IL GIORNALE DELL'ISOLA FELICE ... ANNO 2° DICIANNOVESIMO NUMERO ...

Martedì 10 Maggio 2011

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  1. lella06
     
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    CIAOOOOOOOOO LUSSYYYYYYYY :1289647678.gif: SIAMO QUASI UGUALI :36_1_12.gif:
    MA....POSSONO VENIRE LE SCIMMIE NEL PAESE DELLE FATE? :www.emoticonmsn.net-risata22.gi :www.emoticonmsn.net-risata22.gi

    COMUNQUE SEMPRE.... :6b8vuv9.gif: :6b8vuv9.gif: :6b8vuv9.gif:
     
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  2. giuvi43
     
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    CITAZIONE (Lussy60 @ 10/5/2011, 23:09) 
    CITAZIONE (lella06 @ 10/5/2011, 23:05) 
    Buona serata a tutti


    ciao..lellaaaaaaaaaaa...lo sapevo che.ti incontravo..nel paese delle fate... :emoticons-al-lavoro-06.gif: ...ci somigliamo io e te vero?..

    (IMG:www.trovavetrine.it/loghi/fate-ignoranti.jpg)



    CITAZIONE (giuvi43 @ 10/5/2011, 23:08) 
    Lella non dovrebbe tardare molto, Lussy....sarà dispiaciuta per il Milan...pazienza!



    ah...vedo che è arrivata!

    ahahaha.giuliano... :4qxek2b.gif: .dispiaciutissima....ahahaha :BUNG22.gif:
    .mi sa che.ti conviene..venire nel paese delle fate se.vuoi incontrare lella ..ahahaha

    paese delle fate, Lussy? ho letto un pò la tag prima....in queste paese fatato ogni tanto entrano delle streghe....

    ...e degli stregoni
     
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    sai..giuliano..hai ragione... :36_1_12.gif: .le streghe sono dietro l'angolo..ma..noi..siamo forti..guai..a chi..viene solo per rompere la nostra armonia..siamo..bravi..ma nello stesso tempo..ottimi lottatori...
    l'isola felice non si tocca.e' un pezzo del nostro cuore..........vero?...

    ahaha.lella..noi fate facciamo le magie..e..gli scipanze'..li trasformiamo in principi..guarda...

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    ora vado..ci sentiamo domani...sogni doro..e buona serata...vi voglio bene... :2010081110324520100722111500201
     
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  4. lella06
     
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    AHHHHHHH...MENO MALE LUSSY.....GLI SCIMPANZè NON SONO MOLTO CARINI...MEGLIO I PRINCIPI.....AHAHAHAH....SOGNI D'ORO A TE...A DOMANI...TI VOGLIAMO BENE ANCHE NOI....SMACKKKKKKKKKKK
     
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  6. aux
     
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    Fiabe di Oscar Wilde: L'usignolo e la rosa


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    Ha detto che ballerà con me se le porterò delle rose rosse – si lamentava il giovane Studente – ma in tutto il mio giardino non c’è una sola rosa rossa.
    Dal suo nido nella quercia lo ascoltò l’Usignolo, e guardò attraverso le foglie, e si meravigliò:
    - Non ho una rosa rossa in tutto il mio giardino! – si lamentava lo Studente, e i suoi begli occhi erano pieni di lacrime.
    - Ah, da qual sciocchezze dipende la felicità! Ho letto gli scritti di tutti i sapienti, conosco tutti i segreti della filosofia, ciononostante la mancanza di una rosa rossa sconvolge la mia vita!
    - Ecco finalmente un vero innamorato – disse l’Usignolo. – Notte dopo notte ho cantato di lui, nonostante non lo conoscessi: notte dopo notte ho favoleggiato la sua storia alle stelle, e ora lo vedo. I suoi capelli sono scuri come il bulbo del giacinto, e le sue labbra sono rosse come la rosa che bramerebbe avere; ma la sofferenza ha reso il suo volto simile a pallido avorio e il dolore gli ha impresso il suo sigillo sulla fronte.
    - Il Principe dà un ballo domani sera – mormorò il giovane Studente – e la mia amata vi andrà. Se le porterò una rosa rossa ballerà con me fino all’alba. Se le porterò una rosa rossa la terrò fra le mie braccia ed ella piegherà il capo sulla mia spalla, e la mia mano stringerà la sua. Ma non c’è una rosa rossa in tutto il mio giardino, e così io siederò solo, ed ella passerà dinnanzi a me senza fermarsi. Non avrà nessuna cura di me e il mio cuore si farà a pezzi.
    - Ecco, dunque, un vero innamorato! – disse l‘Usignolo. – Ciò che io canto, egli lo patisce, ciò che per me è gioia, per lui è pena. Davvero l’Amore è una cosa straordinaria. È più prezioso degli smeraldi e degli splendidi opali. Perle e granati non possono comperarlo, e non è in vendita sulla piazza del mercato. Non possono comprarlo i mercanti, né pesarlo le bilance dell’oro.
    - L'orchestra siederà sul palco - disse il giovane Studente - e suonerà, e il mio amore ballerà al ritmo dell'arpa e del violino. Danzerà con leggerezza, senza nemmeno toccare il pavimento, e i cortigiani si affolleranno nei loro vestiti variopinti attorno a lei. Ma con me non ballerà: non ho una rosa rossa da donarle.
    Detto questo, si gettò sull'erba e si coprì il volto con le mani, e pianse.
    - Perché piange? – chiese la Farfalla, che piroettava qua e là inseguendo un raggio di sole.
    - Già, perché? – sussurrò una Pratolina al suo vicino, con voce sommessa e tenera.
    - Piange per una rosa rossa – disse l’Usignolo.
    - Per una rosa rossa! – esclamarono quelli. – Che ridicolaggine! – e il Ramarro, che era un po’ sprezzante, rise di gusto.
    Ma l’Usignolo comprendeva il segreto dolore dello Studente, e restava taciturno sulla quercia, a riflettere sul mistero dell’Amore. D’improvviso distese le sue brune ali e volò, si librò nell’aria. Passò attraverso il boschetto come un’ombra, e come un’ombra svolazzò sul giardino. Al centro dell’aiuola erbosa s’ergeva un bellissimo Rosaio, e non appena l’Usignolo lo vide, volò sopra di lui e si posò su un ramo.
    - Dammi una rosa rossa – supplicò – e ti canterò la mia canzone più dolce.
    Ma il Rosaio scosse il capo.
    - Le mie rose sono bianche – ribatté – bianche come vuole la schiuma del mare, e più bianche della neve sulla montagna. Ma va da mio fratello che cresce accanto all’antica meridiana, e forse ti darà quel che desideri.
    Allora l’Usignolo volò sul Rosario che germogliava accanto all’antica meridiana.
    - Dammi una rosa rossa – supplicò – e ti canterò la mia canzone più dolce.
    Ma il Rosario scosse il capo.
    - Le mie rose sono gialle – affermò - gialle come i capelli della sirena che siede sopra un trono d’ambra, e più gialle del narciso che sboccia nel prato prima che il mietitore giunga con la sua falce. Ma va da mio fratello che germoglia sotto la finestra delle Studente, e forse ti darà quel che desideri.
    Allora l’Usignolo volò sul Rosaio che cresceva sotto la finestra dello Studente.
    - Dammi una rosa rossa – supplicò – e ti canterò la mia canzone più dolce.
    Ma il Rosario scosse il capo.
    - Le mie rose sono rosse – rispose – rosse come i piedi della colomba, e più rosse dei grandi ventagli di corallo che oscillano nelle grotte degli oceani. Ma l’inverno ha ghiacciato le mie vene e il gelo ha dilaniato i miei boccioli, e l’uragano ha spezzato i miei rami, e non avrò più rose quest’anno.
    - Una sola rosa rossa è tutto ciò che ti chiedo! – urlò l’Usignolo. – Non c’è proprio nessun sistema per averla?
    - Un modo c’è – rispose il Rosario – ma è così terribile che non oso parlartene.
    - Dimmelo – implorò l’Usignolo – io non ho paura.
    - Se vuoi una rosa rossa – disse il Rosaio – sei costretto a formarla con la musica al lume della Luna, e a colorarla col sangue del tuo cuore. Devi cantare per me col petto squarciato da una spina. Tutta la notte devi cantare per me, e la spina deve trafiggere il tuo cuore, e il tuo sangue vivo deve scendere nelle mie vene e diventare mio.
    - La morte è un prezzo alto da pagare per una rosa rossa – si dolse l’Usignolo – e la vita è così cara a tutti. È dolce tardare nel bosco verde, e ammirare il Sole nel cocchio d’oro, e la Luna nel suo cocchio d’argento. Dolce è il profumo della vitalba, e dolci le campanule azzurre che si celano nella valle, e l’erica che fiorisce sul colle. Ma l’Amore è più prezioso della Vita, e cos’è mai il cuore di un uccellino equiparato al cuore di un uomo?
    Così piegò le ali brune nel volo e si librò nell’aria. Passò il giardino sfiorandolo come un'ombra e come un'ombra volò dentro il folto del boschetto. Lo Studente stava ancora disteso sull'erba, come lo aveva lasciato, e le lacrime non si erano ancora asciugate nei suoi splendidi occhi.
    - Sii felice – gli disse l’Usignolo. – Sii felice! Avrai la tua rosa rossa! Te la costruirò con il mio canto alla luce della Luna e la colorerò con il sangue del mio cuore. Tutto quello che ti chiedo in cambio è che tu sia un vero innamorato, perché l'Amore è più saggio della filosofia, per quanto saggia essa sia, e più autorevole del potere, per quanto potente esso sia. Le sue ali sono colore di fiamma e colore di fiamma è il suo corpo. Le sue labbra sono dolci come il miele, e simile all'incenso è il suo alito.
    Lo Studente alzò la testa dall'erba per ascoltare, ma non poté capire quello che l'Usignolo gli stava dicendo, dato che conosceva solo le cose che sono scritte nei libri.
    Ma la Quercia comprese, e si addolorò, poiché voleva bene al piccolo Usignolo che si era costruito il nido tra i suoi rami.
    - Cantami un'ultima canzone - gli sussurrò. - Mi sentirò molto triste quando te ne sarai andato.
    Così l’Usignolo cantò per la Quercia, e sua la voce era come l’acqua che si sparge gorgogliante da un’anfora d’argento. Finita che fu la canzone, lo Studente s’alzò, e trasse di tasca un taccuino e una matita.
    - Questa creatura ha stile – disse a se stesso – è un fatto che non si può contestare, ma avrà inoltre sentimenti? Ho timore di no. In verità, è come la maggior parte degli artisti, tutta forma, nessuna lealtà. Non si offrirebbe in sacrificio per gli altri. Pensa solamente alla musica, e tutti sanno che l’arte è egoista. Bisogna in ogni modo ammettere che ha note incantevoli nella sua voce. Peccato che non significano nulla, e non abbiamo alcun’utilità pratica. E andò in camera, e si stese sul suo piccolo letto, e cominciò nuovamente a pensare alla sua amata, e dopo un po’ di tempo, s’addormentò. E quando la Luna spiccò nei cieli l’Usignolo volò dal Rosaio, e pose il suo petto contro la spina. Tutta la notte cantò col petto contro la spina, e la fredda Luna di cristallo si chinò ad udirlo. Tutta la notte cantò, e la spina si spingeva sempre più profonda nel suo petto, e il suo sangue vitale fluiva da lui. Prima cantò dell’amore che germoglia nel cuore di un fanciullo e di una fanciulla. E sul ramo più alto del Rosaio fiorì una rosa magnifica, petalo dopo petalo come nota dopo nota. Pallida era in un primo momento, come la nebbia sospesa sul fiume, pallida come le orme del mattino, e argentea come le ali dell’alba. Come l’ombra di una rosa in uno specchio rosa che fioriva sul ramo più alto del Rosaio. Ma il Rosaio urlava all’Usignolo di premere più forte sulla spina.
    - Premi più forte, piccolo Usignolo – urlava il Rosario – o il Giorno spunterà prima che la rosa sia completata.
    Così l’Usignolo premette più forte sulla spina, e più forte si fece il suo canto, essere che cantava il venire al mondo della passione nell’anima di un uomo e di una donna. Una tenue striatura rosea si sparse nei petali del fiore, simile al rossore che si spande sul volto dello sposo quando bacia le labbra della sposa. Ma la spina non era giunta al cuore dell’uccellino, e il cuore della rosa restava bianco, perché solo il sangue del cuore di un Usignolo può invermigliare il cuore di una rosa. E il Rosario urlava all’Usignolo di premere più forte sulla spina.
    - Premi più forte, piccolo Usignolo, o il giorno spunterà prima che la rosa sia completata.
    Così l’Usignolo premette più forte sulla spina, e la spina gli toccò il cuore, e un violento spasimo di dolore lo trafisse. Più e più penoso era il dolore, e più e più selvaggio si faceva il canto, poiché ora cantava dell’Amore che è reso perfetto dalla Morte, e dell’Amore che non muore nella tomba. E la stupenda rosa diventò vermiglia, come la rosa del cielo d’Oriente. Vermiglia la fascia dei petali intorno alla corolla, e vermiglio come il rubino era il suo cuore. Ma la voce dell’Usignolo si fece più debole, e le sue piccole ali iniziarono a sbattere, e un velo discese sui suoi occhi. Più e più debole si fece il suo canto, e qualcosa lo soffocava in gola come un pianto convulso. Allora proruppe in un ultimo slancio di musica. La bianca Luna lo ascoltò, e dimenticò l’alba, ed esitò nel cielo. La rosa rossa lo udì, e fremette tutta d’estasi, e aprì i suoi petali alla fredda aria del mattino.
    - Guarda! Guarda! – gridò il Rosario – la rosa è perfetta, ora!
    Ma l’Usignolo non rispose, perché stava steso morto nell’erba alta, con la spina nel cuore. A mezzogiorno lo Studente aprì la finestra e guardò fuori.
    - Che sbalorditivo colpo di fortuna! – disse con enfasi. – Una rosa rossa! Non ho mai visto una rosa come questa in tutta la mia vita. È così bella che senza dubbio avrà un lungo nome latino – si sporse, e la colse.
    Poi si mise il cappello, e corse a casa del Professore con la rosa in mano. La figlia del Professore sedeva in veranda, aggomitolando della seta azzurra su un arcolaio, e il suo cagnolino le stava disteso ai piedi.
    - Avevate promesso di ballare con me se vi avessi portato una rosa rossa – urlò lo Studente – ecco la rosa più rossa di tutto il mondo. La porterete stasera sul cuore e mentre danzeremo insieme vi dichiarerò quando vi amo.
    Ma la ragazza corrugò la fronte.
    - Temo che non sia adattata al mio vestito – rispose – e poi, il nipote del Ciambellano mi ha mandato in dono dei gioielli veri, e tutti sanno che i gioielli valgono più dei fiori.
    - In fede mia, siete davvero un’ingrata! – disse lo Studente in un impeto d’ira; e gettò la rosa giù nella strada, ed essa cadde in un rivoletto, e la ruota di un carro vi passò sopra.
    - Ingrata io? – ripetè la ragazza. – Ebbene, voi sapete che cosa siete? Un grande screanzato, in fondo, né più né meno che un semplice Studente. E non credo neppure che abbiate delle fibbie d’argento sulle scarpe come il nipote del Ciambellano.
    E s’alzò dalla sedia ed entrò in casa.
    - Che balordaggine è l’Amore! – disse lo Studente andandosene. – Non è utile neppure la metà della Logica, perché non esprime nulla, promette sempre cose che non si concretizzano e fa credere in cose che non sono vere. In effetti, non è per niente pratico, e siccome nel tempo in cui viviamo la praticità è tutto, tornerò alla Filosofia e studierò la Metafisica.
    Così si chiuse nella sua stanza, prese dallo scaffale un vecchio libro polveroso, e si mise a leggere.



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