CAPODANNO

...ed il vecchio se ne va

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  1. gheagabry
     
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    ... IL CAPODANNO NELLA STORIA ...



    NELLA STORIA ....in Russia



    Il “Capodanno” non era una data così ben precisa stampata su un calendario appeso alla parete e la sua celebrazione si poteva protrarre per diversi giorni...
    Tutto questo oggi si è cristallizzato dalle tradizioni nei cosiddetti Svjatki che vanno dal Natale fino appunto al 31 dicembre ed è notevole che nel Novgorodese questo periodo si chiami ancora il periodo dei maghi (Kudjes/Кудес) proprio perché ci si rivolgeva ai maghi e agli stregoni (cioè ai volhv, in ultima analisi) per sapere se il sole sarebbe ritornato e se gli dèi avrebbero esaudito i desideri accumulati. Chi sa parlare con gli dèi il mago, il sapiente, il veggente o persino l’antenato che vaga invisibile intorno a noi è in grado di venirci incontro in questo periodo dell’anno...
    Certo, dalle Cronache medievali sappiamo che chiunque avesse fama o esercitasse il mestiere di mago era condannato dalla religione ufficiale, dal Cristianesimo, come Figlio del Demonio, ma nelle società pagane dell’Europa centro-orientale questi volhv per molto tempo conservarono un ruolo importantissimo e non scomparvero nel nulla soltanto perché apparve la nuova “magia” cristiana! In modo particolare nel volhv russo troviamo moltissime analogie nelle sue funzioni con quelle degli sciamani del mondo mistico ugro-finno-altaico sebbene, di documentato, ci sia pochissimo. Come si riconoscevano questi personaggi fra gli altri comuni mortali? Probabilmente nello stesso modo in cui gli Scandinavi dicono nelle loro saghe di riconoscere uno sciamano lappone o altaico. Tecnicamente secondo M. Eliade: “Gli sciamani vengono riconosciuti attraverso una improvvisa vocazione o scelta, per passaggio di eredità oppure per scelta personale e, più raramente, per una scelta fatta dal clan”.
    Il volhv non era solo il custode e il celebrante dei riti divini, ma doveva avere anche una funzione importante dal punto di vista igienico. Era lui a definire quali cibi erano puri e quali impuri, quali cibi servivano a far vivere bene e quali invece potevano inquinare il corpo e portarlo alla morte, quali alimenti potevano essere raccolti per curare e quali altri per inebriare etc.
    A parte ciò comunque, per quanto riguarda un’eventuale organizzazione “ecclesiastica” dei culti antico-russi e dei suoi sacerdoti, non ne sappiamo granché e vaghiamo nella nebbia. Quanto poi a sapere dove si rifugiarono i maghi e le streghe durante la persecuzione del Cristianesimo ufficiale, non è difficile immaginarlo, dato che lo stesso avvenne nel resto d’Europa: nella foresta! E qui generarono con la loro presenza leggende e miti sui tanti esseri misteriosi.
    La cosa strana che notiamo invece è che i riti per conoscere il futuro solitamente si svolgono di notte. Eppure la notte è la negazione dell’esistenza. La ragione si nasconde nel fatto che solo nel buio vagano gli spiriti che ci possono aiutare e solo essi sono capaci di squarciare i veli del tempo dandoci le informazioni richieste! Se rimaniamo svegli ecco che li potremo vedere aggirarsi e potremo interrogarli direttamente, se invece dormiamo essi ci vengono in sogno...
    I primi giorni dell’anno perciò erano riservati ai vecchi della famiglia che conoscevano tutte queste storie. Intorno ad essi ci si raccoglieva per ascoltare dalla loro lunga esperienza l’annuncio che ci sarà un buon raccolto ed altre amenità! Essi raccontavano come, parlando con le forze della natura, avevano saputo che… Nelle lunghe sere invernali tutti i giovani pendevano dalle loro labbra!
    La società contadina russa era, ed è rimasta, una comunità del parlare e del raccontare e quindi le cose che gli anziani sapevano dire con il loro linguaggio cantilenato e rimato erano ascoltate con attenzione e divertimento, tanto più che i racconti si rifacevano alle grandi imprese passate degli antenati esaltandole e infiorandole con gran diletto degli ascoltatori. E’ proprio in questo ambiente nascono infatti queste famose byline russe... Una bylina ci racconta anche sulla lunga cerimonia del primo dell’anno, di questa cerimonia importante che ancora oggi si esegue, benché in parte inquinata dalla fretta e dalla vodka e da… san Basilio. A Capodanno infatti si festeggia quest’ultimo santo e si prepara la cosiddetta kascia del santo.
    A mezzanotte la vecchia della casa si recava nell’ambar e di lì prelevava la grec’ka (Polygonum fagopyrum o grano saraceno) pulita per preparare eccezionalmente la succulenta e densa pietanza. I vecchi invece prendevano (eccezionalmente appunto) l’acqua dal pozzo e l’ha postavano in brocche di legno ben pulite e poi mescolata col latte in quantità ben determinata. La pec’ka intanto si riscaldava per potervi mettere a cuocere la kascia nel pentolone con l’acqua e latte strettamente necessaria e con un pizzico di sale. Poi tutti si allontanano per un certo tempo perché occorre che nessuno stia a guardare o ad attendere la cottura, troppo da vicino. Se così si facesse la kascia potrebbe scuocere o mandare cattivo odore di bruciato.
    Finalmente ci si riunisce di nuovo in attesa che si tiri fuori il pentolone. La sola vecchia rimaneva tutto il tempo in piedi ed è colei che aveva l’onore di servire tutti i presenti. Quando era il momento giusto, la nostra cuoca racconta quasi cantando:
    “Ho seminato, ho cresciuto la grec’ka tutta l’estate, l’ho fatta diventare bella e grande e di color bruno come deve essere. L’ho mandata poi a Costantinopoli a far visita all’imperatore e a partecipare al banchetto in suo onore. E lei ci è andata con i principi e i bojari, con l’onorevole avena e con il dorato frumento. Tutti aspettavano la grec’ka nostra . Tutti erano in attesa alle porte dagli archi di pietra. Le sono venuti incontro principi e bojari e l’hanno fatta sedere su una tavola di quercia a presiedere il banchetto. Adesso però è qui a farci l’onore di essere nostra ospite”.
    Poi prendeva il pentolone e tutti si levavano in piedi in atto di riverenza perché la kascia doveva essere pronta. I zakuski erano stati preparati e distribuiti in tutti gli angoli possibili della tavola e intanto si cantava, si giocava, si scherzava… Tutti guardavano il pentolone: Era pieno oppure no? La grec’ka si era gonfiata abbastanza?
    Se c’era odore di bruciato allora era un anno di guai. Se il pentolone non era pieno o, al contrario, traboccava era la stessa cattiva previsione… Se, addirittura, la pentola si fosse crepata era davvero una catastrofe per la casa e allora pentolone e kascia dovevano essere gettati via e la tristezza sarebbe cadutae su tutta la famiglia prima di ricorrere alle arti di una znaharka. In realtà la grec’ka ben dosata con la quantità d’acqua giusta e cotta per il tempo giusto non delude: si gonfia e rimane morbida e buona. Ad una cuoca ormai esperta come la vecchia di casa ciò non dovrebbe riservare sorprese. Salvo il colore. Prima di distribuirla, infatti, la nostra donna solleva la tovaglietta che copriva la pentola. Non è né bianca né disfatta né scotta e quindi ci sarà tanta fortuna. Fatta questa ispezione, si mangia finalmente! Si mangerà fino a raschiare le scodelle di legno. A chiederne ancora saranno specialmente i più piccoli che allegramente partecipano alla cerimonia!
    A quale avvenimento storico fa riferimento la nostra cuoca? Forse si può pensare che si riferisca al fatto che la grec’ka (o grec’a, grec’iha, da tradurre come greca) diventata popolarissima in tutta la Pianura Russa, ma solo per polente e simili piatti in eventi speciali, fu introdotta intorno al X-XI sec. proprio dalla Grecia. Oppure che la grec’ka, sebbene degna della classe nobile, è anche cibo dello smierd che la mangia proprio per iniziare bene l’anno.


    Le ragazze puberi (krasnye devizi/крaсные девицы) nella notte del giorno prima, si sono già riunite in un angolo dell’izbà in segreto con le sopradette vecchie di famiglia e col loro aiuto hanno eseguito i gadanie ossia le pratiche per indovinare come quando e con chi si sarebbero sposate. Ecco la descrizione di qualcuna:
    - Gadanie na vesc’ciah (Гадание по вещах). Qui si cerca il futuro attraverso gli oggetti preziosi dei giovani che vogliono sapere. -- Oklic’ka prohozhih i proezzhih (Окличка прохожих и проезжих). Questo rito è simile a quello della Santa Monaca in Puglia in cui si fanno delle semplici domande al primo che passa sotto la finestra a piedi o su carro. -- Podsluscivanie(Подслушивание). Qui si sta attenti, senza farsi vedere, a raccogliere le parole dei vicini che chiacchierano in casa propria e da queste dedurre il futuro. -- Gadanie na kurizah (Гадание на курицах). Questa si fa con un gallo ponendogli davanti vari tipi di cibi da becchettare e di qui si deduce il responso. -- Gadanie u vorot (Гадание у ворот). Questa è simile alla seconda poiché ci si pone appoggiati allo steccato e si chiede al primo passante. -- Gadanie basc’makom (Гадание башмакoм). Questa si compie con la scarpa sinistra che una ragazza lascia cadere davanti alla porta di casa e dalla direzione che la punta indica ne trarrà l’auspicio. -- Gadanie lucìnoju (Гадaние лучиною). Questa consiste nel correre con un ramo di betulla fresco al pozzo, bagnarlo con l’acqua e sempre di corsa tornare a casa e porlo nella pec’ka. Se il ramo brucia subito vuol dire lunga vita, se non brucia vuol dire morte e se brucia con crepitio vuol dire malattia.
    Invece del gadanie qualche ragazza, addirittura!, preparava in modo particolare un finto pranzo per il suo ancora sconosciuto promesso sposo… allo scopo di forzare gli eventi! Innanzi tutto preparava pane e sale e un pane piatto (lepjosc’ka/лепешка) per mangiarvi dentro. Accanto a questo poneva solo un cucchiaio di legno e mai il coltello (la forchetta giunse storicamente molto più tardi!). Poco prima di mezzanotte la ragazza si sedeva davanti e diceva: “O promesso vieni da me a cena!” Non appena mezzanotte fosse suonata, ecco che il promesso si sarebbe fatto vivo!
    E, se non era il promesso sposo? Beh, capitava talvolta che qualcuno arrivasse inaspettato per il primo dell’anno! Era lo Spirito della Fortuna, il Polaznik/Полазник (nella mitologia slava ha anche il nome di Badnjak ed è un giovane con la barba) che veniva a far visita! Se era proprio lui, e lo si riconosceva dal fatto che portava con sé un ceppo di legno da ardere (poleno/полено) sulle spalle, allora si intavolava subito un banchetto in suo onore poiché come spirito benigno sapeva leggere il futuro e sapeva consigliare chiunque per la riuscita di tutti i buoni propositi.
    Un rito particolare, perché ha dei riscontri nel resto della Slavia (e persino nell’antica Scandinavia!) coi primi dell’anno nuovo, è la visita ai vicini e lo spargimento delle granaglie tradizionali mentre si invoca un raccolto migliore per l’anno che inizia. Si mandavano infatti in giro per le izbe i giovani i quali con panierini fatti di scorza di tiglio intrecciata (lukosc’ko) pieni di miglio, segala e avena bussavano cantando e suonando alle porte e poi lanciavano quei chicchi per aria nell’angolo “bello” dell’izbà augurando ogni bene anche nel campo (s’ciastie i zdorovie i horoscii urazhai/счастие и здоpовие и хороший уражай). I ragazzi venivano accolti dalla padrona di casa con un’offerta di paste dolci. Oggi si offrono biscotti e cioccolatini, ma una volta erano offerti dolcetti fatti con farina e miele. In realtà in questo rito si nascondeva la venerazione dei propri antenati morti. Nella mitologia slava si è conservato il nome di Avsen’/Aвсень (probabilmente con etimo che significa il “celeste” perché portava il bel tempo, vjòdro/ведро). Lo si immaginava come un uomo-dio a cavallo che attraversa un ponte che si è costruito da sé e che in questo modo “fa entrare” tutte le feste gioiose dell’anno che arriva. Con Avsen’ è legata tutta una serie di piatti tipici : - Bliný/Блины ossia frittelle - Lepjòsc’ki/Лепешки focacce molto schiacciate - Piroghì/Пироги dolcetti - Piedini di porco arrostiti - Kàscia/Каша di varie granaglie. Come è logico non c’è nessun piatto fatto con roba fresca, poiché stiamo appena uscendo dall’inverno! Lo strano però è che non compare neppure frutta secca o seccata che era invece un cibo molto comune durante la stagione brutta...
    ( Aldo Marturano,spaziofatato.net)
     
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