Il quartire di Milano in cui abitavano confinava con la campagna. Lallo e Pietruccio si conoscevano fin da piccoli, abitavano in pratica l'uno di fronte all'altro, avevano trascorso l'adolescenza insieme inseriti in una banda di ragazzini che vivevano nel loro stesso quartiere.
Lallo si affacciava al mondo del lavoro e quando poteva cantava: lui sì aveva una bella voce. Pietruccio in una “sfortunata” combinazione vinse una borsa di studio che lo costrinse a trasferirsi in un collegio di Pavia dove ci rimase per ben cinque anni, dopo di che fece una lunga serie di lavori noiosi. Tornato a Milano si ritrovò con Lallo che, dopo aver fatto il militare, era già entrato nel mondo del lavoro. La passione per il canto però era più forte di lui, anzi aveva trovato un amico con il quale “faceva musica”. Pepe abitava non molto distante dal loro quartiere, aveva molta passione per la musica, iniziò studiando il clarinetto che ben presto sostituì con la chitarra classica avvalendosi di un insegnante di prestigio il maestro Miguel Abloniz. La musica classica però non faceva al caso suo, era più attratto da quella moderna. Avendo innata una buona musicalità, ben presto diventò un ottima “chitarra ritmica”. L'incontro tra Lallo e Pepe fu talmente indovinato che diedero vita ad un duo che chiamarono “Il Duo Washington”. Nessuno dei due allora pensava minimamente di farne una professione, suonavano e cantavano soprattutto per il loro piacere e per il piacere della compagnia di ragazzi alla quale appartenevano. Poi Lallo andò a fare il servizio militare e i loro progetti rimasero in sospeso.
SCOPRIRE I BEATLES...
Quando finalmente sentirono le prime note di “Love me do” ebbero una folgorazione. La musica, il modo di suonare, le invenzioni vocali, il suono delle chitarre, gli arrangiamenti contribuirono a generare in loro una grande emozione:avevano ascoltato i Beatles.
Da quel giorno ci fu una caccia spietata per comperare i loro dischi che in Italia non erano ancora stati pubblicati. L'unica possibilità era quella di andare a Lugano dove un negozio riusciva ad averli direttamente dall'Inghilterra. Iniziarono a studiare e a cercare di capire la musica dei Beatles, inserendo nel proprio repertorio le loro canzoni, che riscuotevano tra i giovani un enorme successo. Il “Ciao Ciao” ben presto divenne il punto d'incontro per tutti gli amanti di questo nuovo genere musicale che non passò inosservato ai giornalisti, i quali raccontarono ciò che stava accadendo al “Ciao Ciao” e ad altri locali valutando l’evento come il solito fenomeno giovanile che sarebbe finito nel giro di una stagione. La moda tra i ragazzi subì una grossa influenza, si andava diffondendo il modo di vestirsi alla Beatles, gli stivaletti, i calzoni aderenti, le giacche senza revers, ma più che altro i capelli lunghi che creavano stupore e sdegno tra la gente più conservatrice generando sconcerto da parte dei Media i quali li chiamavano in tono dispregiativo “Capelloni”. Il mondo discografico Italiano era in fermento per ciò che stava avvenendo ed i complessi, così si chiamavano allora, erano visti con particolare interesse. La storia del loro ingresso alla casa discografica Ricordi, è talmente singolare che vale la pena di essere raccontata. Con una raccomandazione ottenuta dall’allora Arcivescovo di Milano Monsignor Montini, attraverso il fratello di Pietruccio, Cesare, che lavorava presso l’Arcivescovado di Milano, ottennero un’audizione dalla Casa discografica Ricordi. Trascorsero alcuni mesi durante i quali proseguirono nella solita routine: lavoro, studio, prove e la domenica pomeriggio al “Ciao Ciao” a suonare, mentre la sera si spostavano con i loro strumenti al “Ragno d'Oro” di Corbetta, un paese nei pressi di Milano, dove si esibivano. Ben presto il locale di Corbetta divenne un punto d’incontro di molta gente e molti giovani lasciando stupefatti ed increduli i proprietari. Nel frattempo il mondo musicale italiano, e non solo, stava subendo un cambiamento radicale. I primi segnali arrivarono inaspettati anche al mondo discografico che ne intuì subito la potenzialità commerciale. Quando oramai non speravano più, ricevettero una telefonata dalla Ricordi nella quale gli si comunicava che per espresso desiderio del direttore artistico, Iller Pataccini, erano convocati per un'audizione presso gli studi di Milano in via dei Cinquecento.
LA SCELTA...
Iniziarono a vivere un momento magico: decisero di diventare musicisti. Si organizzarono per effettuare al meglio le loro tournée. Nel frattempo, sull'onda del primo successo discografico, nella primavera del '67 incisero un nuovo 45 giri. Era una cover dei Mamas and Papas, che gli avevano portato fortuna, alla quale fu dato il titolo di: ''Il mondo e' con noi'', Con il nuovo brano parteciparono a quella che dopo il festival di Sanremo era considerata il top delle manifestazioni canore, ''Il Cantagiro''
Durava due settimane, durante le quali, a bordo di un'automobile, percorrevi centinaia di chilometri, attraversando città e paesi assiepati di folle entusiaste di poter vedere anche solo per un attimo gli interpreti delle canzoni a loro più care. Ogni auto trasportava un cantante o un complesso ed aveva all’esterno, sulle portiere della stessa, un cartello con il nome dell'artista che l’occupava. La sera una giuria, formata da persone del pubblico, decretava il vincitore della tappa con alzata del voto su una paletta. Intanto tutti loro (produttori compresi – Mogol e Battisti) erano alla ricerca di un nuovo 45 da lanciare sul mercato. Una sera, entrando in un American Bar di Chiavari, località dove Pietruccio trascorreva le sue vacanze, sentirono una melodia che procurò loro una forte emozione. Il fraseggio era eseguito da un organo Hammond e le note ricordavano una composizione di Bach. Era interpretarta da un gruppo inglese i Procol Harum, titolo “A Whiter Shade of Pale”. Vissero una grande suggestione ascoltando quel brano. Si attivarono immediatamente per recuperare la canzone appena ascoltata ed il 10 Agosto negli Studi di registrazione della Ricordi nasceva la versione italiana di quel brano: “Senza Luce”. Usci' in tutti i negozi d'Italia il 20 di Agosto e nel giro di pochi giorni divenne la canzone più ascoltata e venduta di quell’estate. Ad ogni concerto, dovevano eseguire il brano più volte, la gente era come impazzita non si stancava mai di ascoltarla. Attorno alla figura di Mogol, grande accentratore e leader, si era creato un gruppo di lavoro nel quale facevano parte i Dik-Dik e Battisti. Il gruppo passava parecchio tempo insieme, sia negli uffici della Ricordi, che in un luogo della Brianza, la Poncia (una vecchia cascina con scuderia di cavalli) di proprietà di Mogol. Il Dosso così si chiamava la località, era diventato il loro quartier generale.
LE PRIME ESPERIENZE...
Trovarono un primo ingaggio in un piccolo locale nel centro di Milano in Via Merlo: si chiamava “Ciao Ciao” ed era curato da due amici per la pelle molto simpatici: Attilio Malnati, ora direttore delle edizioni Universo, G. De Feo attuale proprietario delle medesime edizioni.
I due gestivano il locale che la domenica pomeriggio era frequentato da ragazzi. Il “Ciao Ciao” aveva una capienza massima di 150 persone però la domenica ne stipava anche 400. I ragazzi che volevano entrare arrivavano parecchio tempo prima dell’apertura del locale, formando così un gruppo che creava problemi di ingorgo al traffico. Tra i loro compagni di quartiere e d'infanzia ce n’erano due che, tornando da una vacanza a Londra, riferirono a Pietruccio, Pepe e Lallo che in Europa stava avendo successo un nuovo strano gruppo musicale con un nuovo strano nome; dalla descrizione pensarono che il tipo di musica fosse interessante e iniziarono ad ascoltare Radio Luxemburg, unica fonte di notizie musicali d'oltre manica, cercando di ascoltare, scoprire e studiare questo fantomatico nuovo complesso.
LUCIO BATTISTI...
Arrivarono molto tempo prima del previsto nello studio di registrazione molto emozionati. Appena entrarono videro qualcuno che stava suonando il pianoforte. Con le loro chitarre gli si avvicinarono. Notarono subito un viso simpatico e una testa piena di riccioli neri, cominciarono a chiedersi cosa stesse facendo e chi fosse: lui gli rispose che era un autore di canzoni e che voleva fare dei provini di alcune sue composizioni. Tutti loro radunati attorno al pianoforte si presentarono, poi si presentò lui: io mi chiamo Lucio Battisti.
Nelle due ore di attesa ebbero modo di conoscersi meglio, Lucio disse loro che per vivere suonava nell'orchestra dei Campioni di Roby Matano; suonava la chitarra e se la cavava un po' con tutti gli strumenti. A Milano viveva in una pensione da poco prezzo, ma da lì a qualche mese si sarebbe trasferito in un monolocale dalle parti del Lorenteggio non molto distante da dove vivevano loro. Gli fece ascoltare alcune sue canzoni, li colpì soprattutto il modo di come le cantava: era una voce particolare, molto espressiva che riusciva a trasmettere emozioni. Trascorsero tutto il giorno insieme negli studi della Ricordi. Lallo, Pepe e Pietruccio avevano preparato due brani dei Beatles tradotti in italiano ed uno di un gruppo, i Searchers, intitolato “Needles and Pins”. Da quel giorno, per diverso tempo, non videro più Lucio Battisti che partì con la sua orchestra per una lunga tournée. Tre settimane dopo il provino, quando già disperavano di ottenere una risposta positiva dalla Ricordi, arrivò una telefonata dall’ufficio artistico della stessa che li convocò presso gli uffici di Milano. Iller Pataccini, appena li vide li accolse sorridendo “abbiamo ascoltato i vostri provini con molto interesse e ne siamo rimasti favorevolmente colpiti: benvenuti alla Ricordi!” Erano ovviamente felici, il loro sogno si era avverato. Ora dovevano trovare un nome da dare al gruppo: un nome facile da dire e da ricordare. Tutti si impegnarono a cercarlo. Pietruccio aveva un'idea che gli frullava nella testa: cercava un nome che contenesse delle consonanti inusuali nella nostra lingua, come Kontiki, Krakatoa, qualcosa insomma che si potesse leggere come si scriveva. Poco dopo un nome rimbalzò nella testa di tutti loro: era il nome proprio di una gazzella africana che vive negli altopiani somali: DIK DIK. Era il nome che cercavano. Il nome entusiasmò tutti quanti, discografici compresi e con lo stesso nome nell'anno 1964, firmarono il loro primo contratto discografico.
FEDERICO FELLINI...
Nella primavera del '65, l'ufficio promozioni della Ricordi li convoca d'urgenza per prospettargli un'interessante proposta di lavoro.
Federico Fellini, che stava ultimando la lavorazione di Giulietta degli Spiriti, aveva deciso che un brano musicale del film fosse composto ed eseguito da loro. Partirono in aereo per Roma ed arrivarono negli studi della R.C.A. dove ad attenderli c’era proprio lui Federico Fellini il quale li accolse amichevolmente, spiegò loro il tipo di brano a commento delle immagini del film e quindi affiancò loro un giovane direttore d’orchestra diventato poi famoso: Stelvio Cipriani che avrebbe collaborato nella composizione della canzone. Dopo un “Full Immercion” musicale uscirono dallo studio con un ottimo brano che aveva per titolo: “ Belfagor”. Purtroppo per ragioni di censura, che a quei tempi era molto rigida, la scena che comprendeva la loro composizione fu tagliata togliendogli l'opportunità di farsi apprezzare in campo internazionale. Nonostante l’occasione sfumata una certa popolarita' fuori dei confini italiani l'avevano acquisita tanto che arrivavano richieste di partecipazioni a trasmissioni televisive e tournees dalla Svizzera, dalla Germania, dalla Jugoslavia, ed altre ancora compresi gli Stati Uniti.
IL PRIMO DISCO...
Qualche tempo dopo la firma del loro primo contratto con la Ricordi, realizzarono la prima incisione, si trattava della versione italiana di una canzone inglese dal titolo 1-2-3, che ebbe un buon successo di vendita.
La facciata B del 45 giri era un brano composto interamente da Lucio Battisti “Se rimani con me” che fruttò allo stesso la soddisfazione nel vedere pubblicata una sua composizione e di ricevere i primi diritti Siae che in quel momento erano per lui importanti. La radio, allora, era molto piu' importante della televisione che stentava a decollare; Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, erano i conduttori di una trasmissione di grande successo “Bandiera Gialla”, dove parteciparono cantando in diretta e diventando, per parecchie settimane, i leaders della trasmissione.. Dopo le cinquantamila copie vendute del primo 45 giri, la Ricordi, gli permise di usare gli studi di registrazione, con una certa libertà.
Verso i primi giorni dell'estate del '66, mentre mi aggiravo negli uffici della Ricordi, passando nei corridoi mi capitò di sentire un motivo molto coinvolgente al punto che incuriosito mi affacciai all'ufficio da dove proveniva il motivo e chiesi che canzone fosse. Mi risposero che dagli Stati Uniti erano appena arrivate le ultime novità discografiche. Terminata la canzone, sfilai il disco dalla piastra e ne lessi l'etichetta: era un gruppo vocale di cui non avevo mai sentito parlare, possedeva un insieme di voci molto interessante, lessi il nome: Mamas and Papas. Fu un vero colpo di fulmine, la canzone fin dalle prime note era potente e accattivante, possedeva tutti i numeri per diventare un grande successo, sfilai dal giradischi il 45 giri e mi precipitai dal direttore artistico, Iller Patacini, e gli dissi: che avevo tra le mani una vera bomba e che avrei voluto farne una versione in italiano: poi lessi, il titolo, California Dreamin’.
Anche Pataccini convenne con me, dopo aver ascoltato la canzone, che valeva la pena di provare a farne una versione italiana. Prima di congedarmi Pataccini mi disse che Giulio Rapetti, in arte Mogol, aveva espresso il desiderio di diventare il nostro produttore e che l'indomani ci avrebbe ricevuto nel suo ufficio per conoscerci. Avevo sentito parlare di Mogol, si diceva avesse grande intuito e che scrivesse dei bellissimi testi di canzoni; arrivammo da Mogol, con il disco dei Mamas and Papas, con l'intenzione di sottoporlo al suo giudizio. Nell'ufficio, con Mogol, ci trovammo con grande sorpresa anche Lucio. Cominciammo a discutere sui vari progetti musicali e quasi contemporaneamente con Mogol facemmo riferimento ad una canzone con la quale avremmo potuto iniziare la nostra collaborazione. Fu un caso che porto' fortuna ad entrambi: avevamo pensato alla stessa canzone quella che poi divenne ''Sognando la California''.
Incisero Sognando la California negli studi di Via dei Cinquecento a Milano assieme al loro nuovo produttore e con l’apporto di Lucio Battisti. Fecero coincidere il mese d'Agosto, in cui erano liberi da impegni, con un contratto artistico al casino' di S. Remo dove, dopo l'orchestra base, si esibivamo in qualità di rappresentanti del fenomeno musicale del momento.
La loro performance al Roof Garden del casinò prevedeva un uscita di quarantacinque minuti ridotta poi a trenta per poi essere ulteriormente sacrificata a dieci non per il fatto che suonassero male…anzi, ma perché secondo il pubblico non molto giovane i volumi erano troppo alti. Ci fu a tal proposito un incidente singolare; stavano suonando a dei volumi, secondo la moda del momento accettabili, quando da un tavolo di fronte un uomo piuttosto elegante, disturbato, dal suono giudicato eccessivo, si rivolse dalla loro parte portandosi entrambe le mani alle orecchie e proferendo ad alta voce,un'imprecazione; Pietruccio al microfono rispose duramente; non l'avesse mai fatto, per poco ne nasceva una rissa. Solo il tempestivo intervento del direttore evitò un vero caso nazionale perché venire alle mani con il ministro dello spettacolo non sarebbe stato molto salutare. Del tutto inconsapevoli di ciò che stava avvenendo del loro disco pubblicato un mese prima trascorsero delle piacevoli vacanze pensando a come fosse andata; qualche sospetto però l'avevano. Spesso, accendendo la radio, capitava con grande sorpresa di ascoltare la loro canzone, succedeva anche una cosa inaspettata erano fermati per la strada da ragazzi che gli chiedevano l'autografo. Pietruccio veniva riconosciuto più sovente perché, spiccava nella copertina del disco indossando un vecchio cappello da Cow Boy che aveva trovato nello studio fotografico e che per gioco si era messo in testa; un cappello, che per anni, rappresentò il simbolo dei Dik Dik. La vera sensazione di successo, la ebbero alla fine del mese di Agosto quando, tornati a Milano, ricevevano ogni giorno decine di telefonate da amici e conoscenti che entusiasti, si congratulavano. Nel giro di poco tempo si ritrovarono al vertice della Hit Parade.
IL 1968
Il 1968 fu caratterizzato da molti avvenimenti internazionali importanti.
Ci fu il movimento studentesco, che partendo dai campus americani si era esteso in tutto il mondo occidentale protestando, anche con la musica, per ottenere un rinnovamento delle istituzioni scolastiche e sociali; scoppiò la guerra nel Vietnam, tra il '68 e il '69 ci furono due grandi avvenimenti musicali che segnarono un'epoca, il concerto a Wight, e quello a Woodstock, dove di fronte a più di cinquecento mila giovani arrivati da ogni luogo si esibirono artisti del calibro di Jimmi Hendrix, Crosby Stills and Nash, Joe Cocker, Bob Dylan, Santana ecc.
Nello stesso anno il duo Battisti Mogol scrisse per loro il ''Vento'' e partirono per la loro prima tournée negli Stati Uniti.
All'aeroporto di New York c'era una delegazione di italo americani ad attenderli.
La tournée si svolse nel migliore dei modi, suonarono a New York, a Boston, a Chicago e a Filadelfia, facendo anche un blitz in Canada, nelle città di Toronto e Montreal. Dappertutto erano accolti da un folto pubblico di italiani residenti negli Stati Uniti, che ad ogni fine concerto li invitavano in ristoranti gestiti da italiani e frequentati da italiani. Di festival in Italia e nel mondo, ce ne sono parecchi. In Italia, la parola festival, ti ricorda subito quello che è considerato il più importante dei festival: è quello di Sanremo, meta ambita da ogni cantante di musica leggera. La Ricordi e Mogol, nel 1969, decisero che era giunto il momento di farli partecipare al festival di Sanremo; la formula prevedeva che la medesima canzone fosse interpretata da due diversi cantanti che ne davano una differente interpretazione. A Sanremo ci arrivarono una settimana prima dell'inizio della manifestazione prendendo alloggio al Grand Hotel del Mare di Bordighera. Per tutta la settimana del festival la città di Sanremo assume un aspetto frenetico. I giornalisti si aggirano per tutti gli alberghi per fare interviste; centinaia di persone affollano le entrate degli Hotels nella speranza, di vedere il proprio cantante preferito.
Nella primavera del 1969 venne pubblicato un brano che portava la firma di un nuovo autore, che in seguito avrebbe scritto molte altre canzoni di successo: Mario Lavezzi, Mogol, e Popi Minellono diedero vita ad una di quelle canzoni che rimangono eterne nella memoria della gente ''Il Primo Giorno di Primavera''.
......Il 33 giri dei Dik Dik di cui vi parlo oggi fu uno dei primi della mia collezione e rimpiango ancora oggi di averlo purtroppo venduto una ventina d'anni dopo, per ragioni di trasloco e di spazio. Dico purtroppo perché non è stato mai ripubblicato un equivalente in CD e, a parte i pezzi più noti, alcuni brani non si trovano più. Riascoltandolo oggi, dispiace notare innanzitutto quanta poca cura dedicasse la Ricordi a questo tipo di prodotti, stampandoli su una pasta di vinile che definire pessima è poco. Paradossalmente suonano meglio le ristampe della serie Orizzonte rispetto agli originali, una cosa che si nota ad esempio anche nelle incisioni Ricordi di Mia Martini o di Milva: una vera fregatura per i collezionisti che pagano uno sproposito per avere la prima edizione e rifiutano magari la ristampa senza sapere che dal punto di vista della resa sonora è molto migliore quest'ultima.
Il disco non può non aprirsi con quello che è stato il maggior successo commerciale del gruppo, il celebre Senza luce che a me non è mai piaciuto nelle varie versioni italiane, nessuna delle quali rende l'atmosfera psichedelico-barocca dell'originale. Ancora oggi non mi stanco di ascoltare la versione dei Procol Harum, che considero uno dei migliori 45 giri degli anni '60, e ancora oggi continuo a ritenere la voce di Gary Brooker inimitabile, come è inimitabile la timbrica di quell'Hammond M 102, anche se Fisher ha rivelato già molto tempo fa la posizione dei drawbar da impostare per riprodurne il suono. Per non parlare del testo di Mogol, che nell'intento di dare un senso plausibile agli sconclusionati e oscuri versi originali, ricade nella banalità delle sue storie di tradimenti e di abbandoni.
Subito dopo, la facciata B del 45 giri, con una ventina di secondi di introduzione in stile "progressive": l'altra faccia di Mogol, la migliore, per un pezzo di Battisti oggi poco ricordato e quasi mai rieseguito nei periodici tributi e anniversari vari: Guardo te e vedo mio figlio il titolo. Era il periodo in cui Lucio non era ancora esploso come personaggio e, benché fosse noto fra gli addetti ai lavori come autore, le sue composizioni venivano ancora relegate nel retro dei singoli che dovevano scalare le classifiche: come sapete, il primo a rischiare fu qualche mese prima Maurizio Vandelli e la sua Equipe con la leggendaria 29 settembre.
Tornando ai Dik Dik, la terza traccia è una cover di If I Were A Carpenter di Tim Hardin, un successo negli USA grazie a Bobby Darin, già eseguito in Italia dai Rokes un anno prima con il titolo Se fossi povero. Reinterpretata con uno stile totalmente diverso, i Dik Dik la intitolano Se io fossi un falegname e la pubblicano come retro di Il mondo è con noi.
Windy è una cover degli Association, mentre Cado giù è la versione italiana di My World Fell Down degli Ivy League ed è anche il primo pezzo che i Dik Dik eseguono appositamente per l'album. Chiude la facciata un brano italiano, Serenella di Mogol e Donida, che Bobby Solo aveva già pubblicato come facciata B di Non c'è più niente da fare e che solo molti anni dopo riascolteremo nella demo inedita di Luigi Tenco.
La seconda facciata dell'album si apre con un altro successo epocale dei Dik Dik, quel Sognando la California che aveva spalancato al gruppo le porte della Hit Parade, e prosegue con Il mondo è con noi: entrambe sono versioni italiane di successi dei Mamas & Papas. Meno fortunata Inno, il pezzo più recente rispetto alla data di uscita del 33 giri, uscito con una copertina che ne ripeteva la grafica un po' rétro e con la foto seriosa, in posa perfetta, fatta in uno studio fotografico d'altri tempi e che doveva appunto servire da traino all'intero album. Molto ben confezionata con cori e atmosfere alla Beach Boys (come del resto la già citata Cado giù), Inno è un rifacimento (migliore dell'originale) di Let's go to San Francisco dei Flowerpot Men; rimase nei piani bassi della classifica, forse per colpa di una introduzione che ricordava (del tutto involontariamente, dato che era ripresa pari pari dall'edizione originale) la famigerata Grazie dei fiori di Nilla Pizzi. O forse fu promossa con poca convinzione dagli addetti ai lavori, visto che Inno fu per i Dik Dik un ripiego, scelto dopo lo scippo di Nel cuore, nell'anima da parte dell'Equipe 84. Il gruppo in ogni caso si rifarà sei mesi dopo entrando in classifica con Il vento, il cui arrangiamento fu curato dallo stesso Battisti, come curato da Battisti è l'intero LP di oggi.
Altro brano di Mogol-Battisti è Dolce di giorno, di cui i Dik Dik condividono la base musicale con l'autore stesso. Per il gruppo era servita da facciata B per Sognando la California, mentre per Battisti fu la facciata B di Per una lira. Chiude il disco una ballata un po' anomala, Nel 1303 che, pur ambientata nel medioevo, sembra provenire da un futuro post-atomico......
Orlando
DIK DIK - DIK DIK (1967)
01 Senza Luce ( A Whiter Shade Of Pale) (Reed-Broker-Mogol) 02 Guardo Te E Vedo Mio Figlio (Battisti-Mogol) 03 Se Io Fossi Un Falegname (Hardin-Mogol-Cassia) 04 Windy (Ruthann-Friedman-Clausetti) 05 Cado Giù (My World Fell Down)(Carter-Lewis-Mogol) 06 Serenella (Donida-Mogol) 07 Sognando La California (California Dreamin') (Philips-Mogol) 08 Il Mondo è Con Noi (I Saw Here Again)(Philips-Mogol) 09 Inno (Let's Go To San Francisco)(Carter-Lewis-Mogol) 10 Dolce Di Giorno (Battisti-Mogol) 11 Nel 1303 (Do You Believe) (Grey-Mogol)
Il primo giorno di primavera e altri successi - 1969
Tracce:
Lato A
Il primo giorno di primavera Tu non sai amare Era lei Nel cuore nell'anima Nuvola bianca Piccola arancia
Lato B
Primavera, primavera Sheila Senza lei Il vento Eleonora credi Sogni proibiti
Video Il primo giorno di primavera
E' il primo giorno di primavera ma per me è solo il giorno che ho perso te. Qui in mezzo al traffico c'è un pezzetto di verde ed io mi chiedo perché mentre nasce una primula sto morendo per te.
L'isola di Wight, io mi fermo qui ed altri successi
Tracce:
1. L'isola di Wight 2. Era lei 3. Io mi fermo qui 4. Primavera, primavera 5. Piccola arancia 6. Nel cuore, nell'anima 7. Innamorato 8. Il vento 9. Il primo giorno di primavera 10. Tu non sai amare 11. Senza lei 12. Restare bambino
Tra le tantissime band di pop melodico italiano nate, cresciute e spesso anche decedute a cavallo tra i ’60 e i ’70, molte si sono cimentate nel progressive, l’approccio talvolta veniva centrato in pieno, vedi ad esempio I Giganti, Nino Ferrer, per certi versi gli Alunni del Sole e l’Equipe 84, persino Battisti e i Pooh. Altri, forse per mancanza di basi hanno sparato per così dire un po’ a vuoto, almeno commercialmente parlando.
E’ il caso dei Dik Dik che nel 1972 tentarono di fare il “salto” e, supportati da una serie di testi di notevole fattura di Herbert Pagani, si misero a lavorare su svariate idee scritte da Mario Totaro, tastierista e principale compositore della band. Il concept album, dall’arzigogolato titolo, uscì nel 1972 e risultò piuttosto distante da ciò che il pubblico dei Dik Dik era abituato ad ascoltare, così i fan lo snobbarono e gli amanti del prog, visto il nome e i precedenti, fecero altrettanto.
Non stiamo parlando di progressive tout-court, forse è più corretto mantenere presente il concetto di pop melodico con intrusioni sinfoniche e spiragli prog, ma il solo fatto che i brani, pur brevi, non fossero vere e proprie canzoni con le loro strofe e i loro ritornelli, scombussolò un po’ il pubblico e tutto venne vissuto come un “cambiamento di rotta”, che determinò, prima il deciso fallimento commerciale con vendite ridicole, una repentina virata sui loro passi e un netto ritorno alla canzonetta melodica di facile presa, nelle forme ben conosciamo.
Il disco presentava, inoltre, una copertina piuttosto anomala, poco accattivante e non troppo di buon gusto e, anche questo, contribuì a far cadere il disco nel dimenticatoio. Questo è confermato dalla mancanza di ristampe importanti, almeno fino al 2003, anno in cui la BMG digitalizzo l’opera, ma la tiratura fu in numero così basso che dopo pochi mesi risultò già esaurita. Esistono poi alcune ristampe asiatiche (Corea e Giappone), ma, di fatto, il disco sul mercato è quasi introvabile.
Il concept è in pratica un percorso all’interno del corpo e della mente della donna, secondo una visuale molto poetica e ricca di devozione, a tratti ingenua, verso il genere femminile, i brani, come d’uso, scorrono per intero senza soluzione di continuità generando una mega suite di circa 40 minuti.
Analizzando nel dettaglio l’aspetto musicale si può tranquillamente affermare che il lavoro è buono: la composizione è coerente e pur prevalendo l’indirizzo melodico le parti sono interessanti e ben intersecate, con innesti ben fluidi, determinati anche dall’ottimo arrangiamento generale. Nel complesso tutto è ben suonato e cantato, così, facendo un tutt’uno con le premesse dette in fatto compositivo e di arrangiamenti, viene da pensare che il tentativo sia fallito semplicemente per i trascorsi troppo da “balera” dei Dik Dik, che qui invece ci fanno assaporare quello che poteva essere, ma non è mai stato.
Musicalmente, partendo tutto dalla composizione tastieristica, salta ben chiara all’orecchio l’ispirazione principale, che è chiaramente riconducibile ai Procol Harum e diversi sono momenti di richiamo alla forza di impatto del gruppo inglese, maestosi ma non pomposi, ricchi ma non ridondanti. Questo si evidenzia soprattutto in brani come “Donna paesaggio” o “Il viso” e ancor più nelle cavalcate organistiche de “Le gambe”. Più delicate e intimistiche altre parti come ne “I sogni”, altre lievemente più sperimentali e tipicamente più prog, come “La cattedrale dell’amore” o “La notte”. Chiusura del disco tipica con la ripresa dei concetti principali del disco e degli elementi melodici che lo hanno contraddistinto.
Io credo sia bello ed importante poter dare ad gruppo una seconda chance, anche a distanza di tantissimi anni e forse anche quando a loro non possa più interessare. Ma riconoscere un momento di “grandezza” ad un gruppo che troppi e troppo spicciamente hanno relegato alla balera da cui erano partiti, credo sia un gesto positivo, che questo lavoro con la sua carica emotiva, sensuale e malinconica, in effetti merita.
Di TheJargonKing fonte:debaser.it
Tracce:
1 Donna paesaggio 2.Il Viso 3.Il Cuore 4.Intermezzo 5.La Cattedrale Dell'Amore 6.Le Gambe 7.Suite Relativa 8.Monti e Valli 9.I Sogni 10.La Notte 11.Sintesi
CHE FAREI (TELL ME WHY - Neil Young) Autori: Sbrigo, Neil Young Edizioni: Radio Record Ricordi TRA I FIORI ROSSI DI UN GIARDINO Autori: Natale Massara, Erminio Salvaderi, Sbrigo Edizioni: Fama NOI SOLI (BIRDS - Neil Young) Autori: Sbrigo, Neil Young Edizioni: Radio Record Ricordi MA PERCHÉ Autori: Natale Massara, Erminio Salvaderi, Sbrigo Edizioni: Fama E HO BISOGNO DI TE (I NEED YOU TO TURN TO - Elton John) Autori: Elton John, Sbrigo, Bernie Taupin Edizioni: Ritmi e Canzoni STORIA DI PERIFERIA Autori: Claudio Daiano, Riccardo Zara Edizioni: INC , Jubal
Lato B
CONFESSIONE (PILGRIM PROGRESS - Procol Harum) Autori: Matthew Fischer, Keith Reid, Maurizio Vandelli Edizioni: Aromando MA TU CHI SEI (BAD SIDE OF THE MOON - Elton John) Autori: Elton John, Maurizio Piccoli, Bernie Taupin Edizioni: Ritmi e Canzoni LIBERO Autori: Erminio Salvaderi, Sbrigo, Mario Totaro Edizioni: Fama NON SI PUÒ (LOVE TO SURVIVE - Gary Wright) Autori: Maurizio Vandelli, Gary Wright Edizioni: Fono Film È NEL MIO CUORE ANCORA Autori: Maurizio Fabrizio, Mogol Edizioni: Come il Vento , Pegaso
Periodo finale del successo dei Dik Dik. Uno degli ultimi Lp originali incisi dal complesso. Versione rippata da vinile con lasersony - Fuori catalogo - Mai ristampato su CD
Tracce:
01 - io, te e l'infinito 02 - walkin' in the sunshine 03 - flowers, freedom and love 04 - un giorno, cent'anni 05 - ossessioni 06 - una estate intera 07 - e' amore 08 - ultima estate 09 - amico 10 - senza di te courtesy of ancomarzio.blogspot.com sul sito www.dallatorre.net
A qualcuno sembrerà strano, ma nel 1991 si incideva ancora su vinile oltre che su CD. E' il caso di questo lavoro dei Dik Dik, giunti ormai alla fine della loro carriera discografica. Solo discografica perchè mentre pubblichiamo questo post sono in giro per l'Italia e per l'Europa con tantissime date. Gli anni pesano e nonostante la buona volontà e una buona band, li sostiene solo il nome e un pò di nostalgia. In questo Lp avevano scomodato gente come Paolo Conte, Kuzminac. Pallavicini e dei musicisti di primo piano. Avevano anche una buona distribuzione (Ricordi) e un'etichetta gloriosa (Carosello). Non è andata bene. Noi li riascoltiamo comunque con piacere con questo che può essere definito "l' ultimo dei Dik Dik". 20 anni fà
Tracce:
01 - Forte e chiaro (The living years) 02 - Nei riflessi di uno specchio 03 - Cadere giù 04 - Sarà con te 05 - Come ti và 06 - Ruberò 07 - Chiavi inglesi 08 - Dove sei quando non ci sei 09 - Che sarà questo domani
Come passa il tempo e i più grandi successi Dik DIk - Camaleonti - Vandelli
Tracce:
Come passa il tempo Io ho in mente te Sognando la California L'ora dell'amore 29 settembre L'isola di Wight Applausi Tutta mia la città Senza luce Amicizia e amore Bang bang Il primo giorno di primavera Io per lei Nel cuore, nell'anima Vendo casa Perchè ti amo