CIMABUE Giovanni

BIOGRAFIA E OPERE

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    Giovanni Cimabue


    biografia

    Gli scritti in possesso degli storici non consentono di conoscere con gran parte della vita dell'artista, si sa comunque che egli dovrebbe essere nato intorno al 1250. Cimabue è infatti già menzionato in un documento romano del 1272.
    Vasari così scrive di Giovanni Cimabue:
    «... fu mandato, acciò si esercitasse nelle lettere, in S. Maria Novella a un maestro suo parente, che allora insegnava grammatica a' novizi di quel convento; ma Cimabue in cambio d'attendere alle lettere, consumava tutto il giorno, come quello che a ciò si sentiva tirato dalla natura, in dipingere, in su' libri et altri fogli, uomini, cavalli, casamenti et altre diverse fantasie; alla quale inclinazione di natura fu favorevole la fortuna; perché essendo chiamati in Firenze, da chi allora governava la città, alcuni pittori di Grecia, non per altro, che per rimettere in Firenze la pittura più tosto perduta che smarrita, cominciarono, fra l'altre opere tolte a far nella città, la cappella de' Gondi, di cui oggi le volte e le facciate sono poco meno che consumate dal tempo, come si può vedere in S. Maria Novella allato alla principale cappella, dove ell'é posta. Onde Cimabue, cominciato a dar principio a questa arte che gli piaceva, fuggendosi spesso dalla scuola, stava tutto il giorno a vedere lavorare que' maestri; di maniera che, giudicato dal padre e da quei pittori in modo atto alla pittura, che si poteva da lui sperare, attendendo a quella professione, onorata riuscita; con non sua piccola soddisfazione fu da detto suo padre acconciò con esso loro ...».
    L'artista Giovanni Cimabue si formò dunque nell'ambito del neoellenismo bizantino, nonché del gusto "dialettale" dei mosaici del battistero fiorentino, alla cui esecuzione prese poi parte.


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    La più antica opera di Cimabue a noi nota, è il Crocifisso di S. Domenico di Arezzo (ca. 1275) in cui si avverte già chiaramente il premere di un'intensa forza espressiva di valore drammatico nuovo, entro gli schemi della composizione medievale. Di qualche anno più tardi è la Madonna in maestà degli Uffizi, caratterizzata dalla tensione che una dinamicità latente conferisce alla simmetrica, serrata composizione. Verso il 1280 si collocano gli affreschi della chiesa superiore di S. Francesco ad Assisi:
    - evangelisti nella volta della crociera;
    - storie della Vergine nel coro;
    - scene dell'Apocalisse;
    - giudizio e crocifissione nel braccio sinistro del transetto;
    - storie di San Pietro nel braccio destro, queste ultime poi continuate da seguaci.
    Anche se fortemente deteriorati, si avvertono ancora in essi il senso grandioso dello spazio e la concitata drammaticità delle figure, alternata a pause di pacata armonia. Dopo i lavori di Assisi, le composizioni di Cimabue mostrano di tendere a una più distesa impaginazione, il linguaggio a farsi meno aspro ed emotivo, il ritmo a rallentare. Si giunge così al Crocifisso già in S. Croce a Firenze (ora al Museo dell'Opera di S. Croce), in parte distrutto dall'alluvione del 1966, ove il chiaroscuro più fuso conferisce un tono di drammatica catarsi. Probabilmente vicino a esso si colloca la Maestà della Vergine con San Francesco nella chiesa inferiore di Assisi, peraltro assai ridipinta.

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    Cimabue, GIOVANNI (1240 a circa 1302), pittore italiano, nasce a Firenze da una famiglia rispettabile, che sembra aver portato il nome di Gualtieri, così come quella di Cimabue (Bullhead). Ha preso per le arti del disegno per inclinazione naturale, e ha cercato la società degli uomini di apprendimento e di realizzazione. Vasari [1511-1574], lo storico della pittura italiana, zelo per il suo nativo proprio stato di Firenze, ci ha lasciato il genere attuale conto di Cimabue, che ricerche più recenti hanno in gran parte falsificati. Non possiamo ora accettare la sua affermazione che l'arte, estinte in Italia, è stato rianimato solo da Cimabue, dopo aver ricevuto una formazione da artisti greci invitato dal governo fiorentino per dipingere la cappella della Gondi nella chiesa di S. Maria Novella; per nativo arte italiana non era poi una nullità, e la chiesa fu iniziata solo quando Cimabue era già quarant'anni. Anche qualificazione dichiarazione di Lanzi che gli artisti greci, anche se non dipinge la cappella dei Gondi, ha fatto eseguire decorazioni rude in una cappella sotto la chiesa attuale, e possono pertanto avere ispirato Cimabue, fa poca differenza nei fatti principali. Ciò che troviamo come il risultato generale è che alcuni pittori italiani preceduto Cimabue, in particolare Guido da Siena [c.1250-1300] e Giunta di Pisa [1236-1254], che ha lavorato più o meno allo stesso principio di essi, e ad un come risultato, ma che egli era comunque il più avanzato padrone del suo tempo, e, per le sue opere, e la formazione che ha impartito al suo allievo possente Giotto [1267-1337], lasciò l'arte di gran lunga più formato e più capaci di crescita che l'ha trovato.

    L'indubbia ammirazione dei suoi contemporanei avrebbero solo dimostrare la posizione ben visibile, che terrà Cimabue, e meritava di attesa. Per la cappella dei Rucellai in S. Maria Novella, dipinse a tempera, una colossale Madonna con Bambino e Angeli, la più grande pala d'altare prodotti fino a quella data, prima della sua soppressione dello studio è stato visitato con ammirazione da Carlo d'Angiò [1227 - 1285], con una moltitudine di uomini eminenti e donne gentili, e fu portato alla chiesa in un festoso corteo del popolo e trombettieri. Cimabue era in questo momento vivono in Borgo Allegri, quindi al di fuori delle mura di Firenze, la leggenda che il nome di Allegri (Gioiosa) è stata conferita la frazione in conseguenza di questa popolare display colpisce è più attraente di preciso, per il nome esisteva già . Di questo quadro celebre, una delle pietre miliari della sacra e arte moderna, alcuni dettagli potrebbero essere qui dato, che abbiamo condensare la Storia della pittura in Italia da Crowe [1828-1896] e Cavalcaselle [1820-1897].

    La Vergine in un manto rosso e tunica blu, con i suoi piedi poggianti su uno sgabello a traforo, è seduto su una sedia appesa con un drappo bianco a fiori in oro e blu, e portato da sei angeli inginocchiati in tre, uno sopra l'altro. Un avvolge delicatamente incisa nimbo la testa, e quella del Salvatore bambino in grembo, che è vestito con una tunica bianca, viola e girato manto d'oro. Una cornice di colore scuro circonda la piazza a capanna della foto, delicatamente tracciati con un ornamento a tratti interrotta da trenta medaglioni su fondo oro, ciascuna delle quali contiene la mezza figura di un santo. Nel volto della Madonna è una espressione dolce e malinconica, nella forma del bambino, una certa freschezza, di animazione e proporzione naturale, nel gruppo, affectionbut troppo raro in questo periodo, vi è il sentimento negli atteggiamenti degli angeli, aspetto energetico in alcuni profeti, chiarezza comparativa e morbida armonia nei colori. Una certa perdita di equilibrio è causato dal peso eccessivo della testa della Vergine rispetto alla esiguità del suo telaio. Le caratteristiche sono quelle vecchie del 13 ° secolo, solo attenuato, per quanto riguarda l'espressione degli occhi, da una esagerazione di forma ellittica, l'iride, e la vicinanza delle curve delle palpebre. Negli angeli assenza di tutte le nozioni vero della composizione può essere considerato sorprendente, eppure i loro movimenti sono più naturali e gradevoli rispetto al passato. Uno, infatti, agli spettatori destra della Vergine, combina riverenza più tenero nel suo sguardo di quelle che erano ancora stati prodotti. Cimabue ha dato al-tinte carne un colore chiaro e ben fuso, e impartita alle forme alcune delle rotondità che avevano timore. Con lui sparì la forti contrasti di luci bardo, mezzi toni e ombre.

    In modo generale, si può dire che Cimabue mostrò forzato nei suoi dipinti, come particolarmente in testa o fortemente caratterizzato uomini di età e, se l'attuale sviluppo quindi di arte aveva permesso di questo, avrebbe potuto avere in lui per esprimere la bella. Egli, secondo il Vasari, fu il primo pittore che ha scritto le parole sulla sua pittura, come, per esempio, intorno al capo di Cristo in un quadro della Crocifissione, le parole rivolte a Maria, fihius Ecce Totus Mulier.

    Altri dipinti di Cimabue ancora esistenti sono i seguenti: presso l'Accademia di Arti di Firenze, una Madonna con Bambino, con otto angeli, e di alcuni profeti in nicchie, meglio che l'immagine Rucellai nella composizione e studio della natura, ma più arcaica di tipo , e il colore rovinato adesso (questo lavoro è stato dipinto per la Badia di S. Trinita, Firenze), alla National Gallery di Londra, una Madonna con Bambino e Angeli, che provenivano dalla collezione di Ugo Baldi, e probabilmente era stato una volta in la chiesa di S. Croce, Firenze, al Louvre, una Madonna col Bambino, con 26 medaglioni nella cornice, in origine nella chiesa di S. Francesco, Pisa. Nella chiesa inferiore della Basilica di S. Francesco ad Assisi, Cimabue, riuscendo Giunta da Pisa, probabilmente ornavano il transetto sud, un colossale dipinto Madonna con Bambino tra quattro angeli, sopra l'altare della Concezione, e una grande figura di San Francis. Nella chiesa superiore, a nord del transetto, ha il trono Salvatore e alcuni Angeli, e, sul soffitto centrale del transetto, i Quattro Evangelisti con gli angeli. Molte altre opere sia in basso e la chiesa superiore sono state attribuite a Cimabue, ma con prove molto scarse, anche il detto può essere assegnato a lui solo come questione di probabilità. numerosi altri che egli ha dipinto indiscutibilmente hanno perso la vita, per esempio, una serie (in precedenza in data rispetto alla foto Rucellai) nella chiesa del Carmine a Padova, che sono stati distrutti da un incendio.

    Da Assisi Cimabue tornò a Firenze. Negli ultimi anni della sua vita egli fu nominato capomaestro dei mosaici della cattedrale di Pisa, e fu poi, appena un anno prima della sua morte, si unì con Arnolfo di Cambio [c.1264-1302] come architetto per la cattedrale di Firenze . A Pisa ha eseguito una Maestà nell'abside, Cristo in gloria tra la Vergine e Giovanni Evangelista, un mosaico, ora molto danneggiata, che appone su di lui come l'artista più importante del suo tempo in quel materiale. Questo è stato probabilmente l'ultimo lavoro che ha prodotto.

    Il debito che l'arte deve a Cimabue non si limita a sue esecuzioni. Egli era il maestro di Giotto, il quale (come almeno è la tradizione) ha trovato un pastorello di dieci anni, nei pascoli di Vespignano, disegnando con un carbone su una lavagna la figura di un agnello. Cimabue lo portò a Firenze, e lo istruì nell'arte, e dopo la morte di Giotto occupato una casa che era appartenuta al suo maestro in via del Cocomero. Un altro pittore con i quali Cimabue è detto di essere stato intimo era Gaddo Gaddi [act.1312-1330].

    Era sempre stato supposto che l'apparenza corporea di Cimabue è conservato a noi in una figura-ritratto di Simon Memmi [c.1285-1344] dipinto nella Cappella degli Spagnuoli, in S. Maria Novella, a volto incappucciato sottile di profilo, con barbetta, rossastro e appuntito. Questo è, comunque, estremamente discutibili. Simone Martini di Siena (comunemente chiamato Memmi) è nato nel 1283, e sarebbe quindi stato di circa diciannove anni quando è morto Cimabue, ma non è certo che dipinse l'opera in questione, o che la cifra rappresenta Cimabue. Il maestro fiorentino è parlato di un commentatore contemporaneo quasi su Dante (il cosiddetto Anonimo, che ha scritto su 1334) come Arrogante e disdegnoso, così arrogante e sprezzante che, se uno o se egli stesso, ha trovato un difetto in ogni lavoro del suo, però cari fino ad allora, l'avrebbe abbandonare con disgusto. Ciò, tuttavia, ad una mentalità moderna, appare più come un fastidioso desiderio e aspirazione di perfezione di tale forma di arroganza e di disprezzo, come difetti dell'uomo il carattere di una. Giovanni Cimabue fu sepolto nella cattedrale di Firenze, S. Maria del Fiore, con u
     
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  2. tomiva57
     
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    Sull'opera: "Crocifisso" è un dipinto autografo di Cimabue, realizzato con tecnica a tempera su tavola nel 1268-71, misura 336 x 267 cm. ed è custodito nella Chiesa di San Domenico ad Arezzo.


    Il Cristo benedicente, rappresentato nel tondo in alto, non fu realizzato da Cimabue. Sul terminale sinistro della croce è raffigurata la Madonna, mentre su quello destro, San Giovanni. Intorno al 1917 il dipinto venne restaurato da Domenico Fiscali. Le fonti più antiche non citano la tavola, mentre la storiografia moderna inizia a parlarne soltanto dal 1875, anno in cui il Cavalcaselle l'assegnò a Margarito d'Arezzo conosciuto anche come Margaritone (nascita e morte ignote ma esiste un documento attestante la sua attività nel 1262) con la concordia di Langton Douglas (1903). Più tardi, nel 1922 il Sirén l'assegnò a Coppo di Marcovaldo ((Firenze, ca. 1225 – ca. 1276), con la completa approvazione di Vitzthum e Volbach ("H'K" 1924), i quali vi evidenziavano anche l'ascendenza di Giunta Pisano. Ma già nel 1907 Adolfo Venturi avanzava l'ipotesi di un'autografia di Cimabue, che fu più tardi accolta con decisione dal Toesca (1927). A questi due studiosi ne seguirono molti altri, con l'eccezione di Van Marle (1923), che ipotizzava un "anonimo bizantineggiante"; dell'Oertel ("ZK" 1937), che considerava la composizione come opera di scuola; del Garrison (1949) che propendeva per un'assegnazione alla bottega dello stesso Cimabue o alla scuola di Coppo di Marcovaldo, ammettendo tuttavia interventi più o meno vasti di Cimabue giovane.

    La cronologia dell'opera è stata oggetto di grandi e numerosi dibattiti, con pareri assai discordi che si distanziavano addirittura di decenni. La più verosimile appare invece quella relativa al periodo 1268-71, anni in cui erano ben saldi i legami con Coppo e Giunta. L'influsso di quest'ultimo si percepisce nel corpo del Cristo (non nella flessione, di gusto prettamente ellenistico), nel panneggio e nella struttura della croce, compresa la decorazione.
     
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  3. tomiva57
     
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    Commento alla Madonna con Angeli e S. Francesco, affrescata nella Basilica Inferiore di San Francesco ad Assisi nel 1278

    Cimabue è il primo pittore a evolve il suo stile dall'arte bizantina a quella gotica ed in questo fu maestro e guida a Giotto e ad alti pittori "minori" della generazione dopo la sua.

    Ma, come Dante recita nel Purgatorio "...Credette Cimabue ne la pittura, tener lo campo, e ora ha Giotto il grido, sì che la fama di colui è scura", a Giotto i critici d'arte attribuirono la fama d'innovatore del gusto e degli stilemi artistici del tempo che in effetti è da riconoscere a Cimabue.

    Attraverso l'opera di Cimabue è facile vedere l'evoluzione della pittura del Duecento, prevalentemente Bizantina ed orientale verso un nuovo stile in cui l'aspetto del reale ha la massima importanza.

    L'affresco si trova nel transetto di destra della Basilica inferiore.

    È una delle opere più problematiche di Cimabue sia per la datazione che per i restauri.

    Generalmente quest'opera è ritenuta postuma rispetto agli affreschi della Basilica superiore o alla Madonna custodita nel Museo del Louvre.

    Cimabue per primo realizza il chiaroscuro con la scomposizione sistematica in tanti filamenti fatta con la punta del pennello e potrebbe essere visto come precorritore del Divisionismo.

    Cimabue è il primo pittore a realizzare, adottandola nei suoi dipinti, la voglia di abbandonare i rigidi e ripetitivi schemi medievali per una modernità che poi Giotto ha realizzato perfettamente.

    La tecnica di Cimabue matura e si perfeziona nel tempo: appena accennata nel Crocifisso del S. Domenico di Arezzo, è già buon punto già nel Crocifisso di Santa Croce a Firenze e nella Madonna in Maestà, oggi conservata al Louvre.

    In questo affresco sulle pareti della Chiesa di San Francesco ad Assisi, fatto presumibilmente nel 1278-80, Cimabue ha concluso il suo cammino: della tradizionale pittura duecentesca il pittore ha mantenuto solo il modello iconografico della Madonna con il Bambino in braccio, seduta e circondata da personaggi.


    In questo affresco, sia la Madonna che i quattro Angeli e la figura di San Francesco, posta a fianco, hanno un atteggiamento modernamente naturale.

    Abbandonata la rigidità della pittura bizantina, i corpi, le mani ed i visi sono morbidi e decisamente più umanizzati vivacizzati da un clima pieno di emozioni.

    Cimabue in questa Madonna. anticipa l'arte di Giotto nella tenerezza del gesto del Bambino e nella sapiente cromia delle ali degli angeli.

    Nell'affresco la figura di San Francesco, Cimabue dipinge la figura sparuta del santo del quale disegna devotamente le mani ed i piedi con le ferite delle stimmate caricando la figura di drammaticità.

    Evidente il contrasto dei panneggi che avvolgono il corpo della Madonna e che creano un realistico volume fisico, con il saio del frate reso nella sua semplicità, come doveva essere l'abito di un povero.

    Di lui Cimabue il Lanzi scrisse: "Consultò la natura; corresse in parte il rettilineo del disegno;...animò le teste, piegò i panni, collocò le figure molto più artificiosamente de' Greci..."
     
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  4. lella06
     
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    La Maestà di Santa Trinita



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    Nella chiesa di Santa Trinità a Firenze era conservata un'altra Maestà di Cimabue ora conservata agli Uffizi, della quale non si conoscono né la data né i committenti, ma viene attribuita a un momento più tardo, tra il 1290 e il 1300. Le novità di questa pala sono il maggior senso tridimensionale del trono di Maria, che crea un vero e proprio palcoscenico dove, per esempio, sono inquadrati al di sotto dei santi affacciati col busto in uno spazio realisticamente definito. Più tendenti alla disposizione in profondità sono anche le figure degli angeli ai lati del trono. Le espressioni sono anche più dolci, come nel mosaico del Duomo di Pisa, per cui si pensa che sia verosimile collocare l'opera a quando era già attivo Giotto e Cimabue veniva influenzato dall'allievo.
     
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