SCRIVERE.....LEGGERE.....

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  1. gheagabry
     
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    scatto di i Raffaele Boni, juzaphoto

    Noi siamo abituati a dare a parole come “silenzio” e “solitudine” un significato di malinconia, negativo. Nel caso della lettura non è così, al contrario quel silenzio e quella solitudine segnano la condizione orgogliosa dell’essere umano solo con i suoi pensieri, capace di dimenticare per qualche ora “ogni affanno”. (Corrado Augias)

     
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  2. gheagabry
     
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    Il tempo per leggere è sempre tempo rubato.
    (Come il tempo per scrivere, d'altronde, o il tempo per amare.)
    Rubato a cosa? Diciamo, al dovere di vivere.
    (Daniel Pennac, Come un romanzo, 1992)





    LEGGERE E' AMARE


    (Marta Kiss, pittrice ungherese)

    [..]Mi capitò tra le mani un libretto di Giuseppe Pontiggia — Leggere (Lucini editore) — illuminante, come lo sono del resto i testi dell’indimenticato Peppo. L’autore raccontava di aver partecipato a un convegno dal titolo «Il tempo e il libro», scoprendo soltanto all’ultimo di essersi preparato, vittima delle assonanze e della distrazione, su un altro tema: «Il tempo libero». Non così distante, però. L’etimologia non giustificava la sovrapposizione fra «libro» e «libero», ma la convergenza era irresistibile, mediata da una terza parola: «tempo». Pontiggia non buttò via la sua relazione. La adattò insistendo sul legame indissolubile fra libro e libertà, citando Seneca che, nelle Lettere a Lucilio, parla del tempo come dell’unico bene che ci appartiene veramente. E il tempo che dedichiamo alla lettura è forse, nello spazio di una giornata, lo squarcio di libertà di cui siamo unici titolari. Non lo condividiamo con nessuno, ma lo facciamo idealmente insieme agli altri, come accadeva nell’antica Grecia, quando un testo veniva letto ad alta voce. «Dobbiamo difendere — scriveva Pontiggia — la lettura come esperienza che non coltiva l’ideale della rapidità, ma della ricchezza, della profondità, della durata. Una lettura concentrata, amante degli indugi, dei ritorni su di sé, aperta più che alle scorciatoie, ai cambiamenti di andatura che assecondano i ritmi alterni della mente». Sono parole straordinarie che descrivono, meglio di tante altre, la bellezza del leggere, l’attività umana più inebriante e ricca. Forse la più sedentaria, ma quella nella quale la mente corre con il coraggio di un eroe mitologico o la temerarietà di Baumgartner che supera il muro del suono in caduta libera. La lettura richiede impegno, sacrificio, costanza, ma non va vissuta come una costrizione o un obbligo. Se un testo non piace lo si può abbandonare senza colpa. Non salva nessuno, non redime nessuno, ma ci dà l’emozione di viaggiare nel tempo, di essere contemporaneamente in più luoghi. Ammette le distrazioni, la poligamia letteraria. Perdona i tradimenti quando abbiamo voglia di passare da un autore all’altro o da un genere all’altro per riposarci, ritemprarci, divertirci. Ma soprattutto ci fa uscire dall’anonimato e dalla massa, dai recinti dei nuovi reclusi, dalle solitudini di un mondo interconnesso, ma composto da molecole che non comunicano tra loro. Non importa il mezzo, il libro o il giornale di carta, il web o l’e-reader. Conta lo spirito. Contiamo noi, come individui e le collettività che rappresentiamo. La lettura misura il nostro grado di civiltà. Nel discorso preliminare all’Enciclopedia, d’Alembert scriveva che «le idee che si acquistano con la lettura (…) sono il germe di quasi tutte le scoperte, è come aria viva che si respira senza accorgersene, e che è necessaria per la vita». E il ragazzo del Banco vuoto non potrà che convenirne.

    In un simpatico volumetto dal titolo Libroterapia (Salani), più adatto a un prontuario farmaceutico che a un catalogo editoriale, Miro Silvera spiega conmaestria come la lettura possa curare l’anima. In una delle tante immagini, c’è un Tiziano Terzani, rigorosamente vestito di bianco, intento a leggere nel salotto della sua casa, presumo a Orsigna, in Toscana. Terzani aveva bisogno di silenzio per leggere, faticava a trovare la concentrazione. Gli ambienti affollati lo disturbavano. Ricordo un colloquio con lui in un locale milanese che aveva prenotato lasciandosi ingannare dall’insegna orientale, salvo poi scoprire con disappunto che tutto era falso, a cominciare dal tè. Vero, maledettamente vero solo il brusio, il rumore scomposto degli avventori. «Come potrai mai concentrarti o leggere in un simile caos?», mi chiese. «Ci riesco benissimo, sono abituato». «Io proprio no». Il Terzani terapeutico, ricordato da Silvera, è quello di Un altro giro di giostra (Longanesi), in cui parla della malattia e della bellezza senza tempo della lettura solitaria nel suo eremo, dal quale comunicava con il mondo attraverso il nickname Nemo Nessuni. Il medico migliore è dentro di noi, forse non farà guarire il tuo fisico, ma libererà la tua mente, dandoti la sottile ebbrezza dell’immortalità. Tiziano mi regalò un piccolo fossile che mi è stato purtroppo rubato. Disse: «Lo devi stringere nel tuo pugno e pensare che non vi sia alcuna differenza fra te e lui». Al ladro non ho potuto trasmettere le istruzioni di Tiziano.

    La lettura può far bene. Giusto. E anche molto male. Una medicina sbagliata o in dosi errate uccide il paziente. La lettura senza selezione e prudenza, tipica dello sfoglio disordinato e bulimico della Rete, può generare false credenze, alimentare miti pericolosi, cementare gli odii peggiori. Si dirà che accade anche con i libri. È vero e a lungo si è discusso se fosse giusto o no pubblicare tutto, anche il Mein Kampf di Hitler o i falsi Protocolli dei Savi anziani di Sion. Nell’era della multimedialità e del facile accesso a testi di consultazione aperta, il problema non si pone: tutto circola, in un modo o nell’altro. Resta il tema della libertà consapevole del lettore chemai deve essere ridotto a un automa dalla facile e acritica indigestione di testi, falsi e semilavorati di impronta violenta, razzista e antisemita. La Rete ne è ingombra. Il rischio non solo esiste, è addirittura ingigantito. Il lettore può essere affascinato e traviato dai libri, come madame Bovary, ossessionato e rapito come don Chisciotte: è un’osservazione che fa Corrado Augias nel suo Leggere (Mondadori). Il lettore ha i suoi amori, le sue preferenze e le sue manie. Ma resta intimamente se stesso. Quando viene posseduto da testi con verità manipolate, falsi clamorosi, intrisi di violenza e odii, è prigioniero obnubilato. Un recluso della peggiore letteratura o della meno consigliabile saggistica. Un alieno che ha perduto senso della realtà e spirito critico.

    «Sappiate scrivere, non leggere, non importa», diceva con aria provocatoria Andrea Zanzotto. Di fatto, siamo un popolo di scrittori mancati, di poeti misconosciuti e di grafomani impenitenti. Ma l’aspirazione a essere grandi lettori è meno diffusa. Nessuno si è mai presentato dame dicendo: «Sono un lettore professionale, non scrivo perché ho ancora tanto da leggere». No, accade il contrario. Tutti hanno un manoscritto, o meglio una chiavetta Usb, con il romanzo della loro vita. La lettura è spesso distratta, superficiale. Nell’era dei social network si ha la presunzione di capire un testo con uno sguardo al titolo, con un veloce scrollare della pagina elettronica, con un ricorso sempre più affannoso ai riassunti modesti e incompleti che un browser incolto ci propone in pochi secondi, in base a una selezione opinabile dai criteri sconosciuti. Ne siamo vittime tutti. Poco consapevoli dei rischi. Il linguista Federico Roncoroni propone invece questo adagio: «Legere necesse est, scribere non est necesse». Non è necessario scrivere, è necessario leggere. E farlo bene. Una buona lettura insegna a dar forma adeguata alle proprie idee, «a organizzare i pensieri in modo logico e consequenziale — dice Roncoroni — sia nella fase dell’elaborazione mentale sia in quella dell’esposizione orale e scritta, abitua a evitare salti concettuali e ridondanze, predispone a usare una lingua corretta, nell’ortografia, nelle concordanze morfologiche e nelle strutture sintattiche, e lessicalmente ricca e variata, scritta nel giusto registro — familiare, colloquiale, formale — a seconda di ciò che si vuole comunicare e a chi lo si vuol dire».

    Una bella e dimenticata «Pubblicità progresso» di qualche anno fa, con il nobile intento di promuovere la parola scritta — e non in alternativa all’uso massiccio delle immagini —, mostrava due amici che si rivedevano dopo tanto tempo in una stazione ferroviaria. Abbracci, lacrime e parole spezzate, incomplete. Una grande emozione non trasmessa con le parole e soffocata dagli imbarazzi. Il silenzio è eloquente, ma la conversazione lo è di più. Purché si conoscano più di due parole in croce per trasmettere emozioni e sentimenti. Borges sosteneva che noi non siamo ciò che scriviamo, ma ciò che leggiamo. E la lettura non solo fa bene alla mente e allo spirito, rafforza le identità culturali e civili, protegge dalle sordità contemporanee e incoraggia la virtù dell’ascolto, ma assolve alla tutela di un tesoro nazionale del quale non abbiamo consapevolezza. Ci indigniamo e mobilitiamo (non come dovremmo) per gli sfregi costanti al patrimonio artistico e culturale del Paese, ma assistiamo con colpevole rassegnazione al degrado della nostra lingua, gettata, a volte con disprezzo, nella discarica della storia. «I libri e i giornali — dice ancora Roncoroni — possono arginare il tracollo dell’italiano, salvare per esempio il congiuntivo dall’invadenza dell’indicativo, rivalutare la funzione dei sinonimi per garantire la varietà e la precisione lessicale e almeno rallentare l’ingresso a valanga di inutili parole straniere». Di tutto questo siamo responsabili anche noi. Ma qualche ravvedimento operoso ci va almeno riconosciuto.

    Ferruccio de Bortoli





    lettura, corriere.it
     
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  3. gheagabry
     
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    Il verbo leggere non sopporta l'imperativo,
    avversione che condivide con alcuni altri verbi:
    il verbo "amare"... il verbo "sognare"...

    Daniel Pennac

     
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  4. gheagabry
     
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    Se vogliamo conoscere il senso dell'esistenza,
    dobbiamo aprire un libro:
    là in fondo, nell'angolo più oscuro del capitolo,
    c'è una frase scritta apposta per noi.

    Pietro Citati

     
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  5. gheagabry
     
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    Sono versi e colori a farsi largo dentro di lui, prima in forme vaghe, fluttuanti, poi sempre più nitide e intense….È come se i sensi, d’improvviso, ritrovassero meccanismi dimenticati, riconoscessero nelle pietre e negli alberi compagni di viaggio dispersi, e tornassero quasi d’incanto a una dimensione di selvatichezza e di forza…Una nuova iniziazione, scandita da ombre in movimento, da suoni di animali nascosti, dal respiro della terra su cui rotolano sfere di memoria…Esce all’alba il poeta, e si ristora col profumo aspretto del sambuco prima di cavalcare la vita di ogni giorno, di muoversi nella folla disossata, di parlare a figure sottese, i volti prigionieri di messaggi radiocomandati..Ma il suo bosco lo avvolge e gli parla, arrivano carezze, arrivano parole, la sera, a intessere danze d’altri mondi davanti al foglio bianco.

    (Gaetano Blaiotta )

     
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  6. gheagabry
     
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    “Padre,” disse il mattino del suo compleanno, in riva al fiume argentato, “voglio diventare poeta.”....”La poesia non è un mestiere. E’ un passatempo. Le poesie sono acqua che scorre. Come questo fiume.”… “E’ esattamente quello che voglio fare. Imparare a guardare il tempo che scorre.” […] “Cos’è la poesia?” domandò il monaco… “E’ un mistero ineffabile” rispose Yuko… Un mattino, il rumore della brocca d’acqua che si spacca fa germogliare nella testa una goccia di poesia, risveglia l’animo e gli conferisce la sua bellezza. E’ il momento di viaggiare senza muoversi. E’ il momento di diventare poeti… Un mattino, ci si sveglia. E’ il momento di ritirarsi dal mondo, per sbalordirsene… Un mattino, si prende il tempo per guardarsi vivere.


    - Maxence Fermine da “Neve” -

    (Gabry)

     
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  7. ZIALAILA
     
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    kite



    Leggere : scoprire mondi sconosciuti vicini e lontani .....cristallizare sogni e fantasie di ogni eta' ........... nutrire ,rafforzare sentimenti taciuti ................avvicinare alla Vita

     
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  8. gheagabry
     
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    Fra i diversi strumenti dell’uomo il più stupefacente è senza dubbio il libro. Gli altri sono estensioni del suo corpo. Il microscopio, il telescopio, sono estensioni della sua vista; il telefono è l’estensione della voce; poi ci sono l’aratro, la falce e il martello, estensioni del suo braccio. Ma il libro è un’altra cosa: il libro è l’estensione della memoria e dell’immaginazione.

    Jorge Luis Borges

     
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  9. gheagabry
     
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    painting Maurizio marini


    Magiche, immortali, infinite e profonde .. sopravvivono al corpo,
    loro sono la nostra storia, il nostro presente e il nostro futuro.
    Sono le nostre favole, i nostri sogni.
    Sono l'immenso, l'infinito e l'onnipotente...
    sono state, sono e sempre saranno.
    Le parole..

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  10. gheagabry
     
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    ill. Oldřich Jelen


    I libri sono piccoli diamanti sparsi nel cosmo del tempo..
    sono la testimonianza di vite passate.che altrimenti avremmo perduto ..
    Leggiamoli, non lasciamoli ammuffire ...
    I libri sono vivi perchè continuano a parlare da millenni....
    e parlano di noi!.... I libri..sono le nostre oasi di libertà!

     
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  11. gheagabry
     
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    «Non è strano come un libro diventi più spesso
    se viene letto e riletto di continuo?»
    aveva osservato Mo un giorno.
    «Come se ogni volta, fra le pagine,
    rimanesse attaccato qualcosa:
    sensazioni, pensieri, rumori, odori…
    E quando a distanza di anni li riapri,
    ritrovi te stesso, un po’ più giovane, un po’ diverso,
    quasi il libro ti avesse conservato
    come un fiore fatto seccare fra le pagine…
    un po’ estraneo e un po’ familiare».


    (da Cuore d’inchiostro, Cornelia Funke)

     
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  12. gheagabry
     
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    “L’emozione della carta: anche oggi è poesia…Una candela consumata, una camera in penombra, il rumore della penna che sfiora il foglio, le mani macchiate d'inchiostro e parole dolci nella testa. Queste erano le condizioni, un secolo fa, nel momento in cui un innamorato scriveva del suo amore… Oggi basta un semplice movimento dei pollici… e il gioco è fatto..L'sms è semplice ed immediato, comodo tanto quanto superficiale. Un tempo l'amore era desiderio e attesa, parole segrete e sguardi rubati… Ogni ragazza spera che un giorno, anche per lei, qualcuno proverà lo stesso amore profondo spingendolo a scrivere parole immortali, sognamo di conoscere il nostro Romeo o di essere la Beatrice di qualcuno. Poi suona il telefono, un messaggio: " TVB " ... il sogno finisce…Oggi i sentimenti sono compressi in abbreviazioni e acronimi, come se esistesse un’ abbreviazione dell'amore o come se un sentimento così grande potesse essere ridotto ad un freddo acronimo… scrivere su carta è un’emozione completamente differente. Il rumore leggero della penna sul foglio diventa quasi palpabile, la scrittura stessa si fa rivelatrice di stati d'animo e spia di una mano tremante, per amore o timidezza. Il destinatario sente le emozioni in modo più concreto e tangibile, a volte, accennando un sorriso o una lacrima…affidarsi ad un foglio bianco, riempiendolo di parole venute dal cuore ed esprimendo se stessi ad un'altra persona. Conservare ancora le lettere di un primo amore, ingenue e semplici ma eterne. Piegate e riposte in un cassetto, non corrono il rischio di essere eliminate da un tasto schiacciato per errore…..”
    (riflessioni dal web)

    ill Alice Ratterree

     
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  13. gheagabry
     
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    "Entrai nella libreria e aspirai quel profumo di carta e magia
    che inspiegabilmente a nessuno era ancora venuto in mente di imbottigliare."
    (Carlos Ruiz Zafón)

     
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  14. gheagabry
     
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    ill Shawn Fields


    "Prima che entrassero nelle rispettive abitazioni, Rudy si fermò un attimo e disse: "Arrivederci, Saumensch". Rise. "Buona notte, ladra di libri". Fu la prima volta che Liesel ricevette quel titolo, e non poté nascondere che le piaceva molto. Come ben sapevano entrambi, aveva già rubato libri in precedenza, ma nel tardo ottobre del 1941 la cosa divenne ufficiale. Quella sera Liesel Meminger diventò sul serio una ladra di libri. "

    Storia di una ladra di libri di Zusak Markus

     
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  15. gheagabry
     
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    Eric Roux-Fontaine


    "Cerco nei libri la lettera, anche solo la frase che è stata scritta per me e che perciò sottolineo, ricopio, estraggo e porto via. Non mi basta che il libro sia avvincente, celebrato, né che sia un classico: se non sono anch’io un pezzo dell’idiota di Dostoevskij, la mia lettura è vana. Perché il libro, anche il sacro, appartiene a chi lo legge e non per il diritto ottenuto con l’acquisto. Perché ogni lettore pretende che in un rotolo di libro ci sia qualcosa scritto su di lui."
    (Erri De Luca, Alzaia)

     
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34 replies since 22/5/2011, 01:10   2406 views
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