IL NATALE....esplode la magia

festa, tradizioni e usanze...decoupage

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  1. ringo47
     
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    LA LEGGENDA DEL VISCHIO


    di I. Drago




    Il vecchio mercante si girava e rigirava, senza poter prendere sonno.
    Gli affari, quel giorno, erano andati benissimo: comprando a dieci, vendendo a venti, moneta su moneta, aveva fatto un bel mucchietto di denari.
    Si levò. Li volle contare. Erano monete passate chissà in quante mani, guadagnate chissà con quanta fatica. Ma quelle mani e quella fatica a lui non dicevano niente.
    Il mercante non poteva dormire. Uscì di casa e vide gente che andava da tutte le parti verso lo stesso luogo. Preva che tutti si fossero passati la parola per partecipare a una festa.
    Qualche mano si tese verso di lui. Qualche voce si levò: - Fratello, - gli gridarono - non vieni?
    Fratello, a lui fratello? Ma che erano questi matti? Lui non aveva fratelli. Era un mercante; e per lui non c'erano che clienti: chi comprava e chi vendeva.
    Ma dove andavano?
    Si mosse un po' curioso. Si unì a un gruppo di vecchi e di fanciulli.
    Fratello! Oh, certo, sarebbe stato anche bello avere tanti fratelli! Ma lui cuore gli sussurrava che non poteva essere loro fratello. Quante volte li aveva ingannati? Comprava a dieci e rivendeva a venti. E rubava sul peso. E piangeva miseria per vender più caro. E speculava sul bisogno dei poveri. E mai la sua mano si apriva per donare.
    No, lui non poteva essere fratello a quella povera gente che aveva sempre sfruttata, ingannata, tradita.
    Eppure tutti gli camminavano a fianco. Ed era giunto, con loro, davanti alla Grotta di Betlemme. Ora li vedeva entrare e nessuno era a mani vuote; anche i poveri avevano qualcosa. E lui non aveva niente, lui che era ricco.
    Entrò nella grotta insieme con gli altri; s'inginocchio insieme agli altri.
    - Signore, - esclamò - ho trattato male i miei fratelli. Perdonami.
    E proruppe in pianto.
    Appoggiato a un albero, davanti alla grotta, il mercante continuò a piangere, e il suo cuore cambiò.
    Alla prima luce dell'alba quelle lacrime splendettero come perle, in mezzo a due foglioline.
    Era nato il vischio.




    NATALE AL FRONTE




    Era il 1917, uno dei terribili anni della prima guerra mondiale. Sulle trincee spirava un vento gelido e c'era tanta neve. I soldati si muovevano cauti, la notte era senza luna, ma serena e tutti avevano paura di incontrare delle pattuglie nemiche, perché il nemico era lì davanti a loro.
    Ad un tratto un caporale disse sotto voce: «È nato!».
    «Eh?» fece un altro senza afferrare l'allusione. «Deve essere la mezzanotte passata perbacco. La notte di Natale! Al mio paese mia moglie e mia madre saranno già in chiesa».
    Un altro compagno osservò: «Guardate là, c'è una grotta. Andiamo dentro un momento, saremo riparati dal vento».
    Entrarono nella grotta e il più giovane del gruppo si tolse l'elmetto, si sfilò il passamontagna e si inginocchiò in un cantuccio. Il caporale rimase all'entrata e voltò le spalle all'interno con fare superiore: ma era perché aveva gli occhi pieni di lacrime.
    Il più vecchio del gruppo si tolse i guantoni, raccolse un po' di terra umida e manipolandola qualche minuto le diede la forma approssimativa di un bambinello da presepio. Poi stese il fazzoletto nell'elmetto del compagno e vi depose il Gesù bambino. Si scorgeva appena nella fioca luce delle stelle riflessa dalla neve.

    Il caporale trascurando ogni prudenza tolse di tasca un mozzicone di candela, l'accese e la pose vicino all'insolita culla. Poi sottovoce uno cominciò a recitare: "Padre nostro che sei nei cieli...". Tutti continuarono e avevano il cuore grosso da far male.
    Il raccoglimento durò ancora dopo la preghiera. Nessuno voleva spezzare l'atmosfera che si era creata.
    Improvvisamente alle loro spalle una voce disse.«Fröhliche Weihnachten» (Buon Natale).
    Una pattuglia austriaca li aveva colti alla sprovvista. Con le armi puntate stavano all'imboccatura della grotta. Mentre i soldati scattavano in piedi la voce ripeté con dolcezza: «Buon Natale ».
    I nemici abbassarono le armi e guardarono la povera culla. Erano tre giovani e avevano bisogno anche loro di un po' di presepio, anche se povero. Si guardarono confusi, poi si segnarono e cominciarono a cantare «Stille Nacht», la bella melodia natalizia che tutti conoscevano.
    Tutti si unirono al coro anche se si cantava in lingue diverse. Poi quando si spense l'ultima nota del canto il caporale si avvicinò a uno dei giovani nemici e gli tese la mano che l'altro strinse con calore. Tutti fecero altrettanto, augurandosi il Buon Natale. Poi uno degli austriaci trasse da dentro il pastrano una piccola scarpina da neonato. Doveva essere quella del suo bambino e se la teneva sul cuore, e dopo averla baciata la depose accanto al Bambino Gesù rimanendo per alcuni attimi in preghiera.
    Poi si voltò di scatto e seguito dai compagni si allontanò voltando le spalle, senza timore, e scomparve nella notte di quel gelido Natale di guerra.




    L'amore vince l'odio

    «Pace in terra agli uomini di buona volontà» cantavano gli angeli attorno alla grotta di Betlemme. Anche quest'anno però in molte parti della Terra non c'è pace vera. Le armi continuano a coprire con il loro micidiale canto di morte ogni parola di pace.

    La pace vera non è però frutto dell'attività dei politici: nasce nei nostri cuori e si diffonde attorno a noi. Se vogliamo che il mondo sia nella pace dobbiamo essere noi gli operatori di pace e saremo beati e chiamati figli di Dio.





    PREGHIERA

    In principio
    con Te c'era la tenerezza.
    Con lei Tu hai fatto
    la volta del cielo:
    hai fissato in alto
    Sirio e Alfa del Centauro
    e il cammino delle stelle.
    Con essa Tu hai
    fondato i continenti:
    hai dato vita agli uccelli
    tra le fronde,
    all'odore della terra
    dopo la pioggia,
    al percorso dei delfini
    tra le onde dell'oceano.
    Con essa Tu hai creato
    l'uomo e la donna:
    la bellezza dei loro corpi
    e l'amore che li culla
    come un fiume di fuoco.



    LA STELLA


    di Edmond Rostand (1868-1918)






    Perdettero la stella un giorno.
    Come si fa a perdere la stella?
    Per averla troppo a lungo fissata...
    I due re bianchi, ch’erano due sapienti di Caldea,
    tracciarono al suolo dei cerchi, col bastone.

    Si misero a calcolare, si grattarono il mento...
    Ma la stella era svanita come svanisce un’idea,
    e quegli uomini, la cui anima
    aveva sete di essere guidata,
    piansero innalzando le tende di cotone.

    Ma il povero re nero, disprezzato dagli altri, si disse:
    "Pensiamo alla sete che non è la nostra.
    Bisogna dar da bere, lo stesso, agli animali".

    E mentre sosteneva il suo secchio per l’ansa,
    nello specchio di cielo
    in cui bevevano i cammelli
    egli vide la stella d’oro che danzava in silenzio.

     
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179 replies since 28/11/2010, 13:55   45365 views
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