I FENICI

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  1. gheagabry
     
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    “La gente dei Fenici ha la grande gloria di avere inventato le lettere dell'alfabeto”.
    Plinio il Vecchio


    I FENICI





    La storia non ci ha tramandato fonti dirette che ci descrivessero il popolo fenicio. Non esistono testi scritti e le uniche informazioni ci vengono tramandate da scrittori, testimoni e storici di altri popoli. Molto probabilmente questo popolo si è formato in seguito a diversi processi e fasi di migrazioni di popoli nell’area che attualmente comprende: Libano, Israele, Siria, Palestina, Giordania ed Egitto.....sulle coste libanesi si presentò il "popolo del mare", risultato di una migrazione nord europea che, conquistata la Grecia, in particolare la civiltà micenea, per mezzo dei Dori, si riversò su Creta, luogo di altra florida cultura, e su Cipro. Da qui ci fu una invasione delle coste libiche, fino a quelle egiziane, dove Ramsete riuscì ad ottenere un vittoria. I popoli del mare, o anche Khreti e Plethi (Cretesi e Dori), si assestarono in Cananea, fondando, alcuni, la Filistea; altri, amalgamandosi con le popolazioni locali, diedero luogo alla civiltà fenicia. Inoltre una parte di questa migrazione dalla Grecia si diresse presso gli Ittiti, sconfiggendoli e da qui in Mesopotamia......Siamo intorno al 1500 a.C., nasce la città di Tiro che diventa più importante di Biblo. In questo periodo i navigatori cananei cominciano ad avere navi più robuste, impiegando il legname ed il cedro libanese, ed a percorrere rotte più lunghe (fino ad allora si viaggiava lungo la costa). Questo cambiamento è dovuto senz’altro ad una contaminazione da parte dei popoli del mare. Israele ingaggerà dure lotte contro la Filistea (basti ricordare l’episodio di Davide e Golia), mentre con i fenici avrà sempre un rapporto pacifico ed improntato su un carattere commerciale.



    Fin dall’antichità il Mediterraneo è stato tramite di scambi commerciali e culturali, crocevia fra Oriente ed Occidente e molti popoli ne hanno solcato le acque permettendo fra le opposte sponde di questa via di comunicazione uno scambio variamente intenso di manufatti, uomini ed idee. Fra i popoli che hanno contribuito, nell’antichità, alla creazione di una koine` («comunanza») culturale mediterranea e alla circolarità di questa cultura è il popolo dei Fenici. Popolo di navigatori e commercianti, i Fenici, fin dal XI sec. a.C. circa, si muovono per il Mediterraneo a fini puramente esplorativi e di commercio, esportando i loro prodotti e servendosi di approdi nei pressi di promontori od isole come scali commerciali e punti di sosta. Questa loro presenza in luoghi diversi ed il continuo contatto sia con la madre patria sia con civiltà progredite, come quella egizia prima e quella greca poi, ha dato loro il ruolo di intermediatori, di unificatori culturali, per cui, se da un lato hanno esportato, dall’altro hanno assorbito molti caratteri dei popoli con cui sono venuti a contatto. È questa la nota saliente di questa civiltà dove interculturalità e tolleranza si fondano e si confondono dando vita ad una comunanza di culture.



    Il nostro termine “Fenici”, che proviene da quello con cui i Greci designavano solitamente questo popolo, deriva forse da una parola egizia, quantunque la spiegazione comune è che si ricolleghi alla parola che in greco significa “rosso”, e che i Greci indicassero il popolo mediante il nome di uno dei loro prodotti più caratteristici, la porpora. Ma il loro nome potrebbe avere avuto origine dal colore della loro pelle resa rossa dal sole. (B.H. Warmington)





    .....nel mediterraneo e oltre.....



    Esperti marinai e straordinari commercianti i Fenici furono fra i primi ad addentrarsi nelle più lontane regioni bagnate dal Mediterraneo, dai mari d’Oriente e dall’Atlantico. La colonizzazione delle regioni che si affacciano sul Mediterraneo sembra risalga, secondo le informazioni fornite dagli autori antichi, alla fine del XII sec. a.C. con le fondazioni di Lixus sulla costa atlantica del Marocco, Cadice sulla costa sud-est della Spagna nel 1110 ed Utica in Tunisia nel 1101 a.C. Le testimonianze archeologiche hanno portato gli studiosi a ritenere l’espansione fenicia verso occidente, almeno nelle fasi iniziali, non come un fenomeno di imperialismo egemonico ma come la creazione per fini commerciali di punti di sosta e di controllo lungo le principali rotte di navigazione. Infatti poiché l’espansione fenicia avveniva tramite la navigazione costiera, i punti di approdo erano scelti in prossimità di promontori ed isolette, zone lagunari o foci di fiumi dove era più facile sbarcare e trovare riparo dal vento e dalle intemperie. Questi non erano dapprima che scali commerciali scarsamente popolati nei quali avveniva o il rifornimento di viveri ed acqua oppure lo scambio di manufatti particolari e merci di vario genere con prodotti del luogo.....Sappiamo che all’inizio del XII secolo a.C. i Fenici avevano oltrepassato lo stretto di Gibilterra e fondato le città di Gades (Cadice) e Utica. Oltre alla penisola iberica però si spinsero verso sud sulla sponda atlantica africana. Ma altri viaggi dei Fenici in cerca di metalli preziosi e di nuovi mercati sono riportati in fonti contemporanee e fra essi è da citare soprattutto quello descritto da Erodoto: verso la fine del VII secolo a.C., infatti, i Fenici seguirono la strada indicata loro dal faraone Necho per circumnavigare l’Africa da Est verso Ovest, attraverso il Mar Rosso.

    I Cartaginesi nel 500 a.C. erano divenuti i padroni indiscussi del Mediterraneo, sostituendosi ai Greci, a seguito della distruzione della città di Tartesso, fondamentale centro commerciale sulla costa spagnola oltre lo Stretto di Gibilterra. Padroni dell’unica via di collegamento con l’Atlantico i Cartaginesi si impadronirono della rotta settentrionale che portava alla Cornovaglia, la terra dello stagno, e fondarono nuove colonie lungo la costa atlantica africana. In questo ambito si pone la grande impresa del capitano cartaginese Imilcone il quale, secondo le testimonianze di Plinio e Avieno, compì una spedizione di quattro mesi lungo le coste atlantiche europee che culminò con l’approdo sulle coste della Bretagna e delle isole Britanniche (570 a.C.).
    Esistevano sicuramente delle mappe fenicie sulle rotte marittime ma erano segrete per ostacolare i concorrenti; anzi per ingannare i loro rivali e mantenere il monopolio dei commerci e della navigazione nell’Atlantico diffusero delle storie sulla difficoltà di navigazione di questo oceano (Platone, Erodoto ed altri greci ritenevano infatti questo mare basso, fangoso ed impaludato da alghe)
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    .....Cartagine.....



    Intorno all’800 a.C. alcuni abitanti di Tiro migrarono in Africa e fondarono Cartagine. Questo episodio è stato tramandato ai posteri attraverso il mito della regina Didone, che conobbe anche Enea, secondo quanto scrisse Virgilio. Questa regina era conosciuta con il nome di Elissa, figlia di Pigmalione, che per diventare re, fece uccidere suo marito. Con Elissa si schierarono diversi patrizi tirii ed essa decide di lasciare la propria patria, portando un tesoro con se e riuscì a fuggire con un tranello. Arrivata a Cipro, trovò delle donne che si unirono all’equipaggio. Poi si diresse verso la costa africana dove fece edificare la città.
    Come in tutte le leggende, anche questa cela una verità. Alcuni cittadini di Tiro, probabilmente rappresentanti di una classe sociale emergente, erano in contrasto con la reggenza ed anche la borghesia locali. Ci fu un tentativo di presa di potere, che venne vanificato, per cui rimase l’esilio. Nel viaggio fu portato oro e preziosi. Gli esuli tirii scelsero la baia di Cartagine, tipico paesaggio fenicio, come luogo di approdo e di fondazione della nuova città: cartagine significa appunto città nuova. Tiro cercò di impedire questo processo, incaricando la città di Utica di distruggere la nuova colonia, ma l’operazione fallì. Da cui iniziò lo sviluppo di questa cultura molto simile a quella di Tiro. Si adoravano le stesse divinità; tuttavia mentre i fenici avevano ridimensionato la loro crudeltà nei sacrifici agli dei, i cartaginesi erano famosi per la loro efferatezza nelle celebrazioni sacre.
    La città era famosa per la sua Byrsa, collinetta con una rocca ove si conservava l’oro della città e che si usava in casi di estremi di difesa. C’era il tofet , il porto (anzi erano due), il mercato affollatissimo. Era una città che commerciava con l’Africa, la Spagna, la Sicilia e la Sardegna. Le sue mura difensive erano possenti ed ogni patrizio aveva un possedimento terriero, che veniva usato anche come luogo di produzione di scorte di emergenza. La città era protetta anche da 200 km di deserto che si stendevano verso l’Egitto.

    Divenne una grande e ricca città, molto influente nel Mediterraneo occidentale, fino a scontrarsi con Siracusa e Roma per l'egemonia sui mari. I Cartaginesi, sotto Annibale, giunsero a mettere in pericolo il dominio romano con la vittoria a Canne, ma uscirono poi debolissimi dalla Seconda guerra punica. Con la sconfitta nella Terza guerra punica, la città fu distrutta dai Romani (146 a.C.), i quali, però, la ricostruirono fino a farne una delle città più importanti dell'Impero romano. Conquistata dai Vandali nel 439, fu la capitale del loro regno fino al 533, quando fu riconquistata da Belisario; in seguito alla conquista omayyade del Nord Africa, Cartagine fu distrutta nel 689.





    ...cavalcare le onde sulla rotta dei Fenici, dei Cartaginesi, dei Romani
    per giungere su una misteriosa e “provocante isola.
    Isola grande come il rispetto che merita
    e fragile come la Farfalla che imita quella farfalla adagiata su di un mare turchino
    fatta di ali bianche “violentate” per secoli dall’uomo.
    Terra che incanta, che affascina, che ispira.
    Terra di arte, di colori, di sapori e profumi inebrianti terra intrisa di storia.
    Katria, Gazirt, Aegusa… chiamala come vuoi, ma impara ad ascoltarla
    perché qui è la voce dell’uomo a guidarti nella ricerca delle tradizioni.
    Amala questa terra di venti insistenti come lo Scirocco
    Forte da far cambiare umore al mare
    Quel mare che il complice sole colora di azzurro
    E che l’amante luna consola e placa.
    - Salvo Di Stefano -





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