PARAFRASI

tutte quelle che servono sono qui!!!

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  1. Lussy60
     
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    "amor che nullo amato amor perdona"

    parafrasi

    lo dice dante a proposito di paolo e francesca...
    amor che nullo amato amar perdona: l'Amore non perdona a nessuno che sia stato amato di non amare...
    in altre parole, se si è stati amati bisogna assolutamente riamare
    ...in altre parole
    Il bellissimo verso che hai citato ha un'intensità poetica densissima, anche perché si presta ad una pluralità di letture, che -penso- Dante avvesse ben presenti:


    1) da una parte è enfatizzata la forza travolgente dell'amore, la quale (come già hanno detto in molti) non consente ad una persona che sia davvero amata di non ricambiare (e questo spiega l'attrazione tra Paolo e Francesca);

    a fianco di quest'interpretazione se ne pone almeno un'altra:

    2) l'amore (consacrato in un matrimonio, come quello di Francesca) non perdona e non permette di amare altri;

    L'amore è dunque, nell'universo dantesco, qualcosa di complesso che non si può ridurre al solo "amor cortese" in quanto pone delle contraddizioni naturali che portano ad esiti anche tragici.

    A Francesca (che è sposata) l'amore non permette di amare altri se non suo marito. Lo stesso amore però non le permette di non riamare e non ricambiare il sincero sentimento di Paolo (cosa che porterà entrambi ad "una morte" ed alla dannazione eterna).

    Proprio questa contraddizione tra precetto religioso e forza travolgente dell'amore, espressa in forma così alta e rarefatta, spiega la simpatia di Dante per i due "peccatori".

    Il poeta non si comporta da moralista, semplicemente descrive la tragicità del conflitto tra morale e passione, che sono due forze invincibili.

    E così sia pure colloca Paolo e Francesca tra i dannati, non può fare a meno di provare un senso di profonda ed umana pietà e di compiangerne la sorte.






    Paolo e Francesca


    « Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,

    prese costui de la bella persona
    che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

    Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
    mi prese del costui piacer sì forte,
    che, come vedi, ancor non m'abbandona.

    Amor condusse noi ad una morte.
    Caina attende chi a vita ci spense."

    Queste parole da lor ci fuor porte. »


    (Dante Alighieri, Inferno V, 100-108)





    L'attenzione di Dante viene attirata da due anime che al contrario delle altre volano unite l'una all'altra e sembrano leggére nel vento, quindi chiede a Virgilio di poter parlare con loro, che acconsente di chieder loro di fermarsi quando il vento le porterà più vicine.

    Dante allora si rivolge a loro: "O anime affannate, / venite a noi parlar, s'altri (cioè Dio) nol niega!". Allora esse uscirono dalla schiera dei morti per amore (dov'era Didone) come le colombe che si alzano insieme per volare al nido.

    Le anime giungono così dal cielo infernale, grazie alla richiesta pietosa del Poeta. Parla la donna: (parafrasi) "Oh persona gentile e buona che visiti nell'oscuro inferno le anime di noi che tingemmo la terra di rosso sangue, se Dio fosse nostro amico, noi lo pregheremmo raccomandandoti a lui, perché hai avuto pietà di noi peccatori perversi. Dicci cosa vuoi sapere e noi parleremo con te, finché il vento ci fa qui riposare. La città dove nacqui si trova dove il Po trova la pace, sfociando nel mare coi suoi affluenti (Ravenna). L'amore che attecchisce velocemente nei cuori gentili fece invaghire lui (Paolo) della mia bella presenza, che oggi non ho più; il modo mi offende ancora" (verso ambiguo: Francesca intendeva che è ancora soggiogata dall'intensità (dal modo) dell'amore di Paolo, oppure che il modo in cui le fu tolta la sua bella persona (cioè il suo corpo) la urta ancora, alludendo all'omicidio? Per parallelismo con la terzina successiva in genere si preferisce la prima interpretazione): "Amor, che a nullo amato amar perdona, / mi prese del costui piacer sì forte...". Dunque, l'amore non esonera nessuna persona amata dall'amare a sua volta. Dante qui richiama esplicitamente la teologia cristiana secondo la quale tutto l'amore che ciascuno dona agli altri, tornerà indietro parimenti, anche se non nello stesso tempo o forma.

    Queste furono le parole che essi dissero (sebbene parli solo Francesca). Dante china il viso pensoso, finché Virgilio lo sprona chiedendogli "A che pensi?"

    Dante non dà una vera e propria risposta ma sembra proseguire ad alta voce i pensieri: (parafrasi) "Che bei pensieri amorosi, quanto desiderio reciproco portò queste anime alla dannazione!". Poi, rivolgendosi di nuovo a loro: "Francesca, le tue pene mi fanno diventare triste e pio, al punto di aver voglia di piangere. Ma dimmi, con quali fatti e come avete fatto a passare dai dolci sospiri alla passione, che porta tanti dubbi di essere corrisposti."

    Ed essa rispose: (parafrasi) "Niente è peggiore per me che ricordare i tempi felici ora che sono in questa misera condizione, e lo sa bene il tuo dottore. Ma se proprio vuoi sapere l'origine del nostro amore, ti racconterò tra le lacrime ("come colui che piange e dice"). Un giorno stavamo leggendo per passatempo dell'amore di Lancillotto. Eravamo soli e non sospettavamo niente. Più volte quella lettura ci spinse a guardarci e ci fece sbiancare... ma fu in un punto preciso che vinse la nostra volontà: quando leggemmo il bacio tra Lancillotto e Ginevra, Paolo, che da me non verrà mai diviso, la bocca mi baciò tutto tremante. Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno non andammo più avanti nella lettura."

    Mentre uno spirito diceva questo, l'altro piangeva in modo talmente pietoso, che mi sentii morire e caddi per terra come cade un corpo morto.

    Questi due sono le anime di Paolo Malatesta e di Francesca da Polenta che si innamorarono follemente e che vennero sorpresi da Gianciotto Malatesta, rispettivamente fratello e marito dei due, e trucidati.

    Francesca commossa dalla pietà mostrata da Dante gli racconta di quell'amore così forte che li ha uniti sia nella vita che nella morte e del momento in cui i due si resero conto del loro amore reciproco, e durante tutto il racconto Paolo singhiozza. Dante infine vinto dall'emozione perde i sensi e cade a terra.




    “Parafrasi e commento ‘La casa dei doganieri’ di Montale


    1) “Libeccio sferza da anni le vecchie mura
    e il suono del tuo riso non è più lieto”
    Al motivo del ricordo si accompagna quello della casa, dove il poeta e la donna trascorsero momenti felici (il tuo riso), ma ora è desolata e abbandonata: il poeta umanizza l’oggetto-casa, attribuendogli lo squallore e la desolazione che sono nel suo animo.
    2)L’inquietudine e il disorientamento esistenziale sono resi attraverso delle oggettivazioni: la bussola… impazzita, cioè la difficoltà dì trovare la strada giusta, il calcolo dei dadi che non torna, cioè la perdita di ogni punto di riferimento, la casa che s’allontana, simbolo di una sicurezza irraggiungibile.
    3) i temi sono il male di vivere, il tempo che corrode ogni cosa, la fedeltà, l’amore che salva dal male del mondo, la solitudine e lo smarrimento davanti agli eventi.
    4) La casa dei doganieri si staglia come un’ara interna, che ormai appartiene a se stessi soltanto. Il tempo l’ha strappata ai ricordi di lei, che insiste a sostarvi irrequieta. E lo sciame interno, inespresso del pensiero prende carne nelle mura, gli angoli riattraversati mentalmente, a ritrovarvi un vuoto antico, fisico. In questa desolazione di reggersi come un appiglio sempre più fragile, trasformato inevitabilmente dal tempo, diventato altro rispetto al proprio essere, c’è anche una gelosia profonda, una stretta disperata.
    5) Seguono due metafore: la bussola è rotta e non può più indicare con precisione la direzione; il calcolo dei punti segnati sulle facce dei dadi non da più il risultato giusto; l’impossibilità di affidarsi al mare e di leggere il futuro dei dadi stanno ad indicare lo smarrimento, l’incapacità dell’uomo di dare un senso ed una direzione precisa all’esistenza.l’immagine della banderuola posta sul comignolo, la quale dovrebbe indicare la direzione mentre in realtà gira senza mai fermarsi, è un’altra metafora per indicare lo smarrimento provocato dall’inesorabile fuga del passato.
    6)un varco che conduce oltre il muro della solitudine e dell’incomprensione; ma l’ansiosa domanda Il varco è qui? resta senza risposta.
    La realtà resta inesorabilmente la stessa, come l’onda che si riforma continuamente uguale e il poeta resta ancora una volta escluso dalla conoscenza: nell’oscurità della casa della sua sera (tempo reale, del giorno e tempo psicologica, della vita), egli non sa più chi va e chi viene.
     
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