fujikawaguchiko, Yamanashi) considerata un monumento naturale. Oltre alle grotte è possibile osservare anche i caratteristici "alberi di lava" tra i quali i più famosi sono quelli di Funatsu Tainai Jukei e Yoshida Tainai Jukei . La superficie del monte è caratterizzata dalla presenza di valli e gole, formatesi in seguito alla corrosione del vento, dell'acqua e della neve negli anni. La più importante e ampia di queste, la Gola di Osawa.

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    La differenza di temperatura tra la vetta del monte e le regioni sottostanti si ripercuote anche sulla vegetazione presente sui suoi versanti. Il territorio del Fuji si suddivide in diverse zone di vegetazione, le cui principali sono due: il deserto vulcanico che caratterizza la regione che va dai 1.500 m fino alla cima, dove la vegetazione è costituita principalmente da muschi e licheni e le foreste di conifere giapponesi), di faggi, cedri e aceri giapponesi, oltre a piante di bambù e alberi di querce che crescono nella regione subalpina e montuosa. Sotto i 700 m, con l'aumento della temperatura, la vegetazione è quella tipica dove si possono osservare ciliegi e azalee.

    ...storie, miti e leggende...



    A Luglio di ogni anno molti fedeli in Giappone compiono una vera e propria scalata del monte Fuji con l’obiettivo di rendere omaggio alla dea Sengen - Sama. Legata a questa dea c’è una particolare leggenda, secondo la quale la dea avrebbe ucciso i seguaci dell’eroe Nitta Tadatsune, che avevano invaso il suo territorio, e avrebbe costretto lo stesso eroe ad allontanarsi, minacciandolo di morte. Ecco perché tutti rivolgono alla dea il massimo rispetto.

    Molti sono i luoghi ritenuti sacri in Giappone ,sia per la religione Shintoista che per le varie correnti di Buddhismo . Come per molte altre tradizioni nel mondo,anche in Giappone molte vette sono considerate sacre, dimora del Divino e luogo di incontro tra Spiriti e uomini. La letteratura e i racconti mitologici di questo periodo Heian (794–1185) narrano di un dio chiamato Miogi-no-Mikoto, il quale, avendo chiesto inutilmente ospitalità per la notte al Monte Fuji, fu costretto a cercare un'altra sistemazione presso il Monte Tsukuba. In seguito il dio decise di vendicarsi, condannando il Fuji a essere sempre ricoperto di neve e a passare la sua esistenza in isolamento. Nella raccolta di poesie Man'yōshū (seconda metà dell'VIII secolo) si possono trovare invece i primi riferimenti alla montagna in qualità di kami. La principale divinità è Konohanasakuya-hime, manifestazione ultraterrena della vetta del Fuji. Secondo la tradizione è la figlia di Ōyamatsumi, dio della montagna, e sposa di Ninigi-no-Mikoto, dio del cielo. Per via della sua fedeltà è considerata un modello per le donne giapponesi, adorata come protettrice delle donne in gravidanza e dei navigatori, oltre a essere riconosciuta come la divinità della pesca, dell'agricoltura e della tessitura.


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    C’era una volta un vecchio tagliatore di bambù di nome Okina, che durante una notte vide una canna di bambù risplendere nella foresta. Al suo interno trovò una bambina grande quanto un pollice. L’uomo, che non aveva mai avuto figli, portò la bambina a casa dalla moglie, e le diedero il nome Kaguya-hime “Principessa Splendente”. Kaguya-hime crebbe diventando una bellissima donna. La bellezza della donna divenne così famosa che 5 principi si presentarono per chiederla in moglie, ma tutti vennero rifiutati. Avendo sentito parlare della bellezza della principessa, lo stesso imperatore del Giappone andò a farle visita e se ne innamorò subito; tuttavia, la principessa rifiutò anche la sua proposta, e rifiutò di recarsi a palazzo con lui.
    Una notte di luna piena, la principessa confessò ai genitori di provenire da lì, e che a metà della stagione estiva avrebbe fatto ritorno a casa. L’imperatore, venuto a conoscenza del fatto, inviò molte guardie per impedirlo, ma queste vennero accecate dalla luce emanata dagli esseri celestiali venuti a prendere la principessa. Kaguya-hime lasciò una lettera di scuse, la sua veste per il padre e una goccia di elisir della vita per l’imperatore.
    Subito dopo la partenza di Kaguya-hime, i genitori si ammalarono, mentre l’imperatore, ricevuti i lasciti della principessa, si recò sulla montagna più alta del suo impero per bruciare lettera ed elisir della vita.
    Secondo la leggenda, il nome della montagna, Fuji, deriva dalla parola “immortalità” (fushi, che può anche essere letto fuji), mentre i kanji, che si leggono “montagna ricca di guerrieri” (Fuji-san), si riferiscono all’esercito dell’imperatore che scalò la montagna.


    -Fuji

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    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 17:29
     
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    I VULCANI DI GIAVA

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    In Indonesia ci sono almeno 150 vulcani attivi compreso il Krakatau e il Tambora, entrambi famosi per le loro devastanti eruzioni nel XIX secolo. Una tale concentrazione di vulcani è dovuta alla posizione geografica sul cosidetto "Anello di Fuoco", in cui le placche tettoniche pacifica e indiana vengono spinte dalla placca euroasiatica. Il movimento tettonico delle placche crea eruzioni vulcaniche e devastanti terremoti, seguiti da tsunami.

    Giava è una delle molte isole che compongono lo Stato dell'Indonesia e che ne ospita la capitale Giacarta. Giava è percorsa da una catena montuosa vulcanica che comprende 121 vulcani, dei quali 25 ancora in attività.


    Gunung Penanggungan è un piccolo vulcano dormiente che domina la vista dalla costa nord nella zona di Surabaya. È situato a nord del vulcano gemello superiore e più attivo Arjuno-Welirang. Penanggungan è una delle montagne più venerate di Java: nell' antico giavanese Penanggungan è visto come un riflesso della mitologia Mahameru indù sacra. Ci sono più di 81 siti archeologici sulla montagna, per lo più sui suoi fianchi settentrionali e occidentali,che risalgono oltre 5 secoli da 977 d.c. fino al 1511. Flussi di lava e fenomen piroplastici scendono ai lati del vulcano ad una altezza si 1653-m. Si è stabilito che Penanggungan ha una età simile ai vulcani di Arjuno-Welirang e Semeru. Da almeno 1000 anni, non ci sono state eruzioni, l'ultima probabilmente avvenne intorno al 200 d.C.

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    Arjuno e Welirang formano un vulcano gemello, vicino capitale di Giava orientale Surabaya. Welirang è famoso per i suoi giacimenti di zolfo su uno dei suoi crateri, è estratto utilizzando ancora i metodi medievali.
    I vulcani gemelli di Arjuno e Welirang si trovano alle estremità SE e NW, rispettivamente, di una linea lunga 6 km di coni vulcanici e crateri. Il complesso Arjuno-Welirang si è sovrapposto a due vecchi vulcani, Gunung Ringgit a est e Gunung Linting a sud. Il nome Arjuno in giavanese è la resa di Arjuna , un eroe epico Mahabharata, mentre Welirang è la parola giavanese che significa zolfo . Un 1950 vi fu un eruzione esplosiva. Un'altra eruzione avvenne due anni dopo, nel 1952.

    Baluran è il vulcano estinto più orientale in Java, alto 1,247 metri e si trova al centro dell’area protetta. Baluran National Park è stato dichiarato parco nazionale il 6 marzo 1980, è conosciuto come “L’Africa di Giava” per il suo paesaggio che tanto ricorda la sconfinata savana africana e la sua ricca e varia fauna. Nel Baluran National Park si possono trovare numerose specie di uccelli e altri animali quali il banteng di Giava (Bos Javanicus o bue selvatico, mammifero endemico delle isole indonesiane), il cervo di Timor, il bufalo d’acqua selvatico (Arni) oltre a maiali e cani selvatici e leopardi. Visto il rischio di estinzione – si contano ormai poche dozzine di questi animali – molte specie sono ora protette. Gli uccelli sono gli animali piú facili da avvistare : nei 25,000 ettari di parco sono state identificate 179 specie diverse di volatili.



    In tempi immemorabili, durante l'Olocene tardo Pleistocene, il vulcano Tengger collassò lasciando spazio a un mare di sabbia all’interno della caldera. Con il tempo all’interno della caldera sono spuntati tre vulcani: il Bromo, che è il monte sacro per gli induisti e altri due che sono oggi ricoperti di vegetazione. Bromo è la versione in lingua giavanese di Brama, il dio distruttore e creatore. Nella caldera piana e sabbiosa del vulcano Tengger c’è un tempio indù che è aperto una volta all’anno a giugno per celebrare la festa dedicata a Brama.
    La caldera di Tengger è ampia 16 km e si trova all'estremità settentrionale di un massiccio vulcanico che si estende dal monte Semeru. L'enorme complesso vulcanico Tengger risale a circa 820.000 anni fa ed è costituito da cinque stratovulcani sovrapposti, ciascuna troncato da una caldera. Cupole di lava, coni piroclastici e un maar occupano i fianchi del massiccio. Il più giovane vulcano è quello di Bromo, uno tra i più attivi di Java. Caratterizzato da un paesaggio lunare di proporzioni epiche, il Monte Bromo è immerso in un mare di ceneri e sabbie vulcaniche, si erge sacro e misterioso. Non è il più alto di Giava, ma il suo fascino non sta nelle dimensioni, ma nel suo ambiente surreale.
    E' affiancato degli altri due vulcani Kursi e Batok. Nelle immediate vicinanze, c'è l'ombra inquitante del Monte Semeru, il più alto di Giava ma anche uno dei più attivi.

    Iyang-Argapura vulcano è un massiccio complesso situato a est Java, domina il paesaggio tra vulcani Raung e Lamongan. È ancora considerato attivo, anche se nessuna eruzione sembra si sia verificata negli ultimi 500 anni. Ripida valli e scogliere di erosione di fino a 1000 m di profondità di taglio alla base del vulcano Iyang più anziane. Attualmente, ci sono solo fumarole nel cratere Iyang come segno di attività. Alcuni rapporti incerti danno ad indicare un'eruzione 1597.


    Lo Ijen vulcano è ad est di Java. Il complesso vulcano Ijen è costituito da un folto gruppo di piccoli stratovulcani situati all'interno della grande (20 km di larghezza) caldera. La parete nord della caldera forma una cresta arcuata, ma altrove il bordo è sepolto da numerose bocche di altri vulcani, tra cui Gunung Merapi, lo stratovulcano, che costituisce il punto più alto 2799 m del complesso di Ijen. Ad ovest di Gunung Merapi vi è il vulcano Kawah Ijen. Una caldera gigantesca ricoperta da un enorme lago dalle acque turchesi acide. Il cratere è attivo ed è conosciuto per i suoi depositi di zolfo. Le Eruzioni di Ijen sono molto pericolose a causa del rischio del lago, un eruzione potrebbe scagliare nell'atmosfera il contenuto del lago, acido puro.
    E'un sito di attività estrattiva dello zolfo, un luogo di lavoro insalubre e massacrante per i lavoratori locali. Sul fondo della caldera infatti si trova una cava di zolfo enorme, da cui decine di portatori estraggono chili e chili del prezioso materiale per una paga che si aggira sugli otto dollari al giorno. Paltuding è il punto di partenza del trekking che ogni giorno viene intrapreso almeno due volte dai portatori di zolfo; i carichi possono raggiungere gli 80 kg di zolfo portato in ceste a bilanciere. Piantagioni di caffè coprono gran parte del pavimento della caldera di Ijen.
    Oltre al paesaggio già di per sè stupefaciente, avviene un insolito fenomeno il vulcano Kawah Ijen erutta lava blu. Ciò che rende unico questo vulcano è la presenza di zolfo, presente sia nella composizione della lava stessa che all’esterno, trovandosi sul fondo del cratere un lago le cui acque contengono alti livelli di acido solforico. Il vulcano erutta lava rosso intenso, di giorno, mentre di notte cambia colore e diventa blu fosforescente, con tanto di fiamme altissime.

    Nella parte dell'enorme massiccio Tengger, vi è il cono vulcanico del Monte Semeru è la vetta più alta di Giava, a 3,676 metri di altitudine. Conosciuto anche in nome di Maha Meru (Grande Montagna) è molto ripido e si erge nettamente sul piano costiero della parte est di Java. Dei Maar contenenti dei laghi vulcanici si sono formati seguendo una linea fino alla sommità. Semeru è uno dei vulcani più attivi di Giava, in uno stato di pressoché costante eruzione fin dal 1818. E' in uno stato di eruzione quasi continua sin dal 1967. A volte le piccole eruzioni avvengono anche ogni 10 minuti. E' visto dagli indù come la montagna più sacra di tutte e padre del Monte Agung di Bali. Prende il nome da Sumeru, la montagna al centro del mondo nella cosmologia buddista. La leggenda narra che fu trasportato dall'India; la storia è raccontata nello scritto Javanese del sediciesimo secolo Tantu Panggelaran. Era stato originariamente collocato nella parte ovest dell'isola, ma questo causava un'inclinazione dell'isola, quindi fu spostato verso est. In questo viaggio dei pezzi che si staccavano dalla sua parte inferiore formarono le montagne di Lawu, Wilis, Kelut, Kawi, Arjuno e Welirang. Il danno causato alle fondamenta della montagna la fecero oscillare, la parte superiore si staccò e creò il monte Penanggungan.


    mappa-di-java-1870s-litografia-a-colori-db8fd4

    Il vulcano di nome Lusi erutta fango da oltre sette anni e non si sa nemmeno quando e se smetterà. L'eruzione di fango cominciò in conco-
    mitanza con dei lavori di trivel-
    lazione alla ricerca di gas e gli effetti imprevisti dell'eruzione erano stati addebitati all'azienda che li aveva effettuati. Vi sono due possibili cause del fenomeno, le trivellazioni e un terremoto di magnitudo 6.3 avvenuto due giorni prima dell'eruzione nella regione di Yogyakarta, la causa più probabile è che sia colpa del terremoto. Il sisma, grazie ad un effetto amplificazione dovuto alla conformazione rocciosa nell'area del vulcano Lusi, avrebbe provocato la liquefazione di un acquitardo (roccia o terreno semipermeabile) che poi avrebbe trovato una via d'uscita nel cratere del vulcano. Quel 29 maggio 2006, l'eruzione del vulcano Lusi non fu senza vittime: 14 persone persero la vita, 10.000 edifici andarono distrutti e 30-40.000 persone dovettero abbandonare per sempre la zona. Il vulcano erutta dal cratere largo un centinaio di metri, con un intervallo di circa 30 secondi, quasi 10.000 metri cubi di fango bollente al giorno.



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    « Uno spettacolo, al tempo stesso sublime e spaventoso, si presentò di fronte a noi. Ci fermammo e tremammo. Lo stupore ed il timore ci resero muti per qualche istante e, come statue, rimanemmo fermi in quel punto, con gli occhi rapiti dall'abisso sottostante »
    (William Ellis)


    I VULCANI DELLE HAWAII


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    Le Hawaii sono isole di origine vulcanica. Emersero dal mare per una serie ripetuta di eruzioni. Quando la lava solidificò, sull'isola non esisteva alcuna forma di vita. Furono il vento e gli uccelli a portare i primi semi da cui poi nacque una fitta foresta, grazie alla fertilità del terreno vulcanico. Più tardi, i polinesiani arrivarono con le loro canoe, portando nuove piante e i loro animali. La grande isola di Hawaii (The Big Island in inglese, Hawai‘i in hawaiiano) è la maggiore e la più orientale delle isole dell'arcipelago hawaiiano.
    E' formata da cinque vulcani principali:
    Kohala, al nord-ovest, un vulcano spento
    Mauna Kea (la montagna bianca) è la montagna più alta delle Hawaii, a 4200m, e spesso innevato d'inverno. Mauna Kea occupa la maggior parte della metà settentrionale dell'isola ed è considerato un vulcano non attivo
    Hualãlai, a ovest, domina la zona di Kailua-Kona, non attivo
    Mauna Loa (la montagna lunga), un vulcano attivo che domina la metà meridionale dell'isola
    Kilauea (nuvola di fumo che sale), un vulcano molto attivo a est della parte settentrionale di Mauna Loa

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    Il Mauna Loa è un vulcano a scudo, con volume di 75.000 km³, che ne fa il più grande vulcano attivo della Terra per volume, anche se la sua cima (4.169 m s.l.m.) è di 36 m più bassa del suo vicino Mauna Kea. Dato che la sua struttura a forma di cono poggia sul fondale oceanico profondo circa di 5000 m, l'altezza complessiva della montagna supera quella dell'Everest. In dimensioni complessive è sorpassato dal massiccio Tamu, di cui di recente è stata dimostrata la natura di vulcano a scudo unico, anziché di agglomerato. Esso ricopre un'area sottomarina di 310.000 km² e risulta non attivo da oltre 130 milioni di anni.
    Il nome hawaiano "Mauna Loa" significa "montagna lunga". La lava eruttata è povera di silice, caratteristica che la rende poco viscosa ed impedisce eruzioni esplosive, creando così un vulcano dai pendii poco inclinati, con la forma di uno scudo. Il vulcano ha eruttato per 700.000 anni, ed è emerso dal mare circa 400.000 anni fa. La roccia datata più vecchia risale a circa 200.000 anni fa. Il magma proviene dall'hot spot delle Hawaii, ed è responsabile della formazione dell'arcipelago e della catena sottomarina Hawaii-Emperor. L'ultima eruzione del Mauna Loa è avvenuta tra il 24 marzo e il 15 aprile 1984. Nessuna tra le più recenti eruzioni del vulcano ha causato vittime, ma le eruzioni del 1926 e del 1950 hanno distrutto dei villaggi.

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    Il Kīlauea è il vulcano più esteso dell’ arcipelago. Il suo nome, nella lingua locale polinesiana significa "nuvola di fumo che sale". I vulcani come il Kīlauea si formano per la presenza sotto la crosta terrestre di uno hot spot, ossia un punto caldo di risalita di roccia fusa, fenomeno vulcanico caratteristico di pochissime aree della superficie terrestre (Islanda, Yellowstone). Buona parte della superficie di lava che lo ricopre ha poco più di 1000 anni. Si trova sulle pendici del Mauna Loa. La lava raffreddandosi velocemente al contatto con l'acqua marina che forma nuvole di gas e vapore, aumenti massicci della superficie stessa dell’isola, improvvise fontane di lava, ricadute e solidificazioni di ceneri, formazione e collassi di coni, versamenti magmatici che prima formano e poi percorrono tubi lavici sono le attività tipiche di questo complesso vulcanico. Di questo complesso fanno parte anche altri elementi: il Pu’u’o’o e il Halema'uma'u, il primo un cono vulcanico, che è attivo ininterrottamente dal 3 gennaio 1983 e il secondo un cratere pressoché circolare (770 x 900 m) all'interno (83 m sotto il livello di base) della più ampia caldera del Kilauea, attualmente attivo con un lago di lava che fluttua tra i 70 e i 150 m sotto l'orlo del cratere. I continui cambiamenti dovuti alla natura mutevole dei vulcani attivi rendono questa zona geografica in continua evoluzione.
    Recenti studi hanno indagato sulla struttura interna del vulcano, grazie all'analisi delle onde sismiche che lo attraversano, arrivando alla localizzazione del serbatoio magmatico, situato a pochi chilometri di profondità; quindi la struttura vulcanica, costituita dalla lava solidificata, è collocata sopra il serbatoio. Ad ogni eruzione, la lava del vulcano viene sotterrata dai flussi lavici successivi; questo fatto comprime sempre più la lava fino a che la sua densità pareggi quella del magma. Questa condizione è stata rintracciata ad una profondità di circa tre chilometri. Inoltre ad ogni eruzione la sommità del vulcano va in subsidenza e la composizione della lava muta durante certe eruzioni prolungate, e la lava fuoriuscita tardivamente è più ricca di olivina e presenta una temperatura più alta della lava precedentemente eruttata.Inoltre tra il serbatoio e le profondità magmatiche che lo riforniscono si viene a creare, durante l'eruzione, una differenza di pressione che produce come effetto il riempimento del serbatoio stesso; alla fine dell'eruzione, parti di roccia chiudono il condotto in cui è circolato il magma e quindi la conseguenza di tutto ciò è l'intensificarsi della pressione, causato dalla risalita del magma dal mantello e la creazione di nuovi passaggi sotterranei nel momento in cui il serbatoio si riempie. La lava esplode a contatto con l'acqua dell'oceano.
    In qualche occasione, il Kīlauea è stato protagonista di forti esplosioni di vapore, che hanno provocato vittime, come nel 1790, inoltre il Kīlauea ha prodotto, il 29 novembre del 1975, uno dei più violenti terremoti americani del XX secolo, raggiungendo una intensità di magnitudo di 7,2.
    I terremoti sono la conseguenza di spostamenti in massa di magma, soprattutto se ubicati nella zona di rift.
    Gli abitanti delle Hawaii associavano i fenomeni vulcanici agli umori di una divinità femminile denominata Pele, la cui abitazione sarebbe ubicata in corrispondenza del grande cratere situato in cima del Kīlauea.

    ..miti e leggende..

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    Pelé è rappresentata spesso come una bellissima ragazza dai capelli nerissimi e vestita di nero o rosso, non é una divinità autoctona delle Hawaii. Secondo la tradizione la sua origine é tahitiana. Pele sarebbe figlia di Haumea, dea della fertilità, e di Kane Hoalani, una divinità legata spesso all’ acqua e all’ aria (difatti i miti raccontano che Kane Hoalai avesse un minuscola barca che poteva stare nella mano di un bambino, ma che se posta in acqua diventava la più grande barca mai esistita). Come loro figlia, unione degli elementi terra, aria e acqua, Pele é la ‘dea del fuoco e dei vulcani’. La leggenda hawaiana racconta che a causa del suo temperamento Pele fu esiliata dal padre, il quale le donò solo una canoa, e la mise per mare perchè si cercasse una nuova terra e abbandonasse per sempre Tahiti. Pele infatti, dagli stessi hawaiani, é descritta come una divinità spesso iraconda, gelosa, orgogliosa, imprevedibile e capace di grande violenza, seppur, quando non adirata, capace anche di molto amore verso il proprio popolo. Pele visitò tantissime isole e terre, cercando un posto in cui scavarsi una casa. Ma nessuna delle terre che toccò le andava bene, dunque lasciava che i buchi scavati si riempisserò d’ acqua marina e ripartiva. Finalmente Pele arrivò alle Hawaii, dove trovò il monte Kilauea, e vi scavò la sua nuova casa. Felice di aver messo fine al proprio vagabondaggio, decise di creare il popolo hawaiano.

    Pele governa ogni sorta di focolaio, in particolare la lava dei vulcani. Secondo la leggenda, essa vive nei silenziosi meandri del monte Kilauea. Le minuscole formazioni laviche scoperte intorno al vulcano sono note con l'appellativo di «lacrime di Pele». Celebre per i suoi idilli appassionati non meno che per il suo temperamento focoso, Pele si manifesta sovente ai suoi seguaci nelle sembianze di una donna seducente, bellissima come la Luna. Alcuni sostengono che somigli a una terribile megera, con la pelle brunita e raggrinzita come ruvida lava.

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    Una bellissima storia della dea è raccontata nel lunghissimo romanzo “Hawaii” di James A. Michener . "Al tempo della storia ai tranquilli abitanti dell’arcipelago di Tahiti venne imposto dalla casta sacerdotale il sanguinoso culto del nuovo dio Oro. Non tutti riuscivano però ad accettare questa divinità crudele che richiedeva sempre più numerosi e cruenti sacrifici umani. Fu così che un manipolo di una sessantina tra uomini e donne fedeli alle antiche divinità, capeggiati da Tamatoa, re di Bora Bora e dal suo intrepido fratello minore Teroro, abbandonarono l’arcipelago su una grandissima canoa doppia per cercare una nuova terra dove vivere in pace, lontano da quella follia di sterminio.
    Un’avventura del tutto incerta: intorno solo migliaia di miglia di oceano sconfinato e tempestoso e, come guida, soltanto le parole di un antico canto marinaro trasmesso oralmente dagli antenati. Con loro gli esuli portarono gli antichi dèi Tane e Ta’aroa, (rispettivamente dio del vento e dio dell’oceano) rappresentati da due sacre antichissime pietre. Partirono con provviste, animali e piante da far crescere nella nuova terra che speravano di trovare al nord e dove avevano intenzione di vivere pacifici, senza più guerre di religione né sacrifici umani. Prima di partire interpretarono numerosi auspici, decifrarono sogni, controllarono e ricontrollarono il loro carico per essere sicuri di non aver dimenticato nulla. A lungo navigarono guidati dalla costellazione dei “Sette Piccoli Occhi”, ripetendosi le strofe della canzone per rincuorarsi quando pensavano di essere perduti fra le onde, patendo la fame e l’incertezza del viaggio, ma dopo cinquemila miglia di oceano, quasi al limite della disperazione, riuscirono a trovare la loro nuova terra, l’isola vulcanica deserta che battezzarono Havaiki (Hawai’i). L’isola era di una bellezza mozzafiato, con il suo mare cristallino e un alto monte che si specchiava nelle acque. Fu solo quando il monte si rivelò per quello che era, un vulcano, che questi eroici navigatori ed esploratori si resero conto di aver dimenticato una cosa importantissima a Bora Bora: la pietra rossa, effige della dea più antica, Pele, dea del fuoco, protettrice degli uomini appassionati. La dea già si stava facendo notare nell’isola deserta, apparendo in forma di donna, lanciando muti sguardi di allarme agli esterrefatti pionieri.
    Un giorno il vulcano iniziò ad eruttare lava e i polinesiani, avvertiti per tempo da un ciuffo di “capelli” della dea, proiettato dal cratere, riuscirono a salvarsi per un soffio, rifugiandosi in alto mare sulla canoa, con i loro animali e le loro preziose sementi. Fu così, che sfidando nuovamente l’oceano, Teroro decide di ripetere il viaggio e tornare a Bora Bora solo per prendere lo spirito di Pele e portarla ad Hawaiki, dove verrà venerata per secoli ed ancora ai giorni nostri."

    Una leggenda narra che se una roccia di sabbia nera fosse portata via dalle Hawaii, il ladro verrebbe rincorso dal dio del vulcano, Pelé, fino alla restituzione. Nonostante alcuni la ritengano una leggenda degli antichi hawaiani, gli storici hanno trovato racconti simili solo a partire dalla metà del ventesimo secolo, e si suppone che sia stata inventata dai ranger del parco al fine di tenere i turisti lontano dalle rocce. Nonostante questo il Kīlauea Military Camp (ora centro turistico militare) ha una stanza in cui sono esposte le rocce restituite dalle persone colpite dalla malasorte per averle sottratte.

    POHAKU-KA-LUAHINE - La Pietra del Vecchio



    Quando ero molto giovane, nel mio villaggio nella grande isola di Hawaii, c’era un vecchio di nome Kahuna il quale era solito riunire i bambini per narrare loro le storie e le leggende delle nostre isole. Spesso ci portava in riva all’oceano dove ci mostrava una grande roccia su cui era stata incisa la figura di un uomo su di una tavola da surf e con dei bilancieri in mano.
    “Nei tempi antichi – disse il vecchio Kahuna – cavalcare le onde con una tavola di legno non era uno sport per tutti, ma era riservato ai capi per dimostrare il loro coraggio e la loro destrezza. “Narra una leggenda che Pele, la grande dea del fuoco e dei vulcani la quale era una dea avvenente ma anche capricciosa e vendicativa, un giorno si invaghì del giovane capo di un villaggio di pescatori posto sulla riva dell’oceano. Tuttavia egli, essendo molto devoto alla sua giovane sposa, rifiutò le profferte d’amore della dea. Sentendosi rifiutata, Pele si accese d’ira per l’offesa subita e per vendicarsi radunò tutti i suoi collaboratori, Lonomakua custode dei sacri bastoni del fuoco, Kopohioka lo spirito delle esplosioni di lava e Kehakepo lo spirito della pioggia di fuoco, ed ordinò loro di scatenare i vulcani ed incenerire con la lava il giovane capo."
    “ Egli – continuò il vecchio Kahuna – per salvarsi si gettò in mare e per sfuggire alla lava incandescente che avanzava salì su una tavola di legno con cui cavalcò le onde dell’oceano in modo da mettersi in salvo dall’ira della divinità.”
    “Da allora in poi ogni volta che la dea Pele è adirata si ricorda dello smacco subito e dal grande vulcano Mauna Loa fa scendere ancora fiumi di lava incandescente che però vengono fermati dalle onde del mare”.
    Ancora oggi quella grande roccia con l’antica incisione per tutti noi è “Pohaku-ka-Luhaine”, la Pietra del Vecchio.


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    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 18:04
     
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    Il pericolo non si lascia mai vedere per intero.
    (Johann Wolfgang Goethe)


    IL LAGO NYOS


    Il lago Nyos è un lago di origine vulcanica nella provincia nord-occidentale del Camerun, a circa 315 km a nord-ovest di Yaoundé. E’ un bacino profondo con una superficie di 1,5 chilometri quadrati, situato a circa 1100 metri di quota, nel cratere di un vulcano quiescente nel massiccio del Monte Oku. Una diga naturale di roccia vulcanica racchiudono le acque del lago.

    Le acque dei laghi sono suddivise in strati, come una torta millefoglie. Lo strato più superficiale, l’epilimnio, è quello che viene scaldato direttamente dal Sole ed è quindi più caldo rispetto a quello più profondo, l’ipolimnio. Tra i due vi si colloca la termoclina, uno strato attraverso il quale si sperimenta una brusca variazione di temperatura: dai 15°C superficiali ai 5-6°C delle profondità. La termoclina, analogamente ad un tappo, limita fortemente i trasferimenti di sostanze tra acque superficiali e acque profonde. Tuttavia, all’avvicinarsi della stagione fredda e alla fine dell’inverno si può verificare un rimescolamento complessivo delle acque del lago: quando l’acqua superficiale raggiunge i 4°C (temperatura alla quale ha la massima densità, “pesa” di più) sprofonda e favorisce la risalita delle acque profonde. Questo è quanto avviene alle nostre latitudini.

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    Nei Paesi equatoriali, come il Cameroun, le stagioni non esistono: fa sempre caldo, pertanto il rimescolamento stagionale non si verifica. Ad eccezione della notte del 21 Agosto 1986. Il lago Nyos è collocato al di sopra di una camera magmatica che rilascia in continuo ingenti quantità di anidride carbonica nelle acque profonde. Il fenomeno si chiama eruzione limnica. Ad oggi il motivo per il quale è avvenuto il rimescolamento, non è ancora del tutto chiaro. Si suppone che, come per un altro lago Camerounense, questo fenomeno sia stato provocato da un’importante frana che ha coinvolto i versanti del lago. Questa ha innescato un movimento delle acque tale da portare quelle profonde in superficie. L’anidride carbonica è più densa dell’aria e una volta emessa ha iniziato a scendere lungo le pendici alla velocità di circa 50 chilometri orari incontrando diversi villaggi di allevatori e uccidendo silenziosamente tutto ciò che incontrava sul suo cammino. Dopo il boato, la terra non tremò. La densa nube inodore, strisciò verso le abitazioni. La nube tossica doveva essere alta oltre 100 metri, perché ha raggiunto anche il bestiame sull'altro versante del vulcano. Il lago cambiò colore in un rosso ruggine.

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    Indagini scientifiche permisero di risalire alle cause del fenomeno: le acque del lago Nyos, profondo ben duecento metri, sono interessate da meromissi e trattengono un'enorme quantità di CO2 in soluzione; lo strato superficiale del lago, profondo circa cinquanta metri e alimentato soprattutto dalle acque piovane e dai fiumi, non ha scambi con lo strato più basso del lago che al contrario del primo presenta un'importante anomalia: è alimentato da una sorgente di carbonato di sodio che contribuisce a saturare l'acqua di anidride carbonica. Nel punto di maggiore profondità del lago per ogni litro di acqua sono disciolti fino a dieci litri di anidride, l'eruzione dell'86 liberò nell'aria ottanta milioni di metri cubi di gas. Le popolazioni indigene consideravano il lago un luogo abitato da spiriti assassini, e nessuna delle vittime era originaria della zona.
    Per evitare che una situazione simile si ripresenti, dal 2001, è stato attivato un programma di degasamento. Alcuni scienziati hanno immerso nel lago un condotto di circa 200 metri mediante il quale il biossido di carbonio riesce a uscire provocando un getto d’acqua che sale fino a 55 metri d’altezza. Il condotto rappresenta una sorta di valvola di sfogo che riesce a portare fuori dall’acqua circa 20 milioni di metri cubi di gas, tuttavia questo sforzo non basta. Per rendere il Lago Nyos del tutto innocuo sono stati progettati altri condotti.

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    Edited by gheagabry1 - 15/1/2023, 18:14
     
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    L’eruzione del Popocatépetl
    Ha prodotto una grande nube di fumo e cenere poco distante da Città del Messico, causando la cancellazione di decine di voli per precauzione



    Tra giovedì 4 e venerdì 5 luglio, diverse compagnie aeree statunitensi hanno cancellato decine di voli diretti verso Città del Messico, in Messico, a causa della nuova eruzione del vulcano Popocatépetl. Al di sopra del cratere si è formata una colonna di fumo e ceneri molto densa, che si è poi diffusa lungo un’ampia porzione di cielo. Le compagnie aeree temono che la presenza di fumo e ceneri sulle rotte dei loro aerei possa causare problemi tecnici, e per questo motivo hanno cancellato i voli. Solo giovedì le società statunitensi Delta e American Airlines hanno rinunciato a far partire una quarantina di aerei diretti verso Città del Messico.

    Il Popocatépetl è un vulcano alto 5.452 metri e si trova nella regione di Puebla, a 70 chilometri sud-est di Città del Messico. Il suo nome in lingua nahuatl (azteco) significa letteralmente “montagna che emette vapore”. In prossimità del cratere, il vulcano ha un ampio ghiacciaio. È del resto il secondo vulcano più alto del Messico, ed è uno dei più attivi del paese. È in attività da secoli e già nel XIV secolo furono registrate almeno 18 sue distinte eruzioni.