Marche ... Parte 2^

ANCONA..UNA ROTONDA SUL MARE..JESI E SUOI CASTELLI…LE GROTTE DI FRASSASI …E INFINE MACERATA

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  1. tomiva57
     
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    LE GROTTE DI CAMERANO




    Cunicoli, grotte, mondi sotterranei
    Le Marche sono piene di città del sottosuolo, e Camerano ne è forse l'esempio più suggestivo.



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    Immersa nel verde e nell'oro delle campagne marchigiane, la cittadina riposa placida su una collina, col mare a portata di sguardo. Sopra, i bar, le chiese, le piazzette e i negozi. Il ritmo placido è rassicurante delle piccole comunità. Ma sotto, nelle sue viscere, da sempre è custodito un reticolo di cunicoli e tunnel, di stanze e di camere, arzigogolato come un immenso formichiere. Che fa di Camerano una città misteriosa.
    Sotto la sua superficie si nascondono due kilometri di interstizi e androni, scavati nell'arenaria e nell'argilla e nel tufo. Fino al 2008 erano visitabili solo parzialmente, un po' qua e un po' là. Ora, la metà di quel percorso è stato restaurato e aperto al pubblico, ampliato, illuminato e sistemato anche grazie ai contributi di Ikea, arrivati con l'inaugurazione del megastore ad Ancona Sud. La gita inizia proprio nell'ufficio turistico di Camerano, in via San Francesco. Dove si apre una porticina che dà su delle scalette, verso un mondo nascosto. Che attraversa e in qualche modo unisce tutto il paese, come un grande strada comune, una piazza sotterranea, uno spazio condiviso. E difatti, negli secoli, le grotte sono state spesso teatro di incontri segreti, scorribande notturne. Rifugi e feste. Ma andiamo con ordine.

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    Si scende accompagnati da una guida. (Tre visite al giorno nel finesettimana, tutti i giorni dal il primo giugno al 30 settembre, per info contattare l’ufficio turistico di Camerano). E subito ci si ritrova in un corridoio umido e illuminato dove si susseguono tante nicchie suddivise da degli archi. Ognuna di queste, per generazioni e generazioni, è stata usata come cantina dagli abitanti delle case sopra, che attraverso piccoli passaggi e botole depositavano qui bottiglie e botti di squisito Rosso Conero. Ognuno aveva la percezione solo del proprio pezzo di grotta, della propria cantina, divisa dalle altre con assi di legno. Gli abitanti del posto tornarono a riscoprirle durante la Seconda Guerra Mondiale, quando, nel 1944, il fronte si fermò per diciotto giorni in queste zone, poco più a sud della Linea Gotica, e il Paese intero insieme a qualche sfollato da Ancona si rifugiò là sotto, per sfuggire alle bombe e alle granate. Alberto Recanatini, studioso e speleologo del monte Conero, nei suoi libri si è fermato spesso a ricordare quei momenti, ancora vivi nella mente degli anziani che allora erano bambini: "Son rimasto colpito sin d'allora da questo scendere silenzioso, attonito e compatto della popolazione nelle grotte e sono rimasti per sempre nella mia mente i volti pallidi d'ansia, di spavento e di dolore della gente costretta a lasciare le proprie case… Le famiglie presero posto nelle nicchie scavate in varie ramificazioni delle grotte, l'una di fianco all'altra, così come vivevano prima nelle case addossate l'una all'altra lungo la via." Nelle antiche chiese sotterranee in quei giorni si tornò a celebrare messa, mentre nella grande grotta del camerone, l'antro più spazioso di questo percorso ipogeo, fu allestito un ospedale trasformato subito dopo la guerra in una sala da ballo, poiché i ragazzi, deposte le armi, avevano solo una gran voglia di danzare.


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    Proprio la grotta del camerone nasconde il primo segreto del lungo percorso. Su uno dei quattro lati della grande sala è scavato un antro abbastanza profondo, fiancheggiato all’entrata da due colonne in bassorilievo scavate nel calcare. Una struttura che ha lasciate aperte molte supposizioni. Forse, nell’epoche più remote, quella cavità era il tabernacolo di qualche divinità pagana, oppure era la postazione dove i capi della antica comunità sedevano durante i consigli civili o i riti religiosi. Resta il fatto che la grande stanza ha delle somiglianze molto marcate con altri ipogei dell'area umbro-etrusca. La tesi più accreditata è che le grotte nacquero a scopi difensivi. Erano antri dove gli abitanti di Camerano e si rifugiavano dagli attacchi delle popolazioni nemiche. Esattamente come nella antica Cappadocia raccontata da Senofonte nell'Anabasi, che ovunque era trivellata di città sotterranee dove la gente sfuggiva dalle razzie dei Persiani. Che siano stati briganti, romani, corsari turchi, Uscocchi o briganti, nei secoli le grotte cameranensi hanno offerto riparo dalle violenze della guerra, esattamente come avvenne nel 1944, e ogni generazione ha contribuito ad abbellirle ed ampliarle.


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    Supposizioni, perché davvero poco si sa delle grotte di Camerano. Testimonianze scritte non sono mai state rivenute, ne' documenti o altri reperti archeologici in grado di gettare luce sulla loro origine. Forse i primi a scavarle furono i Piceni, la civiltà preromana che dominò tutta questa zona fino al III secolo a.c. Forse le prime grotte sono del 1000 a.c., perché sul territorio di Camerano è stata ritrovata una antica necropoli picena, ricca di reperti databili tra il XI e il III secolo a.c. Ed è probabile che poi le costruzioni sotterrane si siano sviluppate insieme alla città, secolo dopo secolo, ramificazione dopo ramificazione, come fossero la sua anima più segreta e nascosta, che vive all'ombra della luce. La case e le mura di Camerano crescevano, sotto le grotte aumentavano il loro volume.
    Fu dunque con la guerra, 66 anni fa, che la popolazione di Camerano imparò a riscoprirle e a rendersi conto che ognuna di quelle nicchie, se unite una all'altra, formavano un immenso reticolo. E così, con la pace, il popolo tornò a viverle per organizzarvi feste, oppure per imbastirvi scherzi, con i più burloni che le utilizzavano per fare sortite a casa d'altri e combinarne di ogni, com'è nella indole mattacchiona degli abitanti del posto. Ma insieme agli scherzi, arrivarono anche furti e ruberie. E così le cantine furono murate, con grave danno per tutta la loro struttura. Perché con la mancanza d'ossigeno la roccia calcarica si fece più fragile e friabile. Arrivarono i primi crolli, e in alcune stanze fu necessario costruire colonne e muri di rinforzo posticci.


    Si sale e si scende su varie altezze, lungo un percorso labirintico. Simboli sacri, numerologia. Nicchie e planimetrie disposte come richiesto dalle scenografie massoniche. Il percorso permette alla fantasia di galoppare, inseguendo sotterranee suggestioni stratificati su tre piani scavati nella roccia. Come nella grotta Corraducci, che distende i suo androni sotto le fondamenta dell'omonimo Palazzo, da sempre magione di una prestigiosa famiglia del luogo. Tra i vari ambienti che ne compongono l'articolazione il più impressionante è la sala centrale, elegante e ariosa. Racchiusa da una volta a cupola decorata con vele a basso rilievo e accerchiata da dodici nicchie, ognuna fiancheggiata da sottili colonne decorate da capitelli neoclassici. Uno spazio su cui molto si è fantasticato. A partire dalle tendenze politiche della famiglia Corraducci, prima fiancheggiatrice di Napoleone e poi vicina alla Massoneria. Infittisce il mistero una particolarità architettonica, perché dei dodici androni che accerchiano il salone centrale, uno conduce in una stanza nascosta, attraverso un passaggio molto angusto che solo una persona alla volta può varcare. Alcuni ritengono che quella grotta in passato era destinata a riunioni segrete e a riti di affiliazioni consumati lontano da occhi indiscreti. Nelle grotte ci si poteva spostare, muovere inosservati, chiamarsi a raccolta segretamente. E a Camerano, nei secoli, in quella dimensione sotterranea hanno convissuto vari orientamenti politici e religiosi. Perché se i Corraducci erano di tendenze laiciste, di altro avviso erano i Mancinforte, una delle famigli storiche della città, che nelle sue grotte aveva costruito una chiesa. Anche qui, nel plesso dei Manciforte, troviamo una sala circolare identica per struttura a quella dei Corraducci, decorata però da bassorilievi in stile settecentesco: un calice, una croce e un trimonzio incisi sul pilastro centrale che si erge nel mezzo della stanza, alla cui base si riconosce un altare, lo stesso usato dai rifugiati della seconda guerra mondiale per celebrare messa.


    Stanze circolari tornano ancora nel plesso delle grotte Trionfi, finemente decorate anch’esse fra nicchie dalla volta a botte e bassorilievi. Su una parete spicca una croce trilobata, la croce dei Templari. Secondo gli antichi racconti della gente di Camerano, qui erano soliti riunirsi i “monaci guerrieri”. Una leggenda che regge su alcuni elementi storici, perché nella città, che è sulla strada per Loreto, era assidua la presenza degli ordini cavallereschi cristiani. C’era un antico ospedale dei pellegrini e una chiesa dell’Ordine Ospitaliero distrutta nel XVIII secolo, nonché varie proprietà, proprio nella contrada Trionfi, dei Cavalieri di Malta. Una stella a otto punte decora il soffitto di una delle due stanze. Otto, numero caro agli ordini cavallereschi: simbolo dell’infinito, dei pianeti e della rosa dei venti.
    Ancora una chiesa sotterranea è quella del Palazzo Ricotti, dotata di abside ellittica, di una cripta che sprofonda nel pavimento e decorata da una croce greca scolpita nella roccia. Forse, nei secoli, tutti quegli antri furono usati soprattutto come cantine per il vino. Ma i dubbi e i misteri non mancano. Attraverso quei cunicoli la storia segreta, introversa, nascosta di Camerano si è consumata lontano dalla luce, con la costellazione delle grotte che erano forse micro cosmi a se stanti, oppure organismi che comunicavano fra loro, tessendo un discorso che solo chi in quell’ambiente ipogeo è vissuto può afferrare e decodificare.




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    Marco Benedettelli
    dal web
     
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15 replies since 11/10/2010, 10:40   7663 views
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