IL NATALE....esplode la magia

festa, tradizioni e usanze...decoupage

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  1. gheagabry
     
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    Le leggende e la storia di Babbo Natale.


    Babbo Natale, così come lo conosciamo noi, risale all’anno 1823, quando Clement C. Moore scrisse “A Visit from St. Nicholas” (Una visita da San Nicola) dove lo descrive come un “vecchio elfo paffuto e grassottelo”.
    Il BabboNatale conosciuto da tutti è con la barba lunga e bianca, il suo inconfondibile abito rosso, gli stivali e la cinta di cuoio e anche il suo immancabile sacco carico di doni.

    Babbo Natale, che assume vari nomi a seconda delle tradizioni, (ad esempio: Santa Claus, Sinterklaas, Kris Kringle, Deda Mraz, Djed Božicnjak, ecc.) è una figura mitica presente nel folklore di molte culture che distribuisce i doni ai bambini, di solito, la sera della Vigilia di Natale.

    San Nicola di Mira

    Tutte le versioni del Babbo Natale moderno derivano dallo stesso personaggio storico che è rappresentato dal vescovo San Nicola di Mira della città di Myra, antica città della Turchia, di cui si racconta che fosse solito fare regali ai poveri. La leggenda di San Nicola è alla base della grande festa olandese di Sinterklaas (il compleanno del Santo) che, a sua volta, ha creato il mito ed il nome di Santa Claus nelle sue diverse varianti.




    dal web



    il nostro diario del Natale 2009




    "Le feste di fine anno sono per molti un periodo stressante, figuriamoci per Babbo Natale che deve riuscire a fare 2 miliardi e mezzo (!) di consegne in tutto il mondo nel giro di 24 ore.... Per riuscire a consegnare in tempo i doni ai bambini di tutto il mondo ....- i piccoli di tutte le religioni aspettano un regalo da lui-.... il vecchio dalla barba bianca deve viaggiare con le sue renne a 5.800 chilometri al secondo ...quasi 20 volte la velocità della luce...e ci riesce puntualmente tutti gli anni....viaggia nel senso inverso alla rotazione della Terra ed ha a disposizione 48 ore per depositare tutti i suoi pacchi.....dovendo fermarsi 2miliardi e mezzo....e secondo i nosri calcoli... avrebbe solo 34 microsecondi per ogni consegna.... per scivolare giù dal comignolo, depositare i pacchetti e ripartire veloce sulla sua slitta.....ma sappiamo che non si ferma solo pochi secondi....ama i biscotti e non disdegna un buon bicchieri di latte caldo e se incontra un bambino curioso...può raccontagli anche una bellissima favola..per farlo addormentare....Si prepara tutto l'anno..a questo giorno magico.....aiutato dai folletti.....e gnomi....."

    "Era una fredda notte d'inverno, fra gli anni 243 e 366 dopo Cristo, quando nell'antica Roma imperiale, amici e parenti si scambiarono le prime "stranae" per festeggiare il "dies natalis". Agli auguri di buona salute, si accompagnarono presto ricchi cesti di frutta e dolciumi, e poi doni di ogni tipo, perché la nascita di Gesù e, insieme, l'anniversario dell'ascesa al trono dell'Imperatore, divenissero il simbolo di una prosperità che avrebbe dovuto protrarsi per l'intero anno..... Passarono i secoli ed un bel giorno del 1800, il rito...un giorno trovò un forte vecchio rubicondo dalla barba bianca, residente al Polo Nord dove.... aiutato da numerosi gnomi costruirebbe dei giocattoli da distribuire come doni durante la notte di Natale, con l'ausilio di una slitta trainata da renne volanti e passando attraverso i camini delle case."

    "Questa è la vera storia (o quasi) di BABBO NATALE!.....al Nord del Circolo Polare Artico, nell'Europa settentrionale, esiste una regione: la Lapponia ...In questa terra viveva un giorno un simpatico vecchietto.... In una capanna del bosco, circondata da abeti, vicino ad un allegro ruscello d'acqua limpida e fresca viveva Natale, il quale si dedicava ogni giorno a coltivare il suo orticello, a curare le sue renne e ad intagliare il legno, vivendo tranquillamente. Vestiva sempre di rosso, il suo colore preferito.... Era un vecchietto assai buono e generoso con una lunga barba bianca ed aiutava spesso senza tirarsi mai indietro tutti i suoi vicini. Un giorno pensò che era troppo poco quello che stava facendo e si mise a pensare: voleva trovare un modo per poter dare agli altri qualcosa di più.....Quella sera fece un sogno...Nel sogno gli apparve un angioletto: era molto bello e grazioso e, con una dolce vocina, gli spiegò che nel mondo c'erano tanti bambini ma tanti di questi erano poveri e non potevano permettersi niente, anche loro come tutti gli altri bambini più fortunati desideravano dei giocattoli, ma non avrebbero mai potuto averli, il cuore dell'angelo era colmo di tristezza e un lacrima gli scorreva lungo il viso, Natale che era molto sensibile chiese all'angioletto cosa poteva fare per far spuntare sui visi di tutti i bambini un sorriso e un po' di felicità nei loro cuori.....L'angioletto rispose che, se Natale voleva, poteva aiutarli sarebbe dovuto partire caricando sulla sua slitta trainata dalle sue renne un sacco pieno di doni da consegnare a ciascun bambino la notte santa, quando nacque Gesù...."Ma dove posso trovare i giocattoli per tutti i bambini del mondo? E come posso farcela a consegnarli tutti in una sola notte e ad entrare nelle case? Ci saranno tutte le porte chiuse!" si chiese Natale....L'angioletto gli disse che Gesù Bambino l'avrebbe aiutato a risolvere ogni problema....Fu così che Gesù Bambino nominò Natale papà di ogni bambino donandogli il nome di Babbo Natale!...I primi giochi che Babbo Natale regalò furono costruiti con le sue stesse mani: intagliò nel legno bambole, macchinine, pupazzi ed ogni sorta di giocattolo....Gesù Bambino assegnò a Babbo Natale degli Elfi che altro non erano che piccoli angeli dalla faccia simpatica che lo aiutavano a costruire i giocattoli, a caricarli sulla slitta e a consegnarli in tempo ogni anno la sera di Natale! ...Gesù bambino fece anche un piccolo miracolo: concesse alla slitta e alle otto renne il dono di poter volare nel cielo...Babbo Natale entra quindi quella notte in ogni casa calandosi dal camino e riempiendo le calze che ogni bimbo appende sotto al camino, come d'usanza, e posando gli altri pacchetti più grossi sotto agli alberi di pino adornati a festa con luci e addobbi vari: palline, candeline, bastoncini di zucchero, e anche nelle case delle famiglie più povere gli alberi di pino venivano adornati con noci, mandarini, frutta secca, che profumavano l'aria di festa e che poi venivano mangiati in famiglia tutti insieme....Grazie alla magia dell'amore fu così possibile a Babbo Natale di essere sempre puntuale la notte santa nella consegna dei suoi doni per poter far felici tutti i bambini del mondo! E portare un sorriso nei loro visi e nei loro cuori!"


    ...........................................................................


    Babbo Natale viene di notte...viene in silenzio a mezzanotte...Dormono tutti i bimbi buoni...e nei lettini sognano i doni....Babbo Natale vien fra la neve, porta i suoi doni là dove deve......Non sbaglia certo: conosce i nomi ...di tutti quanti i bimbi buoni.


    Anonimo



    Vi sono molti atteggiamenti riguardo al Natale..E alcuni il possiamo trascurare:
    Il torpido, il sociale, quello sfacciatamente commerciale...Il rumoroso ...E l'infantile - che non è quello del bimbo...Che crede ogni candela una stella, e l'angelo dorato...Spieganti l'ale alla cima dell'albero....Non solo una decorazione, ma anche un angelo....Il fanciullo stupisce di fronte all'albero di Natale....Lasciatelo dunque in spirito di meraviglia....Di fronte alla Festa, a un evento accettato non come pretesto.....Così che il rapimento splendido, e lo stupore...Del primo albero di Natale ricordato, e le sorprese, l'incanto ...Dei primi doni ricevuti (ognuno..Con un profumo inconfondibile e eccitante). E l'attesa dell'oca o del tacchino, l'evento..Atteso e che stupisce al suo apparire....E reverenza e gioia non debbano...Essere mai dimenticate nella più tarda esperienza


    T. S. Eliot










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  2. gheagabry
     
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    E' Natale

    E' Natale, è Natale,
    chi sta bene e chi sta male:
    c'è chi mangia il panettone,
    lo spumante ed il torrone:
    ed invece in qualche terra
    i bambini fan la guerra.
    Caro mio bel Bambinello
    fa' che il mondo sia più bello
    e con gli uomini in letizia
    tutti in pace ed amicizia.
    Ad ognuno fai trovare
    ogni giorno da mangiare.
    Della neve ogni fiocco
    tu trasformalo in balocco
    che poi cada lì vicino
    ad ogni piccolo bambino.
    Manda a tutti il proprio dono
    e fammi essere più buono.





    dal web




    A Gesù Bambino
    di Umberto Saba


    La notte è scesa
    e brilla la cometa
    che ha segnato il cammino.
    Sono davanti a Te, Santo Bambino!
    Tu, Re dell’universo,
    ci hai insegnato
    che tutte le creature sono uguali,
    che le distingue solo la bontà,
    tesoro immenso,
    dato al povero e al ricco.
    Gesù, fa’ ch’io sia buono,
    che in cuore non abbia che dolcezza.
    Fa’ che il tuo dono
    s’accresca in me ogni giorno
    e intorno lo diffonda,
    nel Tuo nome.




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    IL MAGO DI NATALE


    S'io fossi il mago di Natale
    farei spuntare un albero di Natale
    in ogni casa, in ogni appartamento
    dalle piasrewllw del pavimento,
    ma non l'albero finto,
    di platica, dipinto
    che vendono adesso all'Upim,
    un vero abete, un pino di montagna,
    con un po' di vento vero
    impigliato tra i rami,
    che mandi profumo di resina
    in tutte le camere,
    e sui rami magici frutti, regali per tutti.

    Poi con la mia bacchetta me ne andrei
    a fare magie
    per tutte le vie.

    In via Nazionale
    farei crescere un albero di Natale
    caroco di bambole
    d'ogni qualità.
    che chiudoni gli occhi
    e chiamano papà.
    camminano da sole,
    ballando il rock an'roll
    e fanno le capriole.

    Chi le vuole, le prende:
    gratis, s'intende.

    In piazza San Cosimato
    faccio crescere l'albero
    del cioccolato
    e in via del Tritone
    l'albero del panettone
    in viale Buozzi
    l'albero dei maritozzi
    e in largo di Santa Susanna
    quello dei maritozzi con la panna.

    Continuiamo la passeggiata?
    La magia è appena cominciata:
    dobbiamo scegliere il posto
    all'albero dei trenini:
    va bene in piazza Mazzini?

    Quello degli aeroplani
    lo faccvio in via dei Campani.

    Ogni strada avrà un albero speciale
    e il giorno di Natale
    i bimbi faranno
    il giro di Roma
    a prendersi quel che vorranno.

    Per ogni giocattolo
    colto dal suo ramo
    ne spunterà un altro
    dello stesso modello
    o anche più bello.

    Per i grandi invece ci sarà
    magari in via Condotti
    l'albero delle scarpe e dei cappootti.

    Tutto questo farei se fossi un mago.
    Però non lo sono
    che poisso fare?

    Non ho che auguri da regalare
    di auguri ne ho tanti,
    scegliete quello che volete,
    prendeteli tutti quanti




    dalweb
     
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  3. gheagabry
     
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    Negli Stati Uniti esistono decine di città con nomi legati alle feste natalizie.

    Troviamo per esempio dai classici Christmas (Arizona, Florida, Kentucky, Michigan, ... ), Noel (Louisiana, Missouri), Santa Claus (Arizona, Georgia, Indiana, ...) o North Pole (Alaska, Idaho, New York, ...) a Gift (Mississippi, Tennessee, ...), Snow (Missouri, Arkansas, Michigan, ...), Snowflake (Virginia, West Virginia, ...).

    I nomi delle renne, a noi care, ci sono quasi tutti: Rudolph (Ohio), Comet (Arkansas), Vixen (Louisiana), Cupid (Nebraska), Donner (California, Florida, ...) ...

    E poi ancora: Holiday, Saint Nicholas, Holly, Elf, Bell, Bells, Candle, Candlestick, Reindeer, ...


    dal web









    Negli Stati Uniti la decorazione delle case per il Natale è una cosa seria.

    Si è calcolato che gli Americani spenderanno quest'anno non meno di 16.5 miliardi di dollari in decorazioni natalizie.

    Non a caso, specialmente nei suburbs, le sterminate periferie suburbane, è tutto un tripudio di vischio, finti pupazzi di neve, Santa Claus con tanto di slitta, renne ed aiutanti che coprono aiuole, verande e porticati.


    E poi tante tante tante luci. Nell'America dove tutto è una sfida al piu grande e al più bello, la lotta per avere le decorazioni piu appariscenti del vicinato è spietata.

    dal web

    Il risultato, è davvero spettacolare, ma richiede tanto, tanto lavoro.
     
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  4. gheagabry
     
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    in Spagna

    "Una tradizione natalizia che sta andando ormai in disuso è quella del “aguinaldo”(una specie di mancia) anche se era così usuale che persino “Arre borriquito” uno dei più popolari “villancico” ne parla.

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    Il giorno della Vigilia, gruppi di bambini andavano per le case del vicinato e s’offrivano di cantare “villancicos” (le canzoni di Natale tradizionali spagnole) -accompagnati da “zambomba”(un membrafono… una specie di tamburo tipico con una canna che entra dentro dalla parte superiore e sfregandolo produce un suono sordo) e “pandereta” (specie di tamburello con sonagli)- vicino al presepe della casa in cambio dell’ “aguinaldo” : delle monete o dei dolci tipici (dei pezzi di torrone, un “polvoròn” o qualche figurina di marzapane).

    La bevanda preferita in questi giorni è il “cava”, lo spumante fatto con uve spagnole col tradizionale metodo champenois.

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    Una delle cose più carateristiche del Natale in Spagna sono i “villancicos”, le nostre tanto particolari canzoni di Natale. Sono canzoni della tradizione popolare che nel medioevo incominciarono a nascere per celebrare le feste religiose, mentre il canto gregoriano rimaneva per le celebrazioni liturgiche.


    Questi “villancicos” sono un pò giullareschi, ilari, allegri, con musiche in generale molto ritmiche (anche flamenco) e raccontano scene della vita giornaliera più o meno pittoresche adattandole alle storie della nascita di Gesù, e del Natale. Ce ne sono tantissimi, noi tutti li conosciamo e li cantiamo davvero felici, (tanto in Spagna come in America latina) dato che in generale sono allegri e a volte anche un pochino demenziali nei testi ma veramente affettuosi verso Gesù e la sua nascita. E se ne continuano a scrivere dei nuovi ancora oggi…

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    Assieme ovviamente cantiamo tutte le canzoni di Natale che si cantano nel mondo, ma noi non le sentiamo tanto come i nostri “villancicos”…. Solo una canzone natalizia diciamo d’importazione, Il tamburino, è così tanto piaciuta agli spagnoli da farla assumere alla categoria di villancico. "



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  5. gheagabry
     
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    Comincia a nevivare



    - Siamo tutti in casa? – domandò mio padre, rientrando una sera sul tardi, tutto intabarrato

    e col suo fazzoletto di seta nera al collo. E dopo un rapido sguardo intorno si volse a chiudere
    la porta col paletto e con la stanga, quasi fuori s’avanzasse una torma di ladri o di lupi.
    Noi bambine gli si saltò intorno curiose e spaurite.
    - Che c’è, che c’è?
    - C’è che comincia a nevicare e ne avremo per tutta la notte e parecchi giorni ancora:
    il cielo sembra il petto di un colombo.
    - Bene – disse la piccola nonna soddisfatta. – Così crederete a quello che raccontavo poco fa.
    Poco fa la piccola nonna, che per la sua statura e il suo viso roseo rassomigliava a noi bambine,
    ed era più innocente e buona di noi, raccontava per la millesima volta che un anno, quando anche lei era davvero bambina (nel mille, diceva il fratellino studente, già scettico e poco rispettoso della santa vecchiaia), una lunga nevicata aveva sepolto e quasi distrutto il paese.
    - Quattordici giorni e quattordici notti nevicò di continuo, senza un attimo d’interruzione.
    Nei primi giorni i giovani e anche le donne più audaci uscivano di casa a cavallo
    e calpestavano la neve nelle strade; e i servi praticavano qualche viottolo in mezzo a quelle montagne bianche ch’erano diventati gli orti ed i prati.
    Ma poi ci si rinchiuse tutti in casa, più che per la neve,
    per l’impressione che si trattasse di un avvenimento misterioso; un castigo divino.
    Si cominciò a credere che la nevicata durasse in eterno, e ci seppellisse tutti,
    entro le nostre case delle quali da un momento all’altro si aspettava il crollo.
    Peccati da scontare ne avevamo tutti, anche i bambini che non rispettavano i vecchi
    (questa è per te, signorino studente); e tutti si aveva anche paura di morire di fame.
    - Potevate mangiare i teneri bambini, come nel mille – insiste lo studentello sfacciato.
    - Va via, ti compatisco perché sei nell’età ingrata, – dice il babbo,
    che trova sempre una scusa per perdonare, – ma con queste cose qui non si scherza.
    Vedrai che fior di nevicata avremo adesso.
    Eppoi senti senti…
    D’improvviso saliva dalla valle un muggito di vento che riempiva l’aria di terrore:
    e noi bambine ci raccogliemmo intorno al babbo come per nasconderci sotto le ali del suo tabarro.
    - Ho dimenticato una cosa: bisogna che vada fuori un momento – egli dice frugandosi in tasca.
    - Vado io, babbo – grida imperterrito il ragazzo; ma la mamma, bianca in viso, ferma tutti con un gesto.
    - No, no, per carità, adesso!
    - Eppure è necessario – insiste il babbo preoccupato. – Ho dimenticato di comprare il tabacco.
    Allora la mamma si rischiara in viso e va a cercare qualche cosa nell’armadio.
    - Domani è Sant’Antonio; è la tua festa, ed io avevo pensato di regalarti…
    Gli presenta una borsa piena di tabacco, ed egli s’inchina, ringrazia, dice che la gradisce come se fosse piena d’oro; intanto si lascia togliere dalle spalle il tabarro e siede a tavola per cenare.
    La cena non è come al solito, movimentata e turbata da incidenti quasi sempre provocati dall’irrequietudine dei commensali più piccoli; tutti si sta fermi, quieti, intenti alle voci di fuori.
    - Ma quando c’è questo gran vento, – dice la nonna – la nevicata non può essere lunga.
    Quella volta…
    Ed ecco che ricomincia a raccontare; ed i particolari terribili di quella volta aumentano la nostra ansia,
    che in fondo però ha qualche cosa di piacevole.
    Pare di ascoltare una fiaba che da un momento all’altro può mutarsi in realtà.
    Quello che sopratutto ci preoccupa è di sapere se abbiamo abbastanza per vivere,
    nei giorni di clausura che si preparano.
    - Il peggio è per il latte: con questo tempo non è facile averlo.
    Ma la mamma dice che ha una grossa scatola di cacao: e la notizia fa sghignazzare di gioia il ragazzo,
    che odia il latte.
    Gli altri bambini non osano imitarlo; ma non si afferma che la notizia sia sgradita.
    Anche perché si sa che oltre il cacao esiste una misteriosa riserva di cioccolata e,
    in caso di estrema necessità, c’è anche un vaso di miele.
    Delle altre cose necessarie alla vita non c’è da preoccuparsi.
    Di olio e vino, formaggio e farina, salumi e patate, e altre provviste, la cantina e la dispensa sono rigurgitanti.
    E carbone e legna non mancano. Eravamo ricchi, allora, e non lo sapevamo.
    - E adesso – dice nostro padre, alzandosi da tavola per prendere il suo posto accanto al fuoco – vi voglio raccontare la storia di Giaffà.
    Allora vi fu una vera battaglia per accaparrarsi il posto più vicino a lui: e persino la voce del vento si tacque,
    per lasciarci ascoltare meglio.
    Ma la nonnina, allarmata dal silenzio di fuori, andò a guardare dalla finestra di cucina,
    e disse con inquietudine e piacere:- Questa volta mi pare che sia proprio come quell’altra.
    Tutta la notte nevicò, e il mondo, come una grande nave che fa acqua,
    parve sommergersi piano piano in questo mare bianco.
    A noi pareva di essere entro la grande nave: si andava giù, nei brutti sogni, sepolti a poco a poco,
    pieni di paura ma pure cullati dalla speranza in Dio.
    E la mattina dopo, il buon Dio fece splendere un meraviglioso sole d’inverno sulla terra candida,
    ove i fusti dei pioppi parevano davvero gli alberi di una nave pavesata di bianco.


    Grazia Deledda
     
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    La vita e le avventure di Babbo Natale di Frank Baum


    "Portava i giocattoli ai bambini perché erano piccoli e indifesi, e perché li amava. Sapeva che i bambini m,igliori ogni tanto si comportavano male, e che quelli cattivi spesso erano buoni. Così stavano le cose con i bambini, in tutto il mondo, e lui non avrebbe cambiato la loro natura nemmeno se avesse avuto il potere di farlo."



    "Avete mai sentito parlare della grande foresta di Burzee?"
    Inizia così, proprio come una favola tradizionale, questo bel libro dell'autore straordinario del Mago di Oz.
    Nella foresta di Burzee, dove vivono ninfe, folletti, creature fatate e immortali e dove regna incontrastato il Signore delle Foreste del Mondo, la razza umana non è mai penetrata. Sino al giorno in cui un bimbo abbandonato e affamato viene trovato dalla ninfa Necile che chiede l'autorizzazione a tenerlo con sé, ottenendola, eccezionalmente perché l'adozione di un bambino è "proibita in lungo e in largo dalle leggi".

    "Si chiamerà Claus, che significa piccolo, anzi Neclaus, cioè piccolo di Necile".
    Gli elfi s'innamorarono del suono della sua risata; i nani apprezzarono il suo coraggio, le fate adorarono la sua innocenza" e così fu ben accolto in questo regno incantato.
    Claus crebbe imparando il linguaggio delle bestie, "aiutando gli elfi a nutrire le piante e i nani a tenere a bada gli animali", finché venne il giorno in cui, vedendolo cresciuto e forte, Ak, il Signore delle Foreste, decise di portarlo con sé in giro per il mondo.

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    E così Claus entrò in contatto con i suoi simili, rimandendo particolarmente colpito dai bambini, dalla loro innocenza, dall'entusiasmo e la gioia che trasmettevano, ricchi o poveri che fossero, ma anche dal dolore che potevano provare.
    Tornano nella Foresta di Burzee prese la decisione irrevocabile di andarsene "Voglio prendermi cura dei figli del uomini, e provare a renderli felici".

    Pur essendo un essere umano, Claus rimaneva comunque sotto la protezione delle creature magiche e immortali del bosco, il che lo rendeva comunque speciale.
    Raggiunta la Valle Ridente di Hohaho, "dove tutti si vogliono bene", decise che lì doveva costruire la sua casa (e ancora lì vive oggi).
    Pronto sempre a giocare con i bimbi che incontrava, ne divenne presto l'amico migliore. Gli unici con cui non poteva intrattenersi erano quelli che abitavano all'interno del palazzo del Signore di Lerd e nel castello del barone Braun.
    Arrivarono l'inverno e la neve e Claus si trovò isolato dal resto del mondo. Chiuso nella sua casa calda insieme alla sua gatta, annoiandosi decise di passare il tempo intagliando un pezzo di legno, fino a farne un gatto acciambellato: "aveva appena costruito il primo giocattolo", che si dimostrò utilissimo quando, pochi giorni dopo, incontrò un bimbo del vicinato perduto nella bufera di neve e, accoltolo in casa per riscardarlo, vide che apprezzava molto quel gatto di legno.

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    "Credo che i bambini amino i gatti di legno quasi quanto quelli veri, senza contare che loro non scappano via e non graffiano e non mordono. Ne farò altri. E fu così che iniziò la sua grande impresa."
    Baum prosegue nel racconto che noi lasciamo a questo punto. Ci dirà anche di come i malvagi Awgwa tenteranno di fermare Claus perché "ci sono meno bambini cattivi nel mondo da quando Claus è arrivato nella Valle Ridente e ha cominciato a costruire i suoi giocattoli"; proseguirà con il racconto del primo viaggio con le renne e dell'abitudine di scendere dai tetti nei camini; ci spiegherà perché la gente prese a chiamarlo Santa Claus e come accadde che il suo viaggio di distribuzione dei giocattoli ai bimbi del mondo fu definitivamente fissato una sola volta all'anno, alla Vigilia di Natale e, infine, ci svelerà come avvenne che a Claus fu donato il mantello dell'immortalità.

    Una storia che conosciamo molto bene ma che, narrata da Baum, sembra nuova perché si arricchisce di particolari inediti, di curiosità, di trovate originali.


    Edited by gheagabry - 11/12/2010, 23:49
     
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  7. gheagabry
     
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    La slitta di Babbo Natale



    Questa leggenda è nordica: la slitta, originariamente si diceva che la slitta fosse trainata da una sola renna, poi la versione è cambiata, ed apparivano otto renne. Infine se ne è aggiunta una nona, Rudolph appunto. Questo numero spiega la velocità con cui Babbo Natale riesca a far fronte alle innumerevoli richieste provenienti da ogni parte del mondo.





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    L'ALBERO DI NATALE



    L'albero di Natale ha una tradizione antica che viene fatta risalire alle popolazioni germaniche, in particolare ai Teutoni. Essi solevano celebrare il Solstizio d’inverno recandosi nel bosco e recidendo un abete come rito propiziatorio.



    Portato in casa, l'abete veniva addobbato con ghirlande e dolci: insomma un vero e proprio antenato del nostro Albero di Natale. L'immagine dell'albero, specie se sempreverde, come simbolo del rinnovarsi della vita è un tradizionale tema pagano, presente sia nel mondo antico che medioevale e, probabilmente, in seguito assimilato dal Cristianesimo.



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    La leggenda delle Palline di vetro


    A Betlemme c'era un artista di strada molto povero che non aveva nemmeno un dono per il Bambino Gesù così egli andò da Gesù e fece ciò che sapeva fare meglio, il giocoliere, e lo fece ridere.
    Questo è il perché ogni anno sull'albero di Natale appendiamo le Palle colorate - per ricordarci delle risate di Gesù Bambino.






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    La leggenda delle Campane di Natale


    I pastori si affollarono a Betlemme mentre viaggiavano per incontrare il neonato re. Un piccolo bimbo cieco sedeva sul lato della strada maestra e, sentendo l'annuncio degli angeli, pregò i passanti di condurlo da Gesù Bambino. Nessuno aveva tempo per lui.
    Quando la folla fu passata e le strade tornarono silenziose, il bimbo udì in lontananza il lieve rintocco di una campana da bestiame. Pensò "Forse quella mucca si trova proprio nella stalla dove è nato Gesù bambino!" e seguì la campana fino alla stalla ove la mucca portò il bimbo cieco fino alla mangiatoita dove giaceva il neonato Gesù







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    La leggenda del Pettirosso.



    Un piccolo uccellino marrone divideva la stalla a Betlemme con la Sacra famiglia.
    La notte, mentre la famiglia dormiva, notò che il fuoco si stava spegnendo.
    Così volò giù verso le braci e tenne il fuoco vivo con il movimento delle ali per tutta la notte, per tenere al caldo Gesù bambino.
    Al mattino, era stato premiato con un bel petto rosso brillante come simbolo del suo amore per il neonato re.





    Gli animali


    Si dice che allo scoccare della mezzanotte tra il 24 e il 25 dicembre, gli animali - in special modo gli animali nelle fattorie acquistino il meraviglioso ed inusuale dono della parola. Buoi, mucche, cavalli, maiali e polli iniziano a parlare tra di loro e si scambiano strani segreti sul genere umano, in particolar modo sui loro padroni. Ma non tentati di ascoltarli di nascosto! La leggenda dice che potrete attirare su di voi la sfortuna, la cecità o addirittura la morte se tenterete di spiarli!






    Il bastoncino di zucchero è stato a lungo un simbolo del Natale, con il suo gusto di menta
    Perché i bastoncini di zucchero sono bianchi a strisce rosse? La tradizione vuole che fossero inventati da un dolciaio che aveva intenzione di creare un dolce che ricordasse Gesù alle persone. Ecco cosa rappresenta il bastoncino di zucchero:
    E' fatto di caramello solido perché Gesù è la solida roccia su cui sono costruite le nostre vite (Matt 16:18) (1Thess 5:24).
    Al caramello diede la forma di una "J" per Jesus (Gesù in inglese) (Atti 4:12), mentre per altri è la forma di un bastone da pastore, perché Gesù è il nostro pastore (Giovanni 10:11).
    I colori sono stati scelti anche per rappresentare l'importanza di Gesù: il bianco per la purezza e l'assenza di peccato in Gesù (Heb 4:15) , e la larga striscia rossa rappresenta il sangue di Cristo versato per i peccati del mondo (Giovanni 19:34-35). Le tre strisce rosse sottili rappresentano le strisce lasciate dalle frustate del soldato romano (Isaia 53:5).
    Il sapore del bastoncino è di menta piperita che è simile all'issopo, pianta aromatica della famiglia della menta usato nel Vecchio Testamento per purificare e sacrificare. Gesù è il puro agnello di Dio venuto a sacrificarsi per i peccati del mondo.








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    La Stella di Natale


    La famosa "Stella di Natale" che da secoli si lega agli allestimenti tipici del Natale, sarebbe nata dal regalo ad un bimbo. Narra la leggenda, che il 25 dicembre di un anno dimenticato dalla storia, un bimbo povero entrò in una chiesa per offrire un dono a Gesù nel giorno della sua nascita. Triste e vergognoso per il suo poco degno mazzo di frasche, il bambino perse una lacrima fra quei ramoscelli che un miracolo trasformarono nel fiore più rosso e bello che i suoi occhi avessero mai

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    La leggenda dell'Agrifoglio.


    Un piccolo orfanello viveva presso alcuni pastori quando gli angeli araldi apparvero annunciando la lieta novella della nascita di Cristo.
    Sulla via di Betlemme, il bimbo intrecciò una corona di rami d'alloro per il neonato re.
    Ma quando la pose davanti a Gesù, la corona gli sembrò così indegna che il pastorello si vergognò del suo dono e cominciò a piangere.
    Allora Gesù Bambino toccò la corona, fece in modo che le sue foglie brillassero di un verde intenso e cambiò le lacrime dell'orfanello in bacche rosse.


    DAL WEB
     
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  8. gheagabry
     
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    Il presepe

    Salvatore Quasimodo


    Natale. Guardo il presepe scolpito
    dove sono i pastori appena giunti
    alla povera stalla di Betlemme.
    Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
    salutano il potente Re del mondo.

    Pace nella finzione e nel silenzio
    delle figure in legno ed ecco i vecchi
    del villaggio e la stalla che risplende
    e l'asinello di colore azzurro.




    .



    LA NOTTE SANTA
    Guido Gozzano


    - Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
    Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
    Presso quell'osteria potremo riposare,
    ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.

    Il campanile scocca
    lentamente le sei.

    - Avete un po' di posto, o voi del Caval Grigio?
    Un po' di posto per me e per Giuseppe?
    - Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
    son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe

    Il campanile scocca
    lentamente le sette.

    - Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
    Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
    - Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
    Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria più sotto.

    Il campanile scocca
    lentamente le otto.

    - O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
    avete per dormire? Non ci mandate altrove!
    - S'attende la cometa. Tutto l'albergo ho pieno
    d'astronomi e di dotti, qui giunti d'ogni dove.

    Il campanile scocca
    lentamente le nove.

    - Ostessa dei Tre Merli, pietà d'una sorella!
    Pensate in quale stato e quanta strada feci!
    - Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
    Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...

    Il campanile scocca
    lentamente le dieci.

    - Oste di Cesarea... - Un vecchio falegname?
    Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
    L'albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
    non amo la miscela dell'alta e bassa gente.

    Il campanile scocca
    le undici lentamente.

    La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due?
    - Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta!
    Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...
    Maria già trascolora, divinamente affranta...

    Il campanile scocca
    La Mezzanotte Santa.

    Alleluia, alleluia,
    è nato il sovrano bambino!
    La notte che già fu sì buia
    risplende di un astro divino!
    Non sete, non molli tappeti,
    ma un poco di paglia ha per letto,
    ben come nei libri hanno detto
    da quattro mill'anni i profeti.
    Per quattro mill'anni si attese
    quest'ora su tutte le ore,
    è nato il Signore, è nato nel nostro paese!
    La notte che già fu si buia
    risplende di un astro divino
    è nato il sovrano Bambino
    Alleluia, alleluia!



    Natale
    Davide Venuda


    Danzano nella notte le stelle in coro,
    sembrano fate riunite tra loro,
    portano gioia in ogni cuore,
    mostrando soltanto il loro candore.
    Tra tutte lei brilla di luce speciale
    si chiama cometa e ci porta il
    Natale, e scesa dal cielo mostrando la via
    che tutti noi porta dal nostro Messia.








    DAL WEB


    Cambierà bambino, cambierà il domani
    forse faremo tredici oppure un terno al lotto
    verrà a salvarci superman maga magò, non so
    magari scenderà un ufo nel giardino
    ma cambierà domani, cambierà, bambino.
    Lo cambieremo noi, si, noi piccolagente
    che non vogliamo arrenderci, noi lo
    combatteremo
    il tempo e l'ignoranza faremo prigionieri
    e pianteremo fiori nel deserto, il mare
    lo svuoteremo tutto col secchiello, a riva
    riporteremo tesori di pirati.
    E via correndo a piedi nudi andremo
    a cullare un neonato arcobaleno
    cancelleremo le lacrime ed il dolore andiamo
    bambino nella vita, tenendoci per mano.


    Ilde Zamberoni

     
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  9. ringo47
     
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    LA LEGGENDA DEL VISCHIO


    di I. Drago




    Il vecchio mercante si girava e rigirava, senza poter prendere sonno.
    Gli affari, quel giorno, erano andati benissimo: comprando a dieci, vendendo a venti, moneta su moneta, aveva fatto un bel mucchietto di denari.
    Si levò. Li volle contare. Erano monete passate chissà in quante mani, guadagnate chissà con quanta fatica. Ma quelle mani e quella fatica a lui non dicevano niente.
    Il mercante non poteva dormire. Uscì di casa e vide gente che andava da tutte le parti verso lo stesso luogo. Preva che tutti si fossero passati la parola per partecipare a una festa.
    Qualche mano si tese verso di lui. Qualche voce si levò: - Fratello, - gli gridarono - non vieni?
    Fratello, a lui fratello? Ma che erano questi matti? Lui non aveva fratelli. Era un mercante; e per lui non c'erano che clienti: chi comprava e chi vendeva.
    Ma dove andavano?
    Si mosse un po' curioso. Si unì a un gruppo di vecchi e di fanciulli.
    Fratello! Oh, certo, sarebbe stato anche bello avere tanti fratelli! Ma lui cuore gli sussurrava che non poteva essere loro fratello. Quante volte li aveva ingannati? Comprava a dieci e rivendeva a venti. E rubava sul peso. E piangeva miseria per vender più caro. E speculava sul bisogno dei poveri. E mai la sua mano si apriva per donare.
    No, lui non poteva essere fratello a quella povera gente che aveva sempre sfruttata, ingannata, tradita.
    Eppure tutti gli camminavano a fianco. Ed era giunto, con loro, davanti alla Grotta di Betlemme. Ora li vedeva entrare e nessuno era a mani vuote; anche i poveri avevano qualcosa. E lui non aveva niente, lui che era ricco.
    Entrò nella grotta insieme con gli altri; s'inginocchio insieme agli altri.
    - Signore, - esclamò - ho trattato male i miei fratelli. Perdonami.
    E proruppe in pianto.
    Appoggiato a un albero, davanti alla grotta, il mercante continuò a piangere, e il suo cuore cambiò.
    Alla prima luce dell'alba quelle lacrime splendettero come perle, in mezzo a due foglioline.
    Era nato il vischio.




    NATALE AL FRONTE




    Era il 1917, uno dei terribili anni della prima guerra mondiale. Sulle trincee spirava un vento gelido e c'era tanta neve. I soldati si muovevano cauti, la notte era senza luna, ma serena e tutti avevano paura di incontrare delle pattuglie nemiche, perché il nemico era lì davanti a loro.
    Ad un tratto un caporale disse sotto voce: «È nato!».
    «Eh?» fece un altro senza afferrare l'allusione. «Deve essere la mezzanotte passata perbacco. La notte di Natale! Al mio paese mia moglie e mia madre saranno già in chiesa».
    Un altro compagno osservò: «Guardate là, c'è una grotta. Andiamo dentro un momento, saremo riparati dal vento».
    Entrarono nella grotta e il più giovane del gruppo si tolse l'elmetto, si sfilò il passamontagna e si inginocchiò in un cantuccio. Il caporale rimase all'entrata e voltò le spalle all'interno con fare superiore: ma era perché aveva gli occhi pieni di lacrime.
    Il più vecchio del gruppo si tolse i guantoni, raccolse un po' di terra umida e manipolandola qualche minuto le diede la forma approssimativa di un bambinello da presepio. Poi stese il fazzoletto nell'elmetto del compagno e vi depose il Gesù bambino. Si scorgeva appena nella fioca luce delle stelle riflessa dalla neve.

    Il caporale trascurando ogni prudenza tolse di tasca un mozzicone di candela, l'accese e la pose vicino all'insolita culla. Poi sottovoce uno cominciò a recitare: "Padre nostro che sei nei cieli...". Tutti continuarono e avevano il cuore grosso da far male.
    Il raccoglimento durò ancora dopo la preghiera. Nessuno voleva spezzare l'atmosfera che si era creata.
    Improvvisamente alle loro spalle una voce disse.«Fröhliche Weihnachten» (Buon Natale).
    Una pattuglia austriaca li aveva colti alla sprovvista. Con le armi puntate stavano all'imboccatura della grotta. Mentre i soldati scattavano in piedi la voce ripeté con dolcezza: «Buon Natale ».
    I nemici abbassarono le armi e guardarono la povera culla. Erano tre giovani e avevano bisogno anche loro di un po' di presepio, anche se povero. Si guardarono confusi, poi si segnarono e cominciarono a cantare «Stille Nacht», la bella melodia natalizia che tutti conoscevano.
    Tutti si unirono al coro anche se si cantava in lingue diverse. Poi quando si spense l'ultima nota del canto il caporale si avvicinò a uno dei giovani nemici e gli tese la mano che l'altro strinse con calore. Tutti fecero altrettanto, augurandosi il Buon Natale. Poi uno degli austriaci trasse da dentro il pastrano una piccola scarpina da neonato. Doveva essere quella del suo bambino e se la teneva sul cuore, e dopo averla baciata la depose accanto al Bambino Gesù rimanendo per alcuni attimi in preghiera.
    Poi si voltò di scatto e seguito dai compagni si allontanò voltando le spalle, senza timore, e scomparve nella notte di quel gelido Natale di guerra.




    L'amore vince l'odio

    «Pace in terra agli uomini di buona volontà» cantavano gli angeli attorno alla grotta di Betlemme. Anche quest'anno però in molte parti della Terra non c'è pace vera. Le armi continuano a coprire con il loro micidiale canto di morte ogni parola di pace.

    La pace vera non è però frutto dell'attività dei politici: nasce nei nostri cuori e si diffonde attorno a noi. Se vogliamo che il mondo sia nella pace dobbiamo essere noi gli operatori di pace e saremo beati e chiamati figli di Dio.





    PREGHIERA

    In principio
    con Te c'era la tenerezza.
    Con lei Tu hai fatto
    la volta del cielo:
    hai fissato in alto
    Sirio e Alfa del Centauro
    e il cammino delle stelle.
    Con essa Tu hai
    fondato i continenti:
    hai dato vita agli uccelli
    tra le fronde,
    all'odore della terra
    dopo la pioggia,
    al percorso dei delfini
    tra le onde dell'oceano.
    Con essa Tu hai creato
    l'uomo e la donna:
    la bellezza dei loro corpi
    e l'amore che li culla
    come un fiume di fuoco.



    LA STELLA


    di Edmond Rostand (1868-1918)






    Perdettero la stella un giorno.
    Come si fa a perdere la stella?
    Per averla troppo a lungo fissata...
    I due re bianchi, ch’erano due sapienti di Caldea,
    tracciarono al suolo dei cerchi, col bastone.

    Si misero a calcolare, si grattarono il mento...
    Ma la stella era svanita come svanisce un’idea,
    e quegli uomini, la cui anima
    aveva sete di essere guidata,
    piansero innalzando le tende di cotone.

    Ma il povero re nero, disprezzato dagli altri, si disse:
    "Pensiamo alla sete che non è la nostra.
    Bisogna dar da bere, lo stesso, agli animali".

    E mentre sosteneva il suo secchio per l’ansa,
    nello specchio di cielo
    in cui bevevano i cammelli
    egli vide la stella d’oro che danzava in silenzio.

     
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  10. gheagabry
     
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    Babbo Natale e la Coca Cola

    In questi tempi così no-global, ogni multinazionale che si rispetti finisce, prima o poi, nel mirino dei contestatori. Poteva fare eccezione la Coca Cola, il simbolo del consumismo americano? Ovviamente no, ma in questo caso il fatto divertente è che la contestazione verso questo marchio si è andata a fondere con quella verso un personaggio, Babbo Natale, anch'esso simbolo del consumismo, quello natalizio s'intende. Ne è venuta fuori una singolare leggenda metropolitana che aleggia nei forum no-global e in tanti altri posti: Babbo Natale l'ha inventato la Coca Cola! Estrema sintesi della storia di un personaggio che esiste da secoli nell'immaginario collettivo... questa è davvero bella!

    Che la raffigurazione rossa, paffuta e impellicciata di Babbo Natale non sia sempre esistita mi sta bene, ma di certo le sue origini vanno ricercate un po' più indietro che negli anni '30.

    La figura di Babbo Natale si è evoluta nei secoli e deriva essenzialmente dalla fusione di due personaggi religiosi: San Nicola (patrono di Bari) e Christkindlein (Gesù Bambino). Fra l'altro Santa Claus è l'abbreviazione del latino Sanctus Nicolaus. Non tutti sostengono che San Nicola sia veramente esistito, alcuni ritengono che questa figura sia servita a riportare in auge vecchi credenze pagane: su tutte quella nel dio greco Poseidone (il romano Nettuno).

    Tuttavia l'unica analogia tra San Nicola e il Babbo che noi conosciamo è la lunga barba bianca e una vecchia leggenda che vuole che il vescovo Nicola di Myra, per salvare dalla prostituzione le tre figlie di un pover uomo che non poteva dar loro la dote, gettò loro tre sacchi d'oro dal camino. Altre successive rivisitazioni della leggenda lo vedevano calare anonimamente dai camini cibo per le famiglie meno abbienti. La sua fama si diffuse in tutto il mondo durante il Medioevo e cominciò a declinare all'epoca della Riforma Protestante, quando la figura del dispensatore di doni venne attribuita a Gesù Bambino, una figura meno pagana e folckloristica di quella di San Nicola.

    Tuttavia tale figura non sparì dall'immaginario popolare, anzi fu tramandata anche oltreoceano da gruppi di immigrati europei, inglesi e olandesi. Il nome fu cambiato in Santa Claus e l'aspetto era quello di un uomo baffuto vestito di pelliccia addetto a spaventare i bambini ancora svegli ad una certa ora delle sera. Tutte le figure precedenti si fusero col tempo con quella più pagana di Santa Claus. Nel 1804, quando fu fondata la New York Historical Society e fu scelto San Nicola come patrono, i protestanti inglesi, non osservando le festività dei santi, decisero di spostare la visita di Santa Claus la notte di Natale. Nel 1821 un tipografo newyorchese, William Gilley, pubblicò un poema su Santa Claus descrivendolo come una persona molto bassa, che indossava un abito in pelliccia e guidava una slitta trainata da una sola renna. Nel Natale del 1823 un altro newyorchese, il dentista Clement Clarke Moore, pubblicò il poema "A Visit From St. Nicholas", ispirato a quello di Gilley, dove descriveva Santa Claus come un piccolo elfo curioso che passava attraverso i caminetti e che giungeva nelle case grazie alla sua slitta volante tirata da otto renne (Blitzen, Comet, Cupid, Dancer, Dasher, Donner, Prancer e Vixen). La nona, si dice, venne aggiunta dopo per ragioni commerciali, inventata negli uffici della Montgomery Ward (grande catena di magazzini americani) nel 1939, volendo donare ai propri clienti una nuova favola per Natale. Nacque così Rudolph, la renna dal grosso naso rosso, una specie di brutto anatroccolo salvato da Babbo Natale che fece del suo difetto un pregio utile nelle notti di nebbia.

    Nel 1860 il caricaturista Thomas Nast fu incaricato dal presidente Lincoln di disegnare Santa Claus con alcuni soldati dell'unione nel tentativo di demoralizzare gli avversari e negli anni successivi personalizzò le sue raffigurazioni. Il Babbo di Nast cominciava ad assomigliare al nostro: casa al Polo Nord, lista dei bambini buoni e cattivi, fabbrica dei giocattoli dove lavoravano gli gnomi aiutanti, che fra l'altro sono tutte creazioni sue, certamente ispirate dalla lettura del poema di Moore. Il vesito rosso di affermò quando un tipografo di Boston, Louis Prang, introdusse in America la tradizione delle cartoline di Natale e nel 1885 pubblicò un Babbo Natale vestito soltanto di rosso.

    E veniamo finalmente al motivo della presenza di Babbo Natale su American Pizza Party: nei primi anni '30 la Coca Cola, per incrementare le vendite durante l'inverno, periodo sfavorevole per il mercato dei dei soft drink, assunse il disegnatore svedese Haddon Sundblom che nei suoi disegni associò il Santa Claus grassottello e vestito di bianco e rosso con la Coca Cola. Fu indubbiamente una campagna di successo, che ha favorito il sorgere della leggenda che la Coca Cola abbia inventato l'immagine del Babbo moderno. Ciò non è affatto vero: quello che ha fatto la Coca Cola è solo associare la sua bottiglietta ad una figura molto amata dai bambini, rendendo in qualche modo Santa Claus un tipo molto popolare negli USA.

    Tra le proteste nei confronti di Babbo Natale va ricordata quella di Robert Cenedella che nel 1997 ha dipinto un Babbo Natale crocifisso. Il quadro è stato aspramente criticato da alcuni gruppi religiosi, ma si è trattato di una protesta nel tentativo di illustrare quanto Santa Claus abbia sostituito Gesù Cristo, diventando il personaggio più importante del Natale.

    Strano destino per Santa Claus dunque: da vescovo di Myra a testimonial della Coca Cola a bersaglio dei no-global!

    Fatto sta che il buon vecchietto continua a consegnare doni, a tutti quelli che hanno ancora voglia di sognare...

    cocacola-1964



    Edited by gheagabry - 30/10/2011, 00:59
     
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    Natale In Africa

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    Il Natale in Africa offre un vasto panorama di contaminazioni tra le tradizioni europee e quelle del Continente Nero.

    In Nigeria, per esempio, le religioni diffuse sono tante e solo la parte cristiana della popolazione festeggia la Natività; dato il clima, alberi e focolari non sono una caratteristica del Natale nigeriano, ma esiste la tradizione di far vista ai parenti e il cenone della Vigilia.

    In Kenya il Natale ha due elementi predominanti: il nyama choma, un arrosto di capra molto in voga per le feste, e i tantissimi fiori con cui vengono addobbate le case le strade e gli alberi di Natale.
    In occasione della natività i bambini Kenyoti girano per le case come per Halloween alla ricerca di doni.

    L'Egitto è un paese mussulmano, ma a partire da un periodo recente sono comparsi i primi alberi di Natale.
    I festeggiamenti iniziano il 25 di Novembre ma sono molto diversi dai nostri; infatti si digiuna per 40 giorni fino al 6 di Gennaio in cui per festeggiare si fanno grandi mangiate di fatta, un piatto a base di carne e di riso.

    In Ghana, seppur non predominante, la tradizione cristiana è più diffusa e il Natale viene festeggiato con processioni religiose e tanta musica.
    Esiste anche la tradizione dell'albero ma naturalmente vengono utilizzate piante autoctone come, per esempio, il mango.
    Per quanto riguarda i piatti tradizionale delle feste questi sono generalmente a base di riso, pollo, agnello e frutta.

    In Sudafrica fa troppo caldo per sentire una vera atmosfera natalizia, quindi magari si approfitta delle feste per andare al mare.

    Nello Zimbabwe è invece più sentito, il Natale viene chiamato Kisimusi e conserva la tradizione dei regali ai più piccoli e dei cenoni a base di carne, verdure e dolci attorno ai quali si riuniscono le famiglie.





    natale in asia


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    Ad Hong Kong il Natale fa rima con WinterFest, un mese intero di bulimia festaiola (dal 30 novembre al 1 gennaio) che trasforma la capitale orientale in una sorta di città-presepe dove le vere protagoniste sono le luci. Il fitto calendario di appuntamenti della kermesse coinvolge i distretti centrali della città (Central, Causeway e Tsim Sha Tsui), tra abeti alti oltre 35 metri, corsi ornati con vischio, performance di strada, grattacieli decorati con figure natalizie.



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    Tutte le civiltà celebrano il Natale delle proprie divinità ed il ciclico rinnovarsi del tempo; molto spesso queste ricorrenze prevedono momenti di riunione familiare e d'integrazione dell'intero gruppo sociale, coesione che il più delle volte si realizza in sontuosi pasti collettivi, alla preparazione dei quali concorrono le donne di tutto il vicinato. La festa più importante del lunario cinese è il Capodanno, che cade intorno al 28 gennaio del calendario solare. I festeggiamenti durano una settimana, e comportano vari fuochi, scambi di doni e riti propiziatori che coinvolgono soprattutto i bambini, i quali affidano al nuovo anno i migliori propositi mettendo sotto il cuscino un sacchettino rosso. È di antica memoria l'idea che vuole che ogni cosa, animata o inanimata, sia provvista di uno spirito proprio; nelle famiglie tradizionali, dunque, particolare riguardo sarà rivolto alle innumerevoli divinità che governano la vita quotidiana, dal dio delle pignatte e delle padelle a quello dei coltelli, geni che garantiscono il funzionamento e facilitano l'uso dei vari oggetti.


    La gerarchia implicita in questo complesso mitologico dà al dio della cucina e del focolare un posto di assoluta preminenza e non vi è casa in cui, rintanata in una nicchia scavata sopra il camino, non vi sia una sua immagine. Alla fine dell' anno, la sacra effige, ormai annerita dal fumo degli incensi, viene bruciata; con questo atto, si segna il momento in cui il dio sale in cielo, al cospetto della divinità suprema, per fare il resoconto circa vizi e virtù di tutti i membri della famiglia. Allo scopo di conquistarne l'indulgenza, gli si rivolgono offerte alimentari e si allestiscono pasti nel segno dell' abbondanza. Affinché nel suo rapporto annuale sia dolce nei confronti dei familiari di cui conosce ogni recondito aspetto dell' animo - dall'alto del suo canto, sul camino, veglia notte e giorno sulla casa ed i suoi abitanti - , gli si offrono dolci mielati, ma, se si teme che possa parlare a sproposito, magari rivelando qualche peccato che il dio sommo non gradirebbe, sarà bene rimpinzarlo di dolci collosi e compatti, che gli impediscano di aprir bocca. In tal caso, potrà soltanto annuire col capo alle domande rivoltegli e dare così l'impressione che tutti si siano comportati per il meglio. Tra i tanti piatti che colorano la mensa d'inizio anno (come i nidi di rondine o i bachi da seta fritti) si nota la testa di maiale intera semplicemente bollita, accompagnata da salse speziate e agrodolci. L'eccezionalità della preparazione è sottolineata dal fatto che solitamente carni e verdure si presentano in tavola tagliate a pezzi e mai interi. In questo caso, è l'interezza della vivanda a marcare la differenza tra tempo ordinario e quello festivo, separazione ugualmente suggerita dalla presenza dei pani ricchi. I nomadi tibetani preparano per la stessa ricorrenza un pane intrecciato composto di quattro rotoli di pasta fritti nell' olio che, con il suo colore dorato, è considerato un alimento di lusso, simbolo di prosperità: esso ha il potere di allungare la vita a chi lo assaggi. Anche in Giappone si attende il Capodanno per stare insieme. Al contrario di quanto accade in Occidente, gli ultimi giorni dell' anno si dedicano alla famiglia. Infatti, se ormai tutti i giovani, specie nelle città, festeggiano il Natale secondo l'uso statunitense (anche qui non manca la corsa agli acquisti, la calza di Santa Klaus e gli alberi dalle luci colorate), il Capodanno è festa sia civile che religiosa. Qui la ricorrenza è anticipata di circa un mese (rispetto alla Cina), così da farla coincidere con la fine dell'anno solare. L'ultima notte di dicembre è d'uso recarsi al tempio (la tradizione riguarda sia la religione buddista che quella scintoista), dove, a turno, si batte una grossa barra metallica posta in una struttura all'interno del giardino sacro. La casa viene addobbata con festoni e decorazioni di bambù e rami di pino che servono a tenere lontani gli spiriti maligni; esse vengono disposte davanti alla porta d'ingresso, sui due lati.

    Al mattino del primo dell'anno si indossa il kimono più bello per recarsi di nuovo al tempio, dove si lanciano dei soldi in un' arca di legno e si prega dio perché conceda un nuovo anno ricco di felicità. In casa, più tardi, ci si riunisce per partecipare al pranzo "più rumoroso": la pietanza servita in quella ricorrenza consiste infatti in tagliolini che vanno tradizionalmente trangugiati con grande rumore per dimostrare quanto siano apprezzati. Questo piatto, conosciuto come soba, è tipico del Capodanno, tanto che, secondo un detto popolare, mangiare la soba equivale ad entrare nel nuovo anno. Il dessert è una sorta di budino preparato con degli azuki (fagioli di soia) bolliti a lungo e zuccherati, nel quale si intingono i caratteristici mochi, palline di riso bianco presenti sempre sulla mensa festiva. Per il divertimento dei bambini, si modellano i mochi a forma di omini di neve, e li si dota di una testa fatta con un' arancia. Il periodo di vacanza termina il 7 gennaio (come in Europa). In quel giorno, ci si prepara a riprendere il ritmo di sempre con un pasto estremamente sobrio: il riso delle sette erbe. Si tratta di un riso bianco bollito con sette erbe selvatiche, tra cui primeggia il daikon. Questo piatto offre l'occasione per trascorrere una giornata in campagna, alla ricerca degli ingredienti per prepararlo, ma sono sempre più numerosi quanti preferiscono sostituire le erbette e le radici della tradizione con sette diverse verdure da acquistare più comodamente in città.
     
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    natale in spagna

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    Dice un proverbio spagnolo: "Presepe fai, pane mangerai". Infatti anche in Spagna il rito del presepe é sentito profondamente. A dare impulso alla tradizione del presepe in Spagna furono gli italiani, ma anche gli spagnoli divennero veri e propri artisti in questo campo. E' famoso il presepe " Salzillo" che si può ammirare nel museo di Murcia, ed é composto da ben 556 statuine.


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    Nei villaggi andalusi si fanno dei presepi viventi per aiutare le famiglie povere; chi si reca a visitare il presepe lascia qualcosa, pollame,coperte e varie altre cose per permettere alla povera famiglia di trascorrere un Natale tranquillo. Un'altra bella usanza spagnola é quella di accogliere alla propria casa, la notte di Natale, un neonato povero al quale la famiglia avrà comperato o fatto con le proprie mani un corredino nuovo. I canti spagnoli sono diversi da regione a regione, si chiamano villancicos ed il ritmo dominante é il flamenco. I bambini aspettano doni dai Re Magi. I bambini delle campagne lasciano dietro la porta di casa le pantofole riempite di biada per i cammelli dei Magi che lasceranno i doni. Un'altra tradizione spagnola é quella di vestire da vescovo un ragazzo al quale vengono affidati pieni poteri dal 6 al 28 dicembre. In questo periodo il piccolo vescovo avrà onori e acclamazioni. I dolci natalizi spagnoli tipici sono il marzapane, una specie di pasta mandorlata, ed il torrone.


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    Una volta, nei Pirenei le massaie preparavano dei panini speciali a forma di sassi, li coronavano di alloro e li facevano benedire il 25 dicembre in memoria della lapidazione di S. Stefano. In Portogallo tutti assistono alla Messa di Mezzanotte e, all'uscita, i datori di lavoro offrono ai loro dipendenti marroni arrostiti ed innaffiati di vino. I ragazzi preparano delle fiaccole di faggio, tasso e ginepro con le quali si recano alla Messa in processione e le spengono solo all'arrivo in chiesa. Nelle prime ore del giorno di Natale, le famiglie portoghesi consumano la consoada. Il ceppo arde nei camini ed anche nei cimiteri, perché le credenze dicono che le anime dei defunti girovagano la notte di Natale. La tavola infatti resta apparecchiata per i defunti.

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    I bambini ricevono i regali quando ormai le festività natalizie sono terminate ed esattamente il 6 gennaio, la festa che noi chiamiamo Epifania in cui si festeggiano los Rejes Magas, ovvero i Re Magi.
     
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    Natale In Svezia

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    Il 13 dicembre in Svezia, non é un giorno come tutti gli altri: é santa Lucia, grande festa in tutto il paese.

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    La storia di questa santa ravviva le lunghe serate invernali. Lucia fu una delle prime cristiane, in un periodo in cui i discepoli di Gesù erano ferocemente perseguitati ed erano costretti a nascondersi per pregare. Si ritrovarono perciò nelle catacombe e, di notte, Lucia portava loro di nascosto qualcosa da mangiare. Per vedere meglio la strada al buio e, allo stesso tempo avere le mani libere per trasportare cibi e bevande, Lucia si metteva in testa una corona di candele accese. Un giorno i soldati dell'imperatore di Roma la catturarono e la uccisero, ma le sue buone azioni non furono dimenticate; la Chiesa la proclamò Santa. Spesso i giovani svedesi cominciano a preparare la festa di Santa Lucia il 12 dicembre, cucinando panini e biscotti di zenzero.

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    Il giorno dopo si alzano molto presto; le sorelle più piccole si vestono da Santa Lucia, con un lungo vestito bianco e una cintura rossa, mentre i fratelli in camicia bianca, raffigurano le stelle. Le bambine si mettono in testa una corona di foglie verdi con tante candeline accese per vederci bene al buio, proprio come faceva la coraggiosa Santa. Poi, così vestite, portano su un vassoio, caffé caldo e panini al resto della famiglia ancora a letto. Spesso i bambini mettono un piccolo caprone fatto di paglia vicino al loro albero di Natale per proteggerlo contro i diavoli che potrebbero gironzolare nei dintorni e rovinare la festa. Gli svedesi appendono al loro abete una gran quantità di oggetti di paglia.

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    Spesso i bambini se li costruiscono da soli: fanno stelle, cestelli a forma di cuore e il famoso " Julbock" il caprone di Natale, sempre legato con fili rossi. La vigilia di Natale i contadini ripongono i loro attrezzi ed ogni componente della famiglia ha una piramide di pane, biscotti, e frutta e si intinge il pane d'orzo nel liquido bollente di cottura del prosciutto natalizio. Quasi dappertutto in Scandinavia si apparecchia la tavola con un posto in più per il primo che capiti davanti alla porta che, per l'occasione, resta aperta. Il banchetto della vigilia é composto da piatti di pesce secco, prosciutto, riso al latte, vino caldo o birra zuccherata. Per ricordare che i primi ad accogliere il messaggio degli angeli furono i pastori, gruppi di ragazzi usano vestirsi da pastori e vanno di casa in casa augurando God Jul!
     
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    Natale In Russia

    Ora vi racconto un'antica leggenda russa che spiega perché i bambini, il giorno di Natale, una volta trovassero nella calza un pezzo di pane nero e ancor oggi nelle lunghe sere invernali, i papà della Russia raccontano ai loro bambini questa storia.

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    Tanto tempo fa, viveva una vecchia signora, Babuchka, che accoglieva sempre i viaggiatori che passavano davanti a casa sua. Una fredda mattina invernale, bussarono alla sua porta tre signori riccamente vestiti che la pregarono di ospitarli. Babuchka offrì loro un po' di pane nero e una tazza di té e li fece persino dormire nel suo letto. Il giorno dopo, quando si svegliarono, la donna chiese loro come mai fossero in viaggio, e gli stranieri le risposero: " Siamo tre re e veniamo da Oriente; stiamo seguendo una stella che ci guida verso Gesù Bambino". " Come mi piacerebbe venire con voi!" esclamò la vecchia.
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    Babuchka si mise in cammino un po' più tardi degli altri viaggiatori e come dono a Gesù portava un pezzo di pane nero, sua unica ricchezza. Andava a cercare il Bambin Gesù senza nemmeno sapere in quale direzione andare. Si dice che questa vecchietta sia ancora in viaggio, nonostante siano passati tanti anni a cercare notte e giorno in ogni angolo della terra Gesù Bambino. In Russia i doni li porta comunque Babbo Natale che qui viene chiamato Nonno Gelo. Si racconta infatti che sia esistito da sempre e che sia il padrone del gelo, della neve, della grandine, della pioggia e di qualunque maltempo porti con sé l'inverno. Nella Russia sovietica il giorno di Natale é un giorno come gli altri. Ma per coloro che hanno fede é un giorno profondamente diverso. Accanto al presepe ( verteb), simile allo szopka polacco,la famiglia canta e prega. In alcuni villaggi si usa decorare all'aperto l'abete più grande. Anche gli animali domestici hanno il loro dono; un pane d'avena per i cavalli, un cosciotto d'agnello per il cane, un piatto di pescetti per il gatto. In Russia un tempo le ragazze a Natale, salivano le scale piolo per piolo dicendo: si o no, per scoprire se fosse imminente un fidanzamento.

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    Per S. Stefano vigeva l'usanza del fidanzamento davanti a tutti gli abitanti del villaggio con lancio di fiori e frutta. Oggi molte di queste tradizioni sono scomparse e fra queste ce n'era una molto graziosa che consisteva nel nascondere nell' abete una gabbietta con due colombe che venivano liberate la notte di Natale in segno di buon augurio. Ci sono anche pranzi speciali anche se non vi sono piatti caratteristici legati al Natale. Alcune tradizioni resistono in Ucraina, dove era abituale rispettare il digiuno per 39 giorni precedenti al Natale. Alla comparsa della prima stella, la famiglia si sedeva a cena dove consumava dodici portate, in onore dei dodici apostoli. Speciale leccornia della vigilia di Natale erano i semi di grano integrale, tenuti per ore a macerare e aromatizzati con semi di papavero schiacciati e mescolati nel miele.
     
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    Natale In Polonia

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    In Polonia le feste natalizie iniziano con l'apparizione della prima stella, la sera della vigilia. I bambini spiano ansiosamente il cielo e, appena appare il primo brillio tutti si mettono a tavola. Prima di cominciare a mangiare si fa circolare una sottile fetta di pane azzimo, chiamato "opplatek", raffigurante le immagini di Maria,Giuseppe e di Gesù Bambino.

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    Ognuno prende un pezzetto di opplatek. Un tempo in campagna, c'era l'abitudine di darne un po' anche agli animali della fattoria; oggi invece se ne dà solo agli animali domestici che vivono in casa. La tavola é sempre festosamente apparecchiata; sotto la tovaglia, però, c'é sempre un sottile strato di paglia, per ricordare a tutti, che Gesù é nato in una stalla e si usa fra i bambini tirare le pagliuzze e, quella presa che sarà la più lunga indicherà longevità. Un tempo le ragazze usavano mettere il pettine sotto al cuscino la notte di Natale e, colui che in sogno le avrebbe pettinate, sarebbe diventato il futuro sposo.

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    A tavola poi, restano sempre posti liberi, pronti per accogliere Maria e Gesù Bambino se per caso arrivassero all'ultimo momento. La rappresentazione della natività é allestita su due piani, una specie di scenario portatile chiamato " szopka". Nel primo é rappresentata la Natività, in quello inferiore le scene degli eroi nazionali. Sono celebri i presepi di Cracovia, esposti anche a Roma; sono altissimi, ornatissimi e simili a cattedrali. La cosa più bella del Natale polacco sono i canti; soprattutto i Kolenda, la maggior parte dei quali risalgono al periodo barocco. Il giorno di S. Stefano, protettore della Polonia, i contadini portano in chiesa l'avena per la benedizione e per lanciarla contro il parroco come si faceva in tempi lontani. Anche in Cecoslovacchia i bambini scrutano l'apparizione della prima stella, ma la sera del 6 dicembre; aspettano infatti l'arrivo di San Nicola che scende dal cielo insieme ad un angelo carico di regali e ad un diavolo munito di bastone...

    Europa Orientale

    Elemento comune a tutti i Paesi dell'Europa orientale sono le calende, rito di allontanamento dell'inverno e delle ambigue presenze degli spiriti. In Romania, nazione sulla strutturazione del cui folklore hanno inciso da una parte la civiltà romana, dall' altra, in tempi successivi, la complessa cultura slava, i questuanti girano per le strade cantando la calinda, composizione lirica comprendente, oltre agli auguri, aneddoti e riferimenti epici ricavati dalla letteratura popolare religiosa apocrifa. Protagonisti delle calinde sono i ragazzi, che nel periodo tra Natale e l'Epifania letteralmente invadono le strade, bussando ad ogni porta lungo il cammino e propinando a quanti capitano sotto mano ogni sorta di scherzi. Un tempo associato alla questua, si svolgeva anche un caratteristico ballo. Altrove, le processioni di questuanti portano delle alte lanterne di legno e carta colorata.

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    Oltre alle calende sono tante le espressioni della preoccupazione popolare di purificare annualmente la comunità, affinché il ciclo della vita riprenda. Una curiosa usanza è quella diffusa in Ungheria che riguarda la cosiddetta sedia di Lucrezia. Si tratta appunto di un sedile, che viene costruito nei mesi precedenti con grande attenzione e dovizia di particolari (per la sua fabbricazione sono necessarie tredici qualità di legno ed a volte riporta anche qualche decoro ed iscrizione). Esso viene arso, nei giorni che seguono il Natale, per preservare da pericoli e malanni. Sempre legato al fuoco, è un altro rito natalizio ungherese: il rogo di Cibele, grande falò alimentato, una volta acceso, dal lancio di ruote di un carro sopra di cui sono poste delle candele accese ad onorare la dea pagana della fertilità. Dalle intenzioni chiaramente propiziatorie è invece la festa rumena dell' aratro, durante la quale si assiste allo svolgimento di una ricca coreografia che simula scene di vita agreste, con un accompagnamento musicale affidato a strumenti tradizionali. Molte sono anche le pratiche di divinazione. Ad esempio, nella civiltà contadina si affidavano le sorti del nuovo anno mettendo vicino al camino dodici chicchi di grano (rappresentanti i dodici mesi). All' occhio attento degli anziani non sfuggivano suggerimenti ed indizi sull' andamento della vita agricola. Osservando gli scoppiettii dei semi, la direzione che prendevano saltando e il colore che assumevano bruciando, si era in grado di trarre auspici. Una credenza, popolare in Bulgaria, vuole che per i tre giorni che precedono il Natale ci si astenga dal far bucato; occorre infatti fare attenzione a non inquinare le acque dei fiumi in cui Maria lava il corredo del suo Bambino.

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    A Capodanno, in ambienti tradizionali, la più giovane delle fanciulle deve setacciare per tre volte la farina che viene poi impastata dalla madre o dalla nonna con acqua silenziosa (perché attinta alla fonte senza proferir parola ed è proibito berne anche un solo goccio) e fiorita (perché aggiunta di intrugli di erbe magiche, raccolte durante il plenilunio). Con quella stessa acqua e quella stessa farina, ormai caricate di poteri magici, si prepara inoltre del lievito da conservare tutto l'anno, come avviene pure per l'acqua raccolta nel giorno precedente l'Epifania, considerata un potente mezzo difensivo. Il nucleo delle attuali tradizioni cristiane risiede spesso in antiche cerimonie offertorie: un esempio è l'offerta per gli orsi e per i lupi, presente da sempre nelle campagne bulgare, che ora, cristianizzata, cade il primo gennaio e viene così a coincidere con l'inizio dell' anno civile. Diverso rispetto agli altri costumi natalizi è il presepe, conosciuto in molte regioni orientali, ma che ha una sua specifica storia nella cattolicissima Polonia. Era il XVIII secolo quando, a Cracovia, cominciò a diffondersi presso i muratori e gli artigiani della città l'abitudine di costruire, per arrotondare le entrate nel tempo rimasto libero dal lavoro, piccole capanne con la Sacra Famiglia da mettere sotto l'albero. Col tempo, crebbe intorno a loro l'interesse e si specializzarono fino a creare miniature via via sempre più elaborate. I materiali utilizzati erano - e sono tutt' oggi - molto poveri, ma l'abilità dei presepisti li trasforma in vere opere d'arte. Listelli di legno, cartone, cartapesta, stagnola, e soprattutto gli incarti colorati di cioccolatini e caramelle: questi gli elementi a disposizione per creare ricche ed ornate dimore, e mille soggetti. Fino al primo conflitto mondiale, nella piazza centrale di Cracovia, gruppi di artisti esponevano le proprie opere e le conducevano in giro per la città, bussando agli usci delle case, cantando ed improvvisando degli spettacoli con i vari personaggi manovrati come burattini, all'interno della struttura presepistica pensata come una sorta di teatrino.
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    La brigata era accompagnata dalla musica e non mancavano mai un contrabbasso, un violino ed una fisarmonica a ravvivare l'esibizione. Questa consuetudine, bruscamente interrotta con la Grande Guerra, ha conosciuto poi un nuovo impulso ed un insospettato successo con un concorso che dal 1937 vede impegnati i presepisti (szopkarze) nell'intento di dosare in giusta misura creatività innovativa e rispetto per una tradizione ormai talmente radicata da aver formulato precisi modelli estetici. Il concorso, in questo caso assolutamente laicizzato, porta in sé gli indizi delle gare rituali che spesso vedono la comunità dividersi e lottare assai duramente in occasione delle feste periodiche. Il momento più importante e più atteso delle feste dicembrine è la sera della Vigilia del 25, chiamata familiarmente "la stella": i bambini spiano dalle finestre il sorgere della prima stella del!a notte, e corrono a tavola. In Polonia la cena, rigorosamente "di magro", ha inizio con un rito diffuso anche nelle famiglie meno osservanti: prima di sedersi, in piedi intorno alla tavola imbandita a festa, si spezza e ci si scambia tra i commensali l'0platek, un' ostia rettangolare benedetta, che reca stampate immagini sacre. La tavola è coperta da una tovaglia bianca sotto la quale viene sparsa della paglia in ricordo del Bambin Gesù ed è decorata con frutta, rami di abete e candele augurali. Sotto la tavola natalizia ungherese, una cesta contiene dei semi nascosti nel fieno che attendono la benedizione del Bambino. Di quelle sementi, una manciata se ne brucia; ciò che rimane si sparge invece sui campi ad auspicare un buon raccolto. La cena è ovunque molto abbondante: la carpa, pesce tipico del Natale dell' area orientale, viene servita come antipasto, in gelatina, decorata con verdure e uova sode, oppure durante e a fine pasto, farcita o fritta in pastella. Altra pietanza tradizionale e comune a tutti questi Paesi sono le aringhe affumicate o in salamoia, conservate in piccole botti in legno, poi tenute in ammollo e servite con tanta cipolla tagliata sottilmente, pezzetti di mela e panna acida.

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    Tra i primi piatti, se il menu ungherese propone una zuppa con verdure e spezzatino di montone, crauti ed un formaggio fresco, equivalente della ricotta, condito con capperi, cipolle ed abbondante paprika, in Polonia si consuma il barszcz, dal caratteristico colore rossastro, brodo caldo preparato in vigilia con sole verdure, ma che generalmente prevede anche carne di manzo e di maiale. Tra i dolci, spiritosa è la torta bulgara dentro la quale è nascosto un bigliettino scherzoso. Molto famosa, invece, la specialità ungherese dobos, laboriosissima, come pure il rétés, la pasta per fare lo strudel (di cui, oltretutto, gli Ungheresi rivendicano la paternità) qui acconciata a mo' di tortelli e farcita con marmellate e frutta. Sembra che, per capire la qualità del rétés, la cui lavorazione richiede tempi lunghi e tanta pazienza, si debbono poter leggere, attraverso la pasta, le parole ingiallite di una vecchia lettera d'amore. I ditini al papavero si ritrovano in molte regioni danubiane, seppure in diverse varianti e con denominazioni differenti. L'impiego della pasta accompagnata da un condimento dolce ricorre in più luoghi, a Natale come ai Santi, sempre, però in giorni di vigilia.


    Natale In Nord America


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    L'antico bisogno di propiziarsi un anno fertile ostentando abbondanza nei giorni di festa, manifestato nelle culture tradizionali da pani e dolci arricchiti con spezie e frutta secca, si ritrova oggi nello shopping sfrenato che caratterizza ormai tutta la cultura occidentale e che raggiunge punte massime negli Stati Uniti d'America. Qui il Natale assume tratti particolari, costituendo uno dei momenti privilegiati in cui vengono alla luce le diverse radici culturali; il modo di festeggiarlo varia infatti in funzione delle origini familiari. Ad esempio, gli italoamericani (numerosi anche in Canada) osservano la Vigilia di magro ed attendono la mezzanotte per consumare un sontuoso pranzo a base di pesce, mentre i cino-americani non rinunciano alle loro tradizioni, per quanto trasformate e riproposte come nuove: per il Capodanno, rinnovano il tipico scambio di visite e di doni alimentari offrendo agli amici dei cookies a forma di Buddha o di pesce, simbolo di vita e fecondità.


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    I neri d'America salutano il nuovo anno con il kwanjaa, una grande festa con cui rivendicano la doppia appartenenza culturale, mescolando musiche africane a costumi alimentari acquisiti nel Nuovo Mondo. Malgrado la varietà di abitudini culturali, si sono imposte con gli anni consuetudini che accomunano un po' tutti, come l'attesa dei regali portati dal moderno Santa Klaus, l'albero addobbato o i Christmas-crackers. Sono questi pacchettini di carta gonfiata a forma di grosse caramelle, contenenti cappellini di carta colorata o piccoli regali; si mettono sia sull' albero che in tavola, come segnaposto, e si aprono immediatamente prima del pranzo. La festa ha un suo momento importante in cucina, dove è il tacchino ripieno di castagne a rappresentare la tradizione americana, adottato da tutti gli immigrati e presente anche accanto alle preparazioni esotiche. Il pranw si conclude con il Christmas pudding e la Christmas cake, entrambi da preparare con largo anticipo (circa un mese) perché insaporiscano a dovere. La Christmas cake si offre agli amici che fanno visita durante le feste ed è anche la tipica torta nuziale inglese, generalmente inviata a coloro che non hanno potuto intervenire alla festa di matrimonio. La medesima torta viene distribuita nelle parrocchie di varie regioni canadesi dopo la messa pomeridiana (dedicata ai bambini) della vigilia di Natale.

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    Qualche ora più tardi, dopo la funzione notturna, in chiesa si festeggia la nascita di Cristo brindando e sgranocchiando biscottini e formaggio. Accanto alla calza appesa per i doni, i bimbi apparecchiano un frugale pasto per Babbo Natale e le sue renne: un bicchiere di cognac, una carota e un mince-pie caldo. Questi pasticcini, che originariamente avevano la forma di una mangiatoia, furono a suo tempo banditi dai Riformatori puritani inglesi per il costume, in uso fino al Cinquecento, di disporvi al centro una statuina rappresentante Bambin Gesù. Secondo gli ideali della Riforma, era compito del buon cristiano combattere i residui di paganesimo ancora presenti nella religiosità popolare. Cibarsi di pani o dolci dalle forme umane è un elemento ricorrente in varie culture tradizionali, specie nei periodi solstiziali, e le varie chiese hanno spesso osteggiato simili pratiche. I mince-pies, rinnovati nella forma, si offrono oggi nei giorni di Natale al postino ed ai numerosi studenti che in quel periodo lavorano alla consegna delle cartoline di auguri che inondano le poste locali. In tutto il mondo anglosassone, infatti, in prossimità delle feste si appronta una lunga lista degli amici a cui spedire la tradizionale Christmas card; i bambini spesso le preparano da sé, ma interi reparti dei centri commerciali - importanti luoghi di aggregazione in USA come in Canada - sono dedicati a questo rituale.

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