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Parafrasi "Guido i' vorrei che tu Lapo ed io", di Dante Alighieri
Guido, io vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per magia e messi su una navicella, che ad ogni soffio di vento andasse per mare secondo il vostro e mio desiderio;
sicché tempesta o altro cattivo tempo non ci potesse causare ostacoli, anzi, vivendo accomunati dalla stessa volontà, crescesse il desiderio di stare insieme.
E il valente mago (Merlino) ponesse con noi poi la signora Vanna e la signora Lagia insieme con quella che è tra le trenta donne più belle (di Firenze):
e qui parlassimo sempre d'amore, e ognuna di loro fosse contenta, così come io credo che saremmo noi.
Parafrasi " I Canto Inferno", di Dante Alighieri
NOTA: i numeri che vedi sono il numero dei versi non li ricopiare!!
Nel mezzo del cammino della mia vita,
mi ritrovai in una selva oscura,
3 poiché la retta via era smarrita.
Ahi quanto è duro descrivere com’era
quella selva selvaggia e intricata e inaccessibile
6 che a ripensarci rinnova la paura!
Tanto è angosciosa che poco di più lo è la morte;
ma per trattare del bene che io vi trovai,
9 dirò delle altre cose che io vi ho visto.
Io non so riferire bene come vi entrai
tant’ero pieno di sonno nel momento
12 che abbandonai la retta via.
Ma quando giunsi ai piedi di un colle,
là dove terminava quella valle
15 che m’aveva trafitto il cuore di paura,
guardai in alto e vidi i suoi alti pendii
già rivestiti dei raggi dell’astro
18 che guida tutti per ogni strada.
Allora si acquietò un poco la paura
che nel profondo del cuore mi aveva afflitto
21 durante la notte che avevo passato con tanta angoscia.
E mi sentii come colui che col respiro affannato,
uscito fuori dal mare sulla riva,
24 si rivolge all’acqua minacciosa e la riguarda,
così il mio animo, che ancora fuggiva,
si volse indietro a rivedere il percorso
27 che non lasciò scampo a nessuno.
Dopo aver riposato un poco il corpo stanco,
ripresi il cammino lungo il pendio deserto,
30 in modo che il piede fermo era sempre il più basso.
Ed ecco, quasi al cominciare della salita,
una lonza agile e molto veloce,
33 che era ricoperta di pelo maculato;
e non si scostava davanti a me,
anzi mi impediva il cammino al punto,
36 ch’io fui costretto a tornare indietro più volte.
Era l’ora al principio del mattino,
e il sole sorgeva insieme a quelle stelle
39 che erano con lui quando l’amore divino
in principio diede il moto agli astri;
mi facevano sperare di aver ragione
42 di quella fiera dalla pelle screziata
l’ora del giorno e la dolce stagione;
ma non al punto da evitare che mi facesse paura
45 la vista di un leone che mi apparve.
Questi sembrava che mi venisse contro di me
con la testa alta e la fame rabbiosa,
48 così da far sembrare che l’aria stessa tremasse.
E una lupa, che di ogni brama
sembrava piena per la sua magrezza,
51 e che già fece vivere nella sofferenza molta gente,
mi oppresse al punto di sgomento
con la paura che suscitava il suo aspetto,
54 che io persi la speranza della salvezza.
E come per colui che facilmente acquista beni
giunge il tempo che glieli fa perdere,
57 e piange e si rattrista nei suoi pensieri;
così mi rese quella bestia irrequieta
che, venendomi incontro, a poco a poco
60 mi respingeva là dove non arriva il sole.
Mentre io precipitavo nel fondovalle,
davanti agli occhi mi comparve
63 uno che sembrava affievolito a causa di un lungo silenzio.
Quando vidi costui in quel grande luogo deserto
gli gridai; “pietà di me”,
66 “ chiunque tu sia, o spirito o uomo reale!”.
Mi rispose: “uomo non sono, ma lo fui,
e i miei genitori furono lombardi,
69 ambedue mantovani per nascita.
Nacqui all’epoca di Giulio Cesare, sebbene alla sua fine,
e vissi a Roma sotto il buon Augusto
72 nel tempo in cui si credeva agli dei falsi e ingannevoli.
Fui poeta, e cantai di quel giusto
figliolo di Anchise che venne da Troia,
75 dopo che Ilio superba fu bruciata.
Ma perché scendi di nuovo in quel luogo angoscioso?
Perché non sali il monte gioioso
78 che è origine e ragione di tutte le felicità?”
“Ma sei proprio tu, il famoso Virgilio, fonte
che spargi un così largo fiume di eloquenza?”
81 io risposi a lui abbassando la fronte.
“O lume e Onore degli altri poeti,
mi giovi il lungo studio e il grande amore
84 che mi ha fatto leggere con passione tutte le tue opere.
Tu sei il mio maestro e il mio autore preferito,
tu sei il solo da cui appresi
87 lo stile illustre che mi ha fatto onore.
Guarda la bestia per la quale sono tornato indietro,
salvami da lei, famoso saggio,
90 che mi fa tremare le vene e le arterie.”
“È necessario percorrere un’altra via”,
rispose dopo avermi visto piangere,
93 “se vuoi fuggire da questo luogo selvaggio;
poiché questa bestia, per la quale invochi il mio aiuto,
non lascia passare nessuno per la sua strada,
96 ma lo ostacola fino ad ucciderlo;
e ha una natura così malvagia e crudele,
che non sazia mai il suo appetito,
99 e dopo il pasto ha più fame di prima.
Molti sono gli animali che contamina,
e saranno ancora di più, fino a che verrà il veltro
102 che la farà morire nel dolore.
Questi non sarà avido di terre né di ricchezze,
ma di sapienza, amore e virtù,
105 e nascerà tra genti umili.
Sarà la salvezza di quella misera Italia
per la quale morirono di morte cruenta la vergine Camilla,
108 Eurialo e Turno e Niso.
Il veltro la caccerà di città in città,
finché non l’avrà riportata nell’Inferno,
111 dal quale la fece uscire l’invidia del demonio.
Perciò penso e giudico per il tuo meglio
che tu mi debba seguire, e io sarò la tua guida,
114 ti trarrò di qui attraverso un luogo eterno;
dove udrai grida disperate,
vedrai gli spiriti che soffrono da tempi antichi,
117 che invocano una seconda morte;
e vedrai coloro che sono contenti pur
nella loro pena, perché sperano di giungere
120 prima o poi tra le genti beate.
Se poi tu vorrai salire fino a quelle,
ci sarà un’anima più degna di me per questo:
123 con lei ti lascerò quando mi separerò da te;
poiché quell’imperatore che regna lassù,
dato che fui ribelle alla sua legge,
126 non vuole che io entri nella sua città.
In tutto l’universo regna, e lì esercita il suo dominio,
lì si trova la sua città e il suo alto trono:
129 o felice colui che egli sceglie di farvi risiedere.”
E io a lui: “Poeta, io ti prego in nome
di quel Dio che tu non conoscesti,
132 affinché fugga questo male e altri ancora peggiori
che tu mi porti là dove hai detto,
così che io veda la porta di San Pietro
135 e coloro che tu descrivi così infelici”.
Parafrasi "I Sepolcri", di Ugo Foscolo
sonno della morte è forse meno doloroso all’ombra dei cipressi e dentro le tombe consolate dal pianto ? Quando il sole non fecondi più sulla terra ai miei occhi per questa bella popolazione di piante e di animali, e quando davanti a me non danzeranno le ore future, attraenti di belle promesse, né udirò più da te, dolce amico , i versi e l’armonia malinconica che li ispira, né più mi parlerà nel cuore l’interesse nella mia vita da esule, quale consolazione sarà per i giorni perduti un sasso che distingua le mie dalle infine ossa che la morte sparge in terra e in mare? È proprio vero Pindemonte!anche la speranza, ultima dea, fugge le tombe e la dimenticanza circonda tutte le cose nella sua tenebra; e una forza attiva le trasforma incessantemente di movimento in movimento; e il tempo tramuta sia l’uomo sia le sue tombe sia le ultime tracce sia ciò che è stato risparmiato [provvisoriamente] dalla terra e dal cielo. Ma perché l’uomo dovrebbe negare prima del tempo a sé l’illusione che morto lo trattiene ancora sulle soglie dell’oltretomba? Egli non vive forse anche sotto terra, quando sarà per lui impercettibile l’attrattiva della vita se può risvegliarla nella mente dei suoi con nobili preoccupazioni?Dal giorno che nozze e tribunali e altari spinsero le belve umane ad essere pietose verso se stesse e verso gli altri, i viventi sottraevano all’aria malvagia e alle fiere i miseri resti che la natura destina ad altre forme con incessanti trasformazioni. Le tombe erano testimonianza delle glorie e altari per i figli; e da esse uscivano i responsi dei Lari domestici, e il giuramento sulle tombe degli avi fu considerato sacro religione che le virtù civili e il rispetto dei congiunti tramandarono con riti diversi per lungo susseguirsi di anni. Non sempre le lapidi sepolcrali fecero pavimento alle chiese; né il puzzo dei cadaveri mescolato agli incensi contaminò i devoti; né le città furono rattristate da scheletri disegnati: le madri scattano nel sonno terrorizzate, e tendono le nude braccia sulla testa amata del loro caro lattante così che non lo svegli il gemere prolungato di una persona morta che chiede agli eredi le preghiere a pagamento dalla chiesa. Ma cipressi e cedri, riempiendo l’aria di puri profumi, stendevano sulle tombe il verde perenne per eterna memoria, e vasi preziosi raccoglievano le lagrime offerte in voto. Gli amici rapivano una scintilla al sole per illuminare la notte sotterranea, perché gli occhi dell’uomo morendo cercano il sole; e tutti i petti rivolgono l’ultimo sospiro alla luce fuggente. Versando acque purificatrici, le fontane facevano crescere amaranti e viole sul tumulo mortuario; e chi sedeva sulle tombe a versare latte e a raccontare le sue pene ai cari estinti sentiva intorno un profumo come dell’aria dei beati Elisi. Questa è un’illusione benefica che rende care alle giovani inglesi i giardini dei cimiteri attorno alle città, dove le conduce l’amore della madre perduta morta, dove pregarono i Geni di concedere il ritorno al valoroso che troncò dell’albero maestro la nave conquistata. Le tombe dei grandi spingono a nobili imprese gli animi grandi, o Pindemonte,; e rendono al [giudizio del] forestiero bella e santa la terra che le contiene. Io quando vidi il monumento dove riposa il corpo di quel grande Machiavelli che, temprando lo scettro ai potenti [:fingendo di insegnare loro le tecniche del potere], ne sfronda gli allori e svela alle genti di quali lagrime e di quale sangue grondi; e la tomba di colui Michelangelo che in Roma innalzò agli dei un nuovo Olimpo ; e la tomba di colui che Galileo vide ruotare vari pianeti sotto la volta celeste, e il sole irraggiarli immobile, così che aprì per primo le vie del firmamento inglese Newton che vi avanzò profondamente; esclamai “beata te” per l’aria felice piena di vita, per le acque che l’Apennino fa scorrere verso di te dalle sue montagne! La luna, lieta della tua aria, ricopre di luce limpidissima i tuoi colli, festanti per la vendemmia; e le valli circostanti popolate di case e di oliveti, mandano verso il cielo mille profumi di fiori. Tu Firenze, inoltre, hai udito per prima il poema la divina commedia che rallegrò l’ira al ghibellino esule Dante, e tu hai dato i cari genitori e la lingua a quella dolce voce di Calliope, che adornando di un velo candidissimo l’amore, nudo in Grecia e nudo in Roma, lo r
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