MASTRO DON GESUALDO, ..

aiutino

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar

    Millennium Member

    Group
    Administrator
    Posts
    112,793
    Location
    Milano

    Status
    Offline
    Mastro Don Gesualdo, ..


    TRAMA

    Mastro-don Gesualdo è uno dei capolavori di Giovanni Verga e appartiene al ciclo, incompiuto, dei Vinti. Il romanzo è infatti incentrato sulla figura di Gesualdo Motta, un uomo che nel corso della sua vita sacrifica ogni affetto per ragioni strettamente economiche e alla fine si ritroverà schiacciato e sconfitto dall'aridità di cui si è circondato.

    Il tema del romanzo risulta evidente sin dal titolo: Il personaggio principale, Gesualdo Motta è soprannominato dai suoi compaesani "mastro-don". Si tratta di un nomignolo dispregiativo che sottolinea la natura di parvenu di Gesualdo, una via di mezzo fra " mastro" appellativo riservato a chi dirige un gruppo di muratori e "don" epiteto riservato ai signori e proprietari terrieri. Il protagonista, infatti, da muratore diventa imprenditore, proprietario terriero, marito di una nobildonna, e da qui il suo conseguente isolamento poiché viene detestato da tutti coloro che non hanno ottenuto lo stesso successo in termini di ascesa sociale e disprezzato dal ceto notabile che lo considera un bifolco arricchito. Il romanzo è costituito da ventuno capitoli suddivisi a loro volta in quattro parti corrispondenti alle quattro più importanti fasi della vita del protagonista: il matrimonio con Bianca Trao, il successo economico, l'inizio del declino di Gesualdo, la sua morte. Si tratta quindi di un romanzo che ricorre ad una tecnica per scorci: i fatti più importanti vengono isolati grazie ad ampi salti temporali.

    La vicenda ha inizio con l'incendio nel palazzo dei Trao, annunciato dal suono delle campane. I paesani accorrono in aiuto e fra loro fa la sua comparsa Gesualdo, che fin dalle prime battute mostra il suo attaccamento alla roba: « Brucia il palazzo, capite? Se ne va in fiamme tutto il quartiere! Ci ho accanto la mia casa, perdio!». Durante la scena dell'incendio viene trovato Ninì Rubiera nella stanza di Bianca Trao, sorella di don Diego e di don Ferdinando. Per riscattare l'onore della sorella don Diego chiederà alla baronessa Rubiera di acconsentire alle nozze fra Bianca e Ninì, ma la baronessa, anche lei piegata dalla logica dell'accumulo materiale, non acconsente perché Bianca, pur essendo nobile di nascita, è povera. A sposare Bianca sarà invece Gesualdo, che su consiglio del canonico Lupi e amareggiato dagli egoismi della sua famiglia che lo sfrutta e nello stesso tempo gli rimprovera la conquista della ricchezza, decide di sposarla per aggiungere alla sua ascesa economica anche un'ascesa di classe sociale. Per far ciò rinuncerà a Diodata, una trovatella da cui Gesualdo ha avuto dei figli che non ha riconosciuto nè sostenuto economicamente. Bianca,contro il volere dei fratelli, acconsente alle nozze per riparare la relazione colpevole con il cugino baronetto. Il matrimonio con Bianca si rivela per il protagonista un "affare sbagliato": la donna lo respinge, il suo fisico debole riesce a dargli solo una figlia e non gli procura neanche i rapporti amichevoli con la nobiltà del paese.

    Dal matrimonio fra i due nasce Isabella, che educata in collegio fra compagne di estrazione sociale alta, si vergogna a tal punto delle umili condizioni del padre da farsi chiamare con il cognome della madre. Divenuta grandicella ritorna al paese natale a causa della diffusione del colera e lì si innamora di Corrado la Gurna. Gesualdo, data la condizione poco agiata del ragazzo, si oppone al loro rapporto, e così la figlia decide di scappare con Corrado. Gesualdo, dopo aver fatto esiliare il ragazzo, riesce a organizzare un matrimonio di riparazione fra la figlia e il duca de Leyra, un nobile palermitano decaduto che vivrà alle spalle del suocero sperperando tutte le sue sostanze.

    Da qui ha inizio il declino di Gesualdo, che nella quarta Parte del romanzo, poco dopo la morte della moglie, si ammala ed è costretto a trasferirsi nel palazzo della figlia, dove assisterà impotente alla dilapidazione delle sue sostanze, dove sarà toccato dai rimorsi e si renderà conto dell'incomunicabilità esistente fra lui e la figlia. Consumato dal cancro, Gesualdo muore solo, tra l'indifferenza dei servitori, in una stanza appartata del palazzo dei Leyra, lontano dalla sua casa e dalla sua terra.

    da wikipedia



    Relazione del libro “Mastro Don Gesualdo”



    • Tecniche narrative:
    Nel romanzo emerge un completo distacco del narratore, secondo il “canone dell’impersonalità”, quindi l’opera “si deve fare da se”, e pertanto il Verga non interviene mai nella vicenda, come un chimico che descrive il risultato di un esperimento al microscopio. Il punto di vista è quindi esterno, compaiono molti discorsi diretti che mandano avanti la storia. Il ritmo narrativo è piuttosto vario: alcune vicende sono raccontate in modo scorrevole, veloce, incalzante, come per esempio l’asta per l’affidamento delle terre del Comune; altre, invece, risultano più “lente” per immedesimare il lettore negli “affanni” dei personaggi. Il romanzo appartiene alla corrente veristica e alcune volte ne trae spunti particolarmente intensi come nella lettera amorosa che il baronello Rubiera scrive ad una donna di teatro: <<se agglomerate cerimonie tema non forman delle mei verghe…… L’ore 7 del 17>>.
    L’Autore fa anche uso della “bestemmia”: <<…santo e santissimo…>> è l’epilogo d’ogni sfuriata dell’iracondo Mastro Don Gesualdo.
    Nella narrazione vi sono espressioni come <<lotto delle terre comunali>> e <<salamelecchi>> che evidenziano che l’azione si svolge in un borgo campagnolo e non in un povero paese di pescatori che quindi risente l’influsso delle città vicine. Il linguaggio è da commedia; quello della tragedia è riservato alle pagine delle pene e della morte di Mastro Don Gesualdo. Le pagine meno incisive sono quelle sui moti del 20 e della Carboneria: la storia si riduce a qualche data e a qualche frase di colore.

    • Elementi spaziali e temporali:
    Alcuni sono i riferimenti temporali che ci permettono di inserire quest’opera in un preciso contesto storico: l’accenno a Mastro Don Gesualdo che diventa Carbonaro, nel secondo capitolo compare la descrizione di una sommossa contadinesca a Vizzinni, riflesso della rivolta di Palermo, e, ancora, il colera che uccide Santo Motta. Tutta l’azione si può collocare quindi intorno al 1820 fino intorno 1848 poiché nella quarta parte vi è la descrizione delle agitazioni pseudo-liberali.
    L’azione si svolge a San Giovanni <<suonava la messa dell’alba a San Giovanni>> e nei paesi e nelle campagne limitrofe, fino ad un’estensione massima a Palermo dove vivrà Isabella e morirà Mastro Don Gesualdo.

    • Descrizione dei personaggi:

    Mastro Don Gesualdo:
    La prima descrizione di Mastro Don Gesualdo ce lo propone in versione domenicale, in abito da festa, in casa Sganci quando è invitato a vedere dal balcone la processione del Santo Patrono: <<raso di fresco, vestito di panno fine, con un cappello nuovo fiammante tra le mani mangiate dalla calce>>; è il ritratto di un instancabile lavoratore che viene mostrato quando inciampa nei tappeti, balbetta, entrando in quel mondo falsamente gentile della nobiltà di provincia. Si mescola ad una vita che non è la sua e “piantato li” nel balconcino dei parenti poveri della padrona, alza il capo a guardare i fuochi d’artificio, con l’interesse eccessivo di chi vuole darsi qualcosa da fare. Ma quando il discorso viene portato sul: <<il nascer grandi è un caso e non virtù! … venire su dal nulla qui sta il vero merito>> allora Mastro Don Gesualdo mostra tutto il proprio valore rispondendo con semplicità e orgoglio che spesso lavorava anche tutta la notte. Merito del Don Gesualdo è quello di lavorare con un sole che spacca le pietre, sotto un sole di mezzogiorno andare a piedi con la sua mula per chilometri e chilometri ed entrare nel fiume in piena a rischio della sua vita per salvare le strutture del ponte, nonostante ormai abbia più tarì in tasca che capelli in testa. E’ anche un uomo generoso che nel momento del colera ospita in ogni suo possedimento tutti coloro che glielo chiedono, fornisce Diodata di dote, istruisce sua figlia Isabella nonostante ciò costituisca un divario sempre più grande fra i due. E’ un uomo sensibile quando la prima notte di nozze il <<cuore gli si gonfia di tenerezza mentre aiuta Bianca a spettinarsi>>; gli si stringe il cuore quando la figlia si allontana dal suo bacio a causa della barba troppo ispida.

    Bianca Trao:

    Bianca Trao ci viene presentata nelle primissime pagine quando attraverso un uscio semiaperto appare discinta, pallida come una morta, con le mani convulse, fissando sul fratello occhi pazzi di angoscia che balbetta: <<ammazzatemi, don Diego! Non lasciate entrare nessuno qui>>. La ritroviamo sul balcone di casa Sganci vestita con un abitino di lanetta, <<con le spalle un po’ curve, con il busto magro e piatto con il viso smunto e dilavato>>; le stesse carni bianche, ma arrossate dall’imbarazzo per gli sguardi dei presenti, la rendono più graziosa <<nel vestito candido e spumeggiante delle nozze, con il profilo angoloso dei Trao, ingentilito dalla pettinatura allora di moda…>>. Nel corso della narrazione la rivedremo divenire faticosamente madre nella casa paterna; vivere con fatica lontano dalla figlia che studia nel collegio di Maria, primo educatorio di Palermo. La ritroveremo madre e moglie nella casa di Mangalavite durante il colera, e, infine, morente di tisi, accudita da Diodata, verso cui nutre una profonda gelosia che le rende più difficile una morte lontana dalla figlia.

    • Esempi di dialoghi validi:

    I dialoghi hanno un ruolo portante nella storia: ne danno il senso e la portano avanti.
    Una frase particolarmente sembra contraddistinguere la filosofia di vita di tutti i personaggi che gravitano intorno a questa storia, anche se a dirla, è Mastro Don Gesualdo: <<ciascuno al mondo cerca il suo interesse e va per la sua via.>> Viene pronunciata quando Isabella si tira indietro dal bacio del padre che la punge con la barba ispida; ma in realtà potrebbe essere stata pronunciata da qualunque personaggio della storia a partire da Bianca che si sposa per riparare, alla baronessa Rubiera quando le propongono le nozze fra Ninì e Bianca; potrebbe essere citata da Mastro Don Gesualdo in ogni altra occasione della sua vita dal momento dell’asta per le terre comunali al momento delle varie associazioni tra parenti per ottenere le terre. Indubbiamente è una frase che si addice al Duca di Leyra.
    <<fermate, fermate!>> <<a Diodata, sei venuta a darmi il buon viaggio?>> <<a povera Diodata, tu sola ti rammenti del tuo padrone… guarda che fai… sotto la pioggia… è il tuo vizio antico! Ti rammenti?>> E’ questo l’ultimo dialogo tra Mastro Don Gesualdo, che in carrozza viene trasferito a Palermo, e Diodata, uscita da casa, sotto una pioggia battente, a salutarlo. Nel dialogo fanno capolino alcuni elementi caratteristici di tutto il racconto: l’affetto profondo di Diodata, serva sempre fedele, anche nei momenti più difficili (durante la tisi di Bianca) e soprattutto un affetto disinteressato, il senso di felice sicurezza che emerge da quel <<ti rammenti>> pronunciato da Mastro Don Gesualdo. Nei momenti più difficili Mastro Don Gesualdo è sempre ricorso a Diodata: sia è rifugiato a casa sua durante la prima rivolta, ha cercato precedentemente conforto tra le sue braccia prima del matrimonio nella Canziria, la sua terra amata, tra i covoni di grano, che gli danno il senso della ricchezza. Questo dialogo preannuncia la morte di Mastro Don Gesualdo; questo tema, era molto caro al Verga, a tal punto da inserire nel suo romanzo addirittura quattro morti.

    • Divisione in macro-sequenze:

    1. Parte 1^ - Cap. 1
    2. Parte 1^ - Cap. 2
    3. Parte 1^ - Cap. 3
    4. Parte 1^ - Cap. 4
    5. Parte 1^ - Cap. 5-6-7
    6. Parte 2^ - Cap. 1
    7. Parte 2^ - Cap. 2-3
    8. Parte 2^ - Cap. 4-5
    9. Parte 3^ - Cap. 1-2
    10. Parte 3^ - Cap. 3
    11. Parte 3^ - Cap. 4
    12. Parte 4^ - Cap. 1-2
    13. Parte 4^ - Cap. 3-4-5

    • Esempio di discorso indiretto libero:
    Frase detta in occasione della proposta di matrimonio fra Bianca Trao e Mastro Don Gesualdo.


    SCHEDA DI LETTURA


    Titolo: Mastro don Gesualdo;
    Autore: Giovanni Verga;
    Editore: Alberto Peruzzo;
    Editio Princeps: 1889;
    Pagine: 214;
    Capitoli: 4 parti divide rispettivamente in 7, 5 4 e 5 capitoli;
    Lingua originale: Italiano;
    Genere letterario: Romanzo verista;

    RIASSUNTO

    Nella notte di San Giovanni brucia il palazzo della famiglia Trao, una delle più importanti e influenti del paese a causa della loro nobiltà e durante la notte viene scoperta donna Bianca insieme a don Ninì Rubiera. Il giorno dopo don Ferdinando si reca dalla baronessa Rubiera per raccontarle il fatto; ella però non vuole vedere il figlio sposato con una ragazza povera, così la convince a maritarsi con Gesualdo Motta soprattutto per interessi economici. Intanto Don Ninì rifuta di sposare Fifì e dopo il breve amore con Aglea si trova costretto a un matrimonio di convenienza con Donna Giuseppina Alosi. Isabella orami cresciuta se ne torna a Vizzini dopo aver studiato a Palermo; si innamora di Corrado Lagurna, con il quale si trova a suo agio, nipote della zia Cirmana. Poche settimane dopo muore il padre di Gesualdo insieme ad altri cari amici a cusa del colera, così Santo e Speranza pretendono la divisione delle terre perchè sono convinti che appartengano al padre; ciò segna l'inizio della "decadenza di Gesualdo". Ad aggravare la situazione subentra Isabella che ama corrado contro il volere del padre, così quando viene rimandata a Palermo, scappa per tornare dall'amato. Gesualdo la convince a sposare il duca di Leyra che non la amerà mai ma dissiperà tutta la dote della figlia in ricevimenti. Isabella si sente sola senza Corrado. Bianca muore di Tisi e Gesualdo rimane solo con Diodata dalla quale ha due figli che non riconoscerà mai. La rivoluzione giunge anche a vizzini, dove i contadini pretendono le loro terre e Gesualdoi si rifugia da Limoli dove si ammala. Tornato a casa non trova nemmeno Diodata che lo ha abbandonato; Gesualdo muore in solitudine nel suo palazzo a causa della malattia provocata dai dolori di famiglia, la figlia e gli eredi che vogliono dividersi la sua eredità e dal suo troppo attaccamento alla roba dalla quale si accorge di avere avuto soltanto dispiaceri...

    COSTRUZIONE DEI PERSONAGGI

    I protagonisti del Verga sono dei "vinti" dalla vita che non trovano soluzioni ai problemi e sono costretti a subire; vengono descritti e presentati così come sono attraverso al Verismo.

    CONTENUTO:
    Bianca Trao, una giovane discendente di una famiglia di nobili decaduti, si trova nella sua stanza con suo cugino, il baronetto Ninì Rubiera, mentre gli abitanti del paese stanno cercando di spegnere il fuoco nella sua casa.
    Dato che la madre di Ninì non vuole che i due si sposino Bianca viene promessa sposa a Mastro–don Gesualdo Motta, suo vicino di casa, e Ninì si fidanza con Donna Fifì.
    Don Diego, Il fratello di Bianca, inizialmente non acconsente al matrimonio, ma poi si sente male e così dice a Bianca di fare ciò che vuole, spinto soprattutto dalle parole della zia Sganci. Bianca e Mastro–don Gesualdo, quindi, si sposano.
    Mastro–don Gesualdo decide d'entrare nella Carboneria convinto dalle parole del canonico Lupi.
    Intanto don Diego è quasi in punto di morte; Bianca alla notizia va immediatamente da lui e, quando muore, perde i sensi.
    Ninì s'innamora di una prima donna di nome Aglae. Donna Fifì gli fa una scenata e così lui tronca il loro fidanzamento.
    Bianca, rimasta incinta di Ninì, partorisce una bambina che viene battezzata con il nome Isabella Trao e che assomiglia tutta a suo padre. Mastro–don Gesualdo all’età di cinque anni la manda al Collegio di Maria e poi, quando diviene più grande, al primo educatorio di Palermo.
    Intanto Ninì si sposa, per pura convenienza, con Donna Giuseppina Alòsi, facendo, così, infuriare l’amante di lei, Peperito.
    Nel 1837 c’è un’epidemia di colera e Mastro–don Gesualdo, dopo essere andato a prendere Isabella, parte con lei e Bianca per Mangalavite. Lì Isabella s'innamora di suo cugino Corrado, figlio di Cirmena.
    Il padre di Mastro–don Gesualdo si sente male e lui è costretto a partire per la Salonia dove resta per tutta la notte; quando si sveglia trova suo padre morto.
    Mastro–don Gesualdo, tornato a Mangalavite, manda via zia Sarina, Cirmena e Corrado non essendo felice dell’amore che unisce Isabella e Corrado. La famiglia Motta torna in paese e Isabella e Corrado continuano a vedersi. Ciò fa sì che Mastro–don Gesualdo decida di mandare sua figlia al Collegio di Maria. Corrado riesce, però, a mandarle dei messaggi e un giorno Isabella scappa con lui.
    Dopo poco i due vengono trovati; Corrado viene arrestato e Isabella rinchiusa al monastero di Santa Teresa e poi promessa sposa al quarantenne duca di Leyra, un aristocratico palermitano a cui interessava soltanto la dote.
    I due si sposano e si trasferiscono a Palermo. Dopo pochi mesi Isabella vuole suicidarsi perché il matrimonio è un fallimento.
    Bianca, che era malata da molto tempo, peggiora e muore. Anche Mastro–don Gesualdo, dopo la morte di sua moglie, si ammala. Il marito di Isabella decide, allora, di trasferire da loro a Palermo per farlo curare dai migliori medici, ma dopo un po' di tempo Mastro–don Gesualdo muore solo.

    Personaggi e loro tipologia:

    MASTRO DON GESUALDO: protagonista
    Uomo forte e robusto dall'aspetto forse calmo e pacifico ma che nasconde in realtà il prototipo di self-made-man testardo e sicuro. Si è costruito la fortuna con le sue mani, ha guadagnato (a volte in modo disonesto) ed ora si trova attaccato alla "roba" e ai suoi campi fino al punto di diventare cattivo nei confronti di chi ostacola la sua ascesa. Non si preoccupa troppo della moglie e della figlia perchè è troppo preso dai suoi affari; riesce a fare studiare la figlia nelle scuole perchè la gente parli bene di Isabella, educata e ricca. Il suo attaccamento alla roba sarà la sua rovina fisica e psicologica, la paura dello sperpero lo spaventa fino al punto di morire accorgendosi forse, che in realtà non era mai stato felice veramente.

    LA FAMIGLIA TRAO:
    Don Diego e Don Ferdinando sono i tipici nobili del paese attaccati a certi valori e a certe tradizioni ormai passate che vedono nella nobiltà e nelle proprie ricchezze le ragioni principali di vita, per questo si sentono persi quando brucia il loro palazzo con i loro averi. Evidenziando questo loro modo di pensare anche quando non si dimostrano d'accordo con Bianca quando decide di sposarsi e di andarsene da casa. Bianca invece è la classica vittima delle situazioni negative. Debole, infelice e ammalata per tutta la vita sposa un uomo che ama solo la sua posizione nobile, che non è nemmeno il padre di sua figlia. E' dolce, sensibile, tranquilla, buona, calma, sincera; la classica ragazza brava e religiosa che tutti odiano e amano allo stesso tempo e così rimarrà fino alla morte.

    DON NINI' E LA BARONESSA RUBIERA:
    Sono i classici parenti ricchi di Trao, che si prestano a concedere favori soltanto in situazioni veramente tragiche. La baronessa è una donna arrivista, ricca, ambiziosa e molto attaccata alla roba, quasi come Gesualdo. Rimane senza parola e paralizzata solo quando viene a sapere della relazione del figlio con l'attrice perchè si sente ferita nella sua nobiltà di famiglia.

    Don Ninì è il tipico scavezzacollo di paese a cui piace divertirsi senza pensare troppo ai problemi della vita anche se sembra cambiare quando si innamora di Bianca. Dopo l'amore improvviso per l'attrice (alla quale dà anche un figlio) si trova di fronte a molte difficoltà (la madre è paralizzata per causa sua) e quindi si trova di fronte a un matrimonio quasi obbligato che lo costringe a mettere la testa a posto, anche se forse in fondo in fondo rimane sempre lo stesso.

    FAMIGLIA MARGARONE:
    E' formata da mamma, papà Margarone, donna Giovannina, Donna Mita, Donna Bellania, Donna Fifi e dal piccolo nicolino. Una famiglia che riveste un gradino importante all'interno dei pettegolezzi di Vizzini, soprattutto per quanto riguarda donna Fifì e mamma Margarone. Sono due donne vanitose, orgogliose, permalose e si considerano superiori alle altre per ricchezza e aspetto fisico di cui amano andare molto fiere. Purtroppo sono cotrette a diventare meno superbe quando Fifì viene lasciata da Don Ninì e di fronte alla bontà e alla generosità della semplice e povera Bianca che si contende con Fifì e il Baronello.

    L'ARCIPRETE BUGNO, IL MARCHESE LIMOLI, CANALI, CAV. PEPERITO, NOTAIO NERI:
    Sono personaggi importanti all'interno della vita del paese; sempre presenti in ogni situazione e attenti a ogni avvenimento. L'arciprete e il marchese sempre pronti a consigliare Bianca in come comportarsi col marito e il suo denaro. Canali, Peperito, Neri, sono pronti a interessarsi a ogni tipo di affare pur di guadagnare denaro, quasi per emulare Gesualdo che invidiano per la sua ascesa dal nulla.

    ISABELLA (FIGLIA DI BIANCA E GESUALDO), LA SUA AMICA MARINA DI LEYRA E IL MARITO DI ISABELLA:
    Isabella non ha un buon rapporto con il padre che la considera e la tratta come una perla rara, perchè è erede del patrimonio e quindi è considerata un buon partito. La ragazza è un po' vanitosa ma in fondo buona e forse un po' ingenua a causa del padre. La madre le vuole molto bene anche se non la capisce, solo la zia riesce a tirala un po' su di morale. Cerca nel marito, il fratello della sua amica Marina, un motivo di felicità e di distacco dal padre che però disprezza la figlia perchè il genero sperpera tutto il denaro ereditato in feste ricche e sfarzose.

    DON LUCA IL SAGRESTANO:
    E' sempre pronto ad aiutare Gesualdo nei suoi affari e a consigliarlo in tutte le situazioni, cercando di essere più vicino alla famiglia per quanto gli è possibile.

    NANNI L'ORBO, COMPARE COSIMO, PELAGATTI, DIODATA, BRASI, CAMAURO, GIACOLONE (DIPENDENTE DI GESUALDO):
    Sono sempre pronti ad aiutare il padrone in ogni situazione lavorando duramente senza sosta. Diodata che è l'unica che riesce a dare veramente un momento di vera felicità al padrone del quale è innamorata, dal quale non è però corrisposta; semplice e buona sposerà Nanni l'orbo, lavoratore buono e onesto come lei, e riuscirà a renderla felice. Compare Cosimo, Pelagatti, Brasi, Camauro e Giacolone sono le persone più affezionate a Gesualdo, forse perchè sono le uniche che riescono veramente a capirlo.

    LA FAMIGLIA DI GESUALDO:
    E' formata da Mastro Nunzio (il padre), il fratello Santo, la sorella Speranza, il cognato Burgio e il loro figlio. Il padre, che contesta il modo di condurre gli affari del figlio, che considera uno spendaccione perchè sperpera gli averi di famiglia che in realtà sono solo i guadagni faticosi di Gesualdo. La sorella e il marito, che sono invidiosi della ricchezza accumulata da Gesualdo, con il quale sono solidali poche volte, e Santo nolta che passa le sue giornate all'osteria.

    IL SIG. CAPITANO, L'AVVOCATO FISCALE, DON LICCIO PAPA, DON FILIPPO, BARONE ZACCO:
    Persone importanti del paese con il quale Gesualdo si contende l'appalto di edifici e l'acquisto di alcune terre fruttuose e importanti. Il barone Zacco e don Liccio Papa che con il loro potere a Vizzini cercano di ostacolare Gesualdo con ogni mezzo, che sono sempre al centro dell'attenzione per quanto riguarda feste, manifestazioni e occasioni importanti. Avari attaccati alla roba cercano sempre di far colpo sulle persone con la loro personalità e modo di agire e comportarsi.

    BARONE NENDOLA, IL CANONICO LUPI:
    Personaggi influenti che cercano di aiutare Gesualdo nel guadagnare denaro e consigliarlo a proposito del matrimonio che gli potrà essere utile.

    PERSONAGGI SECONDARI: Aglea l'attrice, Grazia, Rosaria, Pirtuso, Alessi, Corrado, la zia Sganci, zia Macrì, Donna Sarina Cirmena, Donna Giuseppina Alosi, Donna Agrippina, Donna Mariannina, la sig.ra Capitana, zia Filomena.

    ELENCO DELLE COMPARSE:

    Assumono un particolare rilievo in certe parti del romanzo anche:

    i fratelli don Diego e Don Ferdinando Trao: fratelli di Bianca, il primo si oppone al suo matrimonio per l’onore del casato ma è costretto a cedere, l’altro è demente e non capisce ciò che gli accade attorno
    il canonico Lupi: prima socio e poi avversario in affari di Gesualdo
    mastro Nunzio: padre di Gesualdo, rinnega il figlio e non lo perdona neanche in punto di morte perché lo ha estromesso dagli affari che non sapeva condurre
    Speranza: sorella di Gesualdo, lo sfrutta quando ancora non si è sposato, lo disprezza poi perché si è arricchito, infine gli fa causa alla morte del padre per l’eredità, lo accudisce poi quando è gravemente malato
    Il barone Ninì Rubiera: ha una relazione con Bianca da cui nasce Isabella, è promesso a donna Fifì Margarone ma si invaghisce della prima donna Aglae, per conquistarla le fa un sacco di regali che non può pagare e si fa fare un prestito da Mastro don Gesualdo, la relazione finisce male e lui, pieno di debiti è costretto a sposare donna Giuseppina Alosi, da cui avrà molti figli.


    ALTRE COMPARSE:

    Vito Orlando, Nanni l’orbo, Cosimo, Don Luca, Pelagatti, Giacalone, Santo Motta, massaro Fortunato Burgio, Don Liccio Papa, il Capitano, l’Avvocato fiscale, dott. Tavuso, donna Fifì, donna Giovannina, donna Mita, la mamma Margarone, donna Bellonia, Nicolino Margarone, don Filippo, donna Chiara Macrì, Bomma, barone Mendola, donna Sarina Cirmena, signora Sganci, don Roberto Ciolla, Rosaria Rubiera, mastro Lio Pirtuso, don Alessandro Spina, marchese don Alfonso Limoli, Adelaide, Alessi, don Giuseppe Barabba, arciprete Calogero Bugno, donna Giuseppina Alosi, donna Agrippina, il notaro Neri, cavaliere Peperito, Giacinto, mastro Titta, Agostino, Neli, mastro Colaventura, Mariano, massaro Carmine, Brasi Camauro, Mascalise, donna Filomena, padre Angelino, Carnine, Canali, fra Girolamo dei Mercenari, prima donna Aglae, Corrado La Gurna, Sarino, Nanni Ninnarò, don Bastiano Strangafame, sig. Pallante, comare Lia, i fratelli Nunzio e Gesualdo, il balì di Leyra, Saleni, donna Lavinia Zacco, donna Marietta Zacco, Gerbido, don Camillo, Emanuele Florio, Zanni, don Margheritino, don Vincenzo Capra, dott. Muscio, mastro Nardo, don Leopoldo, lo stalliere, donna Carmelina.

    Il narratore / Focalizzazione: il narratore è eterodiegetico, cioè estraneo alla narrazione; spesso il narratore usa una focalizzazione esterna e oggettiva, talvolta però assume il punto di vista del protagonista Gesualdo..


    Spazio e tempo del racconto: lo Spazio della narrazione, ovvero i luoghi in cui si svolge la vicenda, è reale. Il racconto si svolge in Sicilia, nella prima metà dell’ottocento. La vicenda si sviluppa principalmente: nel paese di Vizzini, un piccolo borgo nella campagna in provincia di Catania; nella villa di mastro-don Gesualdo a Mangalavite, in campagna e nel palazzo del duca di Leyra a Palermo. I luoghi e gli ambienti hanno la sola funzione di fare da contorno alle vicende dei personaggi.
    Il Tempo della storia, cioè l’epoca storica in cui gli avvenimenti sono collocati, è la prima metà dell’ottocento, all’incirca dal 1815 al 1850, epoca della Sicilia borbonica e feudale, in cui si assiste ai moti carbonari del ’21, all’epidemia di colera del ’37 e ai moti rivoluzionari del’48.
    L’ordine degli avvenimenti è lineare: trattandosi di un romanzo verista il narratore si limita a registrare i fatti che accadono, mancano quindi analessi, flash-back e prolessi.
    La distanza tra il momento della narrazione e il momento in cui i fatti narrati sono accaduti è segnalata dall’uso di marche temporali.
    All’interno del racconto sono frequenti le scene dialogate, in cui c’è uguaglianza tra il tempo reale e il tempo della narrazione; più volte l’autore fa uso delle ellissi e dei sommari per sveltire il ritmo del racconto; raro è l’uso delle analisi, usate per descrivere meglio la situazione emotiva dei personaggi; mancano completamente le digressioni.
    Il romanzo risulta diviso in grandi macro-sequenze e in ognuna è descritto un particolare episodio: quindi tra una sequenza e l’altra ci sono dei salti temporali che accelerano bruscamente il ritmo del racconto, all’interno di queste invece prevalgono le scene dialogate sulle altre e il ritmo è piuttosto veloce.

    Biografia dell’autore: Giovanni Verga (Catania 1840-1922), nato da famiglia di origini nobiliari ed economicamente agiata, seguì studi regolari a Catania: compose il suo primo romanzo Amore e patria nel 1857. Nel 1858 si iscrisse alla facoltà di legge dell’università di Catania, ma abbandonò gli studi nel ’61 e si arruolò per quattro anni nella guardia nazionale catanese. Dal 1865 si stabilì a Firenze, dove compose i primi romanzi (Una peccatrice, 1866; Storia di una carpinera, 1871); si trasferì poi a Milano dove, influenzato dalla scapigliatura, rappresentò in modo fortemente critico il mondo aristocratico-borghese dominato dal feticcio denaro (Eva, 1873; Tigre reale ed Eros, 1875; Il marito di Elena, 1882). Una decisa svolta verso il verismo è segnata dai racconti e romanzi di ambiente siciliano (Nedda, 1874; Vita dei campi, 1880; I Malavoglia, 1881; romanzo che inaugura l’incompiuto “ciclo dei vinti”; Novelle rusticane, 1883; Mastro-don Gesualdo, 1889).

    Significato dell’opera: tematiche e messaggi: Il romanzo descrive il conflitto tra due mondi, l’uno retto dall’etica feudale della raffinatezza e del lusso, ormai in declino, l’altro governato dall’etica utilitaristica e borghese del lavoro, in piena ascesa. Solo di fronte alla morte Gesualdo intende il senso della propria vita, prende coscienza della solitudine e dell’estraneità dei meccanismi dell’alienazione provocata dalla spietata logica economica. La sua affermazione sociale ha come prezzo il fallimento nella sfera degli affetti privati.
    Il pessimismo e il fatalismo di Verga è quindi disperato e totale. Non è possibile trovare salvezza per chi, come Gesualdo, accetta le regole economiche.
    Il ciclo de “I vinti” nasce, sul piano ideologico, poiché la visione pessimistica di Verga riguardo i rapporti sociali (la “lotta per la vita” è un dato ineliminabile dell’esistenza; il conflitto si riproduce in ogni classe sociale), lo ha portato a voler rappresentare, senza l’ambizione di risolverle, le disgrazie dei “vinti”.
    Verga, parallelamente al dramma di don Gesualdo, emarginato e sfruttato, descrive anche la solitudine a cui sono condannati anche gli stessi nobili che lo emarginano e lo sfruttano, nei quali ogni affetto è spento dall’avidità di denaro e dall’orgoglio di casta. In questo arido deserto dei sentimenti, accentuato dalla impersonalità dello stile verghiano, emergono, per contrasto, le figure di don Gesualdo e di Isabella, protagonista dell’unica genuina storia d’amore del romanzo, e che è diventata anch’essa arida ed egoista dopo che ha dovuto sacrificare i suoi sentimenti alle convenzioni sociali.

    Osservazioni sullo stile: il linguaggio dell’autore è povero e quindi efficace nel descrivere i luoghi in cui si muovono i personaggi, il livello è medio-basso. Il lessico non è molto ricercato, vi sono alcuni termini propri del dialetto siciliano che conferiscono una maggiore realtà al racconto. Nelle descrizioni l’autore si limita a rappresentare con i termini più appropriati il mondo reale senza creare enfasi per far risaltare certi particolari, ma limitandosi ad una piatta descrizione oggettiva. Mancano figure retoriche di qualunque genere perché il livello deve rimanere basso. Mancano completamente le digressioni, perché l’autore non si sofferma, come ad esempio Manzoni, ad analizzare la situazione psicologica dei personaggi o a spiegare certe caratteristiche sociali della cultura siciliana dell’epoca. L’intreccio della storia si sviluppa secondo i canoni dei tipici “romanzi borghesi” in uso nella fine dell’Ottocento in cui nei sentimenti e negli ambienti si riflettono complesse contraddizioni psicologiche e sociali; per questo la vicenda è costruita secondo due movimenti, l’ascesa e la decadenza del protagonista.

    Considerazioni personali: questo libro non mi è piaciuto affatto: l’ho trovato noioso e perfino irritante.
    Anzitutto ho fatto molta fatica e con scarsi risultati a ricordare i molti personaggi che sin dalle prime pagine affollavano il racconto: spesso mi sono perso sui complessi rapporti di parentela e non riuscivo a rammentare le occasioni in cui un personaggio era già intervenuto e ciò che aveva detto, sono riuscito quindi a malapena a seguire il filo della narrazione. Le parti che più mi hanno messo in crisi sono sicuramente state le sequenze dialogate con più personaggi coinvolti, che avrebbero dovuto velocizzare il ritmo, in cui puntualmente mi sono perso perché spesso l’autore nei discorsi diretti e indiretti usa espressioni del tipo “il barone disse…”, ma di baroni ce n’era più d’uno: per questo spesso non capivo chi dicesse cosa e perdevo il significato di certe frasi. È chiaro poi che il romanzo abbia perso in fascino.
    Talvolta ho trovato le macro-sequenze troppo separate tra loro, come quando Gesualdo è costretto a scappare perché ha la polizia in casa, e nella sequenza successiva non si fra più riferimento all’episodio precedente e non ho quindi capito il perché di questo e come tutto si sia risolto.
    Ciò che invece mi ha irritato è la borghesia descritta dal Verga, gente avida, falsa, delle banderuole, tutta apparenza e niente sostanza: su tutti è Speranza, la sorella di Gesualdo che più mi ha fatto arrabbiare, per la sua arroganza e la sua ingratitudine, e poco conta che si sia presa cura del fratello durante la sua malattia.
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    moderatori
    Posts
    43,236

    Status
    Offline
    grazie lussy...lo ho letto e ho visto lo sceneggiato..bellissimo
     
    Top
    .
1 replies since 14/11/2010, 22:30   425 views
  Share  
.