NATIVI D'AMERICA

..i pellirossa..

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  1. gheagabry
     
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    LA LEGGENDA DEL SOLE



    Un tempo il sole appariva solo per un attimo: spuntava ad oriente e subito dopo spariva, senza fare un giro completo.
    Un fratello e una sorella che vivevano da soli nella foresta, procurandosi il cibo con la caccia e la pesca, temevano che, riscaldando la terra per un tempo troppo breve, le forme di vita sulla terra, raffreddandosi, andassero incontro alla morte. Essi erano degli abilissimi cacciatori. Decisero di costringere il Sole a compier l'intero suo giro.
    Al mattino la sorella si recò nella foresta e legò tra le cime degli alberi più alti lacci molto lunghi e resistenti. Quando ritornò nel bosco a controllare la sua trappola vide sulla cima di un abete la figura tonda del Sole che, preso al laccio, stava per soffocare, senza riuscire a liberarsi. Avvertì subito il fratello e, insieme, accorsero per impadronirsi del Sole intrappolato. Ma il Sole, temendo per la sua vita, li supplicò promettendo che, se lo avessero lasciato libero, ogni giorno avrebbe prolungato la sua corsa, diffondendo luce e vita sulla Terra. I due lo lasciarono andare e da allora il Sole compie nel cielo il suo intero giro e risplende a lungo nel cielo.



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  2. gheagabry
     
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    Preghiera del Grande Capo Indiano Sioux, Allodola Gialla


    “O Grande Spirito, la cui voce sento nei venti e il cui respiro dà vita a tutto il mondo, ascoltami.
    Vengo davanti a Te, uno dei tuoi tanti figli, sono piccolo e debole.
    Ho bisogno della tua forza e della tua saggezza.
    Lasciami camminare tra le cose belle e fa’ che i miei occhi ammirino il tramonto rosso e oro.
    Fa’ che le mie mani rispettino ciò che tu hai creato e le mie orecchie siano acute nel sentire la tua voce.
    Fammi saggio, così che io possa conoscere le cose che tu hai insegnato al mio popolo, le lezioni che hai nascosto in ogni foglia, in ogni roccia.
    Cerco forza, non per essere superiore ai miei fratelli, ma per essere pronto a combattere il mio più grande nemico: me stesso.
    Fa’ che io sia sempre pronto a venire a Te, con mani pulite e occhi diritti, così che, quando la vita svanisce, come la luce al tramonto, il mio spirito possa venire a Te, senza vergogna.”


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  3. gheagabry
     
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    Perchè i corvi sono neri

    Nei giorni lontani, quando la terra e la gente su di essa erano state create da poco, tutti i corvi erano bianchi come la neve.
    In quei tempi antichi la gente non aveva ne cavalli, ne armi da fuoco, ne armi di ferro.
    Tuttavia si procurava cibo , a sufficienza per sopravvivere cacciando il bufalo.
    Ma cacciare i grossi bufali a piedi con armi che avevano punte in pietra era duro, aleatorio e pericoloso.
    I corvi rendevano le cose ancora più difficili per i cacciatori per che erano amici dei bufali.
    Librati alti nell'aria, vedevano tutto quello che succedeva nella prateria. Ogni volta che notavano dei cacciatori avvicinarsi ad una mandria di bufali, volavano dai loro amici e, appollaiati tra le loro corna, davano l'allarme:
    " Caw, caw, caw, cugini, stanno venendo dei cacciatori. Stanno avanzando furtivamente attraverso quella gola laggiù. Stanno salendo dietro quella collina. State attenti! Caw, caw, caw! ".
    Allora, i bufali fuggivano in disordine, e la gente soffriva la fame.
    La gente tenne un consiglio per decidere che cosa fare.
    E bene, tra i corvi ce n'era uno veramente enorme, due volte più grosso di tutti gli altri. Quel corvo era la loro guida. Un vecchio e saggio capo si alzò e diede questo suggerimento " Dobbiamo catturare il grosso corvo bianco ", disse, " e dargli una lezione. O farlo o continuare a soffrire la fame ".

    Portò fuori una grande pelle di bufalo, con la testa e le corna ancora attaccate. La mise sulla schiena di un giovane coraggioso, e disse:
    « Nipote, insinuati tra i bufali. Penseranno che tu sia uno di loro, e potrai catturare il grosso corvo bianco Camuffato da bufalo, il giovane strisciò tra la mandria come se stesse pascolando.
    Le grosse bestie pelose non gli prestarono nessuna attenzione. Allora i cacciatori uscirono dall'accampamento dietro di lui, con gli archi pronti. Come avvicinarono alla mandria, i corvi arrivarono volando, come al solito, dando l’allarme ai bufali:
    "Caw, caw, caw, cugini, i cacciatori arrivano per uccidervi. Fate attenzione alle loro frecce. Caw, caw, caw!"
    e come al solito tutti I bufali fuggirono via in disordine : tutti, cioè , eccetto il giovane cacciatore camuffato sotto la sua pelle pelosa, il quale faceva finta di continuare a pascolare come prima.
    Allora il grosso corvo bianco venne giù planando, si appollaiò sulle spalle del cacciatore e sbattendo le ali disse :
    " Caw , caw , caw , sei sordo, fratello? I cacciatori sono vicini , appena sopra la collina . Mettiti in salvo !" .
    Ma il giovane coraggioso si allungò da sotto la pelle di bufalo ed afferrò il corvo per le zampe .Con una corda di pelle grezza legò le zampe del grosso uccello ed allacciò l’altro capo ad una pietra. Per quanto si dibattesse , il corvo non potè fuggire.
    La gente sedette nuovamente in consiglio : " Cosa ne dovremo fare di questo grosso uccello cattivo , che ci ha fatto soffrire cento volte la fame?".
    " Lo brucerò all’istante!" rispose un cacciatore arrabbiato, prima che qualcuno potesse fermarlo, tirò via con uno strattone il corvo dalle mani di quello che l’aveva catturato e lo ficcò nel fuoco del consiglio, corda , pietra e tutto quanto .
    "Questo ti servirà di lezione" , disse.
    Naturalmente la corda che teneva la pietra bruciò quasi subito, ed il grosso corvo riuscì a volare via dal fuoco.
    Ma era malamente bruciacchiato , ed alcune sue penne erano carbonizzate . Benché fosse ancora grosso , non era più bianco .
    " Caw , caw , caw , " gridò , volando via più velocemente che potè :" Non lo farò mai più , non darò più l’allarme ai bufali , e così farà tutta la nazione dei corvi . Lo prometto! Caw , caw , caw "
    Così il corvo fuggì. Ma da allora tutti i corvi furono neri.

    (Leggenda indiana)

     
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    Il vero volto dei Pellerossa

    Si salutavano dicendo “hog”, non “augh”; non avevano cavalli, non prendevano scalpi, non erano rossi. La verità su un mondo romanzato dal cinema, nelle straordinarie foto di Edward S. Curtis.

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    In pochi conoscono la storia di Edward S. Curtis, il leggendario fotografo che ha dedicato la sua vita (1868-1952) agli indiani d'America.
    Tra la fine dell'800 e i primi decenni del '900, Curtis ha attraversato il vasto territorio degli Stati Uniti e del Canada per conoscere le popolazione degli Indiani d'America, registrarne le voci e i canti, raccontarne le storie e soprattutto fermare sulla pellicola, volti e ritratti.
    In 25 anni di lavoro e di viaggi è riuscito a collezionare il più vasto materiale riguardante i Pellerossa. Si stima che scattò da 30 a 60 mila foto, sebbene ce ne siano giunte soltanto 2.200.

    LA BIBBIA DEGLI INDIANI. La sua enorme opera, foto, appunti e racconti è raccolta in un'"agile" enciclopedia in 20 volumi, un testo fondamentale per chi vuole conoscere veramente gli Indiani. Al di là dei luoghi comuni che il cinema e i fumetti ci hanno trasmesso. Chi ha poco tempo e non riesce a leggerli tutti, ma allo stesso tempo vuole scoprire se davvero i Pellerossa collezionavano scalpi, facevano la danza della pioggia o andavano a caccia di balene, può dare un'occhiata alle foto qui sotto che sono bellissime (e anche un documento storico inestimabile).



    BREVE GLOSSARIO DI LUOGHI COMUNI DA SFATARE

    Augh. Gli indiani salutavano invece con “hog”, che gli inglesi trascrivono con “haug” e gli italiani pronunciano (e scrivono) “augh”, sbagliando.

    Bastone da colpi. Serviva a eliminare dalla battaglia gli avversari toccandoli, senza usare armi.

    Grande capo. A parte figure carismatiche come l’irriducibile Cavallo Pazzo o il diplomatico Nuvola Rossa, nate dalla necessità di unirsi contro i bianchi, non c’erano veri capi. Esistevano esperti per la guerra (in genere nati sotto il segno dell’orso), esperti per trovare l’acqua, capi-caccia, capi costruttori di accampamenti, uomini di medicina e così via. Tutte le decisioni venivano prese dai consigli delle tribù. Il capo non veniva inteso all’occidentale, era un semplice portavoce. Si ritiene che la Costituzione americana abbia preso spunto anche dalla democrazia degli Irochesi.

    Palo-totem. Lo usavano solo le tribù del nord-ovest. Non serviva per i prigionieri, ma a mostrare le effigi degli animali protettori degli avi che originarono la tribù. Pellerossa. Non erano rossi: per proteggersi dal sole alcune tribù si cospargevano di terra.

    Pipa della pace. A un suo estremo aveva un’ascia vera, segno di equilibrio fra due opposti, la pace e la guerra. Serviva anche per comunicare con le divinità.

    Scalpo. Un cimelio di cattivo gusto, inventato da francesi e inglesi per dare un premio per ogni indiano ucciso, poi adottato dalla resistenza indiana.

    Segnali di fumo. Li usavano, ma avevano 1.100 fra lingue e dialetti, tanto che svilupparono un complesso linguaggio gestuale per capirsi fra tribù diverse. I Cherokee inventarono un alfabeto (68 segni fonetici), forse l’ultimo a comparire nel mondo in epoca moderna. Nel 1828 uscì il primo giornale in lingua scritta indiana, il Cherokee Phoenix, dedicato alla loro causa.

    Tipì. Capanna tipica, ma solo degli indiani delle pianure. Quelli del sud abitavano in case di pietra.Al nord in capanne di legno.

    Vecchi saggi. Le società indiane non erano assistenziali: i vecchi, benché molto ascoltati, se non autosufficienti erano un peso e in genere lasciavano il gruppo per andare a morire.



    I veri pellerossa
    In pochi conoscono la storia di Edward S. Curtis, il leggendario fotografo che ha dedicato la sua vita (1868-1952) agli indiani d'America.Tra la fine dell'800 e i primi decenni del '900, Curtis ha attraversato il vasto territorio degli Stati Uniti e del Canada per conoscere le popolazione degli Indiani d'America, registrarne le voci e i canti, raccontarne le storie e soprattutto fermare sulla pellicola, volti e ritratti. Queste foto eccezionali documentano un’epoca ormai leggendaria e un popolo di circa 10 milioni di individui, divisi in centinaia di tribù, spazzato via in soli 200 anni dai "visi pallidi". Scopri tutti i falsi miti sui Pellerossa e non perderti questo numero di Focus Storia dedicato ai nativi americani.

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    Una pattuglia armata dei Sioux Brulè (1908).
    Prima dell’arrivo degli europei, le tribù potevano anche essere in conflitto fra loro, ma non avevano una politica espansionista. I conflitti erano in genere lotte sporadiche, e avevano per lo più radici territoriali e rituali: si basavano su antiche inimicizie fra tribù (come fra Sioux e Pawnee). E i giovani, senza motivi seri (i nemici erano “nemici e basta”), come iniziazione facevano incursioni, a cui seguivano rappresaglie.
    Ma c’erano alcuni meccanismi che controllavano l’aggressività: incontrare uno del proprio segno animale (la cui fratellanza superava quella tribale), scongiurava il combattimento. E se ci si uccideva in battaglia, occorrevano lunghi rituali di purificazione: gli indiani preferivano così ferire piuttosto che uccidere.

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    L'apsaroke Due Fischi, razziatore di cavalli sioux. Ferito, fu curato dalla medicina sciamanica con un falco.
    Quando conobbero i bianchi, gli indiani erano nella loro epoca d’oro. Anche grazie al cavallo, che contribuì al loro sviluppo riducendo distanze e fatiche, facilitando la caccia e la difesa. Eppure il cavallo selvatico era da tempo estinto in Nord America.
    Questi equini erano stati reintrodotti, senza volerlo, dagli spagnoli insediati in Messico. Un gruppo di cavalli, scappato nel 1600 da un forte, si rinselvatichì nelle pianure nordamericane, dando origine alla razza dei mustang. Gli indiani, senza sapere che fosse possibile (non avendo mai visto qualcuno che cavalcasse) dal 1700 riuscirono ad addomesticarli. E inventarono anche un proprio stile di cavalcata. All’arrivo dei bianchi, gli indiani erano circa 20 milioni: poi ne rimasero solo il 10%, fra guerre, carestie ed epidemie.

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    Gli indiani avevano nomi di animali, ma l’animale tutelare poteva cambiare durante la vita.
    Pancia d’Orso, ritratto in questa foto, raccontò così a Curtis come aveva avuto la pelle dell’orso e il suo nome. «Arrivai su una rupe. Sotto di me vidi 3 orsi. (...) Attesi finché il secondo fu vicino al primo e feci fuoco. L’orso più lontano cadde, la pallottola aveva attraversato il corpo del primo per conficcarsi nel cranio del secondo. Il primo, ferito, mi caricò e io sparai, spezzandogli la spina dorsale. Un rumore mi ricordò del terzo orso: correva ringhiando ed era a soli 6 passi da me. Sparai col fucile che toccava il suo petto. Quello con la schiena spezzata si trascinava ancora. Mi avvicinai per dirgli “Sono venuto per cercarti, amico mio, per tenerti sempre con me”. E sparai».| EDWARD S. CURTIS

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    Il grande capo Tre Cavalli ripreso da Curtis intorno al 1905.
    Il capo non veniva inteso all'occidentale, era un semplice portavoce. Si ritiene che la Costituzione americana abbia preso spunto anche dalla democrazia degli Irochesi.

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    Questo indiano piegan è ritratto con ascia-pipa, piume di rapace, pelli di ermellino, artigli di grizzly, ossi di cervo.
    I Pellerosa avevano 1.100 lingue. E fra tribù diverse si capivano a gesti. Gli indiani salutavano con “hog”, che gli inglesi trascrivono con “haug” e gli italiani pronunciano (e scrivono) “augh”, sbagliando.

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    Un piccolo della tribù dei Nasi Forati, anche noti col nome francese di Nez Percé. Vivevano nell'odierno Idaho, principalmente di caccia e di pesca e si dedicavano all'allevamento dei cavalli.
    Ma perché venivano chiamati Pellerossa? alcune tribù che si cospargevano di terra per proteggersi dal sole.

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    Una ragazza della tribù dei Nespelem che abitavano all'estremo ovest.
    Gli indiani usavano i segnali di fumo? Sì, ma avevano 1.100 fra lingue e dialetti, tanto che svilupparono un complesso linguaggio gestuale per capirsi fra tribù diverse. I Cherokee inventarono un alfabeto (68 segni fonetici), forse l’ultimo a comparire nel mondo in epoca moderna. Nel 1828 uscì il primo giornale in lingua scritta indiana, il Cherokee Phoenix, dedicato alla loro causa.

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    A parte figure carismatiche come l’irriducibile Cavallo Pazzo o il diplomatico Nuvola Rossa (nella foto), nate dalla necessità di unirsi contro i bianchi, non c’erano veri capi. Esistevano esperti per la guerra (in genere nati sotto il segno dell’orso), esperti per trovare l’acqua, capi-caccia, capi costruttori di accampamenti, uomini di medicina e così via. Tutte le decisioni venivano prese dai consigli delle tribù. Il capo non veniva inteso all’occidentale, era un semplice portavoce. Si ritiene che la Costituzione americana abbia preso spunto anche dalla democrazia degli Irochesi.

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    Non tutti erano guerrieri: gli specialisti della guerra erano di solito i nati sotto il segno dell’orso.

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    “Mitragliatrice” a cavallo. Un indiano apsaroke con arco e freccia, altre due frecce pronte in mano e una in bocca.
    Gli Apsaroke (o absaroke), conosciuti anche come Crow, appartenevano al gruppo linguistico dei Sioux ed erano stanziati nelle pianure del Montana e del South Dakota.

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    Geronimo l’apache. Raccontò a Curtis che il Grande Spirito gli disse: «Nessun fucile dei bianchi potrà ucciderti». Fu un condottiero leggendario (foto del 1905).

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    L’immagine degli indiani nomadi, cacciatori di bisonti è corretta, ma solo per gli indiani delle pianure, come Sioux, Cheyenne, Piedineri e Arapaho.
    I pellerossa infatti avevano diversi tipi di economie. Per esempio, l’indiano makah del nordovest (foto sopra) era un baleniere (brandisce l’arpione e i galleggianti) e si affidava alla pesca per sopravvivere. I Navajo, nel sud degli attuali Stati Uniti, erano seminomadi che allevavano pecore, e vivevano anche di furti ai danni di altri indiani. Altri predoni erano gli Apache.
    I Pueblo, che si spingevano fino in Messico, erano invece agricoltori stanziali, abili nell’irrigazione: coltivavano mais e zucche e lavoravano gioielli d’argento.

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    Aquila Nera (nato nel 1834) con l’ala del suo rapace. Già guerriero a 13 anni, confessò a Curtis di non essere mai stato un eroe: catturò solo 6 cavalli.
    Lo scalpo, per cui i nativi americani sono famosi, era in realtà un cimelio di cattivo gusto inventato da francesi e inglesi per dare un premio per ogni indiano ucciso. Fu solo in seguito adottato dalla resistenza indiana

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    Aquila nera, un uomo della tribù dei Nasi Forati, anche noti col nome francese di Nez Percé. Abitavano in capanne di legno. Il Tipì, la capanna tipica dei film western, era l'abitazione degli indiani delle pianure. Quelli del sud abitavano in case di pietra. Al nord in capanne di legno.

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    Le società indiane non erano assistenziali: i vecchi, benché molto ascoltati, se non autosufficienti erano un peso e in genere lasciavano il gruppo per andare a morire. Nella foto un Navajo.


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    Un indiano Arapaho fuma una pipa normale (foto del 1910, circa). La pipa della pace, invece, aveva a un suo estremo un’ascia vera, segno di equilibrio fra due opposti, la pace e la guerra. Serviva anche per comunicare con le divinità.

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    Un uomo della tribù dei Piegan.
    La parola totem (in origine ototeman) è l’unica che tutte le lingue europee hanno ereditato dagli idiomi indoamericani.

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    Tre capi piedineri. Erano indiani delle pianure e prendevano il nome dalle calzature. Vivevano lungo il fiume Bow.

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    Un villaggio Piegan. I tipì erano la capanna tipica, ma solo degli indiani delle pianure. Quelli del sud abitavano in case di pietra. Al nord in capanne di legno.

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    Due membri dei Nakoaktok con i costumi tradizionali durante una danza tribale. I Nakoaktok vivevano nella costa occidentale dell'odierno Canada.
    Proprio nelle tribù del nord-ovest si usata il Palo-totem: non serviva per i prigionieri, ma a mostrare le effigi degli animali protettori degli avi che originarono la tribù.

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    Un uomo della tribù degli Apache Jicarilla.
    Il termine deriva dalla parola spagnola che significa "piccolo canestro" e che si riferiva alle coppe per bere intrecciate a spirale usate da questo popolo Apache.

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    Una donna della tribù dei Mohave.

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    Guerrieri Cheyenne.

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    fonte:http://www.focus.it/

     
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  5. Valentina Casella
     
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    Buon pomeriggio a tutti. Sono una grande appassionata della cultura di questo meraviglioso popolo, e mi ritrovo a dover elaborare un progetto di Ecologia. ho pensato di presentare proprio i Nativi e il legame e il rapporto che essi intercorrevano con la natura e gli animali. Ho molta bibliografia a casa ma riguardante prevalentemente Storia dei Nativi, Biografie, Sciamassimo e Uomini di medicina. Non ho libri perfettamente attinenti a questo tema e mi chiedevo se qualcuno di voi potesse consigliarmi qualche testo da consultare che trattasse proprio di questo loro rapporto con l'ambiente (parlo del modo di cacciare, coltivare la terra, relazionarsi con gli animali e con le piante nel loro evitare assolutamente gli sprechi, il concetto dell'assoluta mancanza del "possesso" ma del "rispetto" della natura, etc..)
    Grazie a chiunque mi potrà e vorrà dare un aiuto.
     
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  6. gheagabry
     
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    ciao Matoaka89 proverò a cercarli
     
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  7. gheagabry
     
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    ti metto qualche libro

    Mitakuye Oyasin. Il viaggio dell'anima nella cultura dei nativi americani
    Martire Alessandro, 2016, L'Età dell'Acquario

    La nuova frontiera. Storia e cultura dei nativi d'America dalle collezioni del Glicrease Museum.
    Ediz. italiana e inglese
    cur. King D. H., Viola H. J., 2012, Sillabe

    Correvano con lo spirito. I nativi d'America e lo sport
    Canneddu Giampiero, 2005, Bradipolibri

    Gli antichi insegnamenti dei nativi americani.
    Riflessioni di un nativo sulle istruzioni apprese dagli anziani della sua tribù
    Manitonquat (Medicine Story), 2011, Terra Nuova Edizioni

    Wakan Tanka. Il grande sacro. La via spirituale dei nativi americani
    Martire Alessandro, 2013, L'Età dell'Acquario

    Il vento è mia madre. Vita e insegnamenti di uno sciamano pellerossa
    Bear Heart, Larkin Molly, 2006, Il Punto d'Incontro

    I nativi americani. Miti e leggende
    Spence Lewis, cur. Lewis J. E., 2014, Odoya
     
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  8. Valentina Casella
     
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    CITAZIONE (gheagabry @ 13/5/2016, 21:21)
    ti metto qualche libro

    Mitakuye Oyasin. Il viaggio dell'anima nella cultura dei nativi americani
    Martire Alessandro, 2016, L'Età dell'Acquario

    La nuova frontiera. Storia e cultura dei nativi d'America dalle collezioni del Glicrease Museum.
    Ediz. italiana e inglese
    cur. King D. H., Viola H. J., 2012, Sillabe

    Correvano con lo spirito. I nativi d'America e lo sport
    Canneddu Giampiero, 2005, Bradipolibri

    Gli antichi insegnamenti dei nativi americani.
    Riflessioni di un nativo sulle istruzioni apprese dagli anziani della sua tribù
    Manitonquat (Medicine Story), 2011, Terra Nuova Edizioni

    Wakan Tanka. Il grande sacro. La via spirituale dei nativi americani
    Martire Alessandro, 2013, L'Età dell'Acquario

    Il vento è mia madre. Vita e insegnamenti di uno sciamano pellerossa
    Bear Heart, Larkin Molly, 2006, Il Punto d'Incontro

    I nativi americani. Miti e leggende
    Spence Lewis, cur. Lewis J. E., 2014, Odoya

    Grazie mille per le indicazioni.

    Io nello specifico devo fare un lavoro di analisi della società dei Nativi analizzando i cicli adattativi del sistema ambientale (fondamentalmente capire come l'ambiente poteva reagire al suo sfruttamento da parte dei Nativi) per cui mi servono informazioni socio-economiche-ambientali. Tecniche di coltivazione, caccia per esempio.. questi testi pensi che trattino questi argomenti?
    Grazie
     
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  9. gheagabry
     
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    Le informazioni che ricerchi sono nascoste nei testi. provo a cercare nello specifico ma ho forti dubbi di possa trovare libri così specifici
     
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  10. Valentina Casella
     
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    CITAZIONE (gheagabry @ 14/5/2016, 17:58)
    Le informazioni che ricerchi sono nascoste nei testi. provo a cercare nello specifico ma ho forti dubbi di possa trovare libri così specifici

    Certo capisco, ma grazie infinitamente per l'aiuto che mi stai dando :)
     
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  11. gheagabry
     
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    Amicizia con la terra
    Kathe Recheis - Georg Bydlinski


    Diario Pellerossa
    Joyce Sequichie Hifler
     
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  12. Valentina Casella
     
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    CITAZIONE (gheagabry @ 14/5/2016, 19:18)
    Amicizia con la terra
    Kathe Recheis - Georg Bydlinski


    Diario Pellerossa
    Joyce Sequichie Hifler

    Grazie mille.. comincio a cercare questi, spero che abbiano tutte le informazioni che mi servono...
     
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  13. Valentina Casella
     
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    CITAZIONE (gheagabry @ 14/5/2016, 19:18)
    Amicizia con la terra
    Kathe Recheis - Georg Bydlinski


    Diario Pellerossa
    Joyce Sequichie Hifler

    ho controllato tutti i libri da te gentilmente indicati ma purtroppo (per quanto meravigliosi) e trattano tutti di : storia, ritualità, religione, sacro....
    A me purtroppo servono proprio aspetti inerenti i tipi di coltivazione per esempio... i tipi di allevamento e tipi di caccia... interazione e rapporto con l'ambiente dal punto di vista dello sfruttamento dello stesso.... non trovo nulla di specifico purtroppo e non so come fare.
     
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  14. gheagabry
     
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    Sono andato alla fine della terra, sono andato alla fine delle acque, sono andato alla fine del cielo, sono andato alla fine delle montagne, non ho trovato nessuno che non fosse mio amico.
    (Canto per il Dio della Piccola Guerra, Navajo)

    L'uomo bianco è stato qui solo per poco e conosce poco degli animali. Egli scrive tutto in un libro per non dimenticare: ma i nostri antenati si unirono agli animali, appresero tutti i loro modi di vita e passarono questa sapienza da una generazione all'altra.
    (Indiano Ojibwa del Minnesota)

     
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