ANIMALI RARI BUFFI E STRANI DEL MONDO..

quello che..non vi capitera' mai di vedere...

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    Gli animali più rari del mondo

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    La tartaruga dell' Isola di Pinta

    Questa tartaruga è l'animale più raro del pianeta. E quando dico "questa", intendo proprio quella rappresentata nella fotografia, dato che è l'ultimo esemplare esistente di tartarughe giganti dell' Isola di Pinta.
    Il suo nome è "Solitario George", e fino alla sua scoperta nel 1971 si riteneva che la sua specie fosse estinta. Si stima che George abbia tra i 60 ed i 90 anni.
    C'è una ricompensa di 10.000 dollari per chi riuscisse a trovare un esemplare femmina da far accoppiare con George. Sono stati fatti tentativi di riproduzione con George ed altre tartarughe, ma nessuno ha avuto successo, forse per il fatto che la riproduzione avviene soltanto con tartarughe della stessa sottospecie.




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    Baiji

    Delfino che vive nel fiume Yangtze. Ne sono rimasti qualche decina di esemplari, il che fa di questo mammifero uno degli animali più rari del pianeta. La sua quasi-estinzione è causata da diversi fattori: compete con l'essere umano sulla stessa fonte di cibo, inquinamento delle acque, pesca, dighe che ne limitano il raggio d'azione e riducono il suo habitat.
    Il baiji viene definito "funzionalmente estinto", il che fa di questo animale il primo mammifero acquatico dall' estinzione del leone marino giapponese e della foca monaca dei caraibi nel 1950.


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    La marmotta di Vancouver Island

    Si trova soltanto in alta montagna a Vancouver Island. Nel 1998 la popolazione contava 75 individui. Attualmente esistono 150 individui in cattività, e circa una settantina allo stato libero, grazie ad un programma di riproduzione messo a punto per salvare la specie.
    E' una specie di marmotta molto grande se paragonata alle altre, con un peso che si aggira dai 3 ai 7 kg ed una lunghezza che può superare i 70 centimetri.

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    Pipistrello delle Seychelles

    Questo pipistrello vive nelle zone disabitate delle isole Seychelles, e si ritiene non ci siano più di 100 esemplari in vita, concentrati principalmente su Silhouette island.
    Tempo fa era molto comune sulle isole, ma durante il XX° secolo si è assistito ad un drammatico declino.
    Si ritiene che per consentire il proseguimento della specie debbano esistere almeno 500 individui, altrimenti questo pipistrello sarà destinato all'estinzione in breve tempo.



    Edited by gheagabry1 - 16/1/2023, 22:21
     
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    Dugongo


    E' un mammifero marino, ma più simile all'elefante che alla balena. E' erbivoro e consuma più di 30 chili di alghe al giorno. E' provvisto di due ghiandole mammarie toraciche con cui allatta i cuccioli, reggendoli con le pinne anteriori. Vive nell'Oceano Indiano e all'estremità occidentale di quello Pacifico


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    Talpa marsupiale del Sud (Notoryctes typhlops).

    E' un marsupiale con abitudini e aspetto da talpa. E' cieca e scava gallerie. Vive nelle sabbie del deserto in Australia


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    Ippopotamo pigmeo (Hexaprotodon liberiensis).

    Ha una speciale pelle impermeabile, in virtù di un particolare olio prodotto dalle ghiandole sudorifere. Vive in Africa occidentale


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    Formichiere dal muso lungo (Zaglossus bruijni)

    E' un mammifero ma depone le uova. Vive in Nuova Guinea


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    Monito del monte (Dromiciops gliroides)

    Minuscolo marsupiale, vive in Cile e in Argentina. E' ritenuto dagli scienziati un fossile vivente, essendo l'unico superstite di un genere di marsupiali abitanti nell'Australasia 40 milioni di anni fa


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    Antilope saiga (Saiga tatarica).

    Tra i mammiferi più veloci del mondo, può raggiungere gli 80 km/h. Vive in Russia, Kazakhstan e Mongolia.


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    Topo elefante dorato (Rhynchocyon chrysopygus)

    E' dotato di due peculiarità: una curiosa chiazza di pelo giallo splendente e un naso simile a una proboscide. Non solo esteticamente, ma anche dal punto di vista evolutivo, è ritenuto un lontano parente dell'elefante. Vive in Kenya


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    Sifaka dalla corona dorata (Propithecus tattersalli)

    . E' il più piccolo di tutti i sifaka e vive in una piccola area di foresta pluviale in Madagasca
     
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    Insetti strani, stranissimi..

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    Cominciamo con questo sopra, conosciuto col nome di punteruolo del Perù (Rhinastus latesternus), la cui sproporzionata "proboscide", detta rostro, è una caratteristica comune alle oltre 60.000 specie di questo coleottero, tutte nasute. Sulla punta del rostro si trova l’apparato boccale masticatore, che i punteruoli utilizzano per sgranocchiare foglie, frutti e radici. Superfluo aggiungere che questi insetti non sono molto graditi ai contadini, in quanto danneggiano frutti e verdure.






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    Questo è davvero bizzarro: a prima vista sembra un ramoscello di vimini trasportato dal vento; in realtà, è un insetto capace di muoversi sulle sue zampe. Si chiama insetto stecco (ord. Phasmatodea) e vive nelle foreste tropicali, dove ama prendersi gioco dei predatori, fingendosi un pezzo di legno fatto oscillare dalle correnti: un metodo un po' da "pigri", ma che spesso funziona.
    Questa è solo una delle tattiche degli insetti appartenenti a questo ordine, che comprende oltre 2.700 specie diverse. Alcuni insetti stecco hanno le zampe posteriori ricoperte di aculei con cui pungono eventuali aggressori; altri, invece, sono dotati di particolari ghiandole che secernono un repellente chimico che spruzzano contro il nemico.


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    Questa grossa cavalletta, o catidide dalla testa chiodata (Copiphora sp.), è un insetto notturno tropicale che canta al calar della sera. I maschi possiedono speciali organi per la produzione del suono sulle ali anteriori, mentre le femmine friniscono in risposta al richiamo stridulo dei maschi, con una sorta di filastrocca che suona come "Katy did, Katy didn't", da cui deriverebbe il loro nome. Un canto, questo, che fa parte di un rito di corteggiamento che si compie alla fine dell'estate.
    I catididi nel mondo sono divisi in quasi 4.000 specie, delle quali almeno la metà vivono nelle foreste pluviali dell'Amazzonia nutrendosi di foglie, fiori e frutta. Loro, invece, rappresentano una ghiottoneria nella dieta di animali come scimmie, uccelli e pipistrelli.


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    Se la mantide religiosa 'foglia morta' (Deroplatys truncata) potesse scegliere la sua stagione preferita, tiferebbe probabilmente per l’autunno, perché è questo il periodo in cui riesce a mimetizzarsi meglio, data la sua curiosa forma.
    Questo curioso insetto - che predilige il clima umido di Malesia, Borneo e Indonesia - è calato talmente bene nella parte di vegetale che, se disturbato, oscilla lievemente come una foglia al primo soffio di vento. Quando invece si sente minacciato, si lascia cadere al suolo e rimane immobile, confondendosi in mezzo alle vere foglie secche. In tal modo rane, scimmie, uccelli e piccoli serpenti, suoi principali predatori, rimangono a bocca asciutta.
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    Edited by gheagabry1 - 16/1/2023, 22:28
     
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    il sea-pig (maialino di mare)! E' una specie "cetriolo di mare". Il nome scientifico è Protelpidia murrayi, e vive nelle acque poco profonde al largo dell'Antartide. Hanno diverse gambe un po' tozze e una bocca gigante con cui mangiano i detriti che scendono dalla superficie dell'oceano.

    antarctic-sea-pig-de


    ............



    l'eterocefalo glabro (o talpa senza pelo, heterocephalus glaber). Roditore della famiglia bathyergidae, del genere heterocephalus.
    Questo mostrino di animaletto misura circa 12/13 cm in tutto, coda compresa. E' bianco e glabro perché vive sottoterra. E' praticamente cieco, gli occhi sono solo due fessurine. Corre velocissimo sia in avanti sia a marcia indietro.
    I dentini lunghi che ha gli servono per scavare, riesce a scavare qualsiasi tipo di terreno, anche i più duri, anche grazie alla massa muscolare che ha nella parte mascellare.

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    Edited by gheagabry1 - 15/1/2020, 14:16
     
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    grazie Gabry
     
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    Animali strani: gli uccelli più rari nel mondo


    In tema di animali strani non possiamo non considerare gli uccelli più rari nel mondo. Si tratta di specie animali che non è possibile rintracciare facilmente, ma che hanno un fascino tutto particolare e tutto da scoprire. Questi uccelli sono un chiaro esempio della ricchezza che la biodiversità è in grado di offrire e dei delicati equilibri ambientali che si vengono a creare all’interno del nostro ecosistema. La natura non lascia nulla al caso e costituisce un importante patrimonio ambientale da tenere in grande considerazione. La tutela ambientale è un obiettivo essenziale.



    Fratercula arctica

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    La fratercula o pulcinella di mare (Fratercula arctica, Linnaeus 1758), nei paesi di lingua Inglese noto comunemente come Puffin, è un uccello di medie dimensioni (circa 30 cm), facente parte della famiglia delle Alche (Alcidae).
    Popola i mari e le coste (limitatamente all'estate) dell'Atlantico settentrionale. Importante la sua presenza sulle coste islandesi. Presente pure sulle coste norvegesi, bretoni, scozzesi, irlandesi, inglesi e dell'isola di Terranova.


    Edited by gheagabry1 - 16/1/2023, 22:29
     
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  13. gheagabry
     
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    "La vita dell'uomo è stata condotta per milioni di anni insieme alla flora, alla fauna e al grandioso movimento musicale del mondo naturale ... Animali e piante partecipano dai primordi alle nostre comunità...fanno parte della nostra filosofia, modellano la nostra natura e contribuiscono a renderci pienamente umani. Sono tra i nostri maggiori insegnanti.
    B.Brownell



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    IL BRADIPO



    Bradipo è una parola che deriva dal greco e che significa "di lento movimento".
    Il bradipo, conosciuto da tutti i bambini che hanno visto il cartoon L’era Glaciale, nelle sue varie edizioni, è un animale che vive solo in ambienti temperati, umidi a clima mite tutto l’anno, perché come i rettili non hanno la capacità di mantenere la propria temperatura costante. I maschi vivono la loro vita su un unico albero mentre le femmine si spostano di albero in albero con il proprio cucciolo. Esistono 4 specie di bradipo tridattilo. Questo animale non è affatto parente della scimmia ma rientra nell’ordine degli xenartri, come il formichiere.
    Si nutre e dorme appeso ai rami degli alberi con il dorso rivolto verso il basso.
    La sua vita è pigra e indolente, difatti la sua dieta è vegetariana e scarsamente energetica.
    Trascorre una così grande parte della sua vita sugli alberi che a terra è davvero goffo.
    È in grado di mimetizzarsi molto bene.Nel suo pelo vivono piccole falene che depongono le proprie uova ...Non beve mai, si procura i liquidi esclusivamente dalle foglie di cui si nutre o leccando la rugiada.



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    Il bradipo vive esclusivamente nelle regioni centrali e meridionali dell'America, nelle foreste pluviali, dove le variazioni di clima stagionali non sono molto accentuate. La sua temperatura interna è relativamente bassa per essere un mammifero, e proprio per questo vive in climi dove la temperatura è elevata lungo tutto il periodo dell'anno. Durante la notte questo bradipodide perde calore che recupera la mattina esponendosi ai raggi solari in cima agli alberi più elevati. Come animale è piuttosto solitario: fa suo un territorio di circa 0,7 kmq, solitamente nelle vicinanza di una fonte d'acqua. La tendenza è quella di cambiare albero di frequente (ogni pochi giorni), data la velocità con cui esaurisce il cibo disponibile; i suoi spostamenti sono facilitati dalla fittezza della foresta pluviale.
    I forti artigli uncinati permettono al bradipo tridattile di trascorrere la maggior parte della sua vita appeso a rami di alberi: si muove con grande calma oscillando da un lato all'altro. Raramente è possibile vederne un esemplare a terra, in quanto i suoi arti sono molto deboli e camminare gli è difficoltoso a causa degli artigli; questi inconvenienti lo rendono un facile obiettivo per i predatori. Scende solitamente solo una volta alla settimana.
    La dieta del bradipo è interamente vegetariana, si limita infatti a cibarsi di foglie, boccioli, germogli e fiori tipici del suo habitat. Questo tipo di nutrizione fornisce davvero poche calorie ma il suo stile di vita pigro non ne richiede molte, inoltre il metabolismo di questo animale è un terzo di quello di normale mammifero di pari peso. Per procurarsi il cibo strappa le foglie con le labbra callose e le lacera con i pochi denti di cui è provvisto, che si consumano molto facilmente, ma ciò non è un problema in quanto gli ricrescono ininterrottamente durante tutta la sua vita. Tutto ciò che mangia resta nel suo stomaco per un mese e costituisce circa un terzo del suo peso corporeo. Per evitare la competizioni tra individui della stessa zona, ogni bradipo ha delle preferenze ereditate dalla madre verso alcuni tipi di cibo.
    L'accoppiamento avviene a terra e i maschi non svolgono alcun ruolo nella crescita dei piccoli; dopo circa sei mesi di gestazione nasce un bradipo di 300-500 g che non si separerà mai dalla madre per i sei mesi successivi, rimanendo saldamente aggrappato alla sua pelliccia. Dalla sua postazione dopo un mese di vita è in grado di cibarsi autonomamente e a nove mesi abbandona la madre, dalla quale eredita una parte di territorio.



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    ....Sid.....il bradipo....



    Non sei un esperto nel seguire le tracce, vero?
    Sid: Ehi, sono un bradipo, vedo un albero, mangio la foglia, fine della traccia.


    L'Era Glaciale è una commedia basata su personaggi, che ci porta indietro nel tempo di ventimila anni. Ice age (questo è il titolo originale), è un film che ha come protagonista un bambino allevato, da un mammuth (Manny) con la criniera raccolta in una pettinatura a banana, da una tigre e da un bradipo, in una vicenda che richiama alla mente Il libro della giungla.
    Lo strano nucleo familiare si mette alla ricerca dei genitori del cucciolo d’uomo, ma nel loro pellegrinaggio nell'era dei ghiacci, quello che il mammut e il bradipo non sanno, è che la tigre li sta conducendo in una trappola. Mentre i tre s'avventurano in un paesaggio immenso, un'altra creatura; uno scoiattolo preistorico di nome Scrat, sta disperatamente cercando di portare a termine la sua missione di vita; seppellire una ghianda. Il vero protagonista del film è però Sid: un bradipo dalla lingua svelta e dall'incedere lento, che cerca sempre di vivere a sbafo. Gli va bene di imbattersi in Manny, che senza volerlo gli salva la pelle. Incapace di scrollarsi di dosso questo nuovo bagaglio, Manny diventa il protettore di Sid, e si ritrova impelagato ad aiutare Sid a proteggere il cucciolo d'uomo.
    Sid è un bradipo che viene costantemente abbandonato dal suo gruppo, ogni anno, ad ogni migrazione (qualcosa vorrà pur dire)… E’ palilalico, inarrestabile, ironicamente testardo, pungente nelle sue osservazioni e tragicamente goffo nelle situazioni che meno lo richiedono, insomma una vera forza della natura. Inoltre lo vediamo usare moltissimo la testa (come punchball per far ridere il bambino, come punto di appoggio durante una scalata e così via). Incontra Manfred per puro caso, durante una delle sue solite fughe per la vita; chi tenta di ucciderlo sono stavolta due rinoceronti preistorici, a cui Sid ha malamente calpestato l’insalata… Vi sembra forse eccessivo? Dovreste allora sapere che cosa l’incauto bradipo aveva pestato un attimo prima di andarsi a pulire nelle tenere foglioline dei due malcapitati! C’è davvero da chiedersi chi è la vittima in queste circostanze…).
    Sid: [vedendo che il dinosauro non lo ascolta] Oh, andiamo, allora parlo proprio da solo. Io dico sono vegetariani e tu dici grrrrr, io dico possiamo parlarne e tu dici grrrrr, questo non è comunicare....
    Dinosauro: Grrrrrr.
    Sid: Lo vedi?! Questa è la tua risposta a tutto.



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    ....una favola.....




    Viveva nella foresta tropicale e i suoi ritmi lenti di vita gli permettevano di gioire delle albe e dei tramonti e per il trascorrere delle stagioni...
    Stava sempre appeso a testa in giù e proprio per questo i suoi occhi riflettevano le stelle nelle calde notti estive, gli arcobaleni dopo i temporali e la profondità dei cieli primaverili.
    Per questo sembrava strano agli altri animali:
    "E' troppo lento..." - "E' troppo quieto..." - "Vive a testa in giù!"
    Colpito da questi giudizi si ritirava sui rami sempre più alti evitando la vita frenetica delle radure della foresta.
    Un giorno di primavera le grandi ombre delle nuvole correvano sul suolo dove gli animalisi muovevano indifferenti...
    ... senza accorgersi che la più lenta e la più grande era quella del condor che roteava alto nel cielo cercando la preda.
    Solo lui, che guardava fisso nel cielo se ne accorse e capì il pericolo.
    Allora gridò, gridò più volte...
    ... gli animali fuggirono in tempo e, per quella volta, il condor volò via senza avere ucciso.
    Ora lui ha molti amici e gli animali hanno capito che anche chi vede il mondo capovolto può essere importante.
    Pino Ligabue


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    Edited by gheagabry1 - 15/1/2020, 14:24
     
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  14. gheagabry
     
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    Benché gli animali non scrivano autobiografie, come le intendiamo noi, è possibile scriverne la biografia. Essi sono individui e membri di gruppi, con storie complesse che hanno luogo in un mondo concreto, e che implicano un gran numero di stati emozionali complessi. Sono esseri senzienti che hanno una percezione emozionale di tutta la loro vita, esattamente come noi.
    Jeffrey Moussaieff Masson



    L'ISTRICE


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    L'istrice crestata appartiene alla famiglia degli Istricidi, è un roditore di mole cospicua (il più grosso in Europa) caratterizzato dall'avere il corpo e la coda ricoperti da aculei rigidi, erettili e di lunghezza variabile nonché da robuste setole flessibili. Quest'ultime sono particolarmente lunghe sul capo e sulle spalle tanto da formare delle vere e proprie creste (da qui il nome specifico); inoltre portano all'estremità della coda un ciuffo di brevi aculei, attaccati alla pelle a mezzo di uno stelo sottile.
    Per natura tranquillo, quando si sente minacciato drizza la criniera e gli aculei del dorso, facendo vibrare il sonaglio caudale: in questa fase, a volte, alcuni aculei si possono staccare, alimentando la credenza popolare che gli istrici sparino gli aculei contro il nemico. Se questo ancora non si spaventa, l'istrice volge le terga e rincula verso di lui procurandogli serie ferite, dovute alla pericolosa capacità penetrativa dei suoi aculei, che possono raggiungere anche i dieci centimetri di profondità.
    L'istrice è diffuso nell'Africa settentrionale e anche nell'Italia centrale e meridionale, dove venne probabilmente introdotta in epoca romana. In particolar modo lo troviamo nella Maremma toscana, nell'Agro romano, in Campania, nelle Puglie, in Calabria e in Sicilia.
    È un animale molto schivo che ama i luoghi solitari boscosi e cespugliosi, dove a zone collinari si alternano campi coltivati, dense macchie e profonde forre. Come rifugio questi animali preferiscono occupare, ove possibile, qualche cavità naturale del terreno, delle rocce o tane abbandonate da altri mammiferi. Se queste non sono disponibili, si scavano tane proprie quasi sempre nel folto di un bosco e con più di un accesso, di norma, ben celato ove la vegetazione è più intricata. Se non disturbate, gli istrici occupano la tana anche per lunghi periodi e spesso, in corrispondenza degli accessi alla tana, si osservano dei cumuli di terra di scavo, aculei e avanzi di cibo. Di frequente, tra questi avanzi, si trovano ossa e corna di mammiferi rosicchiati: questa è una loro necessità, in quanto essendo roditori devono usurare i propri denti incisivi su un substrato duro.
    Gli istrici si cibano di radici di vario tipo, di cortecce e di frutti caduti al suolo. In alcune zone dell'Italia centrale si possono osservare di frequente i danni che l'istrice procura nei campi di granturco quando, in tarda estate, le cariossidi sono ancora dolci e lattiginose. Nelle stesse zone, l'istrice fa danni gravi quando entra in un vigneto ove l'uva è matura. Questo animale ne è ghiottissimo e il suo modo tipico di farne scorpacciate, consiste nel prendere a piena bocca i grappoli più bassi e risucchiarne gli acini senza staccare il graspo dalla pianta.
    Gli istrici sono notturni e di norma escono quando è buio; per questo hanno un udito e un olfatto molto sviluppati e una pessima vista.





    La volpe conosce molti trucchi; l'istrice uno solo, ma buono.
    (Archiloco)



    ...gli aculei...

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    Un aculeo di istrice è cavo fino alla punta, che invece è piena.
    E' propria la forma degli aculei e il modo in cui l'istrice li perde che possono aver contribuito a far nascere la leggenda sopra detta.
    Vediamo in che modo: se per caso un aculeo rimane impigliato in qualche rametto, può staccarsi e, poiché l'estremità piena pesa più del resto, probabilmente l'aculeo cadrà in giù infilzandosi nel terreno.
    In realtà, se vi capitasse di essere "aggrediti" da uno di questi animali, vi accorgereste che in genere si limitano a rizzare gli aculei che di solito tengono distesi sul dorso.
    Drizzare la pelliccia fa aumentare le dimensioni corporee degli individui e negli istrici produce anche rumore: tutto ciò può spaventare il predatore: un animale di gran mole che fa un gran chiasso sembra più forte e soprattutto più aggressivo e quindi più difficile da catturare.



    ....nella mitologia..



    Nella mitologia e nella favolistica l'istrice non compare.
    Ma Claudiano scrive in "De Hystricae", un poema dedicato a questo roditore, che i Parti hanno appreso dall'istrice l'arte di scagliare le frecce voltandosi indietro.
    Isidoro invece afferma : "L'istrice è un animale africano, simile al riccio, chiamato così dal sibilo dei suoi aculei che egli scaglia, staccandoli dal suo dorso, per ferire i cani che lo inseguono".
    Riguardo all'iconografia, possiamo ricordare che Francesco I, re di Francia, lo scelse come suo animale araldico: la sua scelta si spiega per la supposta capacità di colpire con i suoi aculei gli assalitori.



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    ...l'istrice epicureo..



    “ L’istrice esprime le virtù della prudenza, della previdenza e del calcolo edonistico. Indica l’obbligo di essere accorti in un mondo pericoloso, violento, crudele e perennemente sottomesso alle pulsioni di morte. L’istrice insegna, a chi sa guardarlo, la necessità morale di proteggersi e di tenersi a debita distanza dagli altri. Possiede il fisico adatto alla parte: gli aculei, che si rizzano in ogni direzione, impediscono di prenderlo familiarmente in mano e rendono impossibile il contatto abusivo; la sua attività notturna o crepuscolare lo sottrae agli sguardi degli esseri diurni, i più comuni e ordinari; la sua innegabile capacità di uccidere e mangiare i serpenti lo pone di fatto tra i simboli occidentali della lotta contro le potenze del male; la sua letargia ciclica e le sue ibernazioni solitarie lo classificano fra gli amanti dei deserti esistenziali.
    La sua tecnica di evitare il negativo consiste nell’arretrare, rinserrarsi e chiudere le orecchie a sventola, attraverso le quali il mondo penetra abitualmente la carne, quindi l’anima. Non appena si affaccia il rischio di stress, di frustrazione o di minaccia, l’istrice abbassa la testa, riporta gli aculei sulla parte anteriore del viso, arriccia il naso che si accorcia e si solleva. Quando si è avvolto quasi completamente su sé stesso, l’apertura del suo mantello disegna ancora una forma di cuore, prima di scomparire del tutto. Il muso e le zampe anteriori si nascondono sotto la visiera di aculei. Ancora una contrazione, e poi la parte anteriore si salda a quella posteriore. Rimane una palla ricoperta di aculei ritti, inaccessibile, insensibile, protetta.
    Tra gli animali, alcuni cambiano colore, si trasformano, si confondono con l’ambiente, altri mostrano i denti, puntano sulle loro difese o sui canini acuminati. La stessa cosa avviene per gli uomini, che oscillano tra la strategia del camaleonte e la tattica del felino. Da parte sua l’istrice rifiuta sia il mimetismo che la violenza del predatore, perché preferisce la saggezza veramente edonista: evitare il dispiacere, mettersi nella condizione di non dover sopportare contrarietà, porsi in ritirata ontologica. Né scomparire né attaccare, ma strutturarsi come una fortezza a partire da una piega nella quale preserva la sua identità.
    Arrotolarsi come una palla o entrare in letargo, ecco due modalità analoghe di relazionarsi col mondo quando non si è costretti a combattere o si rifiuta deliberatamente di porre i rapporti sul terreno della violenza, della guerra e del conflitto. Nella sua postura tipica l’istrice manifesta la volontà di una relazione che si propone di evitare la famosa lotta hegeliana tra opposte autocoscienze. L’individuo che nel suo rapporto con l’altro detesta l’odio, la negatività e tutte le forme assunte dalla pulsione di morte, eccelle in questa logica della piega di resistenza che genera la schivata benefica.
    L’istrice, oltre ad autorizzare la negazione del negativo, rende possibile la realizzazione del positivo. Permette di pensare, sempre metaforicamente, la necessaria giusta distanza nei rapporti umani. Per definire il luogo ideale, questo punto magico, né troppo vicino né troppo lontano, propongo il concetto di eumetria. La formula topografica di questa metrica ideale è la seguente: vicino quel che basta per non trovarsi nella promiscuità-prestarsi qualche volta, ma mai darsi. L’equilibrio si raggiunge in questo punto, da cui origina ogni proposizione etica. Troppo distante, è in agguato la misantropia; troppo vicino, minaccia la saturazione. L’eumetria implica porsi a uguale distanza dall’odio dell’umanità e dall’irenismo nei confronti degli altri. Né il ricorso integrale al deserto degli anacoreti e dei rinuncianti, né l’eccesso dei contatti frequenti: l’altro va consumato con moderazione. E’ necessario perciò trovare una situazione ideale ed edonista nella quale non si soffre né della presenza eccessiva né della mancanza crudele dell’altro. Tra il solipsismo dei deserti solitari e il dispetto delle logiche comunitarie, si impone un’aritmetica.”
    Michel Onfray



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    ......una leggenda pellirossa.....



    C’era una volta un villaggio in cui vivevano due sorelle che, tra i Menomini, erano considerate le più veloci nella corsa. Verso ovest c'era un altro villaggio così lontano che normalmente si doveva viaggiare due giorni per raggiungerlo. Una volta queste due sorelle decisero di visitare il villaggio lontano; quindi, partite, corsero a forte velocità fino quasi a mezzogiorno quando giunsero ad un albero cavo che giaceva di traverso sul sentiero.
    C'era neve sul terreno e le sorelle videro le orme di un Istrice che conducevano alla cavità del tronco. Una di loro spezzò un bastoncino e cominciò a conficcarlo nella cavità per far uscire l'Istrice e disse: "Divertiamoci un po' con lui". "No, sorella mia," disse l'altra "lui è un ma’nido e faremmo meglio a lasciarlo in pace."
    La prima, tuttavia, continuò a spingere l'Istrice sempre più avanti lungo il tronco finché uscì e lei lo prese e gli strappò tutti i lunghi aculei dal corpo gettandoli nella neve. L'altra si ribellò a questa crudeltà perché pensava fosse troppo freddo per privare l'Istrice del suo rivestimento.
    Poi le ragazze, perduto del tempo e avendo ancora una lunga distanza da percorrere, continuarono la loro corsa verso il villaggio al quale erano dirette.
    Quando lasciarono il tronco cavo l'Istrice si arrampicò su un alto pino finché raggiunse il punto più alto, e rivolto verso nord, e cominciò ad agitare davanti al petto il suo piccolo sonaglio tshi'saqka cantando a tempo col suono che produceva. Presto il cielo cominciò ad oscurarsi e la neve a cadere mentre il percorso delle ragazze, che continuavano a correre, diveniva sempre più difficoltoso a causa della crescente profondità della neve. Una delle sorelle guardò indietro e vide l'Istrice sulla cima dell'albero che usava il sonaglio. Poi disse alla sorella che aveva strappato i suoi aculei: "Sorella mia, torniamo al nostro villaggio perché temo ci succederà qualcosa di brutto".
    "No, andiamo avanti," replicò l'altra "non dobbiamo aver paura dell'Istrice." Nonostante la profondità della neve impedisse loro di continuare, arrotolarono le coperte continuarono il viaggio.
    La giornata stava per volgere al termine e le sorelle non erano ancora giunte ad un punto dal quale potessero vedere il villaggio che a fatica stavano cercando di raggiungere. Mentre continuavano il viaggio arrivarono ad un ruscello che riconobbero fosse nei pressi del villaggio ma era sopraggiunta la notte e la neve era ora così profonda che furono costrette a fermarsi dalla stanchezza. Sentivano le voci della gente nel villaggio ma non riuscivano a chiamare abbastanza forte da essere udite, quindi morirono nella neve che l'Istrice aveva provocato. Non si dovrebbe mai fare del male all'Istrice poiché egli è un tshi'sacjka e un ma'nido.





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    Edited by gheagabry1 - 16/1/2023, 22:35
     
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  15. gheagabry
     
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    L'universo non è stato fatto per l'uomo più che per l'aquila o per il lupo..
    ogni cosa fu creata non nell'interesse di qualche altra cosa,
    ma per contribuire all'armonia del tutto,
    affinchè il mondo potesse risultare assolutamente perfetto
    (Celso)



    IL TAPIRO


    tapiro-2



    I tapiri sono fra i più grandi mammiferi primitivi esistenti al mondo. Per la loro strana forma le credenze popolari li ha spesso associati all’elefante o al maiale; in effetti essi sono parenti molto stretti del cavallo e dei rinoceronti.
    Tutti i tapiri presentano un corpo tozzo con gli arti relativamente corti. Il collo è breve e la testa si estende in avanti, e termina con la fusione del labbro superiore e del naso, cosicché il muso presenta all’estremità le narici. Questa sorta di proboscide è utile per fiutare la via nella giungla che conduce alle foglie migliori, inoltre funge da “dita” per tastare i germogli più appetitosi.
    Le orecchie sono protese verso l’alto e all’estremità sono spesso biancastre.
    è dotato di elevate capacità di udito e di olfatto. Il suo muso è molto mobile e sensibile e può essere spostato da una parte all'altra, proteso e ritratto, mettendo il tapiro in condizione di esplorare un'area di terreno di circa 30 cm di diametro senza muovere il resto della testa. Inoltre, in virtù di questa mobilità della proboscide, le narici possono essere poste a terra in ogni punto entro tale circonferenza, permettendo un completo esame di ogni centimetro di suolo raggiunto. Poi, quando trova qualcosa che vale la pena di mangiare, l'animale spinge il muso all'interno della vegetazione e rapidamente ritrae la proboscide, che sembra quasi sparire entro il muso. Quando solleva nuovamente la testa, la proboscide viene ancora una volta protesa per continuare la ricerca del cibo.
    I tapiri emettono una gran varietà di richiami, compreso un distinto suono metallico prodotto dalla lingua e dal palato, quando l'animale è in pericolo o soffre.
    L’udito è buono, anche se non tanto quanto l’olfatto. La vista non è particolarmente importante per questi animali notturni, e gli occhi sono piccoli e infossati, così da essere protetti dalle spine del sottobosco. La pelle del tapiro è dura e ricoperta di peli sparsi. La colorazione è marrone-grigiastra o marrone-rossastra, eccetto che nella specie asiatica in cui le parti anteriore e posteriore sono nere mentre quella centrale è bianca.
    Le impronte del tapiro sono caratterizzate dalle forma delle tre dita, anche se le zampe anteriori ne posseggono quattro (il quarto dito è più piccolo degli altri e la sua impronta si evidenzia solo su terreni morbidi). La lunghezza del tapiro è 180-250 cm, la sua coda è lunga 5-10 cm, l’altezza alla spalla è 75-120 cm ed il peso varia dai 225 ai 300 kg.



    tapiro-malese-edimburgo-zoo



    La tozza struttura corporea del tapiro è ideale per vivere nel fitto del sottobosco. Conduce una vita solitaria, ad esclusione della madre con i suoi piccoli.
    Il tapiro si nutre di erba, di piante acquatiche, di foglie e di frutti. In Messico e in Sud America i tapiri compiono svariati danni ai coltivi, mentre in Malesia si nutrono talvolta delle giovani piante.
    E’ un ottimo nuotatore e trascorre molto tempo in acqua per mangiare, per rinfrescarsi e per allontanare i parassiti. In caso di pericolo, si rifugia sott’acqua anche per parecchi minuti.
    Il tapiro mentre mangia segue una traiettoria a zig-zag , muovendosi continuamente e cogliendo una foglia su una pianta e una sull’altra.
    Il tapiro è anche un buon arrampicatore, e con grande agilità risale le rive dei fiumi e le montagne.
    Se minacciato, il tapiro può anche nascondersi nei cespugli e mordere per difendersi.
    Le femmine sembra siano fertili ogni due mesi. L’accoppiamento è preceduto da un corteggiamento molto rumoroso, durante il quale i partner corrono in cerchio sempre più rapidamente annusandosi reciprocamente i genitali; successivamente si mordono le zampe, i fianchi e le orecchie.
    Poco prima di partorire, la futura mamma cerca un luogo sicuro per far nascere il piccolo (raramente due). La femmina può generare circa ogni 18 mesi. Tutti i tapiri alla nascita hanno una pelliccia marrone rossastra con macchie e strisce bianche, così da essere perfettamente mimetizzati nelle luci e ombre della foresta. A due mesi il mantello comincia a modificarsi, per assumere l’aspetto dell’adulto a circa 6 mesi. A circa 6-8 mesi i giovani iniziano a muoversi indipendentemente dalla madre, ma devono attendere altri 2-3 anni prima di riprodursi.
    I principali predatori sono il giaguaro in America, il leopardo e la tigre in Asia; talvolta il tapiro di montagna può essere predato dall’orso e i caimani possono attaccare i giovani in acqua.
    Tre specie vivono in sud e centro America, mentre una vive nel sud-est asiatico.

    Nonostante il tapiro sia sopravvissuto dall’antichità, il suo futuro appare molto incerto.
    E’ stato a lungo cacciato per la carne e per la pelle; inoltre, il suo habitat è continuamente minacciato e ridotto soprattutto in America Latina; la specie asiatica della Malesia sembrava potesse avere una maggior speranza di sopravvivenza, anche se alcuni progetti idroelettrici determineranno l’inondazione completa dell’ambiente di questo animale.




    ....una favola....



    Un tapiro e una scimmia urlatrice andavano in giro per la giungla. Il tapiro soffiava in un fischietto.
    - Me lo dai quel fischietto, tapiro? - fece la scimmia.
    - No, urlatrice, non posso dartelo, perché l'ho avuto da mio padre.
    - Allora vendimelo.
    - No, urlatrice, non posso. L'ho avuto da mio padre, il quale, a sua volta l'ha avuto dal suo.
    - Prestamelo almeno un momento, ci soffio dentro una volta e poi te lo rendo.
    Il tapiro le diede il fischietto; ma la scimmia scappò subito in cima a un albero.
    - Rendimi il mio fischietto! - gridò il tapiro, e si mi se a scuotere l'albero per far cadere la scimmia. Ma la scimmia, ridendo, cominciò a saltare da un albero all'altro.
    Da quel giorno lontano il tapiro continua a vagare sotto gli alberi e a scuoterli. Cerca sempre la scimmia urlatrice.
    E la scimmia non scende mai dagli alberi. Quando ha sete, invece di bere da qualche corso d'acqua, preferisce leccare la rugiada sulle foglie. In alto, su un albero si sente più al sicuro.





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    Edited by gheagabry1 - 16/1/2023, 22:39
     
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