ALBERI e ARBUSTI DA FRUTTO e a volte ....

PESCO, CILIEGIO,PERO, ALBICOCCO ECC

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  1. gheagabry
     
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    Il CARRUBO


    Il carrubo appartiene alla famiglia delle cesalpinacee, ordine delle leguminose, classe dicotydonea divisione delle angiosperme.La pianta del carrubo può raggiungere anche i dodici metri di altezza, la chioma è sempreverde e globosa, il tronco si presenta rugoso e tortuoso, con diametro medio di oltre 50 centimetri ed è costituito da midollo, legno di cui vi è la parte interna detta "durame" e la parte esterna detta "alburno", cambio e corteccia. Se il tronco non cresce sano e robusto o diventa vecchio si spacca e si svuota a causa delle acque piovane, quindi, le parti di tessuto si cariano, si disseccano, si sgretolano e diventano polvere. La corteccia è spessa e ruvida di colore rossiccio o grigiastro e screpolata verso la base del tronco, è abbastanza liscia nelle ultime ramificazioni. I rami sono eretti;ma flessuosi e quelli inferiori più vecchi e più robusti, s'inarcano verso il basso fino a toccare il terreno. Le radici sono costrette a cadere in profondità è si sviluppano lateralmente con numerose ramificazioni. Le foglie sono persistenti, simmetriche, composte paripennate, formate normalmente da quattro cinque coppie di foglie, quasi alterne, con un picciuolo di circa tre millimetri. Le radici possiedono speciali acidi capaci di attaccare, penetrare, spaccare e frantumare la dura e forte roccia calcarea, fornite di noduli che ospitano colonie di milioni di batteri. Il frutto è un baccello pendente, lungo da dieci n venti centimetri, largo da due a quattro centimetri circa, spesso da cinque a quindici millimetri di colore verde chiaro prima della maturazione, più o meno striato di rossiccio e quindi nerastro alla maturazione.
    A duecento anni è considerato giovane e produce fino a trenta quintali di frutti. Col passare dei secoli il carrubo non invecchia, diventa più robusto, gigantesco, più chiomato, più possente e fruttificante.
    (ragusa.net)

    E’ destino di molte cose che hanno avuto un passato importante, ritrovarsi, oggi, ai margini della storia. Lo è per tante macchine e strumenti come per popoli e nazioni; lo è per molte piante e animali utilizzati dall’uomo. Questo è toccato al carrubo, un tempo preziosa risorsa di tutto il Mediterraneo, l’oro nero di Cipro, oggi sporadica presenza nei paesaggi rurali più integri. Questo è toccato a molte piante che la moderna agricoltura raggruppa nei cosiddetti “Frutti minori”. Nonostante il ruolo nobile prima descritto, anche il carrubo rientra nella lista degli alberi incriminati di aver offerto un ramo per il suicidio di Giuda; nel caso specifico si tratta di una tradizione popolare siciliana che riguarda, più precisamente, il carrubo selvatico. In Siria e nell’Asia Minore, invece, la specie era sotto la protezione di San Giorgio; ancora oggi si possono incontrare chiesette dedicate al Santo, protette dalla rassicurante ombra del carrubo.
    Il carrubo esisteva come albero spontaneo nelle terre del bacino orientale del Mediterraneo. La sua coltivazione pare ebbe inizio soltanto al tempo dei Greci, che la estesero in Sicilia, ma furono gli Arabi che ne intensificarono la coltivazione e la propagarono fino in Marocco e in Spagna. Altri Autori sostengono che l'originaria diffusione del carrubo in Sicilia sarebbe dovuta ai Fenici, che della Sicilia furono i colonizzatori più antichi e provenivano da territori, quali il Libano, dove il carrubo può considerarsi originario. Questa pianta per le sue proprietà e caratteristiche fu sicuramente uno degli alberi da frutto più apprezzati dai Fenici e dai Cartaginesi. Nei tempi medioevali furono certamente gli Arabi a interessarsi del carrubo, diffondendolo e intensificandone la coltivazione in tutto il bacino del Mediterraneo. Sul finire del periodo medioevale il carrubo sicuramente doveva essere coltivato in tutte le terre del Mediterraneo accessibili alla sua coltura. Il suo frutto, noto a tutte le popolazioni cristiane d'Europa, veniva utilizzato per la preparazione di prodotti medicinali e di dolci. Nella seconda metà del Settecento interessanti notizie sulla coltura del carrubo in Sicilia vengono fornite dall'abate Sestini, il quale elenca tra le zone di maggiore produzione i territori di Modica, Ragusa, Scicli, Comiso, Noto e Avola. A quel tempo, la produzione siciliana di carrube era valutata in 60 mila quintali l'anno. Di questa enorme produzione, circa 40 mila quintali venivano esportati, mentre il resto era utilizzato come alimento per il bestiame e per la povera gente, oltre che per usi medicinali. Nel comune di Gallipoli tra gli oliveti della masseria Pacciana vive uno dei più antichi esemplari di carrubo d’Italia, certamente tra i più grandi ancora presenti nel Mediterraneo. ...questo patriarca arboreo può datare più di 500 anni; con poco meno di 14 metri di circonferenza alla base; nodoso e scavato, dalla chioma ormai sempre più rada presiede, austero ed imponente.
    (dal web)
     
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118 replies since 13/2/2011, 11:34   75777 views
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