RE ARTU' e il suo leggendario mondo

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  1. gheagabry
     
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    Noi leggevamo un giorno per diletto
    di Lancialotto come amor lo strinse…
    (Divina Commedia, Dante, V canto, vv.127-128)


    LANCILLOTTO


    Nel ciclo arturiano, Lancillotto del Lago (o semplicemente Lancillotto o Lance(l)lotto) è uno dei cavalieri della Tavola Rotonda. Nella maggior parte delle romanze francesi (e nelle opere da esse derivate) Lancillotto viene presentato come il più valoroso e fidato dei cavalieri al servizio di Re Artù. L'illecito e tragico amore tra Lancillotto e Ginevra (regina e moglie di Artù), che rompe l'equilibrio di Camelot (diventando una delle cause della sua caduta), fu uno dei simboli dell'amor cortese medioevale. Benché Lancillotto sia uno dei personaggi più celebri del ciclo arturiano, e uno dei meglio noti al pubblico moderno, egli non appare nella leggenda originale. Vi è tuttora un certo dibattito riguardo a chi sia l'autore che ha inventato il personaggio di Lancillotto; certamente, fu Chrétien de Troyes il primo a farne il protagonista di romanzo, il celebre Lancillotto o il cavaliere della carretta. Lancillotto non viene menzionato da Goffredo di Monmouth in quella Historia Regum Britanniae da cui deriva gran parte della mitologia arturiana. Egli compare, invece, nell'opera di Chretien de Troyes (XII secolo). Il nome Lancillotto non ha radici celtiche evidente, sebbene si sia ipotizzata una derivazione da Lance ap Lot ("Lance, figlio di Lot").
    La presentazione di Lancillotto nelle opere di Chrétien de Troyes è complessa e contraddittoria. Nel suo primo poema, Erec et Enide, Lancillotto appare fra i cavalieri della corte di Artù, mentre in Cligés è un antagonista, un potente cavaliere che l'eroe della storia deve affrontare e battere. È in Lancillotto o il cavaliere della carretta che de Troyes introduce il Lancillotto destinato a entrare nella tradizione. Qui egli appare per la prima volta come miglior cavaliere della corte e amante della regina, un tema fondamentale per le successive caratterizzazioni del personaggio. La storia si sviluppa principalmente attorno al salvataggio di Ginevra dal castello di Malagant (che, curiosamente, presenta come un compito che spetta a Lancillotto e non, come si penserebbe, ad Artù stesso). Nell'ultima opera di de Troyes, centrata sul personaggio di Parsifal, Lancillotto svolge un ruolo modesto, e così accade nelle opere che, in diversi periodi storici, si proposero di continuare il ciclo di racconti dello stesso de Troyes. Egli appare addirittura nuovamente come antagonista in un alcuni racconti del ciclo di Tristano. Se alcuni elementi del personaggio Lancillotto potrebbero avere origini precedenti, come si vedrà in seguito, non ci sono motivi per ritenere che l'amore fra Lancillotto e Ginevra non sia originale dell'opera di de Troyes. Lo stesso de Troyes, comunque, non sostenne mai di aver inventato la storia; disse anzi che Il principe della carretta gli fu sostanzialmente commissionato dalla contessa Marie de Champagne, sua protettrice, figlia di Luigi VII di Francia e Eleonora d'Aquitania e in seguito moglie di Enrico II di Angiò e Inghilterra. Marie era una sostenitrice di quella visione dei rapporti fra i sessi che in seguito prese la forma dell'amore cortese (e che escludeva la possibilità di vero amore fra marito e moglie). In questo senso, l'amore fra Lancillotto e Ginevra è ancora più paradigmatico di quello, altrettanto famoso, fra Tristano e Isotta.


    Lancillotto era figlio di Re Ban di Benoic e della regina Elena. Il padre morì improvvisamente combattendo una rivolta causata dalla sua crudeltà (Lanzelet) o mentre fuggiva con la moglie per difendersi dall'aggressione del suo nemico Claudas (altre fonti); Lancillotto, ancora bambino, fu rapito dalla misteriosa Dama del Lago, che lo condusse nel suo regno. Nella romanza tedesca, questo luogo è rappresentato come un'isola abitata da sole donne, dove regna una primavera eterna; nella versione francese, il lago stesso è solo un miraggio che nasconde un vero e proprio regno con tanto di cavalieri (e dove si trovano anche i cugini di Lancillotto Lionel e Bors, figli del fratello minore di Ban). All'età di 15 (o 18) anni, Lancillotto chiede e ottiene di abbandonare il regno del lago per recarsi alla corte di Re Artù per essere nominato cavaliere. Da qui in avanti le avventure di Lancillotto differiscono nelle diverse fonti. In ogni caso, viene a sapere della sua origine regale e recupera il proprio posto nella società; nel Lancillotto in prosa, tuttavia, egli deve prima sconfiggere Claudas, il vecchio nemico di suo padre, in una guerra fra questi e i Cavalieri della Tavola Rotonda. Dopo aver riconquistato il suo rango, il Lancillotto del Lanzelet regna su una terra ereditata dalla moglie Iblis (il regno di Ban è governato da uno zio) e la storia si conclude come da tradizioni fiabesche.
    Le versioni in prosa riprendono invece il tema dell'amore illecito fra Lancillotto e Ginevra, in parte riproponendo fedelmente i fatti del racconto di de Troyes. Lancillotto rimane alla corte di Artù come cavaliere; fra le sue molte imprese, ha occasione di salvare Ginevra prigioniera nel castello di Malagant. Mentre la passione fra lui e Ginevra si sviluppa, Lancillotto viene sedotto dalla figlia del Re Pescatore (che alcune fonti chiamano Elena) e con lei concepisce Galaad, destinato a vincere il Graal. La gelosia di Ginevra lo rende folle e lo convince a fuggire in esilio. Durante la lontananza dalla corte prende parte, invano, alla ricerca del Graal; riesce però a intravederlo, e perde conoscenza, rimanendo in questo stato per un numero di anni pari a quelli passati nel peccato. Alla fine, la sua relazione con Ginevra viene rivelata ad Artù dai figli. Sorpreso insieme alla regina, Lancillotto fugge, e la regina stessa viene condannata al rogo. Per impedire la morte dell'amata, Lancillotto assalta la corte con i suoi soldati, in una battaglia in cui muoiono molti cavalieri di Artù. Gli scontri fra Artù e Lancillotto, che minano in modo fatale l'equilibrio del regno, vengono interrotti dall'invasione romana prima e poi dal tradimento di Mordred; Lancillotto, che non vi prende parte, sopravvive ad Artù, Ginevra, e alla distruzione della Tavola Rotonda. Diventa eremita e trascorre la sua vecchiaia in odore di santità.
    (Matteo Zotti)

    "Signore, molto ho dovuto attendere prima di potervi vedere, sebbene fossi assai desiderosa di
    incontrarvi. Ma ditemi: siete davvero voi il prode che da solo ha saputo vincere ogni avversario
    nei due giorni di battaglia?"
    (Ginevra)


    Lancillotto incarna l’archetipo del guerriero leale e coraggioso, ma “troppo umano”. Le sue virtù sono soprattutto mondane; brilla nella società cavalleresca ma fallisce inesorabilmente nella sua ricerca dell’Eterno. Mentre Merlino soccombe all’aspetto magico e superumano del Femminile, impersonato dalla Dama del Lago, Lancillotto cade davanti a quello terreno e sensibile incarnato da Ginevra. La sua attrazione per la moglie del suo re costituisce per lui un peso insormontabile, e sembra simboleggiare il limite di tutti i cavalieri della Tavola Rotonda: uomini dal comportamento generalmente ineccepibile e con un severo codice d’onore, la cui ambizione principale tuttavia non è spirituale o metafisica, ma piuttosto quella di primeggiare nel mondo. Non a caso il Graal, l’aspetto eterno e supremo del Femminile, la Coppa che apre l’accesso ai mondi sovrasensibili, sarà “conquistato” solo da Galahad, che nella sua purezza adamantina non subisce la fascinazione della Donna.
    Dopo essere stato ammesso come Cavaliere alla Tavola Rotonda, Lancillotto divenne il più intimo amico di Artù, oltre che suo campione, e lo aiutò a sedare la ribellione di Galehaut, the Haut Prince, che si arrese dopo aver osservato in battaglia le sue capacità di Cavaliere. Galehaut divenne il suo miglior amico, arrivando persino ad essere il segreto corriere del suo amore per Ginevra.
    Lancillotto, il più valoroso dei cavalieri di Artù, fu destinato a diventare parte dell’eterno triangolo con Artù e Ginevra. Il suo amore per Ginevra era grande, più grande persino della sua fede. La sua forza affondava in esso le proprie radici, il coraggio da tale sentimento traeva nutrimento: affrontò imprese disperate per salvare la sua Regina, la sua amata, ed ogni volta la sua fama cresceva. In realtà però, egli cercava con le sue imprese di sfuggire al suo destino. Ma le trame del destino, forgiate con il telaio del desiderio e tessute dal sogno in cui viveva, erano più forti del migliore dei cavalieri, di lui stesso. Con la coscienza che lo accusava continuamente, affrontò avventura dopo avventura per stare il più lontano possibile dalla sua Signora, il suo amore.
    Lancillotto esplorò terre sconosciute per trovare la pace, idealizzata nella figura del Sacro Graal. Divenne conscio della sua vera essenza immortale quando entrò da ignaro, per volere del suo Eterno, nelle Terre di Sogno. Lì ricreò il suo regno, il suo castello (Bamburgh Castle, nel regione del Northumberland), il suo intero mondo. Tutto gli fu possibile, tranne raggiungere la pace.
    La loro relazione illecita fu il tema di molti racconti medievali. Il loro amore durò per anni, fin quando Sir Mordred, il cavaliere nero, scoprì la tresca ed informò il sovrano. Artù “dette quindi licenza” di catturare Lancillotto e condannò al rogo la moglie infedele. Lancillotto accorse così a salvare la sua amata, uccidendo però nell’impresa molti cavalieri e causando la rovina della compagnia della Tavola Rotonda.
    Successivamente, Ginevra si rinchiuse in convento per il resto dei suoi giorni, mentre Lancillotto si ritirò nella sua Gioiosa Guardia, il castello che da allora chiamò La Dolorosa Guardia.
    (giardinodellefate.wordpress.com)


    Fragile è l'uomo eroico condottiero fedele ad Artù:
    avvinta è la sua anima dal volto d'una dama
    Ella fu Regina, ma prima ancora donna:
    dolce Ginevra proibito il desiderio del prode cavaliere.
    Di Lancillotto e d'un bacio galeotto l'Eterno Amore:
    tra le fiamme del tempo ancora si racconta.
    (Eufemia Griffo)

     
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  2. gheagabry
     
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    “Il segreto dell’esistenza umana non sta soltanto nel vivere,
    ma anche nel sapere per che cosa si vive”
    - F.Dostoevskij -


    PARSIFAL


    Parsifal è uno dei personaggi più conosciuti nelle leggende del ciclo arturiano. Parsifal è uno dei cavalieri della tavola rotonda, ed è anche colui che riesce a vedere il Graal. Sono giunte diverse leggende su questo personaggio, ma tutte raccontano di un giovane nato e cresciuto nella foresta e che in seguito, recatosi alla corte di re Artù, diventa un cavaliere della tavola rotonda. Parsifal riesce a vedere il Graal perchè è uno spirito pieno di purezza. Si racconta che Parsifal non avrebbe bevuto alla sacra coppa per motivi di timidezza.

    La storia è narrata nel poema "Le roman de Perceval ou le conte du Graal" (Il romanzo di Parsifal o il racconto del Graal) di Chrétien de Troyes e poi viene ripresa nel romanzo medievale tedesco "Parzifal" di Wolfram von Eschembach; si tratta di un romanzo di "formazione": l'eroe, dapprima ingenuo e puro, è alla ricerca della sua umanità interiore e, attraverso le più svariate esperienze, prende via via coscienza di sé e della sua missione nel mondo. Parsifal non ha mai conosciuto suo padre, valoroso cavaliere morto in guerra, e vive in un bosco con la madre, che vuole proteggerlo e non vuole perderlo come aveva perso suo marito. Ma giunge, ineluttabile, il momento del suo incontro col destino e la sua imperiosa quanto misteriosa "chiamata": nella foresta, Parsifal si imbatte in quattro cavalieri dalle fulgenti armature e decide di seguirli; abbandona così sua madre, incurante del terribile dolore che le procura e che la conduce alla morte (del resto aveva già ucciso, per puro capriccio, un meraviglioso e innocuo cigno). In seguito si scontra in duello col Cavaliere Rosso, lo batte e gli risparmia la vita, ma solo per dimostrare la sua superiorità e ostentare la sua generosità; poi salva la vita a Biancofiore, una tenera fanciulla che si innamora di lui ma che l'eroe, insensibile alle sue lacrime e al suo stesso affetto per lei, abbandona: nessuna ombra, nessun cedimento deve macchiare la nobiltà delle sue aspirazioni.
    Dopo alterne vicende, Parsifal giunge al castello del Re Pescatore, Amfortas, che è malato e sofferente: con lui langue tutta la sua gente e la terra inaridita. Amfortas è un discendente di Giuseppe di Arimatea, che aveva deposto Gesù dalla Croce e lo aveva fatto mettere in una tomba di sua proprietà; il Re custodisce il Santo Graal, la coppa in cui sarebbe stato raccolto il sangue di Gesù crocifisso, e la Lancia insanguinata di Longino, cioè la lancia con cui Gesù sarebbe stato trafitto nel costato dal soldato Longino (che poi si sarebbe convertito e sarebbe diventato un ardente seguace di Cristo).
    Parsifal avrebbe potuto guarire il Re, il suo popolo e la terra, se solo avesse posto una domanda: "A che cosa serve il Graal?" Ma il giovane non è ancora abbastanza maturo e non chiede nulla: non è ancora capace di riflettere; non ha ancora capito che nel mondo c'è tanta sofferenza (ad esempio il sangue che gronda dalla lancia di Longino), che non bisogna seguire un astratto ed egoistico ideale, ma calarsi nei mali del mondo per migliorarlo e rendersi degni della infinita misericordia di Dio, della quale il Santo Graal è il simbolo tangibile.
    Il castello di Amfortas, misteriosamente, scompare; Parsifal si ritrova da solo in una landa desolata e riparte: deve imparare ancora tanto; non ha ancora conosciuto il Padre, che è al di sopra degli uomini; da bambino è cresciuto senza la guida di suo padre ed è stato allevato in un bosco solitario dalla madre, che voleva preservarlo da ogni contatto col mondo esterno e dai suoi pericoli.
    Solo dopo altre esperienze (determinante era stato l'incontro e il lungo bacio di Kundry, una bellissima donna; Kundry lo aveva sedotto parlandogli della madre che lo accarezzava ed era morta di dolore per la sua partenza; solo allora Parsifal si era reso conto di tutta la sofferenza che aveva causato alla madre), dopo molte avventure e grandi dolori, Parsifal ritrova il castello e riesce a porre la fatidica domanda: allora il vecchio Re guarisce, il popolo esulta e la terra rifiorisce; Parsifal scopre che Amfortas è in realtà suo nonno, ne eredita il regno e diventa a sua volta il custode del Sacro Graal. Dopo tante peripezie, Parsifal è diventato saggio, ha saputo ridimensionare il suo egocentrismo e si mette al servizio dei suoi simili, non del suo Io; e ha anche ritrovato, in Amfortas, il Padre, quel principio spirituale da cui dipendono il mondo, la vita e la nostra esistenza individuale.
    (Luciano Ballabio)

    ...il Graal...


    Un Cavaliere (Parsifal o Galaad "il Cavaliere vergine") occupa allora lo "Scranno periglioso", una sedia tenuta vuota alla Tavola Rotonda, su cui può sedersi (pena l'annientamento) solo "il Cavaliere più virtuoso del mondo", colui che è stato predestinato a trovare il Graal. Ispirato da sogni e presagi, e superando una serie di prove perigliose come il "Cimitero periglioso", il "Ponte periglioso", la "Foresta perigliosa" eccetera, Parsifal rintraccia Corbenic, il Castello del Graal e giunge al cospetto della Sacra Coppa. Non osa però porre le domande <>, contravvenendo così al suggerimento evangelico "Bussate e vi sarà aperto" e così il Graal scompare di nuovo.
    Dopo che il Cavaliere ha trascorso alcuni anni in meditazione, la ricerca riprende e finalmente Parsifal (o Galaad) pone il quesito, a cui viene risposto. <<È il piatto nel quale Gesù Cristo mangiò l'agnello con i suoi discepoli il giorno di Pasqua. (...) E perchè questo piatto fu grato a tutti lo si chiama Santo Graal>> . Il Re Magagnato si riprende, il Wasteland finisce; Re Artù muore a Camlann e Merlino sparisce nella sua tomba di cristallo. Il Graal viene a questo punto, siamo intorno al 540, riportato da Parsifal a Sarraz, una terra in medio oriente impossibile da situare storicamente e geograficamente.

    Richard Wagner - Parsifal



    «Wagner ha mai composto qualcosa di più bello? [ … ] qui, proprio nel profondo di questa musica, compare un sentimento sublime e straordinario, un’esperienza di vita e un esito dell’anima che onorano moltissimo Wagner, una sintesi di stati d’animo che molta gente, compresi i nostri intellettuali “superiori”, considererà incompatibili: una tremenda severità di giudizio “dall’alto” che deriva da una comprensione profonda dell’anima e che vede attraverso l’anima, trapassandola come col filo d’un coltello, e di pari passo con ciò c’è una compassione per quello che è stato percepito e giudicato. Solo Dante è paragonabile, nessun altro. C’è stato mai nessun pittore capace di descrivere in modo così triste una visione d’amore come Wagner fa negli accenti finali del suo Preludio?».(Friedrich Nietzsche)

    Chiaro è il mattino che nasce dall'Est:
    questa foresta è tua.
    Nato selvaggio, puro nell'anima,
    non sai paura cos'è.
    Quei cavalieri simili a Dei
    non li hai mai visti però:
    non paura nasce dentro.
    Folle nell'alba, tu vuoi conoscere
    ciò che nel bosco non c'è:
    hai scoperto il tuo destino -
    il tuo destino nel nome che tu avrai:
    re della luce sarai.
    Corri, corri, corri, corri.
    Parleranno a te di Dio, del Re.
    Le fanciulle fiore nel viaggio vedrai.
    In un grande sogno antico
    la tua nuova vita solitario ti sospingerà
    e un dubbio ti conquisterà.
    L'incantata età straniera di lei
    non è gloria o vento, ma dolce realtà.
    Dentro l'erba alta al fiume,
    le tue armi al sole e
    alla rugiada hai regalato ormai:
    sacro non diventerai.
    Qui si ferma il tuo cammino.
    (i Pooh)

     
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  3. gheagabry
     
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    IL SACRO GRAAL
    LA SACRA COPPA DELL'ULTIMA CENA
    E’ una delle parole che più attraggono l'attenzione dei lettori di ogni età: in secoli di storia il Graal sembra non aver perso nulla della sua antica potenza. Anzi. Oggi come non mai è al centro di romanzi, saggi di ogni tipo, film e fumetti. Ma cos'è veramente il Graal? Le sue tracce storiche, come le teorie, si perdono nel tempo e nella fantasia. Il termine "graal" inizialmente, in francese antico, deriva probabilmente dal latino medievale “gradalis” e significa calice, vaso, scodella o anche catino. Secondo la tradizione, il Graal è la coppa che Gesù Cristo ha usato nell'ultima cena, la stessa che ha poi raccolto il suo sangue dopo la crocifissione. Proprio il contatto con il sangue di Gesù, gli avrebbe trasmesso dei grandi poteri così come sarebbe accaduto alla lancia di Longino ed alla Sacra Sindone.
    La prima volta
    Come però sia nato il vero mito del Graal, questo ancora non si sa. Per certo conosciamo solo l'occasione nella quale il termine è stato usato. Era il 1190, infatti, quando morì lo scrittore francese Chrétien de Troyes. Il suo romanzo incompiuto, il “Perceval, ou le conte du Graal”, citava per la prima volta il Graal. Il giovane Perceval, dopo essere diventato cavaliere alla corte di re Artù, raggiunge il castello del Re Pescatore, dove accanto alla tavola imbandita, vede sfilare dei ragazzi con degli oggetti misteriosi: una lancia insanguinata, due candelabri e il Graal, descritto come una coppa d'oro purissimo incastonata con meravigliose pietre preziose, al cui ingresso si diffonde un gran chiarore. Sarà in seguito un'ostia contenuta nel Graal a tenere in vita il Pescatore ferito, e ad essere il suo unico sostentamento.
    Una coppa o una pietra?
    È nato così il mito immortale del Graal, anche se è certo che non sia stato Chrétien de Troyes ad inventarlo. Dopo di lui comunque, anche altri hanno scritto della mitica coppa, cambiando però talvolta la sua natura. All'inizio del XIII secolo, il poeta tedesco Wolfram von Eschenbach scrive “Parzival”, un romanzo cortese come quello di Chrétien ma con una sostanziale differenza: il Graal invece di una coppa è una pietra magica, ed è «fonte di ogni bene in terra». Questa trasformazione ha fatto pensare ad un influenza della cultura orientale piuttosto che di quella celtica del precedente romanzo. Inoltre, la nuova natura di pietra assunta dal Graal ha portato a collegamenti ideali sia con la pietra filosofale cara agli alchimisti che con la pietra che, secondo una leggenda, ornava la corona di Lucifero e cadde con lui dal cielo.
    Da Giuseppe di Arimatea a re Artù
    Dobbiamo a Robert de Boron, invece, il “Joseph d'Arimathie. Le Roman de l'Estone don Graal” composto intorno al 1202. Il Graal compare ora come la coppa usata da Gesù nell'ultima cena. Giuseppe di Arimatea, un mercante suo discepolo, desiderando avere qualcosa appartenuta a Gesù, da conservare come una reliquia, si sarebbe fatto dare la coppa dove aveva bevuto il Messia dal padrone della casa dove si era consumata l'ultima cena. I Vangeli di Matteo, Marco e Luca, ci raccontano che durante l'ultima cena Gesù prese il pane, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli insieme al vino del suo calice, dando inizio così al sacramento dell'Eucarestia. Il giorno seguente, di venerdì, Gesù fu crocifisso. Deposto dalla croce, Giuseppe di Arimatea lo avvolse nel lenzuolo che oggi è la Sacre Sindone, e lo portò in una tomba nuova, che lui stesso aveva fatto costruire. Secondo la leggenda del Graal, durante la preparazione e il lavaggio del corpo prima della sepoltura, Giuseppe vide uscire delle gocce di sangue dal costato di Gesù, proprio dalla ferita che il centurione Longino aveva fatto con la sua lancia, e le raccolse nella coppa servita pochi giorni prima per la consacrazione dell'ultima cena. In seguito Giuseppe di Arimatea partì dalla Palestina in direzione della Britannia per fondare la prima chiesa cristiana, portandosi dietro quello che oggi chiamiamo il Santo Graal.
    Versioni discordanti
    La storia del Graal, però, non è uguale per tutti. Secondo una parte della tradizione, la mitica coppa restò per alcuni secoli in Inghilterra, fino a quando, nel VI secolo, si decise di trasferirla a Roma. Il sacerdote incaricato di portarla, però, vista l'invasione dei Longobardi, si fermò all'Isola Comacina. Una chiesa costruita in onore del Santo Graal ricorderebbe proprio l'aiuto dato dalla reliquia alla resistenza dell'isola. Da lì il Graal sarebbe stato portato in Val Codera, in uno dei misteriosi luoghi che vengono citati come un suo possibile nascondiglio. Un'altra visione della storia, che unisce tradizione celtica e cristiana, riporta che Gesù, che sarebcr stato in passato con Giuseppe d'Arimetea in Cornovaglia, avesse ricevuto da Merlino un druido converto al cristianesimo, una coppa rituale, la stessa che avrebbe portato con sé per l'ultima cena. Dopo la sua morte, Giuseppe sarebbe tornato in Inghilterra proprio per restituirla, accresciuta dal potere dato dal sangue di Cristo. Il Graal sarebre stato quindi consegnato al Re Pescatore, parente sia di Giuseppe che di Parsifal. Quando, tempo dopo, sulla Britannia si abbattè la "wasteland", una maledizione sia spirituale che materiale, causata da una ferita inflitta al Re Pescatore con la lancia di Longino, del Graal si perse ogni traccia. E’ a questo punto che Merlino invita Artù a ritrovarlo ad ogni costo, perché la sua grazia liberi la Britannia dall'incubo. Parsifal, l'unico cavaliere della Tavola Rotonda degno di trovare il Graal, inizia la sua ricerca, arrivando più volte vicino alla meta, fino a quando non riesce a prendere quello che viene definito "il piatto nel quale Gesù mangiò l'agnello con i discepoli il giorno di Pasqua".
    La nascita del mito nei paesi nordici
    Prima di diventare un mito cristiano, quello del Graal è stato, anche se in forme diverse, un mito celtico. In Europa si raccontava di vasi, caldaie e coppe dal grande potere, come il Calderone dei Dagda, la "coppa della vita" della civiltà celtica. Il Calderone di Gundestrup può esserne un esempio. La storia del Re Pescatore, di re Artù e ricerca del Graal da parte dei dodici cavalieri della Tavola Rotonda, è il risultato della fusione delle due tradizioni quindi, cristiana e celtica, ed i cavalieri che, come Lancillotto, falliscono la loro missione scontano la propria impurità. Dall'Inghilterra il mito si allarga all'Europa, fino ad arrivare ai nostri giorni. Ma nel frattempo dov'è il Graal? Secondo una fonte sarebbe stato portato nel 540 in Medio Oriente dove sarebbe rimasto nascosto per secoli, fino all'arrivo dei crociati. Quando nei primi anni del Mille i cavalieri cristiani arrivarono in Terra Santa, sentirono per certo parlare del misterioso oggetto dai grandi poteri, ormai patrimonio della tradizione esoterica locale. Furono loro, con molta probabilità, a diffondere di nuovo il mito in Europa una volta tornati in patria. Se poi da quei luoghi lontani hanno riportato solo il racconto o anche il vero Santo Graal, questo non è dato saperlo.
    Un forte valore simbolico
    In ogni caso, non sarebbe corretto identificare la coppa misteriosa solo con la preziosa reliquia dell'ultima cena. Il Graal, infatti, ha anche un forte valore simbolico ed esoterico. Per gli alchimisti sarebbe uno strumento di conoscenza e di evoluzione spirituale. Secondo Julius Evola, ad esempio, il Graal sarebbe al centro di un rito iniziatico pagano al quale, nel medioevo, la Chiesa si sarebbe opposta. Per René-Guenon il Graal sarebbe giunto nella cristianità provenendo dalla tradizione iniziatica dei druidi e rappresenterebbe il centro del monde esoterico, simbolo della religione primordiale proveniente dal mondo sotterraneo di Agarthi. Più "modernamente", Adolf Hitler lo considerava uno strumento per conquistare il mondo mentre per il grande psicanalista Cari Jung sarebbe in realtà un archetipo dell'inconscio.
    Cercando il Graal
    Ma dove si troverebbe veramente il Graal? Fa veramente parte del misterioso tesoro dei Cavalieri Templari? Secondo il racconto di un pellegrino inglese del VII secolo, sarebbe custodito in Terra Santa, in una cappella vicino Gerusalemme. Un'altra fonte parla invece del Graal come del piatto dell'ultima cena conservato oggi nella Cattedrale di San Lorenzo a Genova. Si tratta del Sacro Catino, una coppa esagonale in vetro verde che la tradizione vuole sia stata intagliata in uno smeraldo. I genovesi la portarono in patria come trofeo dopo aver conquistato la città di Cesarea, in Palestina, nel 1102. Portata a Parigi da Napoleone Bonaparte, fu riportata in Italia con degli evidenti danni. Restando in Italia, il Graal potrebbe essere custodito a Bari, dove è riportato su un bassorilievo della cattedrale, e a Torino, indicato con gli occhi da una statua della Chiesa della Gran Madre. Il Graal è stato identificato anche nel Santo Calice, una coppa di agata montata su una base medievale in oro, perle e pietre preziose, che si trova nella cattedrale di Valencia. Secondo la leggenda sarebbe stato portato a Roma da San Pietro e da lì il diacono Lorenzo l'avrebbe portata nella città spagnola. Un'altra versione della storia chiama in causa i cavalieri Teutonici, nati nel 1190, che avrebbero affidato il Graal, ricevuto a loro volta dai mistici Sufi, all'imperatore Federico II perché lo salvasse durante le crociate. Questo spiegherebbe l'edificazione dell'enigmatico edificio di Castel del Monte fatto costruire dall'Imperatore, la cui vera funzione resta ancora oggi misteriosa.
    In Europa e oltre oceano
    Un altro nascondiglio del Graal potrebbe essere il Castello di Gisors, in Francia, dove l'avrebbero portato i Templari, custodi della preziosa reliquia dalla fine del XII secolo, da quando l'avrebbero ricevuto dalla "setta degli assassini", gli adoratori di Bafometto, che per alcuni non era altro che il Graal. Sempre in Francia, ci sono altri due posti nei quali si parla del Graal: il Castello di Montsegur, ulama preziosa roccaforte dei Catari, e la chiesetta di Rennes le Chateau, famosa per le vicende che hanno avuto come protagonista l'abate Saunière. Tornando in Gran Bretagna, come nascondiglio segreto del Graal si ipotizza la cappella di Rosslyn, in Scozia, stranamente piena di riferimenti templari pur essendo stata edificata dopo lo scioglimento dell'ordine. Più a sud, invece, a Glastonbury, nel Somerset, in quella che viene indicata come la leggendaria Avalon e dove nel 1191, durante la terza crociata, sono state scoperte le tombe della regina Ginevra e di re Artù, si trova il Chalice Well, il pozzo nel quale, secondo la tradizione, Giuseppe di Arimatea avrebbe gettato il Graal. Una leggenda alimentata anche dallo strano sapore metallico dell'acqua del posto. Il mito del Graal ha varcato anche l'oceano, arrivando a Oak Island negli Stati Uniti, dove sarebbe nascosto sul fondo di un pozzo canadese, un vero mistero che ha appassionato ricercatori da tutto il mondo ma che ancora non sembra voler svelare i suoi segreti. Proprio come il vero Santo Graal.
    "Sang Real".. Santo Graal
    Per la maggior parte degli appassionati il Graal è da ricercare nei luoghi più disparati della Terra. Non solo. Per molti non sarebbe ancora chiaro neanche il suo vero aspetto. Si va infatti dalla coppa e da un catino, ad una pietra caduta dal cielo, dall'Arca dell'Alleanza ad un misterioso libro scritto da Gesù, dalla Sacra Sindone di Torino alla pietra centrale della corona di Lucifero. Tre scrittori popolari inglesi, Henry Lincoln, Richard Leigh e Michael Baigent nel loro “The Holi Blood and the Holy Grail” del 1982, hanno ipotizzato un'ulteriore versione. Secondo loro, infatti, i Graal non sarebbe un oggetto materiale, ma la linea di sangue dei discendenti di Gesù Cristo. In sintesi, affermano che Gesù avrebbe lasciato la Palestina con Maria Maddalena e che da lei avrebbe avuto dei figli, dai quali avrebbe poi avuto origine, in Francia, la dinastia reale dei Merovingi. Il Graal, quindi, sarebbe stata la stessa Maddalena, vero "contenitore" del sangue di Cristo. Un "sang real", sangue reale, che continuerebbe a scorrere anche oggi nelle vene dei misteriosi discendenti di Gesù, sotto protezione del fantomatico Priorato di Sion. Una teoria, questa, che oltre a numerose critiche ha dato vita anche al romanzo di Dan Brown, il codice da Vinci, successo letterario senza precedenti.

     
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  4. gheagabry
     
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    ARTU'



    artu1




    … e che Dio, e tutti gli esseri di luce
    possano ascoltarmi ed essere accanto a me
    e a tutte le persone che mi sono vicine
    e a quelle che continuano ad amare,
    malgrado tutto e malgrado molti…
    E che questi molti, che non saranno mai tutti…
    vivano nel timore che la spada benedetta di Excalibur…
    Possa colpirli, in questa come nell’altra vita…
    che non sarà un’altra beffa…
    Ed i conti saranno chiusi…






    Artù storico

    Re Artù è la figura centrale nelle leggende arturiane. Viene ritenuto il figlio di Uther Pendragon e Ingraine della Cornovaglia. Artù è un personaggio mitico affine alle mitiche storie celtiche al pari di Culhwch e Olwen. La figura di re Artù è stata sempre molto emblematica e discussa sia per quanto riguarda la sua reale esistenza che per le innumerevoli leggende che lo riguardano.
    Alcune teorie lo vorrebbero inquadrato nel tardo V secolo e impegnato nel combattere il paganesimo sassone nella zona del Galles, ma ovviamente la realtà lascia lo spazio al mito e a tutto quello che riguarda il vero e proprio ciclo bretone.

    Nelle prime cronache latine viene rappresentato come un capo militare, il “Dux Bellorum”. Negli ultimi romanzi cavallereschi, invece, viene considerato un Re e un Imperatore.
    Rimane tutt’oggi acceso il dibattito sulla questione se Re Artù fosse o meno una reale figura storica. Tale dibattito iniziò dal Rinascimento quando la dimensione storica di Artù fu strenuamente difesa, in special modo dalla dinastia dei Tudor, che legarono la loro discendenza a quella di Artù. La scuola moderna, in generale, sostiene la teoria per la quale ci furono persone realmente esiste mescolate nelle leggende anche se non è certo si riferiscano ad un re con il suo seguito di cavalieri.
    Se esiste una base storica di tali attributi, è chiaro che egli dovrebbe aver acquistato la fama di cavaliere combattendo contro gli invasori germanici nel tardo V secolo e nei primi anni del VI secolo. Fin quando non si troveranno delle prove storiche concrete il dibattito è destinato a durare. Comunque, non possiamo dimenticare l’influenza che Re Artù ha avuto sulla letteratura, l’arte, la musica e la società dal medioevo fino ai giorni nostri. Nonostante ci sono stati moltissimi romanzi storici che collocano Artù nel VI secolo, è la figura leggendaria del medioevo che ha maggiormente catturato la nostra immaginazione.

    Artù leggendario

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    Il nome Artù potrebbe essere origianrio del termine “Artorius”, un nome della gens romana ma, secondo altri studiosi è verosimile una sua origine celtica la quale deriverebbe da “artos viros”.
    Un profilo della vita dell’eroe è descritto da Geoffrey di Monmouth (XII secolo) nella sua “Historia Regum Brittaniae” – la Storia del Re di Britannia. Gran parte delle sua vita è un’invenzione di Geoffrey e una buona parte proviene da materiale tradizionale di incerta origine. Egli ci racconta che Re Artù era figlio di Uther e sconfisse i barbariin una dozzina di battaglie. leggenda di artùSuccessivamente conquistò gran parte dell’impero e alla fine andò in guerra con i Romani. Ritornò a casa scoprendo che suo nipote Mordred incitò alla somossa la popolazione e rapì Ginevra, la regina. Dopo lo sbarco, ebbe luogo la sua battaglia finale.
    La saga si sviluppò durante tutti i secoli e le tradizioni celtiche di Artù giunsero nel continente attraverso la Bretagna. “Le Morte D’Artù” di Malory potrebbe essere considerata la storia originale di Artù. Egli, secondo Malory, fu concepito quando Uther, una volta conosciuta Ingraine, fu sottoposto ad un incantesimo da Merlino, così da assomigliare a suo marito. Il bambino Artù fu consegnato a Ector per essere cresciuto in segreto. Dopo la morte di Uther non ci fu nessun regnante a governare l’Inghilterra. Merlino, così, conficcò una spada in una roccia dicendo che chiunque l’avesse estratta, sarebbe diventato il Re. Artù diventato grande riuscì a sfilare la spada e fu così incoronato dallo stesso Merlino. Questo provocò una ribellione da parte degli undici governatori che Artù depose immediatamente. Successivamente sposò Ginevra il cui padre diede ad Artù La Tavola Rotonda come dote e divenne il luogo dove i suoi cavalieri potevano riunirsi evitando così dispute su chi dovevesse governare poichè la Tavola Rotonda metteva tutti sullo stesso piano. Da questo momento seguì un regno fatto di splendore e magnificenza; la corte di Artù divenne il centro focale dove nacquero molti eroi. Nella guerra contro i Romani, Artù sconfisse l’Imperatore Lucio e lui stesso divenne imperatore. Comunque, il suo più illustre cavaliere, Lancelot, si innamorò di Ginevra, ma la loro relazione segreta venne alla luce e la ricerca del Santo Graal incominciò.
    Così Lancelot fuggì mentre Ginevra fu condannata a morte. In seguito Lancelot la liberò e la portò nel suo regno. Ciò spinse Artù ad attraversare lo Stretto per combattere il suo ex prediletto cavaliere. Mentre stava andando via dalla Britannia, Artù lasciò la carica di regnante a Mordred. Però Mordred si ribellò e Artù fu costretto a ritornare indietro per sopprimere qualsiasi ambizione di predominio. Questo episodio portò all’ultima battaglia di Artù sul Salisbury Plain dove uccise Mordred ma lui stesso rimase gravemente ferito. Fu poi trasportato su una barca dove, come si disse al tempo, si stava dirigendo verso la Valle di Avalon. Alcuni dicono che non morì mai e che un giorno potrebbe ritornare. Comunque la sua tomba fu presumibilmente scoperta a Glastonbury durante il regno di Enrico II (1154-1189).


    artu-wum



    Edited by gheagabry - 7/2/2013, 23:29
     
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  5. gheagabry
     
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    "Le nebbie di Avalon"

    Marion Zimmer Bradley


    Gli anni passano intorno a noi
    sembran diventar più deboli
    per illuminarmi il cammino
    per vedere, per andare
    verso Avalon, isola di fantasie

    Se la nebbia andrà via
    dalla sponda del lago
    potrò alzarmi in piedi
    e vivere la vita
    se la mente sarà chiara
    sarà difficile scordare

    Tutto scivola nell'oscurità'
    puoi vedermi mentre vado via
    puoi sentirmi se ti chiamo
    e ti porterò molto in alto
    verso Avalon, isola di fantasie

     
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  6. gheagabry
     
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    La Tavola rotonda di Re Artù?
    In realtà era l'anfiteatro di Chester


    Re_Artu_-Tavola_rotonda

    Secondo alcuni esperti la roccaforte di Camelot sarebbe stata una struttura in pietra e legno di epoca romana

    La figura di Re Artù è sempre stata un enigma, così pure la leggenda dei suoi cavalieri e di quella Tavola Rotonda attorno alla quale si diceva si riunissero prima di ogni battaglia contro gli odiati Sassoni. Ma un documentario che verrà trasmesso da History Channel il prossimo 19 luglio alza finalmente il velo sul controverso monarca, la cui esistenza sarebbe stata spesso messa in dubbio dagli studiosi di storia inglese, mentre un’altra scuola di pensiero lo avrebbe identificato in un condottiero romano-britannico vissuto fra il V e il VI secolo. A quanto pare, infatti, alcuni esperti avrebbero individuato la posizione precisa della roccaforte di Artù, scoprendo così che la famosa Tavola Rotonda di Camelot esisteva davvero, ma anziché essere un classico tavolo di legno o di marmo, era, piuttosto, uno spazio circolare all’interno dell’anfiteatro di Chester, una massiccia costruzione in pietra e legno alta oltre 12 metri, risalente all’epoca romana e capace di contenere fino a 10 mila persone.
    LA RICOSTRUZIONE DEGLI STUDIOSI - Stando alla ricostruzione fatta dagli studiosi e che verrà presentata in King Arthur’s Round Table Revealed, la struttura circolare del quartier generale di Artù ben si conciliava con le gerarchie dell’epoca, con i nobili della regione che sedevano in prima fila nell’arena, mentre quelli di rango inferiore si posizionavano più indietro, sui banchi di pietra. E la scelta di Chester non sarebbe stata affatto casuale, visto che proprio in quel luogo il Re avrebbe riportato una delle sue maggiori vittorie nelle 12 battaglie combattute in 40 anni contro i pagani Sassoni.«Anziché costruire appositamente Camelot – ha spiegato al Mail on Sunday lo storico inglese Chris Gildlow – Artù ha seguito la logica, scegliendo di utilizzare una struttura già esistente, lasciata dai Romani e i primi riscontri che abbiamo relativi alla Tavola Rotonda dimostrano come essa non fosse affatto un tavolo da pranzo di forma circolare, bensì un luogo in grado di ospitare mille persone alla volta. Sappiamo inoltre che una delle due più grandi battaglie di Artù ebbe luogo in una città conosciuta come la Città delle Legioni e ci sono solo due posti che possono vantare tale titolo: una era St Albans, mentre la posizione dell’altra è sempre rimasta avvolta nel mistero, ma la recente scoperta in un anfiteatro di un monumento commemorativo in pietra dedicato ai martiri cristiani lascerebbe supporre che la location misteriosa fosse proprio Chester. E se a questo aggiungiamo che nel VI secolo un monaco chiamato Gildas, che scrisse i primi resoconti sulla vita di Artù, parlò della Città delle Legioni riferendosi al santuario dedicato ai martiri all’interno di essa, ecco la prova conclusiva: ovvero, Chester, con il suo santuario nell’anfiteatro, era il luogo dove si riunivano Re Artù e la sua corte e dove, perciò, si trovava la sua leggendaria Tavola Rotonda».



    Simona Marchetti
    11 luglio 2010
    fonte Corriere della Sera. it
     
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  7. gheagabry
     
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    La storia del Re Pescatore
    Comincia col re da ragazzo, che doveva passare la notte nella foresta per dimostrare il suo coraggio e diventare re, e mentre passa la notte da solo è visitato da una visione sacra: nel fuoco del bivacco gli appare il Santo Graal, simbolo della grazia divina, e una voce dice al ragazzo: "Tu custodirai il Graal onde possa guarire il cuore degli uomini!". Ma il ragazzo accecato dalla visione di una vita piena di potere, di gloria, di bellezza, in uno stato di completo stupore, si sentì per un attimo non un ragazzo, ma onnipotente come Dio, allungò la mano per prendere il Graal e il Graal svanì, lasciandogli la mano tremendamente ustionata dal fuoco. E mentre il ragazzo cresceva, la ferita si approfondiva, finché un giorno la vita per lui non ebbe più scopo, non aveva più fede in nessuno, neanche in sé stesso, non poteva amare ne sentirsi amato, era ammalato di troppa esperienza, e cominciò a morire. Un giorno un giullare entrò al castello e trovò il re da solo, ed essendo un semplice di spirito egli non vide il re, vide soltanto un uomo solo e sofferente, e chiese al re: "Che ti addolora amico?" e il re gli rispose: "Ho sete e vorrei un po' d'acqua per rinfrescarmi la gola". Allora il giullare prese una tazza che era accanto al letto, la riempì d'acqua e la porse al re, ed il re cominciando a bere si rese conto che la piaga si era rimarginata. Si guardò le mani e vide che c'era il Santo Graal, quello che aveva cercato per tutta la vita. Si volse al giullare e chiese stupito: "Come hai potuto trovare tu quello che i miei valorosi cavalieri mai hanno trovato?" e il giullare rispose: "Io non lo so, sapevo solo che avevi sete".
    (Parry)

     
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