Bimbi e svezzamento..cosa mangiare

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    La frutta nello svezzamento


    Frutta nello svezzamento: tutto ciò che c’è da sapere sull introduzione della ftutta nella dieta del divezzo

    L’elevato potere nutrizionale, dato dalla presenza di vitamine, fibre e sali minerali fa della frutta un alimento insostituibile nella dieta di grandi e piccini.

    L’apporto vitaminico infatti, è indispensabile per assicurare un adeguata assimilazione frutta-bambini-300x248di altre sostanze come proteine, zuccheri e grassi. Tutte sostanze essenziali perché sono in grado di regolare e coordinare le attività delle cellule. Dal momento, poi, che non vengono sintetizzate in modo autonomo dall’organismo, ad eccezione della vitamina D – che viene prodotta dalla pelle grazie all’azione dei raggi solari – devono essere necessariamente introdotte attraverso l’alimentazione.
    Sali minerali come calcio e fosforo contribuiscono alla crescita di denti e ossa, mentre il ferro è necessario alla formazione dei globuli rossi e al funzionamento del sistema nervoso.
    Per quanto riguarda, invece, le fibre di cui frutta e verdura sono ricche, servono principalmente a garantire un corretto funzionamento dell’intestino, fondamentale nella regolazione di processi di assorbimento di zuccheri e grassi, responsabili di patologie come diabete e ipertensione.

    Come introdurre la frutta nella dieta dei bambini?

    La frutta inoltre, soprattutto per la sua elevata digeribilità, è sicuramente tra i primi frutta-3-252x300alimenti che si introducono nella dieta del neonato durante lo svezzamento, questo anche grazie al suo sapore dolce che la rende facilmente accettabile.

    La frutta di solito viene introdotta al quarto, quinto mese di vita del neonato, anche se, non tutti i tipi di frutta sono consigliati all’inizio, ma occorrerà circa un anno e mezzo prima che il piccolo possa assaporare praticamente tutti i tipi di frutta. Questo perché sicuramente esistono frutti che possono risultare maggiormente allergizzanti rispetto ad altri. Ecco che allora si può iniziare con mele, pere e prugne. Già dal sesto mese si può provare ad introdurre la banana e intorno all’ottavo mese frutti come pesche e albicocche. A un anno il piccolo sarà pronto per iniziare ad assaporare gli agrumi mentre per i frutti, ritenuti particolarmente allergizzanti come fragole, uva e ciliegie sarebbe bene aspettare che il bambino compia i due anni di vita.

    Per il neonato meglio la frutta fresca o i vasetti di frutta omogeneizzata?

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    Molte mamme spesso si chiedono se è meglio dare all’inizio dello svezzamento frutta omogeneizzata oppure quella fresca.

    Sicuramente nelle primissime fasi dellosvezzamento in cui il bambino si trova per la prima volta di fronte al passaggio da alimentazione esclusivamente fatta da latte a quella solida, la frutta in vasetto può risultare maggiormente indicata, non solo perchè più sicura in quanto sottoposta a tutti i controlli obbligatori per legge sui prodotti per la primissima infanzia, ma anche più digeribile, visto che la sua polpa è finissima e arricchita con vitamine. Se questo non bastasse, gli omogeneizzati sono comodissimi per mamma e papà, potendo alimentare il proprio bambino in qualsiasi momento della giornata.
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    Una volta che il bambino ha imparato a conoscere il sapore della frutta, a questo punto è possibile passare a quella fresca, preferibilmente di stagione e di primissima scelta. Ricordarsi di lavarla con cura, o sbucciarla nel caso in cui questo non fosse possibile.

    Inoltre è meglio sempre evitare di aggiungere zucchero, per non abituare il bambino al sapore dolce, raccomandazione che vale per qualsiasi alimento che in questo periodo viene offerto al neonato.

    frutta-6-300x224Una volta cresciuti, la presenza di frutta nella dieta del nostro bambino, resta sempre di fondamentale importanza. Ecco perché può rappresentare un’ottima merenda anche sotto forma di succo, soprattutto nei mesi più caldi, dal momento che, oltre a dissetare e ad essere particolarmente gradito dai piccoli, fornisce lo stesso apporto nutritivo della frutta fresca. Certo, l’ideale sarebbero i frullati e le spremute fatte in casa senza aggiunta di zuccheri. Mentre se acquistati, è bene leggere con cura le etichette controllando che i succhi di frutta contengano il 100% di frutta fresca senza aggiunta di zuccheri.

     
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    Meglio baby food o cibi naturali?

    Secondo i pediatri della Fimp il baby food tiene alla larga i bambini dai rischi di pesticidi. Ma i cibi naturali sono sempre da preferire, ribattono i colleghi dell'Acp. Le due posizioni a confronto.


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    La Federazione italiana dei medici pediatri (Fimp) ha divulgato un opuscolo informativo destinato alle famiglie in cui si mettono a confronto i cibi al loro stato naturale (frutta, verdura, carne, latte vaccino) e quelli prodotti dall'industria alimentare (omogeneizzati e latti di proseguimento). Questa scelta ha fatto molto discutere. Obiettivo della pubblicazione: mettere in guardia i genitori dai rischi per la salute dei bambini derivanti dalla somministrazione di cibi destinati agli adulti.

    Le famiglie europee sono raggiunte infatti da messaggi che tendono a presentare come baby food cibi e alimenti sui quali non esiste chiarezza tossicologica e scientifica, sostiene la Fimp. Solo i prodotti regolati da specifica normativa baby food, invece, sono garanzia di sicurezza per il bambino da 0 a 3 anni.

    Ma la maggiore qualità e sicurezza del baby food industriale rispetto ai prodotti naturali non sono scientificamente provate, ribattono l'Acp, Associazione culturale pediatri, e l'Mdc, il Movimento difesa del cittadino.


    L'Acp si dissocia dalle raccomandazioni sui vantaggi degli alimenti industriali specifici per l'infanzia per la nutrizione dei bambini diffuse dalla Fimp. Nel depliant si legge che «Il 50% della frutta fresca contiene livelli di pesticidi non idonei all'alimentazione infantile» e che «Il 35% del grano in Italia contiene residui di pesticidi troppo elevati per l'alimentazione infantile». Per l'Acp questi dati sono ampiamente discutibili.

    Per questo i pediatri dell'Acp intendono rassicurare e incoraggiare tutti quei genitori che, intorno al sesto mese di vita, ricorrono all'alimentazione complementare a richiesta del bambino, utilizzando gli alimenti che essi stessi assumono. Inoltre incoraggiano una dieta ricca di frutta, verdura e vegetali per tutta la famiglia, ricorrendo quando è possibile ai prodotti a filiera corta e biologici.Da parte sua l'Mdc, che non vuole demonizzare il baby food, certo della sua sicurezza e qualità, sottolinea alcuni dubbi sui presunti vantaggi nutrizionali di questi prodotti rispetto a quelli naturali.

    Gli omogeneizzati di frutta, per esempio, hanno in media più calorie della frutta fresca e un alto indice glicemico che fa aumentare la secrezione di insulina. Inoltre, stimolano ancora di più la preferenza del bambino per il gusto dolce e poi è difficile riabituarlo al gusto della frutta fresca. E se il rischio dell'eventuale presenza di pesticidi è davvero alto, si può usare la frutta biologica, conclude l'Associazione.

     
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    Piccole conquiste a tavola

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    Arriva un momento, nella vita di ogni bimbo, in cui il biberon viene rifiutato e la bottiglietta con tettarella, così simile al seno della mamma, lascia il posto alla tazza: grande, con o senza manici e allegramente decorata. Sì, ma quando?

    Già tra il quinto e il sesto mese, il bambino è capace di sorseggiare i liquidi. Capacità che migliora dal sesto all'ottavo e, se la mamma lo aiuterà a tenere il bicchiere o la tazza, il piccolo riuscirà a bere direttamente dal nuovo contenitore: con il beccuccio o senza. È una questione di allenamento, legata proprio allo sviluppo della capacità di deglutire un liquido senza succhiarlo".

    Superata questa fase, il bambino pretenderà di tenere in mano il bicchiere o la tazza da solo, se pur con qualche difficoltà e magari, a volte, rovesciando un po' del contenuto, per arrivare, intorno all'anno di età, a eseguire l'operazione con una certa facilità. Obiettivo raggiunto: a questo punto il piccolo potrà dissetarsi senza ricorrere al biberon e iniziare a far colazione con una bella tazza di latte.

    Il raggiungimento dell'obiettivo dipende ovviamente dalla capacità individuale del bambino, ma anche da quanto è stato lasciato libero di provarci, senza troppe inibizioni, chiudendo un occhio ogni volta che acqua e latte finiscono sul bavaglino o sul pavimento.

    Discorso analogo per quanto riguarda l'uso della forchetta e del cucchiaio: anche in questo caso le mamme dovranno armarsi di pazienza, oltre che di "strumenti per la pulizia". Per i primi tempi: minestrine, pezzetti di pane, di carne o pesce finiranno per terra. Ma è lo scotto da pagare se si vuole che il proprio figlio inizi a mangiare da solo. Bisognerà quindi mettergli davanti il piattino e rassegnarsi a vederlo pasticciare con il cibo.

    Fino ai 9-10 mesi, il piccolo tenderà ad afferrare con le mani il contenuto del piatto, anche a rischio di rovesciare tutto. È una fase inevitabile, ma gli basteranno cinque o sei mesi per acquisire confidenza con la forchetta e il cucchiaio e per riuscire a portarsi il cibo alla bocca da solo.

    Anche in questo caso, più sarà stato lasciato libero di provarci, prima imparerà. Lo dimostrano i bambini che frequentano il nido: un po' per emulazione, un po' per conquistare una maggiore libertà, diventano presto capaci di maneggiare forchetta e cucchiaio".

    Mamma e papà dovranno escogitare il modo per assecondarlo e, al tempo stesso, fargli mangiare qualcosa: ad esempio, doppio piatto, doppio cucchiaio, in maniera - soprattutto i primi tempi - da imboccarlo, mentre lui tenta di mangiare da solo.

     
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    SVEZZAMENTO
    Con cosa si comincia? Un falso problema


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    Più libertà e meno regole: le indicazioni aggiornate in materia di svezzamento non prevedono più tabelle e ricette predefinite. Ma allora con cosa cominciare? La norma è una sola: l'importante è fornire al bebè i nutrienti che iniziano a scarseggiare nel solo latte materno. A partire soprattutto dal ferro.

    E' inutile partire dalla frutta

    Una consuetudine tutta italiana (in particolare del nord) prevede primi assaggi di frutta frullata, tanto per abituare il bambino ad altri sapori e al primo approccio con il cucchiaino. Ma il classico assaggio di mela grattugiata non è, in sé, sbagliato quanto inutile: lo svezzamento comincia quando il latte da solo non basta più a coprire le esigenze nutrizionali del bambino. Per questo vanno introdotti nutrienti indispensabili come alcuni minerali, soprattutto ferro e zinco, cioè un pranzetto a base di carne e verdura. La frutta, in questo senso, va considerata un accompagnamento, in quanto ricca di vitamine.

    Carne e verdura


    "La prima 'pappa' del bambino può quindi essere preparata con il brodo di verdura e creme multicereali, utilizzando fin dall'inizio quelle con il glutine, visto che ritardarne troppo l'introduzione non serve a evitare la celiachia, spiega Andrea Vania, responsabile del Centro di Dietologia e Nutrizione Pediatrica dell'Università La Sapienza di Roma e presidente dell'ECOG (European Childhood Obesity Group). "Non è necessario inserire nell'immediato la carne, si può aspettare una settimana o dieci giorni e poi si comincia: carne rossa, carne bianca, formaggio, pesce, uova, legumi. Non esiste un ordine preciso per questi alimenti: vanno soltanto alternati nella dieta, per fare in modo che risulti sempre varia. Tra uno e l'altro è di buon senso aspettare qualche giorno: non per un rischio allergico, come si pensava una volta, ma soltanto per capire se piacciono e se procurano qualche fastidio digestivo oppure no".

    In che quantità?

    "Nutrizionisti hanno calcolato che la proporzione 50% di latte materno e 50% di cibi complementari può essere sbilanciata: i primi alimenti, se pure in forma ancora semi liquida, sono più densi e concentrati e, quindi, forniscono più calorie", spiega il professor Vania. "Le 'pappe' dovrebbero avere allora porzioni ridotte rispetto al latte materno. In questo modo si riduce l'apporto di proteine, oggi troppo elevato rispetto alle esigenze del bambino, a scapito, però, della quantità di ferro fornita. Una questione che, secondo l'OMS, si risolverebbe scegliendo alimenti fortificati. Oppure, in modo più naturale ed economico - ma anche, obiettivamente, un po' meno efficace - puntando sul ferro presente nelle verdure e negli alimenti integrali". Per aumentarne la biodisponibilità, basta proporli con la vitamina C, ad esempio condendo sempre le verdure con il limone.

    Articolo di Chiara Sandrucci Aprile 2012

     
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    Proteine: razionate o “in crescendo”?

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    Ridurre le proteine è il nuovo comandamento del moderno svezzamento. I nostri bambini risultano ipernutriti e si tratta di una forma di malnutrizione, non in difetto ma in eccesso, che va corretta fin dalle prime pappe.

    L'eccesso di proteine nella dieta è stato infatti correlato allo sviluppo di sovrappeso e obesità che riguarda il 34% dei bambini italiani a 9 anni, con punte del 48% in Campania.

    "Le proteine non sono però le uniche indiziate, ci sono anche altri fattori che concorrono all'aumento di peso come la scarsa attività fisica o comportamenti alimentari scorretti, ad esempio l'assenza della prima colazione", precisa Giuseppe Banderali, Direttore di Neonatologia e Patologia neonatale dell'Ospedale San Paolo di Milano. "Le proteine possono costituire un problema solo se assunte in eccesso, come quando - ad esempio - oltre alla bistecchina si dà al bambino anche un formaggino".

    No agli allarmismi. Evitare uno degli errori nutrizionali più documentati e diffusi non vuol dire però eliminare la carne, un alimento importante più ancora che per le proteine, per l'apporto di ferro e zinco necessario al bambino specie dai 6 mesi in poi. Piuttosto, significa fornire un contenuto proteico globale inferiore rispetto al presente e più variato. "La dieta va sempre pensata settimanalmente, per fare in modo che nell'arco dei 7 giorni compaiano, alternandole, tutte le principali fonti energetiche: carne 3 o 4 volte su 14 pasti e poi pesce, legumi, uova, prosciutto e formaggio", suggerisce Giuseppe Banderali. Inoltre, va evitato il latte vaccino almeno fino a 12 mesi perché considerato una fonte iperproteica (ne contiene più del triplo rispetto al latte materno, che andrebbe invece mantenuto almeno fino a quell'età).

    Livelli di Assunzione Raccomandati. La quantità di proteine "giusta" viene calcolata "pro chilo" e quindi aumenta con la crescita del bambino. Ma come fare a sapere l'esatto fabbisogno giornaliero di proteine di ogni bambino? "Si tratta di un calcolo complesso, un compito che non può spettare alle mamme. Nel 2012 usciranno i nuovi LARN, i Livelli di Assunzione Raccomandati per ogni Nutriente, elaborati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana", spiega Giuseppe Banderali. "In caso di dubbio, basta rivolgersi al pediatra di famiglia che nel nostro Paese è a disposizione per risolvere anche tutte le problematiche legate all'alimentazione".

    Articolo di Chiara Sandrucci



    SVEZZAMENTO
    Uovo: tuorlo e albume vanno “separati”?


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    L'idea di aspettare i 10 mesi prima di introdurre le uova nella dieta del bebè per ridurre il rischio allergico non ha sufficiente fondamento scientifico.

    Anzi, le ultime ricerche sembrano suggerire il contrario: l'inspiegabile aumento delle allergie soprattutto tra i bambini potrebbe essere in parte dovuto proprio all'introduzione tardiva degli alimenti allergizzanti. Però la prudenza non è mai troppa e c'è chi suggerisce di attendere ancora prima di modificare il calendario.

    Ci vuole ancora cautela. "E' vero che la ricerca scientifica sta andando avanti in questa direzione, ma si sta ancora valutando se sia il caso o no di anticipare l'introduzione dell'uovo", afferma Giuseppe Banderali, Direttore di Neonatologia e Patologia neonatale dell'Ospedale San Paolo di Milano. "E' presto per tradurre i risultati della ricerca in indicazioni pratiche. Un po' di cautela ci vuole sempre: l'uovo non è uno dei primi alimenti da introdurre nella dieta: il tuorlo va proposto a 8-9 mesi e l'albume a 11. E' la legge della gradualità, che impone prudenza con organismi ancora così immaturi".

    Il rischio allergia. Le allergie alimentari come quella all'uovo colpiscono il 3-7% dei bambini europei tra 0 e 5 anni (ma la più frequente è quella al latte vaccino) e tendono a scomparire con l'età scolare. Nel caso dell'uovo, la reazione allergica si scatena contro alcune proteine come l'ovalbumina, contenuta nell'albume. Per questo motivo, il rosso veniva in genere introdotto prima e il bianco più tardi. Se si manifesta un'allergia (reazioni cutanee, sintomi intestinali o respiratori), va segnalata al pediatra che eliminerà l'uovo dalla dieta.

    Un alimento buono. L'uovo però non va demonizzato: è ricco di ferro, proteine "nobili" (cioè complete, ad alto valore biologico) e lipidi. Un'ottima fonte proteica da proporre una o due volte alla settimana senza patemi d'animo. Tanto che, anche se la questione è ancora dibattuta, molti pediatri già ne suggeriscono l'introduzione fin dall'inizio dello svezzamento.

    Articolo di Chiara Sandrucci

     
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    Come fare gli omogeneizzati per bambini

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    Quando inizia lo svezzamento è sempre una sfida per le mamme. Al supermercato si trovano pappe ed omogeneizzati di tutti i tipi, ma anche farli in casa potrebbe essere un ottimo punto di partenza per far mangiare i piccolini in modo sano e genuino.

    Ecco due ricette di base, indispensabili per le mamme che si cimentano con gli omogeneizzati.

    Il brodo vegetale

    Ingredienti
    100gr di patate
    100gr di carote
    100 gr di zucchine

    Preparazione
    Pelate patate, carote e zucchine e tagliatele a pezzi grandi, metteteli in una pentola ed aggiungete un litro di acqua, fate bollire a fuoco dolce per 50 minuti e poi frullate il tutto.

    Omogeneizzato di carne

    Ingredienti
    300 gr. di petto di pollo
    300 gr. di polpa di agnello
    300 gr. di coniglio
    aromi (salvia, timo, alloro, rosmarino)
    amido di mais (o farina di riso)
    brodo vegetale filtrato

    Preparazione
    Pulite la carne da ogni pezzetto di grasso, pellicina ecc., poi cuocetela al vapore per 20 minuti mettendo nella pentola il brodo vegetale. Poi filtrate il brodo vegetale che avete usato e tenetelo da parte. Frullate la carne fino ad avere una crema omogenea, aggiungete un cucchiaino di amido di mais per far addensare e un po' di brodo vegetale per diluire l'omogeneizzato.



    Foto da:
    hipp.it
    Articolo scritto da Melissa

     
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    Quando introdurre l’uovo nello svezzamento

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    Nella lista degli alimenti completi e ad alto valore biologico ai primi posti compare l’uovo.

    Ricco di proteine nobili, acidi grassi, aminoacidi essenziali per l’organismo, sali minerali e vitamine, l’uovo è un alimento fortemente controverso che contrappone l’elevato valore nutrizionale al potere allergizzante causato dalle numerose proteine presenti nell’albume: proprio quest’ultimo, infatti, contiene 5 g di proteine (tra cui le più allergizzanti sono ovoalbumina, ovotransferrina e lisozima) a fronte dei 2 g presenti nel tuorlo; proprio per tale motivo è sempre preferibile procedere nello svezzamento del bambino in maniera graduale.

    images-7Le forme allergiche derivanti dall’uovo possono manifestarsi in modo molto differente tra un bambino e un altro: nei casi più acuti l’uovo può essere causa di sinusite, asma, diarrea, orticaria e gonfiore alla gola. In altri casi, poi, le proteine dell’uovo sono in grado di generare dermatiti atopiche e malattie infiammatorie della pelle.

    Il momento più opportuno per introdurre il tuorlo è quando il bambino ha raggiunto i 10 mesi di vita: lo si potrà cucinare alla coque, in camicia o sodo, ricordandosi di prediligere i metodi più semplici ed escludere la frittura.

    images-6Dapprima si potrà procedere con un cucchiaino di tuorlo sbriciolato nella pappa; poi, dopo aver preso conoscenza del fatto che sia di gradimento del bambino, gli si potrà somministrare tutto il rosso cucinandolo alla stessa maniera.

    Per quanto riguarda l’albume, invece, date le sue caratteristiche, sarà bene ritardare la somministrazione nell’alimentazione dei più piccoli, aspettando il compimento del primo anno di vita.

    Superato il principale ostacolo dell’uovo legato al suo particolare sapore è importante non superare la dose consigliata dalla gran parte dei pediatri neonatali, ovvero uno o massimo due uova a settimana: questo perché, oltre alle proteine passibili di allergia, il tuorlo dell’uovo ha un tasso di colesterolo medio pari a 200 mg.

    Nel calcolo del limite massimo è ovvio che bisogna ricordare anche che bianco e rosso d’uovo vengono spesso utilizzati per la preparazione di altri alimenti come creme o dolci.

    images-8La scelta delle uova deve essere sempre appropriata e correlata alle indicazioni su di esse riportate (se non si hanno a disposizione parenti che procurino uova fresche di giornata). Scegliere uova di produzione sicura, provenienti da allevamenti che utilizzano mangimi biologici e che sfruttano l’allevamento a terra (e non in batteria) sono i metodi migliori per assicurare ai piccoli un’alimentazione sana e senza rischi.

     
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36 replies since 18/1/2011, 16:11   1117 views
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