PARAFRASI

tutte quelle che servono sono qui!!!

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  1. Lussy60
     
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    Parafrasi "II canto Inferno", di Dante Alighieri

    Il giorno finiva, e l’ oscurità faceva interrompere ai vivi in terra le loro fatiche; io solo mi preparavo a sostenere il travaglio fisico e morale (del viaggio), che la memoria, esatta nel trascrivere ciò che ha appreso, narrerà. O Muse, o mia forza intellettuale, soccorretemi; o memoria, che porti impressa in te la mia visione, qui apparirà il tuo valore. Io cominciai con queste parole: "Poeta, mia guida, guarda se le mie capacità sono sufficienti, prima di affidarmi all’arduo passaggio. (Nell’Eneide) tu narri che il padre di Silvio (cioè Enea, che generò Silvio da Lavinia), mentre era ancora in vita, andò nel mondo dei morti (immortale: perché in esso le anime hanno vita eterna), e fece ciò in carne e ossa. Ma, se Dio (l’avversario d’ogni male) fu con lui cortese, riflettendo sull’importanza dei risultati ( Roma, la sua storia, il suo impero) che avrebbero avuto in Enea la loro origine, e sulle sue qualità personali e sulla sua stirpe regale, la cosa non appare ingiustificata a chi ragiona; poiché egli fu prescelto da Dio come capostipite della nobile Roma e del suo impero: Roma e il suo impero, se vogliamo essere esatti, furono costituiti da Dio per preparare il luogo sacro dove ha sede il pontefice, successore del grande Pietro. A causa di questa discesa ( nel regno dei morti), di cui (nel tuo poema) lo hai considerato degno, apprese fatti (il padre Anchise gli pronosticò il felice esito dei suoi travagli e la grandezza di Roma) che furono le premesse della sua vittoria (nella guerra contro i Latini e i loro alleati) e dell’autorità papale. La seconda discesa nell’oltretomba è quella di San Paolo, l’eletto da Dio, il quale vi andò per trarne forza per la diffusione della fede cristiana, senza la quale la salvezza è impossibile. Ma qual è il motivo per il quale io devo intraprendere questo viaggio? chi mi autorizza a farlo? Non sono né Enea né San Paolo: né io mi ritengo all’altezza del compito, né qualcun altro me ne ritiene degno. Perciò, se, per quel che riguarda questo viaggio, m’induco ad acconsentire, temo che la mia venuta (nell’oltretomba) sia temeraria: sei saggio; sei in grado di comprendere meglio di quanto io non sia in grado di esprimermi E nello stato d’animo di chi cessa di volere ciò che ha voluto prima e cambia intento per il sopraggiungere di nuovi pensieri, in modo da scostarsi dal proposito iniziale, venni a trovarmi io su quel buio pendio (e scesa nel frattempo la notte), perché portai a termine, col pensiero ( prevedendone tutti gli ostacoli e rendendomi conto della sua folle temerarietà), l’impresa cui mi ero accinto con tanta baldanza. "Se ho capito bene il tuo discorso" rispose l’ombra di Virgilio, "il tuo animo è fiaccato dalla pusillanimità: essa molte volte ostacola l’uomo tanto da allontanarlo da un’impresa onorata, così come una ingannevole apparenza fa volgere indietro una bestia quando si adombra. Perché tu ti liberi da questo timore, ti esporrò il motivo per cui sono venuto (in tuo aiuto) e ciò che udii quando per la prima volta sentii pietà per il tuo stato. Mi trovavo (nel limbo) tra coloro che sono in una condizione intermedia tra i beati e i dannati al fuoco eterno, quando fui chiamato da una donna di tale bellezza e soffusa di tanta letizia, da essere indotto a pregarla di comandare. La luce dei suoi occhi vinceva quella delle stelle; e cominciò a parlarmi dolcemente e pacatamente, con voce d’angelo: "O cortese anima mantovana, la cui fama dura ancora fra gli uomini, ed è destinata a durare tanto a lungo quanto durerà il mondo, colui che è amato da me, ma non dalla sorte, ha trovato tali ostacoli sul deserto pendio del colle, che si è già volto indietro per la paura; il mio timore è che egli si sia a tal punto nuovamente perduto (nel buio del peccato), da rendere ormai tardivo (e quindi inutile) il mio aiuto, per quel che di lui mi è stato riferito in cielo. Va dunque, e aiutalo sia con la tua eloquenza sia con tutto ciò che altrimenti occorra per la sua salvezza, in modo da rendermi contenta. Io, che ti invito ad andare, sono Beatrice; vengo dal cielo, dove desidero tornare; sono stata spinta (fin qui) da amore e amore ha ispirato le mie parole. Quando sarò davanti a Dio, spesso Gli parlerò degnamente di te." Allora tacque, e poi io cominciai: "O signora di virtù, per la quale virtù soltanto il genere umano è superiore ad ogni altro essere contenuto dal cielo (quello della Luna) che compie (nel suo moto di rotazione intorno alla terra) i giri più piccoli, il tuo comando mi è così gradito, che, se anche avessi iniziato ad obbedirti, mi sembrerebbe pur sempre d’aver fatto tardi; più non occorre che tu mi manifesti: il tuo volere. Dimmi piuttosto il motivo per cui non temi di scendere qua in basso, nel centro dell’universo ( occupato appunto dall’inferno), dal luogo sconfinato (I’Empireo), dove bruci dal desiderio di ritornare." "Poiché vuoi penetrare tanto in profondità con la tua mente, ti dirò in breve perché non temo di scendere nell’inferno" mi rispose. Conviene temere soltanto quelle cose che possono arrecare danno; le altre no, poiché non sono temibili. Dio mi creò, per sua grazia,tale che la vostra miseria di peccatori non mi tocca, né possono attaccarmi le fiamme infernali. Nel cielo una donna gentile (la Vergine) ha compassione per queste difficoltà verso le quali io ti mando (a liberare Dante), tanto da mitigare la severità della giustizia divina. Questa chiamò Lucia e disse: "Il tuo fedele ha ora bisogno di te, ed io a te lo raccomando". Lucia, nemica di ogni crudeltà, si mosse, e venne dove io sedevo insieme all’antica Rachele. Parlò: - Beatrice, vera gloria di Dio (loda: lode, in quanto la sua perfezione torna a gloria di chi la creò), perché non aiuti chi tanto ti amò, colui che, per amor tuo, seppe elevarsi sulla turba dei mediocri? non odi il suo pianto angoscioso? non vedi il pericolo della dannazione che lo assale sul fiume (del peccato), sul quale il mare non può vantare la sua forza? Sulla terra non ci furono mai persone così pronte a perseguire il loro utile e a evitare ciò che potesse danneggiarle, come fui pronta io, dopo che tali parole mi furono dette, nello scendere fin quaggiù dal mio seggio di beata, confidando nella tua nobile eloquenza, che onora sia te sia quelli che l’hanno intesa (traendone profitto spirituale)." Dopo avermi dette queste cose, volse verso di me gli occhi lucidi di lagrime; e per questo mi rese più sollecito a venire (dove tu eri); e come Beatrice volle venni da te; ti portai via dal cospetto della lupa, che t’aveva impedito di raggiungere per la via più breve la cima del colle. Che hai dunque? perché, perché indugi ? perché accogli in cuore tanta pusillanimità? perché non hai coraggio e schietta fiducia in te stesso? dal momento che tre beate tanto potenti perorano la tua causa davanti al tribunale di Dio, e che le mie parole promettono (al tuo viaggio) un esito così felice? " Come i gracili fiori, prostrati a terra con le corolle serrate per difendersi dal freddo della notte, appena li rischiara all’alba il primo raggio di sole si ergono sui loro steli con le corolle tutte aperte, così mi ripresi dal mio precedente stato di abbattimento, e tanto coraggio entrò nel mio animo, che cominciai (a parlare) libero da ogni timore: "Oh misericordiosa colei che mi venne in aiuto! e te generoso, che non hai tardato a prestare obbedienza alle veritiere parole che ti indirizzo! Col tuo ragionamento mi hai a tal punto predisposto l’animo con desiderio al viaggio, che sono tornato ad avere l’intenzione che avevo in origine. Incamminati dunque, poiché un’unica volontà ci governa: siimi guida, padrone, maestro. " Cosi parlai; ed essendosi egli avviato, entrai (dietro a lui) nell’arduo e orrido cammino.



    Parafrasi "III Canto Inferno", di Dante Alighieri



    «Attraverso me si entra nella città dolorosa, nel dolore che mai avrà termine, tra le anime dannate. Dio, mio eccelso creatore, fu mosso dalla giustizia: sono opera del Padre (la divina potestate), del Figlio (la somma sapienza) e dello Spirito Santo ('I primo amore). Prima di me non fu creata nessuna cosa se non eterna, e io durerò fino alla fine dei tempi. Abbandonate, entrando, ogni speranza ». Vidi questa sentenza dal minaccioso significato. incisa in cima a una porta; per cui mi rivolsi a Virgilio: « Maestro, ciò che essa dice per me è terribile ». Ed egli, da persona perspicace qual era: « A questo punto occorre abbandonare ogni esitazione; ogni forma di pusillanimità deve ora sparire. Siamo giunti dove ti dissi che avresti veduto le anime doloranti che hanno perduto la speranza di vedere Dio ». Ivi echeggiavano nell'aria senza luce gemiti, pianti e acuti lamenti, tanto che (udendoli) per la prima volta ne piansi. Differenti lingue, orribili pronunce, espressioni di dolore, esclamazioni di rabbia, grida acute e soffocate, miste al percuotersi delle mani l'una contro l'altra creavano nell'aria buia, priva di tempo, una confusione eternamente vorticante, così come (rapida vortica) la sabbia quando soffia un vento turbinoso. E io che avevo la testa attanagliata dall'orrore, esclamai: "Maestro, che significano queste grida? che gente è questa, che appare così sopraffatta dal dolore ?" E Virgilio: "Questa infelice condizione è propria delle anime spregevolì di quelli che vissero senza meritare né biasimo né lode. Sono mescolate alla malvagia schiera degli angeli che (in occasione della rivolta di Lucifero) non si ribellarono né rimasero fedeli a Dio,
    ma fecero parte a sé. Perché il loro splendore non ne sia offuscato, i cieli li tengono lontani da sé, né in sé li accoglie la voragine infernale, perché i colpevoli (gli angeli che parteggiarono per Lucifero) avrebbero di che vantarsi rispetto ad essi " . Ed io: "Maestro, cosa riesce loro così insopportabile, da farli prorompere in così disperati lamenti?" Rispose: "Te lo dirò in pochissime parole. Costoro non possono sperare in un completo annullamento del loro essere (cioè nella morte dell'anima) e (d'altra parte) la loro vita senza scopo è tanto miserabile, da renderli invidiosi di qualsiasi altro destino. Il mondo non lascia sussistere alcun ricordo di loro; Dio non li degna né della sua pietà né di una sentenza di condanna non parliamo di loro, ma osserva e va oltre ". E io, guardando con maggiore attenzione, scorsi un vessillo che girava correndo così velocemente, da sembrare incapace di una qualsiasi forma di quiete; e dietro ad esso avanzava una tale moltitudine, quale mai avrei immaginato fosse stata annientata dalla morte. Dopo aver ravvisato qualcuno nella folla, vidi e riconobbi l'anima di colui che per pusillanimità rifiutò il trono papale (fece per viltà il gran rifiuto). Compresi allora d'un tratto e fui sicuro che questa era la turba dei vili, sgraditi a Dio non meno che ai suoi nemici (i diavoli). Questi miserabili, che vissero come se non fossero vivi (in quanto non seppero affermare la loro personalità), erano nudi, continuamente punti da mosconi e da vespe che si trovavano lì. Esse rigavano il loro volto di sangue, che, misto a lagrime, era succhiato ai loro piedi da vermi nauseabondi. E dopo aver spinto il mio sguardo più in là, vidi sulla riva di un gran fiume una folla; perciò interpellai Virgilio: "Maestro, consentimi di apprendere chi sono queste genti, e quale consuetudine le fa apparire così ansiose di passare sull'altra riva, come intravedo attraverso la debole luce". Virgilio mi rispose: « Le cose ti saranno note (conte: conosciute) quando fermeremo i nostri passi presso il doloroso fiume Acheronte ». Allora, con gli occhi abbassati per la vergogna, temendo che il mio discorso gli riuscisse fastidioso, cessai di parlare finché arrivammo al fiume. E (dopo essere qui giunti) ecco dirigersi alla nostra volta, su un'imbarcazione, un vecchio, canuto (bianco per antico pelo), che gridava: « Sventura a voi, anime malvage ! Non illudetevi di poter più vedere il cielo: vengo per traghettarvi sull'altra riva nel buio eterno, nel fuoco e nel ghiaccio. E tu che, ancora in vita, ti trovi con loro, allontanati dalla turba dei già morti». Ma dopo aver visto che non me n'andavo, continuò: « Attraverso vie e luoghi di imbarco diversi giungerai alla riva, che non è questa, da dove sarai traghettato (per passare): una barca più leggiera ti dovrà trasportare ». E Virgilio gli disse: « Non te n'avere a male, o Caronte: si vuole così là dove si può fare tutto ciò che si vuole (è la decisione divina presa nel cielo Empireo, dove tutto ciò che è voluto può avere immediata attuazione), e non chiedere altro ». Da questo istante si calmarono le gote ricoperte di fluente barba del traghettatore del buio fiume (livida palude: livido è, per antonomasia, il colore della morte), che aveva intorno agli occhi cerchi di fuoco. Ma quelle anime, che erano affrante e inermi, trascolorarono e batterono i denti, non appena ebbero udite le crudeli parole: maledicevano Dio e i loro genitori, il genere umano e il luogo e il tempo (in cui erano state generate) e l'origine della loro stirpe e della loro nascita. Poi si adunarono tutte insieme, piangendo dirottamente, sulla riva del fiume del male che aspetta tutti coloro che non temono Dio. II demonio Caronte, con occhi fiammeggianti, facendo loro segni, le accoglie tutte (nella barca); percuote col remo chiunque tarda (ad obbedirgli). Come in autunno le foglie si staccano l'una dopo l'altra (dal ramo), finché questo vede sparsa a terra tutta la sua veste frondosa, allo stesso modo la corrotta progenie di Adamo si precipita da quella riva, anima dopo anima, a un cenno (di Caronte), come il falco (auge!) al richiamo (del falconiere). Avanzano così sull'acqua buia, e prima che questa moltitudine sia sbarcata sulla riva opposta, un'altra già s'accalca nel punto d'imbarco. « Figlio mio », spiegò cortesemente Virgilio, « tutti coloro che muoiono in stato di peccato (nell'ira di Dio) si radunano qui (venendo) da ogni luogo della terra: e sono (spiritualmente) disposti a varcare il fiume, poiché la giustizia di Dio li stimola, in modo che il timore (delle pene) si converte in loro nel desiderio (di affrontarle). Di qui non passano mai anime virtuose: e perciò, se Caronte si lamenta della tua presenza, puoi ben comprendere ormai quale significato hanno le sue parole.» Appena Virgilio ebbe finito di parlare, la terra buia tremò con tanta violenza, che il ricordo (la mente: la memoria) dello spavento provato m'inonda ancora di sudore. Dalla terra bagnata dalle lagrime dei dannati uscì un vento, che si convertì in un lampo sanguigno il quale mi fece perdere i sensi; e caddi come chi cede al sonno.
     
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