ANDREA BOCELLI

biografia, discografia, new, foto, ecc...

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  1. tomiva57
     
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    Andrea Bocelli biografia



    Finalmente, un mito

    Finalmente un mito per il nuovo millennio. Mito, nell’accezione omerica, “parola narrante”, qui fiorita attraverso il canto: puro incanto e forza dirompente, come fu Caruso, Gigli, Del Monaco, Corelli...
    Un mito (del calibro di Andrea Bocelli) non si costruisce a tavolino: a nulla potrebbe il marketing più astuto. Semplicemente, la gente lo “riconosce” e lo elegge, alle latitudini più disparate (e per l’artista inizia l’avventura più grande: sostenere la responsabilità di milioni d’anime che chiedono d’identificarsi nella sua voce per decodificare i loro bisogni più profondi – in primis, di bellezza -).
    Così è accaduto, in un contesto apparentemente livellante (una gara canora, una fiera di canzoni di consumo), eppure – col senno di poi – un luogo azzeccato, anzi perfetto: l’infanzia d’un mito segue un percorso esatto, che supera la fantasia, che rompe gli schemi e costruisce la propria specificità.
    Bocelli canta a Sanremo, e l’universo palpitante che si cela dietro la maschera dell’annoiato telespettatore, lo riconosce e lo elegge. Il suo timbro vocale ammorbidisce il mondo, la sua fama s’incrementa su un’aritmetica esponenziale, al di sopra dell’intero circo mediatico. Perché «se Dio avesse una voce, sarebbe molto simile a quella di Andrea Bocelli» (anche la celebre riflessione di Celine Dion testimonia con chiarezza – e senza retorica – la dimensione mitica dell’artista e la percezione di un dono: quella voce, quella sensibilità, quella dizione, quel colore, insieme malinconico e solare, ineguagliabile a cantare l’amore d’amante o di padre, o carnale, o del cielo).


    La responsabilità del talento

    «Non penso che uno decida di diventare un cantante. Viene deciso per te dalla reazione di coloro che ti stanno intorno. Forse non si dovrebbe dire “ascoltami, voglio cantare per te”, ma se le persone dicono “per favore canta per noi” allora...». Andrea Bocelli ha dovuto fare i conti con un duplice dono, in entrambi i casi totalizzante. Il primo sta nelle superbe potenzialità della voce: un timbro riconoscibile come una firma, diverso da tutti (come per la Callas: impossibile confonderlo, impossibile restarne intoccati), pastoso e potente, versatile al punto da spaziare dal belcanto al furore verista, dal repertorio sacro alla romanza popolare.
    Non sviluppare, non nutrire sino a far germogliare tale rarissima facoltà (attraverso un assiduo affinamento tecnico ed un approfondimento interpretativo), sarebbe stato, agli occhi dell’uomo Bocelli – riteniamo – imperdonabile.
    Il secondo dono è persino più delicato e complesso del miracolo di due corde vocali che seducono le platee del globo: l’avventura umana ha portato Andrea Bocelli – nell’adolescenza – ad una diversa abilità che gli ha precluso la vista. Verosimilmente una privazione che ha incrementato il dilagare d’una sensibilità eccezionale, di una vera e proprio sensitività.
    (Ecco nuovamente il mito, tangibile e vivido: colui che non vede ha il punto di vista più vertiginoso... Basti pensare all’etimologia di “Omero”: ? μη ?ρ?μ, colui che non vede
    Bocelli trasfigura il limite: rende ipertrofiche la sue capacità d’approfondimento del testo, la percezione delle sfumature dell’espressione musicale. Il risultato è un «saper porgere» che abbatte sistematicamente le barriere di repertorio, quelle linguistiche e culturali. Il risultato è anche una quotidianità professionale fatta di voracità culturale e di feroce autocritica, nella ricerca di una perfezione che sfiora l’utopia.

    La forza dell’anomalia di un percorso

    Andrea Bocelli è un cantante lirico. Un raffinato tenore (la cui vocalità unisce il morso inequivocabile del piglio eroico ad una fragranza giovanile da tenore di grazia irrobustito da un timbro insolitamente brunito) che si misura con Verdi piuttosto che con Puccini o Mascagni o Massenet; un artista che studia puntigliosamente la partitura (lo si evince anche dal fatto che non emula i grandi colleghi del passato: Bocelli crea ad ogni ruolo una propria lettura, una propria strada). È un musicista “completo” come s’usa dire di chi ha una solidità di preparazione alle spalle, studi pianistici compresi. Inoltre ha forgiato la propria personalità attraverso approfondimenti umanistici ed una laurea in Legge.
    Talvolta la ristrettezza d’interessi paradossalmente ripaga, mentre viceversa eclettismo, curiosità intellettuale, assenza di pregiudizi, sono forieri – nel colorito ed eterogeneo mondo dei fruitori del melodramma – di diffidenza e fin di sospetto.
    Bocelli, superba voce lirica che il teatro d’opera attendeva da anni, “esplode” come fenomeno planetario interpretando una canzone, sul palcoscenico sanremese. Una anomalia di percorso con potenzialità divulgative strepitose: una ventata d’aria nuova in un ambito – quello lirico – che rischia di dimenticare la propria vocazione popolare, abbarbicato su uno zoccolo elitario quanto mai sdrucciolevole. Una anomalia che per milioni di persone rappresenta motivo di riconoscenza (quanti, grazie alle canzoni interpretate da Bocelli, veri e propri cavalcavia tra musica “di consumo” e musica “classica”, hanno potuto avvicinare il grande patrimonio operistico!). Ma che viceversa non viene compresa da una parte, pur esigua, di quella critica musicale corresponsabile dell’autismo lirico che mette a serio repentaglio la forma d’arte musicale che rappresenta quanto di meglio l’Italia ha saputo produrre negli ultimi quattro secoli. A onor del vero in molti, fra i titubanti campioni del preconcetto (rappresentanti del cosmo operistico che da sempre favoleggia su un passato vocale che non risorgerà... Lo si decretava già nel ‘700, senza dubbio lo si dirà fra cent’anni) si sono via via ricreduti, seguendo l’escalation professionale di Andrea Bocelli, l’espansione del suo repertorio squisitamente lirico, gli esiti teatrali e discografici.
    Andrea Bocelli ha pagato lo scotto di questa sua anomalia di percorso: fosse stato “solo” un cantante lirico, fin da subito sarebbe stato portato in palmo di mano dalla più esigente aristocrazia musicologica. Ma la sua voce è indisponibile a steccati: in ogni angolo del globo risuona in “Time to say goodbye”, mentre in teatro la stessa vibra nei capolavori del melodramma. Genere che proprio in ragione del “fenomeno Bocelli” trova una spinta rigenerante d’inaudita potenza. Grazie al tenore pisano, i riflettori mediatici tornano a ricordarsi dell’Opera e i giovani escono dalla prigione del pregiudizio e dell’inconsapevolezza, scoprendo nel teatro musicale una miniera d’emozioni. Un simile ambasciatore dell’arte lirica, capace di muovere folle oceaniche, di lanciare un genere melodico “cross over” che conta oggi innumerevoli emulatori, di accrescere la percezione del bello in ampie fasce di popolazione, genera – come tutti i veri miti – anche una deriva di snobistica diffidenza. Anche se sempre più esigua, ogni giorno che passa.
    S’incrementa invece, parallelamente alla fama planetaria, la consapevolezza di Andrea Bocelli della funzione culturale e sociale che il suo nome ormai rappresenta: il mito non è fiaba accessoria bensì forza attiva, il mito è ingrediente vitale della civiltà umana.
    Formazione all’antica di un tenore moderno

    ... Ma potremmo dire, viceversa, “la formazione moderna di un tenore all’antica”. Entrambe le definizioni colgono il percorso formativo e professionale dell’astro Bocelli, tenore “moderno ma all'antica” (come lui stesso ama definirsi).
    Moderno ma all’antica come fu senz’altro Puccini, o il miglior Mascagni. Ed è la stessa terra toscana che fu di Puccini e Mascagni che dà i natali ad Andrea Bocelli. Nasce infatti (il 22 settembre 1958) e cresce nella fattoria di famiglia a Lajatico, una comunità rurale molto unita situata fra i vigneti e gli uliveti della provincia di Pisa (nella fattoria si produce ancora oggi dell’ottimo vino apprezzato in tutto il mondo).
    Ai genitori, il merito di aver individuato ed incoraggiato il talento musicale del piccolo Andrea, consentendogli di avvicinarsi allo studio del pianoforte fin dall'età di sei anni. Successivamente la passione musicale si estende al flauto ed al sassofono. Ma è nella voce che Bocelli scopre lo strumento ideale: la linea karmica della sua vita si mostra nel momento in cui è il canto ad imporsi alla sensibilità del giovane musicista...
    È del 1970 la prima vittoria ad una competizione canora: Andrea non ha ancora compiuto dodici anni, quando ottiene la Margherita d'Oro di Viareggio interpretando O sole mio.
    Dopo gli studi effettuati sotto la guida del Maestro Luciano Bettarini (a sua volta, mito della didattica: vertiginosa la lista di cantanti illustri che ha cresciuto, da Fedora Barbieri a Tagliavini, da Corelli a Panerai e Bastianini), Bocelli si avvicina a Franco Corelli. Artista verso il quale Andrea ha una vera e propria venerazione (ricambiata, negli anni, dal grande cantante anconetano). Per pagarsi le lezioni, suona nei locali come pianista di piano-bar, e nel frattempo coltiva una cultura umanistica che sfocia in una Laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Pisa (dottorato reso operativo, lungo un anno di attività forense come Difensore d’Ufficio).
    Proprio a seguito della partecipazione ad un corso di perfezionamento a Torino tenuto da Corelli, Andrea Bocelli ha la possibilità – nel periodo che lo vede decollare nella pop music, scoperto da Caterina Caselli e dalla sua etichetta “Sugar” – di debuttare sulla scena lirica nel 1994 nel Macbeth di Verdi (ruolo di Macduff) diretto da Claudio Desderi e fatto circuitare a Pisa, Mantova, Lucca e Livorno. Per Natale è invitato a cantare Adeste Fideles nella Sala Nervi in Vaticano, al cospetto del Papa. Mentre il 28 dicembre dell’anno precedente Andrea debuttava nel mondo della musica classica, in un concerto al Teatro Romolo Valli di Reggio Emilia.
    Non più le aule del tribunale, non più i tasti del pianobar: è l’inizio d’una ascesa folgorante, Bocelli trova il palcoscenico. Anzi il palcoscenico trova Bocelli, e non lo lascerà più.

    Con te partirò...

    Ha del prodigioso, il doppio binario su cui corre la carriera del tenore Andrea Bocelli.
    1996: la melodia della canzone Con te Partirò (e poi il suo arrangiamento in duetto con Sarah Brightman, Time to say Goodbye) viene intesa in ogni angolo del globo: ovunque si inizia a parlare di “fenomeno Bocelli”, un artista la cui irruzione nel mondo discografico –con un album intitolato Romanza- sbaraglia i record di classifica.
    In Germania, ad esempio, il duetto rimane per quattordici settimane consecutive al primo posto della classifica, vendendo oltre tre milioni di copie e divenendo il singolo più venduto di tutti i tempi.
    Parallelamente il cantante imposta il proprio percorso lirico, dosando il repertorio secondo un’oculata ed insieme coraggiosa e lungimirante progettualità di gestione del mezzo vocale.
    È la Sardegna (un teatro audace quale quello di Cagliari, che in quegli anni riesce ad imporsi con produzioni intriganti ed a volte eccentriche, ma di grande qualità ed impatto mediatico) ad accogliere i primi concerti interamente operistici di Andrea Bocelli. A seguire, Torre del Lago Puccini, dove nell'estate del 1997 il tenore esegue pagine da Madama Butterfly e Tosca, ma anche l'aria “dei 9 do” da La fille du régiment bissata a furor di popolo.
    Nel 1998, un nuovo debutto, un nuovo cimento importante per la maturazione scenica e vocale dell’artista. Questa volta Andrea copre il ruolo di protagonista: è Rodolfo – accanto a Daniela Dessì - ne La Bohème di Puccini in scena a Cagliari sotto la direzione di Steven Mercurio. Nello stesso anno, l’incontro con il M.° Zubin Mehta ed una prima collaborazione finalizzata ad un grande concerto a Tel Aviv. Il celebre direttore d'orchestra è entusiasta delle doti di Bocelli, e lo dichiara più d’una volta in pubblico, magnificando la musicalità, la preparazione ed il gusto del tenore toscano.
    Nel 1999 è l’Arena di Verona ad accogliere per la prima volta Andrea Bocelli (ospite nel Galà della Vedova Allegra di Léhar diretta da Anton Guadagno), applaudito da diciottomila spettatori dopo il re bemolle sopracuto di Tu che m'hai preso il cuor ed il Brindisi di Traviata con Cecilia Gasdìa. In ottobre, il debutto statunitense nel Werther di Massenet, a Detroit, con Steven Mercurio sul podio e Denyce Graves nella parte di Charlotte. È l’anno, il 1999, in cui Andrea riceve una nomination come “Best New Artist” ai Grammy Awards, diventando il primo artista classico a ricevere questo onore in trentotto anni. È l’anno in cui viene pubblicato l’album Sogno, all’interno del quale Andrea regala un’ineguagliabile interpretazione in duetto con Céline Dion del brano The Prayer, già vincitore del Golden Globe Award come Miglior Canzone Originale e successivamente candidato agli Oscar.
    Da questo momento il mito di Bocelli, supportato da un enorme successo discografico, cresce a dismisura. I suoi concerti vedono alternarsi sul podio mostri sacri quali Lorin Maazel (tour classico nel 1999, a Monaco, e Requiem di Verdi a Verona nel 2000 e a Monaco nel 2001), il Seiji Ozawa (a Monaco nel 2000), Valerij Gergev (Requiem di Verdi inciso a Londra nel 2000) e Zubin Mehta. Da sottolineare inoltre l’intenso rapporto di collaborazione che lega Bocelli con Myun Whun Chung, direttore dell'Orchestra dell'Accademia Nazionale di S. Cecilia di Roma.
    Nel gennaio del 2001, debutto in scena – al Filarmonico di Verona – con Amico Fritz di Mascagni, ruolo particolarmente adatto ai mezzi vocali di Bocelli. Il 28 ottobre dello stesso anno è a New York, “Ground Zero”, su invito del sindaco Rudolph Giuliani, e canta l’Ave Maria di Schubert dinnanzi al mondo nel corso del “Memorial” per le vittime dell’11 settembre.
    Nell'estate del 2002 , debutta nel ruolo di Pinkerton in Madama Butterfly a Torre del Lago. Dopo ulteriori successi discografici e riconoscimenti internazionali (a titolo di esempio, nel 2002 riceve due World Music Awards a Monte Carlo: “World best selling classical artist” e “Best selling Italian artist”; gli viene assegnato inoltre il Premio Luciano Cirri a Roma per il suo contributo alla diffusione della cultura italiana nel mondo, e per la stessa ragione, il Premio Caruso a settembre a Sorrento; in ottobre a Londra, riceve il National Music Award e in dicembre il premio “Best of the World” agli American Music Awards) Bocelli debutta – nel 2004 – il ruolo di Cavaradossi nella Tosca allestita al Festival di Torre del Lago Puccini. Prosegue, assiduo, il contatto diretto con la scena operistica (è protagonista del Werther al Teatro Comunale di Bologna) e con le grandi platee concertistiche. Nel frattempo cresce, significativamente, la sua discografia classica. Perché al di là dell’eco del successo planetario che si è ormai consolidato in dato “storico”, il mito segue (come già segnalato) un percorso esatto, ed è lampante quando sia giunto il momento – pervenuto l’artista a pienezza di mezzi vocali e di scavo interpretativo – di fissare, archiviare, riporre sugli scaffali del tempo, lasciare memoria e testimonianza viva a chi dopo verrà.

    L’essenziale (invisibile agli occhi)

    È l’esistenza tutta ad essere messa in gioco, nella folgorante massima di Antoine de Saint-Exupery (da Le petit prince) che ricorda come «non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi». Bocelli, curioso, appassionatamente attivo e tenacemente positivo nei confronti della vita, conosce profondamente il segreto di questa riflessione letteraria... Una frase che spiazza, nella sua vertiginosa e lineare verità.
    L’essenziale, nella sfera professionale di un tenore, anche in questo caso è invisibile agli occhi. È nella discografia sotto la firma di etichette importanti a livello internazionale (Sugar Music con licenza dapprima a Polydor, poi a Philips Classic e successivamente a Decca Music e Universal Music) che si misura la carriera di un artista. E nel caso di Bocelli, è nell’incisione discografica che viene garantita la perenne attualità della sua voce, per le generazioni a venire. Come fece Caruso dall’inizio del secolo, così Bocelli al principio di millennio.
    Il primo cimento discografico “classico” risale al 1997 e s’intitola Viaggio italiano. Un progetto di Caterina Caselli Sugar realizzato con la Moscow Radio Symphony Orchestra sotto la direzione di Vladimir Fedoseyev. Nel booklet si legge: «il tenore Andrea Bocelli in un concerto di celebri Arie d’Opera e Canzoni classiche, un viaggio immaginario nel mito del Melodramma e dell’Opera italiana, unico vero patrimonio culturale della grande Emigrazione di massa in Nord America. Questo disco è un omaggio al ruolo – decisivo – dell’Emigrazione italiana in Nord America nella salvaguardia e diffusione della tradizione musicale italiana nel mondo. Un omaggio e un riconoscimento culturale per i milioni di emigranti che hanno tenuto viva e diffuso nel Nuovo Mondo una delle più importanti eredità culturali italiane: l’Opera, il Melodramma, il Bel canto e, più in generale , la tradizione melodica e la canzone popolare italiana (...)». Da Puccini a Schubert, da Verdi a Donizetti (Nessun Dorma, Ave Maria, La donna è mobile, Una furtiva lacrima e molte altre), con una piacevole coda di classici napoletani eseguiti magistralmente. Nonostante ciò, l’autocritica feroce del M° Bocelli partorisce una postilla: «Mi scuso di cuore con tutti i napoletani per il mio accento, ma – in virtù dell’amore che nutro per la loro lingua – spero di essere perdonato. Spero di migliorare al più presto la mia dizione. Con affetto».
    Nel 1998 viene pubblicato Aria – The Opera album, con l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Gianandrea Noseda. La vocalità di Bocelli allarga le proprie potenzialità in diciassette strepitose arie del grande repertorio.
    All’alba del nuovo millennio, un cd interamente dedicato ad Arie Sacre, con l’Orchestra e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Myung-Whun Chung (realizzato nel 1999). Pagine «composte per esaltare la grandezza di Dio e celebrare la sua gloria» scrive Bocelli, in merito ad un album «fortemente desiderato e voluto». La forza spirituale dei brani viene esaltata dalla vocalità di Bocelli.
    «Il canto non è “bel canto” se non produce incanto» sottolineerà anni dopo il tenore toscano, con la sua tipica intensa semplicità, nel corso di una intervista televisiva. Il suo omaggio discografico alla cristianità resta uno dei suoi prodotti artistici più luminosi e vibranti. Arie Sacre diventa l’album classico più venduto mai pubblicato da un artista solista. Bocelli si guadagna un posto nel Libro del Guinness dei Primati, conquistando contemporaneamente la prima, la seconda e la terza posizione nelle classifiche americane della musica classica e restando in vetta di settimana in settimana, per quasi tre anni e mezzo.

    Una voce per il nuovo millennio

    Nel 2000, una nuova tappa fondamentale nella carriera discografica di Bocelli: La Bohème di Puccini, con un podio d’eccezione, Zubin Mehta, alla guida dell’Orchestra Filarmonica d’Israele. Nella parte di Mimì, Barbara Frittoli.
    Il ruolo di Rodolfo, Andrea Bocelli l’aveva già avvicinato nel 1998 (teatro di Cagliari), suscitando il lusinghiero commento del suo Maestro, Franco Corelli: «Andrea è un tenore lirico con una voce di rara bellezza, il suo senso del romanticismo e delle melodia esalta l’essenza stessa del Rodolfo bohèmien».
    Si tratta di «musica dei sentimenti, delle passioni e delle lacrime», come la definisce lo stesso Andrea Bocelli, che trova un Rodolfo appassionato e vicino ad un qualunque ragazzo d’oggi... Un colosso dell’interpretazione del calibro di Zubin Mehta, così si è espresso sull’innata musicalità di Andrea, al termine dell’incisione: «Riesce a cogliere il mio ritmo interno. Se eseguo una frase, non appena percepisce che mi sto allargando, mi segue».
    Sempre sotto la bacchetta del M° Mehta, il principio del millennio festeggia inoltre l’uscita dell’album Verdi (questa volta con il Coro del Maggio Musicale Fiorentino e la Israel Philarmonic Orchestra), dove Bocelli si cimenta con alcune fra le più note arie dei capolavori verdiani, da Di quella pira da Il Trovatore a La donna è mobile da Rigoletto, da Ma se m’è forza perderti da Un ballo in maschera a Quando le sere al placido dalla Luisa Miller.
    Nel 2001 è la volta del Requiem di Verdi, in una incisione che può contare su un cast formidabile, a partire dal podio di Valere Gergiev. Insieme a Bocelli, Renée Fleming, Olga Borodina e Ildebrando D’arcangelo.
    Nell'autunno del 2002 Andrea Bocelli unisce le proprie energie a quelle di un altro grande podio: il M.° Lorin Maazel, insieme al quale realizza un progetto discografico particolarissimo: si tratta di Sentimento, collezione di brani romantici di compositori del calibro di Tosti, Liszt, Denza, Gastaldon, arrangiata per orchestra dal M° Maazel, che si è esibito anche come sopraffino strumentista, quale violino concertante, insieme alla voce di Bocelli. Un enorme successo per il quale Andrea riceve ai “Classical Brit Awards” del 2003 una duplice nomination, vincendo entrambi i premi per “Album of the Year” e “Best Selling Classical Album of the Year”.
    Andrea Bocelli “Stradivari” del canto: «La voce di Andrea – sono parole di Lorin Maazel – ha una qualità particolare e forse il violino che suono, un antico Stradivari, con la sua sonorità profonda e sensuale, è particolarmente adatto a questo repertorio. Secondo me l’abbinamento delle due voci, quella del violino che ho il piacere di suonare e quella dello strumento naturale di Andrea, crea un’interazione straordinaria… molto vivace, intensa e appassionata».
    Pubblicata nel maggio 2003, Tosca di Giacomo Puccini, la seconda opera completa che Andrea Bocelli incide sotto la direzione di Zubin Mehta. Nella parte di Floria Tosca, Fiorenza Cedolins, che così commenta l’esperienza: «Andrea è veramente una persona straordinaria. Mi ha colpito sin dal primo momento per la chiarezza e spontaneità con le quali affronta anche le questioni più delicate che molti cantanti tenderebbero ad evitare. Mi riferisco al modo estremamente franco e sincero che ha di discutere tecniche vocali, espressioni e collocamento».
    Zubin Metha, parlando dell’evoluzione vocale di Bocelli, ha sottolineato come nel ruolo di Cavaradossi il cantante abbia trovato nei “centri” sonorità «quasi di un baritono, mentre le sue note alte sono divenute molto più piene». Nella primavera 2004 viene pubblicato Il Trovatore inciso al “Bellini” di Catania nel 2001 sotto il podio di Steven Mercurio. Accanto a Bocelli, Veronica Villarroel, Carlo Guelfi, Carlo Colombara.
    Le mete recenti sono se possibile ancora più appassionanti. Vere e proprie sfide vocali, affrontate con la pienezza interpretativa di un artista ormai maturo. Come il Werther, sul mercato discografico a partire dalla primavera 2005: l’incisione è “filiazione” di un allestimento realizzato al “Comunale” di Bologna (firmato Liliana Cavani e Dante Ferretti), con Yves Abel sul podio: un Werther «lontano da toni smielatamente melodrammatici», come lo stesso tenore sottolinea. Il protagonista del capolavoro di Massenet è tornito da una nuova, catturante, umanità (molto apprezzata dalla critica internazionale). Andrea Bocelli, con ottima dizione francese, sottolinea il percorso psicologico del personaggio, dalla baldanzosa passionalità iniziale ai colori sfumati ed alla vulnerabilità del finale.
    Alla fine del 2006 la discografia lirica di Andrea Bocelli si arricchisce di due pietre miliari del verismo: Pagliacci di Leoncavallo e Cavalleria Rusticana di Mascagni, entrambe dirette da Steven Mercurio.
    Avvezzo a superare barriere apparentemente invalicabili, forgiato sullo scoglio di una diversa abilità che diventa abilità superiore, Andrea Bocelli allarga il proprio repertorio attraverso sfide sempre nuove, non disdegnando di frequentare parallelamente, con giusta parsimonia, anche il genere cross-over melodico. Tra le ultime fatiche operistiche, che presto troveranno posto nella discoteca globale, un ruolo turgido quale quello di Andrea Chénier, nell’omonimo capolavoro di Umberto Giordano (accanto a Carlos Álvarez e Violetta Urmana), e finalmente la più scabrosa e trascinante storia d’amore della lirica di tutti i tempi, Carmen di Bizet, nella direzione di Myung Whun Chung.
    «Più mi addentro nel canto, meno comprendo. So solo che Dio mi ha dato una voce che mi permette di esprimere quello che provo, e in questo senso credo di poterla definire una voce riconoscibile»... La vera grandezza di un artista si misura anche dalla sua umiltà, nonostante la fama planetaria e la consapevolezza della funzione culturale e sociale che il suo nome rappresenta. Finalmente un mito degno dell’ingombrante appellativo. Finalmente una voce per il nuovo millennio.

    Giorgio De Martino







    Musica è
    guardare più lontano
    e perdersi in se stessi
    la luce che rinasce e coglierne
    i riflessi
    su pianure azzurre si aprono
    su più si i miei pensieri spaziano
    ed io mi accorgo che
    che tutto intorno a me, a me
    musica è.
    la danza regolare di tutti i tuoi
    respiri su di me
    la festa dei tuoi occhi
    appena mi sorridi
    tu e il suono delle labbra tue
    tu sempre di più
    quell’armonia raggiunta in due
    ti ascolterò perché
    sei musica per me, per me

    Musica è...
    Musica è...
    Musica è...
    Musica è...
    Musica è...
    Musica è...
    Musica è...
    Musica è...

    Io sento ancora
    le voci della strada
    dove son nato
    mia madre quante volte mi avrà
    chiamato
    ma era più forte il
    grido di libertà
    e sotto il sole
    che fulmina i cortili
    le corse polverose dei bambini
    che di giocare non la smettono più
    io sento ancora cantare in dialetto
    le ninne nanne di pioggia
    sul tetto
    tutto questo per me
    questo dolce arpeggiare
    è musica da ricordare
    è dentro di me... fa parte di me...
    cammina con me

    è
    Musica è
    l’amico che ti parla
    quando ti senti solo
    sai che una mano puoi trovarla
    è
    Musica è
    da conservare,
    da salvare insieme a te.

    Senti!
    Più siamo in tanti
    e più in alto sale
    un coro in lingua universale
    dice che dice che
    anche del cielo han
    bucato la pelle
    lo senti
    è l’urlo delle stelle
    forse cambierà
    nella testa della gente
    la mentalità
    di chi ascolta ma non sente
    prima che il silenzio
    scenda su ogni cosa
    quel silenzio grande
    dopo l’aria esplosa
    perché un mondo senza musica
    non si può neanche immaginare
    perché ogni cuore anche
    il più piccolo
    è un battito di vita e d’amore che

    Musica è
    Musica è
    Musica

     
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