PARAFRASI

tutte quelle che servono sono qui!!!

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  1. Lussy60
     
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    RICORDO DI FANCIULLEZZA: parafrasi, commento e analisi metrica

    Ricordo di fanciullezza
    Le gaggie della mia fanciullezza
    dalle fresche foglie che suonano in bocca...
    Si cammina per il Cinghio asciutto,
    qualche ramo più lungo ci accarezza
    la faccia fervida, e allora, scostando
    il ramo dolce e fastidioso, per inconscia vendetta
    si spoglia di una manata di tenere foglie.
    Se ne sceglie una, si pone lieve
    sulle labbra e si suona camminando,
    dimentichi dei compagni.
    Passano libellule, s'odono le trebbiatrici lontane,
    si vive come in un caldo sogno.
    Quando più la cicala non s'ode cantare,
    e le prime ombre e il silenzio della sera ci colgono,
    quasi all'improvviso, una smania prende le gambe
    e si corre sino a perdere il fiato,
    nella fresca sera, paurosi e felici.
    (Attilio Bertolucci)



    Attilio Bertolucci, padre del regista recentemente scomparso, è stato uno dei più grandi poeti del '900, e personalmente non riesco a capire perché non abbia ricevuto il nobel (né lui né Mario Luzi!!!).
    Questa poesia è in versi liberi, quindi il poeta segue una metrica interiore, non codificata negli schemi classici.
    Parafrasi: della mia fanciullezza ricordo soprattutto le gaggie (= acacie, robinie; sono piante molto comuni in pianura), che hanno foglie fresche: se si soffiano emettono un suono acuto, caratteristico. Si cammina lungo il torrente Cinghio, asciutto d'estate, qualche ramo di quelle piante ci accarezza il viso arrossato di sole; allora, quasi per una vendetta inconscia, si prende una manciata di foglie da quel ramo. Se ne sceglie una, si mette sulle labbra e si suona camminando, dimenticando anche i compagni di giochi per strada. Passano volando le libellule, si sentono .in lontananza le trebbiatrici e si vive quasi come in un sogno. Quando la cicala non canta più, e scende la sera all'improvviso, piena di ombre e di silenzio, allora una smania fa correre vorticosamente le gambe, e si corre a perdifiato nella sera, un po' impauriti ma davvero felici.


    Bertolucci osserva con sguardo nitido e partecipe il paesaggio, il mondo intorno a lui. Egli dirà: Il nostro occhio di continuo inquadra: sia che guardi un paesaggio o, che fa lo stesso, una strada di grande città, o una stanza deserta. Alle luci, cui in un film sapientemente pensa mettiamo uno Storaro, nella nostra giornata è il giro del sole, il primo addensarsi delle ombre che ci “pensa”.

    Per questo la sua poetica risulta essere solo in apparenza lineare e idillica e sarebbe riduttivo considerare le sue rime unicamente come semplici bozzetti impressionistici, poiché quei versi riescono a trasmettere emozioni e sentimenti con un sapiente uso del simbolismo. E quindi il paesaggio, quel paesaggio che ritroviamo anche in questo componimento fatto di giornate calde d’estate, di cicale, libellule, di fili d’erba messi in bocca per fischiare e di trebbiatrici al lavoro, risulta inquadrato da una cinepresa densa di memoria e storia. L’autobiografismo è il tratto dominante, con il suo mondo dell’infanzia, gli affetti, i luoghi cari, i ricordi, le tradizioni familiari dei quali Bertolucci si dimostra geloso poiché divengono per lui l’unico luogo di rifugio contro l’imbarbarimento della società e lo scempio del tempo che fugge e tutto cancella.

    Il ricordo della sua fanciullezza, quindi, è un sogno in cui perdersi e dal quale lasciarsi cullare, anche se quella corsa a perdifiato nella frescura della sera con la quale si conclude il componimento, ci lascia paurosi e felici.

     
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181 replies since 11/11/2010, 13:34   260154 views
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