Liguria ... Parte 3^

MAESTRI D’ASCIA..LA PIETRA DOLCE..COLLINE SOTTOVETRO..LA STRADA DEL VINO E DELL’OLIO..

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  1. tomiva57
     
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    RIVA LIGURE



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    Riva Ligure, borgo marinaro con le case del nucleo storico costruite quasi sulla spiaggia, fa parte del cosiddetto “feudo” di Villaregia, che comprende il territorio della Valle Argentina orientale, quello della Valle del San Lorenzo e arriva, a nord, al Monte Faudo (1149 m.). A separare Riva da Santo Stefano al Mare è il torrente Santa Caterina; la località si estende su una costa di poco più di due chilometri e la parte nuova è stata edificata verso l’interno e quindi Pompeiana. Il toponimo “Villa Regia” (ovvero “Città del Re”) fu usato per la prima volta dai Franchi nell’800 e rimase poi a designare l’area compresa nel feudo retto dai Benedettini (che avevano il convento a Santo Stefano) dall’XI al XIV secolo. Villa Regia fu assorbita dalla Repubblica di Genova nel 1353. Nella prima metà del XIV secolo Taggia, Arma, Bussana e Riva divennero un unico comune. Ripa Tabiae (o Ripa Sancti Stephani) prese consistenza con il declino del monastero. Nel 1551 subì una durissima incursione piratesca, che la mise in ginocchio e impedì ogni progetto di indipendenza da Taggia, a cui rimase legata fino al 1797 come scalo marittimo (poi sostituita da Arma). Per quanto riguarda le attività agricole, l’olivicoltura fu praticata dal XVII secolo fino alla Prima Guerra Mondiale (quando gli albero furono abbattuti per farne legna da ardere); nel Cinquecento i vigneti locali davano un vino particolarmente pregiato; gli agrumeti furono coltivati intensamente fino al XIX secolo. Poi, come avvenne in tutta la zona, vi fu la scoperta della floricoltura (crisantemi, lilium, garofani). L’acqua necessaria per l’irrigazione era estratta da polle sotterranee grazie alle numerose noje (resta un pozzo pubblico in via Giardino). All’inizio dell’800 i circa 700 abitanti di Riva Ligure (l’appellativo “Ligure” fu aggiunto con la proclamazione del Regno d’Italia) erano dediti all’agricoltura o al trasporto con l’impiego di muli. Molti furono gli emigranti (specie in Francia e nelle Americhe), ma in compenso nuovi abitanti giunsero da Abruzzo, Calabria e Piemonte. Oggi il Comune conta circa tremila abitanti. Tra i cittadini illustri si ricorda Francesco Pastonchi (Riva Ligure, 1877 – Torino, 1953), poeta, romanziere, giornalista e docente all’Università di Torino.

    MONUMENTI E MANIFESTAZIONI

    Il nucleo cittadino – come è tipico dei borghi ponentini – è disposto attorno ad un lungo e stretto asse viario parallelo alla spiaggia. Il lungomare è ricco di palme, presenti anche nelle spiaggette. Da ammirare Borgo Torre e piazza Ughetto, con la torre cinquecentesca. Il Municipio (ex palazzo dei Marchesi Carrega), l’oratorio di San Giovanni Battista e la Parrocchia di San Maurizio (con il caratteristico sagrato di ciottoli di mare) si trovano lungo via Nino Bixio. San Maurizio si presenta con un’unica navata e otto cappelle. I resti del convento benedettino delle Grange sono visibili a nord dell’Aurelia ai piedi dell’omonimo monte. La chiesa, che, col tempo, venne inglobata nell’abitato, è oggi il Santuario della Madonna del Buon Consiglio. Forse esisteva già dal 1049, ma la navata, l’abside e i contrafforti esterni risalgono al Quattrocento. Sulla parete esterna a destra vi è la tomba del poeta rivese Francesco Pastonchi, ricordato anche in un’iscrizione sul palazzo comunale.

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    La Madonna del Buon Consiglio è festeggiata nell’ultima domenica di aprile, mentre il 22 di settembre si celebra San Maurizio. Tra le manifestazioni si segnalano una gara nazionale di pesca sportiva e una sagra dedicata al pesce, il concorso dei Fiori d’Estate, la sagra della zucca. Tra gli sport, oltre alla pesca sportiva e alla nautica in generale, è possibile praticare il calcio, il pallone elastico, ciclismo e mountain bike. La vita di Riva Ligure oggi è legata essenzialmente al turismo e più volte questa località ha ottenuto la Bandiera Blu, a testimonianza della qualità del suo mare.

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    ROCCHETTA NERVINA



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    Rocchetta Nervina è un ridente borgo medievale che si adagia sul pendio del monte Terca alla confluenza tra il Rio Oggia e il torrente Barbaira. E’ situato nell’interno della Val Nervia, ove finisce la strada carrozzabile che giunge da Ventimiglia e, data la sua modesta altitudine (225 metri s. l. m.) e la vicinanza dalla costa (13 km), presenta i connotati ideali della località che gode dei migliori benefici climatici della Riviera, restando contemporaneamente lontana dal rumore, dal traffico e dalla cementificazione.

    L’abitato offre un ambiente dal sapore lontano caratterizzato da tipici “caruggi” liguri, dalle spesse mura di pietra delle vecchie case e dal magnifico ponte a schiena d’asino di epoca romana. Inoltre, un’economia ancora fondata sull’olivicoltura, sulla floricoltura e sulla viticoltura contribuisce a rendere l’atmosfera semplice e genuina. Agli amanti del camminare e della tranquillità, Rocchetta Nervina offre l’opportunità di dimenticare l’automobile, poiché, oltre ad una visita a piedi nel cuore del suo centro storico è possibile approfittare di un gran numero di escursioni pedestri verso i borghi vicini o nei circuiti naturalistici avvalendosi della presenza sul territorio di rifugi aperti e custoditi. Rocchetta Nervina, infatti, è il vero crocevia tra l’Alta Via dei Monti Liguri, che giunge dalla Liguria di Levante in quota, e il sentiero Balcone, che collega Sanremo con Mentone e Nizza.

    Chi viene a Rocchetta Nervina nei mesi estivi, inoltre, non può perdere l’occasione di un tuffo tonificante nelle acque fresche e cristalline dei “laghetti” o almeno di una camminata lungo i torrenti, totalmente immersi in un paesaggio da fiaba.


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    L’attrezzatura ricettiva è composta da ottimi ristoranti, sia nell’interno del paese sia nei vicini dintorni, che garantiscono tutto l’anno le specialità gastronomiche locali: il coniglio alla rocchettina, lo stufato con capra e fagioli, il cinghiale in umido e le bugie dolci. La Pro Loco del paese organizza durante tutto l’anno simpatiche feste paesane eno–gastronomiche concentrate soprattutto tra luglio e i primi di settembre. Per trascorrere al meglio una vacanza rilassante di più giorni si può scegliere tra svariate formule che vanno dal grande albergo dotato di ogni confort alla calda ospitalità di un agriturismo immerso nel verde.

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    La storia

    Sul monte Abellio, che prende nome da un dio celto-ligure, sono venuti alla luce reperti che rivelano un'origine addirittura preromana di Rocchetta Nervina.
    Nei pressi della località non mancano comunque significativi reperti di epoca romana, quando il sito divenne sede di strutture prediali, cioè di vere e proprie aziende agricole amministrate da servi e coloni: un segno di importante vita di relazione in epoca imperiale romana, per esempio, è stato dato dal ritrovamento di un buon numero di monete romane di varia epoca tra cui si notano i tardi costantiniani ed alcune monete degli imperatori Gordiano II e III.
    Il fondo ligure-romano più significativo dell'area di Rocchetta Nervina è tuttavia da identificare nella località Oggia (nell'area che va sino al torrente che vi scorre per congiungersi al rio Barbaira: vi si è comunque identificata una bellissima coppella cerimoniale d'influsso celtico – diametro di 14 centimetri, profilo di 7 – nelle vicinanze di una cascatella d'acqua talora inghiottita – fenomeno usuale per basi sacrali preromane – da un fenomeno carsico) dove si trova un bosco con campi gerbidi, vigneti e qualche casolare isolato.
    Rocchetta con il ponte nuovo Dal nome medievale del sito (in un atto del 1356), che alterna le forme Ogia e Ogiani, si risale infatti con facilità a quello ligure di persona Obios e, quindi, agli esiti romanizzati Obienus e Obellius: del resto, in occasione di alcuni lavori di ripascimento agricolo sul campo, si scoprirono in questa zona vari reperti romani tra cui i frammenti di un'anfora (questa zona e comunque tutto il territorio rocchettino, specialmente per gli itinerari che lo mettevano in contatto con Pigna e Dolceacqua, godettero di una continuata visitazione umana.

    Peraltro i ruderi di edifici cristiani, come quelli d'una chiesetta d'origine monastica intitolata a Santa Lucia, rafforzano tale affermazione e l'idea che, in prossimità di vecchi insediamenti romani, specie in vicinanza delle strade, siano stati eretti edifici religiosi d'importanza non solo spirituale ma anche viaria, come luogo di ricovero per i pellegrini che, lungo queste vie alpestri, si spostavano per la valle del Nervia, magari discendendo dal Basso Piemonte alla costa – peraltro da Rocchetta un tragitto pur aspro collega con la valle del Roia – o, al contrario, risalendo a nord, con l'Oltregiogo).
    In epoca medievale le prime notizie documentabili si trovano invece entro un manoscritto del 1186, dove il borgo fortificato è denominato Castrum Barbairae, essendo bagnato dal Rio Barbaira. In quell'anno un'insurrezione degli abitanti costrinse Enrichetto dei conti di Ventimiglia , signore anche di questo luogo, a rifugiarsi nel castello, dal quale venne cacciato però, più tardi, definitivamente.
    Dal 1348 al 1378 Imperiale Doria, signore di Dolceacqua vantando diritti su Rocchetta, ribelle alle sue tante ingiustizie, diede inizio ad un periodo di rappresaglie, incendi e scorrerie devastatrici che sorpresero senza difese gli abitanti del borgo, il quale fu poi dato alle fiamme.
    Rocchetta e il suo giardino Rocchetta, poi villa del vasto comune di Saorgio, ebbe però sempre vita travagliata sino a quando non passò sotto il dominio dei Savoia nel '400, come si vuole evidenziare nello scudo sabaudo posto sotto il tabernacolo in pietra, ornante la porta laterale della chiesa parrocchiale di Santo Stefano.

    Successivamente venne concessa quale Comitato ai Doria, ormai vassalli dei Savoia e in tale stato rimase prima di raggiungere l'autonomia alla fine del XVIII secolo quando divenne libero comune della Repubblica Ligure, quindi del regno di Sardegna (dopo il 1815), e ancora del Regno d'Italia (1861).

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    Luoghi e monumenti

    Agli amanti del camminare, della natura e della tranquillità, Rocchetta offre l'opportunità di dimenticare l'automobile, entrando nel suo borgo medioevale e percorrendo a piedi i suoi carrugi.
    Rocchetta vista dal ponte nuovo Ma il paese permette anche di compiere un gran numero di escursioni verso i borghi vicini, oppure dei circuiti. E sono possibili gite più impegnative, anche di più giorni, avvalendosi della presenza, sul territorio, di rifugi aperti e custoditi.

    Vero crocevia fra l'Alta Via dei Monti Liguri, che giunge dalla Liguria di Levante in quota, e il sentiero Balcone, più basso, che collega Sanremo con Mentone e Nizza, Rocchetta offre, agli escursionisti, due possibilità di sosta, entrambe sull'Alta Via: il rifugio Paù a 1063m, con 36 posti letto, aperto e custodito dal 15 giugno al 15 settembre, oppure chiavi verso gli altri rifugi, e il rifugio di Testa d'Alpe a 1457m con 4 posti letto e chiavi presso i rifugi limitrofi sull'Alta Via.

    Entrambi i ricoveri sono stati appena inaugurati, nel maggio 1995, e si trovano in posizione estremamente panoramica. Il monte Abellio 1016m, e il monte Morgi 819m, delimitano Rocchetta rispettivamente ad ovest e ad est, e convogliano nelle vallate del Barbaira e dell'Oggia, punteggiate da cascatelle e innumerevoli ponti, acque limpide e fresche, lungo le quali è possibile percorrere numerosi e vari itinerari.

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    La cima di Testa d'Alpe 1578m, posta sullo spartiacque con la valle del Roia, chiude la vallata occidentale con un paesaggio decisamente alpino costituito da conifere e praterie. Un lago del rio Barbaria

    Così, con una passeggiata di poche ore, è possibile portarsi dall'orizzonte mediterraneo, fatto di cisto, lentisco e leccio, ad ambienti via via più montani, passando gradualmente dalla roverella al castagno, al pino silvestre, all'abete bianco.
    L'abitato conserva un perfetto impianto difensivo a cortina ed è collegato alle strade d'accesso per mezzo dei due ponti a schiena d'asino: mentre del castello comitale rimangono, invece, solo alcune rovine.

    Alla confluenza dei torrenti Oggia e Barbaira si trova invece un grande arco romano: risultano comunque interessanti anche la chiesa parrocchiale, dedicata a Santo Stefano, l'oratorio della Santissima Annunziata, recante il motto sabaudo Fert sul cornicione, e le belle chiese campestri.


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    San Bartolomeo al Mare



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    San Bartolomeo al Mare è adagiato lungo la costa, a levante da Imperia. Si può raggiungere in breve tempo con l’autostrada (casello omonimo), con la linea ferroviaria e le linee autobus e anche dall’aeroporto di Villanova d’Albenga. Situato in una posizione climatica davvero felice, San Bartolomeo al Mare è una tipica località ligure in grado di offrire mille volti che cambiano durante l’anno e capace di soddisfare le esigenze di ragazzi (discoteche e divertimenti della bella spiaggia sabbiosa), delle famiglie e dei meno giovani, grazie alla piacevole e rilassante passeggiata. La parte più attrezzata si è sviluppata recentemente sulla sponda sinistra del Torrente Steria, in una zona pianeggiante tra la via Aurelia e il litorale. Camminando per i viali si incontrano numerose aree verdi con pini, gerani, bouganville, mentre dai giardini si possono sentire profumi i profumi degli alberi da frutto. Immancabili gli uliveti: una cittadina balneare come San Bartolomeo ne conserva 300/400 ettari. Moltissime le specie vegetali che si incontrano, così come gli esemplari di animali e soprattutto uccelli marini tipo berte, sule, gabbiani e, in migrazione, rondini di mare. La spiaggia consentono attività sportive diverse che vanno dagli sport nautici (vela, windsurf) al beach volley, mentre sulla “terraferma” trovano posto campi da tennis, da calcio, da bocce e pallavolo, piscina e spazi per esercitarsi al tiro con arco. C’è poi il nuovo porticciolo turistico che sta consolidando la propria operatività, in grado di offrire diversi servizi alle imbarcazioni. Senza dimenticare una bella nuotata nel mare pulito (i moli frangono l’impatto delle onde e l’acqua bassa è una sicurezza in più per i bambini) o una bella escursione nel verde (a piedi, in bici o a cavallo). In mare si pescano orate, spigole, muggini e triglie. La cittadina si anima di turisti accolti nelle numerose strutture ricettivo-alberghiere presenti nella zona. Spazio alla buona musica, invece, grazie ai numerosi concerti che si svolgono presso i Giardini della Pace, accanto al Lungomare, e sul sagrato della Chiesa della Madonna della Rovere (manifestazione la “Rovere d’oro”). In questo ambito è importante la rassegna “Musica e Teatro”, organizzata dal Comune con l’Arci Nuova Associazione, coniugando le migliori voci del teatro e la canzone d’autore. A Ferragosto, la sfilata notturna delle barche.

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    STORIA DI SAN BARTOLOMEO AL MARE. Due sono i nuclei originari, sorti distanti tra loro dietro la via Aurelia. Il borgo della Rovere si trova sulla costa a ponente e il ritrovamento di reperti in ceramica fanno risalire la data di fondazione all’epoca romana. Meno antico il nucleo di San Bartolomeo, situato nei pressi dell’autostrada. La storia di S.Bartolomeo al Mare segue quella della zona di Diano con la quale confina strettamente. Dalla fondazione di Marsiglia (600 a.C.), i Greci cercarono sempre più di rafforzare la pressione sulla Liguria occidentale benché non siano andati oltre Monaco. I Liguri Intemeli, abitanti la costa, opponevano una tenace resistenza anche se dovevano affrontare contemporaneamente le mire dei Liguri montani. Il culto principale era legato a Belenus, dio del fuoco cui erano consacrate le feste di maggio (purificazione del bestiame). Al tempo prolificarono i “castellari”, fortificazioni strategiche sui poggi, e gli “oppida”, dove stavano i governanti. Dal 300 a.C. cominciarono le scorrerie celtiche; durante le guerre puniche, il territorio si schierò dalla parte dei Cartaginesi nemici dei Romani, a loro volta alleati dei Greci. Nel 13 a.C. grande impulso ebbe il progetto della via Julia Augusta che portò allo sviluppo della “mansio” di Diano, le cui estensioni sono ancora rintracciabili presso il Santuario di Ns della Rovere a San Bartolomeo al Mare.

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    Con la decadenza dell’Impero romano, la costa imperiese cadde sotto le invasioni barbariche e le scorrerie saracene. Attorno all’anno Mille, per il terrore della fine del mondo si susseguirono le donazioni agli ordini religiosi e si crearono feudi sotto i vescovi. Dalla fine del ‘400 si consolidò la pesca del corallo, tanto che un secolo dopo nacque l’ “Impresa di Bosa” (dall’autorità sarda) tra Cervo, Diano e San Bartolomeo al Mare che costituivano una “barcarezza”, flottiglia di barche scortate per precauzione contro i pirati. Tra le imbarcazioni la tartana, il leudo, la polacca, la gondola, la feluca, il cutter, la lombarda. Nei secoli si alternarono la Repubblica di Genova e il Piemonte, poi la dominazione napoleonica e il ritorno al Regno d’Italia. Nel 1891 la popolazione residente era di 993 abitanti. Tutto l’imperiese, infine, soffrì la tragedia della Seconda Guerra mondiale.

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    ARTE E CULTURA A SAN BARTOLOMEO AL MARE. San Bartolomeo città turistica e città d’arte. Soprattutto le Chiese meritano attenzione da parte del turista. Il Santuario della Madonna della Rovere vanta un sagrato in ciottoli bianchi e neri, tipici dell’architettura ligure. All’interno tre navate separate da pilastri poligonali; tra le bellezze custodite una statua della Madonna, un Crocifisso ligneo (XV secolo), alcuni pannelli di un polittico ‘500 e una tavola della Madonna con il Bambino Gesù. Ogni pezzo ha una sua leggenda. La statua della Madonna sembra sia il risultato della trasformazione operata dalla Vergine su un bastone per indicare a un pastore di Rollo dove edificare il Santuario. Il Crocifisso, portato al ritorno dal Monastero di Mondovì da pellegrini francesi, rimase nel terreno e lì fu lasciato quando fu udita una voce che disse “dove sta la Madre può stare anche il Figlio”. La tavola fiamminga, invece, appare divisa in due parti: una sarebbe quella originale; l’altra, perfettamente combaciante, fu portata da un pescatore di Cervo che l’aveva misteriosamente rinvenuta sulla spiaggia. La volta centrale conserva l’ovale affrescato di Tommaso Carrega, impreziosito da stucchi ottocenteschi. Della facciata originale (rifatta in stile neoclassico) resta il portale in ardesia con la rappresentazione dell’Annunciazione. Dalla Chiesa, per via Dante, si raggiungono le abitazioni dell’antico nucleo. Tra gli abitati originari, vale una visita il borgo di Poiolo con l’ampia piazza e le palme che avvicinano alla scoperta dell’intimo Oratorio di Sant’Anna (‘600). Nell’area dello svincolo dell’autostrada Genova- Ventimiglia, ci si imbatte in San Bartolomeo dove spicca la Parrocchiale tardomedioevale con campanile cuspidato. Rifatto nel ‘600, il tempio fu danneggiato dal terremoto del 1887. Tra le opere all’interno, il polittico di Raffaele e Guido De Rossi che raffigura “San Bartolomeo e Santi” (1562). Dalla strada principale, una diramazione porta a Pairola, frazione piuttosto sviluppata grazie alla pesca del corallo e all’olivicoltura che le consentirono di svolgere un ruolo influente per l’economia della zona. All’inizio del paese si incontra la Chiesa della Madonna della Neve; più oltre la strada si fa largo tra le colline terrazzate e coltivazioni. Nel 1975 è stata scoperta una nave a circa 40 metri di profondità a un miglio dalla costa: lunga 30 metri e larga 6, con 14 contenitori in terracotta per trasportare il mosto e un migliaio di anfore per il vino.

    SPECIALITA’ LOCALI SAN BARTOLOMEO AL MARE. Per chi apprezza la buona cucina, le specialità del comprensorio dianese riservano sorprese a ogni piatto, grazie alla versatilità del prodotti tipicamente liguri. L’ingrediente principe per le portate è l’olio extravergine prodotto localmente e spremuto nei frantoio con metodi che conservano la bontà e del qualità dell’oliva “taggiasca”. Immancabile la citazione del pesto (ottenuto con basilico e aglio), ma è anche vero che l’olio evidenzia pure i sapori del pesce, della carne e delle verdure. Si possono gustare piatti a base di crostacei e molluschi, le acciughe ripiene, orate al forno, frittelle di bianchetti. Nell’entroterra predominano i gusti del bosco: funghi, frittate e minestrone di verdura, tagliatella di borragine, lumache, cima. Non mancheranno mai gli aromi liguri (maggiorana, timo, salvia, origano, rosmarino) né i piacevoli vini, su tutti il Vermentino (bianco secco, leggermente fruttato, riconosciuto dal marchio Doc).



    san biagio della cima



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    San Biagio della Cima, lo dice il nome, sorge su un colle. La leggenda racconta, ma non esistono certezze, che fu colonia romana. Il paese si presenta come un borgo rurale di case di pietra, affastellate, senza ordine apparente, sulla groppa della collina, qua e là ingentilite da facciate dai colori pastello e da dipinti naïf nelle stradine interne. L'impianto del paese è a stella, con al centro la piazza principale, lunga e stretta, ove si affaccia la chiesa parrocchiale dei Santi Fabiano e Sebastiano, a pianta elittica.
    Di fronte alla chiesa si trova la Loggia Municipale a sedili, fiancheggiata da una grande fontana con vasca e canalette in pietra grigia, elemento dominante nell’architettura urbana degli antichi borghi dell’entroterra di Ventimiglia e Bordighera.
    La fama di San Biagio della Cima oggi si deve più che mai alla coltivazione delle rose: qui si ricercano varietà sempre più speciali, si inseguono risultati innovativi che vengono brevettati.

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    San Lorenzo al Mare



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    Alla foce del torrente da cui prende il nome, sorge il tranquillo borgo costiero di San Lorenzo al Mare. Chi scegliesse questa località per le proprie vacanze sa – come è regola nel Ponente Ligure – di poter contare su una splendida spiaggia, un centro storico (anzi, i centri storici qui sono due, uno di levante e uno di ponente, completamente recuperati e chiusi al traffico) e un entroterra per escursioni nel verde. Dal centro storico una suggestiva passeggiata, a picco sul mare, si prolunga fino al vicino Santo Stefano al Mare. Come si accennava, San Lorenzo è composto da due antichi nuclei, uno “rurale” a monte dell’Aurelia, sulla sponda sinistra del torrente, l’altro di pescatori presso la spiaggia, alla foce del Rio San Lorenzo, che nasce dal Monte Folia (1010 m). Se un tempo questo corso d’acqua era sufficiente al fabbisogno della zona, in tempi più recenti è stato necessario un allacciamento con il torrente Roja. Infatti, a dispetto delle sue minuscole dimensioni (è il più piccolo della provincia di Imperia per superficie), San Lorenzo è il sesto Comune della provincia per popolazione; se a ciò si aggiunge il notevole afflusso di turisti durante l’estate, si spiega perché si è dovuti ricorrere a simili misure per far fronte al fabbisogno idrico. L'arenile è diviso tra bagni privati e spiaggia libera e lungo la costa numerose scogliere artificiali frangiflutti proteggono la ferrovia, creando un porticciolo turistico che funziona da riparo ed attracco per le barche d'estate. Gli sportivi possono contare su campi da calcetto e da tennis, da pallavolo, da pallacanestro, da calcio e da bocce. Il mercato settimanale si tiene il martedì e il venerdì nel piazzale Mauna (l’ampio parcheggio nei pressi del cimitero). Oltre all’olivo, qui si coltivano fiori, in particolare lilium, margherite, garofani e piante grasse.

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    STORIA

    Fino alla metà del XII secolo San Lorenzo non esisteva; nacque per volontà dei signori di Porto Maurizio, che, quando i Lengueglia cedettero loro la zona di Pietrabruna, decisero di costruire un paese fortificato sulla riva sinistra del torrente. La riva destra restava di proprietà dei Lengueglia e dei monaci di Villaregia. Il nucleo abitato era posto in collina, ma utilizzava la foce dell'Aqua Sancti Laurentii (così era chiamato il rio) come approdo per le proprie navi e da lì partirono per la battaglia della Meloria (1284) i marinai inviati a sostegno di Genova. A metà del Cinquecento sia la comunità “a monte” sia quella “a mare” subirono le incursioni piratesche. I due borghi furono unificati tra il 1749 e il 1798 e, con la costruzione del ponte sul rio San Lorenzo (1831) e della stazione ferroviaria (1872), si agevolò il traffico commerciale con gli altri centri litoranei. L’abitato si espanse in parte nella vallata e in parte sul litorale, tanto che, a guardarlo dall’alto, San Lorenzo ha la forma di un’ancora.

    MONUMENTI

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    Interamente pedonale, il centro storico si articola in vicoletti coperti e presenta una bella pavimentazione. Il monumento più importante è senza dubbio la chiesa di Santa Maria Maddalena, talmente vicina al mare che la salsedine corrode il suo campanile, costringendo a continui restauri. La chiesa è stata edificata tra il XII e il XIV secolo, poi rifatta secondo lo stile tardo-barocco nel 1766 (data tracciata in ciottoli bianchi sul sagrato) e fronteggia una piccola piazzetta ombreggiata dagli alberi con una pavimentazione a disegni in porfido e calcite. Purtroppo, negli ultimi decenni, le case e i condomini costruiti troppo a ridosso quasi la soffocano. All’interno, belli alcuni affreschi di autore ignoto e il coro ligneo costituito da undici pannelli. Secondo la leggenda, Maria Maddalena, fuggita dalla Terrasanta per scampare alle persecuzioni cui erano sottoposti i seguaci di Gesù, durante il lungo viaggio in zattera attraverso il Mediterraneo verso Marsiglia, si sarebbe fermata su uno scoglio davanti all'arenile di San Lorenzo. La Santa viene festeggiata il 22 luglio con celebrazione religiosa, fiera gastronomica, concerti di musica classica e, la domenica successiva, fuochi d’artificio dal pontile a mare. Il 10 agosto, naturalmente, si festeggia il santo che dà il nome alla località.

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    Santo Stefano al Mare



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    Arrivando a Santo Stefano al Mare, in auto o in treno, la prima impressione che si prova è quella di immergersi in un mare di fiori, visto che le vie di comunicazione passano in mezzo alle coltivazioni floricole. Dei circa 2200 abitanti di questo Comune infatti molti sono impegnati nel settore agricolo, che, con il terziario e il turismo, costituisce l’asse portante dell’economia locale. Santo Stefano al Mare, separato da Riva Ligure solo da torrente Santa Caterina, è difeso da un fortilizio a pianta ottagonale del XVI secolo, come anche la vicina torre degli Aregai. A Marina degli Aregai, l’attrezzato porto turistico (completato nel 1992), che sorge a poco più di mezzo chilometro da Santo Stefano verso il confine con Cipressa, gli appassionati di nautica da diporto possono trovare confortevole accoglienza. Ha uno specchio d’acqua di circa 123,000 mq e può ospitare quasi un migliaio di imbarcazioni, per le quali sono previsti numerosi servizi di assistenza. La spiaggia più ampia è proprio quella della Torre, mentre lungo l'altro tratto di costa gli arenili diventano sempre più stretti; per i bagnanti ci sono però le scogliere artificiali (create per difendere la costa dalle mareggiate) e un fondo sabbioso poco profondo adatto ai nuotatori meno esperti o a chi ama godersi un po’ di relax “in ammollo”. Tra le manifestazioni, le celebrazioni religiose con via crucis e riunione delle confraternite a metà marzo e la messa notturna con illuminazione del mare ai primi di agosto. Il mercato settimanale si tiene il venerdì nel piazzale antistante il Comune, detto “piazza Torre”.

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    STORIA E MONUMENTI DI SANTO STEFANO AL MARE. Le origini di Santo Stefano sono remote, è probabile che la zona fosse abitata già in epoca romana e, forse, ancora prima. Dopo aver sopportato le invasioni barbariche da nord, di fronte alla minaccia saracena che veniva dal mare, intorno all’anno Mille (si parla per l’esattezza del 936) gli abitanti dell’antico nucleo spopolarono la costa per rifugiarsi all'interno. Ad 800 metri dal mare e a circa 150 metri di altitudine, ai piedi della collina di Sanstevi, nacque così Villa Sacti Stephani, dalla quale governarono i Benedettini sul feudo detto di Villaregia fino al 1353. Fino alla fine del secolo scorso erano ancora visibili tracce dell'abbazia di San Stevi e sono stati recuperati resti di mura di fondazione e cocci di ceramica di fattura piuttosto rozza. La gente del luogo, costretta da sempre a vivere in uno spazio di terra piuttosto esiguo, cercò la propria affermazione sul mare e così Santo Stefano divenne patria di navigatori e di marinai, dando i natali a Gerolamo da Santo Stefano, che raggiunse il Mar Rosso e le Indie. Infatti, sotto il dominio della Repubblica di Genova, dal Quattrocento, l'economia della cittadina incominciò a reggersi quasi esclusivamente sulla marineria e sul commercio, accanto alla produzione di vino, olio (anche se in quantità modeste), cereali e ortaggi. Dopo gli assalti dei barbareschi (1544), fu costruita la torre ottagonale alla foce del Rio Torre, che oggi ospita il Municipio e la casa di riposo per anziani intitolata al vecchio proprietario, il capitano Violante d'Albertis. Ai primi del '600, per volere di Genova, fu costruita un’altra torre di difesa, a quattro lati irregolari, in località Aregai. Il lungomare conduce a piazza Scovazzi, dover sorge la parrocchiale di Santo Stefano Protomartire. Restaurata almeno due volte, l’ultima nel Novecento, conserva ancora alcuni aspetti quattrocenteschi nelle colonne e nei capitelli dell’unica navata (arcate a sesto acuto). Ricevette la benedizione del papa Adriano VI, capitato qui a causa di una tempesta. All’interno, un fonte battesimale del Quattrocento, una statua lignea barocca dell'olandese J. Dyck, un "martirio di San Sebastiano", dipinti di Rodi, Carrega e i fratelli Brea. Merita una visita anche l’adiacente oratorio del Santo Cristo della fine del XVII secolo, che custodisce un crocifisso ligneo – forse appartenuto ai benedettini – ritenuto miracoloso. L’edificio è stato restaurato nel 1984. Sul portale della facciata vi è un bassorilievo raffigurante la Madonna della Misericordia con due angeli e l’Annunciazione.

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    ENTROTERRA, SPORT, ITINERARI NEL VERDE A SANTO STEFANO AL MARE E DINTORNI. Sulle colline, alle spalle della costa, sorgono i borghi di Castellaro (già feudo dei Clavesana), Pompeiana (dal toponimo di evidente origine romana) e Terzorio, con la sua torre quadrangolare del XVI secolo. Il paesaggio è caratterizzato dagli oliveti e dalle coltivazioni di lavanda, garofani, margherite, rose e crisantemi). Un buon itinerario da percorrere a piedi o in bici è quello che da Santo Stefano porta ad Aregai, poi a Cipressa, Pian delle Vigne, Pompeiana e infine a Riva Ligure. Nelle giornate limpide è possibile ammirare la corona delle Alpi Marittime; la strada è asfaltata da Aregai a Cipressa, poi si fa sterrata e si inoltra in un paesaggio tipicamente mediterraneo. Per i pedalatori più esperti che hanno un’intera giornata da dedicare all’escursione, da Riva si può salire a Castellaro, al Santuario della Madonna di Lampedusa (il cui quadro della Madonna fu vela della imbarcazione di Andrea Anfosso, in leggendaria fuga proprio dall’isola di Lampedusa), per toccare poi Pompeiana, Terzorio e ridiscendere a Santo Stefano. Per gli appassionati di sport, a Santo Stefano c’è la possibilità di praticare il calcio, le bocce (nei campi del lungomare Colombo) e il tennis (con cinque campi, uno comunale e gli altri privati); è attiva anche una società di scherma dedicata ai giovani dai 6 ai 25 anni. Di prestigio l’Unione Sportiva Canottieri di Santo Stefano al Mare, che è tra i soggetti che hanno dato impulso alla costruzione del Porto della Marina degli Aregai. Proprio presso le strutture portuali vi sono campi da tennis, squash, minigolf e bowling, oltre ad una piscina olimpionica.



    Seborga



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    In posizione panoramica, su altura che domina la sottostante valle coltivata a mimose e ginestre, si trova Seborga un piccolissimo "principato", la cui interessante storia risale circa alla fine del decimo secolo, allorché l'abate benedettino di Lerino (le isole di Lérins sono in territorio francese, nell'attuale Costa Azzurra, di fronte alla ben più nota città di Cannes) acquistò dal conte Guido di Ventimiglia il feudo, fregiandosi del titolo di principe. L'acquisto, all'epoca, non fu certo un grande affare (alture rocciose, qualche bosco di castagni e pini, un terreno coltivabile solo a prezzo di duro lavoro) se si fa eccezione al fatto che nel principato gli abati di Lerino aprirono una zecca, battendo moneta (alcuni calchi di queste monete sono conservati nel museo Bicknell di Bordighera). Si sa, peraltro, che la storia talvolta ha le sue lacune; nel caso si dimenticò di Seborga anche il Congresso di Vienna del 1815 che conferì all'Europa, dopo le vicende napoleoniche, un nuovo assetto.

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    Così oggi, per la tenace volontà dei suoi abitanti e del suo principe (Giorgio I, nella vita un floricoltore) democraticamente eletto, Seborga si batte per la sua indipendenza, ha suoi ministri e ambasciatori, emette francobolli e passaporti ed intende avere una sua moneta, il "Luigino". Un passato curioso, un futuro che si prospetta esaltante per la vivacità di questo antico borgo che si concentra attorno alla sua parrocchiale di San Martino e al palazzo dei Monaci con loggiato, in una trama di vicoli oscuri, portici bassi, rozzi acciottolati.

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    SOLDANO



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    Storia
    Soldano in una carta del 1754 del cartografo Matteo Vinzoni

    La storia dell'abitato di Soldano è ripercorribile negli scritti di un contemporaneo Fausto Amalberti che nel 1984 ha pubblicato un articolo dal titolo Notizie storiche sull'abitato di Soldano frutto di un'ampia consultazione degli atti esistenti presso l'Archivio di Stato di Genova.

    L'origine del paese non è nota; tra le ipotesi formulate quella più ricorrente vuole che l'insediamento sia stato formato dal Comune di Ventimiglia con i prigionieri condotti dagli eventi bellici di Almerìa (1147) e Tortosa (1148): il toponimo Soldano sarebbe stato scelto dai fondatori per onorare il loro Re (Sultano). Altra ipotesi vuole che il paese sia stato fondato nel Medioevo da una famiglia di profughi di Ventimiglia.

    Secondo l'autore dell'articolo citato in epigrafe è più verosimile che il borgo sia stato fondato dagli abitanti di Ventimiglia e centri costieri limitrofi che si rifugiavano nell'entroterra per sfuggire alle scorrerie dei Saraceni (anno 963). La parte più antica del centro abitato fu costruito con le caratteristiche della "fortificazione da difesa"; una filastrocca che si tramanda da tempo immemorabile racconta di una donna che, urtata durante la fuga, dichiarasse la propria resa... ad un concittadino che la seguiva (Sciù Turcu m'arendu! Mì nu m'arenderia né pe tuti i Turchi ne pa Barberia).

    Dal mare, infatti, il paese è assolutamente nascosto e si può scorgere solo a pochi metri dall'insediamento; inoltre sono ancora presenti tracce di alcune porte fortificate che, insieme al vallo del torrente Verbone e del rio Fullavin, costituivano una valida difesa.

    Correva l'anno 1257 (1 ottobre) quando fu sottoscritto il primo documento che attesta l'esistenza di Soldano: un atto notarile (di Giovanni Amandolesio) relativo alla vendita di una terra (positum ad castrun Soldanum loco ubi digitur in frenguel - l'attuale Ferenghè) da parte di Brunus de castro Soldano a Gandolfo Mossoto. Dalla stessa transazione si evince come all'epoca l'attività principale fosse costituita dall'agricoltura (... vendo, cedo et trado .. peciam unam terre partim aggregatam ficum et vitium et aliarum arborum...).

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    Tipico carugio - Scala Granda

    Sono andati perduti i documenti che vanno dal XII al XV secolo a causa delle guerre locali che vedono la contesa delle grandi famiglie degli Adorno, dei Fregoso, dei Grimaldi e dei Doria culminati nel sacco di Ventimiglia del 1526. Dal 1499 la voce "castro" scompare dai documenti ufficiali e lascia il posto a "villa" cioè di abitato aperto in contrapposizione al borgo ed al castello. Documenti ufficiali del 1487 denotano come a Soldano ci fosse già chi commerciava in panni attività che si sarebbe perpetrata nei secoli seguenti. Sempre in tale periodo compare l'indicazione del titolare del Santo Patrono (Giovanni Battista) ed è presumibile si riferisca all'antica chiesa sulla riva sinistra del torrente Verbone trasformata in abitazione sul finire dell'Ottocento. Fu costruita a più riprese "in proporzione che la popolazione veniva ad aumentare"; dalle notizie del paese raccolte da Don Morscio di Dolceacqua (allora Prevostro di Soldano) si apprende che sul portale di questa prima Parrocchia era riportato l'anno 1594 "Questa Parrocchia ha sul battente il seguente millesimo 1594 supponendo che indichi il tempo della promulgazione come è verisimile, giacché prima (1556 nds) essendo piccola cappella non avea forse esso battente piuttosto che no maestoso ne verrebbe la primiera fondazione sarebbe anche più antica". Da notare che in quell'epoca gli abitati di Soldano, San Biagio e Vallecrosia Alta tra loro limitrofi erano considerati un'unica parrocchia ed il parroco (un canonico della Cattedrale di Ventimiglia) celebrava nella "Chiesa di funzioni" dedicata a san Biagio ora chiesa del cimitero dell'omonimo paese. L'anno di promulgazione della Parrocchia non era noto all'anziano parroco il quale riferisce come alcuni anziani, ancora viventi nei primi anni del secolo XIX, ricordassero l'obbligo di fornire alcune candele durante l'anno alla Chiesa Madre di San Biagio "in segno di ossequio e dell'antica dipendenza". La prima chiesa parrocchiale era fornita di una sacrestia ("sebbene poco decente"), di un campanile (le cui vestigia sono ancora presenti sul tetto dell'attuale abitazione) con tre "belle e mediocri" campane, un ostensorio ed un calice d'argento che sono tuttora conservati.

    Il primo dato relativo agli abitanti è riportato in un manoscritto del 1629 dove Soldano compare con "43 fuochi" e "181 anime". Dai registri municipali dell'epoca si desume che i pagamenti si effettuassero in natura (olio di oliva); nel 1686 a causa delle forti gabelle imposte da Ventimiglia ("gabella della pinta" e gabella del pane") e del malcontento delle popolazioni limitrofe si assiste alla separazione delle otto "ville" ed all'istituzione della Magnifica Comunità degli Otto Luoghi che comprendeva gli insediamenti di Soldano, San Biagio, Vallecrosia, Camporosso (le cui rivendicazioni iniziarono nel 1673), Bordighera, Vallebona, Sasso e Borghetto. Tale separazione coincise con un lungo periodo di prosperità per l'ottima amministrazione locale e l'assenza di pesanti gabelle.

    La Magnifica Comunità cesserà di esistere come soggetto politico nel 1797 anno di costituzione della Repubblica Ligure che governerà fino al 1805 per poi passare sotto il dominio Napoleonico. Alla metà del Settecento si assiste ad un mutamento anche del livello sociale e culturale del paese con l'istituzione di una scuola voluta da Gio. Bartolomeo Soldano che, con lascito testamentario, dona alla Parrocchia terre e case con i proventi delle quali il prevostro ".. celebri ogni anno trenta messe cantate per l'anima sua, di più debba far scuola alli ragazzi insegnandoli con carità a legere, scrivere et un pocco d'abbacco".

    Della metà del '700 sono conservate alcune "carte" con le caratteristiche del paese sia in pianta che in prospettiva dove si rileva che il territorio abitato è superiore al nucleo storico primitivo. Infatti nei primi anni dell'Ottocento gli abitanti residenti sono 272 mentre nel 1838 erano circa 405 per un totale di 89 famiglie e 73 case fino al 1901 quando si contano 561 anime. Nel 1860 in seguito allo straripamento del torrente Verbone l'antica chiesa parrocchiale viene allagata e successivamente abbandonata procedendo alla costruzione dell'attuale parrocchiale in "Piazza San Giovanni Battista" detta Nuova un tempo sede del cimitero. Nel XX secolo varie sono le vicende amministrative: il 6 dicembre 1923 i comuni di San Biagio della Cima e Soldano sono soppressi ed i loro territori uniti a quelli di Vallecrosia. Il 7 agosto 1925 Soldano è riconosciuto come comune autonomo e di nuovo il 15 aprile 1928 aggregato a San Biagio della Cima fino al 22 novembre 1946.

    Nel 1944 viene occupato dalle truppe naziste che daranno alle fiamme molte case ed il 9 luglio conta due vittime civili: il panettiere intento al lavoro del forno per la popolazione fuggita nei rifugi di campagna ed un giovane ventenne che tentò di rientrare in paese per recuperare il denaro da utilizzare per la Festa di San Luigi di cui era priore. Nell'ultimo secolo si assiste ad un mutamento dell'attività agricola a favore della vite e dei fiori. Soldano è tra i centri produttori del vino Rossese di Dolceacqua DOC.

    Nel 1977 una frana in località "Spuntun" all'inizio del paese isolerà il centro abitato per alcuni giorni e nel 2000 un'alluvione provocherà ingenti danni fortunatamente solo alle cose.

    Monumenti e luoghi d'interesse



    Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista


    Sita presso la riva del torrente Verbone fu trasformata successivamente in abitazione nella seconda metà dell'Ottocento dopo la costruzione dell'attuale parrocchiale. Costruita nel XV secolo, in stile barocco, conserva nel suo interno il cinquecentesco polittico raffigurante San Giovanni Battista, recentemente restaurato. Attualmente l’attribuzione della paternità di quest’opera si basa su elementi indiziari a causa della mancanza di documentazione relativa al Polittico. Dagli studi compiuti da Massimo Bartoletti nel 1998 si è comunque accertato che il dipinto sicuramente non può essere né ad Andrea Della Cella né Francesco Brea ai quali era stato attribuito in passato. Lo studio avvalora l’ipotesi che il Polittico di Soldano possa essere stato dipinto nei primi anni del 500 dai fratelli Giacomo e Bartolomeo de Rogeriis, di origine piemontese, ma operanti a Ventimiglia. Sono inoltre conservati una tela raffigurante la Sacra Famiglia del pittore fiorentino Giovanni Battista Galestruzzi e un trittico.



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    Polittico di inizio Cinquecento


    Oratorio di San Giovanni Evangelista

    Costruito nel Quattrocento, posto fuori le mura del paese e di dimensioni più piccole rispetto a quelle attuali, conserva il portale in pietra nera del 1594.

    Chiesetta di San Mauro


    Di probabile origine quattrocentesca è situata sulla sponda sinistra del torrente Verbone tra la località Mulino (au Mùlin) che trae il nome proprio da un mulino ad acqua esistente fino agli anni cinquanta del XX secolo e Colareo. In origine era dedicata alla Madonna della Neve (Sancta Maria ad nives) e successivamente al Santo Compatrono Mauro abate.

    È costruita in pietra con una piccola edicola campanaria con unico bronzo suonato a corda. L'accesso al tempio è localizzato nel greto del torrente; da circa 20 anni è presente un ponte privato. Accanto alla chiesa si può osservare la Croce Missionaria in ferro (che ha sostituito quella più antica di legno).

    La tradizione soldanese vuole che il santo sia proprio passato nel paese per raggiungere la Francia. Nell'epoca di costruzione della chiesetta quattrocentesca viene realizzato il polittico prima citato: alcuni documenti attestano che gli abitanti di San Biagio della Cima nel 1518 chiesero ad Andrea della Cella di dipingere un quadro per la parrocchiale, con le stesse caratteristiche di quello di Soldano.

    Il polittico raffigura San Giovanni Battista al centro, San Giovanni Evangelista e Sant'Antonio abate ai lati; nella parte alta la Madonna con il Bambino, a sinistra Santa Caterina d'Alessandria e a destra Santa Lucia.

    Santuario della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo

    Santuario del Carmine nel giorno della festa in uno degli ultimi anni del XX secolo

    È situato fuori dell'abitato in regione Urià (che significa dove crescono gli uliveti) già sede di una piccola cappella campestre dedicata alla Madonna del Carmine. La costruzione fu iniziata nel 1883 e terminata nel 1885, voluta e finanziata dalla popolazione al fine di ottenere la protezione della Madonna sugli oliveti che la circondano già colpiti dalla mosca olearia nella seconda metà del XIX secolo. Sulla facciata infatti compare la seguente iscrizione:
    « I Soldanesi fiducioni che si estirperà l'insetto roditore che da 30 anni e più isterilisce gli olivetti di questa regione innalzarono e dedicarono questa chiesa a Maria SS. del Carmine. L'anno 1885 »


    Alla costruzione apportò il suo contributo artistico il Rev.do Don Gio. Pietro Rossi di Montaldo.

    La statua della Madonna originaria, tuttora conservata nella nicchia, costruita nel 1885 dalla ditta Prinotti di Mondovì (CN) sarà sostituita dall'attuale statua che viene esposta per la festa (domenica successiva al 16 luglio memoria liturgica) nel 1952.

    Si tratta di un'opera in legno commissionata alla ditta "Arte Sacra Santiffaler" di Ortisei (BZ) scolpita in legno ed alta 1.70 m. Nel 1962 viene costruito l'attuale campanile dove sono poste tre campane portate a spalla dagli abitanti (all'epoca non era ancora presente la strada che sarà terminata nel 1964).

    Il tempio è un piccolo edificio ad aula con facciata a doppio spiovente preceduta da un portico architravato. Nella parte superiore della facciata sono ancora visibili gli affreschi e gli stucchi opera del citato Gio. Pietro Rossi del 1885. Sul lato posteriore si può ancora osservare un piccolo campanile a vela (simile a quello dell'Oratorio) ormai in disuso. La Chiesa prende luce da una lunetta recentemente abbellita con un rosone raffigurante la Madonna che protegge l'abitato di Soldano. Dal colle Orià (come oggi vien detto) si può osservare l'abitato di Soldano e quello imponente di Perinaldo.

    Sulla margine posteriore della Chiesa un'antica scritta ricorda a tutti la devozione dei Soudanelli: "O passegger sosta un istante e ripeti col creato in armonia Ave Maria".



    TAGGIA



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    A soli sei chilometri da Sanremo, Arma di Taggia si distingue per il suo clima mite, la sua vasta e sabbiosa spiaggia e le sue attrezzature turistiche. Frequentato centro di vacanze estive e invernali, è dotato di esercizi alberghieri di ogni categoria, dall'albergo con piscina alla pensione familiare.
    Taggia, invece, sorge alle soglie della Valle Argentina. Circondata da fiori, ulivi ed agrumi, è uno dei centri più antichi e conosciuti della Riviera dei Fiori.
    Patria di uomini illustri, tra i quali Giovanni Ruffini, autore del celebre romanzo "Dottor Antonio", Taggia merita un viaggio per scoprire le sue bellezze e il suo patrimonio storico-architettonico: la caratteristica struttura medievale, le torri, le mura, le opere d'arte conservate nel convento dei Domenicani (il complesso monumentale più importante della Liguria occidentale).

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    Costruito nel 1490, conserva al suo interno pregevoli opere di Ludovico, Antonio e Francesco Brea, Giovanni Canavesio e Emanuele Maccari, detto il Macario.
    Si può entrare nel centro di Taggia attraverso la Porta dell'Orso, aperta nelle mura cinquecentesche, per passeggiare nelle vie del borgo impreziosite dagli istoriati portali (in pietra nera delle Valle Argentina) delle case nobiliari, le cui iscrizioni raccontano le vicende delle famiglie del luogo.
    La fama di Taggia è legata alla coltura dell'ulivo, qui introdotto nel XII secolo dai monaci Benedettini, che selezionarono la qualità "oliva taggiasca" da cui un olio particolarmente pregiato, conosciuto in tutto il mondo per il suo "bouquet" e la sua contenuta acidità.

    Taggia è Comune Bandiera Blu.

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    Terzorio



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    STORIA. Le prime case di Terzorio furono costruite lungo la strada sublitoranea che collegava i centri dell'immediato entroterra imperiese: fin dal periodo Tardo Antico, infatti, si assistette al progressivo abbandono della via Julia Augusta, che correva troppo vicina alla costa e che per questo non era abbastanza sicura, in favore di itinerari che si snodavano attraverso le campagne. La vocazione viaria del borgo di Terzorio rimane chiaramente leggibile nel suo impianto urbanistico, allungato sul crinale, in posizione di controllo sulla vicina valletta del rio Santa Caterina. Secondo alcuni storici il nome del paese deriva dal fatto che con il territorio circostante esso costituiva il "tersolum", cioè una terza parte, dei possedimenti divisi, nel 1049, in seguito alla donazione di Adelaide di Susa, tra i monaci benedettini di Villaregia e i marchesi di Clavesana. Nel 1228 il borgo fu venduto al conte Bonifacio di Lengueglia; poco tempo dopo risulta amministrato da statuti propri e nel 1353 entrò a far parte del dominio della Repubblica di Genova di cui seguì le vicende storiche fino all'epoca napoleonica e poi all'annessione al regno sabaudo. Il clima mite della zona e la sua posizione favevole alle coltivazioni hanno fatto sì che, in tempi più vicini a noi, Terzorio abbia conosciuto un notevole sviluppo economico, soprattutto in direzione della floricoltura e della coltivazione in serra, cui è conseguito un ampliamento urbanistico che, fortunatamente, non ha compromesso la conservazione del nucleo originario del borgo.

    VISITA DEL BORGO DI TERZORIO. Sorto in tempi difficili, quando era venuta meno la sicurezza che aveva contrassegnato l'epoca dell'impero romano, il paesino di Terzorio racconta con la sua stessa struttura urbana come i suoi abitanti dovettero fronteggiare attacchi e scorrerie dei pirati: tra le case, addossate le une alle altre, serpeggiano stradine strette, senza via di fuga, a tratti coperte e rese buie dalle arcate dei paesaggi sopraelevati. Due case torri restano lì, a ricordare terribili momenti delle incursioni barbariche, quando i pirati scendevano a terra pronti a rubare tutto ciò che trovavano sul loro cammino e, magari, anche a rapire gli abitanti per chiedere poi riscatti esagerati. Sulla piazza del paese si eleva la facciata della parrocchiale intitolata alla Natività di San Giovanni Battista: è questa la chiesa edificata a partire dal XVIII secolo non lontano dalla più antica parrocchiale documentata già nel 1444 e destinata a diventare, dal 1745, l'oratorio della Maddalena. L'alto campanile vanta eleganti forme barocche, mentre l'interno è ad unica navata movimentata da tre cappelle per lato e dal profondo presbiterio. Nelle cappelle, oltre ad altre opere oggetto di devozione, sono custoditi un Crocifisso ligneo e un dipinto raffigurante le Anime Purganti. Accanto alla chiesa è il barocco oratorio di Santa Maria Maddalena, che condivide l'intitolazione con quello di Pompeiana e con molte cappelle della zona: vuole, infatti, la devozione popolare che proprio su questi arenili Santa Maria Maddalena sia approdata, sospinta dalle acque, durante il suo viaggio dalla Terra Santa alla Provenza e, che vi si sia fermata per pregare e meditare. La confraternita, che i documenti attestano attiva già nel XVI secolo, doveva originariamente essere collocata in qualche altro edificio del paese e solo con la costruzione della nuova parrocchiale, nel XVIII secolo, ottenne l'uso di quella quattrocentesca ormai abbandonata. Nel Settecento, dunque, l'antica parrocchiale fu oggetto di un'importante campagna di lavori che diede vita all'attuale edificio: l'affresco con San Giovanni Battista che occupa la parte superiore della facciata resta a ricordare la prima dedicazione di questo luogo sacro.

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    Sopra la porta, invece, è raffigurata Maria Maddalena penitente, a cui l'oratorio è ancora oggi dedicato. Sulla piazzetta di forma allungata si trova anche la sottile facciata di un palazzo ottocentesco sede del Municipio. Poco sopra il paese è situata la fortificazione detta Turchesca, costruita nel XVI secolo e parte di un sistema d'avvistamento articolato in diverse torri, in collegamento visivo l'una con le altre, sorte presso i vari centri abitati della zona per difenderli dagli attacchi dei pirati. Il bastione di Terzorio, per esempio, dialoga visivamente con quello di Pompeiana in modo che con un sistema di segnali era possibile comunicare per tempo l'avvistato pericolo. Il bastione si presenta a pianta quadrata, in pietra, con un arco che sormonta l'ingresso e una fila minacciosa di feritoie.

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    ITINERARI NEI DINTORNI E MANIFESTAZIONI. Dalla piazzetta della chiesa si diparte una stradina che sale fra gli ulivi fino al gerbido e che, in una mezz'ora, conduce ad un'edicola ricavata in un massiccio pilone in muratura costruito tra XV e XVI secolo. Nella nicchia è conservata una tavoletta lignea con la Madonna della Misericordia. Poco fuori dal paese
    sono le miniere, articolate in due gallerie, aperte nel 1850. Perfetto per chi ama pedalare e non si spaventa delle salite il percorso, lungo la carrozzabile, che da Terzorio conduce a Pompeiana e quindi a Cipressa seguendo un itinerario di interesse naturalistico attraverso uliveti e aree boschive. Quando si raggiungono questi piccoli borghi isolati vale la pena di scendere dalla bicicletta per fare due passi nei loro vicoli antichi e ricchi di fascino. Il 28-29 agosto Terzorio celebra la festa di San Giovanni Decollato: alla processione religiosa, che sfila per le vie del paese con la statua del santo patrono, si accompagnano, per la gioia di abitanti e turisti, musica e stand gastronomici.
     
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  3. tomiva57
     
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    TRIORA



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    Nel passato, granaio della Repubblica di Genova e Podesteria, Triora è oggi conosciuta come "il paese delle streghe" per un processo celebrato nel 1588 e conclusosi con la condanna, per stregoneria, di un gruppo di donne del posto che, riunendosi notte tempo in luogo discosto (la Cabotina), furono considerate colpevoli dell'incombente carestia.

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    Di ciò si fa memoria nel locale museo etnografico e della stregoneria per la fortuna di negozi e botteghe di artigianato locale, che espongono curiose bambole-fattucchiere e vendono liquori della strega e latte di lumaca, intrugli ben congeniati di grappa ed erbe aromatiche.
    Il borgo medievale è un piccolo gioiello d'arte, ripido, ruvido, costruito senza intoppi, intatto nel suo sistema difensivo di porte, archi, strettoie e case fortezza. Grandiosa la collegiata dell'Assunta (XVI secolo), riattata nel 1800 con forme neoclassiche, che racchiude un dipinto di Tommaso Bartolo da Siena, del 1379 ed alcune tavole del Quattrocento Nell'oratorio di San Giovanni Battista (1694), una statua del Maragliano e un dipinto di Luca Cambiaso.

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    Dell'antico castello restano alcuni ruderi nel cilindrico torrione (XII secolo).

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    Triora: Località Cabotina...il luogo delle streghe!

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    La storia narra che durante quel triste anno una lunga carestia aveva portato la popolazione alla fame e alla disperazione... e di chi poteva essere la colpa di tale disgrazia se non delle streghe??? Ahhh maledetta ignoranza!!!!!
    Così il signore del paese, su richiesta dei Trioresi, chiamò due inquisitori che avevano il compito di scovare e annientare le streghe del villaggio...
    Già immagino questi due misogini pellegrini... Quale gradito compito fu loro assegnato...
    Vi siete mai chiesti come mai gli uomini del tempo odiassero così tanto le donne? Di cosa potevano aver paura?
    Comunque.... Giunti a Triora i due solerti religiosi raccolsero le accuse della gente del paese e "pronti via" arrestarono subito 20 donne. Visto che non vi era un carcere così capiente fecero mettere le inferriate ad alcune case del centro e le rinchiusero lì...poi iniziarono ad "interrogarle"...ma come?????

    “con darli corda per lungo spatio e puoi fuoco alli piedi per longo spatio anchora; appresso le fanno vegliare per più d’hore quarantacinque incominciando dalla sera,oltre averle fatte con rupitorii pelare in tutte le parte del corpo;ne è questo populo redatto in desperatione maxime che s’intende che a quest’hora vi siino più di dugento persone nominate;e nel modo che sino a qui si è fatto,prima che si finisci saranno nominate la più parte del populo et forse tutta”.
    (da una lettera degli Anziani del luogo al Doge di Genova)

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    Triora: Palazzi del Borgo

    Con la tortura riuscirono ad estorcere alle sventurate altre accuse che portarono in carcere altre donne ed un ragazzo. Così nel popolo cominciò a nascere un po' di timore perchè nemmeno tre mesi dopo l'arrivo degli inquisitori, nel 1588, altre trenta donne furono incarcerate e questa volta non c’era solo il coinvolgimento dei ceti più umili, ma anche delle donne delle famiglie ricche e nobili....

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    Triora: Via fuori dalle mura

    Insomma a Triora erano tutte streghe ed erano tutte in carcere!!

    Questo lungo processo si concluse con la morte di13 donne e di un ragazzino, altre presunte streghe furono mandate a Genova e lì imprigionate....
    Povere donne... Solo il pensiero fa venire i brividi... Sarà per quello che passeggiando tra le strade deserte di questo paese provavo un forte senso di ansia???

    Il posto comunque merita una visita, ma state attenti....

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    ..... ancora oggi girano tra le vie del borgo lugubri personaggi......

    TREMATE TREMATE LE STREGHE SON TORNATE!!!!

    Huhuhuhu...




    VALLEBONA



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    Vallebona è uno dei più antichi e tipici borghi liguri. La roccia naturale traspare dai muri delle costruzioni. Sotto ogni casa, la stalla o la cantina; al piano superiore si accede attraverso scale in pietra levigata. Nei vicoli scoscesi e nelle strade strette e ripide, una oscurità imprecisa conferisce agli archi e ai contrafforti una presenza misteriosa. All'entrata del borgo, ciò che resta dell'arcata di accesso è marcato dalle fenditure che i difensori utilizzavano per versare olio bollente sui nemici.

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    Oltrepassata la porta Santa Maria, si raggiunge la piazza e la chiesa madre di San Lorenzo, con il suo artistico campanile in pietra, che viene fatto risalire al XIII secolo. Lo slanciato campanile della chiesa parrocchiale preannuncia un elemento di sicuro interesse architettonico: l'architrave scolpito al di sopra della porta d'ingresso, datato 1478. Appartiene alla memoria storica di Vallebona la "Rappresentazione della Passione di Cristo", che veniva messa in scena dagli abitanti, ogni dieci anni, su un testo in italiano antico, in versi sciolti e rozzi ed imperfette rime, di grande effetto drammatico.

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    Vallecrosia



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    Vallecrosia è situata alla foce del torrente Crosa nella Riviera dei Fiori tra Ventimiglia e Bordighera. Vi si arriva con l’autostrada Genova-Ventimiglia (casello di Bordighera), con il treno e la linea autobus, dagli aeroporti di Nizza e Villanova d’Albenga. La cittadina è suddivisa in due centri urbani: l’originaria Vallecrosia Alta e Piani. Salendo dal mare all’entroterra si nota la stretta conformazione della Valle, con i Monti Santa Croce (356 metri) e Bauso (224 m). La parte antica rappresenta il tipico borgo difensivo ligure, con fortificazioni, torri di guardia, situato in un’ansa del torrente Crosa (ben raffigurato in un quadro della parrocchiale). Vallecrosia “nuova”, invece, sorge sul mare, tra la ferrovia e a strada romana ed è un moderno centro balneare dotato di ogni comfort per gli amanti degli sport a cielo aperto. Qui si trova anche il “Museo della Canzone italiana e della Riproduzione sonora” che trova sede pittoresca all’interno di un treno, per la precisione una vaporiera del 1910 con alcune carrozze. Moltissimi i reperti esposti: strumenti, apparecchi di riproduzione, manoscritti, spartititi e altri documenti che fanno del Museo una piacevole tappa culturale. Verso occidente si incontra il fiume Nervia e gli insediamenti sorti in epoca medioevale per occupazioni di tipo rurale. La principale attività di Vallecrosia è quella del turismo con una spiaggia ciottolosa e un mare pulito e piuttosto tranquillo. Bella la passeggiata che costeggia il litorale ricca di fiori e giardini, a dire il vero protagonisti un po’ ovunque sul territorio. Molte le occasioni di festa (religiose e laiche) con tanto di sagre e appuntamenti culturali (musica e teatro). Davvero seguito da cittadini e visitatori il mercatino dell’antiquariato che si svolge tutte le seconde domeniche del mese nel borgo medioevale, certamente creando un effetto particolare. Tradizionali attività economiche sono legate alla coltivazione dell’ulivo e della vite (un tempo i “vermigli” e i “moscatelli”, oggi il “rossese”) e, più recente, alla floricoltura e ai profumi (specializzazione in fiori d’arancio amaro e lavanda). Molto forte è stata l’industria del legname trasportato con rotaie e vagoni sino ai Piani dove c’era un deposito e alla foce ben attrezzata. In via Colombo esisteva pure una segheria.


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    STORIA

    Abitato dai Liguri montani dediti alla pastorizia e alla caccia, il territorio ricadde dopo vicissitudini sotto il dominio romano. Testimonianze di insediamenti si ritrovano tra Vallecrosia e S. Biagio con strutture murarie anulari a duplice cinta, tanto che si ritiene valida l’ipotesi della presenza di un villaggio già dal VI a.C., senza dimenticare l’importanza strategica del “castellaro” del Monte Santa Croce (forse anche necropoli). Con la decadenza romana sopraggiunsero le invasioni barbariche, le scorrerie dei pirati (sbarcati più volte nell’assedio di Nizza), le guerre tra casati: i Piani furono così abbandonati. Anticamente Vallecrosia era una sorta di satellite di Ventimiglia come recano le indicazioni “Ventimilii in valle Vervonis” ovvero “territorio di Ventimiglia nella valle del Verbone”. La zona fiorì nel XIII secolo e alla prima metà del ‘300 vi risiedevano 20 “fuochi” (nuclei familiari). Come “villa” seguì le sorti di Ventimiglia così sotto Genova (1396), Carlo VI di Francia, Filippo Maria Visconti e il Cavaliere genovese Carlo Lomellino (1427). Poi i passaggi ai Grimaldi (1435), alla Francia (1464) e agli Sforza. Nel 1565 subì le razzie del pirata musulmano Ulugh-Alì, detto Occhialì e nato in Calabria con il nome di Luca Galerni. Verso la fine del ‘500 la popolazione fu flagellata dalla peste e solo ai primi del ‘700 si riuscì a superare la crisi. Nel XVII i locali rappresentanti del popolo rimanevano in carica un anno e alla scadenza designavano il successore. Dopo una ribellione contro le tasse di Ventimiglia, Vallecrosia entrò nella “Magnifica Comunità degli Otto Luoghi” (con Bordighera, Borghetto S.Nicolò, Camporosso, S.Biagio, Sasso, Soldano e Vallebona) benché con la rivale osteggiò il dominio di Genova e rimase nella successiva Repubblica Ligure. Le opere napoleoniche, su tutte la ferrovia, permisero il reinsediamento. Con a restaurazione venne posta sotto la giurisdizione di Sanremo e dal 1815 diventa finalmente Comune. Nel 1848 arriva la definitiva separazione degli “Otto Luoghi”, rimasta nel frattempo in sospeso.

    ARTE E CULTURA

    La Chiesa di S.Antonio Abate (1737) a Vallecrosia Alta presenta una navata in tipico barocco ligure. Situata nel borgo forse su una preesistente chiesa medioevale (utilizzata come cripta) come dimostrano un capitello cubico posto sul fianco di una nicchia dell’altare barocco e documenti originali. Anche il vecchio campanile più piccolo è stato rifasciato, ma ne restano intonacature e affreschi. Vanno osservate le due statue lignee della Madonna attribuite a Anton Maria Maragliano. Nella Chiesa predicarono prima S.Bernardo da Chiaravalle e padre Segneri. Fuori dal borgo, la Chiesa tardo romanico di S.Bernardo o Ns delle Grazie con una navata e due cappelle laterali. Sotto la copertura del ‘600/’700 si individuano affreschi anteriori. Sui lati esterni due lapidi del ‘600/’700, ritenute copie, testimoniano la predicazione di S.Bernardo di Chiaravalle e la conseguente intestazione del tempio al Santo. Nel Medioevo vennero realizzati molti “guadi a pedate”. Se ne possono vedere ancora a Piani di Vallecrosia (sul rio Crosa o Verbone) e si tratta di percorsi di pietre posti sul letto dei fiumi nei punti di minor profondità per consentirne l’attraversamento. Presso la Chiesa di S. Vincenzo o S. Rocco ai Piani di Vallecrosia sono emersi numerosi reperti che testimoniano abitati romani. Si tratta per lo più di monete, anche se sono state individuate diverse tombe ed è stata recuperata un’arula votiva di Apollo, ancora visibile nell’edificio. Sono stati scoperti blocchi in pietra, varie strutture murarie e pure tre tombe tardo romane. L’intera zona già in tempi più remoti era destinata ai culti come si deduce dal nome “lucus” (bosco sacro) e dalla struttura pagana della località Vignasse. Per quanto riguarda la Chiesa, lo stile è quello romanico e fu edificata, probabilmente, su un precedente tempietto. Fu poi ampliata (1909) per la crescita della popolazione conseguente allo sviluppo della floricoltura. Intanto sul territorio si erano situate la “Casa salesiana di Don Bosco” (1876) e quella delle Suore di Maria Ausiliatrice (1887). Tra le opere di fortificazione, spicca a quella detta il “Torrione” che governava la difesa della costa da Bordighera a Ventimiglia. La struttura è quella della torre circolare (XVI secolo) e fa sistema con un gruppo di quattro fortilizi quadrati sistemati strategicamente sul territorio e dotati di cripte e cunicoli per mettere in salvo i cittadini.




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    Il Museo della Canzone Italiana, ideato e fondato da Erio Tripodi, trova collocazione in un pittoresco angolo del Ponente Ligure, a Vallecrosia, tra Sanremo e Montecarlo, nel suggestivo Parco delle Sette Note all’ombra di una piccola cappella consacrata a Santa Cecilia.

    Nel parco staziona un autentico treno del primo novecento con una locomotiva “Cirilla” e carrozze “centoporte” strutturate a saloni dove e’ custodita la completa testimonianza della ricerca dell’uomo nel tempo per “catturare” e riprodurre il suono e la voce umana:

    Scatole musicali, diverse varieta’ di organetti di Barberia e pianini meccanici che hanno contribuito a diffondere il grande repertorio della canzone napoletana, carillons, carta perforata, dischi quadrati e rotondi, microfoni, juke- box, radio, strumenti musicali di ogni tipo ed epoca. Tutto perfettamente funzionante!

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    Si possono ammirare, fra tutti, il violino e la bacchetta di direttore d’orchestra di Cinico Angelini e Pippo Barzizza, la fisarmonica di Gorni Kramer, il sax di Fausto Papetti, il passaporto di Giacomo Puccini, la chitarra di Adriano Celentano, le lettere di Lina Cavalieri e una romanza inedita di Ruggero Leoncavallo.

    Per gli amanti delle cifre, bastera’ ricordare che nel museo sono conservati settantamila dischi catalogati (su duecentomila), diecimila spartiti musicali catalogati (su trecentomila), milleduecento spartiti musicali del Festival di Sanremo catalogati, su cinquemila, a partire dal 1951.

    E proprio il Festival della Canzone Italiana e’ ampiamente documentato da fotografie, autografi, dischi, locandine, bozzetti di scenografie e microfoni utilizzati durante la kermesse canora.

    Una banca dati a cui si rivolgono studiosi ed appassionati.

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    Il Museo è stato inaugurato nel 1987 da Luciano Pavarotti, Presidente Onorario.

    «Per me che avevo la canzone nel cuore, gli idoli che popolavano i miei sogni artisti e interpreti venivano immaginati come personaggi di uno straordinario pianeta chiamato "Galleria del Corso".
    Quando, alcuni anni fa, andai a Milano per scoprire quel mondo magico, conobbi quei personaggi e fui felice di trovare la sensibilità e la cordialità che mi ero aspettato, ma fui grato, soprattutto, dell'amicizia che mi donarono e mi dimostrarono rendendomi la visita. Poi, lentamente ma inesorabilmente, una pianificazione emarginante sgretolava quel mondo di artisti che aveva scritto la storia della canzone italiana. Un'amara realtà troppo difficile da accettare!
    E' nata così l'idea di creare un Museo che tenesse vita nel tempo la testimonianza di una storia d'arte popolare da custodire, da far ritrovare e da far conoscere, soprattutto ai giovani, nella sua grande tradizione. Il Museo della canzone italiana è la nostra realtà! Questo lo dovevo ai personaggi dei miei sogni giovanili, ora miei fraterni amici».

    Erio Tripodi





    VASIA



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    Il paese faceva parte durante il medioevo della Castellania di Petralata Soprana e come Prelà ha conosciuto varie vicissitudini, prima come possedimento feudale dei conti di Ventimiglia, poi dei Lascaris e quindi dei Savoia.
    La presenza nel territorio del castello fortificato ha fatto sì che abbia dovuto subire nel corso dei secoli numerosi attacchi.
    L'impulso all'agricoltura, soprattutto olivicoltura, si deve ai monaci benedettini dipendenti dall'abbazia Lerino in Provenza, che qui si erano stabiliti.
    L'agricoltura, soprattutto l'olivicoltura e la viticoltura, rimane l'attività principale.
    L'apicoltura da ottimi prodotti.

    Luoghi e monumenti

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    La chiesa di Sant'Anna La chiesa parrocchiale di Sant'Antonino fu ricostruita in epoca barocca e vanta uno svettante campanile, il più alto della zona; all'interno si possono ammirare due polittici del XVI secolo.
    Ben più antica la chiesa campestre di S.Anna con portico e bel portale laterale.
    Vicino al cimitero, preceduta da una strada con numerosi piloni devozionali, si trova la chiesa di San Martino con il bel campanile romanico. San Martino

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    Il borgo di Castello si allunga su uno sperone ed e limitato a nord dai resti del castello di cui si possono ammirare tratti di mura e la chiesa parrocchiale dei Santi Giacomo e Filippo di origine medioevale, ma rifatta nel XVI secolo.
    La parrocchiale di Pantasina e stata ricostruita in epoca barocca, pur mantenendo un interessante portale in ardesia, mentre l'oratorio di Pianavia ha la facciata resa elegante da begli stucchi.
    Interessante a Pantasina il portale d'ardesia di palazzo Lascaris

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    Vessalico


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    Curiosità e tradizioni

    Il borgo di Siglioli Nel 1100 i terrazzani, con le loro casupole di pietra sparse qua e là negli oliveti del fondovalle, furono costretti a spostare le loro dimore sulla sponda sinistra del torrente Arroscia .
    Il nuovo insediamento prese il nome di Borgo di Ponte Nuovo e poi di Vessalico, dal latino volgare «vexalium» cioè sottomesso.
    Correva l'anno 1232 quando Vessalico si uni agli altri borghi della valle per far sorgere Pieve di Teco onde trarre vantaggio dai traffici che si svolgevano sulla strada che, partendo da Oneglia, per Chiusavecchia e Caravonica raggiungeva il colle San Bartolomeo, varcato il quale, scendeva a Vessalico per risalire a Ormea passando da Teco e Armo .
    Nel 1386 venne venduta dai marchesi di Clavesana alla Repubblica di Genova e da quell'anno la sua storia si identifica con quella della «Superba».
    Nella frazione di Lenzari esisteva una postazione armata per combattere il contrabbando fra la Liguria e il Piemonte.
    E' un centro agricolo della media Valle dell'Arroscia . I prodotti principali sono quelli della vite e dell'olivo.
    E' in piena attività una segheria modernamente attrezzata.
    Prodotti tipici sono l'olio vergine d'oliva, gli ortaggi, il vino («pigato» e «ormeasco») la frutta, l'aglio, le castagne.

    Luoghi e monumenti

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    Paese caratteristico, con stretti passaggi sotto le case, sorto lungo il tracciato stradale.
    Conserva il settecentesco oratorio della Visitazione, a pianta centrale, detto anche La chiesa di S.Andrea Madonna del Ponte perché davanti ad esso la strada passa sull'opposta sponda dell'Arroscia attraversando poi l'intero borgo, tra le case di struttura tardo medioevale e barocca.
    Poco sopra il paese, fra gli ulivi, sorge la chiesina romanica di S. Andrea, la più antica della valle (secolo XII) dopo quella di S. Pantaleo a Ranzo .
    Il centro storico conserva edicole, capitelli, iscrizioni e portali del XIV e XV secolo nonché i ferri per la chiusura della porta della chiesa parrocchiale di S. Maria Maddalena costruita in epoca barocca.
    Durante i recenti restauri della chiesa sono affiorati affreschi che erano stati coperti di calce durante una delle tante epidemie.

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    Vessalico è un piccolo paese nella Valle Arroscia, nell’entroterra di Imperia, che produce un aglio veramente speciale.

    A Vessalico coltivano l’aglio almeno dal 1700, come testimoniano le notizie sulla “Fiera dell’aiu”. Da alcuni anni la coltivazione è ripresa ed in modo biologico dalla Cooperativa “A Resta” (in dialetto significa la treccia di aglio), e l’Aglio di Vessalico è anche un Presidio Slow Food.

    La bontà e le qualità organolettiche dell’Aglio di Vessalico sono dovute in gran parte all’insieme dei fattori climatici e della composizione del terreno che contraddistinguono le località di coltivazione del comprensorio della Valle Arroscia. In particolare la mitezza del clima di questi luoghi, per la presenza del mare a pochi chilometri di distanza; la natura dei terreni sciolti, derivati da una roccia madre argillosa, ne fa un luogo ideale per la coltivazione di questo “aglio di montagna”.

    I soci della cooperativa “A Resta” seguono un rigido disciplinare nella produzione di questo aglio, dalla semina all’intrecciatura. Il metodo di coltivazione, già nel passato rispettoso dell’ambiente, è oggi certificato come biologico. Le piante intere sono fatte asciugare gradualmente all’ombra, quindi ripulite dalla prima tunica esterna ed intrecciate a mano. Questo modo di preparazione è costoso, ma unico nell’assicurare il pieno mantenimento nel bulbo di tutte le proprietà naturali, sia dal punto di vista chimico che organolettico, che si estrinsecano meravigliosamente in ogni ricetta in cucina.

    L’aglio di Vessalico con il suo gusto delicato è la scelta ottimale per preparare il pesto alla genovese, ma rende speciali anche le altre ricette che lo richiedono; provatelo per esempio in una zuppa di pesce accompagnata dall’aioli.


    L’aglio di Vessalico si conserva a lungo, addirittura un anno, appendendo la treccia intera in un locale con luce diffusa ma non diretta, ed evitando gli sbalzi di temperatura.






    Villa Faraldi



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    STORIA. Villa Faraldi, nell'alta valle del torrente Steria, è immersa in un ambiente in cui la natura e il lavoro dell'uomo si fondono insieme in maniera straordinaria dando vita a rigogliosi oliveti delimitati dai muri a secco, inequivocabile testimonianza di una storia contadina antica. Il borgo, con le stradine strette, illuminate la sera da scenografici lampioni, ha origini medievali, anche se la stele, datata al II-I secolo a.C. e oggi conservata nella parrocchiale attesta una frequentazione della zona in epoca romana. Villa Faraldi appartenne, fino al XII secolo, al territorio dei Clavesana per passare poi sotto il dominio di Genova. A lungo soggetto all'amministrazione comunale di Cervo, il borgo è divenuto Comune autonomo nel 1947.

    Curiosità e tradizioni

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    Un mulino ad acqua La storia di Villa Faraldi è densa di molteplici avvenimenti significativi.
    Compreso nei feudi dei marchesi di Clavesana, passò a Genova nel sec. XIII. Assegnato a Diano Marina nel 1923, ne fu staccato due anni dopo e aggregato a Cervo fino al 1947, anno in cui fu riconosciuto comune autonomo.
    La chiesa del capoluogo dedicata a San Lorenzo, ha la facciata decorata con stucchi ed è preceduta da un bel sagrato dal quale si domina tutta la valle, usato nel mese di luglio come palcoscenico per le rappresentazioni teatrali del Festival.
    L'impianto del borgo è molto compatto con viuzze strette che si intersecano.
    Tre vicoli in ripida salita conducono alla parte alta del paese dove c'è la parrocchiale di San Lorenzo Martire.
    Sono tutti contrassegnati dai tipici passaggi voltati e da archi di controscarico che concorrono ad aumentare la suggestione dell'antico nucleo.
    Di fronte al palazzo comunale, posto nella parte bassa, la gradinata di vico Angeli porta alla chiesa, così come via Morchio dove rimane in vista un arco ogivale murato (civico numero 18), che secondo la tradizione avrebbe fatto parte della dimora dei Marchesi di Clavesana.
    Anche la via Pieminte con scalinate e volte mantiene scorci di murature gotiche in pietra (civico numero 33).

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    VISITA AL BORGO DI VILLA FARALDI E DINTORNI. Si accede alla parte più antica e arroccata del borgo attraverso un labirinto di viuzze strette tra i muri in pietra delle case e si giunge, in breve, nell'ampia piazza della chiesa su cui si erge l'ottocentesca facciata neoclassica della parrocchiale di San Lorenzo.

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    L'interno, affrescato nel Seicento e ricco di colorati stucchi, conserva la stele romana e il pulpito in ardesia scolpita e dipinta; mentre all'esterno, l'alto campanile svetta elegante a lato della parrocchiale. I borghi di Riva e Deglio si svilupparono quando, a partire dal Cinquecento, la coltivazione del frumento lasciò posto, progressivamente a quella dell'ulivo, che costituì, fino a tempi recenti, la maggiore attività economica della valle, come testimoniano anche i frantoi lungo il torrente e che tutt'oggi viene largamente praticata. L'origine del nome della località di Molini, invece, indica la presenza di strutture atte alla macinazione del grano: presso questo nucleo abitativo si trova un ponte, noto come ponte romano e risalente al Medioevo. Un'escursione fra le frazioni di Villa Faraldi, tranquilli borghi immersi nel verde di una natura rigogliosa, rivela la grande ricchezza del patrimonio artistico di questa zona: merita una sosta il piccolo nucleo abitato di Tovetto, nel cui oratorio, intitolato ai Santi Rocco e Sebastiano, si trova un pregevole polittico in cui è raffigurato il Martirio di San Sebastiano, da datarsi probabilmente alla fine del Cinquecento; in breve, proprio al limitare del crinale, si raggiunge il paesino di Tovo, dove un tempo si trovava un frantoio che, non potendo sfruttare l'energia idrica, era messo in funzione dal lavoro di un animale e pertanto era detto a sangue. La parrocchiale di Sant'Antonio, con la sua facciata a capanna semplicemente intonacata, custodisce un interessante polittico opera di Raffaele e Giulio De Rossi, del 1560-1562. Nella chiesa di Riva Faraldi si conservano due interessanti opere scolpite nel legno: l'una rappresentante L'Angelo custode e l'altra La Trasfigurazione; a Deglio, nella parrocchiale di San Bernardo, si può ammirare una pala di Giulio De Rossi compiuta nel 1577.

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    ESCURSIONI NEL VERDE. Da Tovo una strada sterrata conduce alla frazione Chiappa. Poco prima di arrivare al piccolo nucleo di case ci si imbatte nel cippo miliario, scolpito nel 13 a.C., che indica la distanza da Roma, 553 miglia, attestando il passaggio da questo luogo della via Julia Augusta. Tutt'intorno, nella campagna, è frequente vedere le caselle, costruzioni realizzate, dai tempi più antichi fino all'Ottocento, in pietra a secco ed utilizzate come ricovero dai pastori, dai contadini e spesso anche dagli animali. Una passeggiata e una strada di accesso percorribile anche in auto conducono da Deglio al prato dei copetti: dove una chiazza d'erba dall'inspiegabile colore marrone, testimonia il luogo in cui, secondo la tradizione popolare, si riunivano le streghe per i loro incontri. Da sempre, il primo maggio, centinaia di persone si radunano su questo prato per celebrare la festa dei lavoratori e si svolgono manifestazioni con degustazioni gastronomiche, balli, danze ed escursioni naturalistiche.

    MANIFESTAZIONI A VILLA FARALDI. Nel 1983 Fritz Roed, uno scultore norvegese innamorato della Liguria, allestì insieme all'amministrazione comunale, una rassegna di pittura e scultura. Nacque così il sodalizio, mai più venuto meno, tra Villa Faraldi e le arti contemporanee. Due musicisti svizzeri che avevano una casa a Tovo, Gerard Holzer e Heidi Saxer, insieme al regista Lionello Gennero, ampliarono il programma della manifestazione conferendole una portata internazionale. Dal 1986 venne istituito il Festival di Villa Faraldi, che oggi è un importante appuntamento teatrale e artistico. Ogni anno, a Luglio, tutte le piazze e delle frazioni e delle borgate diventano sede di questa manifestazione itinerante a cui partecipano notevoli personalità del mondo dello spettacolo e un gran numero di appassionati.
    Il 10 agosto, inoltre, per celebrare San Lorenzo, il borgo si anima di numerosi festeggiamenti che, oltre alla processione, affiancano momenti di svago e divertimento con musica e danza.

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    ...in questo mio viaggio lungo la riviera dei fiori,nella provincia di imperia, ho scoperto piccoli paesi bellissimi ..pieni di curiosità e storie ..vale la pena di farci una visita..
     
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  4. tomiva57
     
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    Sassello

    Da Wikipedia

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    Sassello (Sascello in ligure, Sascê nella variante locale) è un comune italiano di 1.861 abitanti della provincia di Savona in Liguria.

    Il comune è stato insignito della Bandiera Arancione dal Touring Club Italiano, il primo comune d'Italia ad ottenere tale riconoscimento.


    Geografia fisica

    Sassello è situato vicino al confine tra Liguria (provincia di Savona e Genova) e Piemonte (provincia di Alessandria) nel versante settentrionale dell'Appennino Ligure. Vanta un intimo e particolarissimo centro storico, a cui è stata conferita dal 1998 la Bandiera Arancione dal Touring Club Italiano, ed è una delle mete collinari preferite da savonesi e genovesi.

    La circoscrizione del comune è costituita dal capoluogo di Sassello e dalle tre frazioni di Palo, Piampaludo e Maddalena.

    Sassello è meta di villeggiatura estiva per il suo clima fresco in estate (temperatura media di luglio +20,1 °C). Gli inverni sono caratterizzati da forti escursioni termiche tra giorno e notte (temperatura media giornaliera di gennaio +1,4 °C) con forti gelate notturne (record di -17°) e temperature diurne solitamente piuttosto miti.

    Dista da Savona circa 25 km e 64 km da Genova e circa 60 km da Alessandria.



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    Storia

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    Il centro storico

    Il primo borgo, già abitato in epoca preistorica, fu fondato dagli Statielli, una tribù dei Liguri che si stanziò tra le valli Stura e Bormida. Venne quindi compreso nella Marca Aleramica e citato, per la prima volta con il toponimo di Salsole, nel diploma imperiale di Ottone I del Sacro Romano Impero nel 967. Già nel medioevo risulta soggetto alla giurisdizione ecclesiastica del vescovo di Acqui. In seguito appartenne a Bonifacio del Vasto nel 1091 e successivamente soggetto ai marchesi Del Carretto.

    Dal XII secolo rientrò nei possedimenti del Marchesato di Ponzone e furono proprio i marchesi, nel 1290, a vendere il borgo sassellese al genovese Branca Doria che si autonominò, senza un'ufficiale investitura, signore di Sassello. Durante la dominazione doriesca fu edificata nel primo decennio del XIV secolo il castello di Bastia Soprana e sarà ancora un discendente di un altro ramo della famiglia Doria, Filippo, ad edificare intorno al 1450 presso Bastia Sottana una nuova fortificazione più a valle.

    I rapporti tra la famiglia Doria e gli abitanti del borgo causeranno negli anni successivi confronti sempre più tesi e aspri che scoppiarono nel 1593 con una rapida ribellione dei sassellesi; secondo alcune fonti storiche saranno gli stessi Doria, per placare i dissidi politici tra le diverse casate nobiliari, a vendere il feudo di Sassello nel 1612 alla Repubblica di Genova.

    Durante la dominazione genovese subì devastazioni e due incendi nel 1626 e nel 1672, a causa degli scontri tra la repubblica genovese e i Savoia, prontamente risanati con nuove ricostruzioni del borgo nelle forme e strutture odierne. Nei due celebri scontri in epoca napoleonica - le battaglie di Dego e di Montenotte del 1796 - il territorio fu interessato con alcuni fatti d'armi.

    Così come la Repubblica di Genova rientrò nel 1805 nei confini del Primo Impero francese e, alla caduta di Napoleone Bonaparte, nel Regno di Sardegna dal 1815 e quindi parte integrante del Regno d'Italia dal 1861. Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio nel Novecento il territorio di Sassello fu interessato da spostamenti migratori verso le Americhe e, grazie al crescente sviluppo dell'industria, verso i grandi centri industriali della costa genovese e savonese.

    Dal 1973 al 30 aprile 2011 è stata la sede legale della Comunità Montana del Giovo, quest'ultima soppressa con la Legge Regionale n° 23 del 29 dicembre 2010 e in vigore dal 1º maggio 2011.

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    Ferriere
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    Il periodo d’oro della siderurgia sassellese va dal 1570 al 1670. La fase discendente coincide con la distruzione del paese nel 1672 ad opera delle truppe di Carlo Emanuele II di Savoia. Dopo varie vicissitudini nel 1858 Cavour fece chiudere definitivamente le Ferrerie.

    La successione cronologica delle ferriere è la seguente: Reborgo, Giovo, Chiappino, Prato, Erro, Nuova e Tripalda. Percorrendo, invece, la strada provinciale 334 verso Sassello, si incontrano i resti delle ferriere in questa successione: Reborgo, Giovo, Nuova, Tripalda, Prato, Erro e Chiappino.


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    Monumenti e luoghi d'interesse


    Architetture religiose


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    La chiesa della Santissima Trinità nel centro storico


    Nel centro storico di Sassello è ubicata la chiesa parrocchiale della Santissima Trinità che, assieme alla parrocchiale di San Giovanni Battista, costituisce la comunità parrocchiale del capoluogo. La chiesa fu costruita tra il 1654 e il 1725, è preceduta da un colonnato e conserva pregiati affreschi del XVIII secolo di Paolo Gerolamo Brusco e diverse tele di scuola pittorica genovese del Seicento e Settecento.


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    Molto più antica è la chiesa di San Giovanni Battista, il primo edificio di culto di Sassello, che fu eretto nell'XI secolo ed in seguito più volte rimaneggiata perdendo così l'aspetto della sua struttura originale. Conserva tele del Cinquecento e del Seicento, così come alcune sculture di scuola genovese tra cui una statua di Anton Maria Maragliano.


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    chiesa Della Concezione


    municipio
    palazzo Perrando -municipio

    Posta di fronte all'odierno palazzo municipale, già palazzo Perrando, la chiesa della Concezione è un edificio religioso edificato tra il 1582 e il 1584, anticamente annesso ad un convento di frati minori. Conserva al suo interno una scultura del XVII secolo di Pasquale Navone, tele e affreschi di Lorenzo De Ferrari e Paolo Gerolamo Brusco.

    Presso il nucleo antico di Bastia Sottana è presente la chiesetta di Sant'Antonio abate, anticamente compresa entro le mura del castello edificato nel corso del Quattrocento dalla famiglia Doria. Pur notevolmente trasformata e ridotta, l'antica chiesa marchionale conserva al suo interno un dipinto della Madonna e santi del pittore Giovanni Battista Carlone.



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    Altri edifici religiosi del centro storico sassellese sono la chiesa di San Rocco, eretta nel 1630 con la conservazione di una tela attribuita a Domenico Piola, e l'oratorio dei Disciplinanti eretto nel XVII secolo con un gruppo ligneo del Maragliano; la chiesa di San Sebastiano, del 1637, antica guardiola del confine.



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    oratorio dei Disciplinati

    Nella località comunali sorgono inoltre altri edifici religiosi: la cappella di Sant'Anna lungo la vecchia strada di collegamento tra il centro di Sassello e la borgata di Bastia Soprana, la cappella di San Pietro in località Badani e la cappella della Madonna della Neve di proprietà privata posto ai margini dell'abitato sassellese. Nella campagna, a qualche centinaio di metri dal campo sportivo, si trova la piccola Cappella dei "Girasoli" del 1854.


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    Cappella dei Girasoli


    Nella frazione di Palo la locale chiesa è intitolata al santo Bernardo da Chiaravalle. L'edificio è menzionato per la prima volta in un documento del 1577 e conserva, dopo il rifacimento nel XX secolo, una facciata in stile neoromanico. Nei pressi della frazione, in località Chiappuzzo, è presente la piccola cappella di Santa Croce dell'Ottocento. Lungo la strada per Urbe è presente la cappella della Madonna del Foresto, edificata nel 1807, e nella località di La Carta la cappella di Punta San Michele del 1523. Al confine con il comune di Urbe, in località "Campazzo", sorge la Cappella di Santa Filomena.


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    A Piampaludo, frazione comunale, la locale chiesa è dedicata a san Donato e la sua edificazione potrebbe essere risalente al XVI secolo. Nel territorio sono inoltre presenti i seguenti edifici dedicati al culto: cappella di Nostra Signora della Guardia, in località Dano e risalente al 1856; la cappella di San Bernardo in località Cascinazza; la cappella di Nostra Signora della Misericordia in località Roscina e risalente al 1800; la cappella di Mièra del 1881; il santuario di Nostra Signora Regina Pacis presso il monte Beigua e la Croce monumentale del Beigua.


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    Architetture civili


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    Scorcio di Bastia Sottana



    Nella piazzetta antistante la chiesa della Concezione è ubicato il palazzo Doria-Perrando, edificato nel XVII secolo e rimaneggiato verso la metà del XIX secolo; il palazzo è oggi sede del municipio.


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    Presso il palazzo Gervino è stato allestito dal 2008 un centro visite dedicato ai temi della geologia e geomorfologia del territorio e del parco naturale regionale del Beigua.

    A Piampaludo in località Campazzo, ai confini con il comune di Urbe, sorge il settecentesco Palazzo del Rostiolo, oggi importante base scout Agesci.


    Architetture militari

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    Torre

    Sarà il condottiero Branca Doria, per altro menzionato da Dante in un canto dell'Inferno, autonominatosi Signore di Sassello, con alcuni esuli cittadini ad erigere presso l'attuale borgo di Bastia Soprana un castello dove già anticamente sorgeva una torre d'avvistamento. I successivi contrasti e le azioni contro Genova tra il Doria e la Repubblica di Genova porteranno quest'ultima ad un assedio della fortezza che fu rasa al suolo.

    Nel 1450 sarà invece il successore Filippo Doria ad erigere presso Bastia Sottana un nuovo castello, al quale si coagulò l'abitato. Divenuta la repubblica genovese proprietaria del borgo sassellese, la fortezza subì negli anni successivi gli scontri tra quest'ultima e i Savoia nel 1672 e ancora nel 1747. Del primitivo castello di Bastia Soprana rimangono ad oggi su un'altura ad est dell'abitato i resti della torre, detta "Saracena", mentre a Sottana i scarsi resti delle parti murarie nei pressi del borgo.



    Cultura


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    Il palazzo municipale



    Musei

    All'interno del Museo "Perrando" sono conservati alcuni reperti archeologici provenienti dal territorio locale, oltre ad una notevole collezione di dipinti. Tra le opere esposte quelle dei pittori come Alessandro Magnasco, Luca Cambiaso, Domenico Piola e Giuseppe Pellizza da Volpedo. È presente inoltre una raccolta di ceramiche, caratteristiche della provincia savonese, del Seicento e del Settecento e un caratteristico presepe genovese della fine del Seicento, trafugato negli anni ottanta.


    Cucina



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    Il paese è conosciuto per la produzione del biscotto amaretto (Amaretto morbido di Sassello) di pasta alle mandorle, una ricetta risalente al XIX secolo e che annualmente viene festeggiato in una sagra a tema. La tradizione culinaria contadina riporta numerose ricette a base di funghi che costituiscono il patrimonio gastronomico del paese. I salumi e la carne di pregio sono apprezzati e oggetto di acquisti da parte dei turisti. Tra i piatti della cucina locale si ricorda la cacciagione (cinghiale, capriolo, lepre e fagiano) e la torta pasqualina, particolare torta salata di verdure e uova che si prepara in periodo pasquale.



    Eventi


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    infiorata


    Ogni anno in occasione della festa del Corpus Domini si svolge "l'infiorata", durante la quale le vie e le piazze del centro storico vengono addobbate con disegni ispirati a soggetti religiosi mediante l'uso di migliaia di petali colorati.

    Nel periodo pasquale vengono celebrate la ricorrenza del giovedì e del venerdì Santo: il giovedì viene rievocata la lavanda dei piedi agli apostoli presso l'oratorio della chiesa di San Giovanni Battista con successiva processione fino alla chiesa della SS Trinità, mentre al venerdì Santo si rievoca la passione di Gesù e la deposizione dalla croce, con la processione del Cristo morto che dalla Parrocchia della SS Trinità giunge alla chiesa dell'Immacolata Concezione, seguita dalle varie confraternite precedute dai portatori delle croci lignee. Tali croci, nonché la statua del Cristo morto, sono opere di scultori del XVIII e XIX secolo.

    Il 29 agosto per le vie e piazze del paese si svolge una fiera ambulante, propriamente detta "Fiera del Ventinove" che risale ad almeno cento anni fa, in cui un tempo venivano venduti capi di bestiame, animali da cortile e generi di prima necessità e che portava a Sassello moltissima gente sparsa nelle frazioni e nei paesi vicini (Urbe, Mioglia, Pontinvrea, Stella, Ponzone, Piancastagna).



     
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