PARAFRASI

tutte quelle che servono sono qui!!!

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    PARAFRASI - "SE VUOI LA PACE" G.ELBA

    Se vuoi la pace,
    dichiara guerra alla guerra,
    al tuo egoismo che vuole tutto per sè
    e non ti fa vedere
    il bisogno del tuo fratello.
    Combatti ogni desiderio di dominio,
    che vuole farti comandare
    nel gioco,a scuola,a casa
    dappertutto.


    Se vuoi la pace,
    cerca tutti intorno a te
    abbiano il necessario,
    abbiano la possibilità di parlare,
    siano liberi.

    Come vuoi essere libero tu
    di parlare,di lavorare,
    di pregare,di amare,di vivere.
    La pace incomincia da te.

    parafrasi

    Se vuoi la pace dichiara la guerra
    al tuo egoismo che vuole tutto per sè
    e non ti fa vedere il bisogno di tuo fratello.
    Combatti ogni tuo desiderio di dominio
    che vuole farti comandare nel gioco,
    a casa, a scuola, dappertutto.
    Se vuoi la pace fai in modo che
    tutti intorno a te abbiano il necessario,
    abbiano la possibilità di parlare,
    siano liberi!
    Come vuoi essere libero tu
    di parlare, giocare, lavorare, pregare,
    amare e vivere.

     
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    parafrasi-Il combattimento di Tancredi et Clorinda

    Ma ecco omai l’ora fatale è giunta,che ’l viver di Clorinda al suo fin deve
    42
    .
    Spinge egli il ferro nel bel sen di punta
    che vi s’immerge e ’l sangue avido beve;
    e la veste, che d’or vago trapunta
    le mammelle stringea tenera e leve,
    l’empie d’un caldo fiume
    43
    . Ella già sente
    morirsi, e ’l piè le manca egro e languente
    44
    .
    65 Segue egli la vittoria, e la trafitta
    vergine minacciando incalza e preme
    45
    .
    Ella, mentre cadea, la voce afflitta
    movendo
    46
    , disse le parole estreme
    47
    ;
    parole ch’a lei novo un spirto ditta
    48
    ,
    spirto di fé, di carità, di speme:
    virtù ch’or Dio le infonde, e se rubella
    in vita fu, la vuole in morte ancella
    49
    .
    66 «Amico, hai vinto: io ti perdon... perdona
    tu ancora, al corpo no, che nulla pave
    50
    ,
    a l’alma
    51
    sì; deh! per lei prega, e dona
    battesmo a me ch’ogni mia colpa lave
    52

    In queste voci languide
    53
    risuona
    un non so che di flebile e soave
    ch’al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza
    54
    ,
    e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.
    67 Poco quindi
    55
    lontan nel sen del monte
    scaturia mormorando un picciol rio
    56
    .
    Egli v’accorse e l’elmo empié
    57
    nel fonte,
    e tornò mesto al grande ufficio e pio
    58
    .Tremar sentì la man, mentre la fronte
    non conosciuta ancor sciolse e scoprio
    59
    .
    La vide, la conobbe, e restò senza
    e voce e moto
    60
    . Ahi vista! ahi conoscenza!
    68 Non morì già, ché sue virtuti accolse
    tutte in quel punto e in guardia al cor le mise
    61
    ,
    e premendo il suo affanno
    62
    a dar si volse
    vita con l’acqua a chi co ’l ferro uccise
    63
    .
    Mentre egli il suon de’ sacri detti sciolse
    64
    ,
    colei di gioia trasmutossi, e rise
    65
    ;
    e in atto di morir lieto e vivace,
    dir parea: «S’apre il cielo; io vado in pace.»
    69 D’un bel pallore ha il bianco volto asperso
    66
    ,
    come a’ gigli sarian miste viole
    67
    ,
    e gli occhi al cielo affisa, e in lei converso
    sembra per la pietate il cielo e ’l sole
    68
    ;
    e la man nuda e fredda alzando verso
    il cavaliere in vece di parole
    gli dà pegno di pace
    69
    . In questa forma
    70
    passa
    71
    la bella donna, e par che dorma.


    parafrasi

    Il combattimento di Tancredi et Clorinda è il titolo di un madrigale rappresentativo di Claudio Monteverdi, su testo del Tasso, per soprano (Clorinda) e due tenori (testo e Tancredi).
    Composta nel 1624, commissionata da Girolamo Mocenigo in occasione del carnevale, fa parte dell'Ottavo libro di madrigali guerrieri et amorosi pubblicato nel 1638.
    Il dramma riprende le vicende narrate nel canto XII della Gerusalemme liberata, in cui il cavaliere cristiano Tancredi, innamorato di Clorinda, guerriera musulmana, viene costretto dalla sorte a battersi in duello proprio con lei e ad ucciderla. In punto di morte Clorinda si converte e, battezzata, affronta con serenità il trapasso: S'apre il cielo; io vado in pace.
    In quest'opera, che costituisce una pietra miliare nella storia della musica drammatica del XVII secolo, Monteverdi sperimenta soluzioni musicali nuove, con l'orchestra e le voci che formano due entità separate, e agiscono come copia una dell'altra. Probabilmente Monteverdi fu ispirato a provare questo arrangiamento dalle due balconate opposte di San Marco, che avevano ispirato musica simile ad altri compositori, come Giovanni Gabrieli.
    Ciò che fa spiccare questa composizione sulle altre, è il primo utilizzo del tremolo (una veloce ripetizione dello stesso suono) e del pizzicato per ottenere effetti speciali nelle scene drammatiche.

     
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    PARAFRASI- UN PAIO DI SCARPETTE ROSSE!! di JOYCE LUSSU

    C'è un paio di scarpette rosse
    c'è un paio di piccole scarpe rosse
    numero ventiquattro
    di numero 24
    quasi nuove:
    sono quasi nuove
    sulla suola interna si vede ancora la marca
    tanto che nella suola interna si legge ancora la marca
    di fabbrica
    di fabbrica
    "Schulze Monaco"
    SM

    c'è un paio di scarpette rosse
    c'è un paio di piccole scarpe rosse
    in cima a un mucchio di scarpette infantili
    sono sopra ad un mucchio composto da altre scarpine di bambini
    a Buchenwald
    a B
    più in là c'è un mucchio di riccioli biondi
    Più in la c'è un mucchio di capelli ricci e biondi
    di ciocche nere e castane
    e di ciocche nere e castane
    a Buchenwald
    a B

    servivano a far coperte per i soldati
    servivano per fare delle coperte per i soldati
    non si sprecava nulla
    non si poteva buttare nulla
    e i bimbi li spogliavano e li radevano
    i bambini erano spogliati e poi venivano rasati
    prima di spingerli nelle camere a gas
    e poi venivano spinti nelle camere a gas
    c'è un paio di scarpette rosse
    c'è un paio di piccole scarpette rosse
    di scarpette rosse della domenica
    quelle belle da usare la domenica
    a Buchenwald
    a B

    erano di un bambino di tre anni e mezzo
    erano di un bambino di 3 anni e mezzo
    chi sa di che colore erano gli occhi
    chi conosce il colore degli occhi
    bruciati nei forni
    dei bambini bruciati nei forni
    ma il suo pianto lo possiamo immaginare
    ma il suo pianto lo possiamo immaginare
    scarpa numero ventiquattro
    scarpa numero 24
    per l'eternità
    per l'eternità
    perchè i piedini dei bambini morti non crescono
    perchè i piedi dei bambini che sono morti non possono più crescere

    c'è un paio di scarpette rosse
    c'è un paio di piccole scarpe rosse
    a Buchenwald
    a B
    quasi nuove
    sono quasi nuove
    perchè i piedini dei bambini morti
    perchè i piedi dei bambini mortt
    non consumano le suole.
    non consumano le suole

     
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    Divina Commedia - Inferno - Canto III - Parafrasi

    «Attraverso me si entra nella città dolorosa, nel dolore che mai avrà termine, tra le anime dannate. Dio, mio eccelso creatore, fu mosso dalla giustizia: sono opera del Padre (la divina potestate), del Figlio (la somma sapienza) e dello Spirito Santo ('I primo amore). Prima di me non fu creata nessuna cosa se non eterna, e io durerò fino alla fine dei tempi. Abbandonate, entrando, ogni speranza ». Vidi questa sentenza dal minaccioso significato. incisa in cima a una porta; per cui mi rivolsi a Virgilio: « Maestro, ciò che essa dice per me è terribile ». Ed egli, da persona perspicace qual era: « A questo punto occorre abbandonare ogni esitazione; ogni forma di pusillanimità deve ora sparire. Siamo giunti dove ti dissi che avresti veduto le anime doloranti che hanno perduto la speranza di vedere Dio ». Ivi echeggiavano nell'aria senza luce gemiti, pianti e acuti lamenti, tanto che (udendoli) per la prima volta ne piansi. Differenti lingue, orribili pronunce, espressioni di dolore, esclamazioni di rabbia, grida acute e soffocate, miste al percuotersi delle mani l'una contro l'altra creavano nell'aria buia, priva di tempo, una confusione eternamente vorticante, così come (rapida vortica) la sabbia quando soffia un vento turbinoso. E io che avevo la testa attanagliata dall'orrore, esclamai: "Maestro, che significano queste grida? che gente è questa, che appare così sopraffatta dal dolore ?" E Virgilio: "Questa infelice condizione è propria delle anime spregevolì di quelli che vissero senza meritare né biasimo né lode. Sono mescolate alla malvagia schiera degli angeli che (in occasione della rivolta di Lucifero) non si ribellarono né rimasero fedeli a Dio, ma fecero parte a sé. Perché il loro splendore non ne sia offuscato, i cieli li tengono lontani da sé, né in sé li accoglie la voragine infernale, perché i colpevoli (gli angeli che parteggiarono per Lucifero) avrebbero di che vantarsi rispetto ad essi " . Ed io: "Maestro, cosa riesce loro così insopportabile, da farli prorompere in così disperati lamenti?" Rispose: "Te lo dirò in pochissime parole. Costoro non possono sperare in un completo annullamento del loro essere (cioè nella morte dell'anima) e (d'altra parte) la loro vita senza scopo è tanto miserabile, da renderli invidiosi di qualsiasi altro destino. Il mondo non lascia sussistere alcun ricordo di loro; Dio non li degna né della sua pietà né di una sentenza di condanna non parliamo di loro, ma osserva e va oltre ". E io, guardando con maggiore attenzione, scorsi un vessillo che girava correndo così velocemente, da sembrare incapace di una qualsiasi forma di quiete; e dietro ad esso avanzava una tale moltitudine, quale mai avrei immaginato fosse stata annientata dalla morte. Dopo aver ravvisato qualcuno nella folla, vidi e riconobbi l'anima di colui che per pusillanimità rifiutò il trono papale (fece per viltà il gran rifiuto). Compresi allora d'un tratto e fui sicuro che questa era la turba dei vili, sgraditi a Dio non meno che ai suoi nemici (i diavoli). Questi miserabili, che vissero come se non fossero vivi (in quanto non seppero affermare la loro personalità), erano nudi, continuamente punti da mosconi e da vespe che si trovavano lì. Esse rigavano il loro volto di sangue, che, misto a lagrime, era succhiato ai loro piedi da vermi nauseabondi. E dopo aver spinto il mio sguardo più in là, vidi sulla riva di un gran fiume una folla; perciò interpellai Virgilio: "Maestro, consentimi di apprendere chi sono queste genti, e quale consuetudine le fa apparire così ansiose di passare sull'altra riva, come intravedo attraverso la debole luce". Virgilio mi rispose: « Le cose ti saranno note (conte: conosciute) quando fermeremo i nostri passi presso il doloroso fiume Acheronte ». Allora, con gli occhi abbassati per la vergogna, temendo che il mio discorso gli riuscisse fastidioso, cessai di parlare finché arrivammo al fiume. E (dopo essere qui giunti) ecco dirigersi alla nostra volta, su un'imbarcazione, un vecchio, canuto (bianco per antico pelo), che gridava: « Sventura a voi, anime malvage ! Non illudetevi di poter più vedere il cielo: vengo per traghettarvi sull'altra riva nel buio eterno, nel fuoco e nel ghiaccio. E tu che, ancora in vita, ti trovi con loro, allontanati dalla turba dei già morti». Ma dopo aver visto che non me n'andavo, continuò: « Attraverso vie e luoghi di imbarco diversi giungerai alla riva, che non è questa, da dove sarai traghettato (per passare): una barca più leggiera ti dovrà trasportare ». E Virgilio gli disse: « Non te n'avere a male, o Caronte: si vuole così là dove si può fare tutto ciò che si vuole (è la decisione divina presa nel cielo Empireo, dove tutto ciò che è voluto può avere immediata attuazione), e non chiedere altro ». Da questo istante si calmarono le gote ricoperte di fluente barba del traghettatore del buio fiume (livida palude: livido è, per antonomasia, il colore della morte), che aveva intorno agli occhi cerchi di fuoco. Ma quelle anime, che erano affrante e inermi, trascolorarono e batterono i denti, non appena ebbero udite le crudeli parole: maledicevano Dio e i loro genitori, il genere umano e il luogo e il tempo (in cui erano state generate) e l'origine della loro stirpe e della loro nascita. Poi si adunarono tutte insieme, piangendo dirottamente, sulla riva del fiume del male che aspetta tutti coloro che non temono Dio. II demonio Caronte, con occhi fiammeggianti, facendo loro segni, le accoglie tutte (nella barca); percuote col remo chiunque tarda (ad obbedirgli). Come in autunno le foglie si staccano l'una dopo l'altra (dal ramo), finché questo vede sparsa a terra tutta la sua veste frondosa, allo stesso modo la corrotta progenie di Adamo si precipita da quella riva, anima dopo anima, a un cenno (di Caronte), come il falco (auge!) al richiamo (del falconiere). Avanzano così sull'acqua buia, e prima che questa moltitudine sia sbarcata sulla riva opposta, un'altra già s'accalca nel punto d'imbarco. « Figlio mio », spiegò cortesemente Virgilio, « tutti coloro che muoiono in stato di peccato (nell'ira di Dio) si radunano qui (venendo) da ogni luogo della terra: e sono (spiritualmente) disposti a varcare il fiume, poiché la giustizia di Dio li stimola, in modo che il timore (delle pene) si converte in loro nel desiderio (di affrontarle). Di qui non passano mai anime virtuose: e perciò, se Caronte si lamenta della tua presenza, puoi ben comprendere ormai quale significato hanno le sue parole.» Appena Virgilio ebbe finito di parlare, la terra buia tremò con tanta violenza, che il ricordo (la mente: la memoria) dello spavento provato m'inonda ancora di sudore. Dalla terra bagnata dalle lagrime dei dannati uscì un vento, che si convertì in un lampo sanguigno il quale mi fece perdere i sensi; e caddi come chi cede al sonno.

     
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    Parafrasi del Canto X dell'Inferno - Le tombe roventi degli eresiarchi e l'incontro con Cavalcante dei Cavalcanti, padre di Guido, e Farinata degli Uberti, che predice a Dante il suo futuro esilio.


    Il mio maestro proseguiva ora lungo uno stretto sentiero,
    tra le mura di Dite e le tombe roventi dei dannati (eresiarchi),
    ed io procedevo dietro di lui.

    "Oh uomo di virtù superiore, che mi conduci attraverso
    i crudeli cerchi dell'inferno", cominciai a dire,"come a te piace,
    parlami e soddisfa i miei desideri.

    Potrei vedere la gente che giace in questi sepolcri
    roventi? Tutti i coperchi sono già alzati, i sepolcri sono aperti,
    e non c'è nessun demonio a fare la guardia."

    Mi rispose Virgilio: "Tutti i sepolcri verranno chiusi quando
    dalla valle di Giosafat, dopo il giudizio universale, i dannati
    torneranno qua con i loro corpi, lasciati lassù in terra.

    In questa parte del cerchio hanno il loro cimitero
    Epicuro e tutti i suoi seguaci,
    che credono che l'anima muoia insieme al corpo.

    In ogni caso, alla richiesta che hai mi avanzato, qui dentro
    ti verrà data subito soddisfazione, ed anche al desiderio
    che hai lasciato inespresso, di poter parlare con loro."

    Ed io a lui: Mia buona guida, ti tengo nascosto il mio
    desiderio solo per non darti noia, parlando troppo,
    come tu stesso mi hai chiesto di fare in più occasioni."

    "Oh toscano, che attraverso la città del fuoco te ne vai
    ancora in vita e parlando in modo rispettoso e gentile,
    ti sia cosa grata il fermarti un poco in questo luogo.

    Il tuo modo di parlare rende evidente che tu
    nascesti in quella nobile patria,
    verso la quale io fui in vita forse troppo molesto."

    Uscì improvvisamente questo suono, questa voce,
    da uno dei sepolcri; mi accostai perciò,
    intimorito, un poco di più alla mia guida.

    Virgilio mi disse: "Che fai? Voltati!
    Guarda là Farinata degli Uberti che si è alzato dalla tomba:
    potrai vederlo tutto dalla cintola in su."

    Io avevo già fissato il mio sguardo nel suo;
    lo spirito di Farinata emergeva fiero dal sepolcro con il petto
    e la fronte, come se avesse a sdegno le pene dell'inferno.

    Le mani coraggiose e pronte di Virgilio
    mi spinsero tra le tombe fino a lui,
    dicendo: "Le tue parole siano misurate, moderate".

    Non appena giusi ai piedi del sepolcro di Farinata,
    lo spirito mi guardò un poco, e poi, con tono quasi irato,
    mi chiese: "Chi furono i tuoi antenati?"

    Io ero desideroso di ubbidire e non gli nascosi
    quindi le mie origini, anzi gliele esposi chiaramente; alle mie
    parole, lo spirito alzò un poco gli occhi in alto, in tono ostile;

    poi mi disse: "Essi, guelfi, furono fieramente avversari
    miei, dei miei antenati e della mia fazione ghibellina,
    tanto che per due volte li sconfissi e li caccia in esilio."

    "Se è vero che furono cacciati, lo è anche che tornarono poi da
    ogni parte", risposi io a lui, "entrambe le volte; i vostri
    non appresero invece mai quell'arte, del ritorno in patria."

    A quelle parole, dall'apertura scoperchiata del sepolcro, uscì,
    visibile fino al mento, un'altro spirito accanto a quello
    di Farinata: credo che quest'anima fosse in ginocchio.

    Guardò intorno a me come per voler
    vedere se ero in compagnia di qualcun'altro;
    e dopo che il suo sospetto si fu dileguato,

    mi disse piangendo: "Se attraverso questo carcere tenebroso
    tu puoi andare grazie al tuo alto ingegno,
    allora mio figlio dove è? Perché non è insieme a te?"

    Dissi a lui: "Non vado in giro da solo: mi conduce attraverso
    questi luoghi quello spirito che mi aspetta là, Virgilio,
    e che forse il vostro Guido ebbe a sdegno, trascurandolo."

    Le sue parole ed il modo in cui soffriva mi avevano
    già fatto capire chi fosse costui, Cavalcante dei Cavalcanti;
    per tale motivo la mia risposta fu così esaustiva.

    Scattato in piedi, lo spirito subito grido: "Come?
    Hai detto "ebbe"? Non è più in vita?
    La dolce luce del sole non ferisce più i suoi occhi?"

    Quando si accorse della mia esitazione
    nel fornirgli una risposta, subito ricadde
    disteso nella tomba e non ricomparve più alla mia vista.

    Invece quell'altro coraggioso spirito, rispondendo al cui invito
    mi ero fermato presso quella tomba, non cambiò espressione,
    non volse nemmeno la testa e non si piego neanche a guardare il compagno;

    continuando il primo discorso interrotto,
    "Il fatto che loro non hanno ben appreso quell'arte", mi disse,
    "mi tormenta di più di questo letto di fuoco in cui giaccio.

    Ma non si illuminerà per cinquanta volte la faccia
    di quella donna, Proserpina (la Luna), che governa quaggiù,
    prima che tu stesso possa imparare quanto pesa quell'arte del ritorno in patria.

    Augurandoti che tu possa fare ritorno nel dolce mondo dei vivi,
    dimmi in cambio: perché il popolo fiorentino è così crudele
    nei confronti dei Ghibellini in ogni legge che approva? "

    Gli risposi: "Lo strazio e la grande strage che fecero tingere
    di sangue il fiume Arbia, nella battaglia a Montaperti,
    ci spinge ad emettere tali leggi nei vostri confronti."

    Dopo che lo spirito, sospirando, ebbe scosso il suo capo,
    "Non c'ero là soltanto io contro i fiorentini", disse, "né certo
    mi sarei mosso insieme agli altri senza avere buone ragioni.

    Ma fui soltanto io, là, ad Empoli, dove fu all'unanimità
    approvata la decisione di distruggere Firenze,
    l'unico che la difese a viso aperto."

    "Possa avere un giorno un po' di pace la vostra discendenza",
    lo pregai io, "scioglietemi cortesemente un dubbio
    che ha appena avvolto i mie pensieri.

    Se ho ben capito, sembra che voi spiriti possiate prevedere
    il futuro, quello che il passare del tempo farà accadere, mentre
    sembrate al contrario ignorare gli avvenimenti del presente."

    "Noi vediamo, come chi è presbite, con una vista imperfetta",
    mi rispose, "solo le cose che sono lontane;
    tanto ci illumina ancora Dio.

    Quando si avvicinano o stanno già accadendo, questa nostra
    capacità non ci giova più; e se altri non ci informano dei fatti,
    nulla possiamo sapere della vostra vicende umane.

    Puoi perciò ora comprendere bene che la nostra conoscenza
    verrà completamente annullata a partire dal giorno del
    giudizio, quando i nostri sepolcri saranno chiusi per l'eternità."

    Allora, dispiaciuto per non aver risposto all'altro spirito,
    dissi: "Dite allora al vostro compagno, caduto nella tomba, che
    suo figlio Guido non è ancora morto, è ancora insieme ai vivi;

    e se di fronte alla sua domanda rimasi muto,
    fategli sapere che lo feci soltanto perché fui colto
    da quel dubbio che ora mi avete voi sciolto."

    Ma già Virgilio mi richiamava a sé;
    pregai perciò con più premura lo spirito di Farinata
    affinché mi dicesse i nomi dei suoi compagni nel sepolcro.

    Mi disse: "Giaccio in questa tomba insieme ad altri mille:
    qua dentro c'è Federico II di Svevia
    ed il cardinale Ottaviano degli Ubaldini; degli altri non parlo."

    Tornò infine nel sepolcro; io rivolsi i miei passi
    verso Virgilio, poeta dei tempi antichi, ripensando a quella
    sentenza di Farinata (sull'esilio) che sembrava minacciosa.

    Anche Virgilio si mosse; poi, mentre camminavamo,
    mi chiese: "Perché sei turbato?" Ed io diedi soddisfazione
    alla sua curiosità raccontandogli delle parole di Farinata.

    "Conserva nella memoria ciò che hai ascoltato profetizzare
    contro di te", mi raccomandò la mia saggia guida;
    "e prestami attenzione", e così dicendo alzo il dito al cielo:

    "quando sarai di fronte al dolce raggio di Beatrice,
    il cui bell'occhio è in grado di vedere il futuro in Dio,
    saprai da lei le vicende che ti attendono in vita."

    Indirizzò quindi il passo verso sinistra:
    lasciammo il muro e piegammo verso il centro del girono
    attraverso un sentiero che termina in una valle,

    la quale faceva sentire la sua nauseabonda puzza fin lassù.



    Parafrasi della poesia " la fontana malata"

    La poesia di Aldo Palazzeschi si apre con delle parole onomatopeiche che stanno a indicare il rumore causato dal cadere dell'acqua nella fontana, definita malata, che si trova in un cortile. Il poeta scrive che questa tossisce continuamente, se smette è per poco e poi ricomincia a tossire; scrive inoltre che il male che essa ha, lo fa star male e gli "preme il cuore", inoltre quando non sente più il suo rumore quasi si spaventa poiché pensa che sia "morta", ma poi subito ricomincia a farsi sentire.

    Per la sua etera tosse sembra che venga uccisa dalla tisi; il poeta esorta poi Habel e Vittoria a chiudere la fonte poiché quel rumore continuo a lungo andare diventa fastidioso e insopportabile, sembra un lagno. Il poeta conclude dicendo che il male della fontana finirà per uccidere anche se stesso; infine tornano le parole onomatopeiche dei rimi versi.

    In questo componimento, come nelle altre poesie di Palazzeschi, il soggetto è un soggetto quotidiano, il titolo sta a indicare il fatto che il poeta rivolge molta attenzione alle cose più umili della vita, inolte la fontana viene personalizzata e trasformata quasi in un essere vivente, infatti Palazzeschi vede in essa una persona che sbuffa, che tossisce, che soffre e che sta per essere uccisa dalla tisi.

    Il rumore dell'acqua che cade nella fontana sembra il respiro di un malato che tossisce e solo a volte tace, poi riprende a tossire più forte di prima. Tutti questi suoni straziano il cuore del poeta che quando non sente più il rumore viene preso dal timore e dall'orrore che la fontana sia morta, ma poi questa riprende a tossire come se fosse malata di tisi

     
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  6. dottore_93
     
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    Buongiorno, per caso mi potete aiutare nella parafrasi l'ulivo di Gbariele D'Annunzio?'
    grazie in anticipo
     
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    GABRIELE D'ANNUNZIO: STABAT NUDA AESTAS


    Primamente intravidi il suo piè stretto
    scorrere su er gli aghi arsi dei pini
    ove estuava l'aere con grande
    tremito, quasi bianca vampa effusa.
    Le cicale si tacquero. Più rochi
    si fecero i ruscelli. Copiosa
    la resina gemette giù pe'fusti.
    Riconobbi il colùbro dal sentore.

    Nel bosco degli ulivi la raggiunsi.
    Scorsi l'ombre cerulee dei rami
    su la schiena falcata, e i capei fulvi
    nell'argento pallàdio trasvolare
    senza suono. Più lunghi nella stoppia,
    l'allodola balzò dal solco raso,
    la chiamò, la chiamò per nome in cielo.
    Allora anch'io per nome la chiamai.

    Tra i leandri la vidi che si volse.
    Come in bronzea mèsse nel falasco
    entrò, che richiudeasi strepitoso.
    Più lungi, verso il lido, tra la paglia
    marina il piede le si tolse in fallo.
    Distesa cadde tra le sabbie e l'acque.
    Il ponente schiumò nei sui capegli.
    Immensa apparve , immensa nudità.





    Fa parte dell’Alcyone. In questa poesia il poeta celebra un’estate ardente e selvaggia in tutte le sue fasi e la personifica. È un’estate ricca di sensualità, che fuggendo permea (riveste) la natura di una fusione panica. Questa, al suo passaggio, prende vita, si antropomorfizza.

    parafrasi

    "Dapprima vidi il suo piede sottile andare sugli aghi secchi dei pini, dove tagliava l'aria con grande tremito, come una fiammata bianca. Le cicale fecero silenzio, i corsi d'acqua mandarono un rumore più rauco, più abbondante scese la resina lungo i tronchi ("gemette" potresti parafrasarlo "come gemendo nella fatica di uscire dal fusto". riconobbi il serpente (questo dovrebbe essere il colubro)dal fruscio leggero.
    La raggiunsi nel bosco degli ulivi. Vidi le ombre azzurrine dei rami lungo la sua schiena , e i capelli rossi svolazzare senza rumore nell'argenteo palladio . L'allodola la chiamò per nome in cielo e allora anch'io la chiamai per nome. Tra gli oleandri la vidi voltarsi, entrò come una messe color bronzo nell'erba palustre (= falasco), che si richiuse risuonando (=strepitoso). Più avanti, verso la spiaggia, tra la vegetazione marina mise in fallo il piede che si sollevò e lei andò lunga tra la sabbia e l'acqua. Il vento di ponente schiumò nei suoi capelli, e lei mi apparve immensa nella sua nudità.



    ANALISI METRICA E STILISTICA

    Troviamo nella poesia tre strofe di otto versi; i versi sono endecasillabi sciolti che presentano delle assonanze distribuite irregolarmente. La sintassi è piuttosto semplice, i periodi sono brevi e quasi sempre composti da un'unica frase; il lessico è piuttosto ricercato ("estuave","colùbro",etc.); metafore sono disseminate quasi in ogni verso per rappresentare il processo d'umanizazzione della natura.



    ANALISI TEMATICA


    Per l’estate il poeta usa una personificazione nella prima strofa, in una fuggevole immagine femminile, appena intravista da un uomo nella calura estiva. La sua presenza si intuisce dal rumore prodotto dai sui piedi sugli aghi secchi dei pini e dal soprassalto della natura circostante, vegetale e animale, che, attraverso suoni e odori, sembra accelerare e intensificare il suo ritmo vitale. Verso la seconda parte l'uomo riesce non solo a sentire, ma anche a vedere la mitica creatura dai capelli rossi, mentre fugge nel bosco di ulivi, richiamata dal volo dell'allodola, che ne conosce il nome. Nel finale l'inseguimento, provocato dal rumore secco della vegetazione, finisce in riva al mare, dove la donna compare nella sua misteriosa nudità, che coincide con quella della sabbia, del mare, del vento. La trasmutazione della donna negli elementi naturali che la compongono, suggerisce un'immagine sensuale dell'estate rappresentata come l'eros.

     
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    RICORDO DI FANCIULLEZZA: parafrasi, commento e analisi metrica

    Ricordo di fanciullezza
    Le gaggie della mia fanciullezza
    dalle fresche foglie che suonano in bocca...
    Si cammina per il Cinghio asciutto,
    qualche ramo più lungo ci accarezza
    la faccia fervida, e allora, scostando
    il ramo dolce e fastidioso, per inconscia vendetta
    si spoglia di una manata di tenere foglie.
    Se ne sceglie una, si pone lieve
    sulle labbra e si suona camminando,
    dimentichi dei compagni.
    Passano libellule, s'odono le trebbiatrici lontane,
    si vive come in un caldo sogno.
    Quando più la cicala non s'ode cantare,
    e le prime ombre e il silenzio della sera ci colgono,
    quasi all'improvviso, una smania prende le gambe
    e si corre sino a perdere il fiato,
    nella fresca sera, paurosi e felici.
    (Attilio Bertolucci)



    Attilio Bertolucci, padre del regista recentemente scomparso, è stato uno dei più grandi poeti del '900, e personalmente non riesco a capire perché non abbia ricevuto il nobel (né lui né Mario Luzi!!!).
    Questa poesia è in versi liberi, quindi il poeta segue una metrica interiore, non codificata negli schemi classici.
    Parafrasi: della mia fanciullezza ricordo soprattutto le gaggie (= acacie, robinie; sono piante molto comuni in pianura), che hanno foglie fresche: se si soffiano emettono un suono acuto, caratteristico. Si cammina lungo il torrente Cinghio, asciutto d'estate, qualche ramo di quelle piante ci accarezza il viso arrossato di sole; allora, quasi per una vendetta inconscia, si prende una manciata di foglie da quel ramo. Se ne sceglie una, si mette sulle labbra e si suona camminando, dimenticando anche i compagni di giochi per strada. Passano volando le libellule, si sentono .in lontananza le trebbiatrici e si vive quasi come in un sogno. Quando la cicala non canta più, e scende la sera all'improvviso, piena di ombre e di silenzio, allora una smania fa correre vorticosamente le gambe, e si corre a perdifiato nella sera, un po' impauriti ma davvero felici.


    Bertolucci osserva con sguardo nitido e partecipe il paesaggio, il mondo intorno a lui. Egli dirà: Il nostro occhio di continuo inquadra: sia che guardi un paesaggio o, che fa lo stesso, una strada di grande città, o una stanza deserta. Alle luci, cui in un film sapientemente pensa mettiamo uno Storaro, nella nostra giornata è il giro del sole, il primo addensarsi delle ombre che ci “pensa”.

    Per questo la sua poetica risulta essere solo in apparenza lineare e idillica e sarebbe riduttivo considerare le sue rime unicamente come semplici bozzetti impressionistici, poiché quei versi riescono a trasmettere emozioni e sentimenti con un sapiente uso del simbolismo. E quindi il paesaggio, quel paesaggio che ritroviamo anche in questo componimento fatto di giornate calde d’estate, di cicale, libellule, di fili d’erba messi in bocca per fischiare e di trebbiatrici al lavoro, risulta inquadrato da una cinepresa densa di memoria e storia. L’autobiografismo è il tratto dominante, con il suo mondo dell’infanzia, gli affetti, i luoghi cari, i ricordi, le tradizioni familiari dei quali Bertolucci si dimostra geloso poiché divengono per lui l’unico luogo di rifugio contro l’imbarbarimento della società e lo scempio del tempo che fugge e tutto cancella.

    Il ricordo della sua fanciullezza, quindi, è un sogno in cui perdersi e dal quale lasciarsi cullare, anche se quella corsa a perdifiato nella frescura della sera con la quale si conclude il componimento, ci lascia paurosi e felici.

     
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    la parafrasi di " La Danzatrice"di Foscolo

    Testo
    Spesso per l'altre età, se l'idioma
    D'Italia correrà puro a' nepoti,
    (è vostro, e voi, deh! lo serbate, o Grazie!)
    Tento ritrar ne' versi miei la sacra
    Danzatrice, men bella allor che siede,
    Men di te bella, o gentil sonatrice,
    Men amabil di te quando favelli,
    O nutrice dell'api. Ma se danza,
    Vedila! tutta l'armonia del suono
    Scorre dal suo bel corpo, e dal sorriso
    Della sua bocca; e un moto, un atto, un vezzo
    Manda agli sguardi venustà improvvisa.
    E chi pinger la può? Mentre a ritrarla
    Pongo industre lo sguardo, ecco m'elude,
    E le carole che lente disegna
    Affretta rapidissima, e s'invola
    Sorvolando su' fiori; appena veggio
    Il vel fuggente biancheggiar fra' mirti.

    PARAFRASI
    Spesso per le future generazioni, se la lingua italiana arriverà pura ai nostri nipoti, io cerco di rappresentare nei miei versi la danzatrice sacra alle Grazie, meno bella quando siede, meno bella di te, o nobile suonatrice d'arpa (Eleonora Nencini), meno amabile di te quando parli, o nutrice delle api (Cornelia Martinetti).
    Ma se danza, eccola! tutta l'armonia del suono si irradia dal suo bel corpo e dal sorriso della sua bocca; e un movimento, un gesto, una lusinga rivela improvvisamente agli sguardi degli astanti l'immagine di una bellezza nuova.
    E chi può definirla nei suoi rapidi movimenti? Mentre io fisso lo sguardo attento su di lei, ecco mi sfugge e affretta molto rapidamente i movimenti che prima disegnava lentamente, e poi si allontana sorvolando sui fiori, quasi senza toccarli; a stento vedo biancheggiare fra i mirti il velo fuggente.

     
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    Ugo Foscolo - Alla sera Parafrasi

    Forse perché tu sei l’immagine della morte, a me giungi cosi gradita, e sia quando sei seguita dalle nuvole e dai venti sereni sia quando dal nevoso cielo che porta neve e conduci sulla terra notti lunghe e burrascose, e occupi le vie più segrete del mio animo, placandolo dolcemente.
    Mi spingi a pensare alla via della morte e intanto se ne va via quest’ età malvagia, e insieme al tempo che se ne và se ne vanno anche le preoccupazioni.
    E mentre guardo la tua immagine di pace, dentro di me dorme la voglia di combattere che è dentro di me e mi invita a lottare e mi da tanta angoscia.


    Giuseppe Ungaretti - La madre Parafrasi

    E quando il cuore, con il suo ultimo battito, avrà fatto cadere “il muro d’ombra”, Per portarmi, Madre, Fino al Signore come quando eri in vita mi riprenderai per mano e sarai inginocchiata, decisa sarai come una Statua di fronte a Dio come gia ti vedeva quando eri viva alzerai le tue braccia tremanti per colpa dell'età anziana come quando moristi e dicesti: Eccomi Mio Dio e solo quando Dio mi avrà perdonato tu madre vorrai riguardarmi e ricorderai di avermi aspettato per tanto tempo e i tuoi occhi saranno pervasi da un veloce respiro

    Giacomo Leopardi - Il sabato del villaggio Parafrasi

    La ragazza torna dalla campagna al tramonto con il suo fascio di erba; e porta in mano un mazzolino di rose e di viole, con cui, come fa sempre, si ornerà il petto e i capelli per la festa della domenica. La vecchietta è seduta a filare sulle scale insieme alle vicine di casa, rivolta verso il tramonto; e racconta della sua gioventù, quando si ornava nei giorni di festa, e ancora giovane e bella era solita ballare con i suoi compagni di gioventù. Arriva il buio, il cielo torna sereno, e tornano le ombre delle colline e dei tetti illuminati dalla luna appena spuntata. La campana annuncia l'arrivo della festa; e quando la senti diresti che sei felice.
    I bambini riuniti nella piazzetta fanno un bel rumore con le loro urla e con i loro salti: e intanto fischiettando fa ritorno alla sua povera casa il contadino e fra sé pensa al riposo della domenica.
    Poi quando ogni altra luce è spenta e tutti tacciono, si sentono i colpi del martello, si sente la **** del falegname, che lavora chiuso nella sua bottega al lume della lanterna, e si affretta a terminare il lavoro entro l'alba.
    Questo è il giorno più bello della settimana,
    pieno di speranza e di gioia: le ore di domani porteranno tristezza e noia, e ciascuno tornerà a pensare alle solite preoccupazioni. Ragazzo felice, la gioventù è come un giorno pieno di felicità, un giorno luminoso, sereno, che precede la tua età adulta. Goditi il presente, fanciullo mio; questa è un'età lieta e felice. Non voglio dirti altro; ma non preoccuparti se il tuo giorno di festa tarda a venire.

    Umberto Saba - Il ritratto della mia bambina Parafrasi

    Mia figlia, venendo verso di me con la palla in mano e i suoi due occhi grandi e azzurri come il cielo e il leggero vestito estivo che indossava, mi disse: "Babbo oggi voglio uscire con te. Intanto io dicevo dentro di me, io so bene di tante cose che si ammirano a questo mondo a quali posso assomigliare la mia bambina. Di sicuro alla schiuma del mare che biancheggia sulle onde , alla scia di fumo che esce dai tetti e sembra azzurra sul cielo e il vento disperde anche alle nubi che non provano sentimento e alle cose che hanno la leggerezza a la mutevolezza.


    Emily Dickinson - Portami il tramonto in una tazza Parafrasi

    Portami il tramonto qui vicino, dimmi quante mattine abbiamo visto, dimmi quante albe abbiamo visto,
    dimmi fino a quando dorme dio che ha creato il cielo. Scrivi i suoni del bosco che ha vissuto il pettirosso e i viaggi della tartaruga e quello di cui si nutre l'ape,ossia il polline.
    E ancora chi ha creato l'arcobaleno e le nuvole e ancora quello che ha creato le stallattiti e le onde
    per vedere che non ne manchi nessuna chi costrui questa casa bianca e chiuse le finestre sbarrandole che io non posso vedere ma solo immaginare chi mi farà uscire quando sarà il giorno di festa e mi darà le ali per volare via agghindato come un re.

     
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    la rosa bianca di bertolucci

    niziamo col dire che il poeta è nato in una famiglia della media borghesia agraria di Parma, il 18 novembre 1911, egli trascorrerà l'intera infanzia, a San Prospero, nella sua casa di campagna. Completati gli studi, si trasferì a Bologna per frequentare l'Università 'Alma Mater Studiorum' prendendo ad indirizzo giurisprudenza, passò poi a lettere ove assistette alle lezioni di Roberto Longhi (grande storico dell'arte) e fece amicizia con Giorgio Bassani (scrittore di varie opera, fra cui ti cito "Il giardino dei Finzi-Contini"). Già a diciottanni, Bertolucci, pubblica le sue prime raccolte poetiche. Nel 1951 si trasferisce a Roma su invito del Longhi che lo invita a collaborare nella rivista mensile di arti figurative e letteratura "Paragone", in seguito scriverà anche nei quotidiani "La gazzetta di Parma" e "Il giorno"; e dirigerà l'importante collana di poesia "La Fenice" dell'editore Guanda. Nel 1955 fu chiamato da Enrico Mattei (il primo presidente dell'Eni) a dirigere la rivista aziendale "Il gatto selvatico" a cui chiamò a collaborare, accanto a grandi firme del giornalismo, anche poeti e scrittori. Due anni dopo fonderà grazie alla sponsorizzazione di Pietro Barilla (ex-titolare della multinazionale alimentare) sotto la direzione di Roberto Tassi, la rivista letteraria "La Palatina". Nel 1971, raccoglie le poesie scritte fra il 1955 ed il 1970, nella raccolta il "Viaggio d'inverno". Altre raccolte furono pubblicate più recentemente si tratta delle "Le poesie" risalenti al 1990, "Al fuoco calmo dei giorni" e "Aritmie" entrambe del 1991, "Verso le sorgenti del Cinghio" del 1993, "Imitazioni" e "I versi nel tempo" entrambe del 1994 e "La lucertola di Casarola" del 1997, ultima opera che il poeta ci ha lasciato prima di morire a Roma, 14 giugno 2000 e fu sepolto nella Cappella di famiglia al Cimitero della Villetta a Parma.

    La poesia di cui stai parlando è stata da lui scritta all'età di 22 anni ed inserita nella raccolta "Fuochi in novembre" un registro dei fondamentali legami affettivi (il desiderio di vivere, l’amore, la famiglia, la scoperta continua della bellezza) che immancabilmente venivano inquinati e sminuiti dalla sua paura per la morte e la percezione della fine inesorabile sempre incombente. La fortuna di tale raccolta fu che venne quasi subito recensita dal Montale che l'apprezzo molto.

    LA ROSA BIANCA [pubblicata nel 1934, e nella raccolta "Fuochi in novembre"]

    Coglierò per te
    l'ultima rosa del giardino,
    la rosa bianca che fiorisce
    nelle prime nebbie.
    Le avide api l'hanno visitata
    sino a ieri,
    ma è ancora così dolce
    che fa tremare.
    E' un ritratto di te a trent'anni,
    un po' smemorata, come tu sarai allora.

    La donna che nei versi resta celata è Ninetta Giovanardi, che il poeta sposerà e che sarà compagna di tutta la sua vita. Tale rosa bianca tardiva, diventa l'omaggio alla donna amata, fiorita nel cuore dell’autunno e resistita alle api bottinatrici e alle nebbie, nel poeta genera uno strano paragone con la ragazza: ne vede un ritratto futuro, spostato 10 anni avanti nel tempo; l’amata allora sarà trentenne, simile a quella rosa in tutta la sua dolcezza, avviata ad un tempo che non ricorda il passato, che vive del presente e del suo quotidiano.

    In sintesi potremmo definire il Bertolucci con una semplice parafrasi "Uno dei più alti poeti del Novecento sulla cui pena della quotidianità incombe la morte...
    Fonti:
    http://it.answers.yahoo.com/question/ind…

     
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    parafrasi di "Priamo alla tenda di Achille" da verso 477 a 672

    coetaneo mio, come me sulla soglia tetra della vecchiaia,
    Mio coetaneo sia te che io stiamo invecchiando
    e lo tormentano forse i vicini, standogli intorno,
    e forse era infastidito dalle persone che erano vicino e gli stavano intorno
    perché non c’è nessuno che il danno ed il male allontani.
    perchè nessuno di loro è in grado di evitare i danni o allontanar eil male
    Pure sentendo dire che tu ancora sei vivo,
    per sentendo dire che sei ancora vivo
    Gode in cuore, e spera ogni giorno
    il cuore si rallegra e ogni giorno spera
    di vedere il figliuolo tornare da *****.
    che il figlio torni da *****
    Ma io sono infelice del tutto, che generai forti figli
    ma io mi rallegro di tutto, del fatto che ho generato figli forti
    nell’ampia *****, e non me ne resta nessuno.
    nella grande Troai, e non me ne resta in vita nessuno
    Cinquanta ne avevo quando vennero i figli dei Danai,
    avevo 50 figli prima che vennero a ***** i discendenti dei Danai
    e diciannove venivano tutti da un seno,
    e 19 erano tutti figli della stessa donna
    gli altri altre donne me li partorirono in casa:
    lgi altri li ho avuti con latre donne che me lipartorirono in casa
    ma Ares furente ha sciolto i ginocchi di molti,
    Ma ares in preda a rabbia ha scuolto le gambe a molte perosone
    e quello che solo restava, che proteggeva la rocca e la gente,
    e l'unico che era rimasto a proteggere la città e la gente
    tu ieri l’hai ucciso, mentre per la sua patria lottava,
    lo hai ucciso tu ieri, mentre lottava per la tua stessa patria
    Ettore... Per lui vengo ora alle navi dei Danai,
    Ettore...Per lui ora io vengo alle navi dei Danai
    per riscattarlo da te, ti porto doni infiniti.
    per riprenderlo da te in cambio di infiniti doni
    Achille, rispetta i numi, abbi pietà di me,
    Achille rispetta gli déi e mostrami pietà
    pensando al padre tuo: ma io son piú misero,
    pensa a me come fossi tuo padre ma ricorda che io sono più sofferente di lui
    ho patito quanto nessun altro mortale,
    perchè ho sofferto più di ogni altro uomo
    portare alla bocca la mano dell’uomo che ha ucciso i miei figli! "
    baciare con la mia bocca la mano dell'assassino dei miei figli
    Disse cosí, e gli fece nascere brama di piangere il padre:
    Disse così e Achille ebbe voglia di piangere ricordandosi sdi suo padre
    allora gli prese la mano e scostò piano il vecchio;
    allora prese la mano di Priamo e lo allontano piano

     
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    "Dichiarazione"- Pietro Jahier

    Altri morirà per la Storia d'Italia volentieri
    e forse qualcuno per risolvere in qualche modo la vita.
    Ma io per far compagnia a questo popolo digiuno
    che non sa perchè va a morire
    popolo che muore in guerra perchè"mi vuol bene"
    "per me" nei suoi sessanta uomini comandati
    siccome è il giorno che tocca morire.
    Altri morirà per le medaglie e per le ovazioni
    ma io per questo popolo illetterato
    che non prepara guerra perchè dimiseria ha campato
    la miseria che non fa guerre, ma semmai rivoluzioni.
    Altri morirà per la sua vita
    ma io per questo popolo che fa i suoi figlioli
    perchè sotto coperte non si conosce miseria
    popolo che accende il suo fuoco solo a mattina
    popolo che di osteria fa scuola
    popolo noin guidato, sublime materia.
    Altri morirà solo, ma io sempre accompagnato:
    eccomi, come davo alla ruota la mia spalla facchina
    e ora, invece, la vita
    Sotto ragazzi,
    se non si muore
    si riposerà allo spedale.
    Ma se si dovresse morire
    basterà un giorno di sole
    e tutta Italia ricomincerà a cantare.

    Pietro Jahier
    COMMENTO
    La poesia Dichiarazione, posta in epigrafe a Con me e con gli alpini, è la spiegazione dei motivi per cui l’autore è andato a combattere e rischiare la vita. Ripercorrendo i motivi di rischiare la vita attribuiti ad altri, si possono definire gli atteggiamenti verso la guerra che Jahier rifiuta. Per Jahier la guerra è un’occasione per rompere l’isolamento dell’intellettuale affratellandosi al popolo soldato; questa esaltazione del popolo non è priva di paternalismo: il popolo "non sa perché va a morire", e tocca all’intellettuale guidarlo. Si può interpretare da questo punto di vista la definizione del popolo come "sublime materia". La poesia è costituita su una elementare struttura di parallelismi ("Altri morirà…Ma io"), ripetizioni, anafore. Il lessico e la sintassi semplici, le espressioni di sapore proverbiale ("sotto le coperte non si conosce miseria", "di osteria fa scuola") esprimono la volontà di rinnovare il linguaggio poetico ancorandolo al parlato popolare. Il verso libero è privo di particolari effetti ritmici, quasi una via di mezzo tra verso e prosa.

     
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    CITAZIONE (Lussy60 @ 19/11/2010, 18:37) 
    analisi poesie
    Il Gelsomino Notturno e Temporale (Giovanni Pascoli)

    Temporale

    È una miniatura nella quale troviamo concentrati gli elementi significativi del lavoro poetico pascoliano; nell'ordine:

    L'onomatopea: "bubbolìo" (il rombo lontano del tuono);
    La sintassi breve: c'è un solo verbo, "rosseggia";
    Le parole del lessico quotidiano: "pece", "stracci";
    Il tema della casa, metonimia della famiglia ma soprattutto della madre, intese come rifugio e fuga dal mondo. È il marchio poetico pascoliano, legato da un lato al trauma infantile della perdita drammatica di entrambi i genitori, e dall'altro al costante tentativo di ricostituire il mondo perduto che ispirò tutta la sua esistenza.
    L'analogia: "un'ala di gabbiano", qui scelto per la sua qualità di volatile capace di contrastare alla violenza della bufera. È da sottolineare l'efficacia di questa locuzione che si staglia, nella brevità di un singolo verso, a suggellare l'idea della forza protettiva.

    In questo percorso i versi "Rosseggia l'orizzonte" "Nero di pece a monte", e "Stracci di nubi chiare" descrivono l'ambiente attraverso tre colori: il Rosso, il Nero e il Bianco. I due primi colori danno sensazioni sia di violenza, il rosso che di paura il nero; mentre il terzo, il bianco, inserisce una nota positiva rafforzata subito dopo, sia dal casolare, simbolo di sicurezza, che dal gabbiano, immagine della fuga. E' possibile cogliere un collegamento con S. Martino di G. Carducci dove l'autore parla di: "Ceppi accesi.. rossastre nubi... uccelli neri".
    "A mare" e "un casolare" creano rima per cui i due versi sono uniti molto saldamente .La sensazione che trasmettono è quella dell'oppressione e dell'angoscia soprattutto per i termini: "affocato" e "nero". Il tema della casa viene ripreso dal poeta anche nella poesia " Il lampo" con analoghe caratteristiche di rifugio rispetto allo scatenarsi terrificante degli elementi.


    PARAFRASI
    Il brontolio di un tuono lontano…
    L’orizzonte si accende si rosso,
    come se fosse di fuoco, verso il mare;
    sui monti il cielo è nero come la pece,
    in mezzo vi sono cirri bianchi:
    tra le nuvole nere c’è un casolare:
    un’ala di gabbiano.






    Il Gelsomino Notturno

    ANALISI DEL TESTO:
    IL GELSOMINO NOTTURNO


    COMPRENSIONE COMPLESSIVA:

    Qual è il tema fondamentale della lirica, scritta in occasione del matrimonio dell’amico?

    Il tema fondamentale della lirica è la prima notte di nozze dell’amico Gabriele Briganti, notte in cui è stato concepito il piccolo Dante Gabriele Giovanni.

    Quali sensazioni e impressioni vuole suggerire?

    Con quest’opera, il poeta ci descrive la prima notte di nozze e parla del rito di fecondazione, visto dal poeta come una violenza inferta alla carne. Egli ci trasmette la sua inquietezza e la sua infelicità nei confronti del sesso, rivelando un misto di attrazione e repulsione per il corpo femminile.

    Ci sono metafore significative? Di che tipo? E cosa stanno a significare?

    Nel testo vi sono molte metafore significative, la più evidente è la figura del gelsomino notturno, infatti questo fiore viene paragonato al rito di fecondazione proprio per la sua caratteristica di schiudersi la notte e di esalare il suo profumo penetrante ed inebriante, inoltre il suo colore rosso, simbolo della passione, si fonde con il suo profumo dolce ed invitante, ma all’alba i petali del fiore si chiudono un po’ gualciti: è proprio questa l’idea che il poeta ha del sesso e che ha voluto trasmetterci con quest’opera.

    C’è ricorso al simbolismo? Con quale funzione?

    Quest’opera è uno dei grandi esempi del simbolismo pascoliano. In essa vi è descritta una magica notte ricca di esistenze, movimenti ed eventi, ma le sensazioni che essa sprigiona sono legate da corrispondenze ed allusioni, le quali creano un clima ambiguo in cui viene esaltata la sensualità, il vagheggiamento del fiorire della vita, il senso di solitudine ed il ricordo dei morti. Il ricorso al simbolismo è maggiormente evidente soprattutto in due punti: quando parla dell’ape tardiva e quando parla dell’aia del cielo su cui si muove la chioccia seguita dal suo pigolio di stelle. Nel primo caso, l’ape tardiva, esclusa dall’alveare che si aggira nella sua più totale solitudine, rappresenta ed impersonifica la figura del poeta: solo, chiuso nel suo nido familiare e destinato a non avere una sua famiglia dove poter essere un sereno e appagato padre di famiglia. Nel secondo caso, invece, il cielo è l’aia su cui si muove la chioccia e le stelle sono i pulcini che la seguono pigolando.

    ANALISI DEL TESTO:

    Il testo, a livello metrico-ritmico, è diviso in quartine, i versi sono dei novenari, le rime sono alternate e vi sono molti enjambements, come per esempio: “Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse.”, “Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento.”.
    Quale rapporto esiste tra i primi due versi e gli altri di ogni strofa?

    Nei primi due versi di ogni strofa sono presenti le metafore più significative dell’opera, mentre nel resto di ogni strofa sono rappresentati i sentimenti dell’autore; inoltre nei primi due versi sono presenti, di norma, degli enjambements.

    La lirica comincia con la congiunzione “e”. Quale valore assume, a tuo avviso, la congiunzione?

    La congiunzione “e”, a mio avviso rappresenta il proseguimento di un discorso iniziato precedentemente, dato che di solito non è corretto iniziare un componimento con una congiunzione, anche se in quest’opera la congiunzione rappresenta la frantumazione del testo.

    Cosa suggerisce il verbo “bisbiglia” riferito ad una casa?

    In quest’opera, il verbo “bisbiglia” si riferisce al rumorio ed al bisbiglio di voci che provengono dalla casa.
    Questo verbo vuole, dunque, sottolineare la presenza di qualcuno ancora sveglio all’interno della casa; il tutto nel silenzio della notte dove solo quella casa è ancora illuminata.

    Evidenziate le sinestesie presenti nella lirica.

    La sinestesia più evidente di questa lirica è il pigolio di stelle, dal quale possiamo notare che una sensazione ottica, data dalla luminosità delle stelle, evoca una sensazione fonica, quale il pigolio dei pulcini.
    Altrettanto visibile è la sinestesia riguardante il gelsomino che si schiude durante la notte, poiché una sensazione ottica, data dalla corolla del gelsomino che si apre, evoca una sensazione olfattiva, quale l’odore inebriante di fragole notturne.

    “Sotto l’ali dormono i nidi” che valore assume il termine nido? Può essere contrapposto a casa? E perché?

    Il termine “nido”, in questo caso, non indica il rifugio in cui vivono gli uccelli, esso indica la protezione che gli uccelli trovano dormendo sotto le ali protettrici dei genitori. Questo termine può essere sicuramente contrapposto alla casa nuziale in quanto il nido, un tema fondamentale del poeta, è inteso come l’immagine chiusa, gelosa e rassicurante dove i piccoli sono protetti dal calore dei grandi, in cui vi sono solo i rapporti affettivi tra genitori e figli ed il sesso inquietante è assente, mentre la casa nuziale è il luogo in cui si consuma il rito amoroso, quindi è vista dal poeta come un luogo inquietante che contraddice l’ideologia che egli ha del nido.

    Quali aspetti della sensualità vengono evidenziati nella lirica?

    I sensi maggiormente evidenziati sono l’udito e l’olfatto, come per esempio il rumore proveniente dalla casa, l’esalazione del profumo di fragole rosse e l’odore di gelsomini schiusi portato dal vento.

    APPROFONDIMENTI:

    Riflettere sul significato del nido nella poesia del Pascoli con precisi riferimenti ad altre opere lette dell’autore.

    Il nido rispecchia perfettamente l’idea pascoliana della famiglia, esso è infatti uno dei temi centrali della sua poesia. Egli ha un legame morboso e ossessivo nei confronti del suo nido ormai distrutto dalla morte del padre, della madre, dei due fratelli e della sorella.
    Questo tipo di attaccamento alla famiglia non ha permesso all’autore di avere relazioni amorose poiché egli pensava che le due sorelle che gli erano rimaste avrebbero potuto soddisfare tutte le sue esigenze affettive; egli, infatti, era morbosamente legato alle sorelle, in modo talmente ossessivo che quando una delle due si sposò reagì con una crisi depressiva vedendolo come un tradimento personale.
    Una delle poesie che rispecchia maggiormente questa sua visione della famiglia è “X agosto”, giorno in cui avvenne l’uccisione del padre e che portò alla frantumazione del nido. In quest’opera l’analogia tra la rondine ed il padre non riguarda solo la loro morte, avvenuta per entrambi il giorno di S. Lorenzo, ma anche nel fatto che sia la rondine sia il padre vengano violentemente esclusi dal nido.
    I legami ossessivi nei confronti della famiglia proteggono il poeta dal mondo esterno, colmo di insidie e di cattiverie, escludendolo dalla vita sociale e spingendolo verso una fedeltà ossessiva nei confronti dei morti.

    Contestualizzate il testo in rapporto alla cultura del decadentismo.

    Quest’opera di Pascoli ha, naturalmente, molti elementi in comune con il decadentismo, in particolare: la fedeltà ossessiva nei confronti dei morti, la musicalità del verso, le metafore, le sinestesie, le onomatopee, in numerosi enjambements, il simbolismo, l’esclusione dell’io del poeta all’interno dell’opera e l’esaltazione della natura.

    avrei bisogno della parafrasi di giuseppe ungaretti dove la luce??????????????????????

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    CITAZIONE (sonia_.22@hotmail.it @ 9/10/2012, 16:10) 
    CITAZIONE (Lussy60 @ 19/11/2010, 18:37) 
    analisi poesie
    Il Gelsomino Notturno e Temporale (Giovanni Pascoli)

    Temporale

    È una miniatura nella quale troviamo concentrati gli elementi significativi del lavoro poetico pascoliano; nell'ordine:

    L'onomatopea: "bubbolìo" (il rombo lontano del tuono);
    La sintassi breve: c'è un solo verbo, "rosseggia";
    Le parole del lessico quotidiano: "pece", "stracci";
    Il tema della casa, metonimia della famiglia ma soprattutto della madre, intese come rifugio e fuga dal mondo. È il marchio poetico pascoliano, legato da un lato al trauma infantile della perdita drammatica di entrambi i genitori, e dall'altro al costante tentativo di ricostituire il mondo perduto che ispirò tutta la sua esistenza.
    L'analogia: "un'ala di gabbiano", qui scelto per la sua qualità di volatile capace di contrastare alla violenza della bufera. È da sottolineare l'efficacia di questa locuzione che si staglia, nella brevità di un singolo verso, a suggellare l'idea della forza protettiva.

    In questo percorso i versi "Rosseggia l'orizzonte" "Nero di pece a monte", e "Stracci di nubi chiare" descrivono l'ambiente attraverso tre colori: il Rosso, il Nero e il Bianco. I due primi colori danno sensazioni sia di violenza, il rosso che di paura il nero; mentre il terzo, il bianco, inserisce una nota positiva rafforzata subito dopo, sia dal casolare, simbolo di sicurezza, che dal gabbiano, immagine della fuga. E' possibile cogliere un collegamento con S. Martino di G. Carducci dove l'autore parla di: "Ceppi accesi.. rossastre nubi... uccelli neri".
    "A mare" e "un casolare" creano rima per cui i due versi sono uniti molto saldamente .La sensazione che trasmettono è quella dell'oppressione e dell'angoscia soprattutto per i termini: "affocato" e "nero". Il tema della casa viene ripreso dal poeta anche nella poesia " Il lampo" con analoghe caratteristiche di rifugio rispetto allo scatenarsi terrificante degli elementi.


    PARAFRASI
    Il brontolio di un tuono lontano…
    L’orizzonte si accende si rosso,
    come se fosse di fuoco, verso il mare;
    sui monti il cielo è nero come la pece,
    in mezzo vi sono cirri bianchi:
    tra le nuvole nere c’è un casolare:
    un’ala di gabbiano.






    Il Gelsomino Notturno

    ANALISI DEL TESTO:
    IL GELSOMINO NOTTURNO


    COMPRENSIONE COMPLESSIVA:

    Qual è il tema fondamentale della lirica, scritta in occasione del matrimonio dell’amico?

    Il tema fondamentale della lirica è la prima notte di nozze dell’amico Gabriele Briganti, notte in cui è stato concepito il piccolo Dante Gabriele Giovanni.

    Quali sensazioni e impressioni vuole suggerire?

    Con quest’opera, il poeta ci descrive la prima notte di nozze e parla del rito di fecondazione, visto dal poeta come una violenza inferta alla carne. Egli ci trasmette la sua inquietezza e la sua infelicità nei confronti del sesso, rivelando un misto di attrazione e repulsione per il corpo femminile.

    Ci sono metafore significative? Di che tipo? E cosa stanno a significare?

    Nel testo vi sono molte metafore significative, la più evidente è la figura del gelsomino notturno, infatti questo fiore viene paragonato al rito di fecondazione proprio per la sua caratteristica di schiudersi la notte e di esalare il suo profumo penetrante ed inebriante, inoltre il suo colore rosso, simbolo della passione, si fonde con il suo profumo dolce ed invitante, ma all’alba i petali del fiore si chiudono un po’ gualciti: è proprio questa l’idea che il poeta ha del sesso e che ha voluto trasmetterci con quest’opera.

    C’è ricorso al simbolismo? Con quale funzione?

    Quest’opera è uno dei grandi esempi del simbolismo pascoliano. In essa vi è descritta una magica notte ricca di esistenze, movimenti ed eventi, ma le sensazioni che essa sprigiona sono legate da corrispondenze ed allusioni, le quali creano un clima ambiguo in cui viene esaltata la sensualità, il vagheggiamento del fiorire della vita, il senso di solitudine ed il ricordo dei morti. Il ricorso al simbolismo è maggiormente evidente soprattutto in due punti: quando parla dell’ape tardiva e quando parla dell’aia del cielo su cui si muove la chioccia seguita dal suo pigolio di stelle. Nel primo caso, l’ape tardiva, esclusa dall’alveare che si aggira nella sua più totale solitudine, rappresenta ed impersonifica la figura del poeta: solo, chiuso nel suo nido familiare e destinato a non avere una sua famiglia dove poter essere un sereno e appagato padre di famiglia. Nel secondo caso, invece, il cielo è l’aia su cui si muove la chioccia e le stelle sono i pulcini che la seguono pigolando.

    ANALISI DEL TESTO:

    Il testo, a livello metrico-ritmico, è diviso in quartine, i versi sono dei novenari, le rime sono alternate e vi sono molti enjambements, come per esempio: “Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse.”, “Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento.”.
    Quale rapporto esiste tra i primi due versi e gli altri di ogni strofa?

    Nei primi due versi di ogni strofa sono presenti le metafore più significative dell’opera, mentre nel resto di ogni strofa sono rappresentati i sentimenti dell’autore; inoltre nei primi due versi sono presenti, di norma, degli enjambements.

    La lirica comincia con la congiunzione “e”. Quale valore assume, a tuo avviso, la congiunzione?

    La congiunzione “e”, a mio avviso rappresenta il proseguimento di un discorso iniziato precedentemente, dato che di solito non è corretto iniziare un componimento con una congiunzione, anche se in quest’opera la congiunzione rappresenta la frantumazione del testo.

    Cosa suggerisce il verbo “bisbiglia” riferito ad una casa?

    In quest’opera, il verbo “bisbiglia” si riferisce al rumorio ed al bisbiglio di voci che provengono dalla casa.
    Questo verbo vuole, dunque, sottolineare la presenza di qualcuno ancora sveglio all’interno della casa; il tutto nel silenzio della notte dove solo quella casa è ancora illuminata.

    Evidenziate le sinestesie presenti nella lirica.

    La sinestesia più evidente di questa lirica è il pigolio di stelle, dal quale possiamo notare che una sensazione ottica, data dalla luminosità delle stelle, evoca una sensazione fonica, quale il pigolio dei pulcini.
    Altrettanto visibile è la sinestesia riguardante il gelsomino che si schiude durante la notte, poiché una sensazione ottica, data dalla corolla del gelsomino che si apre, evoca una sensazione olfattiva, quale l’odore inebriante di fragole notturne.

    “Sotto l’ali dormono i nidi” che valore assume il termine nido? Può essere contrapposto a casa? E perché?

    Il termine “nido”, in questo caso, non indica il rifugio in cui vivono gli uccelli, esso indica la protezione che gli uccelli trovano dormendo sotto le ali protettrici dei genitori. Questo termine può essere sicuramente contrapposto alla casa nuziale in quanto il nido, un tema fondamentale del poeta, è inteso come l’immagine chiusa, gelosa e rassicurante dove i piccoli sono protetti dal calore dei grandi, in cui vi sono solo i rapporti affettivi tra genitori e figli ed il sesso inquietante è assente, mentre la casa nuziale è il luogo in cui si consuma il rito amoroso, quindi è vista dal poeta come un luogo inquietante che contraddice l’ideologia che egli ha del nido.

    Quali aspetti della sensualità vengono evidenziati nella lirica?

    I sensi maggiormente evidenziati sono l’udito e l’olfatto, come per esempio il rumore proveniente dalla casa, l’esalazione del profumo di fragole rosse e l’odore di gelsomini schiusi portato dal vento.

    APPROFONDIMENTI:

    Riflettere sul significato del nido nella poesia del Pascoli con precisi riferimenti ad altre opere lette dell’autore.

    Il nido rispecchia perfettamente l’idea pascoliana della famiglia, esso è infatti uno dei temi centrali della sua poesia. Egli ha un legame morboso e ossessivo nei confronti del suo nido ormai distrutto dalla morte del padre, della madre, dei due fratelli e della sorella.
    Questo tipo di attaccamento alla famiglia non ha permesso all’autore di avere relazioni amorose poiché egli pensava che le due sorelle che gli erano rimaste avrebbero potuto soddisfare tutte le sue esigenze affettive; egli, infatti, era morbosamente legato alle sorelle, in modo talmente ossessivo che quando una delle due si sposò reagì con una crisi depressiva vedendolo come un tradimento personale.
    Una delle poesie che rispecchia maggiormente questa sua visione della famiglia è “X agosto”, giorno in cui avvenne l’uccisione del padre e che portò alla frantumazione del nido. In quest’opera l’analogia tra la rondine ed il padre non riguarda solo la loro morte, avvenuta per entrambi il giorno di S. Lorenzo, ma anche nel fatto che sia la rondine sia il padre vengano violentemente esclusi dal nido.
    I legami ossessivi nei confronti della famiglia proteggono il poeta dal mondo esterno, colmo di insidie e di cattiverie, escludendolo dalla vita sociale e spingendolo verso una fedeltà ossessiva nei confronti dei morti.

    Contestualizzate il testo in rapporto alla cultura del decadentismo.

    Quest’opera di Pascoli ha, naturalmente, molti elementi in comune con il decadentismo, in particolare: la fedeltà ossessiva nei confronti dei morti, la musicalità del verso, le metafore, le sinestesie, le onomatopee, in numerosi enjambements, il simbolismo, l’esclusione dell’io del poeta all’interno dell’opera e l’esaltazione della natura.

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    Edited by gheagabry - 9/10/2012, 21:04
     
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  15. gheagabry
     
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    User deleted



    magari un perfavore sarebbe piacevole sentirlo
     
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181 replies since 11/11/2010, 13:34   260131 views
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