KANDINSKJ VASILIJ VASIL'EVIC

pittore russo

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    vasilij vasil'evic kandinskj









    Vasilij Vasil'evič Kandinskij in russo: Василий Васильевич Кандинский[?] (Mosca, 4 dicembre 1866 – Neuilly-sur-Seine, 13 dicembre 1944) è stato un pittore russo, creatore della pittura astratta.





    BIOGRAFIA





    Nel 1871 la sua famiglia si trasferisce a Odessa. Dal 1886 al 1889 studia legge a Mosca. Nel 1892 si laurea, e nello stesso anno si decise a sposare la cugina Anja Čimiakin, che aveva conosciuto come uditrice all'Università di Mosca e con la quale aveva stabilito un rapporto di grande intesa e affinità intellettuale.

    Nel 1896 rifiuta un posto di docente all'Università di Dorpat per studiare Arte presso la Akademie der Bildenden Künste München (Accademia delle belle arti Monaco di Baviera).

    Nello stesso periodo abita nel quartiere di Schwabing, a Monaco dove trova una concentrazione massima di artisti, rivoluzionari russi, musicisti, scrittori e persone creative in generale. Il suo professore all´accademia delle belle arti è Franz von Stuck.

    Nel 1901 fonda il gruppo Phalanx, qui conobbe la sua futura compagna di vita Gabriele Münter che era sua studentessa. L'obiettivo principale del gruppo è di introdurre le avanguardie francesi nell'ambiente artistico tradizionalista di Monaco, a tale scopo apre una scuola in cui tiene lezione. I suoi dipinti dei primi anni del secolo sono paesaggi eseguiti alla spatola, all'inizio ombrosi, e poi di una intensità quasi fulva; dipinge anche temi fantastici derivanti dalla tradizione russa o dal medioevo tedesco; questo periodo è caratterizzato dalla sperimentazione tecnica, in particolare dell'uso della tempera su carta scura, per dare l'illusione di una superficie illuminata da dietro in trasparenza. La consistenza tonale del chiaroscuro evidenzia lo schema, cancellando la distinzione tra le figure e lo sfondo, dando come risultato una composizione quasi astratta.

    Nel 1902 espone per la prima volta con La Secessione di Berlino e realizza le sue prime xilografie. Nel 1903 e 1904 visita l'Italia, l'Olanda, l'Africa e la Russia. Nel 1904 espone nel Salone d'Autunno di Parigi.

    Assieme alla pittrice Gabriele Münter comprerà nel 1908 una casetta a Murnau in Alta Baviera. Questa casa nominata "la casa dei russi" Russenhaus diventerà luogo di incontro di innumerevoli artisti e musicisti di tutto il mondo. Da qui prenderà piede l'arte astratta.

    Nel 1909 viene eletto presidente del Neue Künstlervereinigung München (NKVM). La prima esposizione del gruppo, ha luogo nello stesso anno nella Galleria Heinrich Thannhauser di Monaco. Fino alla fine del decennio, le pitture di Kandinsky denotano una gran tendenza all'appiattimento per l'intensità equivalente delle aree di colore e la superficie rilucente che distrugge ogni illusione di profondità. La serie di quadri di fantini in competizione comincia nel 1909 e in essa la linea dell'orizzonte si va gradualmente sradicando, come del resto ogni altro riferimento spaziale.


    Nel 1910 produce il suo primo acquerello astratto, nel quale due nelle macchie più scure predominano due colori, il rosso azzurro che evidentemente considera relazionati perché si trovano sempre insieme. Il rosso è un colore caldo e tende a espandersi; l'azzurro è freddo e tende a contrarsi. Kandinsky non applica la legge dei contrasti simultanei, ma la verifica; si serve di due colori come di due forze controllabili che possono essere sommate o sottratte e, secondo i casi, cioè secondo gli impulsi che riceve, si avvale di entrambi affinché si limitino o si esaltino a vicenda. Ci sono anche segni lineari, filiformi; sono, in un certo modo, indicazioni di movimenti possibili, sono tratti che suggeriscono la direzione ed il ritmo delle macchie che vagano sulla carta. Danno movimento a tutto l'acquerello (...) (Argan).

    Nella IV Composizione del 1911, le figure sono talmente semplificate, il colore è talmente arbitrario e lo spazio talmente confuso che è impossibile distinguere l'argomento senza riferirsi ai quadri precedenti della serie. Lo spettatore è particolarmente disorientato dal modo in cui usa la linea: tanto come elemento indipendente, quanto come limite per il colore.

    Nel 1911 Kandinsky e Marc si ritirano dal NKVM e pongono le basi del Blaue Reiter, editando un almanacco nel 1912. La prima esposizione ha luogo a dicembre, nella galleria Thannhauser di Monaco. Nello stesso anno pubblica Lo Spirituale nell'Arte.

    Nel 1912 viene pubblicato l'almanacco con le opere di Kandinsky e Marc, ed ha luogo la seconda esposizione del Blaue Reiter nella galleria Hans Goltz.Este. Nello stesso anno si tiene la prima mostra personale di Kandinsky nella galleria Der Sturm di Berlino. I temi preferiti di Kandinsky in questo periodo sono violenti e apocalittici, e traggono origine dalle immagini religiose popolari di Germania e Russia. Prima del 1912 il suo lavoro è già passato per diverse evoluzioni produttive.

    Nel 1913 quando dipinge Linee Nere già non si può più parlare di astrazione a partire da un soggetto; il colore e la linea hanno assunto tanta autonoma espressività da non seguire più un modello prestabilito. Opere come questa sono le prime realmente astratte.

    Il percorso di Kandinsky verso l'astrazione trova giustificazione teorica in Astrazione e Empatia di Wilhelm Worringer, pubblicato nel 1908. Worringer argomenta che l'usuale gerarchia di valori, basata su leggi rinascimentali, non è valida per considerare l'arte di altre culture; molti artisti creano dalla realtà ma con un impulso astratto, cosicché le ultime tendenze dell'arte si trovano in società meno materialiste.

    Kandinsky era anche interessato nella Teosofia, intesa come la verità fondamentale che fa da sottofondo alla dottrina ed ai rituali in tutte le religioni del mondo; il credere in una realtà essenziale nascosta dietro le apparenze, fornisce una naturale razionalità all'arte astratta.

    In La Spiritualità nell'Arte, parla di una nuova epoca di grande spiritualità e del contributo che le dà la pittura. La nuova arte deve basarsi sul linguaggio del colore e Kandinsky dà indicazioni sulle proprietà emozionali di ciascun tono e di ciascun colore, a differenza delle precedenti teorie sul colore, egli non si interessa dello spettro, ma solo della risposta dell'anima


    Nel 1913 una sua opera partecipa al Armory Show di New York e, allo scoppio della Prima guerra mondiale, torna in Russia lasciando per sempre la sua compagna Gabriele Münter che rimarrà a Murnau nella lora casa comune fine alla sua morte, conservando innumerevoli quadri di Kandinsky (la più grande raccolta di quadri di Kandinsky, donati successivamente alla città di Monaco di Baviera e oggi conservati nella Lenbachhaus). Kandinsky rimarrà a Mosca fino al 1921.

    A partire dalla Rivoluzione di ottobre, Kandinsky svolge un lavoro amministrativo per il Commissariato del Popolo per l'Educazione; tra i progetti di questo organismo c'è la fondazione di vari musei e la riforma del sistema scolastico nei riguardi delle Scuole d'Arte.

    Nel 1914 Personale alle Galerie Thannhauser a Monaco e nel « Kreis fur Kunst » a Colonia. Kandinsky esegue quattro grandi murali per la villa di Edwin A. Campbell a New York. Il 1º agosto scoppia la prima guerra mondiale. Il 3 agosto Kandinsky si rifugia in Svizzera con Gabrielle Munter. Compie lunghi soggiorni a Goldach am Bodense, dove Kandinsky lavora a «Punto, linea, superficie». Scrive la composizione per palcoscenico « Sipario viola». Viaggio in novembre senza Gabrielle Munter, verso la Russia, via Zurigo. Soggiorno a Mosca.

    Nel 1915/16 Sosta da dicembre a marzo 1916 a Stoccolma, dove incontra per l'ultima volta Gabriele Munter, in occasione di una mostra alla galleria Gummenson.

    Nel 1917 In febbraio sposa Nina Andreevsky, figlia di un generale, Viaggio di nozze in Finlandia. nello stesso anno nasce il figlio Volodia, che muore nel 1920.

    Nel 1921 Si ritira dall' Istituto per la cultura artistica. Viene incaricato di creare la Sezione psico-fisica della neofondata Accademia delle scienze artistiche, di cui diventa vicedirettore e di cui dirige il laboratorio delle riproduzioni. In dicembre, lascia la Russia assieme alla moglie e si trasferisce a Berlino.

    Tra il 1922 e il 1933 lavora come insegnante presso la Bauhaus, prima a Weimar, e poi, dopo il trasferimento della scuola, a Dessau. Con l'instaurazione della dittatura, accusato di bolscevismo, è costretto ad abbandonare il paese e a trasferirsi in Francia, in un sobborgo di Parigi.

    Nel 1937 a Monaco viene realizzata la celebre mostra sull'Arte Degenerata, con cui Adolf Hitler si propone di condannare le nuove avanguardie artistiche. Nella mostra compaiono circa 50 opere di Kandinskij, poi vendute a basso costo all'asta ad acquirenti stranieri. Nel 1938 partecipa alla mostra «Abstracte Kunst» nello Stedelijk- Museum di Amsterdam. Nello stesso anno pubblica quattro poesie e silografie nella rivista «Transition». Il suo saggio «L'Art Concert» esce sul primo numero del «XXe Siècle». Nel 1942 dipinge la sua ultima grande tela, Tensions dèlicates. In seguito, realizza soltanto opere di piccolo formato su cartone catramato. Personale alla Galerie Jeanne Bucher di Parigi. Muore nel 1944 nell'abitazione di Parigi dove ha vissuto negli ultimi dieci anni della sua vita.










    LA SPIRITUALITA' NELL'ARTE





    Kandinskij nelle sue opere espone le sue teorie sull'uso del colore, intravedendo un nesso strettissimo tra opera d'arte e dimensione spirituale. Il colore può avere due possibili effetti sullo spettatore: un effetto fisico, superficiale e basato su sensazioni momentanee, determinato dalla registrazione da parte della retina di un colore piuttosto che di un altro; un effetto psichico dovuto alla vibrazione spirituale (prodotta dalla forza psichica dell'uomo) attraverso cui il colore raggiunge l'anima. Esso può essere diretto o verificarsi per associazione con gli altri sensi.L'effetto psichico del colore è determinato dalle sue qualità sensibili: il colore ha un odore, un sapore, un suono. Perciò il rosso, ad esempio, risveglia in noi l'emozione del dolore, non per un'associazione di idee (rosso-sangue-dolore), ma per le sue proprie caratteristiche, per il suo "suono interiore". Kandinskij utilizza una metafora musicale per spiegare quest'effetto: il colore è il tasto, l'occhio è il martelletto, l'anima è un pianoforte con molte corde.

    Il colore può essere caldo o freddo, chiaro o scuro. Questi quattro "suoni" principali possono essere combinati tra loro: caldo-chiaro, caldo-scuro, freddo-chiaro, freddo-scuro. Il punto di riferimento per i colori caldi è il giallo, quello dei colori freddi è l'azzurro. Alle polarità caldo-freddo Kandinskij attribuisce un doppio movimento: uno orizzontale ed uno radiante. Il giallo è dotato di un movimento orizzontale che lo fa avanzare verso lo spettatore rispetto al piano in cui è fisicamente, inoltre è dotato di un movimento eccentrico-centrifugo perché si allarga verso l'esterno, abbaglia, respinge. L'azzurro è dotato di un movimento orizzontale che lo fa indietreggiare dallo spettatore ed è dotato di un movimento concentrico-centripeto perché si avvolge su se stesso, esso creando un effetto di immersione attira lo spettatore.

    Kandinskij, sempre in base alla teoria secondo la quale il movimento del colore è una vibrazione che tocca le corde dell'interiorità, descrive i colori in base alle sensazioni e alle emozioni che suscitano nello spettatore, paragonandoli a strumenti musicali. Egli si occupa dei colori primari (giallo, blu, rosso) e poi di colori secondari (arancione, verde, viola), ciascuno dei quali è frutto della mescolanza tra due primari. Analizzerà anche le proprietà di marrone, grigio e arancione.

    Il giallo è dotato di una follia vitale, prorompente, di un'irrazionalità cieca; viene paragonato al suono di una tromba, di una fanfara. Il giallo indica anche eccitazione quindi può essere accostato spesso al rosso ma si differenzia da quest'ultimo


    L'azzurro è il blu che tende ai toni più chiari, è indifferente, distante, come un cielo artistico; è paragonabile al suono di un flauto.

    Il rosso è caldo, vitale, vivace, irrequieto ma diverso dal giallo, perché non ha la sua superficialità. L'energia del rosso è consapevole, può essere canalizzata. Più è chiaro e tendente al giallo, più ha vitalità, energia. Il rosso medio è profondo, il rosso scuro è più meditativo. È paragonato al suono di una tuba.

    L'arancione esprime energia, movimento, e più è vicino alle tonalità del giallo, più è superficiale; è paragonabile al suono di una campana o di un contralto.

    Il verde è assoluta mobilità in una assoluta quiete, fa annoiare, suggerisce opulenza, compiacimento, è una quiete appagata, appena vira verso il giallo acquista energia, giocosità. Con il blu diventa pensieroso, attivo. Ha i toni ampi, caldi, semigravi del violino.

    Il viola, come l'arancione, è instabile ed è molto difficile utilizzarlo nella fascia intermedia tra rosso e blu. È paragonabile al corno inglese, alla zampogna, al fagotto.

    Il blu è il colore del cielo, è profondo; quando è intenso suggerisce quiete, quando tende al nero è fortemente drammatico, quando tende ai toni più chiari le sue qualità sono simili a quelle dell'azzurro, se viene mischiato con il giallo lo rende malto, ed è come se la follia del giallo divenisse "ipocondria". In genere è associato al suono del violoncello.

    Il grigio è l'equivalente del verde, ugualmente statico, indica quiete, ma mentre nel verde è presente, seppur paralizzata, l'energia del giallo che lo fa variare verso tonalità più chiare o più fredde facendogli recuperare vibrazione, nel grigio c'è assoluta mancanza di movimento, che esso volga verso il bianco o verso il nero.

    Il marrone si ottiene mischiando il nero con il rosso, ma essendo l'energia di quest'ultimo fortemente sorvegliata, ne consegue che esso risulti ottuso, duro, poco dinamico.

    Il bianco è dato dalla somma (convenzionale) di tutti i colori dell'iride, ma è un mondo in cui tutti questi colori sono scomparsi, di fatto è un muro di silenzio assoluto, interiormente lo sentiamo come un non-suono. Tuttavia è un silenzio di nascita, ricco di potenzialità; è la pausa tra una battuta e l'altra di un'esecuzione musicale, che prelude ad altri suoni.

    Il nero è mancanza di luce, è un non-colore, è spento come un rogo arso completamente. È un silenzio di morte; è la pausa finale di un'esecuzione musicale, tuttavia a differenza del bianco (in cui il colore che vi è già contenuto è flebile) fa risaltare qualsiasi colore.


    La composizione pittorica è formata dal colore, che nonostante nella nostra mente sia senza limiti, nella realtà assume anche una forma. Colore e forma non possono esistere separatamente nella composizione. L'accostamento tra forma e colore è basato sul rapporto privilegiato tra singole forme e singoli colori. Se un colore viene associato alla sua forma privilegiata gli effetti e le emozioni che scaturiscono dai colori e dalla forma vengono potenziati. Il giallo ha un rapporto privilegiato con il triangolo, il blu con il cerchio e il rosso con il quadrato.

    Molto importante è anche l'orientamento delle forme sulla superficie pittorica, ad esempio, il quadrato su un lato è solido, consapevole, statico; su un vertice (losanga) è instabile e gli si assocerà un rosso caldo, non uno freddo e meditativo. La composizione di un quadro non deve rispondere ad esigenze puramente estetiche ed esteriori, piuttosto deve essere coerente al principio della necessità interiore: quella che l'autore chiama onestà. Il bello non è più ciò che risponde a canoni ordinari prestabiliti. Il bello è ciò che risponde ad una necessità interiore, che l'artista sente come tale









    " PUNTO, LINEA, SUPERFICIE "





    Kandinskij in questo saggio si dedica alla parte grafica, che può esistere anche senza colore.

    Il punto è il primo nucleo del significato di una composizione, nasce quando il pittore tocca la tela; è statico.

    La linea è la traccia lasciata dal punto in movimento, per questo è dinamica. Può essere orizzontale (forma più concisa dell'infinita mobilità fredda); verticale (forma più concisa dell'infinita mobilità calda), diagonale (unione uniforme di freddo e caldo). Può essere spezzata, curva, mista. I singoli suoni possono essere mescolati tra loro; più la linea è variata, più cambiano le tensioni spirituali che suscita: drammatiche se è spezzata, più liriche se è curva. Anche lo spessore cambia: può essere sottile, marcato, spesso, variabile.

    La superficie è il supporto materiale destinato a ricevere il contenuto dell'opera, si tratta solitamente di una tela (ma Kandinskij ha dipinto anche del vasellame e dei piatti). L'opera risulta dunque essere limitata da due linee orizzontali e due verticali, oppure da una linea curva (per la tela a formato ellittico). L'autore può dare accentuazione alle forme girando la tela e sfruttandone i piani diversi, ma non può fare quest'azione a posteriori (come farà, per esempio, Jackson Pollock), bensì ci vuole fin dalla creazione dell'opera lucidità e consapevolezza artistica.















    I LAVORI TEATRALI





    Parte non secondaria della ricerca di Kandinskij è costituita dai lavori teatrali, concepiti in un’ottica di relazioni profonde tra le diverse componenti espressive – forma, suono, colore, luce, movimento – in funzione di un nuovo tipo di opera d’arte, a carattere multimediale. I primi suoi studi in tal senso furono i frammenti teatrali Paradiesgarten e Daphnis und Chloe, del 1908-09.
    Degli anni immediatamente successivi, 1909-14, sono invece i testi delle sue “composizioni sceniche”: Suono giallo, Suono verde, Bianco e Nero, Viola. Solo il primo di essi venne pubblicato e nessuno venne realizzato dal suo autore, nonostante i suoi diversi tentativi in tal senso. Si tratta di testi visionari, nei quali i personaggi si muovono in un mondo astratto denso di evocazioni, di immagini, di colori.
    L’unica opera teatrale che Kandinskij ebbe la possibilità di mettere in scena fu Quadri da un'esposizione, dal poema musicale di Modest Musorgskij, che l’artista presentò nel 1928, al Friedrich Theater di Dessau. L’opera di Musorgskij è strutturata sull’idea della visita ad una esposizione di acquerelli del pittore Viktor Hartmann, suo amico, e si divide in Promenades (i movimenti del visitatore nella galleria) e Quadri (i contenuti delle opere in mostra). A tale struttura fa riferimento la messinscena di Kandinskij, risolta con una successione di scene costituite di forme colorate geometriche, che traducono i temi musicali in immagini astratte in movimento. Uno spettacolo, dunque, realizzato sostanzialmente con forme, colori e luci, mentre la presenza dei performer è del tutto marginale, essendo costituita da due danzatori, usati in due brevi scene. Alcune delle “composizioni sceniche” kandinskijane, non realizzate dall’autore, sono state messe in scena da altri, pur in forme che spesso si distaccano dall’originale. Tra le messinscene di Suono giallo, vi sono quelle realizzate da Jacques Polieri nel 1975 (musica di Alfred Schnittke, coreografia di Maximilien Ducroux); da Ian Strasfogel nel 1982 (scenografie di Robert Israel, luci di Richard Riddel, coreografia di Hellmut Fricke-Gottschield); dalla compagnia Solari-Vanzi nel 1985 (scene di Beatrice Scarpato, luci di Stefano Pirandello) al Fabbricone di Prato; da Fabrizio Crisafulli nel 2002, al teatro romano Amiternum dell’Aquila, con la musica di Giancarlo Schiaffini, la coreografia di Diego Watzke, un’opera video di Marco Amorini.
    Di Viola si ricordano la libera messinscena di Giulio Turcato alla Biennale di Venezia del 1984 (musica di Luciano Berio, regia di Vana Caruso, coreografia di Min Tanaka) e quella realizzata (anche in film) da Kirsten Winter nel 1996, per iniziativa del Museo Sprengel e del Verein Kunst und Bühne di Hannover. La messinscena kandinskijana di Quadri di un’Esposizione è stata ricostruita fedelmente nel 1983 dalla Hochschule der Künste di Berlino. Versioni differenti, dedicate all’artista russo, ne sono state proposte da Fabrizio Crisafulli nel 1994 e nel 2007).



















    OPERE





    Fiume d'autunno (primi del 900) - San Pietro Burgo, Museo di Stato Russo
    Vecchia città II (1902) - Parigi, Musée national d'Art Moderne, Centre Georges Pompidou
    Gabriele Münter mentre dipinge a Kallmünz (1903) - Monaco, Städtische Galerie im Lenbachhaus
    Il cavaliere azzurro (1903) - Collezione privata
    Improvvisatione 6 (1909) Lehnbachhaus Monaco di Baviera
    Paesaggio estivo (Case a Murnau) (1909) - Museo di Stato Russo, San Pietroburgo
    Chiesa rossa (1900-1910) - Museo di Stato Russo, San Pietroburgo
    Acquerello astratto (1910) - Parigi, Musèe National d'Art Moderne, Centre Georges Pompidou
    Paesaggio romantico (1911) Lenbachhaus Monaco di Baviera
    Impressione VI (Domenica)) (1911) Lenbachhaus Monaco di Baviera
    Improvvisazione 19" (1911] Lenbachhaus Monaco di Baviera
    S. Giorgio III" (1911) Lehnbachhaus Monaco di Baviera
    Impressione III (concerto) (1911) Lenbachhaus Monaco di Baviera
    Macchia nera I (1912) - Museo di Stato Russo, San Pietroburgo
    Improvvisazione 26 (rematori) (1912)Lenbachhaus Monaco di Baviera
    L'oriente (1913) - Amsterdam, Stedelijk Museum
    Composizione VII (1913) - Galleria Statale di Tret'jakov, Mosca
    S.Giorgio (1914-1917) - Galleria Tret'jakov, Mosca
    Maccia Rossa II (1921) Lenbachhaus Monaco di Baviera
    Improvvisazione con forme fredde (1914)
    Arco azzurro (1917)
    Due ovali (1919) - Museo di Stato Russo, San Pietroburgo
    Tratto bianco (1920) - Museum Ludwig, Colonia
    Composizione VIII (1923) - Guggenheim Museum, New York
    Giallo, rosso, blu (1925) - Parigi, Musée National d'art Moderne, Centre Georges Pompidou
    Alcuni cerchi (1926) - Guggenheim Museum, New York
    Composizione X (1939) - Kunstsammlung Nordrhein-Westfalen, Düsseldorf.
    Kochel-Straight Road
    Composizione VI (1913) - Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo,











    Edited by tappi - 25/3/2011, 14:53
     
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  2. tomiva57
     
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    Fiume d'autunno
    Da Wikipedia



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    Fiume d'autunno è un dipinto ad olio su cartone di cm 20 x 30,5 realizzato nei primi del 1900 dal pittore Vasily Kandinsky. È conservato al Museo di Stato Russo di San Pietroburgo.




    da:lottovolante:

    Questo piccolo olio non è firmato nè datato e la critica si è divisa collocandolo ai primi anni del secolo o intorno al 1917.

    Il dipinto mostra però una riflessione sulla pittura impressionista che fa pensare al Kandinsky dei primi del Novecento, quando nell'ambito delle attività della Falange, associazione da lui fondata nel 1901, vennero organizzate mostre di impressionisti e postimpressionisti.

    Nel corso della breve vita dell'associazione, chiusa nel 1904, venenro allestite dodici esposizioni, in cui spesso erano presenti opere di pittori come Monet, Signac, Toulouse-Lautrec, Vallotton.

    All'epoca Kandinsky era stato "costretto" a studiare disegno, come studente dell'Accademia di Monaco, ma preferiva indagare gli aspetti cromatici della pittura al punto che dai suoi compagni di studio era soprannominato "colorista".

    Amava molto la pittura en plein air, prediligendo i parchi e i giardini di Monaco alle aule accademiche.
    Questa necessità di un contatto con la natura rimarrà sempre nell'animo dell'artista, sia quando organizzava le gite in campagna con gli allievi della Falange, per dipingere dal vero, sia quando molti anni dopo, in pieno periodo astratto, dichiarerà di voler indagare le leggi cosmiche della natura.

    Nell'atmosfera autunnale descritta nel dipinto spicca l'azzurro intenso del fiume, che si perde nello sfondo.
    Sullo specchio d'acqua in primo piano si riflette la fitta vegetazione , creando un senso di continuità cromatica che fonde e confonde tutte le parti della composizione, unificate dalla fluidità della materia pittorica.

    Kandinsky introduce "una serie infinita di toni cromatici, che dovevano in principio restare del tutto nascosti...e solo col tempo rivelarsi all'osservatore che si fosse sprofondato sempre con più attenzione nell'opera, dapprima in modo incerto e per così dire a tentoni per risuonare poi sempre più con una forza sempre più intensa". ( Mar L8v )



     
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  3. tappi
     
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    grazie Ivana
     
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  5. gheagabry
     
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    kandinsky



    «Qual è il Paese che può rivendicare Kandinsky?» si chiedeva la moglie del pittore, Nina, nell'autobiografia pubblicata nel 1976. La Russia, la Germania o la Francia dove Kandinsky è morto, da cittadino francese e sepolto al cimitero di Neuilly? Nemmeno Nina aveva una risposta, ma certo è che per un periodo, quello fascista, anche l'Italia entrò fra le opzioni di Kandinsky.

    La prima volta che l'artista russo mise piede in Italia fu con i genitori, nel 1869. Aveva solo tre anni e di quei giorni riportò il ricordo angosciante di «una foresta inestricabile di colonne fittissime, quella terribile foresta della cattedrale di San Pietro da cui mi pare che invano la mia governante e io cercassimo a lungo l'uscita». E come se non bastasse, il colore che più gli rimase impresso fu il nero: quello di una carrozza nera su un ponte e di una gondola presa di notte sull'acqua nera. Esperienze di puro terrore.

    kandinsky

    Anni dopo Kandinsky si riconciliò attraverso vacanze soleggiate a Forte dei Marmi, Rimini, Rapallo, Palermo, Verona, Pisa («Là un tempo hanno costruito degli uomini veri!»). Ma soprattutto Kandinsky pensò all'Italia come al Paese-ponte attraverso cui, grazie ai buoni uffici del fascismo, tornare nella Germania nazista da cui si era dovuto allontanare.

    La storia è complicata e racconta un'Europa ben più lacerata di quella di oggi, colpita in confronto dalla leggera febbre dello spread. Come molti altri europei, infatti, dalla Rivoluzione russa fino alla fine della seconda guerra mondiale Kandinsky dovette passare da una nazione all'altra inseguito da fame, guerre, persecuzioni razziali, pregiudizi religiosi e politici.

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    Quando dunque Kandinsky tornò in Italia nel 1936, aveva già lasciato la sua Mosca, dove c'era stata la Rivoluzione ma anche la Germania dove aveva studiato e dove era tornato a vivere nel 1921. Era diventato cittadino tedesco ma il Bauhaus, dove insegnava, era stato chiuso dai nazionalsocialisti e la sua arte considerata degenerata. Per di più, su di lui gravavano sospetti di bolscevismo, per il solo fatto che era di origini russe. Nel 1933 si era quindi dovuto trasferire in Francia dove però il trattato di mutua assistenza franco-sovietica del 1935 minacciava di nuovo la sua sicurezza essendo egli ancora cittadino tedesco, seppure in fuga. Le sue idee antimarxiste dunque non lo salvarono in Germania ma nemmeno lo aiutarono in Francia dove le avanguardie artistiche stavano a sinistra e i rapporti intrattenuti nella casa di Parigi con Marinetti e i futuristi lo rendevano sospetto.
    Ecco dunque che per l'errante Kandinsky il consenso nell'Italia fascista poteva diventare il ponte per una riabilitazione agli occhi della Germania dove, fino al 1939, l'artista sperò di tornare. In una lettera, scritta a un amico a Berlino nel 1933, si illudeva così: «Naturalmente per noi, artisti "moderni", è molto spiacevole che il nuovo governo non capisca la nuova arte. In Italia pare che la situazione sia molto diversa! La nuova architettura e la nuova arte (futuristi italiani) vi sono riconosciute come arte fascista ma forse i nazisti si renderanno conto che gli italiani si comportano nel modo giusto».
    Scottato dall'esperienza moscovita, Kandinsky temeva l'avvento al potere del partito comunista sia in Francia che in Germania e si ostinava a pensare che le posizioni naziste contro il Bauhaus, l'astrattismo e l'arte degenerata fossero un semplice incidente di percorso, recuperabile attraverso il successo di cui godeva in Italia, dove veniva riconosciuto come «il più celebre pittore astratto di tutti i paesi». Il suo avvicinamento all'Italia, ignorata fino al 1930, fu quindi strumentale al bisogno di rifarsi un'immagine.

    Non a caso, quando i fratelli Ghiringhelli gli organizzarono una personale alla galleria del Milione di Milano, nel marzo del 1934, non si impegnò particolarmente e inviò solo opere su carta preoccupandosi soprattutto che la galleria fosse «di assoluta e tipica modernità fascista».

    Ma non andò come Kandinsky aveva sperato e nemmeno il sollecitato aiuto dell'amico Marinetti riuscì a riabilitarlo agli occhi dei tedeschi. Ci volle il crollo del nazismo.

    In Italia, invece, nonostante a quel punto poco gli importasse, Kandinsky continuò a godere di un grande successo anche dopo il fascismo: nel 1950 Enrico Prampolini lo definì «il Giotto del XX secolo» perché lo vedeva come l'artefice del superamento della tradizione figurativa occidentale. Nel 1966 Piero Dorazio lo acclamò come «il salvatore dalla soffocante influenza di Picasso e della sua mitologia mediterranea» e anche Giulio Carlo Argan vide in lui il liberatore dall'elitaria estetica ellenistico-figurativa.

    Francesca Bonazzoli



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  6. gheagabry
     
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    L’acquerello che portò alla luce
    un mondo fatto di linee e colori


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    Dire che l'astrattismo è nato con Kandinsky è come dire che l'America è stata scoperta da Colombo. L'America, in un certo senso, era già conosciuta, perché i Vichinghi vi erano sbarcati intorno all'anno Mille, mezzo millennio prima del navigatore genovese. Però quella scoperta se l'erano tenuta per sé e solo con Colombo l'America è diventata oggetto di conoscenza per tutti.

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    Con Kandinsky avviene qualcosa di simile. L'astrazione, cioè un'arte «senza oggetti», in cui linee e colori non rappresentano immagini del mondo esterno (astrarre viene appunto dal latino «ab-s-trahere» che significa «tirare via»), esisteva anche prima. I pavimenti cosmateschi del XII-XIII secolo, per fare un esempio tra i tanti possibili, sono formati da intrecci di cerchi, spirali e curve che si potrebbero già considerare astratti. Solo con Kandinsky, però, e precisamente col suo «Primo acquerello astratto» del 1910, l'astrattismo è realizzato e teorizzato consapevolmente.

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    Certo, in arte, come in tutte le cose dell'uomo, niente nasce dal nulla. Solo due anni prima dell'acquerello di Kandinsky uno studente tedesco, Wilhelm Worringer, aveva discusso all'Università di Berna una tesi intitolata «Astrazione ed empatia», in cui sosteneva che l'arte non nasce per riprodurre la realtà, ma «tende alla pura astrazione». Chi avesse avuto la pazienza (ce ne voleva tanta) di leggere lo scritto, avrebbe capito che riguardava soprattutto l'espressionismo, nato poco tempo prima, ma intanto il nome e il concetto di Abstraktion circolavano. Già alla fine dell'Ottocento, poi, due studiosi anch'essi tedeschi, Fiedler e Hildebrandt, avevano elaborato la teoria della pura visibilità, secondo cui l'arte non si limita a interpretare gli elementi della natura, ma crea forme completamente nuove.

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    Se fosse stato per teorici e studiosi, comunque, il concetto di astratto sarebbe rimasto chiuso nelle aule universitarie. Invece l'acquerello di Kandinsky (un foglio di carta alto poco più di cinquanta centimetri, tutto macchie e grumi di colore, che a prima vista sembra lo scarabocchio di un bambino ma racchiude un'energia e un senso dello spazio che solo un artista può avere) esercita un influsso incalcolabile sull'intero secolo. Crea una poetica, una filosofia, quasi una fede.
    Oggi se si sente qualcuno definire astratto o figurativo un quadro si può star certi che ha almeno quarant'anni. È una distinzione che ai giovani non interessa più, eppure fino a qualche decennio fa suscitava contrapposizioni, scontri, lacerazioni. E pensare che Kandinsky, invece, era tutt'altro che dogmatico e ammetteva benissimo l'immagine, purché non naturalistica, accanto alla pittura di sole linee e colori di cui era il padre. Quello che gli stava a cuore, e l'aveva portato ad allontanarsi dall'arte imitativa, era la ricerca della spiritualità. «Lo spirituale nell'arte» si intitola appunto il suo testo più famoso: un libretto che scrive nel 1909 e per tre anni gli viene sistematicamente rifiutato, finché l'amico Franz Marc riesce a trovargli un editore. L'artista, sostiene Kandinsky, non deve dipingere la materia, ma l'essenza, l'interiorità, l'anima delle cose. Per esprimere il movimento, per esempio, non deve dipingere un cavallo (o magari una macchina in corsa, come negli stessi anni facevano i futuristi): basta un triangolo, che già con la sua forma acuta e le sue linee oblique suggerisce il dinamismo. Analogamente accade coi colori: il blu dà un senso di quiete, il viola di malattia. Anzi l'effetto è ancora più intenso, perché l'armonia cromatica giunge subito all'anima.

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    Spiritualità, interiorità, colore: ma Kandinsky è il primo dei moderni o l'ultimo dei bizantini? Forse entrambe le cose. Giunto nel 1866, a trent'anni, a Monaco di Baviera, dove nel 1911-12 fonda con Franz Marc il gruppo del «Cavaliere Azzurro», punto di partenza dell'astrattismo europeo, Kandinsky era nato a Mosca. E nella sua formazione devono aver contato non solo l'impressionismo di Monet e l'esperienza delle coloratissime izbe dei contadini, come lui stesso ha raccontato, ma anche la visione delle icone millenarie. Dove il colore è sempre stato un'espressione dell'anima.

    Elena Pontiggia



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    " L’inclinazione del blu all’approfondimento è così grande che proprio nelle tonalità più profonde diventa più intensa e acquista un effetto interiore più caratteristico.
    Quanto più il blu è profondo, tanto più fortemente richiama l’uomo verso l’infinito, suscita in lui la nostalgia della purezza e infine del sovrasensibile."

    Wassily Kandinsky

    (Kandinsky, "Nel Blu")

     
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