Marche ... Parte 2^

ANCONA..UNA ROTONDA SUL MARE..JESI E SUOI CASTELLI…LE GROTTE DI FRASSASI …E INFINE MACERATA

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  1. tomiva57
     
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    San Severino Marche



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    San Severino Marche è un comune italiano di 13.217 abitanti della provincia di Macerata nelle Marche.

    San Severino Marche sorge 50 km a ovest del mare Adriatico e dista circa 50 km dall'Appennino umbro-marchigiano ed è attraversato dal fiume Potenza e alcuni suoi affluenti.

    Storia

    I resti più antichi di presenza umana a San Severino risalgono al paleolitico inferiore e provengono dalla frazione di Stigliano; altri reperti, rinvenuti in varie località del territorio comunale, documentano una continuità di insediamento per tutta l'epoca preistorica. La prima civiltà significativa di cui rimangono tracce è quella dei Piceni, concentrata nelle vicinanze di Pitino, circa due chilometri a nord-est del centro urbano attuale: successive campagne di scavo, dal 1932 a oggi, hanno portato alla luce una zona residenziale, sulla sommità di un colle, e tre necropoli nelle vicinanze, il tutto databile tra il VII e il V secolo a.C.

    Dopo la conquista romana del Piceno, nel 268 a.C., nel vicino fondovalle sorge l'abitato di Septempeda (nome dall'etimo incerto), che diverrà municipio nel I secolo a.C. Della città romana sono stati individuati in tempi successivi resti di mura con un complesso termale, un incrocio stradale, tracce di domus private, una fornace e un sepolcreto. Da alcune iscrizioni, si sa che doveva esistere un tempio dedicato alla dea Feronia, divinità di origine sabina a cui si consacravano i liberti.

    Il municipio romano andò in rovina in epoca alto-medievale, e un nuovo nucleo urbano sorse in posizione più protetta sul colle detto Monte Nero, che domina l'abitato odierno; la città ricostruita fu battezzata con il nome di Severino, un santo locale di cui si hanno poche notizie certe, vescovo di Septempeda a metà del VI secolo. Le testimonianze storiche attestano che la città antica continuò a sopravvivere per tutto il Basso Medioevo, smentendo la leggenda secondo cui sarebbe stata distrutta da Totila nel 545 d.C., durante la guerra greco-gotica.

    Quanto al nuovo centro, il primo documento credibile della sua esistenza è del 944, anno di probabile fondazione dell'antica cattedrale. Libero comune intorno al 1170, parteggiò costantemente per i Ghibellini; nel corso del Duecento si ingrandì fino all'estensione attuale, in parte per via militare e in parte acquistando i castelli circostanti dai precedenti proprietari.

    Il Trecento è caratterizzato dalla signoria degli Smeducci, famiglia locale di capitani di ventura, che mantennero con una certa continuità l'egemonia sulla città, finché nel 1426 il Papa li esiliò definitivamente. Tendenzialmente guelfi, ma spesso opportunisti, gli Smeducci riuscirono quasi sempre invisi alla popolazione, che si ribellò al loro dominio in più di una circostanza, ma seppero svolgere anche un ruolo di mecenati in quello che rimane il periodo di massima fioritura artistica di San Severino.

    Dopo il breve governo di Francesco Sforza (1433-45), il comune passa sotto il controllo diretto dello Stato della Chiesa; i secoli successivi registrano un sostanziale declino economico e culturale. Nel 1586 San Severino ottiene il titolo di città e quello di diocesi, mantenuto per quattrocento anni esatti. Nel frattempo, cessate le esigenze di difesa, il centro abitato si è spostato quasi del tutto dal colle a fondovalle, attorno alla vecchia piazza del mercato; fra la metà del Settecento e l'inizio dell'Ottocento, anche i simboli del potere civile e religioso (Palazzo comunale, Duomo, vescovato) lasciano quella che ormai è una contrada isolata.

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    Gli abitanti sono circa 13 mila: il loro nome è sanseverinati oppure anche settempedani per il fatto che la città anticamente si chiamava Septempeda (municipio romano nel I secolo a. C.).

    Di quel nucleo abitato oggi restano soltanto poche rovine, recuperate nell’area archeologica, in località Pieve, lungo la strada “361 Septempedana” che unisce Ancona e Nocera Umbra.

    L’insediamento più antico rimane quello di Castello, in cima al monte Nero, da cui si gode una vista impareggiabile sulle colline circostanti coronate di piccole frazioni.

    Dall’originario nucleo, ben visibile a distanza per la torre comunale (alta 40 metri e lievemente inclinata) e per il Duomo vecchio con il suo poderoso campanile, si estende il centro storico fino a valle. Il fulcro del tessuto urbano del borgo è costituito dall’ampia e armoniosa Piazza del Popolo.

    Lo storico locale G. Talpa (nel 1738) così la descriveva: “… di figura ovata e circondata da portici che la rendono non solo meravigliosamente vaga e bella ma di gran comodo al popolo per negoziare, per esservi botteghe d’arteri, ed alla nobiltà serve anco di coperto passeggio”.

    Nulla è da aggiungere perché l’occhio del turista può ammirarla in tutta la sua scenografica monumentalità.

    Palazzo Comunale



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    Eretto nel 1764 su disegno di Clemente Orlandi, ha la facciata interamente in laterizio. Ai lati delle due colonne che sostengono il balcone, si trovano i busti di due illustri cittadini: l'anatomista Eustachio e lo scultore Ercole Rosa.


    Piazza del Popolo



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    Ampia e armoniosa, la piazza del Popolo è il fulcro della città, ha una caratteristica forma allungata ed ellittica ed è circondata da portici. L´impianto planimetrico e le sue dimensioni rimandano all´antica funzione di luogo di mercato, ma la sua attuale configurazione è il risultato di interventi architettonici che vanno dagli inizi del ´400 alla fine dell´800. Si affacciano sulla piazza, fra gli altri edifici, il palazzo comunale, il teatro Feronia e la chiesa di San Giuseppe.


    Villa Collio

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    Stile Neoclassico
    Proprietá privata





    E' un bellissimo esempio di villa neoclassica con sala centrale a pianta ottogonale e ampia gradinata. Fu fatta costruire nel 1812 da Giovan Battista Collio su progetto di Giuseppe Lucatelli, che ne curò anche la decorazione interna.

    Castello di Aliforni

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    (Località Aliforni)
    dista circa 11 Km dal centro di San Severino Marche
    Data costruzione XIII sec.
    Stile Medievale

    Il castello fu venduto nel 1257 al Comune di San Severino da Guglielmo, vescovo di Camerino. All´inizio del XV secolo il Castrum Alifurni, messo sotto assedio dal Rettore della Marca, venne parzialmente distrutto. Dell´impianto originario resta la quadrata torre di vedetta (m.23-25), in pietra arenaria, dove sono ancora visibili i beccatelli che sostenevano la piattaforma merlata.
    Intorno alla torre permangono i resti della cinta muraria, il cui perimetro misurava circa 240 metri, e dell´abitato medioevale di cui si colgono evidenti segni nelle basse porte, in qualche archivolto in arenaria o in cotto e nei gradini scavati nella roccia. Nei pressi sorge la Chiesa di S. Maria Annunziata (XIV sec.), ampliata nel XIX secolo su progetto di Ireneo Aleandri, che conserva un´Annunciazione di Filippo Bigioli e un delicato affresco attribuito a Lorenzo Salimbeni.

    Castello di Carpignano

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    (Località Carpignano)
    dista circa 14 Km dal centro di San Severino Marche
    Data costruzione XIII � XV sec.
    Stile Medievale

    Il Castello di Carpignano, già esistente all´inizio dell´XI secolo come dimora di qualche signorotto del tempo, nel XIII secolo assolveva a funzioni di controllo e di prima difesa proprio nella zona di confine tra i feudi di San Severino e Tolentino spesso, se non sempre, in lotta tra di loro per il possesso dei contigui territori.
    Entrò definitivamente in possesso di San Severino nel 1471 e ad opera di Pier Martino Cenci, console della città, fu ampliato e trasformato per poter competere contro le prime artiglierie da fuoco come è testimoniato dai resti della poderosa cinta muraria che originariamente misurava un perimetro di circa 200 metri e dei tre torrioni semicircolari angolari. Sono ancora in piedi la porta di accesso al castello con arco a tutto sesto e la torre maestra (m. 25) munita del cassero (m. 12) a base pentagonale, a cui è addossata la piccola chiesa. Su una delle piccole case costruite all´interno delle mura, con le pietre ricavate dai crolli dovuti al trascorrere del tempo, è possibile notare uno stemma in pietra, infisso a rovescio, su cui è scolpito il "leone rampante", emblema della fazione guelfa.

    Castello di Colleluce

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    (Località Colleluce)
    dista circa 7 Km dal centro di San Severino Marche
    Data costruzione XIII sec.
    Stile Medievale

    L´importanza strategica del Castello di Colleluce è dovuta alla sua posizione tra la valle del Potenza e del Chienti, strada percorsa nel Medioevo dai vari eserciti che minacciavano alternativamente le signorie dei luoghi. L´antico insediamento fu costruito con una doppia cinta muraria e la torre di avvistamento, a guardia e difesa del territorio di San Severino. Nel 1240 l´imperatore Federico II, in lotta contro il papato, lo devastò e incendiò. Ricostruito venne poi quasi completamente distrutto dall´esercito del re di Napoli, Alfonso V d´Aragona.
    Oggi, anche a causa dell´impiego delle pietre come materiale da costruzione, rimangono resti della cinta muraria e l´aspetto di luogo fortificato. La tradizione vuole che il toponimo abbia origine da "Lucus", il bosco sacro che circondava il tempio pagano sulle cui rovine fu costruito l´insediamento medioevale.

    Castello di Elcito

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    (Località Elcito)
    (dista circa 22 Km dal centro di San Severino Marche)
    Data costruzione XIII sec.
    Stile Medievale

    Il Castello di Elcito (fitonimo da "leccio"), abbarbicato su un contrafforte roccioso della catena del Sanvicino a più di 800 m. di altitudine, con le grigie abitazioni dei montanari che fanno corpo con i rocciosi balzi dei circostanti dirupi, conserva pochi segni del castello medievale, qualche traccia di mura e, nel lato nord una delle porte di accesso alla originaria struttura fortificata, costruita ad arco in pietra corniola.
    Pur non restando alcuna traccia della torre, il paesino conserva l´aspetto di un castello grazie alla sua posizione tra le alte rocce che costituiscono la sua naturale difesa. Si tratta di un struttura medievale fortificata. Eretto a salvaguardia dell´Abazia benedettina di S. Maria di Valfucina (IX sec.) e come residenza dell´Abate, nel 1298 fu venduto al Comune di San Severino e, ancora oggi, è uno dei luoghi più suggestivi ed aspri del territorio severinate. A circa due chilometri l´altopiano del Canfaito (da "campo di faggi") con le sue secolari faggete.

    Castello di Isola

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    (Località Isola)
    dista circa 18 km. dal centro di San Severino Marche
    Data costruzione XIII � XIV sec.
    Stile Medievale

    Feudo dei conti Gentili di Rovellone, nel 1305 il castello fu venduto al Comune di San Severino per 8.000 scudi. Notevole l´impianto urbanistico medioevale di cui rimangono pochi resti delle mura e degli edifici circostanti, mentre ancora quasi integra resta la torre maestra in grossi blocchi in pietra arenaria (m. 25), che presenta all´interno interessanti elementi architettonici.
    Accanto alla torre si nota qualche vecchio edificio con porte e finestre ad arco a tutto sesto. Dentro le mura del castello si trova la Chiesa parrocchiale dedicata a San Giorgio Martire, il cui ingresso principale è insolitamente situato sotto un grande arco che dà accesso all´abitato. All´interno una serie di pregevoli affreschi eseguiti da Sebastiano Ghezzi nel 1604.


    Castello di Pitino

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    (Località Pitino)
    dista circa 13 Km dal centro di San Severino Marche
    Data costruzione XIII sec
    Stile Medievale

    Sorge sull´ultima formazione collinare alla sinistra della valle del Potenza, visibile da larga parte del territorio provinciale. Era il Castello più grande e strategicamente più importante del sistema difensivo di San Severino. Si vuole fondato sulla sommità del colle omonimo dal nobile romano Marco Petilio al tempo delle invasioni barbariche.
    Del castello, riedificato nel XIII sec., restano ancora oggi imponenti resti: la porta di accesso in pietra arenaria, notevoli tratti della cinta muraria che si estendeva per un perimetro di 400 metri in cui si alternavano i superstiti, rettangolari torrioni. Dalla struttura si erge l´imponente mastio (23 m.) senza aperture, al quale si accedeva solo attraverso un sistema di cunicoli sotterranei ora sigillati. All´interno del perimetro murario si trovano due edifici sacri, uno più piccolo quattro-cinquecentesco con coevi affreschi votivi, e la chiesa di S. Antonio ricostruita intorno al XIX sec. con il caratteristico campanile a cupolino. Fu qui che in epoca pre-romana sorgeva uno dei più importanti abitati piceni che creò ai piedi del colle le tre necropoli di Monte Penna, Frustellano e Ponte di Pitino i cui preziosi corredi funerari sono divisi tra il Museo Archeologico di San Severino e quello Nazionale di Ancona.

    Castello di Serralta e Rocca di Monte Acuto

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    (Località Serralta)
    dista circa 11 Km dal centro di San Severino Marche
    Data costruzione XIII sec.
    Stile Medievale

    Andando da San Severino verso Cingoli, alla sommità di un´altura, varcata l´originaria porta del Castello si accede all´antico abitato di Serralta, che conserva resti della cinta muraria e della torre incorporata nella piccola chiesa antistante la suggestiva piazzetta. Nelle vicinanze si scorgono i ruderi della Rocca di Monte Acuto e le grotte di S. Sperandia, dove visse in penitenza la santa di Gubbio.

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    Ruderi della rocca di Monte Acuto (XIII sec.), nei pressi le grotte di S. Sperandia, dove visse in penitenza Sperandia di Gubbio (XIII sec.).

    Rocca di Schito o Rocchetta

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    (Località Rocchetta)
    dista circa 9 Km dal centro di San Severino Marche
    Data costruzione XV sec.
    Stile Medievale

    Costruita su ruderi di età romana, nel 1415 la Rocha Schiti era un complesso fortificato di importanza strategica in un passaggio obbligato sul passaggio vallivo che congiungeva Tolentino a Treia. Nonostante la quasi completa ricostruzione, con il rifacimento anche delle merlatura a coda di rondine, restano consistenti elementi architettonici come il fossato e due campate del ponte. Delle due torri originarie, è stata ricostruita quella di sud-est. Il complesso è oggi proprietà privata, adibito a casa colonica.

    Torre civica

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    salendo al Castello, dista circa 2 km da Piazza del Popolo
    Data costruzione XIII secolo
    Stile Medievale

    Il piazzale degli Smeducci, sulla sommità del Monte Nero, è dominato dall´alta (m. 40) e inclinata Torre civica, eretta nel XIII secolo con funzioni di avvistamento, di difesa e di segnalazione alle altre torri dei castelli del territorio comunale.
    Davano accesso alla torre due piccole porte che conservano l´antica forma con il loro doppio arco a sesto acuto. Circa a metà della Torre si notano due bassorilievi scolpiti in pietra; il primo dall´alto raffigura un "morso di cavallo" e potrebbe rappresentare l´emblema di uno dei podestà, ma la tradizione lo attribuisce alla dispotica signoria degli Smeducci che, al ritorno da una delle cacciate subite, lo fece apporre per mostrare il trattamento che sarebbe stato riservato al popolo ribelle. Più in basso il bassorilievo che raffigura un "leone passante", simbolo dei ghibellini per i quali parteggiò San Severino in perenne lotta con la guelfa Camerino. A destra della Torre si notano scarsi resti dell´antico Palazzo dei Consoli. Le mura urbane completavano il sistema difensivo del "Castello" che oggi, a seguito di un attento recupero, sono percorribili per un lungo tratto come al tempo del medioevo.

    Torre dell'Orologio

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    Piazza del Popolo



    Fu eretta su disegno di Ireneo Aleandri nel sec. XIX. Si impone come scenografico elemento architettonico a capo della Piazza, sottolineandone l'andamento fusiforme. Sul lato sinistro fu riedificata nelle forme attuali l'antica Fonte della Misericordia.

    Abbazia di Val Fucina

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    (Loc.tà Elcito)
    Data costruzione X-XI Secolo


    Abbazia benedettina del X-XI secolo, particolarmente interessante la cripta ornata di capitelli a volte.


    Chiesa della Maestà

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    (Loc.tà Parolito)


    Edificata nel 1473 nel luogo di una Maestà, conserva l' originario portale in cotto con belle decorazioni floreali e i due piccoli portali laterali. All'interno si trovano pregevoli affreschi votivi, dipinti da Lorenzo D'Alessandro (XV sec.)


    Chiesa di S. Maria di Cesello


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    Costruita agli inizi del XV sec, è singolare dal punto di vista architettonico per il largo spiovente del tetto che protegge un affresco seicentesco.
    All'interno tutte le pareti sono rivestite da affreschi votivi (XV - XVII sec.). Altri interessanti affreschi quattrocenteschi sono da segnalare nella Chiesa di S. Maria di Valdiola (XIII sec.), nei pressi della vicina frazione di Chigiano.


    Chiesa di S. Maria di Valdiola

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    (Loc.tà Valdiola)



    La chiesa del XIII secolo è ricca di interessanti affreschi quattrocenteschi. É situata nei pressi della frazione di Chigiano.

    Chiesa di San Domenico

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    Costruita con l'annesso convento nella prima metà del XIII secolo, fu riedificata agli inizi del sec XIV e trasformata nelle forme attuali nel sec XVII. All'interno è conservata una pregevole tavola cinquecetesca di Bernardino di Mariotto.
    In sacrestia si possono ammirare resti di pregevoli affreschi dei fratelli Salimbeni. Nel Chiostro dell'annesso convento si trovano lunette affrescate, attribuite a Sebastiano Ghezzi e a Ludovico Lazzarelli (XVII sec.).

    Chiesa di San Lorenzo in Doliolo


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    Secondo la tradizione venne fondata nel VI secolo, ma la chiesa attuale risale al XII secolo e venne più volte rimaneggiata. Il trecentesco campanile costituisce la facciata dell'edificio, nella cripta vi sono resti di affreschi dei fratelli Salimbeni.
    Addossato al fianco sinistro della chiesa è il campanile, anch' esso in laterizi e coevo alla facciata, con la cella campanaria aperta in due grandi bifore sotto le quali corre una fascia di archetti. L' interno dopo i radicali rifacimenti del 1741 non conserva nulla dell' impianto originale; a seguito del terremoto sono inoltre stati asportati gli affreschi dei fratelli Salimbeni ( ora conservati nella Pinacoteca ) che un tempo ornavano la prima cappella a sinistra. Di interesse è il coro, intarsiato da Domenico Indivini e allievi.

    Chiesa di Sant'Agostino

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    La Chiesa, in origine dedicata a S. Maria Maddalena, fu assegnata nel XIII sec. agli Agostiniani. Rimaneggiata a più riprese, subì radicali restauri quando, nel 1827, divenne cattedrale. Interessante la facciata (XV sec.) in cui si nota il bel portale cuspidato in laterizio con tracce di affreschi di Lorenzo d'Alessandro; all'interno si trovano numerose opere.

    Chiesa di Santa Maria della Pieve

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    (Loc.tà Pieve)
    Stile Romanico

    Dell'originaria struttura romanica conserva l'abside e il fianco destro; nell'interno affreschi votivi del XIV-XV secolo. Intorno si estende la zona archeologica in cui sono stati riportati ala luce i resti della romana città di Septempeda.


    Duomo Antico

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    (Loc.tà Castello al Monte)
    Data costruzione Eretta forse verso la met� del X secolo e poi rifatta nel 1061

    Dedicata a S. Severino, fu la chiesa del primitivo Castello. La facciata in laterizi, degli inizi del XIV secolo, presenta un bel portale trecentesco, sopra il quale si presentano una graziosa edicoletta a tre archi trilobi e un occhio.


    Madonnetta di Gaglianvecchio

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    (Loc.tà di Gaglianvecchio)



    Già esistente nel XV sec. come Maestà, venne trasformata successivamente in Chiesa. Restaurata e ampliata nel 1853, conserva un affresco di Madonna con Bambino del XVI sec., probabile opera di scuola locale.


    Monastero delle Clarisse

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    Sulla destra della Torre comunale si allunga il muro di cinta del monastero delle Clarisse che termina in una bassa costruzione; è quanto resta del duecentesco Palazzo consolare.


    Santuario della Madonna dei Lumi



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    Via Madonna dei Lumi



    Fu edificato nel XVI sec. in seguito ad un fatto prodigioso, avvenuto nel 1584, di un grande e ripetuto scintillare di lumi nel luogo dove, su un pilastro, era dipinta l'immagine della Madonna. La costruzione, deve le forme attuali ai Barnabiti, che nel 1657 ebbero la custodia del Santuario, oggi affidato ai Cistercensi.
    La costruzione del primo piccolo tempio dedicato a Santa Maria dei Lumi fu iniziata nel 1586, ad opera dei Filippini, sul luogo dove nel gennaio del 1584 si era verificata l´apparizione di un ripetuto scintillare di "lumi" intorno ad una immagine della Madonna dipinta da Giangentile, figlio di Lorenzo d´Alessandro, su un pilone all´ingresso di un podere di un certo Luca di Ser Antonio. Nel 1601 i Barnabiti succedettero ai Filippini nel completamento e nella custodia dell´edificio. Si devono a loro le attuali forme del Santuario con la realizzazione della cupola ottagonale posta all´incrocio del braccio longitudinale con i due bracci laterali e con la costruzione del catino ottagonale. L´interno, a croce latina, presenta diverse cappelle riccamente affrescate e decorate tra cui quella in cui è venerata l´immagine della Beata Vergine Maria dei Lumi il cui altare è stato impreziosito da un rivestimento di pregiati marmi policromi e lapislazzuli. Numerosi gli architetti, i pittori, gli scultori che furono chiamati a decorare il Santuario tra cui Felice Damiani, Giulio Lazzarelli, Venanzio Bigioli, Gian Tommaso da Ripoli, Felice Torelli e G. Andrea Urbani. Nella cappella della Visitazione, la prima a sinistra dell´entrata, sono sistemate le urne con le spoglie dei beati Pellegrino da Falerone e Bentivoglio de Bonis da San Severino, entrambi tra i primi discepoli di san Francesco. Sul pilastro della cappella della Madonna una piccola lapide in marmo nero ricorda che qui è sepolta la mistica del 1500, Francesca Trigli dal Serrone, la cui vita santa consentì l´inizio del processo di beatificazione e con esso l´attribuzione del titolo di "venerabile serva di Dio". Dal 1901 il Santuario è affidato alla custodia dei monaci Cistercensi che già dalla metà del XVIII erano nella Chiesa di S. Lorenzo in Doliolo. Orario sante messe: festivo 9,30 - 11,30; feriale 16,00 (I) - 17,00 (A) - 18,00 (P-E). Le visite non sono consentite durante le celebrazioni liturgiche.

    Santuario di San Pacifico

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    Via San Pacifico Divini
    Data costruzione XII-XIV sec.



    Ampliata e restaurata più volte, conserva un antico portale a sesto acuto in laterizio, riccamente ornato con sculture di foglie e di animali.
    La chiesa primitiva di S. Maria sub monte "sotto il monte Aria" (XII sec.) con annesso convento retto dagli Agostiniani, passò nel XV secolo ai Frati minori osservanti, prendendo il titolo di S. Maria delle Grazie. Ampliata e restaurata più volte, dell´antico prospetto conserva il portale gotico in laterizio formato da otto colonnine su cui poggiano altrettanti archetti avvolti in sculture di foglie e fiori tra i quali sono accovacciati vari animali. Le forme attuali si devono ai rifacimenti voluti dal conte Severino Servanzi Collio che, a seguito della canonizzazione di Pacifico Divini (XVII sec.), nel 1842 finanziò i lavori per la chiesa che custodiva le spoglie del santo compatrono della città e del quale la chiesa francescana era destinata a diventare il santuario. Il tempio ebbe quindi una nuova facciata realizzata con il classico schema palladiano delle chiese veneziane su progetto dell´architetto Ireneo Aleandri e una rivisitazione degli interni e del campanile su disegni di Venanzio Bigioli. L´interno, a tre navate, presenta sulla destra la cappella con altare marmoreo ed arca del santo. Molte opere d´arte ornano il tempio tra cui, sul fondo, incorniciata da prospetto di altare barocco, una pregevole tela di Bernardino di Mariotto raffigurante la "Madonna e san Giovanni, genuflessi Maria Maddalena e san Bernardino". Il luogo è da sempre, per il culto di san Pacifico, meta di numerosi pellegrinaggi provenienti da tutta la penisola.

    Santuario di Santa Maria del Glorioso

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    (Loc.tà Glorioso)
    Via del Glorioso (SP 502 direzione Cingoli)
    Data costruzione XVI sec.
    Stile Rinascimentale

    Il santuario di Santa Maria del Glorioso, terminati i lavori di ristrutturazione post terremoto, torna ad accogliere opere d'arte e arredi sacri che la Sovrintendenza al patrimonio storico-artistico delle Marche ha restaurato e riportato al vecchio splendore.
    A seguito della lacrimazione di una statua in terracotta della Madonna della Pietà avvenuta il venerdì santo del 1519, fu dato l´avvio alla costruzione del Santuario di S. Maria del Glorioso, su progetto dell´architetto Rocco da Vicenza. Fino al 1860 la custodia della chiesa fu affidata ai domenicani; nel 1861 fu avocata dal Demanio che nel 1872 la cedette al Comune di San Severino. Costruita interamente a mattoni, ha la facciata di forma cuspidale. La porta principale è rettangolare con frontone acuto e intagli in travertino. La tribuna è sormontata da una cupola di forma ottagona rivestita con lastre di piombo che nel 1720 sostituirono la precedente copertura di tegole. Internamente la chiesa ha tre navate, una traversa e l´abside fiancheggiata da due vani rettangolari ad uso di cappelle. Le navate sono sostenute da otto colonne cilindriche alle quali corrispondono sedici mezze colonne che dividono le nicchie ove sono collocati gli altari laterali. I recenti restauri hanno riportato alla luce molti affreschi che tra Cinque e Seicento, durante la prima campagna decorativa del tempio, le famiglie nobili e le confraternite avevano commissionato ad artisti della scuola pittorica severinate. In fondo alla navata centrale vi è una tribuna sostenuta da quattro piccole colonne a forma di tabernacolo chiusa da tutti i lati al fine di creare una cappella votiva; il tempietto contiene la statua miracolosa della Pietà, oggetto di profondo culto popolare, riconducibile all´arte nordica del XV secolo. Sopra la tribuna è stata collocata una statua lignea del Cristo risorto del XVII secolo. Nel 1737 la chiesa si arricchisce anche di un prezioso organo di sette registri fabbricato da Feliciano Fedeli. Per moltissimo tempo il Santuario del Glorioso è stato, nelle Marche, secondo solo a quello di Loreto per numero di pellegrini.

    Santuario SS. Salvatore in Colpersito

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    Viale dei Cappuccini



    Appartiene dal 1576, con l'annesso convento, ai Cappuccini. Risalente all'XI sec., fu in origine sede di una comunità religiosa femminile.
    Colpersito è un luogo ricco di memorie francescane: qui san Francesco, venuto a San Severino nel 1212 e nel 1221, convertì il famoso trovatore Guglielmo da Lisciano "re dei versi" che divenne fra Pacifico. La fabbrica - all´epoca delle visite del santo di Assisi - era sede di una comunità religiosa femminile alla quale, secondo la tradizione, nella seconda visita lo stesso Francesco affidò una pecora la cui lana fu utilizzata dalle "povere recluse" per far dono al santo di una tonaca che gli inviarono alla Porziuncola. Solo dal 1576 la chiesa con l´annesso convento diventa proprietà dei Cappuccini. Il tempio ha subito nel tempo varie trasformazioni: le forme attuali si devono agli interventi realizzati tra il XVII e il XVIII secolo anche se l´ultimo restauro mostra l´originaria struttura in pietra locale con qualche elemento architettonico caratteristico. Nell´interno di particolare pregio è l´ornato ligneo dell´altare maggiore, realizzato nel 1750 dagli intagliatori Francesco e Gaetano Gentili, e il ciborio in noce con intarsi d´avorio.

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    Teatro Feronia


    Venuta meno l’antica Sala degli spettacoli con la demolizione del Palazzo Consolare a San Severino al Monte, la città rimane priva di una sala pubblica. Dopo un lungo dibattito in Consiglio comunale, iniziato nel 1732, alcuni rappresentanti dell’aristocrazia locale costituiscono un Condominio teatrale e raccolgono i fondi necessari per la costruzione di un teatro nella Piazza Maggiore, affidandone nel 1740 la progettazione all’architetto fanese Domenico Bianconi, che disegna una struttura in legno con pianta “a campana”, un ampio palcoscenico, tre ordini di palchi e un loggione con balconata a colonnine. Il Teatro de’ Condomini è ultimato ed inaugurato nel 1747. Nel 1823 la struttura in legno viene giudicata antiquata e insicura a causa del pericolo di incendi, per cui la Congregazione teatrale affida la progettazione di un nuovo teatro in muratura al giovane architetto locale Ireneo Aleandri (1795 - 1885), che ha studiato presso l’Accademia di San Luca a Roma sotto la guida dell’architetto neoclassico Raffaello Stern e che nello stesso anno ha ricevuto l’incarico per la progettazione dello Sferisterio di Macerata. Aleandri, pur limitato dall’esiguità dello spazio a disposizione, progetta una struttura elegante e slanciata verso l’alto, con pianta a ferro di cavallo, tre ordini di palchi e loggione, usando per la prima volta nel soffitto le “unghiature” bibianesche che costituiranno in seguito una cifra distintiva del suo stile architettonico teatrale. La decorazione pittorica è affidata a Filippo Bibiena e Raffaele Fogliardi, mentre i cartoni delle pittura, che ornano la volta e il bozzetto del sipario, sono opera del pittore sanseverinate Filippo Bigioli (1798 - 1878) e vengono realizzati da Raffaele Fogliardi.

    Il sipario, considerato un importante esempio di arte neoclassica, raffigura un tema suggerito da un gruppo di intellettuali del tempo che, ipotizzando la presenza nell’antica Settempeda di un tempio dedicato alla dea Feronia, suggeriscono di rappresentare la sacerdotessa Camurena Cellerina che compie il rito di liberazione di uno schiavo dinanzi al tempio della dea, mentre sulla sinistra si compie il sacrificio di un bue e sulla destra viene raffigurato il Fiume Potenza secondo l’iconografia adottata per il Sacro Tevere. In questo climax neoclassico, sono gli anni in cui Vincenzo Monti scrive il suo poemetto Feroniade, si decide di conferire anche al teatro il nome della dea. Terminati lavori, il teatro viene solennemente inaugurato nel 1828 con l’esecuzione di due opere di Gioacchino Rossini, Mosè in Egitto e Matilde di Shabran. Chiuso nel 1961, perché pericolante, il teatro viene riaperto dopo un lungo e complesso lavoro di restauro, nel 1985 con un concerto lirico - strumentale con l’Orchestra di Vienna e la partecipazione del soprano Katia Ricciarelli. Capienza di 442 posti.


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    PALIO DEI CASTELLI

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    Dal 1972 la ricorrenza del patrono San Severino si solennizza rievocando aspetti del passato. Il periodo scelto è il 400 quando la città era retta dalla Signoria degli Smeducci.
    Descrizione
    Dal 1972 la ricorrenza del patrono San Severino si solennizza rievocando aspetti del passato. Il periodo scelto è il 400 quando la città era retta dalla Signoria degli Smeducci.
    Nella settimana di festeggiamenti si rievoca il corteggio storico, che accompagna fino al vecchio castello il reliquario, realizzato da Onofrio Smeducci per custodire i resti del patrono, per l'offerta dei ceri.
    L'offerta ricorda l'oblazione dei nobili sudditi degli Smeducci, che donavano ai custodi del Santuario una scultura in cera raffigurante il castello, che veniva portata fin sul Monte Nero su di un piedistallo.
    Dopo una prima fase triennale, ora il Palio dei Castelli si disputa annualmente, con la nuova gara della Corsa delle Torri. Durante la settimana festeggiamenti con altre gare: tiro con l'arco, tiro alla fune, gioco della mela.

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    Cenni storici
    Nel 1972 si è dato inizio alla festa del Patrono S. Severino in modo solenne rievocando avvenimenti del passato; il periodo scelto è il 1400 quando la città era retta dalla Signoria degli Smeducci. Nella settimana di festeggiamenti si rievoca il Corteo Storico con l’offerta di ceri, che porta fino al Castello il busto d’argento raffigurante il Patrono S. Severino. Onofrio Smeducci fece costruire questo busto d’argento per contenere il Capo del Santo Protettore della Città. Quest’opera purtroppo non esiste più, perchè il busto venne fuso nel 1659 per ricavare l’argento necessario all’esecuzione di un nuovo busto, opera dell’orafo romano Sante Lotti. L’offerta dei ceri ricorda l’oblazione dei signori, sudditi degli Smeducci, che donavano ai custodi del Santuario sul Monte Nero una scultura in cera raffigurante una parte del loro castello, che posta su un piedistallo, veniva portata dal borgo al Monte Nero in spalla. A loro volta i custodi del Santuario fondevano queste opere d’arte per farne dei ceri da ardere tutto l’anno dinanzi all’urna del Santo.

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    Inizialmente il Palio dei Castelli si disputava ogni tre anni: erano i balestrieri di Gubbio e di San Sepolcro a gareggiare per i Castelli di San Severino. Dal 1984 si è incominciato a gareggiare tutti gli anni. Nel 1987 si è dato inizio ad una nuova disfida denominata “CORSA DELLE TORRI”. Il percorso da fare era quasi tutto in salita, si partiva da Piazza del Popolo per poi giungere al Piazzale Smeducci sito al Castello sotto la torre civica, passando per Madonna dei Lumi. Nel 1987 vinse il Castello di Parolito, che arrivò primo anche nel 1988, ma per alcune scorrettezze la vittoria fu assegnata al secondo classificato, il Castello di Sant’Elena. Dal 1990 il percorso è stato definitivamente cambiato. Si è scelto di far svolgere la corsa attorno alla piattaforma della nostra stupenda Piazza del Popolo e con soddisfazione si è visto che essa era più spettacolare e più seguita dal pubblico. In quell’anno la vittoria è stata del Castello di Serralta, nel 1991 è andata al quartiere cittadino del Rione di Contro, nel 1992 al Castello di Sant’Elena, nel 1993 al Castello di Serralta, nel 1994 alla Villa di Cesolo, nel 1995 al Rione Settempeda, nel 1996 e nel 1997 al Rione di Contro, nel 1998 al Rione Settempeda, nel 1999 al Rione di Contro, nel 2000 al Rione Settempeda, nel 2001 al Rione di Contro. Sempre nel 1990 si è costituita l’ASSOCIAZIONE PALIO DEI CASTELLI che tuttora gestisce la Corsa delle Torri e il Palio.

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    Il Palio

    I festeggiamenti ruotano intorno all'8 giugno, data nella quale il comune di San Severino Marche festeggia il patrono. Assumendo quindi come punto di riferimento questa data, le serate sono organizzate in modo diverso ogni anno. Esiste tuttavia un ordine generale che di rado viene modificato e che prevede come inizio le serate medioevali.

    Le serate medioevali

    In queste serate si intrattengono i visitatori con bancarelle, figuranti, falconieri, spettacoli e cibi dell'epoca, in un contesto suggestivo poiché organizzato negli spazi del Castello al monte di San Severino. Le serate sono di solito tre e disposte nel fine settimana antecedente l'8 giugno.

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    Il Palio dei bambini

    Segue alle serate medioevali il Palio dei bambini, un altro appuntamento abbastanza recente che ha come obbiettivo il coinvolgimento dei più piccoli nella manifestazione. In questa giornata vengono effettuati i giochi validi per la conquista del palio: tiro alla fune, corsa con i sacchi, gioco della pallina, corsa con i trampoli e corsa delle torri. Questa data si svolge interamente in Piazza del Popolo.

    La cena a corte

    La cena a corte è un appuntamento annuale organizzato sempre prima dell'8 giugno. L'antico chiostro del castello al Monte fa da scenografia alla serata: il quadro è completato da figuranti e camerieri in costume con tanto di gran cerimoniere. Il tavolo centrale è riservato ad Onofrio Smeducci, signore delle terre settempedane, ed alla sua corte. Il menù della cena è ricercato nei documenti d'epoca, poiché i cibi sono fedeli al periodo quattrocentesco.


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    La Disfida dei Castelli

    La Disfida è una serata del palio che vede impegnate le formazioni dei Rioni e dei Castelli settempedani. Vi si svolgono le eliminatorie di diversi giochi, quindi in realtà le date sono due: una antecedente l'8 giugno e l'altra alcuni giorni più tardi (generalmente due, ma si devono per forza assecondare le esigenze del calendario). I giochi che si svolgono in queste serate sono: il tiro alla fune, il gioco della mela affogata, la corsa con i sacchi e la corsa con i trampoli (quest'ultimo introdotto nel 2010 per sostituire il gioco della brocca).

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    Il corteo storico

    Nel giorno della festa del patrono San Severino, cioè l'8 giugno, dalle ore 7.00, ora nella quale i tamburini e le chiarine del palio danno la sveglia alla città, iniziano i preparativi per il lungo corteo che sfilerà la sera lungo le principali vie del paese. Nel frattempo alle 11.30 viene tradizionalmente fatta la messa solenne al castello, la quale nel 2010 si è svolta nella chiesa del Duomo vecchio per la prima volta dopo circa venti anni di chiusura per lavori. Alle 21.00 inizia la partenza del lungo serpentone che, dallo stadio comunale, intraprende il tragitto per Piazza del Popolo. Nel 2010 si è arrivato a superare i 1300 figuranti, divisi in membri dell'Associazione Palio, i figuranti appartenenti ai Rioni ed ai Castelli, le delegazioni provenienti dalle altre associazioni gemellate e semplici cittadini che hanno chiesto di vestirsi per l'occasione.


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    Serata Conclusiva e assegnazione del Palio

    Il Palio viene assegnato sempre nell'ultima serata della manifestazione. In essa vengono effettuate tutte le finali rimanenti dei giochi, fatta eccezione per la Corsa delle Torri che viene interamente svolta in questa serata. Al termine della serata, in base ai piazzamenti che i Rioni e i Castelli hanno ottenuto nei vari giochi, i giudici calcoleranno il totale dei punti ottenuti ciascuno. Il Rione o Castello che presenterà il punteggio più alto sarà proclamato vincitore e avrà diritto all'arazzo raffigurante il Palio. Il Palio andrà custodito nella parrocchia del vincitore e dovrà essere esposto nelle successive edizioni della manifestazione. Nota importante della serata, al termine delle premiazioni, come ormai è tradizione, l'attenzione si concentrerà sullo spettacolo pirotecnico su base musicale, il quale di fatto terminerà i festeggiamenti.

    I gruppi storici


    Dal 1990, l'Associazione Palio è dotata di alcuni gruppi storici che negli anni sono cresciuti ed aumentati di numero.

    I tamburini sono il gruppo più antico dell'associazione fondato nel 1990 e caratterizzato dalla presenza della chiarina, strumento appartenente alla famiglia degli ottoni. Nel gruppo sono presenti tamburi rullanti, tamburi medi e tamburi muti. Negli anni la formazione non è mai stata modificata con l'aggiunta di nuovi strumenti; i colori dei vestiti storici si rifanno a quelli della città: il rosso è affiancato agli scacchi bianco-neri.

    Rioni e Castelli

    Esistono molti quartieri della città che si sono organizzati per partecipare al Palio. Essi sono caratterizzati per denominazione e colori. Purtroppo non tutti partecipano al Palio, infatti esistono formazioni che accettano di sfilare in corteo ma non riescono ad avere un numero sufficiente di atleti per partecipare ai giochi.

    I Rioni sono: Rione Settempeda, Rione di Contro, Rione di Taccoli, Granali e Rione San Lorenzo.
    I Castelli sono: Castello di San Severino, Castello di Rocchetta, Castello di Serralta, Castello di Sant'Elena, Castello di Pitino, Villa di Cesolo, Castello di Colleluce e Castello di Parolito.


    Grotte di S. Eustachio



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    Lungo la statale 361, a circa 2 chilometri da San Severino, una piccola gola, detta di S. Eustachio o Valle dei Grilli, nasconde alcune opere umane, testimoni di antiche attività religiose ed economiche sviluppate nei secoli passati lungo il Potenza. In questo punto la valle si restringe e il fiume riceve un piccolo affluente, in realtà un torrente stagionale, che incide il fondo della gola. La zona presenta una curiosità interessante: nel mese di Aprile i lati della statale sono costeggiati da alberi con fiori violacei (siliquastri o alberi di Giuda), che qui hanno trovato un perfetto habitat. Ciò che colpisce subito chi frequenta questa via, è però la presenza di varie cave, oggi abbandonate, che la vegetazione sta cercando di nascondere. Qui la natura si sta riappropriando affannosamente di ciò che l’uomo, per giusta causa, ma a volte in modo irrazionale, ha sottratto ad essa. Ricca di alcune varietà di calcare, questa parte della valle del Potenza era già sfruttata nei secoli passati all’interno della gola, dove rimangono a testimoniare l’attività estrattiva alcune grotte, vicino alle quali esistono i ruderi di un’antica abazia.
    Attraversata la ferrovia e poi un piccolo ponte sul Potenza, si arriva presso alcune case coloniche, oltre le quali la strada col fondo di breccia prosegue, inoltrandosi nella boscaglia. Dopo pochi minuti si arriva ad una radura, dove si può parcheggiare comodamente. La strada è percorribile con l’auto fino alle grotte, ma, scegliendo di camminare, si arriva a destinazione in circa venti minuti senza sforzo. Un ampio cartello indica le peculiarità della valle (tra le quali un raro anfibio), studiata e tutelata da diversi enti ambientalistici della provincia. Purtroppo non è facile poter osservare tutte le caratteristiche elencate, a meno di dedicarvi tempo e pazienza oppure tornare più volte, per esempio quando il torrente non è in secca, come in questo periodo.

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    Arrivati a destinazione, si notano subito le grotte il cui aspetto denota la loro origine artificiale, scavate per estrarre blocchi di calcare massiccio, utilizzato per costruzioni e probabilmente anche per statue. Le pareti sono lisce, verticali, le volte sono piatte: sembrano quasi stanze, ricavate con scalpelli e sforzi oggi inimmaginabili. Un’attenta osservazione permette di scoprire sulle pareti i segni lasciati dai lavori di estrazione. Stalattiti lunghe qualche centimetro pendono dalla volta, lasciano gocciolare l’acqua di percolazione nella roccia e testimoniano che l’abbandono delle lavorazioni risale a qualche secolo fa.

    Vicinissima alla grotta principale c’è una chiesa, o meglio ciò che resta dell’antica chiesa dell’abazia, seminascosta dalla vegetazione invadente. Si può entrare e osservare ciò che resta dell’antico lavoro dei costruttori: l’abside, scavato nella roccia, la volta a crociera con tantissimi mattoni incastonati tra loro, un ampio rosone circolare e due lunghe finestre, sul lato ovest, per catturare la poca luce che la stretta gola mette a disposizione. La chiesa, incastonata nella parete rocciosa, è un tutt’uno con essa e sicuramente si armonizzava con il paesaggio al tempo in cui era presente la comunità di eremiti. Ora però sta lentamente agonizzando nell’abbraccio mortale della vegetazione: anche qui la natura tenta la rivincita sull’uomo.

    Numerosi documenti permettono di ricostruire la storia dell’abazia, la cui costruzione, per alcuni aspetti, richiama la cultura longobarda. Già segnalata nell’XI secolo e abitata da eremiti, deve il nome S. Eustachio in Domora (dimora)all’ospitalità che forniva temporaneamente ai lavoranti delle cave e ai viandanti che percorrevano la via S.Severino – Camerino attraverso i monti. Per un certo periodo ebbe il controllo amministrativo di altre chiese della zona, come la Pieve di S.Zenone e Madonna delle Macchie, situate pochi chilometri più ad ovest sulla statale, nell’attuale territorio comunale di Gagliole. Nel corso del 1300 l’abazia fu abbandonata, mentre l’attività estrattiva, iniziata forse in epoca romana, continuò fino alla prima metà del secolo XIX.
    Sul versante opposto alla chiesa, un’altra grotta ospita una costruzione enigmatica, sulla cui funzione circolano due ipotesi, entrambe supportate da qualche prova. Ci sono i resti di una piccola torre circolare, con le pareti munite di numerosissime finestrelle: alcuni sostengono che era una piccionaia, altri, visto che le pareti sono un po’ annerite e la roccia presente è adatta allo scopo, preferiscono definirla una calcinaia, ovvero una fornace per cuocere pietre e produrre calce. Qualunque sia stata la sua reale funzione, questo rudere ha un particolare fascino, perché evoca quei paesaggi del sud degli Stati Uniti dove le popolazioni indigene costruivano le loro abitazioni nelle grandi caverne naturali. Insomma, qui pare di essere quasi in un “pueblo”.

    Questa grotta si raggiunge dopo aver attraversato il letto del torrente e percorso un breve sentiero nella macchia.
    Oltre queste grotte si sviluppa un sentiero disagevole, almeno all’inizio, che permette di esplorare tutta la gola, salire sui monti ed arrivare perfino a Camerino o a S. Severino.
    La visita, interessante per chi ama questo tipo di escursioni, lascia un po’ di amarezza: dispiace rilevare come antiche opere, magari non pregiate ma comunque testimoni importanti del passato, vengano purtroppo abbandonate. Un oculato controllo della natura per salvaguardare costruzioni che non sono ecomostri, ma che si inseriscono perfettamente nell’ambiente, sarebbe auspicabile. D’altra parte non si può recuperare tutto perché ci sono ovviamente delle priorità, comunque è triste rilevare ancora una volta che un altro piccolo pezzo di storia della nostra provincia va inesorabilmente scomparendo.

    di Luciano Burzacca


    fonti: wikipedia-comune di s.severino marche- web



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    chiesa di s. apollinare

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    palazzo Servanzi Confidati

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    piazza del popolo

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    panorama S. Severino marche

     
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