ALBERI, PIANTE, FIORI e FRUTTI TROPICALI

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  1. gheagabry
     
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    L'ANNONA



    L'Annona Cherimoya è una pianta originaria del Sud America, diffusa principalmente nel Perù, nell'Equador, in Colombia e Bolivia. Appartiene alla Famiglia delle Annonaceae e al genere Annona, che comprende circa 60 specie. E' una piccola pianta con portamento eretto, chioma aperta e sviluppo lento. Nei climi caldi è sempreverde, mentre nelle zone subtropicali e temperate perde tutte o parte delle foglie. I fiori bianco-verdastri sono solitari o riuniti in gruppi di 2-3; sono ermafroditi ma gli organi sessuali maturano in tempi diversi (dicogami), rendendo spesso difficoltosa l'impollinazione. La struttura del fiore rende difficile sia la fecondazione anemofila che entomofila.
    Il frutto ha la grandezza di una mela, sembra una pigna o una grossa fragola con la buccia verde vellutata. All'interno la polpa è bianca, cremosa, fondente, con semi come quelli dell'anguria. Per apprezzare a pieno la bontà della polpa di questi frutti, dal profumo che a seconda delle specie ricorda l’ananas, la banana, la fragola e la cannella, bisognerebbe raccoglierli dalla pianta a piena maturazione e consumarli al naturale, al massimo, entro tre giorni. E' molto nutriente grazie all'alto contenuto di zucchero (18-20%) e per la discreta quantità di proteine (1,85%). Fornisce 80 calorie ogni 100 grammi. In Brasile è chiamato frutto dal conte " fruto do conde" perchè è considerato una prelibatezza. Gli inglesi chiamano i frutti di annona “custard apple”, ossia mela-crema. I semi neri, che possono essere molto numerosi (oltre 100), si staccano dalla polpa con facilità e vanno eliminati, perché contengono una resina tossica.
     
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  2. gheagabry
     
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    IL NOCE DEL BRASILE



    La Bertholletia excelsa, comunemente nota come noce del Brasile o noce amazzonica, appartiene alla famiglia delle Letichidacee, al genere Bertholletia ed alla specie excelsa, è un grande albero che produce forse l'unica specie nel mercato mondiale di frutta secca ottenuta esclusivamente in aree naturali, senza coltivazione. L'albero della noce del Brasile cresce principalmente nell'amazzonia meridionale, tra Perù, Brasile e Bolivia. Questo albero possiede caratteristiche assolutamente fuori dal comune, proprietà propria di tutto ciò che cresce a determinate latitudini: come tante altre piante della foresta amazzonica ha dimensioni impressionanti superiori alla media. E' localmente noto come almendro o castaño, può arrivare a misurare più di 50 metri di altezza ed è quindi uno di quegli alberi definiti emergenti nella foresta tropicale. Il noce del Brasile è estremamente longevo, può superare i 500 anni di vita, con un tronco avente un diametro di 1-2 m. Le foglie sono caduche, grandi, alterne, oblunghe, cuoiose, lunghe 20-40 cm e larghe 10-15 cm; le foglie vecchie diventano rosse in prossimità della caduta. I fiori sono di colore bianco crema, piccoli, con un diametro di 2 cm in fioritura, solitari o riuniti in pannocchie terminali.
    Il frutto, chiamato volgarmente "cocco" per la sua forma, ha un diametro tra 10 e 15 cm e contiene al suo interno dai 18 ai 25 semi: le noci; è una capsula legnosa, detta anche pixidio, più o meno tondeggiante, avente un diametro di 10-15 cm ed un peso di 1-2 kg; il pixidio è dotato di una piccola apertura e contiene 15-24 noci triangolari, lunghe 4-6 cm, disposte a spicchi.

    La noce del Brasile è una specie autosterile, per cui necessita dell’impol-
    linazione incro-
    ciata, operata da alcuni insetti imenotteri che, a differenza dell’ape comune e di altri pronubi, sono selvatici e si trovano soltanto nella foresta amazzonica dei luoghi di origine. La fioritura avviene a settembre, alla fine della stagione delle piogge, e si protrae fino a febbraio, con un picco nei mesi di ottobre, novembre e dicembre. Dopo la fioritura sono necessari 15 mesi per lo sviluppo del pixidio. I frutti maturano tra dicembre e marzo, periodo in cui si concentra la maggior parte delle precipitazioni; sulla stessa pianta ci possono essere sia fiori che frutti in diversi stadi di accrescimento. La pioggia gonfia l'epicarpo spugnoso del frutto che per il peso e l'azione del vento, cade al suolo. Dopo alcuni giorni, per effetto dell’attività di microrganismi ed insetti, le parti spugnose vengono degradate e rimane il guscio legnoso del frutto.
    Il guscio viene rosicchiato dall’aguti, un grosso roditore presente nella foresta amazzonica, o dagli scoiattoli che si nutrono dei semi; questi ultimi vengono spesso nascosti in luoghi vicini nei quali germinano in 12-18 mesi originando numerose piante in spazi piuttosto ristretti.
    I frutti maturi cadono a terra in maniera spontanea, i pixidii sono raccolti dagli indigeni che da dicembre a marzo fanno un controllo periodico al di sotto degli alberi. Le capsule intatte vengono ammucchiate ed aperte con particolari lame; le noci possono essere vendute nei mercati locali o internazionali con o senza guscio. Con abilità e l'uso di un machete le capsule sono aperte e gli spicchi legnosi estratti e raccolti in aree apposite (payoles). Da qui verranno trasportati attraverso la foresta con mezzi rudimentali verso un centro di raccolta principale da cui, normalmente con delle imbarcazioni fluviali, raggiungono gli stabilimenti di trasformazione. In questi stabilimenti, noti come beneficiadoras, la noce viene essiccata e aperta dal lavoro a cottimo di intere famiglie durante vari mesi. Inscatolata sotto vuoto, viene, quindi, per la quasi totalità, esportata verso Europa e nordamerica.
     
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  3. gheagabry
     
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    IL MANGO



    Il Mango (Mangifera indica L.) appartiene alla famiglia delle Anacardiaceae. E' di origine indiana e coltivato in quasi tutti i paesi tropicali (Brasile, Sud Africa, Perù, Venezuela, Costa d'Avorio e altri paesi dell'Africa Occidentale, Israele, Puerto Rico). Appartiene alla stessa famiglia del pistacchio e dell'anacardio, si sviluppa nei climi tropicali e misura una media di 15 metri di altezza, anche se può raggiungere i 30 metri. L'albero del mango è un sempreverde, ramoso. La corteccia è resinosa; il legno duro e ruvido, di color rosso.
    Ha uno sviluppo abbastanza rapido, e nell’arco di pochi anni può raggiungere i 20-25 m di altezza, con fusto corto e chioma allargata e tondeggiante; i giovani germogli sono di colore aranciato o rosato, le foglie sono di colore verde scuro, lucide e leggermente cuoiose, di forma lanceolata o ovale, lunghe fino a 20-25 cm. Alla fine dell’inverno o all’inizio della primavera producono grandi pannocchie terminali, costituite da innumerevoli piccoli fiori bianco-arancio, o rosati; ai fiori seguono piccoli frutti ovali, che si sviluppano nell’arco di alcuni mesi, facendo arcuare verso il basso i fusti che li portano, riuniti in grappoli. I frutti del mango hanno una buccia liscia sottile che può essere verdastra, giallastra, o rossastra, spesso con sfumature viola, rosa, giallo arancione, o rosse.
    La polpa è arancione o gialla, come quella della pesca. Mentre i manghi sono a volte fibrosi, la polpa nella maggior parte delle varietà è liscia, cremosa, dolce e fragrante. La polpa aderisce al nocciolo, che è abbastanza grande e piatto. Il sapore un po' acido e piccante dei manghi è sorprendentemente piacevole. Il nocciolo occupa buona parte del frutto, ha una forma ovaloide ed ha una lunghezza di 7-8 centimetri. Esso può essere ricoperto da fibre che non permettono di separarlo facilmente dal frutto.

    Oggi viene coltivato in quasi tutti i paesi tropicali e nei paesi subtropicali, nelle zone non soggette a gelo, come ad esempio in Spagna (Andalusia, principalmente nella provincia di Malaga). Esistono delle coltivazioni di mango anche in Italia, a Caronia, a Fiumefreddo di Sicilia, a Balestrate - Provincia di Palermo, ad Alcamo e nella valle del Niceto, ed in Calabria. La diffusione globale delle coltivazioni nell'area intertropicale fa sì che il frutto sia presente tutto l'anno sui mercati. La produzione siciliana, per quanto limitata nel tempo a causa della stagionalità della fruttificazione del mango in Italia, è risultata di qualità eccellente, ottenendo un grande successo anche sui mercati nel Nord Europa.

    Il legno del Mango ha una bassa densità e durezza, dal colore fortemente tendente al grigio, ed è utilizzato in prevalenza per creare la parte interna (e quindi meno pregiata e senza necessità di particolare resistenza) dei mobili etnici, oltre che per la creazione di piccola oggettistica, decorazioni e soprammobili.

    ...la storia...



    Coltivati per oltre 6.000 anni, i manghi sono rimasti per molto tempo sconosciuti al di fuori dell'Asia.I monaci buddisti avevano l’abitudine di portare con sé le piante nei loro viaggi in Malesia e in Asia Orientale nel IV e V secolo d.C poiché erano considerate sacre. Tale credenza fu in seguito accolta dagli Hindu e poi dai mussulmani. Prima del X secolo il mango era già stato trasportato dai mercanti persiani in Medio Oriente e in Nord Africa. Vennero portati dall’India alla Malesia ed all’est asiatico nel IV-V secolo a.C. ed in seguito all’est dell’africa nel 1000 d.C. Sono stati introdotti in Brasile dagli esploratori Portoghesi nel XVIII secolo, dopo di che sono stati conosciuti gradualmente in tutto il mondo. I Portoghesi lo hanno chiamato "manga", un adattamento di man-gay, da come è chiamato nel linguaggio dei Tamil dell'India Sud Orientale.
    La parola "mango" infatti deriva dalla parola Tamil maangai. La prima attestazione della parola in una lingua europea si trova nel 1510 in un testo di Ludovico de Varthema in italiano come Manga.

    A partire dal X secolo d.C., si diffuse nell'Africa orientale. Il viaggiatore marocchino del XIV secolo, Ibn Battuta riporta la sua presenza a Mogadiscio. Nel '600 i portoghesi lo esportarono in America del Sud.
    L’albero di mango appare in molte leggende indiane ed è considerato sacro dagli Indù,credevano vi fosse incarnato Prajapati il signore delle creatura, che con le foglie di questa pianta fanno delle ghirlande per adornare i templi. L'albero del Mango è la residenza di Kama, dio dell'amore, e le sue frecce hanno la punta impreziosita da boccioli del fiore di mango.

    Nel diciottesimo e diciannovesimo secolo, nell’Asia meridionale il bestiame veniva nutrito esclusivamente con foglie di mango, che hanno proprietà coloranti, e la loro urina era usata per ottenenre il Giallo Indiano. Nel 1908 questa pratica fu vietata poiché, a lungo andare, portava alla morte gli animali.

    L’albero del mango e i suoi frutti sono sempre presenti nelle rappresentazioni del paradiso degli antichi indiani, dove rappresentano amore e fertilità. Budda stesso è spesso dipinto mentre parla ai discepoli o medita sotto un albero di mango.


    Era vicino l’inizio della stagione dei monsoni
    e un uomo assai vecchio scavava buchi nel suo giardino.
    “Che cosa stai facendo?”, gli chiese il vicino.
    “Pianto alberi di mango”, egli rispose.
    “Pensi di riuscire a mangiarne i frutti?”
    “No, io non vivrò abbastanza a lungo, ma gli altri si.
    L’altro giorno ho pensato che
    per tutta la vita ho gustato manghi piantati da altri.
    Questo è il mio modo di dimostrare loro la mia riconoscenza”.
    (L’Albero Sacro)



    Edited by gheagabry - 18/2/2017, 16:53
     
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  4. gheagabry
     
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    IL TIARE'


    La Gardenia tahitensis è un arbusto appar-
    tenente alla famiglia delle Rubiaceae, che sembra annoveri fino a 6000 specie.
    Vive nei climi tropicali, dove la temperatura minima non scende mai al di sotto dei 10°C, questa specie è molto sensibile alle basse temperature e teme i terreni calcarei, sono particolarmente favorevoli al suo sviluppo i fertili terreni vulcanici delle isole Polinesiane, nell'oceano Pacifico meridionale, dove la Gardenia tahitensis è autoctona ed è considerata il fiore nazionale, emblema dell'isola di Tahiti e di tutta la Polinesia francese.
    La pianta ha foglie grandi, lisce e lucide, di colore verde scuro nella parte superiore, più chiaro in quella inferiore; i fiori, chiamati Tiarè, sono grandi, bianchissimi e dall'aspetto ceroso. Sbocciano la sera e nelle ore notturne emanano una fragranza esotica, sottile e penetrante, molto caratteristica e gradevole. Il nome Tiarè fa riferimento probabilmente al termine tiàra, cioè corona, per la forma dei fiori, la cui corolla è dotata di un lungo tubulo, e ricorda il copricapo di certi dignitari, come ad esempio la tiàra del papa. Il Fiore di Tiarè è chiamato anche "Fleur de Candolle" (Fiore di Candolle), in onore del celebre botanico e naturalista svizzero Augustin Pyramus de Candolle (1788-1841).
    Secondo le antiche tradizioni locali, ancora oggi è costume delle donne Tahitiane, chiamate Vahine, adornarsi il capo e il collo con i fiori di Tiarè, intrecciati a formare ghirlande che donano anche ai visitatori come profumato omaggio in segno di benvenuto.
    Con i fiori di Tiarè ancora in boccio, a Tahiti si produce un olio vegetale profumato, mediante l'antica tecnica dell'"enfleurage", che consiste nel far macerare i fiori nell'olio di copra, cioè l'olio che si estrae dalla polpa disidratata della noce di Cocco, Cocos nucifera, fino a farlo saturare della loro fragranza. Alla fine del processo, che dura circa due settimane, si separa un olio chiamato "Monoi di Tahiti", che sarà particolarmente impregnato dell'intensa profumazione del fiore di Tiarè.
    Il termine Monoi nella lingua polinesiana significa "olio profumato" e si presenta liquido, ma al di sotto dei 22 gradi solidifica, salvo ritornare allo stato liquido sulla spiaggia al calore del sole.
    (www.lerboristeria.com)
     
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  5. gheagabry
     
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    IL MANGOSTANO



    Il mangostano (Garcinia mangostana L., 1753) è una pianta sempreverde tropicale appartenente alla famiglia Clusiaceae, originaria delle Isole della Sonda e dell'Arcipelago delle Molucche, anche se piante selvatiche sono presenti solo nelle foreste di Kemaman in Malesia.La si ritrova soprattutto in Thailandia e in generale in tutto il Sud-Est asiatico, il Sud America e i Caraibi. L'albero cresce fino a un'altezza massima compresa fra 7 e 25 metri. E’una pianta molto esigente che non tollera temperature superiori ai 36° o inferiori ai 4° e necessita di un lungo periodo di crescita prima di dare i suoi primi frutti. Per molti secoli, le popolazioni indigene della Thailadia, Cina e India, hanno utilizzato questo particolare frutto nella medicina tradizionale impiegandone sia la buccia che la polpa, per mitigare i sintomi di diverse patologie. In seguito a questa tradizione venne chiamato anche “Regina della frutta“.

    La una corteccia marrone scuro tendente al nero. Ha foglie carnose. Già dalla sua nascita il frutto denota caratteristiche immunitarie molto forti e marcate: le piante di mangostano non hanno bisogno di antiparassitari, perché producono da sole le sostanze di protezione utili a contrastare gli attacchi esterni.

    Il frutto, commestibile, è di forma tondeggiante, con un diametro di circa 5-7 cm, non richiede necessariamente fecondazione. Quando è acerbo ha un colore verde chiaro, poi la buccia del frutto, quando matura, assume un colore viola profondo. Da un punto di vista botanico la polpa è un arillo (polpa staccata dalla buccia ma aderente al seme) che è suddiviso in 4-8 lobi o spicchi commestibili, fragranti e cremosi, di colore bianco latteo, dal vago sapore di pesca e litchi. Nei due mesi successivi la formazione il frutto mano a mano che scurisce aumenta le sue dimensioni, il pericarpo rimane relativamente duro per tutta la fase di maturazione.
    La membrana sottostante la buccia, che avvolge l'arillo ed il seme, contiene acidi polifenolici, tra i quali il tannino e lo xanthone che assicurano una certa astringenza che scoraggia eventuali infestazioni di insetti, ed infezioni di funghi, virus vegetali e batteri, previene inoltre la predazione degli animali. Il cambio di colore (da verde pallido a viola scuro) e il contemporaneo leggero ammorbidimento del pericarpo fanno parte del naturale processo di maturazione, e indicano che il frutto ha concluso il suo sviluppo e può essere consumato. Non è più commestibile quando si presenta con buccia dura e secca e con il peduncolo e il calice ossidati.

    Gli indigeni, del territorio dove cresce l’albero di mangostano, conoscono e consumano da sempre questo frutto. Viene apprezzato non solo per il suo sapore dolce, ma soprattutto per le sue proprietà benefiche . Il mangostano è un frutto che possiede proprietà antiossidanti molto marcate, soprattutto grazie alla massiccia presenza di xantoni: flavonoidi speciali che combattono la sovrapproduzione di radicali liberi e il conseguente stress ossidativo. Contiene circa 42 dei 200 xantoni presenti in natura, ma non solo: contiene anche altre sostanze benefiche fra cui tannini, bioflavonoidi e polifenoli che aiutano l’organismo a prevenire malattie cardiovascolari, cancerogene e virali. Tutte queste sostanze sono presenti in quantità tali da far considerare il mangostano come il re dei frutti.
    La maggior parte degli elementi benefici si ritrovano in misura minore anche nella corteccia dell’albero e nelle foglie. La corteccia ha buone proprietà astringenti e disinfettanti. Di solito viene prelevata la parte superficiale dalla quale si ricava un decotto. L’infusione di foglie secche ha anche proprietà antipiretiche e viene consumata durante tutto il giorno per abbassare la temperatura corporea; oltre all’assunzione sotto forma di tisana, si impiegano anche le foglie fresche come cataplasma da applicare sulle zone di interesse.

    Le popolazioni autoctone lasciano macerare la buccia del mangostano per alcune ore nell’acqua di cottura del riso e poi consumano il preparato a piccoli sorsi durante tutto l’arco della giornata. Infine la radice essiccata e ridotta in polvere viene consumata sotto forma di infusione.
    Della Garcinia Mangostana non si butta via niente; dalla sua resina bianco-giallastra viene ricavato un pigmento impiegato nella tintura dei tessuti e i tannini presenti nel pericarpo del mangostano sono utilizzati per trattare il cuoio e per colorarlo di nero. I semi invece sono ricchi di acidi oleici e acidi stearici dai quali si ricava surrogato del burro e dell’olio di Ghee, prodotto culinario derivante da altre specie di Garcinia.

    …..storia…..



    La storia della pianta è alquanto travagliata, per i diversi tentativi di esportazione dalle zone autoctone. Nel 1800 il Mangostano fu piantato per la prima volta sull’isola di Ceylon. Nel 1840, in seguito ad un assaggio del frutto di Mangostano, la regina Vittoria dichiarò che era il suo favorito, così che nel 1854 nel Queensland incominciò a coltivare il frutto e dal 1855 l’Inghilterra cominciò a coltivare le piantagioni di Mangostano nelle serre. Nel 1858 la pianta fu introdotta a Trinidad e nel 1881 venne coltivata in India. Nel 1903 viene acclimatato a Porto Rico e a Panama. Nel 1906il Dipartimento dell’Agricoltura Americano ricevette i primi semi dalle piantagioni. Nel 1924 il Mangostano fu ritrovato anche in Ecuador dal Dr. Wilson Popenoe. Nel 1949 Diedberger Agricola Ltda.a San Paolo incominciò ad includere il Mangostano nel loro catalogo di prodotti alimentari per bambini. Dal 1992 gli scienziati iniziarono a scoprire le sue proprietà.

    La leggenda racconta che durante un viaggio in Asia, la regina Vittoria d’Inghilterra, assaggiò il frutto del Mangostano per la prima volta. Al ritorno in patria, il ricordo e l’incontro con le papille gustative del reale palato, perdurarono nella mente di Sua Maestà, che desiderò gustare ancora il delizioso frutto. Conosciuta per la sua caparbietà, la Regina Vittoria ordinò ai suoi sudditi di recuperare quanti più frutti possibili del Mangostano ma, gli sforzi si rivelarono insufficienti per portare il prodotto fresco fino al suo trono. Non perdendosi d’animo la regina compensava con una taglia chiunque fosse in grado di portare il Mangostano a corte, conferendogli addirittura la qualifica di cavaliere di Sua Maestà. Ma il suo desiderio rimase insoddisfatto. Ed è per questa ricerca e a seguito degli sforzi regali della Regina Victoria, che il mondo occidentale ha introdotto per il Mangostano, il titolo di “Regina della Frutta”.
     
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  6. gheagabry
     
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    L'AVOCADO



    L'Avocado (Persea americana Mill.) è una pianta originaria dell'America Centrale (Messico, Guatemala, Antille), conosciuta già in epoca precolombiana. Oggi l'Avocado è diffuso in America Latina, California e Florida; nel Mediterraneo è presente in Israele e Spagna.
    La chioma è ampia e frondosa ed il tronco è ricoperto di una scorza grigiastra. E' una pianta arborea di alto fusto sempre verde con sistema radicale molto espanso. La chioma può raggiungere un'altezza di 15-20 metri. I fiori, in posizione apicale, sono ermafroditi, piccoli, riuniti in racemi e molto numerosi; essendo poco appariscenti, solo in piccola parte sono visibili dagli insetti pronubi e cio' determina una bassa produttivita'.
    Il frutto è piriforme, grosso come un pugno, con buccia coriacea. I frutti sono drupe di forma variabile, di colore verde o violaceo, con un solo seme poliembrionico e una polpa burrosa, ricca in grassi. che richiama vagamente la forma della pera ( è chiamato anche pera alligatore ); la polpa del frutto ha un gusto “morbido”, il colore è giallo verdognolo ed è molto profumata. All’interno del frutto troviamo un unico grande seme.
    Le cultivar di avocado di piu' larga diffusione sono caratterizzate dall'impossibilita' o quasi dell'autofecondazione anche se dotate di fiori ermafroditi. Ne esistono tre tipi: la messicana, l'antillana e la guatemalteca, che si distinguono per alcuni caratteri delle foglie che, nei germogli, risultano verdi nelle prime due, bronzato-viola nell'ultima; inoltre solo nella prima presentano un tipico profumo di anice. Le varietà sono: Hass - frutto piccolo a pelle spessa e rigida, granulosa e di colore variante tra bruno e violaceo, una volta raggiunta la maturazione. La polpa è di colore giallo chiaro, soda e molto odorosa. Proviene dalla Spagna, Messico, Israele...Fuerte - di forma tipica a pera, dalla pelle fine e opaca, color verde scuro. La sua polpa è burrosa, verde e generalmente dal sapore pronunciato e un odore molto piacevole. Proviene da Israele, Spagna.
    Ettinger tra le diverse varietà è quella caratterizzata dalla forma più allungata, con una pelle fine e tesa, verde e liscia, e una polpa dal sapore molto delicato. Proviene da Israele, Africa del Sud. Nabal è quasi rotondo, dalla pelle liscia, verde scuro, venato di nero. La sua polpa soda e dal colore acceso sopporta bene la cottura. Proviene da Israele. Lula è grosso avocado rotondeggiante alla base, dalla pelle lucida, ruvida e di colore verde tendente al giallo. Proviene dalle Antille.
    La raccolta dei frutti inizia verso la fine di ottobre-primi di novembre per le varieta' precoci e termina in marzo-aprile per quelle tardive. . Il peso dei singoli frutti varia dai 200 ai 500 grammi.
    L'avocado è maturo quando risulta morbido ad una leggera pressione delle dita. E' da usare più come ortaggio che come frutta. La polpa si può condire con olio, aceto, sale e pepe; si può aggiungere al condimento un po' di senape e uno spicchio d'aglio schiacciato, oppure salsa aurora o maionese. La polpa cremosa può essere spalmata sul pane. Tagliato a dadini arricchisce l'insalata mista.

    La principale caratteristica nutrizionale di questo frutto è la sua ricchezza di grassi, specialmente insaturi ed Omega – 3. Il contenuto di grassi dipende però dal tipo di avocado, e varia dal 10% al 30%. Per il popolo sudamericano e sudafricano l’avocado rappresenta il sostituto delle olive per gli Europei. L’elemento più rilevante per la salute di chi include l’avocado nella sua alimentazione è l’apporto di acido grasso linolenico e Omega – 3, grassi “buoni” in quanto capaci di stimolare la produzione di colesterolo buono (HDL) e frenare il deposito di quello cattivo (LDL).
    Ha più grassi che qualsiasi altro tipo di frutta, ma questo non deve essere frainteso perché sono grassi monoinsaturi incredibilmente benefici. È il tipo migliore di grasso, perché fa bene al cuore. Secondo una ricerca quando si aggiunge l’avocado nell’insalata, l’assorbimento del beta-carotene delle carote aumenta di quasi 14 volte, mentre quello dell’alfa-carotene nella lattuga aumenta di oltre 4 volte, se confrontato con la medesima insalata priva di avocado. La spiegazione sta nel fatto che i grassi monoinsaturi dell’avocado aiutano il corpo ad assorbire meglio i carotenoidi fitonutrienti grasso-solubili.
    Un altro aspetto positivo a favore dell’avocado è il suo ricco contenuto di Vitamina A: 14 mg di vitamina A per 100 grammi di parte commestibile (7 volte più dell’ananas). È inoltre ricco di vitamina E, ed entrambe le vitamine sono forti antiossidanti, che aiutano specialmente contro l’invecchiamento della pelle e la sua elasticità.


    ...storia , miti e leggende...


    L'avocado è originario del Messico, dove era consumato dalle popolazioni precolombiane degli Aztechi e dei Maya. Ha circa 8000 anni. L’avocado fu scoperto per la prima volta durante le esplorazioni dell’America Centrale, nelle zone oggi conosciute come Messico e Guatemala, dove era già parte dell’alimentazione degli indigeni Aztechi e Maya prima dell’ arrivo degli Spagnoli. Chiamato anche pera alligatore, l’avocado fu descritto dai conquistadores come un frutto “abbondante, con una polpa simile al burro e caratterizzato da un ottimo sapore”. Malgrado ciò la cultura legata al suo impiego dovrà attendere altri 300 anni prima di installarsi nel resto d'Europa, dove sarà a lungo considerato un prodotto di lusso, mentre in America, nelle zone in cui è comune, veniva spesso chiamato "burro dei poveri". Miti afrodisiaci hanno accompagnato per millenni la sua coltivazione. Una caratteristica su cui si focalizzò immediatamente l'attenzione dei conquistadores, che lo trapiantarono nel Mediterraneo importando in Europa insieme al frutto il mito delle sue incredibili virtù. Si racconta che anche il re di Francia Luigi XV ne fu un grande estimatore.

    Gli Aztechi lo chiamavano ahuacatl (da cui lo spagnolo Aguacate, il portoghese abacate) ed era famoso l’ahuacamolli ovvero la salsa d’avocado. Il dottore spagnolo Fernando Hernadez (1517 - 1587), inviato dal Re Filippo II per raccogliere
    informazioni sulle ricchezze naturali dei territori conquistati, si entusiasma alla vista di questo frutto miracoloso del quale nota: “Io credo che sia il miglior frutto della nuova Spagna in sapore ed in elementi e proprietà attive. Stimola
    straordinariamente l’appetito sessuale ed è talmente sano che ne danno ai malati”.
    Nonostante ciò, il trapianto del frutto nel vecchio continente, tentato nella seconda metà del XVI secolo nei dintorni di Roma, si rivelerà un fallimento.
     
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  7. gheagabry
     
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    "...Correte dietro le grandezze della terra? Gustate di questa, e dopo un'ora sarete idealmente, mon re di un piccolo regno nascosto in un angolo d'Europa, come la Francia, la Spagna o l'Inghilterra, ma sarete il Re del mondo... "
    (Alexandre Dumas padre, "Il Conte di Montecristo)


    IL GUAVA



    Detta anche guajava, la guava è un albero da frutto originario dell'America centrale e meridionale, diffuso in coltivazione in gran parte delle zone tropicali del globo; si coltivano in generale due specie di guava, e le loro conseguenti cultivar createsi nel tempo, ovvero Psidium guajava, diciamo la vera guava, e Psidium littorale, di dimensioni più contenute.
    In natura la guava produce ampi alberi, che nel corso degli anni possono raggiungere anche i 7-10 m di altezza.
    La produzione maggiore di Guava comunque avviene in Brasile e India, mentre la piu' grande piantagione al mondo si trova negli Stati Uniti, alle Hawaii.
    Questi alberi, anche se esotici, appartengono alla famiglia delle myrtacee, ben conosciute in Italia; sono alberi sempreverdi, con grandi foglie coriacee, di colore verde scuro; in primavera inoltrata producono grandi fiori di colore candido,a piumino: da lontano un albero di guava in fiori potrebbe ricordare un enorme mirto di dimensioni eccezionali.
    Ha un tronco dritto e ramificato di legno duro con corteccia chiara che a maturità si spella in scaglie con ampio e abbastanza superficiale apparato radicale.
    Le sue foglie sono opposte, coriacee con un picciolo corto e di forma ellittica o allungata di colore verde chiaro che alle nostre latitudini in inverno assumono gradevoli sfumature rossastre, i fiori ermafroditi sono autocompatibili, questo fatto spiega la sua abbondante fruttificazione, grandi, bianchi e profumati solitari o a piccoli grappoli e sbocciano sui rami di un anno.
    Ai fiori seguono dei frutti, di dimensioni simili a quelle di un limone o di un'arancia; i frutti di guava sono comunemente consumati in America meridionale, in Asia e in nord Africa. Il frutto e' di forma variabile (sferica, ellittica, piriforme), di colore giallo o verde/giallo, liscio o rugoso, con polpa bianca o bianco-gialla o rosa o rossa, dolce, agrodolce o acido, con numerosi semi, piccoli e bianchi. Questa differenza di gusti e colori e' data anche dalla particolarita' che in natura esistono circa 150 specie diverse della pianta. Hanno sapore leggermente acidulo, e più o meno dolci a seconda della specie o della varietà. La polpa di guava può essere di colore bianco, verde, o anche rosa; i frutti rosa vengono utilizzati anche per preparare piatti salati; come fossero dei pomodori. Vengono spesso mangiati crudi, talvolta conditi con sale o spezie. Più comunemente con i frutti di guava si producono gelatine, succhi, marmellate, che vengono preparate con facilità grazie all'alto contenuto di pectina dei frutti.
    In Tailandia questi frutti sono chiamati farang che significa uomo bianco.
    www.giardinaggio.it


    La varietà più popolare alle Hawaii e coltivata diffusamente in quelle isole è la varietà "Beamont Red".
    Produce frutti molto grandi, alcuni raggiungono il chilo di peso, di colore verde che vira al giallo a maturazione e con polpa rosa tuttavia questa varietà è piuttosto acida e poco adatta per essere consumata fresca ma viene impiegata per ricavarne succo: è una delle più note varietà commerciali.
    "Pear" ha un frutto di medie dimensioni dai 60 ai 120 gr. di peso, di forma piriforme con buccia di colore giallo o verdastro a maturazione facile da sbucciare. La sua polpa cremosa è aromatica di colore rosa intenso con pochi semi di sapore dolce molto adatta ad essere consumata fresca.
    "Red Indian" è stato creato in Florida nel 1946 ha un frutto medio di forma globosa leggermente schiacciata alle estremità, molto profumato con buccia liscia di colore rosso e polpa profumata e dolce di colore rosso con molti piccoli semi.
    E' una varietà molto adatta al consumo fresco di qualità molto buona una delle migliori guava a polpa rossa da consumarsi fresca matura in autunno e all'inizio dell'inverno.
    "Red Indian" Ruby ha frutti di dimensioni medio grandi di forma ovale con pochi semi la polpa è rossa di sapore dolce molto buono da consumarsi fresca ma anche adatta a succhi e bevande.
    "Supreme" è una cultivar della Florida con polpa bianca pochi semi e una elevata produttività infatti matura la sua frutta per un periodo di 8 mesi dal tardo autunno alla primavera seguente. E' ottima da consumarsi fresca ma anche per farne succhi e gelatine.
    Alcune sono coltivate non solo come fruttiferi ma anche come piante ornamentali come la "Malaysian Red" di origine malese, ha frutta di color verde rosato con polpa sul rosa e dolce. La sua caratteristica principale sono le foglie che sono macchiate di un color rosso cupo e che perdurano sulla pianta lungo tutto l'arco dell'anno come tutte le guava è sempreverde, i fiori sono di un bel colore rosa e a seconda del clima fiorisce e fruttifica tutto l'anno come accade ai nostri limoni. (http://ortopertuttiblog.blogspot.it/)

    ...storie, miti e leggende...



    Il luogo di origine della guava non è certo, ma si ritiene essere un'area compresa tra il Messico meridionale e l'America Centrale. È stata poi diffusa dall'uomo, dagli uccelli e da altri animali in tutte le aree temperato-calde dell'America tropicale e nelle Indie Occidentali (dal XVI secolo). La guava era già nota agli Aztechi, che la chiamavano Xalxocotl (prugna di sabbia); in tempi successivi le prime notizie storiche risalgono ai primi decenni del Cinquecento ad opera di Hernandez de Oviedo. I primi colonizzatori spagnoli e portoghesi dal 1530 circa l'hanno portato dal Nuovo Mondo all'India dove è molto diffuso diffondendosi anche in Asia e in alcune zone dell'Africa sempre però dove il clima era tropicale. La storia registra che indiani Seminole crescevano alberi di guava in Nord Florida nel 1816. Nelle isole del Pacifico questa pianta è giunta solo agli inizi del 1800 diffondendosi rapidamente e intensivamente.

    Secondo una leggenda, in un tempo remoto in un'isola delle Filippine viveva un ragazzo che possedeva un frutteto gigantesco. Conosciuto dalla popolazione locale per la sua generosita', tanto da guadagnarsi il soprannome di Bay (generoso), pare che non mancasse mai di regalare la sua frutta a chiunque ne facesse richiesta. Del resto nel suo giardino erano presenti alberi di tutti i generi e dimensioni. Tra di essi pero' ce ne era uno che spiccava per la sua bellezza e per la grandezza dei suoi rami e dei suoi frutti, particolarmenti belli e succosi. Si trattava di una pianta senza nome che si diceva fosse sacra. Per questo pur essendo molto invitanti, nessuno aveva mai assaggiato i frutti e anzi la gente del posto riteneva che non fossero commestibili. Un giorno, continua la storia, un'anziana donna affamata, chiese al ragazzo di poter avere qualcosa da mangiare. Purtroppo pero' nel giardino non c'erano piu' frutti tranne che quelli sull'albero sacro. Spinto da compassione allora, il ragazzo rivolse una preghiera agli dei chiedendo loro di renderli mangiabili e coraggiosamente ne prese uno per assaggiarlo. Fu cosi' che le divinita', commosse da tanta bonta' d'animo e altruismo, tramutarono quel frutto in uno dei cibi piu' gustosi esistenti e decisero che da allora si sarebbe chiamato Bayabas, dal nome del generoso ragazzo e della sua famiglia (www.lapelle.it/)

    ..proprietà del frutto..



    Il frutto guava, uno degli arrivi più recenti, è anche uno di quelli con le migliori proprietà nutrizionali.Quando lo si taglia in due, il guava somiglia in tutto e per tutto ad un pomodoro maturo; questa parentela estetica è confermata dalla quantità di flavonoidi come licopeni, betacarotene e luteina, sostanze fortemente antiossidanti e fondamentali per la buona salute della pelle e delle mucose del corpo. È inoltre molto ricco di vitamina C, specialmente nella buccia esterna, e di vitamina A, che sappiamo essere due nutrienti fondamentali per l’organismo: la vitamina C rinforza le difese immunitarie, mentre la A protegge dall’invecchiamento cellulare e dai radicali liberi.
    Il guava è inoltre un’eccellente fonte di potassio, indispensabile per rinforzare i muscoli di chi fa attività sportiva ad alti livelli e per mantenere il sistema cardiocircolatorio efficiente: questo frutto è uno dei più cibi più ricchi di questo elemento e ne fornisce una dose adeguata. Il guava è il frutto più protettivo contro lo stress ossidativo grazie ai suoi 500 milligrammi di antiossidanti ogni 100 grammi di polpa.
    Questi frutti sono un alimento molto importante nelle principali zone di produzione, in quanto contengono numerosi sali minerali, tantissima vitamina C e poche calorie. Sono quindi un importante alimento; gli antichi abitanti dell'America centrale usavano l'intera pianta, dal fogliame ottenevano infusi e decotti medicamentosi, grazie al potere antisettico dei principi attivi contenuti nella pianta.(dal web)
     
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  8. gheagabry
     
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    Cedro, "La Mano di Buddha"


    Citrus medica var. sarcodactylus è una varietà di Citrus medica, nota con il nome di Mano di Buddha.
    Si tratta della precocissima partizione in spicchi del frutto, cioè lo sviluppo non interessa un insieme di spicchi che andranno a formare il frutto, bensì ogni spicchio tende a svilupparsi come unità a sé stante. Ne consegue una forma non globosa del frutto, bensì frastagliata in varie escrescenze, e gli orientali vi videro la forma della mano divina.
    Il cedro cresce su un piccolo albero con lunghi rami irregolari coperti di spine. Le sue grandi e verdi foglie oblunghe sono pallide e crescono di circa quattro a sei pollici. I suoi fiori sono di colore bianco violaceo dall'esterno e crescono in grappoli profumati.
    Considerato come simbolo di prosperità, fertilità e longevità, questo cedro trova spazio come elemento decorativo e perfino nelle cerimonie religiose.

    Il frutto, privo di grassi ha un basso apporto calorico, ha una buccia spessa e rugosa o bitorzoluta e contiene solo un'eventuale piccola quantità di polpa acida, ed è spesso senza semi. È molto profumato e viene utilizzato prevalentemente dai cinesi e giapponesi per profumare le camere e gli oggetti personali come l'abbigliamento.
    La buccia del frutto può essere candita. Nella cucina occidentale, è spesso utilizzato per la sua bellezza come ornamento per diversi piatti. Il midollo interno bianco non è amaro, come solito negli agrumi, ma dolciastro e leggermente zuccherato, così le dita possono essere tagliate longitudinalmente e poi a fette, e utilizzate nelle insalate o sparsi su cibi cotti come il pesce, o anche sul gelato, specialmente su quelli al limone o alla vaniglia.Impiegato per liquori e marmellate, funge anche da repellente per gli insetti, nonché da tonico e stimolante per l’organismo. la maggior parte viene consumata nell'industria farmaceutica per la produzione di olio essenziale.
    In Cina prende il nome do “fo-shou”; in Giappone, dove il frutto viene chiamato “bushukan” rappresenta uno dei regali tipici che i giapponesi si scambiano il giorno di Capodanno come simbolo di buon auspicio.

    Gli esperti hanno spesso cercato di favorire questa anomalia genetica in quanto produce praticamente solo buccia, cioè l'unica parte del frutto utilizzabile industrialmente. Ma sinora gli esiti sono stati deludenti: sembra che l'anomalia preferisca non venir imbrigliata, e continua a palesarsi solo spontaneamente ed imprevedibilmente.

    Il nome “mano di Buddha” è piuttosto recente, nella sua Istoria e coltura delle piante (1726), parlando della coltura generale degli agrumi, Paolo Bartolomeo Clarici cita un “cedro a Ditella” che presumibilmente è proprio il Citrus medica var. sarcodactylus. E, ancora prima, nella bellissima opera seicentesca Hesperides sive de malorum aureorum cultura et usu del gesuita Giovan Battista Ferrari (1646), al capitolo V del Libro II, si legge di un “malum citrueum digitatum”, ossia di un brutto cedro a forma di dita. (Giulia Bartalozzi)


    L'ACKEE



    L’albero Ackee si trova ampiamente in Giamaica, ma anche in altri settori come il Ghana , Senegal, Burkina Faso , Costa d’Avorio, Nigeria, Camerun e altre zone dell’Africa occidentale.
    È un albero sempre-
    verde che può raggiungere un’altezza di addirittura 10 metri. Il suo tronco non è molto alto (in realtà potremmo dire che breve) , ma ha un grande e soffice denso fogliame.
    Le foglie sono oblunghe con la forma pennate, la cui lunghezza varia dai 15 ai 30 cm. L’albero Ackee durante il suo periodo di fioritura ha fiori molto profumati , di colore verde chiaro al colore bianco, con cinque petali . Il periodo di fioritura della pianta avviene durante i mesi più caldi dell’anno. Dopo il suo periodo di fioritura l’albero produce frutti . Il frutto può raggiungere un peso di 100 a 200 grammi . Ha la forma di una pera e al tempo, quando diventa maturo prende un colore rosso arancio– rosso .

    L'Ackee, è conosciuto anche con i nomi di Kaki, Achee, Akee mela o Akee, è un membro della famiglia di Sapindaceae come i più noti frutti di Litchi e Longan. E' il frutto nazionale del paese caraibico, essendo uno dei principali prodotti di esportazione. L'albero non è endemico nelle Indie occidentali, ma è stata introdotto dall'Africa durante il XVIII secolo. La pianta è stata denominata Blighia sapida in onore del capitano William Blight che nel 1793 ha preso campioni ai Kew Gardens di Londra sud.
    Si ritiene che il frutto Ackee arrivato in Giamaica intorno 1778 su una barca trasporta schiavi dall’Africa occidentale. Da allora, la frutta viene coltivata anche in altri paesi con clima tropicale o subtropicale destra.
    Infatti il frutto Ackee è ampiamente usato nella cucina caraibica locale.
    Ricco di vitamina A, zinco, grassi essenziali e vitamine, l’ackee ha ottime qualità nutrizionali, ma attenzione ai suoi semi simili a degli enormi occhi: sono altamente velenosi poiché contengono una tossina letale per l’uomo, la temibile hypoglycyna. Per preparare piatti tipici quali l’ “ackee con stoccafisso”, occhio quindi ad utilizzare solo il frutto maturo, poiché sia quando è acerbo, sia quando ha passato la fase di maturazione, il seme dell’ackee è decisamente tossico. Tuttavia il frutto non è veramente pericoloso quando viene utilizzato correttamente. Il Ackee è estremamente pericoloso quando non è ancora maturo, deve essere raccolto solo quando si è aperto spontaneamente, mostrando i semi.
    Tradizionalmente gli ackees vengono raccolti e la porzione commestibile (gli arilli) rimossa e pulito in preparazione per la cottura. Questa prelibatezza è apprezzata da molti a colazione o come un entrée. Il prodotto in scatola viene esportato in mercatini etnici in tutto il mondo
     
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  9. gheagabry
     
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    L'UGLI



    Il frutto ugli è una forma jamaicana di tangelo, un agrume creato come ibrido da un pompelmo, un'arancia e un mandarino. Un frutto di ugli è di solito leggermente più grande di un pompelmo e ha meno semi, misura 4-6 pollici di diametro,ed ha un profumo agrumato.

    Il nome ugli, pronunciata OO-gli, deriva dall'inglese e significa "brutto", che si riferisce all'aspetto estetico del frutto, la sua scorza è bitorzoluta, di colore verdognolo o arancione, con macchie marroni. I difetti superficiali di colore verde si trasformano in arancione quando il frutto è all'apice della maturazione.
    Anche se si presenta spiacevole alla vista, l'ugli racchiude un dolcissimo frutto dal gusto aromatico. L'interno è di colore arancione chiaro. La scorza è in parte staccata dalla polpa, cosa che rende l'ugli facilmente spellabile. .La polpa è molto succosa e tende verso il lato dolce del mandarino, il gusto è spesso descritto come più aspro di un'arancia e meno amaro di un mandarino, alcuni dicono che sa più come un mandarino con lievi sentori di ananas o di miele. Ciononostante è più comunemente classificato come un ibrido tra il limone il mandarino. La si può consumare fresca, anche usando un cucchiaino dopo aver tagliato l'agrume in due. Per migliorare il sapore, l'associazione con avocado è straordinaria, come con cipolle dolci. Anche le erbe e le foglie amare come cicoria e radicchio. Ottimo in composte di gelatina. Si può utilizzare la scorza grattugiata come condimento oppure candita. I segmenti si utilizzano nelle insalata, come condimento di formaggio, o di propria come dessert condito con sherry o Kirsch. La buccia e il succo insieme rendono meravigliosa marmellata.Il succo è delizioso riscaldato come una bevanda calda con rum, e addolcito con miele o zucchero di canna, o può essere usato per fare gelati e soufflé.

    L' Ugli si dice che sia un incrocio tra Citrus reticulata e Citrus paradisi o Citrus grandis. Coltivatori di agrumi concordano sul fatto che il mandarino è una possibile fonte, ma alcuni dicono che era un pummelo invece di un pompelmo. Scoperto in Giamaica oltre 100 anni fa ed è stato sviluppato dalla famiglia dei proprietari di Trout Hall Ltd., il signor FG Sharp ha coltivato per caso una piantina di questo frutto per poi essere esportato nel 1934 da suo figlio. Si crede che l'albero originale sia stato un ibrido formato dal arancia di Siviglia, il pompelmo e le famiglie mandarino.

    Dati i diversi tipi di mandarini e pompelmi, le possibilità tangelo sono praticamente illimitate. La maggior parte degli studiosi alimentari ritengono che i primi tangelos cominciarono a crescere allo stato selvatico in Asia orientale, dalla Cina e attraverso la Thailandia, circa 3.000 anni fa. Da allora, gli scienziati alimentari hanno cercato modi per sfruttare il loro sapore e produrre in modo più uniforme.
     
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  10. gheagabry
     
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    LA PAPAYA


    La papaya è una pianta appartenente alla famiglia delle Caricacee, il suo nome scientifico è Carica Papaya ed è anche conosciuta con l'appellativo "albero dei meloni" a causa della forma ovale dei frutti.
    L’albero della papaya è molto simile, nell’aspetto, alle palme. E'originario dell’America centrale ed è diffuso un po’ in tutte le regioni tropicali e subtropicali (Brasile, Florida, India, Indonesia, Sri Lanka). Ha tantissimi nomi, quasi uno per ogni paese in cui si trova: a Cuba si chiama 'fruta bomba', in Brasile 'mamao', in Francia 'papaye' e in Australia 'papaw'.
    Ma è chiamata anche "frutto degli angeli" dalla gente dei Caraibi.
    È una pianta erbacea, succulenta, a rapido accrescimento, in grado di superare i 20 m d’altezza, avente un unico fusto cavo o caule spinoso, di color grigio-bruno, con pochissime ramificazioni il cui tronco anche in età matura ha una consistenza poco legnosa morbida con numerose cicatrici dovute alla caduta delle foglie che sono disposte a rosetta all'apice del tronco stesso. Le radici si sviluppano nei primi 30 cm di terreno. Le foglie emergono con un lungo picciolo direttamente dall'estremità superiore del tronco; sono larghe, profondamente divise in 7 lobi e molto grandi, possono raggiungere i 50 - 70 cm di diametro.

    La vita delle foglie è mediamente dai 4 ai 6 mesi e sia le foglie che il gambo sono abbondantemente provvisti di un lattice bianco irritante. La biologia fiorale della papaya è molto complessa. I fiori nascono all'estremità ascellare delle foglie e possiamo avere piante ermafrodite e altre che sono invece dioiche cioè presentano fiori solo maschili o solo femminili. Alcune piante possono produrre in certe annate solo fiori maschili, in altre si hanno alternativamente fiori femminili o ermafroditi si pensa che questi cambiamenti siano dovuti alle variazioni di temperatura. Le piante maschili emettono fiori bianchi molto profumati che formano gruppi penduli invece le piante femminili hanno fiori solitari e fissati direttamente al fusto. Nelle aree tropicali la fioritura avviene pochi mesi dopo la messa a dimora, l’impollinazione è entomofila, operata dagli insetti pronubi.
    La papaya non è una pianta molto longeva, vive massimo 15 anni ma cresce e si sviluppa rapidamente anche perchè nelle regioni tropicali non c'è la stasi vegetativa . Già al secondo anno di vita questa pianta si sviluppa in modo tale che è in grado di fiorire e di portar frutti.

    Il frutto è una bacca di forma ovoidale giallo verdastra quando raggiunge la maturazione è simile ad un melone e racchiude nel suo interno una cavità piena di una sostanza gelatinosa in cui vi sono numerosi piccoli semi neri ricoperti di una pellicola mucillaginosa. Assomigliano a grandi granelli di pepe e ricordano il pepe anche nel gusto. Esistono anche varietà senza o con pochissimi semi. La buccia sottile è molto resistente, non commestibile, è verde nel frutto immaturo mentre si colora di verde/giallo o di arancione quando questo giunge a maturazione. La polpa è dolce, succosa, aromatica con un gusto che ricorda l'ananas e la banana ma anche il melone in certe varietà, di colore rosato o giallo.

    Nel bacino del Mediterraneo vi sono coltivazioni in Israele mentre in Italia solo in Sicilia può venire allevata in quanto non sopporta temperature vicine allo 0 gradi e quindi deve essere protetta in serra nei mesi più freddi. La temperatura affinchè la pianta non arresti la sua crescita non deve essere inferiore ai 15 gradi mentre la sua temperatura ottimale è sui 25 gradi.
    I frutti che giungono in Europa sono di una varietà più piccola di quelle che comunemente crescono nelle aree tropicali e provengono dalle Hawaii mentre è il Brasile che produce un terzo della produzione mondiale di questo frutto.
    Sono molto numerose le varietà di papaya esistenti se ne contano più di 50 varietà sparse lungo tutta la fascia tropicale del globo. Le varietà ermafrodite più diffuse sono Solo, Kapoho Solo, Sunrise.
    La varietà "Sunrise" ha la forma di pera la sua buccia è liscia con una polpa di colore rosso-arancio dolce con un alto contenuto di zuccheri e presenta facilità nell'estrarre i semi per consumare la polpa. E' una cultivar precoce i primi frutti maturano dopo appena 9 mesi dall'impianto e la sua altezza è molto contenuta non superando i 4 metri. La varietà "Solo" è una varietà coltivata soprattutto nelle isole Hawaii dal 1919 al 1936 è stata l'unica cultivar di papaya allevata in queste isole. "Solo" produce piante ermafrodite o solo femminili con frutti piccoli di mezzo kg o di un chilo di ottima qualità.
    La sua buccia sottile a completa maturazione del frutto diviene di un bel colore giallo arancione, la sua polpa molto dolce è di colore arancione chiaro. Adatta al trasporto per la bontà del suo frutto e per la piccola pezzatura è una cultivar molto ricercata purtroppo molto suscettibile all'attacco di un virus che distrugge le piantagioni.
    La varietà Kapono è una papaya che cresce solo nelle isole Hawaii dove il terreno fertile e drenato dei vulcani, le notti fresche e le giornate calde costituiscono il clima e il terreno ottimale per la crescita di questa particolare cultivar di papaya che si presenta a forma piriforme con polpa gialla e con un sapore morbido e dolce.
    Le papaye messicane sono piante più grandi di quelle delle Hawaii di forma lunga e arrotondata con un colore della buccia verde/giallo. I loro frutti possono raggiungere i 10 kg di peso e il sapore della loro polpa che ha un colore che a seconda delle varietà va dal rosso al color salmone, ricorda quello del melone. Una delle varietà messicane più note è la cultivar "Maradol" di forma allungata con buccia sottile che vira al giallo a piena maturità
    Da menzionare la papaya della montagna (Carica pubescens) ed il babaco (Carica pentagonia) sono meno comuni.

    Le papaye acerbe contengono un liquido inodore e biancastro; da questo lattice è estratta la papaina, un enzima con proprietà curative dell'apparato digestivo. Questo enzima ammorbidisce la carne ed ha svariate proprietà che favoriscono la digestione delle proteine. Questa preziosa linfa è presente nel tronco, nei rami, nelle foglie e nei frutti, specialmente quando non sono ancora maturi. È usata per scopi medicinali ed in vari campi, compreso la preparazione di prodotti alimentari, la lavorazione del cuoio, della seta, della lana e nella produzione della birra. Il lattice della papaia verde è anche usato nella produzione di gomma da masticare.

    La papaya è un frutto ricco di enzimi che scindono le proteine negli aminoacidi elementari, vitamina C e carotenoidi che ripristano vitalità e assicurano protezione contro i danni del tempo. Inoltre contiene vitamina E, potassio e zinco. La papaya facilita il processo digestivo, favorisce l'eliminazione delle scorie metaboliche mediante la neutralizzazione dei radicali liberi, ristabilisce l'energia, aumenta la vitalità, stimola le difese immunitarie, previene l'invecchiamento, riduce il rischio di tumori come attesta una ricerca svolta in Nuova Zelanda. Le numerose proprietà sono dovute principalmente al ricco contenuto in alcuni elementi. La papaina e la chimotripsina sono enzini digestivi che disgregano le sostanze proteiche. (Tratto da: www.alimentipedia.it/papaya.html
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    ...storia...



    Questi alberi erano già conosciuti dalla civiltà Atzeca, infatti è originario delle zone centrali del Centro America e prospera in quelle giungle tropicali regno della biodiversità vegetale che ancora tanti segreti nascondono.
    Gli Indios delle foreste Amazzoniche lo consumano da sempre e per le sue proprietà e l'hanno ribattezzato "albero della vita". Essi conoscono da secoli l'utilità di questo frutto che costituisce un elemento chiave per la loro dieta per la ricchezza delle sue sostanze nutritive.

    Lo scopritore del nuovo mondo, Cristoforo Colombo, raccoglieva ingenti quantità di questo frutto, chiamato dalla gente dei Caraibi "frutto degli angeli", perché aveva notato che il suo contenuto, cioè la papaina, un ottimo rimedio naturale per la prevenzione di epidemie di scorbuto che si verificavano ai suoi equipaggi durante gli attraversamenti oceanici.
    Le prime notizie su questo frutto risalgono al 1519, da una citazione di Hernan Cortés, nei suoi resoconti di viaggio. Gli Aztechi lo accolsero offrendogli alla fine di un banchetto, uno strano frutto simile ad un melone, ma con la buccia dorata e la polpa morbida, che lo aiutò a "smaltire" il troppo cibo ingerito. Gli Spagnoli chiesero quindi il nome di quel frutto prodigioso e gli indigeni risposero con un suono simile alla parola "Ababai", da cui venne coniato il nome spagnolo "Papaya". Il grande navigatore Vasco De Gama (1460/1524) colse l'essenza di questo prezioso frutto e della sua pianta che definì: "albero d'oro dell'eterna giovinezza".
    Durante l’esplorazione spagnola del XVI secolo i semi di questa pianta tropicale si sono diffusi nei Caraibi e nel Sud est asiatico in particolare nelle Filippine. Da qui la pianta della papaia giunse rapidamente in India e in Africa.
    Dalle isole Bahamas si è diffusa in California dove ancora oggi vi sono molte coltivazioni intensive.
    Agli inizi dell’800 fra altri frutti esotici fu scelta la pianta della papaia dall’esploratore spagnolo Don Francisco Marin che la portò nelle isole Hawaii. In questo territorio, trovando le condizioni ottimali per la sua crescita, divenne ben presto una coltivazione molto produttiva fino a diventare a metà del ‘900 uno dei principali prodotti esportati.
    Gli aborigeni australiani conoscevano da secoli i benefici effetti della Papaya sull’organismo, ed essa costituiva un alimento chiave della loro dieta per la sua ricchezza di sostanze nutritive.

    ...curiosità..la Fakaovaka...



    È il nome tradizionale di un dolce a base di lesi (papaya) conosciuto anche col nome di "Lo'i lesi". La papaya deve essere lasciata per un giorno o due prima di essere utilizzata. Quindi viene spellata e vengono rimossi i semi. È tagliata a grandi o piccoli pezzi e cucinata in puro succo di cocco, successivamente le fette vengono avvolte in foglie di banano e infornate nell'umu (metodo di cottura nella terra) oppure messe in una pentola sopra un fornello. Cipolle e qualche cucchiaio di zucchero possono essere aggiunti per insaporire. Un altro è metodo è quello di aprire la papaya appena sotto il picciolo e inserire gli ingredienti nella cavità che rimane dopo aver asportato i semi. La parte superiore rimossa viene riusata come tappo e il frutto, inserito in una mezza noce di cocco, viene messo nell'umu.
    www.alimentipedia.it/papaya.html
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  11. gheagabry
     
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    L'OKRA



    L’okra, o gombo, è una pianta tropicale erbacea annuale della famiglia delle malvacee (imparen-
    tata con il cotone e l’ibisco), prove-
    niente dal sud-est asiatico. L’okra è originaria dell’Africa (probabilmente della regione Etiopica) e venne coltivata dagli antichi Egizi già nel X secolo a.C. e successivamente dalle varie popolazioni centro e nord africane; con la tratta degli schiavi si è diffusa anche nelle Americhe, dove attualmente è ben conosciuta.
    Data la grande diffusione l'Okra è conosciuta con molti nomi, tra cui Gombo, Bamia, Quingombo.

    La pianta cresce fino ad una altezza di circa 2-3 metri.Ha bisogno della piena terra per crescere bene. È una pianta che avvia il suo ciclo colturale nella tarda primavera, che sviluppa peli urticanti. Da giugno, fino all'autunno, produce bellissimi fiori giallo-salmonato, da cui si sviluppano i frutti di forma conica-piramidale (detti capsule), di un bel verde brillante con nervature longitudinali. Ha bisogno di pieno sole; le sue esigenze idriche sono modeste e difficilmente è soggetta ad attacchi di parassiti.I suoi frutti e le sue foglie sono molto conosciute per le loro qualità alimentari e dalla sua fibra si può fare carta.Quando i frutti hanno le dimensioni del dito mignolo si effettua la raccolta (circa 5-8 giorni dalla fioritura); l'okra ha una struttura piuttosto insolita. I baccelli sono selezionati prima che siano completamente maturi, poiché diventano duri e fibrosi a maturazione raggiunta.

    La buccia sottile dell'okra può essere liscia o lanuginosa, a secondo della varietà.
    La parte interna è divisa in sezioni che contengono i numerosi semi commestibili verdi o brunastri. Una volta tagliata, il baccello di questo ortaggio libera una sostanza appiccicosa che, grazie alle sue proprietà, rende più dense le minestre e gli stufati. L’okra ha un ottimo sapore, vagamente simile agli asparagi omelanzana, e può essere cucinata nelle maniere più disparate: fritta, stufata con il pomodoro, in minestre oppure può essere messa sottaceto o in salamoia. La ricchezza di vitamine e minerali del frutto si mantengono intatte solo se la cottura è breve e a temperature contenute. La mucillagine, altro fattore importante, perde le sue proprietà a temperature elevate. Per evitare eccessi di questa sostanza mucillaginosa, sciacquare i frutti tagliati a rondelle in acqua tiepida o farli sbollentare 2 minuti con mezzo limone. Purtroppo l’okra è facilmente deperibile e tollera male la conservazione in frigorifero per cui deve essere consumata entro pochi giorni dalla raccolta.

    Gli storici attribuiscono alle invasioni dei Mori in Europa nel diciottesimo secolo l'introduzione dell'okra in Spagna dall'Africa. L'okra è stata portata negli Stati Uniti dagli schiavi dell'Africa ed è stato considerato per molto tempo un alimento per i poveri, il che spiega come mai, pur essendo ottima e gustosa, sia stata ignorata da molti.

     
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  12. gheagabry
     
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    La MORMORDICA CHARANTIA



    L'ampalaya è il frutto di una pianta rampicante tropicale e subtropicale, della famiglia delle cucurbitacee, la Momordica charantia. La specie è originaria delle foreste tropicali umide, dal livello del mare fino a circa 1000 m di altitudine.Molto diffusa in Asia, Africa e nei Caraibi per i suoi frutti estremamente amari. Il nome generico deriva dal verbo latino “mordeo” (perfetto “momordi”) = mordere, addentare, con riferimento ai semi la cui superficie rigata e i margini dentellati.
    E' chiamata in molti modi: balsam-apple, balsam-pear, bitter gourd, bitter melon, bitter-cucumber, carilla gourd, leprosy pear, leprosy gourd, wild balsam (inglese); ku gua (cinese trascritto); cocombre africain, cocombre amer, margose, momordique (francese). La pianta o la frutta può essere chiamato con nomi locali, che comprendono kugua (cinese : 苦瓜 , pinyin : kǔguā , "zucca amara"); Parya ( Ilokano, ( giavanese e indonesiano ), pavayka o kayppayka (Malayalam ), Yeoju ( coreano : 여주), Goya ( Okinawa :ゴーヤー) o nigauri ( giapponese : 苦瓜 , anche se la parola di Okinawa Goya è utilizzato anche in giapponese), paagharkaai ( Tamil : பாகற்காய்), hāgalakāyi ma'reah ( Khmer : ម្រះ), mara (Thai : มะระ), kaakarakaya (Telugu : కాకరకాయ), করলা (Korola) (Bengali), (Kerala) (assamese), ampalaya (Tagalog), muop dang (vietnamita : mướp Đặng) o kho qua (vietnamita : qua Kho). E 'noto anche come caraille o carilley in Trinidad e Tobago , carilla o karela in Guyana , Cundeamor è una piccola varietà molto comune in Puerto Rico (in realtà è la balsamina Momordica ), "asorosi" o assorosie ad Haiti, e cerasee o cerasse in Giamaica e in altre parti del caraibica, comprese le parti di Sud America (anche se è noto in portoghese come Melão de São Caetano - e di lingua spagnola aree, tuttavia è conosciuto con il Okinawa o nomi giapponesi in altre regioni, anche se in Panama - America centrale - è noto come Balsamino) È (करेला). karela in Hindi - e Urdu -speaking aree, कारले ( Karle .) in Marathi E 'noto come तीते करेला ( tite karela ) in nepalese , tite significa amaro e Karela è il frutto . In Suriname , e la Repubblica Dominicana è conosciuto come Sopropo E' kje 'hin: ga: Thi in birmano. Il frutto è chiamato narhy kudhreth (Kudret NARI ) in Turchia , faaga in Maldives , e karavila කරවිල in Sri Lanka (singalese). Altri nomi locali includono hagala Kayi (ಹಾಗಲ ಕಾಯಿ) in Kannada , karla in Marathi, karela (કારેલા) in Gujarati . È kayppayka in Malayalam parlato in Kerala State , kakarakaya (కాకరకాయ) in Telugu , paagarkaai (பாகற்காய்) in Tamil , e Kalara "କଲରା" in Oriya.
    Fino a qualche anno fa in Italia era solo un prodotto di quella d'importazione, consumata soprattutto da orientali alla ricerca di sapori che ricordassero quelli dei paesi di origine. Oggi, invece, si comincia a coltivare anche in Italia e non solo negli orti privati
    Il melone amaro nato nel subcontinente indiano, ed è stato introdotto in Cina nel XIV secolo.

    E' un rampicante erbaceo annuale, dall' odore sgradevole, ha una radice a fittone e fusti angolosi ramificati, lunghi fino a 3-4 m, che si ancorano con dei viticci. Le foglie sono alterne, palmate, lunghe 3-8 cm e larghe 4-12 cm con margini ondulati. La specie è monoica con fiori maschili e femminili, di colore dal giallo pallido al giallo arancio.
    Il frutto è una bacca verrucosa pendula, ovoidale oblunga, cava, di colore bianco o verde tendente al giallo-arancio a maturità, Può variare la grandezza da 3-8 cm fino a 30 cm e oltre. Il frutto si apre spontaneamente a maturità in tre valve mettendo in evidenza i semi di colore rosso vivo. Si riproduce per seme e per la facilità di riproduzione in molte zone è considerata una pianta infestante .
    In molti paesi dell’Asia e del sud America vengono variamente consumati sia le foglie che i frutti, che devono essere raccolti prima della completa maturazione, quando ancora non hanno iniziato a cambiare colore. In questa fase, la carne del frutto è croccante e acquosa nella struttura, simile al cetriolo, chayote o verde peperone, ma amaro. La pelle è tenera e commestibile. Semi e midollo appaiono bianchi ma non sono intensamente amaro e possono essere rimossi prima della cottura.Quando il frutto è completamente maturo diventa arancione e molle, si divide in segmenti che si arricciano esponendo i semi coperti color rosso.
    Come il frutto matura, la scorza diventa più dura, più amara. In opposizione il midollo diventa dolce e rosso intenso; può essere consumato crudo ed è un ingrediente popolare in alcuni sud-est asiatico insalate.
    Per attenuarne il sapore amaro, i frutti vengono posti in acqua salata; anche i fiori e i giovani germogli vengono impiegati per aromatizzare varie pietanze e, insieme alle foglie, sono consumati cotti come verdura.
    Molto usata in tutte le cucine orientali e ancora poco conosciuta in occidente. Nella cucina del nord dell'India è spesso servito con yogurt sul lato per compensare l'amarezza e farcito con spezie e poi cotto in olio. Nell' India del sud, è usato mescolato con una grattugiata di noce di cocco, fritto con spezie, cucinato con cocco tostato. Altre ricette popolari includono preparazioni con il curry, fritti con arachidi, come zuppa di cipolle fritte e altre spezie. Nel nord India e Nepal, è preparato come un fresco sottaceto chiamato achar.
    In Pakistan e in Bangladesh, il melone amaro è spesso cucinato con cipolle, peperoncino in polvere, curcuma in polvere, sale, coriandolo in polvere, e un pizzico di semi di cumino. In Pakistan è pelati per essere bollito e poi farcito con carne macinata cotta.In Vietnam, viene consumato con carne secca, preparato come zuppa con gamberetti o farcito con carne di maiale macinata. E 'anche usato come ingrediente principale di "umido melone amaro", dove il suo nome "amaro", è il promemoria delle misere condizioni di vita vissute in passato.
    Nelle Filippine, è saltato in padella con carne macinata e salsa di ostriche, o con uova e cubetti di pomodoro. Il piatto pinakbet , popolare nella Ilocos regione di Luzon , consiste principalmente di meloni amari, melanzane, gombo, fagiolini, pomodori, fagioli, e altre verdure varie regionali.
    Il melone amaro è un ingrediente importante nella cucina di Okinawa , ed è sempre più utilizzato nel continente Giappone, come bevanda analcolica. E 'popolarmente accreditato per speranza di vita di Okinawa che è ben superiore alla già lunga quelli giapponesi.

    I frutti contengono carboidrati, proteine, vitamine (in particolare vitamina A e C) e minerali; gli estratti presentano proprietà antiossidanti, antimicrobiche e antivirali. La medicina orientale ha usato la zucca amara per molti secoli, sostenendo i suoi benefici: stimolare il fegato, aiutare problemi di digestione e purificare il sangue.
     
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  13. gheagabry
     
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    Tahina spectabilis...Io, una volta pensavo l’amore
    fosse la pianta che fiorisce
    un’unica volta, teatralmente,
    un germoglio che spunta dalla cima, si apre come un albero di Natale,
    ogni ramo rivestito da minuscoli fiori bianchi che trasudano nettare.
    E lo sforzo di frutto e fiore svuota tanto
    la pianta che ne muore.
    (Moira Egan)


    LA TAHINA SPECTABILIS


    La Tahina spectabilis ha una particolarità, è una palma monocarpica che significa che fiorisce una sola volta nella vita e dopo la pianta muore. La palma è la più grande delle 170 specie di palme autoctone del Madagascar, con un tronco fino a 18 m di altezza e le foglie che sono più di 5 m di diametro. Dalle analisi sul DNA si è visto che è una nuova specie che l'uomo non aveva ancora individuato.
    Il suo nome deriva da "Tahina", una parola malgascio significa "essere protetti" o "benedetto", essendo il nome dato di Anne Tahina Metz, la figlia del suo scopritore, mentre "spectabilis" significa spettacolare in latino.
    La Tahina spectabilis appare normalmente molto simile altre palme. Le stime asseriscono che la fioritura si verifica ogni 30 a 50 anni. E’ stata la sua spettacolare infiorescenza che ha attirato l’attenzione dei botanici del Royal Botanic Gardens Kew del Surrey, questi hanno spiegato che nella prima fase della fioritura compare una conformazione all’apice simile a quella di un asparago.
    Nelle settimane successive questa struttura si apre liberando un’enorme infiorescenza suddivisa in centinaia di rami letteralmente coperti da piccoli fiori che creano uno spettacolo visivo descritto dai botanici “simile a un albero di Natale”. La gigantesca infiorescenza è composta da centinaia di piccoli fiori grondandi nettare che attirano insetti e uccelli, dopo l'impollinazione e la comparsa dei frutti la palma muore perchè ha ormai consumato tutte le sue risorse.
    Dagli studi condotto dal Royal Botanic Gardens Kew si ipotizza che il ciclo di vita di questa pianta sia di 50 anni.

    La palma tahina è stato scoperto dal francese responsabile piantagione anacardi Xavier Metz e la sua famiglia, che stavano passeggiando attraverso una remota regione nord-occidentale del Madagascar nel 2007, quando si sono imbattuti nella palma fiorita ed ha inviato le foto ai Kew Gardens per l'identificazione.
    Si pensa che esistino solo un centinaio di individui della specie, per questo è stata inserita nella Lista Rossa Iucn come a rischio critico di estinzione.
     
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  14. gheagabry
     
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    L'UNCARIA


    L’Uncaria tomentosa è una pianta è una liana, appartenente alla famiglia delle rubiaceae che può raggiungere una altezza di 3-5 m, e presente nel Nord-Ovest della foresta tropicale dell’America, in particolare delle foreste di Colombia, Brasile e Perù. Vive nei boschi con abbondante luce, tra i 300 e gli 800 m di altitudine, principalmente in Amazzonia. Nelle foreste equatoriali l’alta densità di piante è tale da non permettere un sufficiente passaggio della luce nelle zone più basse. L’uncaria ha perciò sviluppato alla base delle foglie due o tre strutture a forma di uncino, utilizzate per aggrapparsi alle piante limitrofe e raggiungere la sommità per catturare quanta più luce possibile.

    Le foglie, opposte, intere o bifide, caduche e ricoperte di lanugine, picciolate, presentano alla base 2 o 3 protuberanze a forma di uncino utilizzate per sostenersi con altre specie nella ricerca di zone luminose. I fiori sono di colore giallo con calice e corolla imbutiforme. Una volta raggiunta la canopea, la pianta sfrutta i raggi del sole per costruire la sua potente difesa antiossidante, prima di lasciar cadere i suoi ‘artigli’ e schiudersi in una miriade di minuscoli fiori gialli meravigliosi, chiamati anche “fiore dai mille soli”.

    Uncaria tomentosa è nota in lingua italiana come unghia di gatto; il nome uncaria è nato da un nome popolare dato dai dominatori spagnoli “uña de gato” per le spine che assomigliano alle unghie a questi felini; il termine 'tomentosa', che significa 'peloso' sta ad indicare i peli lunghi sul magine inferiore della foglia

    Fu il naturalista tedesco Carl Willdenow che divulgò le qualità dell’unghia di gatto, nel 1830.
    Generalmente è stato comprovato che l’unghia di gatto ha forti poteri anti-infiammatori e cicatrizzanti. Serve inoltre per curare gastriti, ulcere, artriti, reumatismi, nevralgie. Di solito gli indigeni dell’Amazzonia mettono la corteccia dell’unghia di gatto in una pentola e fanno bollire l’acqua, ottenendo un’infusione benefica.
    Le popolazioni indio del Perù usavano la radice, corteccia e fiori, per rimettere in forza le persone e ristabilirne lo stato generale di salute. La radice e la corteccia di questa pianta contengono: alcaloidi fenolici, cicatrizzanti, antiacidi, alcaloidi ossindolici, glicosidi dell'acido quinovico, triterpeni poliidrossilati


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  15. gheagabry
     
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    "MAMEY SAPOTE"



    La Pouteria sapota è un albero della famiglia delle Sapotaceae, originaria dell'America Centrale e del Messico, diffusa in tutti gli Stati affacciati sui Caraibi ed anche in Florida, si è evoluta a latitudini tropicali in zone di bassa elevazione fino a 600 m e raggiunge altezze superiori ai 1000 m solo in prossimità dell'equatore. Si tratta di una pianta a crescita lenta e richiede circa cinque anni prima di fiorire e produrre frutta. Le civiltà precolombiane dell'America Centrale lo coltivavano per il suo grande frutto, che veniva chiamato chachaas o chachalhaas dai Maya e tzapotl dagli Aztechi. Nei luoghi di origine è anche chiamato "Mamey zapote", che ha il significato di zapote enorme, essendo il maggiore fra quelli del genere Pouteria, o semplicemente "zapote", termine però usato anche per altre Sapotaceae, avendo il significato di "frutto dolce" in nahuatl.
    È albero molto ornamen-
    tale, perenne, che può raggiun-
    gere un'altezza tra i 15 ed i 45 metri. Nelle coltivazioni, si propaga per innesto, una pratica che permette di trasmettere le qualità della pianta, ed inoltre l'arrivo in produzione è così più rapido. Il fusto è eretto e il legno è ricco di un lattice gommoso come tutte le altre Sapotaceae. Le foglie sono lunghe fino a 30 cm e larghe fino a 10 cm. Possono essere sempreverdi o decidue. Sono considerate velenose, ed il lattice è irritante per pelle. Il frutto ha forma Il frutto della Mamey Sapote ha la forma in genere ellittica, ma può essere anche rotondo o ovale, le dimensioni variabili da una mela fino a un pompelmo, può superare i 10 cm di larghezza e i 30 di lunghezza e pesare oltre i 2 kg. La pelle è coriacea e marrone, la polpa cremosa è di colore arancione e il frutto contiene un seme di grandi dimensioni. Il sapore è una combinazione di un albicocca e una pesca o è descritto come una zucca piccante. I frutti vengono raccolti ancora acerbi e possono richiedere diversi giorni prima che siano abbastanza morbidi da essere mangiati. Possono essere consumati come una pesca o tagliati in piccoli pezzi da aggiungere ad un’insalata o miscelati per frullati. Possono anche essere usati per preparare marmellate e gelatine. Il frutto acerbo può anche essere cotto come una verdura. Anche i semi vengono utilizzati a scopo alimentare. Sono venduti in genere decorticati, impilati in bastoni o inanellati su corde, e impiegati, mischiati al cacao nella produzione di cioccolato. In Messico si miscelano al grano arrostito o alla farina di mais con l’aggiunta di zucchero e cannella per ottenere una bevanda nutriente, il “Pozol”.
    Il frutto è ricco di vitamina C e di calcio. Nel sud di Cuba, il Mamey Sapote è usato per curare mal di testa e malattie veneree. È un frutto assai rispettato nella medicina di alcuni paesi dei Caraibi. Si utilizza perchè si ritiene che sia molto efficace nei confronti delle infermità gastrointestinali. Si utilizza talvolta come antisettico.


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56 replies since 6/12/2010, 22:21   62927 views
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