SALE

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  1. arca1959
     
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  2. gheagabry
     
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    Amore, mi passi il fior di sale?

    di Sigrid Verbert

    È successo, anni fa, per il vino, poi per l’olio d’oliva. Più di recente anche acqua e cioccolato hanno smesso di essere meri nomi generici per diventare vere e proprie categorie stracolme di prodotti venuti da mezzo mondo, diversissimi fra loro, ciascuno con caratteristiche organolettiche proprie, da stimare, degustare e abbinare. Veri e propri cru insomma. Stavolta, pare sia arrivato il turno del sale: scordatevi quindi della buona vecchia saliera anonima da tavola, completa di grani di riso, e liberate piuttosto uno scaffale della dispensa,…

    Oltre a essere un elemento antichissimo, un tempo indispensabile alla conservazione del cibo, c’è sale e sale. Quello più volgare e meno interessante è il sale gemma, anche sale da tavola, tratto da miniere terrestri. E raffinato quindi, non contiene praticamente nient’altro che il cloruro di sodio, inoltre tende a presentare residui amari. L’altro sale è quello marino, ottenuto per affioramento in bacini di acque marine che vengono lasciate asciugare al sole. Il sale marino in genere non viene raffinato, per cui contiene una serie di oligominerali che lo rendono anche più benefico per l’organismo. E, adesso viene il bello: proprio come per il vino o per qualunque altro prodotto alimentare, paese che vai, mare che prendi, sale che trovi. Cioè, a seconda dell’origine e della lavorazione, cambiano sapori e costituzione. E quindi così anche il sale è diventato un ingrediente artigianale, pregiato e degno di ricerca.

    Notare però che i sali pregiati vanno usati come gli oli della stessa categoria: per cuocere è meglio e più vantaggioso preferire un sale basico (sempre meglio se marino). Le varianti più pregiate, e quindi più care, invece, vanno usati per le rifiniture, spolverandole in quantità modesta sulle pietanze prima di servirle, proprio come il goccio d’olio eccellente che fa da tocco finale.

    Piccola panoramica dei sali più noti e più facilmente reperibili, utili da tenere in dispensa.

    Gli italiani:

    Il sale di Mothia: questo sale siciliano originario delle saline situate fra Trapani e Marsala (famose per i loro mulini a vento che una volta fornivano l’energia per portare l’acqua ai bacini) e conosciuto fin dall’epoca fenicia, si trova in versione fine o grosso, integrale o non, ha un prezzo piuttosto basso ed è di ottima qualità. È un buon sale generico da utilizzare in cucina, specie nella versione integrale.

    Il sale di Cervia: è l’altro sale italiano di tradizione millenaria, prodotto in provincia di Ravenna. Anche qui si tratta di sale marino non raffinato, quindi ricchissimo di oligominerali. Notare il presidio Slow Food che tutela l’unica salina di Cervia (il ‘Camillone’) dove ancora si raccoglie il sale in modo del tutto artigianale, a mano. Quello di Cervia è noto come ‘sale dolce’: in realtà il suo potere salante non è minore rispetto ad altri sali marini ma la sua purezza è tale che non contiene elementi amari, per cui ha un sapore estremamente pulito ed elegante. Ottimo sul pesce fresco dell’Adriatico.

    Dal mondo:

    il fior di sale: è il primo sale dell’estate, quello che affiora dai bacini di acqua di mare ancora non del tutto prosciugati, ed è anche il sale più oneroso, a circa 35 euro al chilo. Quello più buono e ambito in assoluto è il fleur de sel di Guérande, in Bretagna, sull’atlantico, ma viene anche raccolto in Camargue e in Algarve. Il fior di sale si presenta sotto forma di piccoli cristalli, ha un potere salante poco più lieve del sale normale, è molto umido e presenta spesso ancora un lieve e caratteristico profumo di oceano, mentre qualcuno ci trova persino sentori di violetta. Comunque sia è un sale molto elegante, di un colore tendente al bianco opaco, alleato perfetto di insalate e verdure crude o cotte al vapore.

    Il sale di Maldon: viene dall’Inghilterra ed è attualmente il preferito assoluto degli chef di tutto il mondo. La particolarità unica del sale di Maldon sta nel fatto che si presente a sottilissime scaglie a forma di minuscole piramidi, di un croccante davvero unico. Da qui quindi la follia dei ristoratori, Ferran Adria in testa, che ci trovano un alleato fantastico per conferire un tocco saporito e croccante alle loro creazioni. Come per il fior di sale, il sale di Maldon, essendo un cristallo, non si scioglie subito in bocca e quindi interagisce più a lungo col cibo, permettendo la creazione di notevoli effetti speciali. Il sale di Maldon funziona benissimo, per contrasto, su consistenze morbide, e persino sul cioccolato.

    Le chicche:

    il sale kasher: è un sale di tradizione ebraica, a grani medio-grossi, originalmente usato per coadiuvare l’estrazione del sangue dalla carne. Molto amato dagli chef americani per il suo formato pratico (è più facile da dosare con le dita ed è di buona qualità per un costo molto contenuto). il sale kasher viene anche utilizzato per cospargere i bretzel (quei taralli di pane venuti dall’est europa).

    il sale rosa dell’himalaya: è uno dei pochi sali gemma fra i sali pregiati. Il sale rosa dell’Himalaya viene infatti estratto dalla montagna, dove si trova da centinaia di millenni, risalendo così a un’epoca in cui l’inquinamento era pari a zero,. Qualcuno pretende quindi sia di gran lungo più puro dei vari sali marini. Il suo sapore è in effetti limpido e sta bene sui piatti creativi abbinando per esempio pesce e frutta.

    il sale affumicato: è un’invenzione piuttosto recente. Il vero sale affumicato viene esposto al fumo di legna, in modo da catturare l’aroma particolare dell’affumicatura. Esistono però anche delle versioni più economiche, con aggiunta di aromi artificiali, molto meno validi.

    I sali aromatizzati: si trovano di tutti i tipi, dal fior di sale alla vaniglia passando per il sale con aggiunta di buccia di limone, di lavanda, di peperoncino o di erbe aromatiche tritate. Badare sempre a che tipo di sale base è stato usato o, più genuinamente, prepararli in casa scegliendo un buon sale marino grosso, e pestandolo nel mortaio insieme agli ingredienti (buccia di agrumi, spezie varie, fiori, erbe fresche) che più vi piacciono. Conservare al fresco, in barattolo chiuso, per almeno una settimana prima di consumare.



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    Vale la pena di spendere 36 euro per 250 grammi di fleur de sel chardonnay, sale marino californiano affumicato con legni delle barrique di chardonnay, 380 volte circa più costoso di un normale sale da tavola ?
    Gli scettici prendono le distanze: tutti i sali sono al 99 per cento NaCI, cloruro di sodio, e qualsiasi traccia di altri elementi risulta a loro parere indistinguibile nel momento in cui il composto entra in contatto con il cibo. Senza contare che si predica da anni che il sale fa parte, insieme allo zucchero, di quegli insaporitori puri, bianchi ma nocivi, da limitare a oltranza.
    I reazionari sospettano: non sarà una nuova trovata dei cuochi che, dopo aver fatto scomparire la saliera da tavola evocando a sé il diritto di perfetta salagione, adesso ci costringono a discernere tra decine di sali esotici quello imperdibile per il piatto che ci apprestiamo a mangiare? I fari dello shopping gastronomico viceversa gongolano: ecco un nuovo originale pensierino da portare senza problemi al check-in all’amico gourmet con i consigli per la chianina ai sette sali, invece della bottiglia d’olio.
    Gli sperimentalisti temporeggiano, come ha fatto Richard Ehrlich, del Financial Times, che ha riunito un gruppo di esperti per l’assaggio alla cieca di diversi piatti insaporiti con sei sali diversi, e alla fine è restato col dubbio perché non sono state rilevate differenze sostanziali. Ma il punto è un altro.
    Non c’è bisogno di aver letto Sale, la stupenda biografia di Mark Kurlansky che ripercorre la storia del mondo attraverso l’insolita prospettiva del sale e ne spiega il potere e la fascinazione, per sentire che quando entri dal droghiere per acquistare un etto di sale rosa dell’Himalaia non sei semplicemente una signora che intende vivacizzare la grigliata in giardino con un condimento insolito. Sei un’esploratrice giunta nelle grotte di salgemma più alte del mondo, vaste come la superficie del Piemonte, con pareti spesse 700 metri, per impadronirsi dei cristalli più puri che esistano (niente inquinamento, all’epoca) formati dal ritrarsi degli oceani 200 milioni di anni fa.
    Scegli una confezione di sale marino nero dell’isola di Molokai, nelle Hawaii, e sei un naufrago, più lost dei protagonisti di Lost, tremante su spiagge laviche infide. Allunghi la mano verso un barattolo di sale di Mozia e sei un liberto romano, pagato con un pugno di sale, che percorre la strada lastricata oggi sommersa dal mare che separa l’isola da Trapani.
    Ron Siegel, chef della Dining Room del Ritz-Carlton di San Francisco, ha inaugurato un menu degustazione «sale-e-pepe» in otto portate, dopo l’incontro con Jing Tio, principe dei fornitori californiani di sali e spezie esotici, che conta 300 chef tra i suoi clienti. Davide Scabin mette in tavola tre tipi di sale liquido in uno spruzzatore da profumo per condire la sua composizione di foglie d’insalata. Lo sloveno Tomasz Kavcic cuoce pesce e carni su una lastra di sale a specchio. Guido Gobino, il re del cioccolato, ha creato per Saltexpo una pralina con olio e sale.
    E chi non crede alle sue molteplici incarnazioni nel variare il sapore dei piatti cederà al fascino dei luoghi in cui lo si raccoglie: i più selvaggi, incontaminati, spettacolari dei continenti.
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    grazie Gabry. leggevo proprio giorni fa sui veri tipi di sali
     
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  5. gheagabry
     
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    La storia del sale è qualcosa che trascende i limiti della nostra immaginazione. Omero lo chiamava "sostanza divina", mentre per Platone il sale era "particolarmente caro agli dei". La storia del sale è la storia delle saline, delle miniere di salgemma, delle flotte che hanno attraversato i mari, delle carovane che hanno attraversato il Sahara, le Ande; questa è anche quella dei mercanti che hanno risalito fiumi d’Europa, della Russia, della Cina, dell’America. La storia del sale è stata dunque quella dei rapporti tra culture, paesi in grado di produrre abbastanza sale da poterne anche esportare a quelli che ne erano carenti.
    Essa comincia con la comparsa delle prime civiltà stabili, quella dei Sumeri a Babilonia, quella dell’Egitto, quella della vallata dell’Indo, verso il V o VI millennio a.C. ; nel III millennio a.C. quella della Cina, nel II millennio quella degli Ittiti e degli Ebrei intorno al Mar Morto. Queste popolazioni, nel passaggio dallo stato di cacciatori-raccoglitori allo stato di allevatori-agricoltori, dovettero risolvere vari problemi, il più importante dei quali fu quello di protegger e conservare le derrate alimentari, ed in particolare la carne degli animali, fino a che si scoprì che la carne ed il pesce potevano essere conservati coprendoli con il sale.
    Dall’età Neolitica alla Rivoluzione industriale e fino ai nostri giorni i salinai hanno prodotto il sale seguendo due
    procedimenti fondamentali che si sono andati via via perfezionando. Alcuni hanno estratto dal suolo il salgemma e le acque salate che poi facevano bollire. Altri hanno ottenuto la stessa sostanza con una controllata evaporazione solare delle acque salate. Operazioni queste che potevano svolgersi in località ben precise dove si riscontravano condizioni naturali e sociali per lo sfruttamento da parte degli uomini.
    Con l’ascesa dell’Impero romano la produzione ed il commercio del sale divennero importantissimi in Europa, soprattutto perché si aprirono nuove vie commerciali e perché Roma monopolizzò tale commercio. Nel medioevo il sale fu usato anche come moneta di scambio e servì addirittura per un’imposta, la famosa “Gabella” pretesa da Filippo il bello.
    Sotto il segno del sale sono sorte antiche e magnifiche città (per es. Salisburgo), si sono costruite strade (le famose “Vie del Sale”), sono scoppiate rivoluzioni, sono state combattute guerre e vinte battaglie. Nel 1930 Gandhi condusse il popolo indiano all’indipendenza dalla Gran Bretagna guidando la famosa “Marcia del sale” contro le imposte vessatorie che il monopolio britannico imponeva su questo bene di fondamentale importanza, imposte che colpivano specialmente le decine di milioni di indiani che vivevano nella miseria più profonda. Durante la storia dei popoli il commercio del sale è quasi sempre stato controllato dal potere centrale; basti pensare che in Italia solo nel 1975 è cessato il monopolio sul commercio del sale da parte dello stato che imponeva una imposta attorno al 70% del prezzo di vendita.
    L’uso del sale non solo è stato importante in ambito economico ma anche mitologico e religioso. Gli Egizi lo utilizzavano nel processo di mummificazione, mentre per i Maya era una medicina mescolato a olio o miele. Gli antichi greci e gli ebrei impiegavano il sale durante i sacrifici così come all'interno dei templi romani le vestali preparavano una salamoia per salare la "mola" sacrificale, essendo il sale considerato simbolo di incarnazione e di perpetuità per il suo potere
    purificatore.
    Presso gli antichi ebrei il sale, per la sua caratteristica di rendere gradito il cibo, diventava simbolo della gioia di ritrovarsi nella stessa tavola, per cui mangiare assieme significava vivere in unione di sentimenti fraterni. Nel Nuovo Testamento il sale ha trovato ugualmente posto, inserit o in numerose metafore o parabole come simbolo di saggezza, incorruttibilità, eternità e alleanza tra Dio e uomo. Nel Vangelo Gesù raccomanda ai suoi discepoli di essere "il sale della terra", cioè di essere forza capace di preservare gli uomini dalla putredine del peccato.
    A Roma, l'ottavo giorno dopo la nascita di un bimbo, gli si passava un pezzetto di sale per tenere lontani da lui i demoni e i geni del male. Anche nella civiltà cristiana, un poco di sale veniva posto in bocca al battezzato. A Praga anticamente il sale era offerto agli ospiti in segno di amicizia, mentre i Germani giuravano con la mano affondata in esso. Nei Paesi Bassi una delle possibili pene capitali messe in pratica in passato consisteva nel nutrire il reo con cibo in cui era totalmente assente il sale: la morte era garantita.
    E, per finire, il sale lo troviamo pure nel bagaglio delle nostre superstizioni: molti credono nella sua forza apotropaica, facendolo cadere sull'olio versato. Ma c'è anche chi teme disgrazie per se stesso, se malauguratamente il sale cade per terra; mentre scagliarlo porta male agli altri.
    Il galateo medievale europeo prestava molta attenzione a come si maneggiava il sale a tavola: lo si doveva toccare con la punta di un coltello e mai con le mani. Un costume popolare presente in diverse nazioni europee vuole che si getti un pugno di sale nella bara di un defunto prima della sepoltura.
    Le nostre nonne facevano diversi usi del sale nelle faccende della casa prima dell’arrivo dei moderni prodotti chimici e di pulizia. Comunque molti rimangono validi anche al giorno d’oggi e spesso sono molto più economici dei nuovi prodotti. Ecco alcuni esempi: evitare che le candele colino, togliere la fuliggine, mantenere freschi i fiori recisi, sgelare i marciapiedi e le st rade, deodorare le scarpe, testare la freschezza delle uova, pulire il frigorifero, pulire l’argenteria
    ossidata, rimuovere l’odore di cipolla dalle mani, prevenire la formazione di muffa, ravvivare i colori, togliere le macchie di sudore, sbiancare il cotone o il lino, e molti altri.

    dal web



    Edited by gheagabry1 - 2/5/2024, 17:03
     
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  6. gheagabry
     
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    "Sembra quasi di avere tra le mani delle piccole pietre preziose,
    sia per il colore che per la satinatura dei cristalli, liscissimi al tatto."



    "BLU DI PERSIA"


    “Blu di Persia”, un salgemma naturale che proviene dalla millenarie miniere di sale dell’Iran. E’ un sale molto raro, del tutto naturale e la sua particolare colorazione azzurrina che tende a sfumature leggere di viola, è dovuta alla Silvinite: altro non è una variante del cristallino del sodio che all’inizio si presenta di colore giallo o rosa e che soltanto rarissimamente prende le tonalità dei blu. E’ molto difficile da reperire, si dice sia soltanto per i veri appassionati della forte sapidità: infatti la sua sapidità è molto forte ma non eccessivamente persistente, lascia in bocca un buon sapore speziato. Perfetto se macinato al momento, ottimo per condire verdure, pesce, carni e insalate.




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  7. gheagabry
     
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    Il sale racconta.....


    Piccoli granelli bianchi, che sembrano cristalli e pietre preziose. Ma che basta mettere sulla punta della lingua per capire di che cosa si tratta. Sale. Nel mondo se ne producono circa 250 milioni di tonnellate e, secondo Assomela, solo in Italia se ne raccolgono 2 milioni e 237 mila tonnellate all'anno. Non è utile solo a tavola come condimento (in Europa su 45 milioni di tonnellate prodotte all'anno, solo il 10% è destinato alla alimentazione). Il sale è impiegato anche come materia prima nella farmaceutica e chimica per prodorre detergenti, cosmetici, materie plastiche, detersivi, insetticidi o solventi. E non è così solo oggi: il sale è sempre stato indispensabile ed in passato era così prezioso da essere chiamato "oro bianco"
    La data esatta della scoperta non si sa, ma senza dubbio la storia del sale comincia con la comparsa delle prime civiltà stabili, quella dei Sumeri a Babilonia, del popolo egizio, della Cina, degli Ittiti e egli Ebrei intorno al mar morto: "Questi popoli compresero la grande importanza di questa risorsa e, per il possesso delle sorgenti salate maturali, scoppiarono guerre"(Oscar Turroni).
    Oltre al gusto che conferiva agli alimenti, il sale era un ottimo strumento di conservazione dei cibi: "Era il frigorifero dell'epoca, per questo gli antichi se lo contendevano. Inoltre, anche se non si conoscono date certe, si presume che già 6 o 5 mila anni fa l'uomo scopri che carne e pesce potevano essere conservati coprendoli con il sale"

    Sin da tempi remoti il sale era merce di commercio: era inizialmente ricavato solo dalle acque nel mare, tanto che Omero racconta nell'Odissea che, nell'entroterra, esistevano popoli che non nei conoscevano l'esistenza. .."Chi lo possedeva aveva un enorme ricchezza e poteva scambiarlo cn altre merci" aggiunge Atonia Rondino, responsabile del Museo del sale di Margherita di Savoia , dove c'è la più grande salina d'Europa, che risale all'era preistorica.
    Ma il forte sviluppo delle saline si ebbe sotto l'Impero Romano.secondo lo storico Tito Livio, il re Anco Marzio (641-616 a.C.) costruì le saline di Ostia.
    Per i Greci il sale aveva proprietà terapeutiche: oltre ad aumentare il guosto, aiutava la digestione.
    Anche i romani adoravano il sale sui cibi, utilizzavano una salsa salata ricavata dalle interiore dei pesci, il"garum", che aggiungevano come condimento ai primi e secondi piatti. I soldati delle legioni romane venivano pagati in sacchetti di sale: "Era il solarium dell'antica Roma, da cui deriva il nome del salario. Ai soldati serviva perché permetteva di conservare grandi quantità di carne, pesce ed olive per lunghi periodi"..Nel suo nome sono nate città e strade: Salisburgo significa città del sale. Per trasportarlo vennero costruite le vie del sale "Hanno generato scambi commerciali e sviluppato grandi civiltà. Tra le più famose c'è la via Salaria che serviva per trasportare il sale del Tevere fino al mar Adriatico. Ma le vie del sale utilizzate erano tante, quasi ogni regione aveva le sue, erano in pratica autostrade dell'epoca e chi le attraversava doveva pagare il 2,5 % del valore della merce trasportata.
    Nel Medioevo il sale divenne moneta di scambio: in Africa era usato per comprare spose, il Europa per comprare schiavi, un sacco di sale al Marocco era scambiato con l'eqivalente in peso d'oro.

    Il sale divenne addirittura una tassa: la famosa "gabella", pretesa per la prima volta in Francia da Filippo il Bello nel XIV secolo. Ogni persona al di sopra degli 8 anni ed tenuta ad acquistare ogni settimana una minima quantità di sale a un prezzo imposto dallo Stato: "Il sale era consumato da tutti e quindi i vari governi tentarono di ricavarne tasse o di tenere il monopolio, anche il Italia dove restò in vigore fino alla metà egli anni '70".

    Dal 1400 il commercio del sale dall'Italia al resto dell'Europa cominciò a diminuire: i Paese centroeuropei iniziarono a sfruttare le miniere di sale (chiamato salgemma e prodotto dall'evaporazione di mari milioni di anni fa). Nell'800, l'importanza del sale inizia a calare con linvenzione dei barattoli ermetici (preludio del sottovuoto), del congelamento (ideato a inizio dell'900 dall'americano Clarence Birdseye) e poi con l'invenzione ei frigoriferi.



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  8. gheagabry
     
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    Sapori e colori del sale




    Rosa o nero, affumicato o integrale, di Maldon, di Cipro o di Cervia. Il sale, l’ingrediente più saporito sulla tavola, si sta trasformando da commodity a prodotto riconoscibile e selezionato, seguendo l’esempio di olio, acqua e caffè. Alcuni dei più quotati chef italiani ci hanno parlato dei loro sali preferiti e di come li abbinano con i piatti in menù.

    Chi è disposto a spendere fino a 50 euro per un chilo di sale? Pochi, probabilmente, alzerebbero la mano. Ma non erano in molti, dieci o quindici anni fa, anche i consumatori pronti a “far follie” per un grande olio extravergine di oliva. Poi il più nobile – e probabilmente genuino – dei condimenti ha conquistato consensi nel mercato di massa e ora anche negli scaffali della grande distribuzione è abbastanza usuale intercettare oli da 20-30 euro al litro, spremuti a freddo e monocultivar. Il salto di qualità è coerente con il cambiamento in atto nella nostra cucina: più attenzione alle basi, dai fondi agli ingredienti in generale, seguendo ricette anche tradizionali, ma che permettono di ottenere piatti di notevole spessore. Così oggi, tra i gourmet, si stanno imponendo i sali di nicchia: il rosa dell’Himalaya, il nero delle Hawaii, i marini affumicati e gli integrali delle grandi saline italiane, da Cervia al fior di sale di Trapani. Insomma, da banale commodity il sale è diventato alimento nobile e riconoscibile, perfino brandizzato, da utilizzare con moderazione (salare troppo fa male) e da abbinare, a seconda delle caratteristiche, con uno specifico piatto. Perché ciascun sale si presta ad esaltare i sapori di un determinato primo, di una carne e di un pesce, fino alle sperimentazioni ormai non più estreme con dolci e cioccolato.
    Addio quindi alle saliere anonime, con tanto di chicchi di riso all’interno per evitare spiacevoli conseguenze coagulanti, e spazio al prodotto di origine controllata, nazionale o esotico, ciascuno con le proprie caratteristiche organolettiche e perfino con diverse colorazioni. Non siamo più nella sfera del gusto, sconfiniamo ormai in quella dell’estetica e nel food design. Dal sale gemma – che è il prodotto “basic”, proveniente dalle miniere terrestri e raffinato, quindi poco saporito perché altrimenti non si presenterebbe con la rassicurante colorazione bianca – al marino, il passo è già importante, ma oggi non ci si accontenta più. I top chef per primi sono alla ricerca del sale marino o terrestre più indicato per i loro piatti o sperimentazioni. È il caso del modenese Massimo Bottura, Osteria Francescana (Modena), miglior chef italiano secondo la guida Espresso (con lo strabiliante punteggio di 19,75, quasi il massimo, raccolto nell’edizione 2011) che privilegia come sempre l’identità regionale e sceglie quindi un sale di tradizione millenaria: quello “dolce” di Cervia (Ravenna), presidio Slow Food, che viene tuttora raccolto a mano ed essendo puro, non raffinato, ha un sapore particolarmente elegante e privo di elementi amari. L’ideale per uno dei grandi piatti di Bottura: il tortino di scalogni di Romagna, porri, tartufi e sale di Cervia. Un altro chef che ha fatto della scelta dei sali un caposaldo è il tedesco Heinz Bech, del tristellato (Michelin) La Pergola del Cavalieri Hilton di Roma. Il suo preferito? “Il sale di Trapani – risponde – perché è molto ricco di magnesio, utile per il metabolismo e l’attività cerebrale. Inoltre uso una serie di sali per arricchire la coreografia dei piatti, come ad esempio il rosa del Murray River in Australia, il nero delle Hawaii e il sale affumicato con il legno di Chardonnay”.



    MIX SALI COLORATI
    I grandi sali italiani competono con quelli, per così dire, esotici. Tra questi va senz’altro ricordato il Maldon, inglese, che gli chef prediligono per la sua croccantezza, dovuta al fatto che si presenta in sottili scaglie a forma di minuscole piramidi: così non si scioglie subito in bocca e interagisce più a lungo con il cibo. È talmente noto da risultare perfino inflazionato, sostiene il marchigiano Moreno Cedroni, che nella sua ricerca di prodotti “nuovi” ha preferito puntare altrove, scegliendo ad esempio il sale di Cipro con cui accompagna la mousse di cioccolato. Cedroni, che è lo chef del pluripremiato ristorante Madonnina del Pescatore di Senigallia (Ancona) e ha “esportato” il suo progetto di “susci” all’italiana a Milano con Moschino (Clandestino Milano), firmando anche a suo nome una linea di prodotti ittici in scatola (Officina, Laboratorio Ittico), del sale dice: “Premettendo che bisogna usarne poco, senza alterare la centralità dell’alimento cui si abbina, il migliore è il cristallo di sale, dal peso quasi inconsistente e dalla massima croccantezza, che rappresenta anche la caratteristica più importante di un sale. Poi ci sono i colorati, che però utilizzo soltanto per rifinitura e per il loro effetto cromatico”. Abbinamenti? “Con il cioccolato è fantastico, ma in generale tutte le ricette dolci richiedono un pizzico di sale”.
    Flavio Costa, chef dell’Arco Antico di Savona (stellato Michelin), utilizza invece il sale di Maldon, abbinato con il gambero di Imperia crudo e il mosto di Sommariva, ma non disdegna il rosa dell’Himalaya (“che è più dolce e meno aggressivo” spiega) e talvolta il saporito “nero” delle Hawaii per ragioni estetiche o per dare mineralità a pesci delicati quali palamita e nasello. “Nella quotidianità però – spiega lo chef ligure – sono prodotti difficili da utilizzare perché hanno un costo abbastanza alto. Li considero un vezzo e credo che in una cucina normale possano bastare uno o due sali. Per l’olio è diverso perché dà un’impronta fortemente gustativa, un olio sbagliato può anche rovinare il piatto, con il sale ciò è assai improbabile”. Ad ogni modo utilizza il marino grosso delle saline di Trapani per il baccalà, il Maldon per il pescato in generale (a contatto con la polpa e lontano dalla cottura che viene effettuata sulla pelle) e il rosa nell’insalata di crostacei.
    Proseguendo nella carrellata di chef interpellati, Maldon e Murray River australiano sono i preferiti di Nicola Cavallaro, chef del milanese Al San Cristoforo, che racconta: “In questo momento e da qualche tempo sono di moda molti sali: Cipro, Himalaya, affumicato, al tè nero e al tè verde. Ma sono più che altro sali aromatizzati e relativamente facili da riprodurre anche a casa, ad esempio con il nostro buon sale di Cervia”. Un giudizio? “Ci sono ottimi prodotti, quello di Maldon ritengo sia uno dei migliori sul mercato, purtroppo però nella grande distribuzione arriva a prezzi abbastanza proibitivi. Si trova solo in boutique del gusto e a prezzi decisamente fuori portata”.



    Il parere di Cavallaro è sottoscritto da Heinz Bech: “Quello del sale “particolare” rimane un consumo di nicchia”. Cedroni invece ritiene che, intervenendo sul packaging, questi alimenti di fascia top potrebbero conoscere una diffusione più ampia. “ spesso costa la confezione, non il contenuto – spiega lo chef anconetano, che con le sue Selection ne propone 3 (nero, rosa e Cipro) in vasetti onda – e nel mio caso finisce per diventare un prodotto da collezione. Penso però che in futuro potrebbero essere commercializzati nella loro essenza. Non mi stupirei, un giorno, di trovare in molte case italiane una degustazione di tre sali diversi, un po’ come sta accadendo per gli oli”.
    E alla diffusione extra nicchia punta Saltexpo, manifestazione itinerante ideata dal gastronomo Fabio Fassone, uno dei maggiori esperti del mondo salino e attualmente impegnato nella preparazione di un libro sull’uso creativo del sale nella preparazione dei cocktail. Nel suo sito (www.saltexpo.com ) sono catalogate oltre 25 tipologie di prodotto, in buona parte acquistabili on line. I più utilizzati, da un’inchiesta effettuata sulla ristorazione top, sono Maldon e Himalaya tra gli esteri, Cervia e Trapani tra i nazionali. “Noi però – racconta Maurizio Carmignani, braccio destro di Fassone – inseriamo tra i prodotti di punta anche il fior di sale della Camargue che, tra l’altro, costa relativamente poco”. Prospettive per i consumi? “La Compagnia Italiana Sali, che appartiene al gruppo francese Salins, sta lanciando una linea di prodotti top nella grande distribuzione organizzata e questo fa ben sperare. Stiamo parlando, del resto, di un trend gastronomico sì di lusso, ma ampiamente accessibile e come già accaduto per zuccheri, acque, oli e caffè, i sali di nicchia potrebbero conquistare spazio nelle carte dei ristoranti e anche nelle case degli italiani. Non sottovalutiamo poi l’aspetto benessere”. Il riferimento è alla salute e ai danni che potrebbero derivare da un eccessivo consumo. “Premettendo – conclude Carmignani – che la maggior parte del sale da noi ingerito è già contenuto negli alimenti e quindi quel che aggiungiamo è residuale, occorre dire che il prodotto di qualità, per esempio il marino integrale che non subisce alcun processo di lavaggio, sala di più e perciò ne occorre di meno per dare sapore. La differenza di prezzo, un 20-25% rispetto al sale di miniera, è irrilevante”.
    (pambianconews.com)


    Sale nero di Cipro

    SALE-NERO-CIPRO-003



    Il sale estratto per evaporazione dalle acque dell’isola di Cipro ha come caratteristica principale un cristallo a fiocco a forma geometri perfetta di piramide concava. Molto ricco di carbone attivo, che ne denota il colore nero assoluto, oltre ad una particolare salinità e consistenza ha effetti interessanti sulla salute in quanto, il carbone attivo, trova vasto impiego nella medianica tradizionale e alternativa. Il colore inoltre si presta a impieghi scenografici non solo in cucina ma anche nel bere miscelato dove i cromatismi hanno anche una funzione accattivante. Provatelo sul bordo di un margarita al mango, oppure sul pesce bianco o sulle patate dolci fritte.


    Sale grigio di Guérande

    sali


    Raccolto sulla costa atlantica francese, questo sale viene chiamato anche “integrale” o “celtico”, poiché non viene raffinato, ma si ottiene soltanto tramite l'evaporazione nelle saline di argilla. Inoltre viene trattato soltanto con pale in legno, secondo antichi metodi, per non alterarne la purezza. Contiene più di 80 minerali, tra cui spicca il magnesio, che contribuiscono a donargli il tipico colore grigio.
    Ha basso contenuto di sodio, è friabile in bocca e viene spesso abbinato al gusto particolare e ricercato del tartufo.



    Flor de sal dell'Algarve



    Originario delle coste atlantiche del Portogallo, questo sale veniva prodotto con metodi artigianali fin dai tempi dell'Impero Romano. La zona ora è diventato il parco nazionale protetto di Rio Formosa. Ogni 2 o 3 settimane viene raccolta manualmente solo la brina dei giovani sali che si forma sulla superficie delle saline, è la parte più bianca e pura, ricca di oligoelementi. Se ne produce in piccole quantità e forse anche per questo viene definito il “caviale del sale”.
    Si presenta in cristalli di media dimensione e naturalmente bianchissimi. Viene utilizzato per insaporire verdure e carne alla griglia.
     
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  9. gheagabry
     
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    CIBI NEL MONDO....

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    IL SALE DI CANNA


    Nelle aree del Kenya occidentale storicamente escluse dalle principali rotte del sale marino, le comunità locali hanno sviluppato un particolare metodo di estrazione da una pianta acquatica. Le origini di questa tecnica risalgano al XVII secolo – quando la comunità di Bukusu è emigrata dal Congo alla costa orientale. Oggi la produzione di sale di canna è molto limitata a causa della lavorazione, lunga e impegnativa, e l'importazione del sale marino, arrivato in seguito alla colonizzazione inglese. La deforestazione su larga scala ha inoltre causato una riduzione del livello del fiume Nzoia e la riduzione delle aree paludose in cui vive e cresce la pianta usata per il sale. La comunità Bukusu, nel villaggio di Nabuyole del distretto di Webuye, è l’unica che continua a produrre il sale secondo la tecnica antica, che è stata tramandata attraverso i secoli di generazione in generazione
    L’erba muchua è una canna sottile che cresce nelle acque del fiume Nzoia nella stagione secca, da settembre a marzo. Raggiunge un’altezza di circa due metri ed è pronta per la raccolta quando i fiori appassiscono e le foglie più alte sono quasi secche. . Sistemata in fasci sui massi lungo il fiume, si lascia essiccare e poi si brucia a fuoco lentissimo, anche per due o tre giorni. La cenere ottenuta è mescolata con acqua calda, filtrata e bollita. Quando tutto il liquido è evaporato, sul fondo si deposita una purea salata, che viene raccolta, confezionata in foglie di banana ed essiccate sotto la cenere calda per una notte intera. A volte si aggiunge del pepe, dando al sale un aroma speziato.


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    Edited by gheagabry1 - 2/5/2024, 17:14
     
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  10. gheagabry
     
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    IL SALE KALA NAMAK

    kala_namak


    E' anche conosciuto con il nome di sale nero/viola indiano , ha un altissimo contenuto di minerali naturali e oligoelementi (ben 84 tra i quali calcio, potassio, zinco, rame, zolfo e antiossidanti) molto ricco di zolfo ed è considerato il più ricco e completo al mondo.
    E’ un sale dal sapore pungente utilizzato spesso nella cucina indiana. La componente principale è il cloruro di sodio, ma al suo interno sono presenti sali di zolfo, principalmente solfato di sodio, solfuro di ferro e solfuro di idrogeno. Il cloruro di sodio fornisce al Kala Namak il suo gusto salato, il solfuro di ferro conferisce la tonalità viola scuro, e tutti i composti di zolfo sono i responsabili del caratteristico odore e sapore leggermente amarognolo che ricorda le uova sode. Il sale è una salgemma naturale di origine vulcanica. A differenza del sale comune non aumenta il contenuto di sodio nel sangue.

    In cucina è uno dei sali più amati dai Vegani o da chi non può mangiare uova perché può essere utilizzato al loro posto nelle insalate, miscelato al tofu, nelle frittate e nei sandwich.

    Il Kala Namak è utilizzato da millenni nella medicina Ayurvedica, è anche considerato una spezia di raffreddamento; infatti veniva utilizzato per i meteorismi, come digestivo e per il bruciore di stomaco e aiuta la vista.
    I suoi caratteristici colore e profumo sono dati dalla forte presenza di composti ferrosi nel giacimento di provenienza.



    Edited by gheagabry1 - 2/5/2024, 17:11
     
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    SALE DI MALTA


    Saline-vasche



    Il sale maltese è unico nel gusto e molto utile in medicina, ed è un peccato che la sua produzione sia diminuita. Quello che per centinaia di anni è stato considerato un gioiello architettonico maltese viene messo da parte. A Malta e Gozo, ci sono 40 saline. Secondo Pauline Dingli, ricercatrice e autrice, la maggior parte delle Saline di Malta e Gozo sono in ottime condizioni. Tuttavia, molti di loro sono chiusi e non sono più in uso. Di conseguenza, la produzione di sale locale sta diminuendo. Secondo le ricerche che ha condotto in relazione alla produzione di sale nel nostro paese, durante il programma Malta u lil hinn minnha (Malta e lontano da essa), la sig.ra Dingli ha affermato che alcuni buchi attorno alle saline risalgono addirittura all’epoca romana. La ricercatrice ha detto che la produzione delle saline ha raggiunto il suo apice durante l’era dei Cavalieri di San Giovanni ed è stata una delle principali industrie di queste isole per oltre centinaia di anni.

    jgg


    Infatti, il sale maltese è considerato uno dei migliori sali in termini di gusto e qualità, in quanto veniva raccolto direttamente dalle saline e, in breve tempo, si trovava sui nostri tavoli, senza subire alcun tipo di processo. La sig.ra Dingli ha attirato l’attenzione sul fatto che, oltre ad essere usato in cucina, il sale è utile anche nel campo della medicina, in quanto viene usato per gocciolare, negli spray salini e per la cura della pelle. Alla luce di tutto ciò, l’autore ha affermato che è davvero un peccato che Malta abbia una serie di saline ancora sostenibili e sono completamente abbandonate. Speriamo che, tramite questo programma televisivo, la consapevolezza sia aumentata in modo che ci sia un aumento dei coltivatori di sale maltesi per mantenere viva una tradizione che risale ai tempi dei Fenici.

    di Fra Mario Attard

    www.filodirettonews.it/
     
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