Marche ... Parte 4^

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “... Martedì ... ieri è iniziata una nuova settimana e contemporaneamente un nuovo mese ... segni questi del tempo che passa e del continuo divenire del mondo ... abbiamo con ieri ultimato il viaggio in terra marchigiana, ma per far si che il quadro di questa terra possa esser stato spiegato tutto nella sua interezza, manca il capitolo più corposo, quello delle tradizioni, delle usanze e di quella magica tela costituita dalle radici del fiero popolo delle marche .. descrivere una regione senza parlare delle sue radici è come ammirare un dipinto senza colori ... così oggi ci immergeremo nei colori delle Marche per assaporare l’essenza di questi luoghi meravigliosi. Buon risveglio amici miei ... “

    (Claudio)


    "Se tu pensassi come va lu mundu,
    Lu tempu perso so che piangeresti.
    Ho inteso che lu mundu è senza fundu,
    E per tuttu se troa de ri tristi.
    Però vedemo nu (vediamo noi)
    Che è tundu tundu,
    Perché sempre te rtroi (sempre ti ritrovi)
    Donga partisti (da dove partisti).
    Solìa dir Maria, e dicìa bene:
    Che chi ne piglia più, manco ne tene (Chi troppo vuole nulla stringe)"

    (Da un manoscritto del XVI sec.)



    LA QUINTANA..LA MAGA SIBILLA..LA CARTA, LA FILIGRANA..LE SAGRE,I PALII..FACCE DI UNO STESSO DIAMANTE..LE MARCHE



    “Abitata sin dalla preistoria, una vetta dell’Appennino marchigiano avrebbe nascosto nelle sue viscere il regno della maga Sibilla, condannata a vivere, per essersi ribellata a Dio, nelle profondità della montagna....Bella e buona per alcuni, tanto da meritarsi l’appellativo di fata, era orribile e tremenda per altri, tanto che in alcuni racconti popolari si incarna nella malvagia maga Alcina dell'Orlando furioso…Con le sue profezie e le più profane armi della seduzione, la profetessa avrebbe attirato a sé tanti cavalieri erranti, per poi condannarli alla dannazione eterna…il trovatore toscano Andrea da Barberino che, nel 1410, portava la leggenda sulle pagine del suo romanzo cavalleresco “Il Guerrin Meschino”, poi imitato dal cavaliere errante francese Antoine De la Sale nel suo “Le Paradis de la Reine Sibille”…Tutti descrissero la grotta come un enorme salone quadrato da cui uno stretto tunnel partiva per sfrondare nelle viscere della terra. In tanti ne avrebbero tentato la discesa e, spaventati, ne sarebbero fuggiti, inseguiti forse da negromanti, maghi, demoni… Nel 1953 l’ultima spedizione. Poi una frana, provocata dal tentativo di allargare la cavità con degli esplosivi, ostruì l’ingresso alla grotta e tiene per sempre chiuso dentro di sé l’enigma della Sibilla…”

    “E un modo simpatico e divertente … “La caccia delle Signorie”, una miscela tra gioco e turismo… Si tratta di una sorta di “caccia al tesoro” nei territori a cavallo tra Emilia Romagna e Marche, appartenuti secoli fa alle signorie dei Montefeltro e Malatesta. Ai partecipanti vengono consegnate delle schede di gioco e lo scopo è quello di ricercare le tracce, i segni, le risposte in una zona prestabilita, andando contemporaneamente alla scoperta di tesori d’arte, castelli, parchi, chiese e altri luoghi di interesse culturale….Tra le mura delle rocche e dei palazzi, nelle sale dei musei, nelle luminose cattedrali e nelle chiese piccole e buie, per le vie strette dei centri storici, tra i boschi che dividono l'Emilia Romagna dalle Marche, sopravvivono antiche pietre scolpite, dipinti, architetture enigmatiche, ceramiche ricche e povere, riti e leggende che riportano a simboli chiari e misteriosi. Cercando queste tracce, questi dettagli, si ammirano in modo diverso le opere e si scoprono quelle più nascoste e sfuggenti.”

    “Le Marche sono una terra ricca di arte e cultura e di antichi mestieri che si tramandano ancora oggi nelle botteghe artigiane. Tra le tradizioni più antiche, la lavorazione della pelle, di cui Tolentino è l'autentica capitale, affonda l'origine nell'età medievale….Celebre in tutto il mondo è anche la secolare lavorazione della carta di Fabriano; nella città esistono il Museo della Carta e Filigrana, dove i lavoranti, come gli antichi maestri cartai, trasformano gli stracci di stoffa in carta fatta a mano e botteghe specializzate per la vendita delle raffinate filigrane…..le terrecotte, da Montottone nell'ascolano ad Appignano nel maceratese a Fratterosa nella valle del Cesano e quella della maiolica…le sue radici in età medievale … raggiunge lo splendore nel Rinascimento …In tutte le Marche è diffusa la lavorazione del ferro battuto… città, come Jesi, Fossombrone, Fano, dove diffuse sonol e botteghe degli orafi….. a Offida…il merletto a tombolo…i strumenti musicali..le celebri fisarmoniche di Castelfidardo..a Cagli, a Loreto e Recanati, la lavorazione artigianale di pipe in legno… l'antica tradizione della lavorazione della pietra, dal travertino che ancora oggi definisce i bei palazzi di Ascoli Piceno …il restauro del libro antico a Urbino.”

    “La Quintana di Ascoli vive di momenti e tempi diversi, che ricalcano il percorso rituale delle antiche celebrazioni cittadine, puntualmente descritte negli Statuti e nei documenti anzianali medioevali: il giuramento, la lettura del bando, la "mostra" del nuovo Palio e il corteo il giorno di S. Anna, in coincidenza con l'apertura delle feste patronali… le gare degli sbandieratori e degli arcieri… le feste nelle taverne di sestiere… la cerimonia dell'offerta del cero grosso del Comune e dei ceri delle corporazioni al vescovo… la benedizione dei cavalieri da parte del vescovo e il sorteggio dell'ordine di assalto al saracino, la sera della vigilia della giostra ed infine, il corteo storico al completo negli splendidi e curatissimi costumi d'epoca e la giostra al campo, la prima domenica di agosto.”

    “Contesa del Secchio - Sant’Elpidio a Mare – Agosto…. Una antica tradizione che narra di una disputa tra donne di diverse contrade per l’acqua di un pozzo…. Il gioco fu inventato per sedare la disputa e fissare l’ordine di precedenza per attingere l’acqua….La gara consiste nel gettare un pallone nel pozzo impedendo agli altri di farlo.”

    “Sagra dei Piceni - Monterubbiano, rievoca i riti religiosi … nel giorno di Pentecoste un corteo in costume procede dietro ad un “picchio”(uccello sacro dei piceni) legato ad un ramo di ciliegio… Segue poi la corsa all’anello dove quattro cavalieri lottano per la sua conquista.”

    “Palio della rana….La domenica in albis, a Fermignano, vicino Urbino, un corteo storico accompagna i quattro rappresentanti delle contrade locali nel punto in cui avrà inizio il palio. A quel punto il Magnifico Maestro di Campo dà il via alla gara della rana. I sedici contendenti partono quindi con una carriola su cui poggia una rana, cercando di arrivare per primi, senza perdere la preziosa passeggera nel tragitto. Questa gara è così sentita che le rane vengono anche sottoposte ad accurati controlli antidoping, per non permettere scorrettezze, quali l'addormentamento della rana al fine di non farla saltare via!....”

    “La sagra di Piobicco…L'8 settembre di ogni anno, in questo paese nei pressi di Pesaro, hanno inizio sontuosi festeggiamenti che si protraggono anche per un'intera settimana. La sfilata dei carri cinquecenteschi e le rappresentazioni teatrali dell'epoca, sono seguite dalla maestosa fiaccolata tra le contrade del paese, la processione delle rocche, il famoso palio della pannocchia, e la Festa dei brutti. “

    “La contesa della Crescia si svolge in luglio. La crescia, specie di piadina cotta alla griglia imbottita di erbe di campo, è contesa con sfide con armi quali la balestra, l'arco, la mazza ferrata, la lancia…feste con evocazioni storiche, il mercato del '400 e il Festival del Menestrello….Nate dal desiderio di far rivivere l'antica tradizione della disfida in armi (lancia, balestra, arco e mazza ferrata) fra i quattro Rioni del paese (Sacramento, Torrione, Croce, San Bernardino), si sono subito proposte come suggestivo connubio fra storicità e spettacolo, fra cultura e tradizione…Per un'intera settimana, il paese si trasforma nelle strade e nelle piazze, torna a rivivere l'atmosfera del passato: le mostre, le taverne, l'antico mercato medievale e il vicolo dei cartomanti, fanno da scenario a spettacoli, rassegne e rievocazioni storiche. …ci si imbatte nei giullari e negli armigeri, nelle popolane e nei nobili; ci si ritrova a parteggiare per un Rione durante la storica disfida d'armi; ci si dimentica, al suono di una ghironda o di una cornamusa, del presente….Si sogna e ci si diverte, magari riscoprendo l'ingenuo incanto dei menestrelli, dei cantastorie e del teatro di piazza… spettacoli ispirati e tratti dal repertorio classico medievale: teatro di strada e dramma sacro, trionfi carnascialeschi, giullarate, burattinai, musici, menestrelli, cantastorie, danzatrici, grullatores, mangiafuoco, saltimbanchi … Ad Offagna è impossibile che il visitatore non si lasci coinvolgere completamente dal clima delle feste Medievali. .. momenti in cui non si sa rinunciare al piacere di aggirarsi per il borgo.. in abiti medievali..”

    “La terza domenica di settembre, si rivive a Staffolo un'antica festa che ha origine nel pagano culto del noce. Una legenda locale afferma, infatti, che chi pianta un noce vivrà fino a quando il diametro dell'albero non avrà superato quello della sua testa. Poiché il legno di noce è una delle risorse più preziose della zona, e non deve essere sfruttata sovramisura, l'antica festa ha anche una funzione pratica importante, poiché invita ad attendere una certa crescita degli alberi prima che avvenga il loro abbattimento.”

    “Sagra del calcione e del raviolo…A Treia, a metà maggio, avviene una succulenta gara. Le migliori cuoche del paese si affrontano infatti in una competizione culinaria. Ai fortunati passanti vengono quindi offerti piatti di "calcione", pasta sfoglia ripiena di pecorino, uova e zucchero, e "raviolo", una sfoglia di pasta ripiena di ricotta, uova, parmigiano e noce moscata, servito con sugo di ragù o fritto… la piazza centrale del paese si trasforma in un'immensa cucina dove tutti possono comodamente gustare queste delizie locali, ed assistere agli spettacoli tradizionali inscenati per l'occasione.”

    “Sagra del carciofo….A Montelupone, nei pressi di Macerata, l'altitudine e la giusta distanza dal mare, unite al terreno argilloso fanno si che crescano degli ottimi carciofi. Cucinati preferibilmente "alla giudia", ossia fritti interi come da ricetta ebraica italiana, vengono consumati in massa la prima domenica di maggio. In occasione della sagra sfilano per le vie carri allegorici che raffigurano, in maniera ironica e divertente i carciofi, preceduti da un corteo di dame vestite con il tradizionale "guarnello", di cavalieri, tamburini e trombettieri, che consegnano le chiavi della città ed i pregiati ortaggi al sindaco del paese.”

    “La cucina tipica delle Marche vanta una varietà di ricette che provengono da un’antica tradizione gastronomica … fatta di semplici ingredienti genuini e di particolari sapori. Le Marche… sono un punto d’incontro tra le tradizioni gastronomiche del nord, del sud e del centro Italia…In certi punti della regione si sente forte l’influenza della cucina umbra e romagnola, in altri luoghi invece, alcune ricette tipiche, ricordano la cucina laziale e abruzzese... i formaggi freschi e stagionati.. i granetti al mosto cotto e i patacùc (quadrettoni di farina di grano e mais) con i fagioli… con un robusto sugo di fagioli si condiscono anche le tagliatelle e la polenta…la piada pesarese, chiamata anche crescia o crostolo nell'entroterra. ad Ancona e Macerata … gli anconetani vincisgrassi, capostipiti di tutte le lasagne al forno della penisola. il profumatissimo maiale in porchetta… la trippa, il pollo arrosto “co’ lu pilotto” , l’agnello marinato, la corata d’agnello e la frittata con la mentuccia…lo stoccafisso “in potacchio” d’Ancona, con pomodoro, acciughe e pepe, o le deliziose olive ascolane ripiene.... il coniglio in porchetta.. accompagnato da pomodori e melanzane in graticola. il brodetto marchigiano, principe delle zuppe di pesce adriatiche, presente nella versione “rossa” del pesarese e dell’anconetano, al pomodoro, e quella “gialla” dell'ascolano, allo zafferano….Sapori e tecniche rinascimentali per i dolci come il sanguinaccio, una miscela di pangrattato, miele, rum, cannella, sapa e scorza d’arancio stipata nel budello di maiale e bollita per mezz’ora; ciambellone, ciaramilla, beccuta di farina di frumentone, miacetto…..Profumatissimo e adatto per accompagnare i piatti di pesce è il Verdicchio dei Castelli di Jesi. Tra i vini rossi …il Rosso Conero e Rosso Piceno a base di Sangiovese e Montepulciano, e la Lacrima di Morro d’Alba…. Un eccellente vino da dessert è la Vernaccia di Serrapetrona … uno dei pochi spumanti rossi italiani.”

    “…la crescia è una ricetta antica, probabilmente di origine medievale, e nasce nelle cucine del palazzo. la sua caratteristica distintiva è il pepe, spezia preziosa che solo i nobili potevano permettersi. Si racconta che ad inventare la crescia fu una donna, che vedendo brillare il sole volle riprodurre un pane che fosse brillante e forte e naturalmente giallo!..Poi, come spesso accade alle ricette migliori, il segreto è uscito dalle cucine del castello ed è diventato patrimonio della cucina popolare: una ricetta trasmessa di madre in figlia…”

    “La moretta fanese è una tipica bevanda della città di Fano che consiste in una correzione “un po’ particolare” del caffè espresso: la tradizione fa risalire la nascita ed il consumo … da parte dei marinai locali che ne facevano uso per riscaldare le fredde mattine prima di lasciare il porto e salpare per il mare….. è una miscela di anice, rum e brandy…. Il liquore va scaldato con zucchero e una scorzetta di limone, se possibile con il getto di vapore direttamente nel bicchiere, fino a sciogliere lo zucchero. In seguito si aggiunge il caffè ben caldo, possibilmente espresso, facendolo scendere delicatamente in modo da non mescolarlo con il liquore… viene servita in piccoli bicchieri trasparenti di forma semplice, che consentano di vedere i tipici tre strati: schiumetta, caffè, liquore.”







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    Il panorama ha una grande diversitá di flora e fauna. Le colline ondeggianti con vigneti e oliveti, con campi di grano e frumento sono paesaggi ideali a passeggiate a piedi, in bicicletta o a cavallo. Anche per auto ci sono bei percorsi da fare. Per i motociclisti le Marche é un paradiso!


    In ogni paese Marchigiano si trova qualcosa di culturale: castelli, palazzi, conventi, chiese, musei, ecc..

    Lungo la costa Adriatica si trovano lunghe spiagge sabbiose e baie idilliche, localitá balneari e paesini di pescatori che sono ancora tranquilli ma che d'estate possono essere pieni di tipica allegria Italiana.

    Molte cittá hanno mantenuto il loro carattere autentico. Sopratutto Urbino, una citta' piena di cultura, ma anche gli stupendi Ascoli Piceno, Loreto, Cagli, Jesi e Fano.
    Perugia e Assisi in Umbria, ma anche lo stato di San Marino sono raggiungibili in sole 2 ore in mezzo attraversando gli stupendi Appennini.
    Una sosta indimenticabile e sopratutto rinfrescante in piena estate é quella alle Grotte di Frasassi.

    In primavera e d'estate si possono godere i numerosi concerti e le opere che non solo vengono organizzati nelle cittá, ma anche nei paesini piú piccoli. Agosto é il mese delle belle feste di paese./b>

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    La cucina delle Marche offre una scelta enorme di piatti locali con pesce, porchetta/cinghiale, pasta, olive, tartufi, frutta e verdure fresche. Mentre i buoni vini DOC (Verdichio, Vernaccia, Rosso Conero, Rosso Piceno, ecc.) si possono assaggiare nelle varie enoteche.


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    La regione Marche gode di 170 chilometri di coste con spiagge che offrono emozioni e profumi, meditazioni e colori (le luci dei panorami della Riviera, il fresco degli oleandri e dei pini, i sapori della cucina). L' armonia di tutti gli elementi del territorio rendono queste terre romantiche e seducenti.

    Le coste delle Marche sono essenzialmente basse e sabbiose tranne che per il promontorio del Conero che innalza bruscamente la costa trasformandola in alta e rocciosa.

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    I paesini balneari sono piccoli gioielli per la bellezza del mare e la pulizia dell’acqua. Non per niente nel 2005 molte spiagge marchigiane hanno ottenuto dalla Legambiente piú di 11 Bandiere Blu (il riconoscimento internazionale nato nel 1987 per premiare tutte quelle località balneari che si contraddistinguono per qualità delle acque, delle spiagge, della costa, per i servizi e le misure di sicurezza messe a disposizione dei bagnanti, per l’educazione ambientale svolta in favore del rispetto del mare).



    <b>LE COLLINE DELLE MARCHE....image



    Il paesaggio di campagna marchigiano è dolce e suggestivo. Scorci indimenticabili accompagnano il viaggiatore in una costellazione di castelli e borghi.


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    E' sulle colline la gran parte della storia e dell'arte di questa regione. Le città fortificate dei duchi di Montefeltro, la malinconia dei colli leopardiani, la forza evocatrice della Gola del Furlo a Fermignano, gli incanti delle gole di Frasassi,


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    le magie della provincia di Pesaro, con le leggende di Gradara e il fascino di Urbino, il Barco di Urbania, Ascoli con la sua inimitabile Piazza del Popolo, Macerata e il suo centro storico.



    LA MONTAGNA delle Marche

    Sui Monti Sibillini, con la Maga Alcina, sui monti
    Nerone e Carpegna, nei boschi di Cingoli (il "balcone delle Marche"), ci si immerge in uno spettacolo indimenticabile. Tra faggete e torrenti una bellezza selvaggia coinvolge e invoglia ai piaceri dello sci e dell'agriturismo, delle passaggiate e del trekking.

    LA GROTTA DELLA SIBILLA (la leggenda)


    La Sibilla, secondo alcune versioni in particolare autori francesi e tedeschi era una profetessa, una maga alcina, che era stata esiliata in un punto orribile dei Monti Sibillini esattamente alla bocca dell'inferno e che fosse incapace di morire fino al giudizio universale in quanto si era ribellata a Dio. Secondo altre versioni in particolare di autori italiani e la tradizione locale era una bella donna, dignitosa, una fata buona. La Sibilla abitava in una grotta dove aveva il suo regno, da cui il nome la grotta della Sibilla, questa grotta si trova sul Monte Sibilla facente parte della catena montuosa dei Sibillini, a quota m. 2175 sul versante sud. Un cavaliere errante francese, Antoine De La Sale, fece una escursione alla Grotta della Sibilla nel maggio del 1420, e sulla base di alcune testimonianze ci racconta: la grotta aveva un entrata angusta, un masso ne ostruiva il passaggio, per cui era necessario scendere carponi verso l'interno. Subito si incontrava un vano quadrato scavato nella roccia, attraverso il quale filtrava appena qualche raggio di luce. Per proseguire bisognava infilarsi uno strettissimo tunnel, che correva a precipizio nel cuore della roccia. Antoine De La Sale non proseguì oltre il vano quadrato, altri giovani di Montemonaco avevano proseguito oltre, muniti di lunghissime corde, di fiaccole, di pietre focaie e di viveri per cinque giorni. Essi scesero per circa tre miglia lungo il tunnel che allungandosi diventava poi un ampio corridoio. Il silenzio era di tomba, il buio densissimo. A un tratto un vento violentissimo irruppe da una fessura che tagliava la caverna. I cinque giovani non furono in grado di fare un passo avanti, rischiavano di essere rapiti dal vortice come fuscelli. Le raffiche di vento li respingeva e raggelava, ed essi, abbandonata ogni cosa scapparono inorriditi.
    Altri curiosi erano stati in grado di superare la foce del vento, un prete sempre di Montemonaco un certo Antonio Fumato, aveva accompagnato due tedeschi molto più in là della vena del vento, secondo la narrazione del prete il vento cessa dopo circa 30 metri, si continua a camminare facilmente fino a quando non ci si imbatte in un ponte di materia misteriosa, lunghissimo e non più largo di un piede, sotto il ponte si apre un baratro senza fondo, percorso da un fiume fragorosissimo, ma ecco il magico incanto appena uno mette piede sul ponte, questo si allarga, e sempre più l'abisso rimpicciolisce il fragore del fiume progressivamente si spegne. Al di là del ponte la grotta si apre in un pianoro che sembra una galleria fantasmagorica attraversata da una strada comodissima, dove questa termina ci sono due dragoni l'uno di fronte all'altro scolpiti su materia scintillante, vivissimi nelle forme magiche ma immobili nella loro suprema solennità, i loro occhi sono luminosissimi fari che rischiarano tutt'intorno. Oltre i due dragoni si apre un corridoio strettissimo lungo cento passi, che immette su uno spiazzale quadrangolare. Lì sono due porte in metallo che sbattono violentemente l'una contro l'altra, tanto che schiaccerebbero chi le volesse attraversare, i due tedeschi tentarono di varcarle precipitosamente e vi riuscirono, ma il prete li attese invano per lungo tempo. Un cavaliere che veniva dalla Germania con il suo scudiero, di ritorno dal suo fantastico viaggio nelle viscere dell'antro, narrò che dopo le porte metalliche, vi è una porta fastosissima e che la grotta, quasi fosse di cristallo, brilla di mille luci riflesse al chiarore delle torce quand'ecco una voce maliziosa li raggiunge e li interroga.
    Alla risposta del cavaliere le porte si aprono, e una regina scintillante, con una moltitudine di damigelle e di giovani, lo accoglie festosa, tra lo sfolgorio abbagliante di vesti e di gioielli, è il paradiso della Sibilla, la regina ricolma il cavaliere tedesco di squisitissime gentilezze e lo conduce per sale scintillanti... (continua)
    Nella leggenda del cavaliere detto il Guerin Meschino scritto da Andrea di Barberino nel 1410, il cavaliere è alla ricerca dei genitori, e sapendo che la Maga Sibilla era una profetessa, era l'unica a conoscere chi erano i suoi genitori, raggiunse la grotta e vi rimase un anno la Sibilla allietava il cavaliere in tutti i modi possibili, ma non doveva superare il 365 giorni, altrimenti sarebbe rimasto della grotta fino alla fine dei tempi e avrebbe perso la sua anima, così riuscì ad andare via dalla grotta e a trovare i suoi genitori.



    LA GROTTA DELLA SIBILLA (oggi)

    Ci furono dei tentativi per allargare la grotta utilizzando degli esplosivi, ma a causa di persone incompetenti, fecero crollare rovinosamente le pareti, attualmente la grotta è composta da una cavità costituita da una sala interna di 4 metri di altezza a pianta quadrata alla quale si accede attraverso una piccola strettoia, la sala interna continua verso il basso attraverso un pozzo profondo di circa 4 metri.



    IL LAGO DI PILATO (meta di negromanti)

    Sotto la cresta del M.Vettore nella parte occidentale a 1940 metri di altitudine si trova il Lago di Pilato, di origine glaciale, varie sono le leggende sul lago: la prima e più antica lo descrive come un lago, che fin dalla notte dei tempi, era consacrato ai diavoli che vi abitavano, nessuno poteva avvicinarsi eccetto i negromanti, successivamente fu costruito un muro di cinta, perchè nessuno, neppure i negromanti, potevano accedervi. La città di Norcia per evitare di essere distrutta dalle tempeste, doveva ogni anno scegliere un suo abitante e gettarlo in pasto ai demoni del lago, che famelici subito lo sbranavano si narra che un prete, sorpreso lassù da alcuni montanari durante i suoi esercizi negromantici, fosse stato condotto a Norcia e quindi, torturato e bruciato vivo e come un altro per lo stesso motivo, fosse stato fatto a pezzi e gettato nel lago...

    IL LAGO DI PILATO (tomba di Ponzio Pilato)

    Secondo Antoine De La Sale, la gente del luogo narra che Tito Vespasiano, dopo aver distrutto Gerusalemme, portò con sé a Roma Pilato, facendolo uccidere davanti al popolo Pilato prima di morire, chiese all'Imperatore una grazia, che il suo cadavere, posto su un carro trainato da buoi, fosse lasciato in balia della sorte. L'Imperatore accondiscese, ma volle che alcuni suoi inviati seguissero il carro per tutta la sua avventurosa corsa. I buoi trafelati, giunsero fino ai Monti Sibillini e qui, precipitosi, si tuffarono nelle onde rosseggianti del nostro lago col corpo di Pilato, che scomparve per sempre nelle viscere lacustri.



    La Quintana di Ascoli Piceno

    Le radici della Giostra della Quintana sono considerate antichissime, alcuni le identificano con il periodo storico del IX secolo, quando i Saraceni invasero il territorio dei Piceni. Questo giustificherebbe la presenza del busto, da colpire, posto sul campo di gioco che rappresenta il moro, il nemico della Fede. Da un punto di vista etimologico, invece, si considera valida anche l'ipotesi che parola quintana troverebbe la sua derivazione dal francese “quintaine” o dalla parola latina “quintus”. Riferire l'origine alle storia romana trova giustificazione nell'abitudine dei legionari di allenarsi, con la spada o con il giavellotto, a colpire un palus, alto circa 6 piedi, ancorato al terreno della strada dell'accampamento destinata al mercato ed alle esercitazioni militari. Questa strada era la "via quintana" che divideva il quinto ed il sesto manipolo e da cui deriverebbe il nome della competizione. La traduzione in volgare, del 1496, degli Statuti Ascolani redatti in latino nel 1377, assicura che già allora fosse consolidata abitudine che questo torneo concludesse la giornata del 5 agosto in cui si tenevano i festeggiamenti in onore di Sant'Emidio. Si svolgeva in piazza Arringo e vi partecipavano i cavalieri della oligarchia magnatizia cittadina ed anche altri, pervenuti da diverse località, su invito degli ascolani. Oltre la Quintana, nel primo pomeriggio, vi era anche la "giostra dell'anello", che apriva la competizione sportiva. Si disputava tra cavalieri a cavallo che, dopo una lizza al galoppo, avrebbero dovuto infilare, con una lancia, un anello appeso ad una catenina, fissata ad un palo posto in mezzo alla piazza. L'anello in argento, dal peso di quattro once e dal diametro di 10 cm circa, costituiva anche il premio per il vincitore.




    <b>CUCINA..TIPICA..DELLE MARCHEs.........
    ( MACERATA ) - MARCHE -

    Uno dei piatti della cucina povera contadina marchigiana consiste in una polenta di farina bianca di grano tenero chiamata frascarelli, in cui, a differenza della polenta di mais, si favorisce la formazione di grumi per dare più consistenza al piatto.
    Piatto sostanzioso preparato con farina di grano, quando il pane comune, in tempi di miseria, era fatto con farina di farro, granturco o perfino di ghiande, che veniva servito per puerpere e balie per favorire la lattazione abbondante.
    I frascarelli tradizionalmente venivano preparati in tre modi:
    frascarelli de farina o de li puritti (dei poveretti), di sola farina di grano, sale e acqua;
    frascarelli de riso nei quali per favorire i grumi si metteva il riso per cui venivano chiamati anche riso curgo, riso coricato nel maceratese;
    frascarelli de li signori in cui si aggiungevano i cicitti, palline di pasta al’uovo.
    Il condimento classico era costituito da salsicce soffritte, passato di pomodori, pancetta di maiale, a volte con aggiunte di cipolla, sedano e carota.
    Per ottenerli si versa la farina di grano in acqua bollente mescolando continuamente. Contemporaneamente sulla spianatora, la tavola di legno su cui si fa la pasta, bagnare con un pò d’acqua altra farina in modo da formare delle pallottoline da buttare nella pentola.
    Per preparare lo riso curgo, aggiungere alla farina qualche manciata di riso, mescolare bene, salare.
    Dopo circa mezz’ora, quando la farina avrà raggiunto la consistenza della polenta e sarà cotta, si verserà sulla spianatora o nei piatti piani.
    A parte soffriggere con l’olio la pancetta e la cipolla, aggiungere la conserva di pomodoro.
    Cuocere per qualche minuto a fuoco allegro.
    Condire i frascarelli con il sugo, spolverizzare con pecorino grattugiato.
    La consistenza risulta un po’ collosa per cui venivano chiamati anche li ‘ppiccicasandi cioè appiccicasanti a ricordare che una volta la colla si faceva con la farina.

    Un pò di foto della Quintana di Ascoli Piceno ... è incredibile quanti luoghi ci sono in Italia dove si ripercorrono fatti storici vestiti con abiti dell'epoca ...



    Restauri: riapre a giugno Teatro Romano di Ascoli



    (ANSA) - ASCOLI PICENO, 2 MAR - Riaprira' entro giugno il teatro romano di Ascoli Piceno. In un incontro si e' parlato dei due spettacoli per l'inaugurazione.

    Per il recupero del bene, di proprieta' dello Stato, sono stati investiti circa 400mila euro, dei quali 315mila erogati dalla Fondazione di Ascoli. Riportato alla luce nel 1932, il teatro secondo alcuni sarebbe stato edificato alla fine del primo sec. a.C. Secondo altri sarebbe il rifacimento di un altro teatro di forme greche gia' esistente. Imponente la struttura con una cavea di 95 metri.(ANSA).



    Il Teatro romano, di Ascoli Piceno, fu rinvenuto durante gli scavi condotti nel 1932, ed ancora nel 1951 e nel 1959, addossato al Colle dell'Annunziata, un tempo detto Colle Pelasgico.

    La sua costruzione risalirebbe al I secolo avanti Cristo con successivi restauri ed ampliamenti nella prima metà del I e II secolo dopo Cristo.

    I settori che si distinguono nel corpo di fabbrica sono: l’orchestra, la praecinctio e la cavea, destinata ad accogliere il pubblico, che si compone di 32 radiali visibili, dal diametro massimo di 95 metri, realizzati in opera quasi reticolata con tessere di travertino. L’edificio scenico giace per la maggior parte al di sotto della Chiesa di Santa Croce.

    Nelle vicinanze dell’ingresso occidentale una bella esedra semicircolare, del I secolo d.C., parzialmente interrata, mostra mura in opus reticulatum. Questo spazio era probabilmente utilizzato come sala d’aspetto. Si apre all’interno di un ambiente rettangolare absidato, rivestito di marmi policromi e mezze colonne.

    Il teatro rimase inutilizzato per secoli, dopo l’anno 578, a seguito dei saccheggi e delle distruzioni longobarde che subì la città.



    Questo stato di abbandono incoraggiò gli ascolani all’utilizzo del materiale di costruzione presente che fu recuperato e reimpiegato, nel corso dei secoli, sia per edificare costruzioni medioevali e sia per la produzione di calce, come testimoniano le fornaci rinvenute nelle vicinanze. Il tempo e gli smottamenti del terreno lo hanno poi nascosto interrandolo.



    E' la prima Rievocazione storica delle Marche (si svolge ogni anno la seconda domenica di agosto, dal 1953), sicuramente una delle più importanti e spettacolari d'Italia, soprattutto la più originale. Secondo la leggenda nel tardo Medioevo Sant'Elpidio a Mare soffriva penuria d'acqua e, per evitare la gazzarra quotidiana delle donne al pozzo della piazza del Comune, si indisse un gioco fra le quattro Contrade della Città (San Giovanni, Sant'Elpidio, Santa Maria, San Martino), stabilendo cosi che chi avesse più volte centrato il pozzo con una palla di cuoio e stoppa, avrebbe attinto per prima. Nacque cosi il....nonno del basket, che oggi si rievoca con la Contesa del Secchio. Oltre 800 personaggi in splendidi e fedeli costumi medievali, un centro storico sapientemente riportato al tempo medievale, un corteggio spettacolare, un gioco avvincente ed appassionante:tutto questo è la Contesa, che si disputa ogni anno davanti a migliaia e migliaia di spettatori e turisti entusiasti. L'antico Gioco del Pozzo (lu jochu de lu pozzu) consiste in un girone all'italiana di sola andata fra le squadre delle quattro Contrada (San Giuovanni-rosso/Sant'Elpidio-giallo/Santa Maria-azzurro/San Martino-verde) composte da sette giocatori, la cui abilità e nel centrate il pozzo, dopo aver effettuato almeno tre passaggi, ostacolando nel contempo il gioco degli avversari. Ogni partita dura 10' senza interruzione, per ogni "pozzo" centrato si assegnano cinque punti, per ogni bersaglio mancato c'è la penalizazione di un punto. Al termine vince la Contrada che totalizzerà più punti, le altre seguiranno nell'ordine di piazzamento.

    LE CONTRADE:

    Nobile Contrada San Giovanni

    Contrada Cavaliera Sant'Elpidio

    Contrada San Martino

    Magnifica Contrada Santa Maria

    Marchesato di Santa Caterina

    Borgo Marinaro

    Castel di Castro






    Alcune foto della Contesa del Secchio ...






    <b>[color=green]“Il Palio della Rana” è un vero e proprio torneo storico che si disputa per le vie della cittadina pesarese la domenica dopo Pasqua, detta “Domenica in Albis”.

    Le origini di questa singolare manifestazione sono da ricondursi al lontano 1607, data in cui Francesco Maria II della Rovere, 15° Conte di Montefeltro e Duca di Urbino, istituisce il primo “Consiglio Municipale” di Fermignano composto da 24 consiglieri dei quali 10 scelti nel “Castello” e gli altri nelle “Ville” circostanti. Di fatto il “Castello” di Fermignano, sin dalle sue origini era stato sempre alle dipendenze del municipio di Urbino. Tale vassallaggio doleva troppo ai suoi abitanti, i quali, cresciuti in popolazione sentivano sempre più il bisogno di governarsi da sé come altre città del Ducato. Così ripetute istante venivano presentate al serenissimo Duca che, finalmente, il 28 settembre 1607 decise di istituire il primo consiglio. Per celebrare l’evento la domenica dopo Pasqua l’intera popolazione si abbandonò spontaneamente a festeggiamenti consistenti in corse coi sacchi, rottura delle pignatte, l’albero della cuccagna e la corsa delle rane in carriola.

    A contendersi l’ambito trofeo del Palio sono le sette contrade: Cà L’Agostina, Calpino, La Pieve, La Torre, San Lazzaro, San Silvestro, Santa Barbara. A rappresentarle i rispettivi scariolanti contraddistinti dalle casacche raffiguranti lo stemma di ogni contrada e colori.

    Sulla gara vige un rigido e severo regolamento.

    Il percorso del Palio è di 170 metri, da percorrere in corsa libera con una carriola da spingere e con una imprevedibile rana a bordo. Partecipano alla gara quattro concorrenti per contrada.

    I vincitori delle sette batterie, più il sorteggiato tra i secondi arrivati, parteciperanno alle semifinali.

    I primi e i secondi arrivati delle semifinali daranno vita alla finalissima per l’aggiudicazione del Palio.

    [/font][/size]Gioachino Rossini

    Gioachino Rossini, (Pesaro, 29 febbraio 1792 - Parigi, 13 novembre 1868), è stato un compositore italiano.

    La sua attività ha spaziato attraverso vari generi musicali, ma è ricordato soprattutto come uno tra i più grandi operisti della storia.

    Alla sua figura è dedicato l'annuale Rossini Opera Festival e la sua opera è tutelata dalla Fondazione Rossini di Pesaro.




    La gazza ladra - Gioachino Rossini

    La gazza ladra è un'opera lirica di Gioachino Rossini su libretto di Giovanni Gherardini.

    Il soggetto fu tratto dal dramma La Pie voleuse ou La Servante de Palaiseau (1815) di Théodore Badouin d'Aubigny e Louis-Charles Caigniez. La prima rappresentazione ebbe luogo il 31 maggio 1817 al Teatro alla Scala di Milano. L'opera, un tempo famosissima, viene oggi rappresentata raramente, mentre è rimasta nel repertorio sinfonico la magnifica sinfonia dell'opera

    La fortuna
    Secondo testimonianze dell'epoca la prima fu un grande successo. L'enorme popolarità dell'opera che durerà fino agli ultimi anni '20 dell'Ottocento è dimostrata tra l'altro dai numerosi libretti e adattamenti.



    La trama

    Ninetta spera di sposare Giannetto, che è appena tornato dalla guerra, cerca di dare un rifugio al padre Fernando Villabella, disertore dell'esercito, ed è importunata dalle attenzioni del podestà, Gottardo. La sparizione di un semplice cucchiaio e la testimonianza di Isacco, l'ambulante, che ha acquistato un pezzo di argento che Ninetta le aveva venduto per raccogliere qualche soldo da dare al padre, porteranno alla sua incarcerazione. Ninetta viene processata e giudicata colpevole, e verrà salvata dal patibolo all'ultimo momento grazie alla scoperta del ladro, la gazza ladra del titolo.




    Il paesaggio e la morfologia della Gola del Furlo permettono di ricostruire la storia geologica dell’Italia da più di 200 milioni di anni fa: le sue rocce rappresentano, come un atlante all’aperto, le principali formazioni dell’Appennino umbro-marchigiano.
    La caratteristica vegetazione, di interesse notevole per gli appassionati di botanica, nonché la spettacolare fauna rimasta inalterata grazie all’inaccessibilità all’uomo di alcuni suoi luoghi, in particolare per quanto riguarda la nidificazione dell’aquila reale, è un unicum da esplorare.
    Furlo deriva dal latino Forolus, foro. Il nome è dovuto alla galleria fatta scavare dal censore Caio Flaminio per superare uno sperone di roccia nella costruzione della strada Consolare Flaminia nel 220 a.C. La stessa galleria viene poi messa in disuso da quella più grande lunga 30 mt. e larga 6 mt.(la più grande galleria romana), fatta scavare da Vespasiano nel 76 d.C.
    Lungo tutta la gola si possono ammirare le grandi opere effettuate dai romani per farsi strada tra le pareti rocciose e il greto del fiume Candigliano.
    La Gola, per le sue caratteristiche ambientali uniche e peculiari nel contesto delle aree appenniniche, è oggi Riserva Naturale Statale.
    Interessante e spettacolare é il profilo del Duce Mussolini immortalato nella montagna dalla milizia forestale nel 1936, a seguito del suo regolare passaggio in questa zona per recarsi a Predappio.
    Tale monumento suscitò numerose polemiche perché parve presentare il Duce in posizione di riposo, mentre era risaputo che “Mussolini non dorme, ma veglia sui destini d’Italia”. A seguito del suo arresto e della sua decadenza, i partigiani decisero di eliminare il profilo, cosicché il 26 agosto 1944 il profilo di Mussolini fu bombardato.
    Ancora oggi, comunque, è ben visibile parte del profilo.

    Presso il Bar e Hotel Furlo è possibile visitare la Sala da Pranzo, ancora arredata con tutti i mobili e l’oggetistica originali, e la Camera da letto dove abitualmente si rifocillava e riposava il Duce.







    LA BATTAGLIA DI TOLENTINO

    Si svolge a Tolentino (Macerata - Italia)
    Rievocazione Storica in costume della Battaglia di Tolentino, combattuta il 2 e 3 maggio 1815 tra l'esercito di Giacchino Murat, Re di Napoli, e quello austriaco del Barone Federico Bianchi.
    Descrizione
    Rievocazione Storica in costume della Battaglia di Tolentino, combattuta il 2 e 3 maggio 1815 tra l'esercito di Giacchino Murat, Re di Napoli, e quello austriaco del Barone Federico Bianchi; considerata da vari storici come la Prima battaglia per l’Indipendenza Italiana.

    Tolentino crocevia della Storia Nazionale: inizio e fine dell’epoca franco-italica, tra il declino del potere temporale pontificio (Trattato di Tolentino, firmato il 19 fabbraio 1797 tra Napoleone Bonaparte ed i rappresentanti dei Papa Pio VI) e le origine del Risorgimento (Battaglia di Tolentino).

    La manifestazione si realizza, dal 1996, una volta l’anno presso il Castello della Rancia ed il centro storico di Tolentino, la prima domenica del mese di maggio, alternando ricostruzione della battaglia e raduno bande storiche militari.

    Partecipano, come rievocatori, i componenti dei Gruppi Storici italiani e stranieri in divisa, equipaggiamento ed armi dell’epoca; effettuano sfilate, manovre, esercitazioni e simulazioni di scontri tra eserciti, e si caratterizza quale unica rievocazione storica militare nel Centro Italia.
    Si tratta di una iniziativa unica, di grande valenza nazionale ed internazionale, che si può definire un primo esempio di “archeologia sperimentale”.
    Lo scopo è quello di promuovere dal punto di vista culturale e turistico Tolentino e la zona circostante; calarsi nel passato per farlo rivivere e conoscere a tutti, attraverso una ricostruzione storica, il più possibile rigorosa, con l’aggiunta dell’elemento spettacolare.



    Qualche Raffaello per rifarsi la vista


    Resurrezione


    Deposizione


    La bella giardiniera


    La Fornarina


    Le tre grazie


    Matrimonio della Vergine


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