19 marzo FESTA DEL PAPA'..

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  1. arca1959
     
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  2. gheagabry
     
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    AUGURI PAPA'!

     
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  3. gheagabry
     
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    E Dio creò il papà.........



    Quando Dio creò il papà cominciò disegnando una sagoma piuttosto robusta e alta.
    Una angelo che svolazzava sbirciò sul foglio e si fermò incuriosito.
    Dio si girò e l’angelo “scoperto” arrossendo gli chiese
    “Cosa stai disegnando?”.
    Dio rispose “Questo è un grande progetto”.
    L’angelo annuì e chiese “Che nome gli hai dato?”.
    “L’ho chiamato papà” rispose Dio continuando a disegnare lo schizzo del papà sul foglio.
    “Papà….” pronunciò l’angelo “E a cosa servirebbe un papà?” chiese l’angioletto accarezzandosi le piume di un’ala.
    “Un papà” spiegò Dio “Serve per dare aiuto ai propri figli, saprà incoraggiarli nei momenti difficili, saprà coccolarli quando si sentono tristi, giocherà con loro quando tornerà dal lavoro, saprà educarli insegnando cosa è giusto e cosa no.”.
    Dio lavorò tutta la notte dando al padre una voce ferma e autorevole, e disegnò ad uno ad uno ogni lineamento.
    L’angelo che si era addormentato accanto a Dio, si svegliò di soprassalto e girandosi vide Dio che ancora stava disegnando.
    “Stai ancora lavorando al progetto del papà?” chiese curioso.
    “Sì” rispose Dio con voce dolce e calma “Richiede tempo”.
    L’angelo sbirciò ancora una volta sul foglio e disse “Ma non ti sembra troppo grosso questo papà se poi i bambini li hai fatti così piccoli?”
    Dio abbozzando un sorriso rispose: “E’ della grandezza giusta per farli sentire protetti e incutere quel po’ di timore perchè non se ne approfittino troppo e lo ascoltino quando insegnerà loro ad essere onesti e rispettosi”.
    L’angelo proseguì con un’altra domanda: “Non sono troppo grosse quelle mani?”.
    “No”, rispose Dio continuando il suo disegno “Sono grandi abbastanza per poterli prendere tra le braccia e farli sentire al sicuro”.
    “E quelli sono i suoi occhi?” chiese ancora l’angioletto indicandoli sul disegno.
    “Esatto”, rispose Dio “Occhi che vedono e si accorgono di tutto pur rimanendo calmi e tolleranti”.
    L’angelo storse il nasino e aggiunse “Non ti sembrano un po’ troppo severi?”.
    “Guardali meglio” rispose Dio.
    Fu allora che l’angioletto si accorse che gli occhi del papà erano velati di lacrime mentre guardava con orgoglio e tenerezza il suo piccolo bambino.
    (web)

     
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    Firenze, 17 marzo 2016 - "Ché non è impresa da pigliare a gabbo / discriver fondo a tutto l’universo, / né da lingua che chiami mamma o babbo", si legge nell’Inferno dantesco, quando all’inizio del canto XXXII il poeta è in cerca delle parole più adatte per descrivere il fondo dell’universo. Sebbene nell’opera "De vulgari eloquentia" Dante condanni fermamente l’uso delle parole “mamma” e “babbo”, classificandole come termini puerili, è facile osservare quanto l’espressione alternativa per riferirsi alla figura paterna fosse diffusa in Toscana fin dall’antichità.

    Oggi, però, i toscani sono tra i pochi a usarla, ma non gli unici. Il termine “babbo”, infatti, è diffuso nella medesima accezione anche in Romagna, Umbria, Marche, Sardegna e nel Lazio settentrionale. A dirlo è Matilde Paoli, della redazione della consulenza linguistica dell'Accademia della Crusca: "Niente di più naturale: “babbo”, così come “papà” e “mamma”, è una delle prime parole che un bambino pronuncia - spiega la dottoressa Paoli - I termini affettivi per “padre” e “madre” hanno questo tipo di origine: forse non molto interessante per un erudito, ma certamente molto bello".

    L’italiano moderno, accanto a “papà”, accetta anche questa forma familiare affettiva, presente in tutti i dizionari: entrambe le parole, infatti, costituiscono due “forme tipiche del primissimo linguaggio infantile, costituite dalla ripetizione di una sillaba, perlopiù formata dalla vocale a e da una consonante bilabiale (p, b, m), i suoni più facili da produrre per i bambini”, precisa la dottoressa Paoli.

    L’espressione “papà” è un vecchissimo francesismo, usato tradizionalmente anche nel nord Italia, data la contiguità di area, mentre “babbo” risulta una espressione autoctona, ovvero assolutamente locale: "Spesso nei vocabolari viene indicata come voce affettiva - osserva ancora Paoli - in realtà nel toscano tradizionale è anche voce denotativa, perché quando parliamo diciamo “babbo” e non “padre”. Quest'ultimo termine, infatti, seleziona non solo l'italiano, ma anche una lingua molto formale".

    La diatriba tra “papà” e “babbo” era una questione tipicamente ottocentesca, come si evince dalle di Giuseppe Frizzi, che del 1865 scrisse: "Padre è la voce vera e nobile, la quale si riferisce a tutti i padri in generale; e si trasporta a significare paternità spirituale, e comecchessia Colui che primo ha dato origine a una cosa. – Babbo è voce da fanciulli, ed è usata anche dagli adulti a significazione di affetto, e suol dirsi parlando del proprio padre o del padre di colui a cui parliamo. – La voce Papà è una leziosaggine francese che suona nelle bocche di quegli sciocchi, i quali si pensano di mostrarsi più compiti scimmiottando gli stranieri".

    La primissima diffusione del termine “papà”, continua Paoli, divenne una sorta di questione sociale, dove "i ricchi preferivano “papà”, al contrario le persone del popolo, quindi più genuine, prediligevano “babbo”, soprattutto in Toscana. E di fatto, ancora oggi si dice “figlio di papà”, mentre “figlio di babbo” non funziona proprio. Lo stesso Pascoli si opponeva a questa discussione, in quanto “papà” è una parola da bambino al pari di “babbo”, ed è assurdo fare una censura su questi termini".

    Nella recente indagine “La lingua delle città” per misurare l'italiano parlato, è emerso come la parola “babbo” stia progressivamente perdendo terreno: in Sardegna, riporta Paoli, in particolare nelle zone di Cagliari e Sassari, il termine “papà” risulta infatti sempre più diffuso. Al contrario, “babbo natale” viene sempre preferito a “papà Natale”, mentre lo stesso termine “babbo” è apparso recentemente in una pubblicità televisiva: “un modo per riaffermare la tradizionalità e la familiarità di questo termine”, conclude Paoli. In ogni caso, auguri a tutti: papà o babbi che siano.

    di NORMA ALESSANDRI
    RIPRODUZIONE RISERVATA



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    19 MARZO 2019:
    FESTA DEL PAPA'...


    343masy


    Come passa il tempo, siamo già al 19 Marzo e allora aspettando
    questa festa, anche per chi il papà non ce l'ha più, come me, dedichiamo un
    pensiero a chi, con la mamma, ci ama o ci ha amato più di ogni altra persona al mondo!

    Buona-Festa-del-papa-Frasi-e-auguri-300x225

    Per me, lo sei stato papà! Un pensiero a te che sei lassù,
    ma che sento sempre al mio fianco! :cuoriplus:

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