PARAFRASI

tutte quelle che servono sono qui!!!

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  1. chikka99
     
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    MI POTRESTI FARE LA PARAFRASI DI "MEZZANOTTE?" QUELLA DI PASCOLI, POSSIBBILMENTE ENTRO OGGI... LO SO, NON CE LA FARAI MAI, COMUNQUE GRAZIE.
     
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    CITAZIONE (chikka99 @ 13/3/2013, 19:48) 
    MI POTRESTI FARE LA PARAFRASI DI "MEZZANOTTE?" QUELLA DI PASCOLI, POSSIBBILMENTE ENTRO OGGI... LO SO, NON CE LA FARAI MAI, COMUNQUE GRAZIE.

    :1285603081.gif: scusa non conosco questa poesia..potresti mettere il testo?..em..non e' che si tratta di..


    "Le ciaramelle" di Giovanni Pascoli

    PARAFRASI


    1) In una sera stellata si sente in lontananza una canzone di ninne nanne prodotta tante ciaramelle. I lumi si accendono nelle capanne.
    2) Da monti cupi sono giunti, queste ciaramelle mute. (3° frase non riesco a tradurre )tutte le persone gentili e sfortunate.
    3)Tutti si ritirano dal proprio capanno e sotto i bastoni una luce accendono. Le luci son d’oscurità e malavoglia, di leggeri passi e di voce pesante.
    4) Canti luminosi si compiono attorno, nei giacigli e vicino alle piante, assomiglia al paese, precedentemente il dì, un minuscolo gigante presepe.
    5)Nel cielo cristallino ogni stella sembra aspettar; eccole le ciaramelle in rilievo, il soffice canto di preghiera;
    6)suono di chiesa, suono di piccolo cortile, suono di abitazione, suono di lettino, suono di madre, suono del nostro gentile e scorso pianto di niente.
    7) O ciaramelle degli anni iniziali, avanti al dì, avanti alla verità, adesso che le stelle sono lassù bellissime, (parola non capita =conscie ) del piccolo mistero che ci appartiene;
    8) che appena si pensa al pane, quando il fuoco accendiamo, prima dell’urlo delle campane, fateci quindi lacrimare un po’.
    9) Non più di niente, sì di una cosa, tante cose! Ma il nostro cuore lo desidera, il pianto enorme che infine dorme, quell’immensa sofferenza che alla fine non duole;
    10 )sulle nuove pene sue vere vuole quei singulti senza motivo: sopra il suo martòro, sul suo piacimento, vuole quelle vecchie lacrime dolci.

    :1285603081.gif:
     
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  3. chikka99
     
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    Otto... nove... anche un tocco: e lenta scorre
    l'ora; ed un altro... un altro. Uggiola un cane.
    Un chiù singhiozza da non so qual torre.

    È mezzanotte. Un doppio suon di pesta
    s'ode, che passa. C'è per vie lontane
    un rotolìo di carri che s'arresta

    di colpo. Tutto è chiuso, senza forme,
    senza colori, senza vita. Brilla,
    sola nel mezzo alla città che dorme,
    una finestra, come una pupilla

    aperta. Uomo che vegli nella stanza
    illuminata, chi ti fa vegliare?
    dolore antico o giovine speranza?

    ECCOTI IL TESTO, MI POTRESTI FARE L'ANALISI RETORICA? GRAZIE :D
     
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    CITAZIONE (chikka99 @ 20/3/2013, 19:06) 
    Otto... nove... anche un tocco: e lenta scorre
    l'ora; ed un altro... un altro. Uggiola un cane.
    Un chiù singhiozza da non so qual torre.

    È mezzanotte. Un doppio suon di pesta
    s'ode, che passa. C'è per vie lontane
    un rotolìo di carri che s'arresta

    di colpo. Tutto è chiuso, senza forme,
    senza colori, senza vita. Brilla,
    sola nel mezzo alla città che dorme,
    una finestra, come una pupilla

    aperta. Uomo che vegli nella stanza
    illuminata, chi ti fa vegliare?
    dolore antico o giovine speranza?

    ECCOTI IL TESTO, MI POTRESTI FARE L'ANALISI RETORICA? GRAZIE :D

    ciao..,questa poesia e' tratta da..
    Pascoli, Giovanni - Myricae

    prova a dare un occhiata qui..clikkk
     
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  5. gheagabry
     
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    X Agosto da myricae

    X Agosto
    San Lorenzo ,io so perché tanto
    Di stelle per l’aria tranquilla
    Arde e cade, perché sì gran pianto
    Nel concavo cielo sfavilla.

    Ritornava una rondine al tetto:
    l’uccisero:cadde tra spini:
    ella aveva nel becco un insetto:
    la cena de’ suoi rondinini,

    Ora è là, come in croce, che tende
    quel verme a quel cielo lontano;
    e il suo nido è nell’ombra ,che attende,
    che pigola sempre più piano.

    anche un uomo tornava al suo nido:
    l'uccisero:disse: perdono;
    e restò negli aperti occhi un grido:
    portava due bambole in dono...

    Ora là nella casa romita,
    lo aspettano, lo aspettano in vano:
    egli immobile, attonito, addita
    le bambole al cielo lontano

    e tu ,cielo, dall’alto dei mondi
    sereni, infinito, immortale,
    oh! D’un pianto di stelle lo inondi
    quest’atomo opaco del male!


    analisi del testo
    1. nella prima strofa Pascoli paragona il cader delle stelle al pianto del cielo per la morte del padre.
    2. nella seconda vuole paragonare la morte della rondine alla morte del padre entrambi assassinati.
    3. nella terza strofa descrive gli ultimi attimi di vita della rondine che continua a preoccuparsi dei suoi piccoli
    4. questa strofa è speculare alla 2°,e come la rondine il padre portava un dono a casa
    5. speculare alla 3°si paragona ai piccoli della rondine che aspettano invano il ritorno del genitore
    6. è speculare alla 1°parla del mondo e del cielo, paragonando il cader delle stelle ad un pianto
    Giovanni Pascoli
    la vita
    Giovanni pascoli nasce il 31 dicembre 1855 in provincia di Forlì.
    A sette anni Pascoli entra nel collegio degli Scolopi, a Urbino;ma il 10 agosto 1867, una tragedia sconvolge la vita di Pascoli il padre Ruggero Pascoli viene assassinato ma questo è solo il primo dei lutti familiari nella vita di Pascoli, infatti nel 1868 muoiono Margherita la sorella maggiore e la madre nel 1871 il fratello Luigi.
    Lasciato il collegio a causa delle difficoltà economiche, Giovanni si trasferisce a Rimini .dove nel 1873 grazie a una borsa di studio ricomincia gli studi alla facoltà di lettere dell’ università di Bologna. Avvicinandosi al socialismo , partecipa a una manifestazione studentesca contro il ministro Ruggero Borghi in seguito alla quale viene privato del sussidio ;e nel 1876 la more del fratello peggiora maggiormente la situazione economica di Pascoli. 1882 riottene di nuovo il sussidio e si laurea con la lode. Dopo il matrimonio della sorella Ida che il poeta vive come un abbandono Pascoli compra una casa a Castelvecchio,dove intende ricostruire il “nido familiare”. Nel 1905 ottenne la cattedra di letteratura italiana all’università di Bologna che era stata di Carducci .1912 muore a causa di un male incurabile.
    Le opere
    Le opere letterarie più importanti di pascoli sono:
    1. Myricae (1891/1°edizione-1902/edizione definitiva)
    2. il fanciullino(1897/1°edizione-1907/edizione definitiva)
    3. poemetti(1897/1°edizione)
    4. canti di castelvecchio(1903/1°edizione-1912/edizione definitiva).
    commento
    in questa poesia si nota come Pascoli usi l'infinitamente grande descrivendo un cielo concavo,e l'infinitamentepiccolo riducendola Terra ad un atomo .Per quanto riguarda il mio parere questa poesia trasmette un senzo di malinconia al lettore. é stata scritta da Pascoli in un momento di grande sconforto ed esso fa piangere anche il cielo per la scomparsa de padre poichè esso è stato assasinato la notte di San Lorenzo appunto il 10 Agosto notte in cui cadono le stalle .

    commento del x agosto

    La poesia X agosto è stata scritta da Giovanni pascoli in onore della morte del padre avvenuta la notte di S. Lorenzo,misteriosamente assassinato. La caratteristica principale di Pascoli in questa poesia è l’ aver utilizzato l’infinitamente piccolo, riducendo la Terra ad un atomo, e l’infinitamente grande, descrivendo il cielo concavo. Egli afferma di sapere perché un così gran numero di stelle sembra incendiarsi e cadere nel cielo:è perché tante stelle che cadono così fitte sembrano le lacrime di un pianto dirotto che splendono nella volta celeste.Poi immagina una rondine che,mentre tornava al suo nido ,fu uccisa e cadde tra i rovi .Ella aveva un insetto nel becco ,cibo per i suoi piccoli.Qui Pascoli con una metafora intende dire che la rondine era l'unica fonte di sostentamento per i suoi piccoli così come suo padre lo era per lui.Descrive la rondine trafitta sui rovi spinosi con le ali aperte,accostando tale immagine a quella dei suoi rondinotti che rimangono in una vana attesa del cibo.Dopo passa a descriverci un uomo,suo padre che mentre tornava a casa fu ucciso pronunciando parole di perdono verso i suoi assassini. Negli occhi rimane la volontà di emettere un grido.Invece Pascoli,con il particolare delle due bambole che l'uomo portava in dono alle sue figlie ,voleva alludere alla tenerezza che avrebbe caratterizzato l'arrivo del padre a casa. Adesso nella casa "solitaria" i suoi familiari lo attendono inutilmente come in precedenza avevano fatto i rondinotti. Il povero uomo ,con gli occhi impietriti dalla morte,indica le bambole al cielo,descritto dal poeta come molto distaccato e indifferente al dolore umano. E infine, dice che il cielo,
    visto come una divinità,lascia cadere fitte lacrime su questa piccola parte dell'universo, che è il regno del male. In questa poesia la morte del padre assurge al simbolo dell'ingiustizia e del male: il dolore del poeta diventa il dolore di tutti. La lirica quindi trasmette senza dubbio sentimenti tristi, malinconici per la distruzione di un nido familiare,unico rifugio in un mondo in cui domina la violenza e la malvagità umana che uccide creature innocenti.

    Analisi del testo

    La poesia "X Agosto" di Giovanni Pascoli venne pubblicata sulla rivista "Il Marzocco".
    La poesi fa parte della sezione "Elegie" di "Myricae",raccolta di poesie brevi,con argomenti semplici,campestri.
    Nella poesia "X Agosto" Pascoli rievoca l'episodio della morte del padre avvenuta il 10 Agosto 1867,mentre tornava con il suo calesse da Cesena.
    Solitamente il 10 Agosto è un giorno "felice" e tradizionalmente si osserva il cielo dal quale cadono le stelle cadenti.
    In questa poesia Pascoli mette a confronto la brutalità della morte del padre con quella di una rondine uccisa dai cacciatori.
    Il poeta riesce a trovare un collegamento anche con la data della morte del padre e sembra che l'Universo si unisca al dolore degli esseri viventi e attraverso "pianto di stelle" manifesti la saua particepazione.
    La poesia è composta da sei strofe di quattro decasillabi e novenari alternati e rimati ABAB;CDCD ....
    La prima quartina risulta speculare all'ultima e sia nella prima che nell'ultima utilizza l'infinitamente grande(cielo) e l'infinitamente piccolo paragonando la terra ad un atomo opaco del Male.Queste due strofe fanno da cornice a tutto il resto della poesia.
    Nei primi quattro versi il Poeta si rivolge al giorno di San Lorenzo dicendogli che le stelle cadenti sono delle lacrime in un cielo vuoto,conavo.
    Pascoli usa una metafora paragonando la stelle cadenti a delle lacrime.La seconda e la terza strofa descrivono l'uccisione della rondine,invece le strofe quattro e cinque decrivono l'uccisione del padre del poeta.
    Nonostente ciò la seconda è speculare alla quarte e la terza speculare alla quinta.
    Nella seconda quartina il poeta descrive la morte della rondine,l'uso del sovragrammaticale in quanto specifica la razza dell'uccello e non usa la parola uccello in modo generico.
    Scrive che la rondine stava tornando a casa dai suoi rondinini,ma l'uccisero e cadde tra i rovi e in bocca teneva un insetto,la cena per i suoi piccoli.
    Nella quarta strofa descrive la morte del padre e scrive che come la rondine anche il padre tornava a casa,ma in questo caso Pascoli per dire casa usa la parola nido,che per lui era l'unico luogo dove si potesse esserere sicuri.E mentre tornava a casa lo uccisero e lui disse:"Perdono" restò con gli occhi aperti e dentro di essi un grido.
    In mano teneva due bambole.
    In queste due quartine il poeta usa molta punteggiatura per soffermarsi su ogni periodo e renderlo puù intenso.Si pensi che in otto versi,Pascoli ha inserito ben undici periodi.
    Nella terza strofa così come nella quinta descrive come,sia la rondine,sia l'uomo siano rimasti a terra,morti e i loro cari li aspettano invano senza sapere che i loro familiari non torneranno più.
    Nella terza dice che la rondine è sugli spini come se fosse in croce e tende al cielo il verme che avava in bocc,intanto i suoi piccoli pigolano sempre più piano,attendendo il ritorno della mamma,la quale non farà mai ritorno.
    Nel verso 11 Pascoli utilizza la figura retorica della metonimia(il suo nido)per dire i rondinini.
    Nella quinta strofa il poeta dice che anche nella casa isolata,aspettano il padre che ritorni,ignari che lui non farà mai ritorno.Lui è lì,per terre,con le bambole riverse al cielo.
    Nell'ultima quartina Pascoli si rivolge al Cielo dicendogli che la terra è un atomo del male,per la violenza che la caratterizza e la contrappone alla serenità infinita del Cielo.La terra è inondata dalle lacrime,cioè le stelle cadenti.
    Pascoli non solo in questa poesia,ma anche in molte altre usa molti paragoni come ad esempio nella poesia "Lavandare"nella quale paragona l'aratro abbandonato alle lavandare lasciate dai compagni partiti.
    In questa poesia Pascoli ha utilizzato l'allitterazione onomatopeica per riprodurre il pigolio dei rondinini
    La poesia non si basa solo sul confronto delle due morti,ma il quadro si allarga a tutyto il Cosmo,che sembra partecipare,con il suo pianto di stelle al destino degli esseri viventi.

    ANALISI DEL TESTO
    Giovanni Pascoli nacque nel 1855 a San Mauro di Romagna (Forlì).
    A sette anni andò in collegio.
    Ebbe una vita segnata dai lutti in famiglia; morì prima il padre Ruggero, assassinato , poi la madre e la sorella maggiore, quindi i due fratelli.
    Dopo il triste evento della morte del padre, Pascoli pubblicò “Il 10 agosto”.
    La poesia si riferisce alla morte del padre del poeta assassinato in circostanze del tutto misteriose il 10 agosto 1867.
    L’episodio assume un notevole significato poiché rappresenta il principio della tragedia familiare del poeta.
    Infatti è proprio a causa di questa e di altri lutti in famiglia che “il nido” famigliare assumerà per Pascoli un ruolo di grande importanza; sarà l’unico luogo in cui potersi rifugiare e sentirsi protetti e al sicuro da un male cosmico (Pascoli definisce il mondo un “atomo opaco del male”).
    Nella prima sequenza: pascoli , rivolgendosi alla giornata di San Lorenzo, dice di sapere perché in questa ricorrenze le stelle cadono ardenti nell’aria e poiché un simile pianto riempie il cielo.
    Nella seconda sequenza viene descritto il dramma della morte di una rondine che portava con sé il cibo per i suoi rondinini, i quali attendono invano, pigolando, aspetta il ritorno delle propria madre.
    Analogamente alla vicenda precedente, un uomo (il padre di Pascoli) rimane ucciso mentre faceva ritorno alla propria casa, dove la sua famiglia aspetta invano il suo ritorno e le sue figlie non riceveranno mai in dono le sue bambole che ora giacciono a terra affianca al corpo del padre.
    Poi Pascoli si rivolge al cielo, che nella sua immensità, inonda di lacrime la terra, un atomo del male sperduto nell’universo.
    Pascoli paragona la morte di una rondine uccisa dai cacciatori a quella del padre.
    Secondo lui il mondo intero sempre partecipare al dolore della morte del padre, in quanto nella notte di San Lorenzo le stelle cadenti vengono paragonate a un pianto che illumina il cielo in “onore della morte del padre”.
    Il 10 agosto è una poesia molto triste, poiché ha come argomento principale la morte è una poesia basata sul dolore di pascoli, per raccontare l’uccisione del padre, paragonandolo ad una rondine che ritorna al suo nido, e con i suoi piccoli che aspettano il rientro del padre, quel rientro che purtroppo non ci sarà più.
    Paragonandolo al giorno di San Lorenzo Pascoli mette in evidenza due aspetti di questa giornata; il lato bello caratteristico delle stelle cadenti attribuendo al pianto il termine “sfavilla” e l’aspetto negativo che è appunto ciò che deriva dalla morte di una persona cara, il dolore e il vuoto della famiglia (“ora là, nella casa romita, lo aspettano invano; egli immobile, attonito, addita le bambole al cielo lontano”)
    (5calberghiero.forumattivo)


    spero vado bene ciao
     
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    Figure metriche: cosa sono e come usarle
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    La poesia, l'epica e la prosa sono delle opere letterarie che sottostanno e regole basilari a cui si devono rifare, tra cui, le regole delle rime, le figure retoriche, quelle ritmiche e in fine le figure metriche.
    Gli scrittori e i poeti più famosi sono diventati tali anche per la loro maestrie nel sapere usarle senza problemi queste regole compositrici della loro opera.

    Scopri come fare:


    figure-metriche-cosa-sono-e-come-usarle_f7910f4a6f5acb31bbbe4af231b7ae57
    1

    Prima di analizzare un po più nel dettaglio qualche figura propriamente metrica è bene sapere che la metrica italiana ha come unità di misura il verso, quest'ultimo, proprio dai vari tipo di figure metriche utilizzate, può dividersi in parisillabo(numero pari di sillabe, per esempio il quaternario, il senario, ottonario, ecc...) e imparisillabo(numero dispari di sillabe, per esempio, cinquenario, settenario, novenario, ecc...).
    La divisione dei versi più utilizzata tra i poeti italiani, tra il '600 e il '700, è quella dell'endecasillabo, cioè propriamente la divisione in versi in ben dodici sillabe, fatte eccezione di alcuni casi in cui si presenta, per l'appunto, una figura metrica.

    2
    Dopo aver capito qual'è l'unità di misura della prosa, possiamo passare alla divisione delle figure metriche; esattamente... poiché le figure metriche vengono divise in figure metriche per accento e figure metriche per vocali, tra queste due citante poc'anzi bisogna comunque precisare che le quelle per accento non vengono "riconosciute" quasi mai dal lettore poiché spesso la pronuncia (di chi leggi) non è esatta, quindi imperfetta. Comunque, seppur in modo vago è bene conoscerne i nomi, ricordiamo la sistole, diastole ed Episinalefe.

    3
    Le figure metriche per vocali sono quelle più facilmente riscontrabile e le più comuni sono: sinalefe [durante di il conteggio di delle sillabe, la vocale finale di una parola si fondo con quella (vocale) della parole successiva]; dialefe(contrario della sinalefe); dieresi (divisione di una sillaba in due sillabe, viene effettuato tramite un segno grafico posto generalmente su una delle prime tre vocali del verso); sineresi(è l'unione di più sillabe durante la pronuncia di una parola, esempio "parea", che di norma è composto da tre sillabe pa-re-a, mentre con la sineresi diventano due sillabe pa-rea
    Una tra le poche conosciute è l'anacoluto lo scrittore incominciare una frase senza terminarla, lasciandola in sospeso pur possedendo una sintassi corretta.

     
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  7. vivianad65
     
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    Cerco la parafrasi della poesia "Sveglia" di Pirandello....potete aiutarmi?
     
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  8. Eliswin
     
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    Ciao, mi postresti fare la parafrasi della poesia "sonno di nuvole" di Arturo Onofri per favore??
    ecco qua il testo:
    Sonno di nuvole
    Impallidisce il cielo
    appannato di un velo rosa
    nella brezza leggera
    che non fa chiuder foglia di mimosa
    ed ora
    dalle palpebre stanche della sera
    destar le prime stelle
    in un occhieggiar vivido, che varia
    quasi per ciglia invisibili, d’aria.
    E salgono i pianti dei grilli
    cullando il sonno dell’erba già bruna,
    lungo i roveti che s’empiono di trilli,
    per la nascente luna.
    Grazie :)
     
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    CITAZIONE (Eliswin @ 25/4/2013, 12:27) 
    Ciao, mi postresti fare la parafrasi della poesia "sonno di nuvole" di Arturo Onofri per favore??
    ecco qua il testo:
    Sonno di nuvole
    Impallidisce il cielo
    appannato di un velo rosa
    nella brezza leggera
    che non fa chiuder foglia di mimosa
    ed ora
    dalle palpebre stanche della sera
    destar le prime stelle
    in un occhieggiar vivido, che varia
    quasi per ciglia invisibili, d’aria.
    E salgono i pianti dei grilli
    cullando il sonno dell’erba già bruna,
    lungo i roveti che s’empiono di trilli,
    per la nascente luna.
    Grazie :)

    PARAFRASI
    Marzo, che mette le nuvole a soqquadro (prop. relativa) e le ammassa in montagne
    (ammontagna) [che sembrano] di broccato, per poi dissolverle (disfarle) in pioggia
    che fa nascere e crescere le mammole (in mammole) sui prati (prop. finale), [marzo]
    accende all’improvviso, come un ladro, un’occhiata di sole (prop. principale), che fa
    luccicare (abbaglia) l’acqua (acque) caduta con la pioggia e le roride viole che sono
    nate in virtù di essa (viole) (prop. relativa).
    Marzo è un fanciullo [che sta] in ozio, con in bocca un filo (fil) d’erba appena
    spuntato (primaticcio), a cavalcioni sul vento (prop. principale) che separa l’inverno
    dalla primavera (due stagioni) (prop. relativa); e, per suo divertimento (capriccio),
    mentre zufola (zufolando) (prop. temporale), provoca [per l’intermittente immissione
    di aria nello strumento musicale] (fa) il tempo (coord. della principale) che gli piace
    (prop. relativa).
    Stanotte, fra i suoi riccioli che ricadevano (spioventi) sul mio sonno come brevi ma
    violenti scrosci di pioggia e trilli di uccelli (a rovesci e trilli alati) (prop. relativa), il
    soffio sonoro ma silenzioso (il flauto di silenzio) dei respiri e dei profumi della
    natura (dei suoi fiati) riportava alla vita (svegliava), mentre lo [Marzo] sognavo ( nel
    mio sognarlo) (prop. temporale), immagini colorate della vegetazione primaverili
    (azzurri e argenti) (prop. principale), e fuori quasi per effetto della forza
    immaginifica del sogno sogno (ne) sono sbocciati i fiori


    Sonno di nuvole di Arturo Onofri

    Impallidisce Il Cielo, appannato di ONU velo rosa Nella Brezza Leggera Che non fa chiuder foglia di mimosa ed Ora Dalle Palpebre stanche della Sera destar le prime star a Onu occhieggiar Vivido, il Che varia quasi per ciglia invisibili, d'aria. E salgono i Pianti dei Grilli cullano Il sonno Dell'Erba Gia Bruna Lungo i roveti Che s'empiono di trilli, per la nascente luna. Chi fra i rami bisbiglia? Chi Sogna GIA, SE C'E Ancora tanta luce Vermiglia il Che sembra un'aurora? Qualcuno qui pressoterapia Gia dorme alitando in brusii Vaghi notturni, e laggiù Quelle stanche nuvolette, Piene di Sonno, lenta Calano in rosee torme ambrogetta cerulee vette per adagiarsi mollemente Lungo ii fianchi della montagna il Che SI ruga di ombre violette. Dormiranno ONU Sonno Magico sui giacigli delle Selve Nella luce argentea Che stagna placidamente

    fonte:http://vocidelpassato.blogspot.it/2009/01/sonno-di-nuvole-di-arturo-onofri.html

     
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  10. Margherita lavecchia
     
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    Cerco sereno di ungaretti parafrasi
     
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    CITAZIONE (Margherita lavecchia @ 29/9/2013, 11:21) 
    Cerco sereno di ungaretti parafrasi


    “Dopo tanta

    nebbia

    a una

    a una

    si svelano

    le stelle



    Respiro

    il fresco

    che mi lascia

    il colore del cielo



    Mi riconosco

    immagine

    passeggera



    Persa in un giro

    Immortale”



    PARAFRASI

    Dopo la nebbia
    Compaiono le stelle
    Respiro l’aria fresca del cielo
    Mi rendo conto
    Di essere un passeggero
    Nel ritmo immortale

    La poesia parla della natura e della poca importanza dell’uomo nel mondo.
    La lunghezza dei versi è varia; questi sono raggruppati in strofe. I versi sono liberi, la punteggiatura è completamente assente e le parole sono semplici.
     
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  12. Dottoressa 12
     
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    Parafrasi sintetica:Lancillotto al ponte di Gorre
     
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    CITAZIONE (Dottoressa 12 @ 2/10/2013, 10:04) 
    Parafrasi sintetica:Lancillotto al ponte di Gorre

    Parafrasi sintetica:Lancillotto al ponte di Gorre

    Ginevra, moglie di re Artù, è stata rapita dal malvagio Meleagant, figlio del re di Gorre, terra misteriosa nella quale è difficile entrare e dalla quale gli stranieri non possono uscire. Molti cavalieri partono per liberare la regina, tra cui Keu, Galvano ed un cavaliere misterioso che poi si scoprirà essere Lancillotto, fedele innamorato di Ginevra. Un nano promette a Lancillotto di condurlo nel regno di Gorre, a patto che salga sulla carretta dei condannati a morte, gesto che comporterebbe per lui la perdita dell'onore. Lancillotto esita prima di salire, combattuto tra il desiderio di salvare il proprio onore e l'amore per la regina, poi sale e viene condotto in un castello, dove gli si insegna la via da percorrere per arrivare a Gorre. Questo cammino presenta diversi ostacoli da superare, tra cui il Ponte della Spada, formato da una lama molto affilata sospesa su acque turbinose. Con l'aiuto di un anello incantato Lancillotto giunge a Gorre, dove Ginevra rifiuta però di parlargli, offesa per l'esitazione che l'innamorato aveva mostrato prima di salire sulla carretta. Superate molte prove e umiliazioni, Lancillotto viene infine amorevolmente accolto da Ginevra, che gli si concede. Lancillotto uccide Meleagant in duello e libera la regina e gli altri prigionieri .


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    Parafrasi della morte di Orlando e vendetta di Carlo. Lasse CLXX-CLXXI-CLXXII-CLXXIII.
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    CITAZIONE (Eliswin @ 23/10/2013, 16:17) 
    Parafrasi della morte di Orlando e vendetta di Carlo. Lasse CLXX-CLXXI-CLXXII-CLXXIII.
    CLXXV-CLXXVI-CLXXVIII-CLXXIX. Grazie mille!

    Parafrasi della morte di Orlando e la vendetta di Carlo (Chanson de Roland)

    CLXVIII

    Dunque Orlando si accorge che la morte gli è vicina: il cervello gli esce dalle orecchie . Prega Dio affinchè chiami i suoi compagni, e poi prega che gli si presenti l’angelo Gabriele. Preso l’olifante, per evitare che cada nelle mani nemiche, e Durlindana, la sua spada, nell’altra mano. Orlando avanza verso la Spagna passando per un campo incolto come farebbe una freccia lanciata da una balestra. Sulla vetta di una collina, sotto due belli alberi, ci sono quattro blocchi di marmo. E’ caduto sull’erba verde: là è svenuto, la morte gli è vicino.

    CLXIX

    I monti e gli alberi sono alti; vi sono quattro blocchi lucidi di marmo. Il conte Orlando si trova privo di sensi sull’erba verde. Un Saraceno lo scruta molto attentamente: si finge morto e, disteso in mezzo agli altri, ha il corpo e il viso colmo di sangue. Si leva in piedi e corre velocemente: è bello, forte e molto coraggioso; la sua arroganza lo porta ad una follia che pagherà con la morte. Orlando afferrato il corpo e le sue armi, dice:”Ho sconfitto il nipote di Carlo! Porterò con me in Arabia questa spada come premio”. In quel momento il conte si rianima.

    CLXX

    Orlando sente che gli viene portata via la spada. Apre gli occhi ed esclama: “Per quanto sappia, non sei stato mai uno di noi!”. Stringe l’olifante che non vuole che gli sia tolto, e lo colpisce sull’elmo dorato, spacca l’elmo e le ossa della testa, entrambi gli occhi schizzano fuori dalla testa, e lui cade morto. Dopo gli dice “Codardo, come sei stato così spavaldo da colpirmi, che avessi avuto torto o no? Tutti capiranno che ci tengo poco! Si è rotto il mio olifante nell’elmo, sono cadute a terra le gemme e l’oro”

    CLXXI

    Orlando si accorge di non essere più in grado di vedere. Si alza in piedi con tutte le sue forze, pallido in viso. Davanti a lui vi è una pietra marrone: lo colpisce dieci volte con dolore e furore. L’acciaio non si rompe né si graffia.”Ah!” disse il conte “ Santa Maria, aiuto! O , Durlindana, sei così resistente! Adesso che io sto morendo, non riesco più a badare a voi. Insieme a voi ho vinto molte battaglie, e conquistato molte terre, sulle quali ora Carlo regna con la barba folta! Non vi abbia nessun uomo che fugga in guerra! Un valoroso vi ha avuto per molto tempo; ma non vi sarà alcun altro in Francia, la terra benedetta”.

    CLXXII

    Orlando picchiò sulla roccia di sardigna: l’acciaio non si rompe né si graffia. Quando si accorge che non riesce a spezzarla, inizia a compiangerla:” O, Durlindana come sei splendente e resistente! Fiammeggi e luccichi contro il sole! Carlo si trovava nelle valli di Moriana quando Dio ordinò per mano del suo angelo di consegnarti a un conte capitano. Allora me la consegnò il nobile re, il grande. Io con questa conquistai per lui Angiò e Bretagna, Poitou e il Maine; grazie ad essa conquistai per lui la Normandia la Provenza ed Aquitania, la Lombardia e tutta la Romagna; grazie a questa conquistai per lui la Baviera e Fiandra, la Bulgaria e tutta la Puglia; Costantinopoli, e in Sassonia si fa tutto ciò che desidera; grazie a questa conquistai per lui la Scozia e l’Irlanda, l’Inghilterra che possedeva come dominio privato; grazie a questa conquistai per lui moltissime terre, Carlo le regna con la sua barba bianca. Questa spada mi reca dolore e sofferenza. Preferisco morire piuttosto che cada in mano ai pagani. Dio non lasciare che la Francia si rammarichi per questo!”

    CLXXIII

    Orlando la picchiò su una roccia, non so descrivervi quanto si dispiacesse, la spada non si rompe né si frantuma: vola alta verso il cielo. Il conte si accorge che non riesce a spezzarla, molto dolcemente la piange:”Oh, Durlindana, come sei bella e santa! Nella mela d’oro vanno le reliquie: un dente di San Pietro e il sangue di San Basilio, i capelli di monsignor San Dionigi, un lembo della veste di Santa Maria: non è corretto che i pagani ti posseggano: devi essere servita dai cristiani. Non potrà possederti alcun uomo che abbia paura! Con voi ho conquistato ampie terre, sulle quali Carlo regna, con la barba fiorita: l’imperatore è così pieno di orgoglio e ricco”.

    CLXXIV

    Orlando sente che la morte si avvicina, scende giù dalla testa al cuore. Giunge sotto un pino, sull’erba verde si distende prono, sotto di sé ripone la sua spada e l’olifante e torce la testa verso la gente pagana: per questo motivo l’ha fatto, dato che vuole che Carlo annunci a tutta la sua gente, il nobile conte, che egli è morto vincitore. Ripete il mea culpa più volte, per i suoi peccati a Dio offre il guanto.

    CLXXV

    Orlando sente che la sua vita giunge alla fine. Rivolto alla Spagna, sta su una aguzza cima. Batte con una mano sul petto: “Dio, mea culpa, davanti alla tua potenza, dei miei peccati, dei grandi e dei piccoli che ho commesso dal momento in cui nacqui, fino ad oggi, quando la mia vita è al termine.” Tende il guanto destro verso Dio. Gli angeli del cielo discendono su di lui.

    CLXXVI

    Il conte Orlando si trovava sotto un pino, con il viso volto verso la Spagna. Gli vengono in mente molti pensieri: le terre conquistate dalla Francia di Carlomagno, il suo signore, che lo crebbe; ma non vuole dimenticare: ripete il mea culpa, invoca Dio: “Buon Padre, che non hai mai mentito, hai resuscitato San Lazzaro e fatto fuggire dai leoni Daniele, aiuta l’anima mia a redimere i peccati che ho commesso!” Offre il guanto destro a Dio: lo prende San Gabriele. Poggia la testa sul braccio: ha le mani giunte e muore. Dio gli invia un angelo cherubino e San Michele del Mare del Perielio; con lui discende San Gabriele: portano l’anima del conte in paradiso.

    (e' tutto quello che ho trovato)

    fonte:http://www.appuntiperscuola.it/
     
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