Prima ci pensa su, anche giusto il tempo di aspirare una boccata di fumo. Poi parla e non fa prigionieri. Gino Paoli manco dimostra i suoi ottant’anni prossimi venturi (23 settembre) perché s’arrabbia ancora come quando da ragazzino se ne andò di casa «e mi portai dietro tre libri perché i libri hanno dentro un po’ della tua anima; lo spazzolino da denti te lo puoi comprare dovunque, l’anima no». Gli occhi, d’azzurro cielo come quando il cielo è spazzato dalla tramontana, si infiammano: «Dico quel che penso, nessun applauso mi farà sentir migliore e nessun fischio peggiore di come mi sento». E nel libro di Lucio Palazzo presentato ieri al Salone del Libro (I semafori rossi non sono dio, Rai Eri, 135 pagine ricche di particolari inediti, 15 euro, in uscita a fine maggio) Gino Paoli si racconta proprio così, senza sconti, da quando al casino Castagna di Genova portava la pagella a una «signorina» (che lo prese a schiaffi perché i voti erano scarsissimi) fino a oggi che riveste due cariche ufficiali: presidente della Siae e padre autorevole della canzone d’autore: «Ho sempre cercato di fare e ho dimenticato di apparire», spiega. E puf: giù un’altra boccata di fumo.
Però scusi, Gino Paoli, a nessun artista piacciono i fischi.
«In realtà io me li aspetto tutte le sere. Ogni spettacolo è una match di box: puoi darle e puoi prenderle. Tanti anni fa ho cantato una canzone di Brel tradotta in italiano e il pubblico ha iniziato a fischiare».
E lei?
«Allora mi sono interrotto, ho attaccato Il cielo in una stanza, tutti hanno applaudito. E io mi sono arrabbiato: se prima fischiavate Brel, non potete battere le mani per questa canzone, vuol dire che non avete capito niente».
Lei quando ha iniziato a capire?
«A me, e a quelli della mia generazione, è capitato tutto all’improvviso dopo la fine della guerra mondiale. E’ arrivato il jazz. E’ arrivata tutta la musica americana. E abbiamo iniziato a leggere Sartre, Mallarmé, Rimbaud. E ad ascoltare i grandi francesi. Eravamo sotterrati da questa conoscenza».
Ha detto: volevamo usare nelle canzoni il linguaggio di tutti.
«Allora c’erano tanti stereotipi, troppi, partendo dal presupposto che la parola dovesse essere poetica o ispirata. No, la poesia è un flash emozionale, è quello che non si dice, che sta dietro alla parola».
Oggi dicono che i rapper siano i nuovi cantautori.
«La musica è nata come ritmica, come percussione, e il rap è senza dubbio essenzialmente ritmo. Ma a me piace che la musica conservi melodia e armonia, sono ricchezze che abbiamo raggiunto nei secoli».
La scuola genovese ha dato melodia alle parole.
«De André, Lauzi (il più trascurato, quello che mi manca di più), Bindi e gli altri».
E Luigi Tenco.
«Quando provai a suicidarmi e mi sparai al petto (ha ancora un proiettile calibro 5 di fianco al cuore ndr), lui si piantò davanti alla mia camera in ospedale continuando a ripetere: ma non è possibile, come ha fatto, gente come noi non si suicida».
Qualcuno pensa che non si sia ucciso.
«Quella sera al Festival di Sanremo era completamente fuori. L’ho visto già quando cantava. Pochi mesi prima era andato a fare un giro in Svezia, pensando di mantenersi suonando. Invece lui, e chi era con lui, finì a lavare molti piatti per sopravvivere… Lì scoprì la strategia degli svedesi per andare fuori di testa: invece di bere una bottiglia di whisky, prendevano un sonnifero, il Pronox, e dopo un solo bicchiere. Alla fine ti stordiva e arrivavi a guardarti come se tu fossi fuori da te, come se vivessi una recita».
Scusi ma lei come fa a saperlo?
«Lo facevano in tanti, anche io lo facevo e so come andava. Credo che Tenco quella sera fosse sotto l’effetto di quel miscuglio, non penso volesse realmente togliersi la vita». La cosiddetta «mafia genovese» però non è composta soltanto da musicisti.
«No e difatti la definizione viene da Antonio Ricci. Con noi anche Renzo Piano, Beppe Grillo, Arnaldo Bagnasco… Prima di candidarmi alla Camera nel 1987, convocarono una cena per farmi cambiare idea. Piano disse: Tu fai già politica con le tue canzoni, lascia perdere. Non cambiai idea e fui eletto nel collegio di Napoli. Allora quando l’hanno nominato senatore a vita, gli ho mandato un sms: Uè geometra, ti hanno messo nella merda sul serio, stavolta. Ci conosciamo da quando eravamo boyscout, so che se lo chiamo geometra, scherzosamente si arrabbia».
E lui cosa ha risposto?
«Hai ragione tu, lo sono davvero. Aiuto! Il geometra». E Grillo?
«Tanti anni fa volevamo prendere una grande casa e andare a vivere insieme. Per fortuna non l’abbiamo fatto, altrimenti adesso che vita farei con tutti i giornalisti sotto casa ogni giorno? E’ un inferno, e gliel’ho pure detto, sa?». E a Renzi cosa direbbe?
«Valuto sempre le persone dai risultati e non dalle parole. Sono in attesa, come credo tutti gli italiani, di giudicare i risultati quando ci saranno. Se ci saranno».
fonte: ilgiornale.it
Ti ricordi? No non mi ricordo
« Ti ricordi il sole, nella casa al mare? ti ricordi i fiori che curavi tu? ...ti ricordi il vento, nella casa al mare? quando c'era freddo e non lo sentivi »
(Boccadasse)
Ti ricordi? No non mi ricordo, pubblicato nel 2004, è un album dei cantanti italiani Ornella Vanoni e Gino Paoli.
Il disco
A vent'anni dal primo (ed unico) progetto a quattro mani, Ornella Vanoni e Gino Paoli pubblicano questo album di canzoni inedite, di cui però solo 6 in duetto. Hanno partecipato al disco vari artisti, tra cui Sergio Cammariere, Enrico Rava e Mario Lavezzi. In contemporanea alla pubblicazione dell'album, è uscito anche un libro, Noi due, una lunga storia di Enrico de Angelis, edito da Mondadori.
Tracce
Boccadasse Fingere di te Il buonsenso Lo specchio Magari (Tomara) Uguale a te (Se todos fossem iguais a você) G.a. Lux Sogni (Dedicato a Hugo Pratt) Io non t'amerò per sempre L'azzurro immenso Annamaria Una parola (È preciso perdoar)
Gino Paoli confessa: tentai il suicidio per la paura della noia
Scritto da: dr. apocalypse - sabato 17 maggio 2014
Lucio Palazzo racconta un Gino Paoli inedito nel libro I Semafori Rossi non sono Dio
80 anni a settembre, Gino Paoli è uno dei pilastri della musica italiana degli ultimi 50 anni. L'11 luglio del 1963 lasciò l'Italia con il fiato sospeso dopo aver tentato il suicidio, sparandosi un colpo al cuore con la pistola. Ma non per amore, come tutti noi abbiamo sempre creduto, bensì per noia. A confessarlo lo stesso cantautore, nel libro I semafori rossi non sono Dio, scritto da Lucio Palazzo, in uscita a fine mese ed oggi anticipato dal settimanale Gente. Un libro che ha visto Paoli ripercorrere con sincerità la propria esistenza, tentato suicidio compreso. Il Cielo in una Stanza, ad esempio, non è dedicata ne' alla prima moglie Anna ne' a Stefania Sandrelli, suo amore di quegli anni.
"A 17 anni persi la testa per una prostituta. La camera dove stavamo aveva il soffitto viola con uno specchio. Lei era una donna bellissima, ma io non avevo soldi. Chiesi a mio padre la paghetta di un anno in anticipo".
La prima moglie di Gino fu Anna Fabbri, madre di suo figlio Giovanni, nato nel 1964, ovvero poco prima che scoppiasse lo scandalo della relazione con Stefania Sandrelli, iniziata quando l'attrice era ancora minorenne. Nacque Amanda, in Svizzera e in gran segreto. Poi l'amore con Ornella Vanoni, così definita dallo stesso Paolo:
"E' una rompicogli**i mostruosa. Voleva cantare da soprano, io invece volevo che cantasse come si cantano le canzoni. Lei si rifiutava. Una sera non ce la facevo più e l'ho presa a sberle".
Altra donna celebre Mina, frequentata da Gino per un po' di tempo ma 'senza andarci a letto', per poi arrivare a quel fatidico 11 luglio del 1963. Il giorno del tentato suicidio:
"Quando ho cercato di ammazzarmi si trattò di un atto voluto, pensato. Pensavo non ci fosse altro da vivere. La mia canzone Sapore di Sale era ovunque, ero famosissimo, l'uomo del momento. Paura della noia, della ripetizione. Avevo 3 macchine in garage, avevo i soldi, le donne, cosa potevo volere ancora?".
Niente se non un colpo di pistola, fortunatamente non andato a segno fino in fondo, per una carriera che ha poi incrociato anche il mondo della droga.
"Da un certo anno in poi andai in crisi. Nella mia vita entrò la droga. Ci sono cascato e ne sono uscito. Accadde per caso, un giorno arrestarono tutti i miei fornitori, non c'era più droga per chilometri. Andai a rileggere i testi che avevo scritto sotto l'effetto degli stupefacenti. Erano delle sciocchezze immonde. Decisi di smettere".
Dal 1991 sposato con Paola Penzo, autrice di alcuni suoi brani e madre dei suoi due figli, Nicolò, nato nel 1980, e Tommaso, nato nel 1992, Gino Paoli non ha mai vinto il Festival di Sanremo. Unica mancanza, probabilmente, in una vita ricca di soddisfazioni, clamorose cadute e coraggiose riprese.
Storie è un album del cantautore italiano Gino Paoli, pubblicato nel 2009.
Tracce
Il marinaio Il nome Il buco Il pettirosso Signora provvidenza La signora e Mauri La chiave L'uomo che vendeva domande La paura La falena Due vite Zanzibar
Il marinaio
"Storie" è l'ultimo lavoro ideato al fine di raccontare, come dice il titolo, dei racconti, alternandoli a delle riflessioni sull'amore e sulla condizione matrimoniale tra dediche e filosofie. L'autore ammette che il tutto è stato creato esclusivamente in base a qualcosa che, in passato, non aveva mai avuto il coraggio di raccontare, ma che solo ora, con l'occhio di una persona matura, ha la possibilità di condividere con il suo pubblico tra atmosfere jazz e qualche salto nel passato. L'intero album, infatti, è intriso di un alone di magia e racconti che nascondono la bellezza delle favole per bambini e un fascino, però, per il grottesco e la modernità, in cui, comunque, è sempre possibile raccogliere una morale.
Si comincia con la figura solitaria de "Il Marinaio"( non a caso per Paoli l'acqua è una sorta di punto di riferimento ovunque vada ), il quale è l'unico con cui il mare può parlare e il solo che può tornare a casa sano e salvo con l'uso di una stella ( molto vicino all'immagine dell' "Uomo Che Vendeva Domande" ). Dall'aspetto descrittivo si giunge a due storielle vere e proprie che parlano di bambini e del fantastico mondo incantato che solo l'infanzia sa creare: è il caso de "Il Pettirosso" ( una bambina e un bambino che s'innamorano;), "Il Buco" ( un bambino che vuole a tutti i costi tornare nel mondo fantastico che aveva visto quand'era piccolo; da notare l'incantevole motivo principale ) e "La Paura" ( la storia dell'uomo nero, accostabile a delle figure moderne non tanto dissimili ). Da questo si passa a storie di vita matrimoniale ( La Signora E Mauri ), alla quotidianità ( Signora Provvidenza ), al noir delle strade ( La Falena ) fino alla frenesia di un incontro comune ( Zanzibar ). Vicino a queste ( quasi ) filastrocche ci sono riflessioni sulla figura dell'amore: si parte dal singolo "Il Nome" che filosofeggia sulla figura di quale altro vocabolo si possa usare per chiamare un sentimento che, altrimenti, andrebbe sciupato all'interno della convenzione; alla fine si cede alla seduzione de "La Chiave", la quale dimostra che l'amore non va capito per essere un sentimento chiaro; infine ecco il giungere de "Due Vite", brano toccante che mette in mostra la consapevolezza che una sola esistenza basta per accorgersi di aver scelto la compagna giusta.
fonte:CarloValentini- youtube
Il nome
Se questo non è amore io non lo so cos'è, so che mi manca il cuore quando mi manchi tu. Cercando una parola per dire che cos'è, soprappensiero guardo i tuoi occhi, il tuo sorriso quando mi guardi senza parlare. Forse ne trovo una che non dirò così non si consuma. E una parola dolce come il miele perchè nessuna è dolce come te. Cè proprio solo un nome per dire che cos'è, un nome chiaro con i tuoi occhi, con la tua bocca, con le tue mani e il tuo sorriso. Così ne trovo una che non dirò così non si consuma. E una parola dolce come il miele perchè nessuna è dolce come te. Se non lo chiamo amore lo so come farò, io gli darò il tuo nome e poi ti chiamerò, e poi ti chiamerò, e poi ti chiamerò.
Il buco
Gino paoli "storie"
Semplicemente “Storie”, per riassumere il senso di un nuovo album: è l’ultimo lavoro di Gino Paoli, nel suo cinquantesimo anno di carriera, in uscita il 23 gennaio (distribuzione Sony Music). Un disco allegorico, fiabesco e molto narrativo, da cui il titolo, per raccontare come in dodici cortometraggi piccole e grandi storie di vita quotidiana, cantate a fior di labbra. Non mancano le canzoni d’amore scritte con il suo inconfondibile stile, come “Il nome” il singolo attualmente in rotazione radiofonica, ma che si inseriscono in un album che spazia su tematiche forti. Dal rapporto con la morte ne “La Signora e Mauri”, a “Il buco”, ritratto di una civiltà, vista con gli occhi di un bambino, che ha sacrificato le gioie del vivere in maniera naturale affannandosi alla ricerca di un effimero benessere. E ancora “Il pettirosso” narra di uno stupro di un vecchio nei confronti di una bimba, in cui lui alla fine muore e lei ne prova pietà. L’album è prodotto da Aldo Mercurio con arrangiamenti dello stesso Paoli, di Maurizio Fiordiliso e Dario Picone, che hanno anche suonato rispettivamente le chitarre, pianoforte e tastiere.
Due come noi che... è un album discografico collaborativo di Gino Paoli e Danilo Rea pubblicato nel 2012. Sono presenti molte cover. L'album è stato registrato all'Auditorium Parco della musica di Roma da Massimo Aluzzi, e masterizzato da Massimiliano Cervini.
Tracce
Perduti - 2:33 - (Gino Paoli) Vivere ancora - 3:40 - (Gino Paoli) Bocca di Rosa - 0:58 - (Fabrizio De Andrè) Canzone dell'amore perduto - 2:30 (Fabrizio De Andrè) Vedrai vedrai - 4:10 - (Luigi Tenco) Averti addosso - 3:33 - (Gino Paoli) La gatta - 2:34 - (Gino Paoli) Come si fa - 2:34 - (Gino Paoli - Giampaolo Barosso) Che cosa c'è - 5:25 - (Gino Paoli) Albergo a ore - 3:42 - (Marguerite Monnot - Edith Delecluse - Michelle Fricault) Se tu sapessi - 2:57 - (Bruno Lauzi) Il nostro concerto - 2:28 - (Umberto Bindi - Giorgio Calabrese) La falena - 2:30 - (Paola Penzo - Gino Paoli) Fingere di te - 3:45 - (Gino Paoli) Non andare via - 3:08 - (Jacques Brel) Il cielo in una stanza - 4:10 - (Gino Paoli)
Gino Paoli: “Le multinazionali fanno la guerra agli autori”
Il presidente della Siae interviene a Giffoni sulla questione dell’equo compenso: «Se il telefonino non avesse i contenuti dentro, vorrei vedere quanti ne venderebbero le multinazionali che oggi fanno la guerra al diritto d’autore»
«Noi siamo gli autori italiani e cerchiamo di fare in modo che gli autori italiani possano vivere con la loro opera». Accolto da una standing ovation e da un coro di Sapore di sale, Gino Paoli, musicista e presidente Siae, ha tenuto la sua Masterclass sul diritto d’autore davanti ai ragazzi del Giffoni Experience.
Accompagnato dal direttore generale, Gaetano Blandini, Paoli ha spiegato ai ragazzi le difficoltà di raccogliere oggi i diritti degli autori: «Oggi le canzoni passano sul web e il successo è legato a quante volte si ascolta la canzone» ha spiegato l’autore del Cielo in una stanza. «Il web è un’enorme ricchezza, è una grande opportunità, ma mancano le regole che i poteri economici cercano in ogni modo di annullare. Mentre prima il mondo della musica era fatto di business ma anche di passione, oggi è rimasto solo il business». Inevitabile l’accenno alla polemica del giorno sull’equo compenso: «L’attacco del web è al diritto d’autore ma con una visione molto corta perché quando gli autori non potranno più mantenersi non ci saranno più gli autori. Se il telefonino non avesse i contenuti dentro, vorrei vedere quanti ne venderebbero le multinazionali che oggi fanno la guerra al diritto d’autore», ha ironizzato il cantautore.
Paoli ha difeso i diritti degli autori: «Oggi ci sono i talent. Prendi dieci ragazzini, fanno un disco e va bene, ne fanno un secondo e non va, state certi che non ne faranno più. È carne da macello. Continuo a dire che in questo mestiere, quello dell’artista, c’è bisogno di passione. Su dieci ragazzini che oggi mi vengono a chiedere come si fa ad avere successo, dico sempre che il ragionamento è sbagliato. La domanda è: come si fa a fare l’artista? E io rispondo sempre: suona, suona, suona». Paoli e Blandini non si sono sottratti alle domande pungenti dei ragazzi: «La ragione per la quale la Siae cerca di guadagnare più possibile è per provare a distribuire il più possibile agli autori. Gli autori diventano ricchi solo se fanno canzoni che vendono ed incassano». «Per il mestiere che faccio io -ha detto Paoli- non c’è raccomandazione. La Siae rappresenta la libertà dell’autore di guadagnare con il proprio lavoro quello che deve guadagnare».
fonte: lastampa.it
Gino Paoli da oggi cittadino onorario di Napoli
De Magistris ha consegnato anche una medaglia d'oro all'artista genovese. "Dopo tanti anni d'amore e di fidanzamento, oggi c'è stato lo sposalizio tra me e Napoli" ha commentato il cantautore
Gino Paoli è cittadino onorario di Napoli. Il sindaco di Napoli Luigi de Magistris ha conferito al cantautore genovese la cittadinanza onoraria e gli ha consegnato la medaglia d'oro della città di Napoli. Nella motivazione si sottolinea come Gino Paoli possa essere considerato "un napoletano verace per la sua passione musicale verso il dialetto della città di Napoli, verso i suoi musicisti più noti con i quali ha intensamente collaborato, ma anche verso le nuove realtà musicali che fanno di Napoli una fucina sempre in fermento creativo".
"Dopo tanti anni d'amore e di fidanzamento, oggi c'è stato lo sposalizio tra me e Napoli", commenta Paoli. "Trame e Napoli - ha proseguito il cantautore - c'è sintonia, simmetria. La profonda e bonaria anarchia dei napoletani, la loro incapacità di non dare nulla per definito mi corrisponde". Paoli ha sottolineato come il futuro dell'Italia e di Napoli debba essere costruito "sulla bellezza, sulla creatività. La grane bellezza dell'Italia - ha concluso il maestro - non è realizzare un piano industria le, ma utilizzare e sfruttare al meglio le tante capacità creative degli italiani e dei napoletani".
Tra i meriti riconosciuti dall'amministrazione comunale di Napoli al maestro Paoli l'aver contribuito alla costituzione dell'Orchestra sinfonica composta da giovani dei Quartieri spagnoli "fornendo una straordinaria opportunità di crescita culturale e professionale a circa 40 ragazzi di un territorio particolarmente difficile". La proposta di cittadinanza onoraria a Paoli è stata avanzata dal sindaco de Magistris e dall'assessore alla Cultura Nino Daniele ed è stata approvata in Giunta il 17 luglio.
"Oggi - ha detto il sindaco de Magistris - Napoli dal punto di vista culturale è più ricca potendo annoverare il maestro Paoli fra i suoi cittadini. Gino Paoli - ha aggiunto il sindaco - è un pensatore libero, è passionale". De Magistris nel suo discorso ha evidenziato anche l'impegno politico e civile di Paoli. "Essere cittadino onorario di Napoli - ha proseguito il sindaco - oltre a essere un riconoscimento assegna al maestro Paoli anche una grande responsabilità: di testimoniare in Italia e nel mondo quello che Napoli può rappresentare con le sue contraddizioni".
Gino Paoli compie 80 anni: "Sono un uomo fortunato, non ho mai avuto padroni"
Il cantautore non ama le celebrazioni. Meglio gli aneddoti: "Mi hanno chiesto di fare da testimone a una convention di geriatri. Mi sono trovato su una cattedra davanti a questi professoroni. Ho detto: praticamente ho bevuto per vent'anni una bottiglia di whisky al giorno, mi sono sparato, fumo come un pazzo, e sto qua. Quindi per me è solo questione di culo. Erano allibiti"
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Le celebrazioni, per Gino Paoli, sono qualcosa di lontano e poco comprensibile. Anche se si tratta dei suoi 80 anni, vissuti del resto, come se niente fosse, che è sicuramente il modo migliore per viverli. "Sembra che sia una notizia straordinaria, almeno a giudicare dal fatto che tutti mi cercano per questo" commenta con disincanto. A dirla tutta sembra che non gliene freghi poi più di tanto. "Mi conosci, non sono come gli altri, non ho mai sentito queste scadenze come giri di boa. Per me ogni giorno è un giro di boa, ogni mattina rinasco. La mia sensazione è quella di essere stato sempre un provvisorio e questa sensazione di provvisorietà mi segue da quando ho aperto gli occhi, e non cambia con gli anni. Il tempo e lo spazio sono invenzioni degli uomini, ma non mi riguardano molto". Ma neanche una festicciola, un "tanti auguri", una candelina... "Tutte le volte dico a mia moglie: facciamolo passare poi i figli, i parenti, alla fine sì, non mi dispiace perché è un'occasione per stare insieme, e con una famiglia sparpagliata è bello ritrovarsi".
Di sicuro non è da solo, anche Leonard Cohen è nato quasi nel suo stesso giorno. Lo sapeva? "Sì, beh, me l'hanno fatto scoprire, in questi giorni, ottant'anni fa era nata un bel po' di gente: Ray Charles, Sophia Loren, Brigitte Bardot, senza contare Ornella". Eppure quegli anni ci sono, e sono tanti. Qualche pensiero dovranno pur provocarlo, o no? "Sì, certo, ma io non ho rimpianti, non ho scadenze, non ho bilanci da fare. Li faranno gli altri casomai, per me. Ho detto a tutti che ho un solo rimpianto, quello di aver perso delle persone, e di non aver avuto abbastanza tempo da passare con loro. Mi mancano gli amici che se ne sono andati. È l'unica cosa che mi pesa dell'età. Questo è il brutto. Non ho paura della morte ho paura della morte degli amici".
Molti, superata una certa soglia d'età sentono la difficoltà a vedere la vita come una possibilità di ulteriori progetti, in tutti i sensi. Ma Paoli è ancora attivissimo, e sembra che neanche questo sia vissuto come un problema. Da un certo punto di vista non sembra diverso da come era venti o trent'anni fa. "Io vivo come se il mio giorno fosse il primo e l'ultimo. Ho sempre vissuto questa provvisorietà. Lo dico sempre a mia moglie: guarda siamo provvisori, tutto lo è, tutto è mutevole. L'unica cosa che posso dire è che ho avuto un gran culo, ho fatto quello che volevo, sempre, non ho mai avuto padroni. Non ho mai fatto nulla che non volessi fare, non ho mai venduto me stesso, non devo niente a nessuno. C'è stato un famoso titolo quando morì Leo Ferrè, un giornale se ne uscì titolando 'né Dio né maestri', ma era una pessima traduzione, in originale era 'né Dio né padroni'. Lo stesso è per me". Ma almeno un dialogo, con Dio, lo avrà a breve. Incontrerà monsignor Ravasi per un dialogo pubblico sui massimi sistemi. "Sì, è vero, me lo ha chiesto lui. Ma mi fa molto piacere, lo trovo di grande interesse, perché lui è uno che vuole discutere. Magari lo intitoleranno 'il diavolo e l'acquasanta' ma va bene così. Di solito il prelato vuole insegnarti, ma sulla discussione sono sempre d'accordo, e del resto ho avuto amicizie profonde con preti, vedi Don Gallo. Appunto, quando dicevo che ho avuto la fortuna di incontrare uomini e donne che mi hanno arricchito...".
Paoli è ironico, vitale, disincantato, appassionato, coerente, incorruttibile, poetico, com'è sempre stato per tutta la sua straordinaria esistenza, e forse questo è un valore che lui e pochi altri sarebbero in grado di insegnare. "Senti questa: l'altro giorno sono stato invitato da mio cognato a una convention internazionale di geriatri. Mi hanno chiesto di fare da testimone e mi sono trovato su una cattedra davanti a questi professoroni. Ho detto: praticamente ho bevuto per vent'anni una bottiglia di whisky al giorno, mi sono sparato, fumo come un pazzo, e sto qua. Quindi per me è solo questione di culo. Erano allibiti".
di GINO CASTALDO fonte:repubblica.it foto:moltoautobiografica.wordpress.com - televisione.nanopress.it