IL PISCO

prov. Perù e Cile

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    IL PISCO


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    Il pisco è un'acquavite sudamericana tutelata da due denominazioni di origine, ricavata dalla distillazione di vino bianco e rosato, aromatico e non. È una bevanda nazionale solo in Perù e Cile. La parola pisco può significare cose diverse: una città portuale peruviana, un’anfora in terracotta utilizzata un tempo per la fermentazione o il trasporto del vino, una parola in lingua quechua che significa “uccello” e, infine, il distillato.
    Attualmente la viticoltura si concentrata sulla fascia costiera di 5 dipartimenti: Lima, Ica (la zona a più alta vocazione vinicola), Arequipa, Moquegua e Tacna. La Ruta del Pisco è un itinerario enoturistico che si estende da Lima fino ai confini con il Cile. I vitigni utilizzati sono delle uve pisquere, a bacca bianca o rossa e possono essere di 8 varietà equamente divise tra le quattro aromatiche Moscatel, Albilla, Torontel e Italia e le restanti non-aromatiche Mollar, Negra criolla, Uvina e Quebranta, considerata la migliore.
    Pur essendo un distillato di vino, non appartiene alla famiglia dei brandy perché non subisce invecchiamento. La degustazione liscia viene detta trago corto, e consiste nel sorseggiarlo e trattenerlo in bocca qualche secondo prima della deglutizione, in modo da apprezzarne il bouquet.
    Il distillato che si presta bene anche alla miscelazione. Il cocktail più famoso è senza dubbio il Pisco Sour e il Chilcano de Pisco.


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    Si usa anche mischiato alle bevande come la Coca-Cola col nome di piscola, diffusa in Cile soprattutto tra i ragazzi, e talvolta con la Sprite, che rendono il pisco più leggero e meno amaro.
    Perù e Cile disputano sulla denominazione di origine, poiché i due paesi sudamericani sono entrambi produttori. Il Perù afferma che il distillato dev'essere considerato esclusivamente peruviano, essendo originario di Pisco, città antica; il Cile non si oppone a questo argomento visto che tra i suoi confini esiste dal 1936 una città con il nome di "Pisco Elqui", ma pretende che il termine pisco sia riferito unicamente alla bevanda da lungo tempo prodotta anche nel loro paese.
    Pisco Peruviano
    Il Pisco nasce in Perù nel XVII secolo. Le varietà di uve sono otto e la più diffusa è la Quebranta, la prima autoctona peruviana ottenuta dall’incrocio di uve importate. La Quebranta (il suo nome deriva dal fatto che i grappoli sono talmente pesanti da spezzare spesso i rami della pianta), è un’uva poco aromatica.
    Le produzioni artigianali peruviane sono effettuate in alambicchi chiamati “falcas”, che non ha elmi alti per pulire eccessivamente il distillato e pertanto è molto più ricco di profumi, in cui la cucurbita e la camera d’ebollizione sono in parte in muratura ed parte in rame e il fuoco è ottenuto con un legno aromatico particolare, chiamato “algarrobo”.
    Questi alambicchi nacquero per sopperire alla mancanza di quelli tradizionali in rame, molto costosi, da parte dei produttori con minori possibilità economiche, ma oggi le produzioni di nicchia ottenute con questo strumento sono molto ricercate. Il Pisco peruviano si presenta assolutamente limpido, poiché dopo la distillazione non è mai affinato in legno. Si distilla con alambicco continuo o discontinuo da vino di uva moscata chiamata Italia, e da altre uve, coltivate sia nella regione di Ica che in altre aride valli costiere del Perù meridionale. La gradazione alcolica va dal 40 al 50 percento. Il Pisco ha un “invecchiamento” da disciplinare minimo di tre mesi in acciaio o in contenitori di vetro, necessari al distillato per riposarsi, amalgamarsi e stemperare il carattere spigoloso. La totalità dei prodotti peruviani commercializzati sono bianchi ed hanno il profumo di uva matura
    Le qualità prodotte si distinguono in quattro categorie:
    • Pisco Puro (da uve non aromatiche e monovitigno)
    • Pisco Aromatico (da uve aromatiche)
    • Pisco Acholado (mescolanza dei due precedenti)
    • Pisco Mosto Verde Il più pregiato, si ottiene da mosto non completamente fermentato che conserva un significativo residuo zuccherino e molti più sentori aromatici del frutto. Da notare inoltre che, nel Mosto Verde, il rapporto uva\distillato è doppio rispetto alle altre tipologie di Pisco.
    Le qualità non aromatiche sono la Negra Criolla, Mollar, Uvina e Quebranta, detta di molti la miglior uva da Pisco.
    Il Pisco elaborato con vitigni aromatici, quali Albilla, Italia, Moscatel e Torontel prende il nome del vitigno utilizzato sotto un ulteriore specifica in etichetta di “Pisco Aromatico”
    Il primo sabato del mese di febbraio viene celebrato il Giorno del Pisco, un importante festa che i peruviani non dimenticano mai di celebrare.

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    Pisco Cileno
    In Cile, viene prodotto nella zona centro-settentrionale del paese, lungo la costa oceanica. Differisce da quello peruviano per i vitigni utilizzati, per la quasi totalità varietà di Moscato, dal Canelli al Frontignan e per la distillazione industriale con alambicchi a colonna.
    In Cile le varietà prodotte si distinguono secondo gradazione alcolica:
    • Pisco Tradicional o Corriente - 30°
    • Pisco Especial - 35°
    • Pisco Reservado - 40°
    • Gran Pisco - 43°


    ..storia..

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    Vicino a Lima si trova il porto peruviano di El Callao, del quale si narra che nell'Ottocento le navi mercantili non ripartissero senza aver fatto un buon carico di un'ottima acquavite della città di Pisco. Si vuole che l'uva dalla quale deriva fosse già coltivata al tempo degli Inca, ma l'ipotesi più credibile è quella avanzata nel 1595 dal mercante fiorentino Francesco Carletti, il quale sosteneva che l'uva fosse stata portata in Perù dagli spagnoli, dato che il loro vino non avrebbe resistito alla traversata dell'Atlantico per giungere in Sud America, o comunque i costi di trasporto sarebbero stati proibitivi. La prima barbatella in Sud America fu piantata a Cuzco e sempre qui fu prodotto il primo vino. Il Perù però ha molti più documenti a suffragare le origini del distillato ed ha anche istituito nel 1990 una Doc a tutela del prodotto. Primo fra tutte una carta geografica che attesterebbe la presenza della città-porto di Pisco fondata nel XVI secolo, così come dei piscos, provetti vasai che producevano le omonime anfore.
    Le ragioni cilene sono più che altro legate all’impero Inca e alla sua diffusione anche sul suo territorio. La conquista spagnola portò sicuramente il sapere della distillazione in questa area, ma nel proseguo della storia i due distillati si differenziarono notevolmente, per stile produttivo e qualità.
    Gli spagnoli con la conquista della regione peruviana nel 1500, si trovarono di fronte le popolazioni Incas, che erano solite bere il “chicha de hora” un fermentato di mais, un cereale sconosciuto agli europei. La chicha era bevuta principalmente dai sacerdoti e dai nobili, ed era una parte fondamentale delle cerimonie e dei riti propiziatori, per la dea Zaramama, protetrice delle messi. L’ubriachezza era richiesta nei riti religiosi, per vaticinare il futuro ed entrare in contatto con gli dei, mentre non c’era matrimonio o festa che non vedesse il consumo di questa bevanda.
    La chicha fu offerta dai sacerdoti ai conquistadores, che vennero considerati inizialmente dei messaggeri degli dei, che ricambiarono, spinti dalla bramosia per le ricchezze in oro degl’Incas, con la violenza ed il vaiolo. Il mais era fonte di vita e la “chicha” poteva essere fatto solo da donne prescelte altamente selezionate. Infatti la fermentazione di questo cereale precedentemente bollito, era assicurata dalla masticazione dello stesso ed alcuni testi si riferisce che in realtà fossero delle bambine vergini. La masticazione favoriva l’amilasi e la formazione degli zuccheri, ma non sempre era necessaria per iniziare la fermentazione, che era invece assicurata dagli lieviti selvaggi presenti nell’aria.


    cultivo-uvasI conquistadores, abituati ai strutturati vini spagnoli e ai distillati non apprezzarono mai la chicha. Pizarro, conquistato il Perù nel 1532, si affrettò, nei decenni successivi ad inserire la coltivazione della vite. Nel 1535 viene fondata la città di Lima e qui viene piantata una delle prime vigne per poter fornire il vino da messa ed al contempo la mensa della Corona. La vigna trovò il clima ideale e nel 1548 si contavano 150.000 ettari di vigna coltivati, che fecero del Perù il più grosso produttore di vino del Sudamerica dell’epoca. La prima barbatella di uva fu piantata nella valle sacra di Cuzco, una sorta di gesto simbolico di colonizzazione della civiltà spagnola nei confronti di quella Inca. Il terreno estremamente fertile, molto grasso, poco adatto alla coltivazione della vite diede grande produttività, ma risultati qualitativi molto bassi. La produttività di questi terreni, superiore di ben quattro volte alla media spagnola, farà si che si vengano a creare i presupposti per la distillazione delle eccedenze produttive. Oggi la produzione è concentrata soprattutto sulla costa e nelle aree più fertili si coltiva cotone e canna da zucchero, due colture che nei secoli hanno rischiato di fagocitare la coltivazione della vite, per via della maggiore redditività.

    I documenti relativi alla prima produzione di Pisco danno ragione al Perù e risalgono al XVI secolo.
    Anche la parola Pisco è oggetto di dibattito, infatti, potrebbe derivare dal vocabolo “pisqus” che in lingua Quechua, anticamente diffusa lungo la dorsale nord delle Ande, significa “Piccolo Uccello”, tale etimologia verrà ripresa nel seguito del capitolo per comprendere a fondo l’origine del nome. Un’altra ipotesi afferma che l’acquavite potrebbe aver preso la denominazione dal contenitore in argilla di tradizione Indios, detto “Piskos”, nel quale era commercializzato inizialmente dagli spagnoli, mancando le bottiglie di vetro, fino al 18° secolo. Questi recipienti prenderebbero a sua volta il nome dai grossi vasi di terracotta che le civiltà pre-colombiane utilizzavano come contenitori per la frutta e per fermentare la “chicha”.
    Pisco è un fiume, che da anche il nome alla cittadina costiera situata vicino ad Ica e Nazca, aree vocate alla produzione, dove si hanno le prime testimonianze del distillato. Da qui l’acquavite veniva imbarcata per l’importante porto di Lima, capitale del Perù. Il nome della città deriverebbe dall’innumerevole quantità di volatili che abitavano anticamente le coste. Gli abitanti delle Ande, gli Incas una volta scesi a valle verso il mare rimasero stupiti dalla varietà e dalle dimensioni di queste specie. Questi piccoli uccelli, nettamente diversi dagli enormi condor andini, con aperture alari prossime ai 4 metri attirarono l’attenzione dei nuovi abitanti, che li battezzarono “Pisku”.


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    La vite, fornitrice della materia prima, arrivò in questo stato intorno al 1550, mentre il primo vino fu prodotto cinque anni dopo nei tenimenti di Bartolomè Terrazzas.
    Il primo scritto ufficiale che attesta l’esistenza del distillato è il testamento di Pedro Manuel, un cittadino d’Ica, datato 1613 che lascia in eredità una partita di Pisco e relativi alambicchi per produrlo. I documenti successivi sono datati 1630 e testimoniano l’inizio di una produzione massiccia nell’area.
    Gli alambicchi per produrre Pisco arrivano sicuramente dalla Spagna, al seguito dei Conquistadores o delle prime missioni cristiane in loco, e sono presumibilmente discontinui.
    La produzione di Pisco è di dimensione familiare come s’intuisce dal lascito del defunto e mantiene queste caratteristiche per anni, fino al XVIII secolo, dove si ebbe un aumento della produzione, per via del successo che l’acquavite iniziò a riscuotere, soprattutto in America. Un contributo fondamentale dato dagli italiani, immigrati in Perù alla diffusione della coltivazione della vite e del sapere della distillazione, è evidente per una varietà di vite “pisquera”, detta appunto l’Uva Italia. La colonizzazione italiana è presente anche in un antica miscelazione che prendeva il nome di “Buongiorno”, un mix di grappa, succo di limone, zucchero ed acqua che veniva bevuto come dissetante dai contadini. La grappa oggi giorno, nonostante la gran quantità di vinacce date dalla grande produzione vitivinicola non risulta più prodotta.

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    La Corona di Spagna, nella persona di Filippo II, sotto la pressione dei suoi produttori in Rioja e Ribeira del Duero, aumentò le tasse sui vini peruviani per contrastare l’importazione sul proprio suolo. L’introduzione della coltivazione della vigna, ad opera del Marchese Francisco de Carabantes, che portò le prime barbatelle, aveva generato, nel XVII secolo un mare di vino che aveva inondato la Spagna. L’immissione di questa grossa quantità di vino a buon mercato dalla colonia sudamericana aveva avuto come principale effetto l’abbassamento dei prezzi, non giovando ai guadagni delle rinomate cantine. Questo provocò un immediato innalzamento delle scorte di vino in Perù, che non trovarono più sbocco in Europa.
    L’unica soluzione era dirottare le scorte di vino su altri mercati ed avviare il processo di distillazione, che avrebbe portato il Pisco ad una diffusione capillare all’interno della popolazione.
    Il distillato divenne il prodotto prediletto dai marinai, che contribuirono a diffondere la fama del distillato in ogni porto, grazie soprattutto al costo basso rispetto ad altri distillati dell’epoca. Il pisco ebbe un enorme successo in California durante la corsa all’oro del 1850, dove divenne in breve molto consumato per via della sua potenza alcolica e finezza. Alcuni tipi di pisco erano a buon mercato, altri molto cari, ma la loro maggior reperibilità, per via del minor tragitto rispetto ai distillati di vino europei, ne determinarono il successo. In un bar di lusso di San Francisco, vicino al Bank Exchange, una zona frequantata da uomini ricchi ed influenti, venne elaborato il famoso drink detto Pisco Punch, ideato da Duncan Nicol. La ricetta, gelosamente custodita dal barman, in breve tempo diventa una vera mania, tanto che il bar diventa una delle attrazioni della città. L’inizio del Proibizionismo vedrà il lento oblio del Pisco e la successiva depressione economica determineranno la sua scomparsa. Il suo posto nelle preferenze dei consumatori verrà successivamente preso da rum e tequila.


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