Liguria ... Parte 2^

...“Benvegnuj a Zena” ... BENVENUTI A GENOVA!!!

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “... Martedì ... la nostra isola felice ieri ha festeggiato il compleanno di un nostro amico ... tante persone, tanta umanità si sono incontrate in quel momento di festa ... mi sono soffermato a lungo ad osservare quelle persone festanti e il loro desiderio di donare amicizia e amore ... questo luogo ogni giorno vive di quei sentimenti ... di quelle emozioni, di quelle vivifiche carezze. Osservo la nostra isola nella vita di tutti i giorni ... vedo arcobaleni che la attraversano, con i loro colori, con le loro particolari tinte ... ogni arcobaleno rappresenta ognuno di noi ... per questo vi chiedo amici miei di far sentire la vostra voce, di far vedere i vostri colori ... partecipate attivamente a tutte le sezioni, a tutte le attività di questa isola felice, lasciate commenti, immagini, pensieri ... noi abbiamo bisogno della nostra isola tanto quanto essa ha bisogno di noi ... Oggi la mongolfiera vola ancora verso ovest ... e raggiungiamo Genova ... Buon risveglio amici miei ... un’ altra tappa del nostro viaggio ci attende ...”

    (Claudio)



    ...“Benvegnuj a Zena” ... BENVENUTI A GENOVA!!!



    “A Genova si trovano il bellissimo Acquario, uno dei più moderni d'Europa; l'immenso spazio espositivo e congressuale dei Magazzini del Cotone; la Città dei Bambini, con le sue mille proposte ludiche e didattiche. A ridosso spuntano il seicentesco Palazzo Reale e Palazzo San Giorgio, originaria sede della dogana. In direzione est, si dipana invece il ventre di Genova, il labirinto di vicoli e vicoletti, talvolta così stretti che il sole stenta a penetrate, di cui ci parlano le canzoni di Fabrizio de André. Si è ormai nel centro storico, i cui simboli sono la Cattedrale di San Lorenzo, il duomo, magnifico esempio di gotico ligure; Palazzo Ducale, un tempo dimora dei dogi, oggi vivacissimo contenitore culturale, sede di mostre, biblioteche, archivi, laboratori di ricerca e associazioni; gli spettacolari palazzi cinquecenteschi di via Garibaldi (Palazzo Rosso, Palazzo Bianco...); il Teatro Carlo Felice con le ricche stagioni di opera e balletto. Il centro storico è chiuso al traffico automobilistico, ma si gira comodamente e piacevolmente a piedi. Tra i parcheggi custoditi più vicini ci sono quelli di piazza Dante e del Porto Antico.”

    “…i Portici di Sottoripa, costruiti nel 1135, quando una sentenza del Comune obbligò i proprietari delle case affacciate sul porto a costruire un porticato riservato alle attività commerciali…Qui oggi si può assaporare ciò che rimane delle antiche atmosfere del porto: botteghe colorate piene di spezie e frutta secca, vecchie friggitorie dove si possono trovare specialità genovesi….Poi bisogna andare in Piazza dei Banchi chiamata così dai "Banchieri", i cambiavalute che nel medioevo qui avevano i loro banchi sotto le case che circondavano la piazza….La piazza era il centro dei commerci di Genova fino al XIX secolo e sede di uno dei tre grandi mercati della città, quello del grano, ed è dominata dalla Loggia dei Mercanti costruita a fine del Cinquecento, sede dal 1885 della prima Borsa Merci in Italia.Quindi da vedere Via Orefici con uno dei più bei portali del centro storico e varie edicole votive…Poi c'è da lasciarsi perdere fra le strette viuzze, i cosiddetti caruggi, che caratterizzano la zona del porto.

    “Il museo storico della filarmonica sestrese di Genova: tra antichi strumenti a fiato, spartiti musicali, documenti storici e partiture autografate da Giacomo Puccini, si distende una vasta serie di strumenti rari e antichi come i “rotofoni”. Per gli amanti della musica e non, il museo svela storie, antiche melodie di un passato sempre attuale!”

    “Cogoleto è una splendida cittadina della riviera ligure di ponente nella provincia di Genova…la Battaglia di Cogoleto…un conflitto si svolse nel 1800 tra l’esercito francese e quello austriaco ….la storia di un famoso genovese, Cristoforo Colombo…la casa del genovese…la particolarità della casa, esteticamente molto bella e antica con alcune scritte che si trovano sulla facciata… tale edificio era l’abitazione di Colombo, realizzata nel 1650…. In realtà non si ha la certezza di ciò, a tale proposito ci sono due pensieri discordanti: chi ritiene che in questa casa nacque Colombo e quindi che era di Cogoleto altri invece ritengono l’esatto contrario.”

    “Albissola Marina che si trova nella provincia di Savona… città è famosa per la produzione di ceramiche tanto è vero che nella Settecentesca Villa Faraggiana si trovano un piccolo museo e il centro ligure per la storia della ceramica; proprio per questo l’aria che si respira arrivando ad Albissola è realmente una ventata d’arte…Tutto profuma d’arte! Ci sono diversi negozi di ceramiche ma non solo, vi sono negozi che vendono quadri e sculture ma l’arte non viene solo messa in vendita viene anche regalata ai turisti o ai semplici passanti che se hanno la fortuna di percorrere le vie del centro o la passeggiata della città possono ammirare sui muri o nel suolo le bellezze degli artisti.”

    “Andai a Celle Ligure, un comune situato sulla costa della Riviera di Ponente tra la punta dell’Olmo e quella della Madonnetta. E’ affascinante sapere che questi ultimi creano una insenatura naturale avvolgendone la bella città costiera. La cittadina si trova in provincia di Savona.. per le strade del borgo…le case sono tutte attaccate tra di loro e collegate in molti casi da archi che passano da un edificio all’altro come se volessero aiutarli a sorreggersi…. I colori sono diversi.. una sorta di arcobaleno formato dalle case. Si alternavano il rosa, il giallo, il bianco e l’azzurro in un ammasso di casette strette e lunghe.”

    “Incastonata tra le rocce del panoramico capo di Noli si nasconde Varigotti, frazione del comune di Finale Ligure nel savonese; piccolo gioiello della costiera ligure, creato a misura di pescatore ben settecento anni fa. Questo minuscolo pezzo di terra, che scende a strapiombo sul mare del tratto costiero del Malpasso, riesce ad esprimere, nonostante le dimensioni ridotte, un bagaglio immenso di peculiarità…le piccole casette sulla sinistra del mare, una accanto all’altra, tutte colorate con le più svariate tinte pastello dell’arancio, del rosa o del verde. Tutte messe in fila come torri di guardia che vigilano sullo scorcio perfetto del mare blu e la spiaggia oro…..Di notte il piccolo angolo nascosto, quasi come se fosse una bellissima ragazza troppo timida per gli sguardi invadenti, diviene ancora più emozionante e suggestivo. Le stelle fanno da cornice ad un piccolo presepe. Delicato come se anche una piccola folata di vento potesse mettere in disordine ciò che nel medioevo fu costruito con tanta cura….Come le stradine del centro, strette e ciottolose, delimitate dalle case giallo ocra e rosa pesco, con le finestre in ferro battuto, le piantine sui cornicioni e le biciclette sistemate accanto ai cancelletti di legno…Ad ogni passo ci immergiamo in una piccola illustrazione da libro delle fiabe che, disegno dopo disegno, ci accompagna nella minuscola piazzetta dei Pescatori.”

    “…alle porte del “gioiello d’Europa”, come i giardini piccoli e graziosi che si alternano a scorci fugaci sul porto, attraverso cui si intravedono le prime barche……alle porte del “gioiello d’Europa”, come si legge sul cartello all’ingresso: benvenuti a Portofino!...Curva dopo curva ecco qualche auto parcheggiata e, una dopo l’altra le prime villette, le mura colorate, i giardini piccoli e graziosi che si alternano a scorci fugaci sul porto, attraverso cui si intravedono le prime barche….la famosissima “Piazzetta“, che si stende elegante fino al molo… un palcoscenico ciottolato e luccicante dove scorre vivace la bella vita italiana, terra di vip, yacht e Maison di alta moda….Ciottolo dopo ciottolo l’aria si fa frizzante, il sole luminoso di giugno brilla sui vetri delle boutique di alta moda che si susseguono altezzosi ed imponenti sulla passeggiata lungo Via Roma…il mare, un lembo di mare inseguito da uno scampolo di ciottoli, racchiuso tra le pareti ruvide di due calate che scendono piano verso la spiaggia… un piccolo angolo di paradiso.. un giro alla scoperta dei vicoletti colorati e pittoreschi del borgo, l’altra faccia di Portofino, quella che profuma di pino e di fiori freschi, che ha affascinato Ernest Hemingway…..le pareti rosse e strette di Vico Nuovo ci portano a quella Portofino genuina, piena di poesia, quella dei marinai che al tramonto si riposano sulle spiagge nascoste tra le insenature, quella che ascolta in silenzio la vita che si muove lungo i sentieri dimenticati…”

    “Non abbiate paura, non saranno loro a venire da noi, al contrario, saremo noi a far visita alle signore della magia o alle fate dei boschi….Per conoscere i loro segreti, i loro sortilegi e gli spettrali e ammalianti canti dovremo percorrere l’intera Valle Argentina, affiancare l’omonimo torrente sull’estremo confine ovest della Liguria e salire sulle cime più alte della catena montuosa del Massiccio del Saccarello e, ancora, attraversare le fittissime foreste dove, forse per una magia, il freddo dell’inverno non aggredisce ma accarezza soavemente. Per conoscere i dettagli di una leggenda centenaria, dunque, dovremo giungere fin dentro la provincia di Imperia, e più precisamente a Triora, uno dei comuni più estesi della regione ligure…Ma è una semplice passeggiata nelle piazze e nelle vie di Triora a svelare il vero evento storico a cui i cittadini sono davvero legati e che, più di ogni altro, ne ha segnato l’immagine agli occhi di tutti noi italiani; ovvero Triora come città delle streghe…A testimoniare il ricordo e talvolta il culto verso le spose di satana vi è l’importantissimo Museo Regionale di Etnografia e Stregoneria. E’ nelle sue stanze infatti che scopriamo il perché di tanto interesse su donne a cavallo di scope volante o fini conoscitrici di erbe medicamentose…la leggenda ebbe inizio nel lontano 1587 quando in tutta Europa imperversava la persecuzione di tutti gli eretici; dai valdesi ai maghi, dagli alchimisti agli artisti….Il mondo andava liberato dal male, purificato dalle tracce del demonio. E anche il nostro paese, così lontano dai grandi centri, pagò il suo amaro prezzo per una salvezza eterna….In quell’anno vennero imprigionate 20 donne presenti su una lista di 200 accusate. Gli inquisitori dovettero arrampicarsi sugli specchi per giustificare … le condanne furono eseguite, ma il paese non dimenticò mai la morte delle proprie concittadine innocenti.”










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    Genova - La Lanterna vista dai Magazzini del Cotone



    Acquario di Genova


    L'acquario di Genova è il più grande acquario italiano e il secondo in Europa, dopo quello di Valencia, in Spagna.
    Si trova a Ponte Spinola, nel cinquecentesco porto antico di Genova, ed è raggiungibile dalla stazione ferroviaria di Genova Principe, dalla fermata della metropolitana "San Giorgio" e dall'uscita autostradale di Genova Ovest.
    È stato inaugurato nel 1992 in occasione delle Colombiadi, ovvero della Expo celebrativa del cinquecentesimo anniversario della scoperta dell'America; successivamente è stato a più riprese ampliato. Al momento della sua inaugurazione era il secondo Acquario più grande al mondo.



    Il percorso di circa 2 ore e 30 minuti si snoda su una superficie totale di 9.700 metri quadrati. Il corpo originario (39 vasche) prevede un percorso in mezzo a vasche che ospitano pesci e molti rettili, e ricostruiscono gli ambienti naturali originari delle singole specie con evidenti finalità didattiche.

    Di particolare pregio sono le tre grandi vasche che ospitano rispettivamente delfini, squali e, la terza, foche e tartarughe oltre a innumerevoli altre specie ittiche.

    L'ampliamento dell'acquario è avvenuto sfruttando gli spazi dello scafo di una nave (denominata Nave Italia) che ospita una grande quantità di vasche aperte.



    In molte di esse il visitatore può immergere le mani e toccare direttamente i pesci. Non vi sono solo specie marine, ma anche animali di foreste pluviali o di acqua dolce.

    L'acqua dell'acquario è prelevata al largo della costa ed è stabulata in quattro cisterne situate a lato dei due piani. L'acqua viene depurata e disinfettata, quindi immessa nelle vasche, tutte fornite di impianti di filtrazione meccanici e biologici.

    Nel 2008 è stato visitato da 1.212.000 persone





    GENOVA.... INNEVATA









    Siamo a Genova..... permettetemi un omaggio a De Andrè in Via del Campo nei vicoli di Genova


    L'altarino...



    Via del campo.... da una finestra... recente



    Fabrizio De Andrè, per la mia generazione è stato un compagno di vita, io sapevo tutte le sue canzoni a memoria, e tutte mi hanno emozionato e fatto riflettere, nessuna esclusa.

    Biografia da Musicstore.it

    Fabrizio De Andrè nasce a Genova Pegli, in Via De Nicolai, il 18 febbraio 1940.
    Dopo aver trascorso gli anni della guerra in campagna a Revignano d’Asti, la famiglia De Andrè fa ritorno a Genova, in Via Trieste numero13.
    Fabrizio studia al liceo "Cristoforo Colombo" e dopo il diploma si iscrive all’università, frequentando con poca convinzione prima medicina e lettere, poi giurisprudenza, dove supera diciotto esami senza arrivare però alla laurea.



    La sua è una normale gioventù da figlio di agiata famiglia della buona borghesia: la scuola, tre mesi di villeggiatura al mare, variegate letture nella biblioteca di casa, ma anche lunghe serate trascorse con Paolo Villaggio, Luigi Tenco, Gino Paoli e il poeta Remo Borzini a parlare di letteratura, di poesia e di cantautori francesi.
    A sedici anni compra la sua prima chitarra e il primo amplificatore e si mette a suonare jazz con un gruppo guidato dal pianista Mario De Santis, nel quale capita spesso Luigi Tenco col suo sax tenore; De Andrè si ispira alle sonorità e allo stile del chitarrista americano Jim Hall, suo idolo.
    I successivi passi nella musica li muove cantando e suonando in una formazione country e western che si chiama The Crazy Cowboy and Sheriff One, con cui si esibisce nelle feste studentesche.
    Nello stesso periodo butta giù le sue prime composizioni, canzoni strane e crude che parlano di suicidi, puttane, drogati e impiccati.



    Nel 1958 incide il suo primo 45 giri, Nuvole barocche, passato praticamente inosservato.
    Si sposa a ventidue anni con Erica Rignon (detta Puny) e diventa padre di Cristiano a meno di ventitre.
    In quel periodo alterna ancora l’hobby della musica ad un impiego negli istituti privati del padre (che aveva a Genova un paio di scuole per ragionieri, periti e geometri).
    Il suo primo grande successo è La canzone di Marinella, brano che viene interpretato da Mina nel 1965 diventando subito un best seller.
    Nel 1966 esce il suo primo album, Tutto Fabrizio De Andrè. Nel 1976 dopo aver incontrato la cantante Dori Grezzi, sua compagna da allora e da cui ha avuto la figlia Luisa Vittoria (Luvi), acquista un’azienda agricola in Sardegna, nella zona di Tempio Pausiana.
    Il 28 agosto 1979 viene sequestrato insieme a Dori Grezzi e per quattro mesi la coppia rimane prigioniera sulle montagne sarde.



    Fin dalle sue prime incisioni De Andrè si è imposto come il cantautore italiano che più di ogni altro si è accostato al genere musicale di grandi autori come Jacques Brel, Leonard Cohen e Bob Dylan; è stato il primo in Italia a dare alla canzone contenuti nuovi rispetto a quelli tradizionali, dimostrando che attraverso la canzone si potevano anche raccontare storie fino a quel momento riservate agli scrittori o ai poeti.



    Alla sua attività di autore e interprete ha affiancato quella di traduttore dei testi di Georges Brassens, Dylan e Cohen.
    Mentre i suoi album continuavano a uscire, De Andrè si rifiutava di fare televisione e di esibirsi in pubblico.
    Il suo primo concerto lo ha tenuto il 18 marzo 1975 alla Bussola di Focette, affiancato dai New Tolls.
    Da allora le sue esibizioni dal vivo sono state comunque rare.
    Muore a Milano l’11 gennaio 1999.



    Augusto.... De Andrè, con le sue canzoni "dure e vere", ci ha dato tanto...



    Via del Campo c'è una graziosa
    gli occhi grandi color di foglia
    tutta notte sta sulla soglia
    vende a tutti la stessa rosa.

    Via del Campo c'è una bambina
    con le labbra color rugiada
    gli occhi grigi come la strada
    nascon fiori dove cammina.

    Via del Campo c'è una puttana
    gli occhi grandi color di foglia
    se di amarla ti vien la voglia
    basta prenderla per la mano

    e ti sembra di andar lontano
    lei ti guarda con un sorriso
    non credevi che il paradiso
    fosse solo lì al primo piano.

    Via del Campo ci va un illuso
    a pregarla di maritare
    a vederla salir le scale
    fino a quando il balcone ha chiuso.

    Ama e ridi se amor risponde
    piangi forte se non ti sente
    dai diamanti non nasce niente
    dal letame nascono i fior
    dai diamanti non nasce niente
    dal letame nascono i fior.
     
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    Genova - andare per caruggi



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    ..GENOVA..VISTA..AEREA...

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    Genova - Tramonto

    Alla sinistra dell’immagine, potete vedere La Torre della Lanterna. E’ il faro portuale di Genova, la città un tempo definita la Superba. La Lanterna è anche il simbolo di Genova e fa parte della storia della città. Edificata sulla collina promontorio di San Benigno, E’ alta settantasei metri.

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    image.QUESTA..PERO'..E'..BELLISSIMA....

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    porto di Portofino

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    Riviera ligure - un picnic....tra amici....in una calda giornata di primavera..... che ne pensate....Se pò fà?

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    (IMG:www.mareterra.it/pictures/genova_01...te_gazzo_01.jpg)

    Genova - bella questa foto.... [/size] [/color]



    IL BIGO

    Il Bigo di Genova, progettato da Renzo Piano ispirandosi alle gru del Porto di Genova è una struttura originale che si staglia sull'acqua del Porto Antico. La struttura permette da un lato di sorreggere la tenso struttura della piazza delle feste (dove si svolgono varie manifestazioni e d'inverno viene preparata una pista di pattinaggio su ghiaccio), dall'altra regge un ascensore ruotante e panoramico che si solleva fino a 40 metri d'altezza permettendo di avere una visuale a 360 gradi sulla città.
    Il Bigo è stato costruito per le celebrazioni Colombiane del 1992 e dall'allora la sua sagoma è diventata uno dei simboli di Genova.





    Genova Camogli - pescatori







    Cartolina da Pietranera - Genova



    GENOVA - PIAZZA DE FERRARI....CUORE DI GENOVA

    Piazza De Ferrari è la principale piazza di Genova. Con la sua monumentale fontana è la vera e propria agorà cittadina. Fino agli anni settanta ha costituito il maggiore punto di aggregazione dei più giovani, prima che la movida genovese si trasferisse nella vicina piazza delle Erbe.



    Ciao Bea ... Buon divertimento e a più tardi ....



    Repubbliche marinare

    La principale repubblica marinara fu senz'altro la Repubblica di Venezia, che nel momento della sua massima espansione territoriale era riuscita a conquistare gran parte dell'Italia del Nord-Est, arrivando a pochi chilometri da Milano, oltre all'Istria, l'intera Dalmazia (Ragusa per centocinquant'anni), e vaste regioni della Grecia: le isole Ionie, la Morea (attuale Peloponneso, anche se solo temporaneamente) e le isole di Creta e di Cipro, oltre a diverse isole dell'Egeo.

    L'unica a poter rivaleggiare con Venezia fu la Repubblica di Genova, detta La Superba o La Dominante dei Mari: se Venezia controllava il commercio nel Mediterraneo Orientale, Genova oltre ad una presenza significativa in Oriente e nel Mar Nero, aveva il monopolio dei commerci nel Mediterraneo Occidentale; notevole la sua massima espansione territoriale, che oltre alla Liguria e alcune zone limitrofe (come l'Oltregiogo), giunse a comprendere Corsica, Sardegna, Crimea, Tabarca in Tunisia, Cipro, Creta (anche se solo temporaneamente) e diverse altre isole dell'Egeo, compresi importanti insediamenti nell'Impero bizantino, come il quartiere di Galata di Costantinopoli.

    Pisa ebbe una notevole importanza, anche per le conquiste territoriali che nel momento della sua massima espansione comprendevano la Sardegna, la Corsica e le Baleari; era attiva soprattutto in Occidente; la rivalità con Genova e le guerre con Firenze le furono fatali. Amalfi ebbe una storia gloriosa e precoce di potenza marittima, e le navi amalfitane battevano i mari insieme a quelle veneziane quando le altre repubbliche non esistevano neanche. La città campana non occupò mai vasti territori. Se la sua storia di indipendenza e di navigazione iniziò molto presto, nanche la decadenza arrivò presto, a causa dell'arrivo dei Normanni nel Meridione e per la rivalità di Pisa e Genova. Le repubbliche adriatiche di Ancona e quella di Ragusa, sempre alleate per resistere a Venezia, ebbero una naturale vocazione per la navigazione in Oriente, e non si espansero mai in modo significativo nell'entroterra, concentrando tutte le loro forze nelle attività marinare. Dovettero combattere a lungo con Venezia e il loro periodo di massimo splendore arrivò al Cinquecento. Le repubbliche marinare sono importanti non solo per la storia della navigazione e del commercio: nei loro porti non arrivano solo preziose merci altrimenti introvabili in Europa, ma anche nuove idee artistiche e notizie su paesi lontani. Lo spirito di avventura dei navigatori di queste città è sempre stata una gloria per l'Italia, sebbene offuscata dalla rivalità commerciale che le metteva l'una contro l'altra.



    Espansione di Genova





    Genova Brignole è una stazione ferroviaria della città di Genova, la seconda nell'ordine dell'importanza. È situata in piazza Verdi, in pieno centro cittadino alle falde del colle di Montesano;




    Genova Piazza Principe (comunemente chiamata Genova Principe o anche erroneamente Porta Principe) è la stazione centrale della città di Genova; è situata su piazza Acquaverde, occupando l'intero lato settentrionale di via Andrea Doria, ove sono gli ingressi di servizio, in pieno centro cittadino, e a poca distanza dal Palazzo del Principe, dal quale prende il nome.



    Genova

    era risorta agli albori del X secolo, quando - dopo la distruzione della città per mano saracena - i suoi abitanti ripresero la via del mare. L'importanza della sua flotta le guadagnò il riconoscimento, da parte del sacro romano imperatore, delle rivendicazioni autonomiste in materia legislativo-consuetudinaria ed economica. L'alleanza con Pisa consentì la liberazione del settore occidentale del Mediterraneo dai pirati saraceni, con la riconquista di Corsica, Sardegna, Isole Baleari e Provenza. La costituzione della "Compagna Communis", riunione di tutti i consorzi commerciali della città (chiamati appunto Compagne), cui aderirono anche i nobili feudatari delle valli limitrofe e delle riviere, sancì definitivamente la nascita del governo genovese. Le fortune del comune aumentarono notevolmente grazie all'adesione alla prima crociata: la loro partecipazione procurò l'acquisizione di grandi privilegi per le comunità genovesi trasferitesi in molte località della Terra Santa. L'apice della fortuna genovese si ebbe nel XIII secolo con la stipula del Trattato di Ninfeo (1261) con l'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo, che, in cambio dell'aiuto alla riconquista bizantina di Costantinopoli, estrometteva di fatto i Veneziani dagli stretti che conducono al Mar Nero, che in breve divenne un mare genovese. Poco dopo venne definitivamente sconfitta Pisa nella battaglia della Meloria, nel 1284. Nel 1298, i Genovesi sconfissero inoltre la flotta veneziana presso l'isola dalmata di Curzola: durante lo scontro venne fatto prigioniero lo stesso doge veneziano e Marco Polo, il quale durante la prigionia a palazzo San Giorgio dettò a Rustichello da Pisa, suo compagno di cella, il racconto dei suoi viaggi. Il dominio dei mari rimase appannaggio di Genova per circa settant'anni, fino al secondo ed ultimo grande conflitto con Venezia, la guerra di Chioggia del 1379, conclusosi con la vittoria dei veneziani, che riconquistarono definitivamente il dominio sui commerci per l'oriente. Dopo la triste parentesi quattrocentesca, segnata da pestilenze e dominazioni straniere, la città visse il suo momento di massimo fulgore dopo la riconquista dell'autogoverno per mano di Andrea Doria nel 1528, infatti per tutto il secolo seguente Genova si segnalò quale principale finanziatrice della monarchia spagnola, ricavandone enormi profitti, che permisero alla vecchia classe patrizia di mantenere ancora per un certo periodo una sostanziale vitalità. La Repubblica comunque risultava indipendente solo de iure, perché di fatto si trovava spesso sotto l'influenza delle principali potenze vicine, prima i francesi e gli spagnoli, poi gli austriaci ed i Savoia; la repubblica infine venne sottomessa dall'ondata napoleonica nel 1805 ed annessa al Regno di Sardegna nel 1815 che ne affossò definitivamente l'economia e provocò l'emigrazione delle migliori maestranze e di gran parte della popolazione rurale verso le Americhe.





    CARTOLINA DA QUARTO (Quarto dei mille)

    Quarto dei Mille è un quartiere residenziale del levante di Genova. Affacciato sul mare e compreso tra i quartieri Sturla e Quinto, fino al 1861 - anno dell'Unità d'Italia - si chiamava Quarto al Mare. Il nome venne poi sostituito in onore della spedizione dei Mille.

    Un tempo comune indipendente, nel 1926 venne aggregato alla Grande Genova.

    Oggi fa parte del Municipio IX Levante. A livello di unità urbanistiche sono comprese nell'ex circoscrizione Sturla-Quarto le unità di Sturla, Quarto, Castagna e Quartara. Ha una popolazione di 8.288 abitanti (al 31 dicembre 2006[1]).



    Un altro genovese

    BRUNO LAUZI



    Nato all'Asmara l'8-8-1937 ma cresciuto a Genova, è ritenuto con Bindi, Gino paoli e Luigi Tenco uno dei fondatori della cosiddetta "Scuola genovese" da cui nacque la canzone moderna italiana ed il cantautorato.
    ha conosciuto e condiviso insieme al suo amico e compagno di banco Luigi Tenco al Ginnasio "Andrea Doria" la passione per i films musicali e per il Jazz .



    UMBERTO BINDI

    Umberto Emilio Bindi nasce a Genova nel 1932. A 12 anni inizia lo studio del pianoforte, e nello stesso tempo suona la fisarmonica. Scrive la sua prima canzone, "T'ho perduto", nel 1950.



    Nel 1996 partecipa a Sanremo con "Letti", su testo di Renato Zero, cantata con i New Trolls. Sempre in quell'anno Renato Zero produce per la sua Fonopoli un nuovo lavoro di Bindi: DI CORAGGIO NON SI MUORE.
    Una lunga malattia, vissuta fra difficoltà economiche (viene chiesta per lui l’applicazione della legge Bacchelli) lo accompagna fino alla morte, avvenuta nel maggio del 2002.

    Nel 1985 viene realizzato uno dei primi trbuti discografici a un artista ancora vivente: nasce così il long playing "Bindi" al quale partecipano, anche duettando con Umberto, Loredana Berté, Antonella Ruggiero dei Matia Bazar, Anna Identici, Fiorella Mannoia, Ornella Vanoni, Celeste, Sonia Braga.



    CREUZA DE MÄ *

    Umbre de muri muri de mainé
    dunde ne vegnì duve l'è ch'ané
    da 'n scitu duve a l'un-a a se mustra nua
    e a neutte a n'à puntou u cutellu ä gua
    e a muntä l'àse gh'é restou Diu
    u Diau l'é in cè e u s'è gh'è faetu u nìu
    ne sciurtìmmu da u mä pe sciugà e osse da u Dria
    e a funtan-a di cumbi 'nta cä de pria


    E 'nt'a cä de pria chi ghe saià
    int'à cä du Dria che u nu l'è mainà
    gente de Lugan facce de mandillä
    qui che du luassu preferiscian l'ä
    figge de famiggia udù de bun
    che ti peu ammiàle senza u gundun


    E a 'ste panse veue cose che daià
    cose da beive, cose da mangiä
    frittua de pigneu giancu de Purtufin
    cervelle de bae 'nt'u meximu vin
    lasagne da fiddià ai quattru tucchi
    paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi **


    E 'nt'a barca du vin ghe naveghiemu 'nsc'i scheuggi
    emigranti du rìe cu'i cioi 'nt'i euggi
    finché u matin crescià da puéilu rechéugge
    frè di ganeuffeni e dè figge
    bacan d'a corda marsa d'aegua e de sä
    che a ne liga e a ne porta 'nte 'na creuza de mä


    Testo: Fabrizio De Andrè e Mauro Pagani
    Anno di pubblicazione: 1984

    * Creuza: qui impropriamente tradotto: mulattiera. In realtà la creuza è nel genovesato una strada suburbana che scorre fra due muri che solitamente determinano i confini di proprietà

    ** Lévre de cuppi: gatto



    Traduzione:

    MULATTIERA DI MARE

    Ombre di facce facce di marinai
    da dove venite dov'è che andate
    da un posto dove la luna si mostra nuda
    e la notte ci ha puntato il coltello alla gola
    e a montare l'asino c'è rimasto Dio
    il Diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido
    usciamo dal mare per asciugare le ossa dell'Andrea
    alla fontana dei colombi nella casa di pietra
    E nella casa di pietra chi ci sarà
    nella casa dell'Andrea che non è marinaio
    gente di Lugano facce da tagliaborse
    quelli che della spigola preferiscono l'ala
    ragazze di famiglia, odore di buono
    che puoi guardarle senza preservativo
    E a queste pance vuote cosa gli darà
    cose da bere, cose da mangiare
    frittura di pesciolini, bianco di Portofino
    cervelli di agnello nello stesso vino
    lasagne da tagliare ai quattro sughi
    pasticcio in agrodolce di lepre di tegole
    E nella barca del vino ci navigheremo sugli scogli
    emigranti della risata con i chiodi negli occhi
    finché il mattino crescerà da poterlo raccogliere
    fratello dei garofani e delle ragazze
    padrone della corda marcia d'acqua e di sale
    che ci lega e ci porta in una mulattiera di mare

    l'acquario di genova



    genova di notte



    Bussana Vecchia

    Villaggio Internazionale degli Artisti



    Bussana Vecchia è una parte speciale di Sanremo. Un angolo che racchiude una storia unica: un paese distrutto dal terremoto più di un secolo fa, con i suoi drammi umani, le sue ansie, le sue caratteristiche di cui sono testimonianza ultracentenaria le sue rovine. Un paese unico. "Morto", perché distrutto da un rovinoso terremoto nel 1887, abbandonato dai suoi abitanti e ricostruito più a valle; rinato alla vita neglia anni Sessanta quando un gruppo di artisti lo scelse come luogo del proprio lavoro. Da allora la "magia" di Bussana continua. Gli artisti, in silenzio, continuano a lavorare nelle sue vie e nelle sue piazze fra gli antichi ruderi, e turisti di tutto il mondo arrivano a cercare di capire i segreti di questo paese che ha saputo tornare alla vita. Bussana Vecchia è come un fiore, discreto ma ammiratissimo, della nostra città.



    Storia. Bussana nasce intorno all'anno 1050 sulla cima di una collinetta rocciosa dove il Signore feudale della zona, un membro dei Conti di Ventimiglia, fa costruire un primitivo castello. Nel 1259 Bussana viene acquistata dalla Repubblica di Genova. Verso la fine del 1300 il numero delle case, e di conseguenza degli abitanti, aumenta sensibilmente e la cappella del castello non è più sufficiente a contenere tutti. Inizia così la costruzione della chiesa. A lavori ultimati, nel 1404, il tempio viene consacrato al culto di S.Egidio.



    In sequito, con l'ulteriore aumento degli abitanti, la chiesa viene ampliata con l'aggiunta di due navate laterali; questi lavori furono ultimati nel 1505. Nel 1652 si abbatte gran parte del corpo della chiesa per un radicale cambio di stile, dal romanico al barocco. Si tolgono le colonne che delineavano le due navate laterali ed alle pareti si costruiscono sei cappelle con relativi altari. Gerolamo Comanedi, giovane artista arrivato da Osteno (Lugano) vi lavora tutta la vita producendo notevoli rifiniture in pitture, stucchi e fregi. Un secolo più tardi suo nipote, che portava lo stesso nome, aggiunge affreschi e stucchi a completamento delle cappelle laterali. Vi lavorano anche il pittore Antonio Storace di Sampierdarena e G.B. Marazzo di Riva Ligure. Nel 1807 i fratelli Adani di Como restaurano la facciata. Il 23 febbraio 1887 alle ore 6:21 arriva la prima scossa di terremoto...

    Il 14 giugno 1889 fu posta la prima pietra del palazzo comunale: nasce così, 3 Km. più a valle, Bussana Nuova e l'antico borgo viene definitivamente abbandonato. Nel 1961, con il poeta Giovanni Fronte ed il pittore Vanni Giuffré, fonda la Comunità Internazionale degli Artisti.





    Incomincia così il recupero degli edifici meno danneggiati, affrontano montagne di macerie con pochissimi mezzi finanziari, senza luce, acqua, gas e fognature. A loro si aggiungono ben presto altri artisti provenienti oltre che dall'Italia, dalla Francia, dall'Inghilterra, dalla Germania, dall'Austria e dall'Olanda. Alcuni stabiliscono qui la loro dimora, altri vi soggiornano ogni anno per periodi più o meno lunghi. Alla fine degli anni 60 la comunità conta una trentina di artisti: pittori, scultori, ceramisti, scrittori, musicisti, attori, designers.

    Qualcuno lascia il villaggio considerando conclusa questa esperienza e qualcun altro viene conquistato dal fascino e dalla magia di questo antico borgo e decide di fermarsi.

    Genovese Doc...

    Sally

    Mia madre mi disse - Non devi giocare
    con gli zingari nel bosco.
    Mia madre mi disse - Non devi giocare
    con gli zingari nel bosco.

    Ma il bosco era scuro l'erba già verde
    lì venne Sally con un tamburello
    ma il bosco era scuro l'erba già alta
    dite a mia madre che non tornerò.

    Andai verso il mare senza barche per traversare
    spesi cento lire per un pesciolino d'oro.
    Andai verso il mare senza barche per traversare
    spesi cento lire per un pesciolino cieco.

    Gli montai sulla groppa sparii in un baleno
    andate a dire a Sally che non tornerò.
    Gli montai sulla groppa sparii in un momento
    dite a mia madre che non tornerò.

    Vicino alla città trovai Pilar del mare
    con due gocce d'eroina s'addormentava il cuore.
    Vicino alle roulottes trovai Pilar dei meli
    bocca sporca di mirtilli un coltello in mezzo ai seni.

    Mi svegliai sulla quercia l'assassino era fuggito
    dite al pesciolino che non tornerò.
    Mi guardai nello stagno l'assassino s'era già lavato
    dite a mia madre che non tornerò.

    Seduto sotto un ponte si annusava il re dei topi
    sulla strada le sue bambole bruciavano copertoni.
    Sdraiato sotto il ponte si adorava il re dei topi
    sulla strada le sue bambole adescavano i signori.

    Mi parlò sulla bocca mi donò un braccialetto
    dite alla quercia che non tornerò.
    Mi baciò sulla bocca mi propose il suo letto
    dite a mia madre che non tornerò.

    Mia madre mi disse - Non devi giocare
    con gli zingari del bosco.
    Ma il bosco era scuro l'erba già verde
    lì venne Sally con un tamburello


    GENOVA..TEMPORALE.....image

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    grazie sorellone e a tutti isolani..pusaaa
     
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    GRAZIE
     
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  5. arca1959
     
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    Conosco un pochino questi posti!...Grazie Claudio
     
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  7. tomiva57
     
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    grande claudio ...bellissima


    Il Treno Storico



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    La Ferrovia Genova-Casella oltre a svolgere un insostituibile collegamento fra la città di Genova ed il suo immediato entroterra a vantaggio di numerosi pendolari, grazie ad un tracciato spettacolare e molto panoramico, svolge anche una rimarchevole funzione turistica.
    Tale prerogativa, oltre a migliorare gli introiti dell'esercizio, riesce a compensare con l'affluenza dei gitanti la riduzione del traffico di lavoratori e studenti nei giorni festivi e nel periodo estivo. Questa diversa tipologia di traffico, che dunque integra il flusso pendolare e consegue un più completo sfruttamento delle risorse disponibili, nel 1989 ha indotto la direzione della Genova-Casella a creare una vera e propria proposta turistica: un viaggio alla scoperta dell'entroterra lungo un itinerario ferrato ampiamente panoramico a bordo di un romantico convoglio della Bella Epoque.
    Infatti, dopo i primi esempi delle Ferrovie Nord Milano e di quelle della Sardegna, anche la piccola ferrovia ligure ha allestito uno sgargiante "treno storico" restaurando materiale rotabile d'epoca ancora presente nel proprio parco veicoli.
    Alla testa del treno la più antica locomotiva elettrica ancora funzionante in Italia, un'autentica veterana costruita dal Tecnomasio Italiano Brown Boveri nel lontano 1924 per la ferrovia Sangritana. Nel 1962 fu trasferita dall'Abruzzo alla Genova-Casella, che in quel periodo aveva scarsità di mezzi di trazione. Quindi l'oblio ed infine una nuova giovinezza, riverniciata nella sgargiante livrea rosso/crema ed arricchita di numerosi particolari propri della sua epoca come fanali e plafoniere merlate. Il pregio archeologico industriale di questa locomotiva è accresciuto dal fatto che la maggior parte dei componenti elettromeccanici sono ancora quelli di origine.
    Anche le carrozze, risalenti al 1929, conservano i loro sobri arredi lignei in pitch pine o rovere e le finiture in bronzo ed ottone, riportate all'originale lucentezza. Esse provengono da un'ardita ferrovia alpina purtroppo soppressa nel 1963, la Ora-Cavalese-Predazzo, e sono sempre rimaste allo stato d'origine.
    Conclude in bellezza la "carrozza-bar", in livrea blu/crema a ricordare un mini Orient-Express. Costruita dalla Breda nel 1929 come carrozza di I e III classe, faceva parte della dotazione originaria della Genova-Casella. Trasformata in bar negli anni Sessanta in modo un po' spartano e rimasta poi in disparte per molto tempo, è stata completamente restaurata nel 1990 ripristinandone l'arredo in legno e curando altre peculiarità, quali il tetto, rifatto in tela olona. E mentre l'ambiente è ingentilito dalle abatjours sui tavolini, sul bancone non soltanto fanno bella mostra di sé, ma anche funzionano una macchina del caffè di vecchia foggia e una colonna per la birra alla spina in ceramica e ottone.
    Il suggestivo percorso della ferrovia a scartamento ridotto, forte di un tracciato particolarmente ardito e ricco di spunti panoramici, si presta all'effettuazione di treni turistici, magari abbinandovi l'aperitivo in vettura-bar od il pranzo in una tipica trattoria depositaria della genuina cucina ligure.
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    Ed, infatti, già diversi operatori turistici si sono serviti di questo convoglio d'epoca sia riservando singole carrozze agganciate ai normali treni d'orario, sia noleggiando treni speciali ad orario e composizione concordati.
    Non soltanto comitive organizzate, ma anche gruppi di amici o feste famigliari: compleanni, comunioni, matrimoni. Già, matrimoni… Fiori d'arancio, marcia nuziale, corteo di automobili strombazzanti e grande abbuffata al ristorante con parenti e amici sono componenti consueti dei matrimoni di oggi.
    Ma alcune coppie liguri hanno deciso di apportare qualche ritocco al copione tradizionale, più che altro per trasformare un'occasione di prammatica in motivo di originale divertimento.
    Per primi Luisa e Stefano per organizzare il loro pranzo nuziale hanno pensato alla carrozza-bar. "Dopo la cerimonia seguite la macchina degli sposi…" recitava laconicamente la partecipazione di nozze, e così una trentina di invitati, tanti ne poteva contenere seduti il vagone, del tutto ignari della bizzarra idea, si sono ritrovati alla stazione di Genova Piazza Manin per prendere posto sulla carrozza agganciata al treno in partenza alle 11,23. Dopo che, durante il viaggio, all'inconsueta comitiva è stato servito l'aperitivo, la carrozza è stata sganciata alla stazione di Busalletta ove un ristorante nelle vicinanze ha provveduto a servire a bordo un pranzo nuziale in piena regola.
    Un convoglio discendente sarebbe poi giunto nel pomeriggio a riagganciare la carrozza per ricondurla a Genova con il suo carico di gente festosa.
    Una regia del tutto diversa si è invece imposta per Mara e Marino a ragione del più elevato numero di invitati, tanto che è stato allestito un apposito treno speciale infiorato per l'occasione. Durante una sosta di mezz'ora alla stazione di Sardorella, immersa in un rigoglioso bosco di castagni, gli invitati, a rotazione, prendevano posto sulla "carrozza-bar" per degustare l'aperitivo, visto che ciò non sarebbe stato possibile durante la marcia del convoglio in quanto sulla Genova-Casella non è ammesso il transito dei passeggeri da una carrozza all'altra non essendoci i mantici di intercomunicazione. Quindi il treno si è rimesso in marcia alla volta di Casella, dove l'allegra comitiva si è trasferita al ristorante per il pranzo.
    Eventi di questo tipo si sono susseguiti nel tempo sortendo il doppio effetto di incrementare la popolarità della piccola ultrasessantenne strada ferrata e di avvicinarla ad un pubblico giovane. Grande successo del "treno storico", la cui composizione completa (locomotiva più tre carrozze) offre 129 posti a sedere e soprattutto una calda atmosfera un po’ retrò, sempre più spesso ricercata dalle coppie d'oggi, nate e cresciute nell'era del modernismo ad oltranza. Oltre alla felicità degli sposi anche quella del fotografo, a cui non sono mancati spunti "diversi" per la realizzazione di un servizio "stile anni Venti" di grande prestigio.
    Ed il costo di noleggio, pur essendo remunerativo per l'azienda, risulta tutt'altro che proibitivo per il cliente.


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  8. tomiva57
     
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    Forti



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    I forti di Genova: il forte Puin

    lL Parco Urbano delle Mura, adagiato lungo i crinali che separano la Val Polcevera dalla Val Bisagno sulle colline alle spalle di Genova, rappresenta con i suoi 876 ettari il più vasto polmone verde della città. Lo sguardo spazia dal promontorio di Portofino fino a Capo Noli, dal Santuario della Madonna della Guardia al Monte Antola e ai Forti della Val Bisagno. Le Mura seicentesche, a forma di V aperta verso il mare, racchiudevano la città. I Forti Diamante, i due Fratelli, Puin, Sperone, Begato, Castellaccio, Tenaglia, Crocetta - costruiti tra il XVIII e il XIX secolo, rappresentavano uno dei sistemi fortilizi più vasti d’Europa.

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    Forte PuinSulla sinistra orografica del Bisagno si elevano le fortificazioni orientali di Genova.Il Parco Urbano dei Forti, esteso su un crinale a ferro di cavallo che parte dal contesto urbano e vi ritorna dopo aver attraversato alture selvagge e disabitate, offre opportunità per escursioni storico-naturalistiche. Il Forte Quezzi, il Forte Ratti, il Forte Richelieu, il Forte Santa Tecla , vennero ideati già alla metà del XVIII secolo e realizzati compiutamente nel corso dei primi decenni del XIX secolo. Essi dominano versanti altamente panoramici, spesso coperti da estesi boschi. In posizione centrale e sopraelevata, a 560 m. di quota, Forte Ratti con i suoi 220 m di sviluppo lineare rappresenta il “Maschio” del sistema fortilizio.


    Forte Sperone



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    Rappresenta il punto chiave delle fortificazioni genovesi ottocentesche ed è situato proprio al vertice delle "Mura Nuove" del 1630, che, ancora oggi, appaiono come potenti baluardi adagiati sulle colline alle spalle del centro cittadino.
    L’ingresso principale del forte, sovrastato dallo stemma dei Savoia, è protetto da un fossato e da un robusto portone, un tempo collegato al ponte levatoio, tramite due catene; altri elementi architettonicamente molto significativi sono la polveriera - ben conservata - che si trova nella parte bassa del forte, la caserma centrale con ampie stanze, e la bella cappelletta annessa al complesso.
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    Forte Castellaccio



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    Le prime notizie sicure riguardo opere difensive in questa località risalgono al 1319, quando i guelfi edificarono un castello con "mura e fossi". Nel 1530 questo, rovinato dagli anni, fu ripristinato subendo alcune modifiche. Nel 1633, con la realizzazione delle Nuove Mura, si pensò di demolirlo; fu invece conservato in parte, ed utilizzato come deposito per le polveri e caserma per un piccolo presidio di soldati a guardia della cinta. Purtroppo non si conosce l'esatta consistenza di quelle antiche strutture. Il Castellaccio settecentesco era invece formato da due caserme parallele, con solai di legno, contenenti alloggi, cucine e magazzini appoggiati al recinto di una grossa polveriera. Nella parte meridionale della fortezza erano ancora presenti i resti dell'antico castello, ridotti a poche opere in muratura o alle sole fondamenta.

    Le grandi trasformazioni ebbero inizio dopo l'annessione al Regno Sardo. Nel 1818 veniva presentato uno studio per rinnovare la fortificazione settecentesca, la quale fu completamente demolita e ricostruita, sullo stesso luogo, dallo stesso anno seguendo questo progetto. I lavori, intorno al 1827, furono interrotti, ma ripresero subito dopo seguendo un altro disegno. Le murature già innalzate non furono demolite. Nell'area interna del complesso, esistono ancora le testimonianze di quel fortino mai completato. Il nuovo Castellaccio era una fortezza autonoma, avente il duplice scopo di proteggere la città e di sedare eventuali rivolte cittadine. La caserma è composta da due piani, più un sotterraneo; all'interno di quest'ultimo si trovavano due forni da 320 razioni ciascuno.

    La Torre della Specola, anomalo edificio in mattoni rossi visibile da molte zone della città, è stata innalzata sullo sperone roccioso dove, fin dal 1509, erano eseguite le condanne a morte, fino allora compiute nella zona della Lanterna. Le forche erano composte da quattro pilastri in pietra che sostenevano assi trasversali, da cui pendevano catene, dalle quali penzolavano i corpi dei condannati. La Specola fu edificata fra il 1817 ed il 1825 come integrazione del complesso "Castellaccio" (composto, appunto, dal Forte e dalla Torre). Tra il 1830 ed il 1836, le due opere furono inglobate all'interno di un'unica cinta bastionata, con un accesso comune. L'interno del torrione è su due piani, più un sotterraneo con cisterna. La struttura reggente è composta da sei grossi pilastri; la ripida scala di servizio è ricavata in uno di essi. La grande sopraelevazione che spicca sul tetto è stata edificata tra il 1911 ed il 1914 dall'Istituto Idrografico della Marina, per ospitare un osservatorio meteorico ed aerologico ed il relativo personale. La Torre fu abbandonata nel 1969, in seguito utilizzata come deposito materiale ed oggi come archivio.

    Dal 31 maggio 1875 fino al giugno 1940, da una casamatta posta sull'angolo delle mura esterne, a mezzogiorno in punto veniva sparato un colpo di cannone. Il contatto elettrico era dato da un pendolo, tuttora conservato funzionante, posto all'interno del Forte San Giorgio, sede dell'Istituto Idrografico.

    Durante i moti del 1849 i soldati piemontesi erano barricati all'interno del complesso: isolati e senza ordini, consegnarono la fortezza ai rivoltosi. Questi, asserragliati al suo interno, cercarono di rallentare il più possibile l'occupazione della città da parte delle truppe del generale La Marmora, sparando continue cannonate contro San Benigno e Palazzo Doria (occupati dai bersaglieri). Ma i piemontesi dilagavano ovunque; in molti abbandonarono il Forte calandosi dalle mura. La resa del 10 aprile restituì il complesso alle autorità militari. Durante la prima guerra mondiale vi furono rinchiusi i prigionieri austriaci. Già dal 1929 è sede di una stazione radiotelegrafica. Il resto è oggi parte disabitato (in questa zona aleggiano strani misteri ...), anche se in buono stato di conservazione, o utilizzato come magazzino dall'Istituto Idrografico e come ritrovo dal "Club Castellaccio anni '30". La caserma sulla val Bisagno è invece completamente abbandonata


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    Forte Begato



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    Secondo alcuni annalisti, una primitiva opera fortificata sul luogo attualmente occupato dal Forte Begato, risalirebbe al 1319. C'è da tener presente che le notizie potrebbero anche riferirsi alla Bastia di Peralto. Con la costruzione delle Nuove Mura la zona, denominata Piano delle Fosse (GeF) (e non "Piana", come erroneamente si asserisce), fu compresa all'interno del recinto. Sul posto, alla fine del '700 fu realizzata una Batteria trasversale.

    Nel 1818 il maggiore Andreis proponeva il progetto per la realizzazione della caserma. Questa, una volta attuata, presentava la particolarità di essere, nel lato di levante, più alta di un piano rispetto al lato Polcevera. Questa diversità si deve probabilmente ad una soluzione architettonica e funzionale del progettista: in questo modo, infatti, si aumentavano ricettività e servizi. I lavori iniziarono intorno al 1818 e terminarono verso il 1830 (nel 1823 la caserma "si trova circa a un terzo della sua costruttura"). Al termine di questi, con una variazione al progetto originario, si aggiunse un tetto a falde con tegole in ardesia. Fra il 1832 ed il 1836 il complesso fu chiuso verso la città con un recinto bastionato.

    Il 28 marzo 1849, durante i moti contro i piemontesi, Forte Begato fu occupato da numerosi uomini della Guardia Nazionale in modo da battere la val Polcevera, strada di accesso dei nemici, rappresentati dai soldati piemontesi del Regio Esercito e dai bersaglieri. Con la resa del 10 aprile, la fortificazione fu restituita alle autorità Reali. Durante la guerra del 15-18, al suo interno furono imprigionati i soldati austriaci, utilizzati al rimboschimento del Peralto ed altri lavori in zona. Nel 1922 si era pensato di spianare il Forte e le Mura circostanti, in modo da realizzare una pista di atterraggio per piccoli velivoli. Il progetto venne fortunatamente scartato: infatti, la zona, scomoda da raggiungere, è da sempre particolarmente esposta ai venti, quindi ci sarebbero state serie difficoltà per l'atterraggio.

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    Intorno al 1940, all'interno del recinto, furono approntate le postazioni della contraerea. Nel 1937 lo smantellamento del tetto a falde era già in corso. La demolizione di uno dei quattro bastioni della caserma è stata finora attribuita ai tedeschi in fuga nel 1945 (l'opera era in mano a questi soldati dal settembre '43). Ma ricordiamo che il Comandante le truppe germaniche di stanza a Genova, generale Meinhold, aveva firmato la resa totale e l'ordine era stato diramato a tutti i presidi tedeschi, i quali, alla fine ottemperarono alle disposizioni ricevute. Gli armamenti in loro possesso furono gettati nelle cisterne del Forte (i soldati si rifiutarono di consegnare le armi ai partigiani), dopodiché il presidio abbandonò l'opera (ricordiamo che i tedeschi avevano fretta di lasciare la città, temendo di rimanere prigionieri). In quei drammatici momenti, la distruzione di manufatti era l'unica cosa alla quale non pensavano. Il crollo del bastione è avvenuto tra il 1941 e l'ottobre 1942 a causa dei bombardamenti inglesi. Alla fine del conflitto, per circa dieci anni, il Forte è rimasto inutilizzato. Dalla metà degli anni '50 fino alla fine degli anni '70 è nuovamente in mano all'esercito, che lo sfrutta come deposito.

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    Nel 1990 Forte Begato è apparso la fortificazione più indicata ad ospitare manifestazioni ed attività all'aperto che abbiano necessità di aree pianeggianti, come equitazione, spazi polivalenti etc. Alcuni fabbricati intorno al maschio sono stati restaurati, per essere adibiti a foyer di ricevimento per il pubblico, ristorante e zona bar al chiuso ed all'aperto, alloggi per la custodia. Iniziò quindi il conseguente intervento di restauro della caserma, grazie al quale la fortificazione potrà essere consegnata alla città.


    Forte Tenaglia



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    Il sito era anticamente occupato dalla Bastia di Promontorio, una fortezza che potrebbe risalire a prima del 1478 e della quale non si hanno notizie sicure riguardo le strutture. Gli annalisti la descrivono sommariamente come un bastione; verosimilmente era, più semplicemente, una torre, forse circondata da un cinta. Durante la costruzione delle Nuove Mura, l'antica fortificazione fu demolita per realizzare una Tenaglia, semplice appendice alla cinta con funzione di batteria. Durante il periodo napoleonico, l'opera subì una prima modifica. In un periodo compreso tra il 1815 ed il 1830 iniziarono i lavori d'ampliamento, con la realizzazione di un grande terrapieno; a metà di questo, dal 1831, fu scavata la caserma che scende di due piani. L'accesso al Forte si ricavò scavando un'ampia galleria nella seicentesca cinta. Di fronte, un piccolo piazzale dà accesso al ponte levatoio, azionabile solo dalla parte delle Mura. I lavori terminarono intorno al 1836. Durante i moti del 1849, a causa di un tradimento, il complesso cadde in mano ai piemontesi.

    Il Tenaglia è uno di quei pochi Forti a non essere stato abbandonato nel 1914, anche se, probabilmente, fu privato dell'artiglieria pesante. Verso il 1938 la Milizia modificò completamente le postazioni ottocentesche, sostituendole con quattro piazzole in cemento armato per altrettanti pezzi da contraerea. Dopo l'8 settembre '43 il Forte fu occupato dai soldati tedeschi; un'ala della caserma è stata gravemente danneggiata da un bombardamento di quel periodo. Nel '45 questo presidio fu uno degli ultimi ad arrendersi: a Genova la Liberazione è avvenuta (praticamente) il 24 aprile, i tedeschi asserragliati nel Forte si arresero però solo due giorni dopo. Al termine del conflitto è stato abbandonato. Non avendo subito occupazioni da parte dei senza tetto nel dopoguerra, e rimanendo disabitato fino ai primi anni '70, non è raro imbattersi ancora in qualche antica testimonianza del suo passato militare (foto portachiavi magazzino d'artiglieria).

    L'accesso alla caserma, situata a metà struttura, avviene tramite rampe di scale: queste collegano i sottostanti piani. Ogni livello della caserma è composto da due lunghi vani.

    L'opera, intorno alla quale circolano strane leggende, è attualmente in concessione a dei privati, per cui non è liberamente accessibile.

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    Torre di San Bernardino



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    La costruzione di quest'opera è iniziata nel 1820 ed è terminata intorno al 1825; il suo scopo era di proteggere la vicina porta San Bernardino; è affine alle Torri Quezzi e Monteratti. L'accesso all'interno avveniva esclusivamente tramite un camminamento coperto, realizzato dopo il 1826, il quale principiava nel rivellino antistante porta San Bernardino. Questo cunicolo oggi si "presta" volentieri a voci infondate che lo indicano quale passaggio segreto verso le mura della città o verso chissà dove.

    La Torre è composta dal vano sotterraneo (al fianco del quale è la cisterna), dal piano terra e da quello superiore. In questo, una delle cannoniere presenta l'originaria inferriata apribile, tuttora funzionante. Sul terrazzo si aprono numerose caditoie, per il lancio d'oggetti da difesa. Un "tappo" in marmo ora cementato, situato al centro del terrazzo, poteva essere aperto per facilitare lo smaltimento del fumo di sparo dai locali sottostanti.

    Torre San Bernardino rimase militarmente attiva fino al 1914. Dal 1918 al 1997 è stata adibita a vari scopi. L'opera, di proprietà del Comune di Genova dal 1934, è stata recentemente utilizzata come base per gli operatori forestali dei Lavori Socialmente Utili.


    Forte Puin



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    Il lungo crinale posto fra lo Sperone e i Due Fratelli è contornato da solchi appena accennati, i quali si sviluppano per centinaia di metri seguendo un curioso andamento zigzagante; questi furono scavati dai genovesi e dagli austriaci nel 1747 e rappresentano le uniche e confuse testimonianze delle fortificazioni campali, trincee difensive dalla quale derivano molti dei nostri Forti. Partendo dallo Sperone, la seconda importante ridotta, realizzata in gabbioni, era posta dove oggi si erige il Forte Puin (publifoto).

    Già i francesi, nel 1806, avevano stabilito la realizzazione della fortificazione e dei Due Fratelli, con lo scopo di migliorare le difese sulla dorsale tra Sperone e Diamante. La continua ricerca di documenti d'archivio e disegni di progetto, ed il confronto tra essi, ci permette di affermare che la realizzazione dei Due Fratelli e del Puin è opera dei piemontesi, i quali s'ispirarono senz'altro alle già citate "torri modello" francesi (vedi scheda Torri Ottocentesche). I lavori furono intrapresi solo nel 1815 per ordine del Governo Provvisorio. Nel Forte Puin, per prima cosa, fu cominciata la Torre. La cinta bastionata fu intrapresa in un secondo tempo, e realizzata in due riprese (1818 e 1826). Nel 1830 l'opera poteva dirsi terminata. Questa è stata abbandonata nell'ultimo decennio dell'ottocento, e "radiata" dalle liste militari nel 1908. Nel 1924 compare nell'elenco degli edifici monumentali. Nel 1963 è stata presa in concessione e restaurata dal professor Fausto Parodi (publifoto), un fantasioso pittore (publifoto) che vi ha abitato (publifoto) per una quindicina d'anni. Oggi la struttura, ogni seconda domenica del mese da marzo a novembre, è oggetto di un'esauriente visita guidata organizzata dal Comune di Genova - Servizio Giardini e Foreste, a cura della cooperativa Dafne.

    Terminata la salita d'accesso oltrepassiamo un ponte, in origine levatoio, che immette nella cinta. Le feritoie del piano terra che si affacciano sul retro della Torre sono state murate dopo il 1820, con la costruzione della cinta bastionata; le tracce sono visibili solo dall'esterno. La loro posizione conferma che la realizzazione della cinta è stata decisa dopo l'inizio dei lavori alla Torre.

    Fino a qualche anno fa, sulla facciata della Torre, era visibile una lapide, posta dal professor Parodi, che ricordava il ferimento del Foscolo avvenuto nel 1800, mentre combatteva nell'esercito francese. L'asserzione ivi contenuta è senza dubbio fallace; infatti, nel 1800 il Puin non esisteva, è quindi evidente che la lapide era stata ideata dall'affittuario per dare una nota pittoresca alla fortificazione. Secondo alcuni studiosi, il ferimento del Foscolo è avvenuto due volte: una prima, ad una gamba, lungo le pendici dei Due Fratelli, una seconda, pochi giorni dopo, durante una ritirata a Coronata.

    Circa il nome della fortificazione, viene asserito che questo deriva dalla "Ridotta dei Pani" (il cui termine corretto è "Baracca dei Pani"), vocabolo che compare solo nella descrizione di Genova da parte dell'Anonimo del 1818. In realtà il Forte deve il suo nome alla sottostante baracca, detta di Puin (Questo termine, in dialetto genovese, significa "Padrino" - l'opera era denominata anche Puino, forse per italianizzare un nome dialettale - nei vecchi libri si può per questo leggere che il nome "... par derivi dalla protezione che può esercitare questo forte sopra i Due Fratelli ...". Quindi, a conti fatti, la definizione esatta potrebbe essere "Baracca del Padrino", riferita probabilmente al suo proprietario, ed il Forte dovrebbe aver preso il nome proprio da quest'ultimo).

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    Forte Fratello Minore



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    I DUE FRATELLI


    Nell'aprile 1747, le colline occupate attualmente dai Due Fratelli furono circondate da un recinto trincerato. Da questa posizione si diramavano diverse trincee.

    Nel 1780 veniva ipotizzata dal Codeviola la trasformazione della ridotta dei Due Fratelli in opera permanente, ma il consiglio non fu preso in considerazione. Le colline, anticamente, erano già designate con il termine "Due Fratelli".

    L'origine dei nomi riguarda l'altitudine e l'aspetto delle successive due fortificazioni. Il Fratello Maggiore era architettonicamente più grande e formato dalla sola Torre, ad un'altitudine superiore rispetto al Fratello Minore.



    FORTE FRATELLO MINORE

    Dei Due Fratelli, quello ancora integro, sul monte Spino (GeF) è il Minore. La sua costruzione, iniziata verso la fine del 1815, è stata oggetto di continui cambiamenti di progetto. Dopo il 1830, dopo aver completato la Torre, il Genio Militare Sabaudo modificò il progetto, aggiungendo sui lati est e sud il recinto bastionato terrapienato. Contemporaneamente l'ingresso fu spostato a sud ed al livello dell'originario primo piano, modificando di conseguenza la disposizione dei vani interni.

    La guarnigione stabile era composta da 12 uomini. L'accesso all'interno della cinta avveniva per mezzo di un ponte levatoio, asportato presumibilmente alla fine degli anni '20, che funzionava come quello del Forte Sperone. Da qui, una rampa in origine acciottolata conduce all'ingresso della Torre. Quattro caditoie, protette originariamente da grate apribili, denunciano l'originaria funzione.

    Le feritoie che si affacciano verso l'esterno sono molto rialzate rispetto al piano di calpestio: una piattaforma, probabilmente in legno, correva lungo il fianco del muro per ottenere, secondo l'occorrenza, una linea di fuoco per la fucileria. Il primo piano era sostenuto da un pavimento di legno, crollato già da tempo; nel muro si rilevano i fori d'incastro dei travi che lo sostenevano.

    La fortificazione alla fine dell'ottocento era probabilmente già stata abbandonata. Durante l'ultima guerra, i locali furono utilizzati come alloggio "Guardia Batteria" della contraerea al Fratello Maggiore. Sul terrapieno si notano ancora i resti delle postazioni di due cannoni. Oggi le strutture interne si presentano in pessime condizioni.
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    Forte Diamante



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    Il Forte prende il nome dal monte Diamante , sulla vetta del quale fu innalzato.

    In base ad alcune testimonianze, si suppone che anticamente sul colle sorgesse una Bastita, che qualcuno identifica con quella di Pino. Il suo scopo era di controllare le valli Bisagno e Polcevera, potenziali strade d'accesso di eserciti attaccanti, e la via di comunicazione tra le due valli. Non sappiamo quando avvenne esattamente la distruzione di quell'antico fortilizio, ma si può certamente far risalire a dopo il 1507. Nel 1747 la cima del colle fu occupata con una ridotta a pianta stellare, attuata dai genovesi. Lasciata maldestramente sguarnita, verrà occupata dagli austriaci la sera del 12 aprile. Il primo progetto del Forte datato agosto 1747 e firmato dal Sicre, era inattuabile in quanto si adattava molto bene su una superfice pianeggiante, ma non sulla cima di una collina. Subì quindi una modifica, ma i lavori approntati furono interrotti con la pace di Aquisgrana.

    Nel 1756 l'opera fu finanziata dalla famiglia Durazzo con una donazione di 50.000 lire. I lavori iniziarono nell'estate dello stesso anno. Il 17 giugno 1758 la costruzione non era ancora ultimata, come conferma un Anonimo; invece, secondo la maggior parte degli studiosi, l'edificazione fu completata lo stesso anno. È più plausibile che i lavori d'ultimazione siano stati compiuti tra il 1758 ed il 1796, in quanto è impossibile che in soli due anni, tra il '56 ed il '58, il Forte abbia raggiunto le sue proporzioni e la piena operatività. Il 13 settembre 1758, su decisione del Governo della Repubblica, venne posta una lapide (oggi purtroppo scomparsa) all'ingresso del Forte, a ricordo della donazione effettuata dalla famiglia Durazzo.

    Nell'assedio del 1800 il Forte era in mano alla 41ª mezza Brigata Francese, comandata dal Capo di Battaglione Bertrand. Il 30 aprile gli austriaci, giunti ai Due Fratelli sotto il comando del tenente generale Conte di Hohenzollern, lo minacciarono circondandolo. I cannoni del Forte spararono contro gli assedianti; i paesini di Campi, Camporsella, Torrazza e Trensasco furono presi di mira e danneggiati dai colpi, perché sedi di alloggiamenti di truppe nemiche. Molte famiglie conservano ancora in casa le palle di cannone di quel bombardamento.

    Quella stessa sera, il comandante austriaco intimò la resa a Bertrand: "Vi intimo, Comandante, di rendere all'istante il vostro forte; altrimenti tutto è pronto, e vi passo a fil di spada. Potete ancora ottenere una capitolazione onorevole. Dinanzi al Diamante alle 4 ore della sera.

    Il Conte di Hohenzollern".

    Rapida la risposta: "Signor Generale, l'onore, che è il pregio più caro pei veri soldati, proibisce troppo imperiosamente alla brava guarnigione, che io comando, di rendere il forte, di cui mi è confidato il comando, perché possa acconsentire a rendersi per una semplice intimazione; e mi sta troppo a cuore, signor Generale, di meritare la vostra stima per dichiararvi, che la sola forza, e l'impossibilità di più a longo difendermi, potranno determinarmi a capitolare.

    Sottoscritto Bertrand".

    Il generale Soult, dallo Sperone, verso le ore 16.00 sferrò l'attacco vincente contro gli austriaci ai Due Fratelli.

    I lavori di completamento e trasformazione furono attuati dopo il 1814, sotto la direzione del Corpo Reale del Genio Sardo. Il primitivo tetto della caserma era in ardesia a spiovente. Con l'annessione si ebbe la trasformazione del coperto a terrazzo. Con la modifica del tetto, furono inserite sul fronte principale e sul lato nord quelle paraste che caratterizzano la caserma. Per raggiungere il terrazzo, fu innalzata la torre con scala elicoidale all'interno.

    Durante i moti del 1849 il Forte era presidiato da volontari, che spararono solo qualche cannonata contro truppe piemontesi che transitavano fuori tiro. L'ultimo episodio storico di una certa rilevanza risale al 29 giugno 1857, quando un gruppo di rivoltosi mazziniani, con un colpo di mano, nottetempo si impossessò del Forte, ma lo abbandonò subito dopo in quanto la sommossa in città era fallita.

    Alla fine dell'ottocento si progettò di demolire la caserma per costruire al suo posto una Batteria per obici o pezzi in cupola. Fortunatamente la proposta non fu accettata. Il complesso fu abbandonato definitivamente nel 1914.

    L'ingresso, situato nel terrapieno alla base della caserma e sormontato in origine dallo stemma sabaudo, era provvisto di ponte levatoio. La cinta esterna segue e difende il cammino coperto. Sopra l'ingresso di una delle due stanze del piano terra s'intravedono ancora le scritte d'uso ottocentesche. Il pavimento del terrazzo, che ora è ridotto ad un prato, era in origine piastrellato in mattoni. Le caditoie erano protette da grate in ferro apribili. Gran parte delle strutture metalliche sono state asportate alla fine dell'ultima guerra.

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    Forte Crocetta



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    Sull'area occupata dal Forte sorgeva in origine un piccolo convento dei Padri Agostiniani (1609) e la chiesa del Santissimo Crocifisso. Nel 1747 il cenobio era completamente circondato dai trinceramenti genovesi.

    È probabile che gli inglesi, nei primi mesi del 1815, potenziarono con dell'artiglieria l'antico complesso religioso. Intorno al 1818 il Corpo Reale del Genio Sardo iniziava la totale demolizione del fabbricato, e cominciava la prima fase di costruzione del Forte Crocetta: i lavori durarono all'incirca fino al 1826. Questo primitivo fortino era ad un unico piano. La costruzione non fu portata a termine, a causa della modifica apportata al progetto, la quale constava nell'escavazione di un ampio e profondo fossato, e della sopraelevazione del fronte bastionato, ottenendo così l'inserimento di un piano nel semibastione settentrionale. Questa seconda fase iniziò nel 1827 e si concluse verso il 1830.

    Nel 1849 al suo interno furono rinchiusi cittadini e rivoltosi catturati dai soldati piemontesi nelle zone circostanti. Dopo l'abbandono da parte dei militari nel 1914, il fortino è stato varie volte abitato fino al 1961. Oggi alcuni privati, che risiedono dirimpetto, all'interno dell'ex casetta daziaria, vigilano affinché sia impedito l'accesso a sbandati e vandali.

    Sul parapetto della caserma si notano le strombature di feritoie e mitragliere, livellate durante l'ultima guerra con la demolizione di circa un metro e mezzo di parete; il moncone di muratura, erroneamente scambiato per una merlatura guelfa, è in realtà l'unica testimonianza dell'originaria altezza del parapetto. L'interno è composto da un cortile dal quale si diramano i vari servizi.

    Alcuni anni fa il Forte è stato oggetto di una tesi per il recupero delle sue strutture, da utilizzare come "Museo delle Fortificazioni"; è triste costatare che, nonostante la presenza di quest'ottimo progetto, nessun Ente, né tantomeno lo Stato si è presentato per la sua attuazione. Il Forte è così condannato alla sicura rovina.

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    Forte Belvedere



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    L'importanza strategica rivestita dall'altura di Belvedere venne sfruttata nel 1747, con la sistemazione di una linea trincerata. Sull'area oggi occupata dal Forte Belvedere furono approntate due ridotte, riutilizzate durante l'assedio del 1800. Nonostante la minacciosa presenza della Tenaglia, la collina di Belvedere agevolava la sistemazione di una batteria nemica per colpire le Mura. Era quindi indispensabile edificare una nuova fortificazione sul posto a difesa della cinta. I lavori per la sua realizzazione iniziarono nel 1815 e terminarono, secondo le indicazioni di una spia francese, intorno al 1825. Una casa già presente nella seconda metà del '700, ed appartenente al vecchio proprietario del terreno, fu utilizzata e trasformata dai piemontesi nella Torre (o Casa-Forte) sovrastante l'opera. La sua costruzione è stata finora erroneamente attribuita ai francesi. Essa era di forma trapezoidale; le strutture si sviluppavano su due piani, con murature di perimetro fortemente rastremate. La Casa-Forte sovrastava la Lunetta, ossia un terrapieno pentagonale (tuttora esistente) cinto da un fossato con funzione di strada coperta. Verso Sampierdarena fu distaccato un bastioncino denominato "Freccia".

    Durante i moti del 1849, la fortificazione fu occupata dai soldati piemontesi senza colpo ferire. Alla fine dell'ottocento, venendo meno l'importanza strategica delle Mura, cambiò l'utilizzo del Belvedere che fu per così dire "declassato" e trasformato, da ormai inutile avamposto delle Mura, a Batteria in difesa dello specchio d'acqua antistante il porto. Per adattare il complesso alla nuova funzione, in un periodo compreso tra il 1883 ed il 1890, fu necessario abbattere completamente la Casa-Forte (della quale oggi non rimane più nulla) perché ostacolava l'angolo di tiro della nuova postazione d'artiglieria. Nel fossato sottostante furono ricavate numerose riservette interrate.

    Intorno al 1938 sulla Lunetta furono collocati quattro cannoni della Contraerea, depositi munizioni e vari servizi. Nel '43 la fortificazione passò in mano tedesca; i soldati si arresero solo tre giorni dopo l'avvenuta Liberazione della città. Al termine del conflitto è stata occupata da un privato. Oggi, sul posto sorge il campo sportivo Morgavi, realizzato negli anni '70. Le strutture esterne della Batteria sono ormai in pessime condizioni. In buone condizioni si trovano invece le riservette; lungo il corridoio interno e sulla volta di ognuna, si notano le tracce dei binari per il trasporto delle munizioni, mentre sui muri si leggono ancora alcune scritte d'uso. La strada coperta ed il camminamento alla Freccia sono ormai cancellati dalla vegetazione e da uno strato di cemento. A tratti s'intravede un rudere del camminamento.



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    Forte Richelieu



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    L'importanza strategica della posizione sulla quale attualmente si erige Forte Richelieu, si rivelò durante l'assedio austriaco del 1747. Fu il maresciallo Louis du Plessis, Duca di Richelieu che consigliò di munire con opere difensive la località, denominata all'epoca Menegu. I lavori furono appaltati, ed in sette mesi il Forte fu completato nel fossato, nei basamenti dei muraglioni e nel terrapieno per l'artiglieria. Nel 1799 e nel 1809 subì lavori d'ampliamento.

    Il perfezionamento e completamento della costruzione fu effettuato in seguito, tra il 1816 ed il 1827. Questi nuovi lavori videro l'innalzamento della caserma a due piani e la collocazione, sul portale d'accesso, dello stemma sabaudo, oggi purtroppo scomparso. Dopo la fine della seconda guerra ospitò alcune famiglie di senza tetto; nel 1959 fu reso operativo il ripetitore RAI tuttora al suo interno. Da allora è chiusa al pubblico. Le strutture risentono della mancanza di manutenzione.


    Forte di S.Tecla



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    In origine al posto del Forte Santa Tecla sorgeva la piccola chiesa omonima, già esistente nel XII secolo. Una prima parte di lavori per la realizzazione della fortificazione fu intrapresa nel 1747 e terminata nel 1751; l'opera appariva completa solo nelle mura - perimetrali.

    Secondo una relazione redatta durante l'assedio del 1800, le truppe francesi lo sistemarono per la difesa. I lavori di completamento ripresero intorno al 1815 e terminarono tra il 1828 ed il 1833, con l'erezione di una caserma a due piani ed altre opere esterne. Lo scopo del complesso era di bloccare un eventuale passaggio nemico proveniente da levante.

    Dal dopoguerra al 1981 è stata abitato da civili. Negli anni '70, il consiglio di quartiere di San Fruttuoso si rese conto che il complesso, una volta restaurato, sarebbe potuto diventare la sede più idonea per quelle iniziative culturali che nel quartiere non trovavano spazio. Nel 1982 iniziò il conseguente intervento di restauro, completato il quale è stato chiuso nell'attesa di una destinazione. Ma nel frattempo i vandali entravano deturpandone l'interno. Infine, mani ignote hanno incendiato il tetto della caserma.

    Dopo un periodo di abbandono nel 1997 la Soprintendenza ai beni ambientali per la Liguria ha ripreso i lavori di ristrutturazione con la partecipazione gratuita dell'organizzazione di volontariato ASSOCIVILE la quale ancora oggi (con il progetto pluriennale S. Tecla ) provvede alla custodia del complesso immobiliare e risanamento ambientale dell'area esterna.

    Nel 2001 la proprietaria "Agenzia del Demanio filiale per la Liguria" ha trasferito la disponibilità della struttura all'Assessorato ai Forti del Comune di Genova. ASSOCIVILE di concerto con il progetto del CBA ha presentato varie iniziative riguardanti la prevenzione degli incendi boschivi e l'attività istituzionale di protezione civile. Oggi l'area esterna risulta protetta con chiusure, carrabili solo per mezzi di soccorso; all'interno, con un programma di mantenimento ambientale, operano anche gli obiettori in servizio civile assegnati alla meritoria organizzazione.

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    Forte Quezzi



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    Forte Quezzi sorge dietro il "Biscione", sul punto in cui il crinale principale proveniente dal monte Ratti, si dirama nei due secondari verso Marassi e Staglieno. Il 12 giugno 1747 gli austriaci occuparono il sito, accampandosi con una ridotta e numerose trincee, delle quali notiamo ancora i resti nei pressi. Il primo progetto del Forte, redatto dal Sicre nel 1747, fu modificato perché, con la forma ideata, mal si adattava alla natura del terreno. I lavori furono iniziati e subito sospesi per mancanza di fondi.

    Durante l'assedio del 1800 il generale Massena si rese conto dell'importanza della posizione ed ordinò velocemente il ripristino dei lavori: "non può esprimersi l'incredibile celerità di questa fabbrica ... Invece di gabbioni ... vi si adoprarono 5 in 600 botti ripiene di terra ... se ne formarono ... i parapetti ... Questi travagli, che doveano durare almeno tre mesi, furono fatti in tre giorni, e tre notti. Vi travagliarono ... i generali, gli uffiziali e i soldati".

    Tra il 1805 ed il 1814 i lavori furono attivamente ripresi dai francesi, con la realizzazione della caserma a due piani e, dopo 1815, dal Genio Sabaudo. L'obiettivo dell'opera era "d'impedire al nemico d'inoltrarsi nella Valle di Bisagno". La costruzione è stata disabitata nel 1914. Intorno al 1940 il primo piano della caserma fu demolito per sistemare le postazioni della contraerea. Nel 1945 fu completamente abbandonato. Oggi è un cumulo di rovine. Della caserma rimane solo il piano terra, inaccessibile. Il recinto bastionato è tuttora utilizzato per il ricovero delle greggi.

     
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  9. tomiva57
     
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    Villa Durazzo-Pallavicini




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    Particolare del parco con il tempio a Diana, in stile neoclassico

    La Villa Durazzo-Pallavicini si trova a Pegli, quartiere residenziale del ponente di Genova. Il parco romantico annesso alla villa, comprendente anche il Museo di Archeologia Ligure, è uno tra i maggiori giardini storici a livello europeo.

    Fu costruito per volere del nipote della marchesa Clelia Durazzo, Ignazio Alessandro Pallavicini, il quale ne affidò la progettazione e la completa realizzazione a Michele Canzio, fratello di Stefano Canzio e scenografo del Teatro Carlo Felice nonché maestro presso l'Accademia Ligustica di Belle Arti.

    I lavori che furono realizzati tra il 1840 e il 1846, anno dell'inaugurazione ufficiale anche se proseguirono ancora qualche tempo, diedero compimento ad un'opera considerata oggi tra le più alte espressioni di giardino romantico ottocentesco, grazie all'interpretazione del Canzio che, disponendo le diverse scenografie, ha saputo comporre un itinerario di ispirazione melodrammatica, per mezzo di un racconto che si svolge in un prologo e tre atti di quattro scene ciascuno. Ci si trova quindi a viaggiare attraverso sentieri contornati da architetture neoclassiche, o di stile neo-gotico o rustiche, contornate da palme, piante esotiche, lecci e allori.

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    Il prologo tramite due viali porta al primo atto incentrato sulla natura. Qui è presente una delle più antiche collezioni italiane di camelie la cui fioritura è ovviamente visibile in primavera.

    Il secondo atto nella zona alta, ora non visitabile, raffigura il succedersi della storia tramite finte rovine medioevali (edicola dedicata alla Madonna, castello trecentesco, mausoleo del signore).

    Il terzo atto è quello della Purificazione. Tramite le grotte (oggi chiuse al pubblico) raffiguranti gli inferi si arriva alla scenografia del Lago grande, immagine catartica del Paradiso: qui la maestria scenografica del Canzio si rivela in pieno, col tempio neoclassico di Diana e il ponticello in stile orientale.

    Infine, oltre a numerose opere d'arte scultoree, attribuite per lo più a Giovanni Battista Cevasco, si contano numerosissimi esemplari di vegetali assai rari.

    Nonostante l'aggressione dell'urbanizzazione e dell'industrializzazione (sotto al parco è stata scavata una galleria autostradale), villa Durazzo-Pallavicini resta uno dei migliori esempi delle residenze di villa nobiliare, che nei secoli passati furono tradizione delle potenti famiglie genovesi.

    La villa è facilmente raggiungibile dalla stazione ferroviaria di Genova-Pegli.


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    Maltempo: notte tranquilla a Genova, cessata la pioggia



    Genova, 5 nov. - (Adnkronos) - Notte tranquilla a Genova dopo l'alluvione di ieri. Si sono avuti rovesci sparsi fino a mezzanotte e alle primissime ore del mattino fino alle 2 circa, con cumulate massime di 10-12 millimetri, poi la pioggia e' cessata. Si registrano sul territorio venti sostenuti: nelle zone collinari le raffiche arrivano, in media, ai 70 km/h, con picchi di 80 km/h.



    Genova, 5 nov. (Adnkronos/Ign) - Resta la paura in Liguria, dopo l’alluvione che ha provocato sei vittime a Genova. L'allerta 2, prevista fino alle 12 di domani, è stata prolungata fino alle 18. Lo ha annunciato il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, al termine di una riunione con il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, e il sindaco di Genova, Marta Vincenzi.

    Il bilancio ufficiale del nubifragio è di sei morti. Era infatti a casa sua con i genitori il ventunenne dato per disperso e considerato la settima vittima. Tutte e sei le vittime hanno perso la vita in via Fereggiano, dove scorre il rivo. Sono la 28enne albanese Shpresa Djala e le sue figlie Janissa Diann, 1 anno, e Gioia, 8 anni, Angela Chiaramonte, quarantenne, Maria Costa, 19 anni, e l'edicolante cinquantenne Evelina Pietranera.

    A partire dalle sei di questa mattina e sino a cessate esigenze è in vigore il blocco totale della circolazione dei mezzi privati. Ciononostante il traffico è impazzito nella zona di Marassi, dove ieri è esondato il Fereggiano. In città sono stati chiusi impianti sportivi e scuole, annullati gare e partite, compresa Genova-Inter, appuntamenti teatrali, spettacoli, eventi. Il Comune ha rinnovato l'invito alla massima prudenza e ad abbandonare locali, situati sul livello della strada e interrati in caso di precipitazioni. Entrambe le principali stazioni ferroviarie, Brignole e Principe, sono operative.

    Intanto si contano i danni. Ingenti quelli registrati ad Amiu, l'azienda di igiene urbana, soprattutto nella sede di via Adamoli, e ad Amt, l'azienda di trasporto pubblico. Una ventina gli edifici scolastici variamente interessati da allagamenti. Sono attive su tutto il territorio squadre di pronto intervento per ripristini e interventi su utenze di luce, gas e acqua.

    ''Una tragedia per danni e lutti'' ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a Turi (Bari) per visitare le celle dove furono detenuti Antonio Gramsci e Sandro Pertini. ''Cerchiamo ancora di capire quali siano state le cause''.

    ''E' terribile assistere impotenti alla televisione al dramma di Genova che ha coinvolto così tante persone - ha dichiarato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi - Ma le parole servono a poco. Vediamo se ci sarà il modo di intervenire per evitare che quello che è successo non possa succedere più in futuro. E' evidente che si è costruito là dove non si doveva costruire, ma forse si possono trovare interventi che scongiurino il ripetersi di questi disastri e di queste tragedie''.

    Durissime le parole del presidente della Camera, Gianfranco Fini: "Queste tragedie che si ripetono, e le cui immagini si imprimono nelle coscienze di tutti, dimostrano che nessuno può avere la presunzione di stuprare l'ambiente senza correre il rischio di una vendetta della natura".

    Oggi ''in giro per le parrocchie e le strade di Genova'' c'era il cardinale Angelo Bagnasco, ''per portare la parola di conforto e l'affetto del Santo Padre che questa mattina mi ha chiamato personalmente. E' un motivo di consolazione e di fiducia per tutti noi". ''L'ambiente fa parte del bene comune - ha detto il cardinale - ci vuole più rispetto''.

    A Genova è tanta la rabbia. I commercianti della zona tra via Fereggiano e corso Sardegna hanno gridato ''Vergogna, dimettiti, noi paghiamo le tasse e voi sapete solo rubare'' rivolti al sindaco Marta Vincenzi che stava effettuando un sopralluogo. Alcune persone hanno tentato di ostacolare il passaggio dell'auto del primo cittadino. ''Il letto dei torrenti Bisagno, Fereggiano, Sturla e tutti gli altri erano puliti'' ha affermato Vincenzi, rispondendo alle contestazioni.

    Secondo le previsioni Arpal forti piogge in mare aperto si stanno avvicinando alla Liguria di Ponente, in particolare sull'imperiese e il savonese. Il fiume Bormida è già esondato in piana Crixia. Piogge intermittenti e temporali si registrano nello spezzino, dopo una notte tranquilla. La prefettura invita alla massima cautela e raccomanda di non circolare sulla strade in prossimità di canali o corsi d'acqua o sottostanti versanti ripidi, restare all'interno delle abitazioni nei piani sopraelevati nelle zone a rischio. Preoccupa l'effetto delle nuove precipitazioni sulle zone più colpite dall'alluvione del 25 ottobre scorso. Sono circa un migliaio le persone che hanno dovuto abbandonare la loro abitazione ed essere alloggiate in centri di emergenza.

    In Emilia Romagna il Po in queste ore è il sorvegliato speciale e continua a cadere la pioggia anche sulla Lunigiana, con forti scrosci temporaleschi, e vengono segnalati allagamenti che interessano la viabilità della zona intorno ad Aulla. Attesa intorno alle 19 un'onda di piena a Bocca di Magra.

    Intanto è salito a 3 l'allerta in quasi tutto il Piemonte per le prossime 36 ore. E' attesa per domani dopo pranzo la piena del Po a Torino. Le piogge intense che stanno interessando tutta la regione stanno determinando nella provincia di Alessandria criticità diffuse per frane ed esondazioni. Alla periferia di Alessandria nei pressi della località nota come 'Baracca' è esondato il fiume Bormida. Allagato anche il piano parcheggio di un centro commerciale alla periferia di Alessandria. Alcuni agenti di polizia nella notte hanno messo in salvo quattro famiglie ma un'ondata di acqua ha investito la volante sulla quale erano appena risaliti. Sono comunque riusciti a salvarsi abbandonando la vettura. Per tutta la notte sono proseguiti gli interventi dei vigili del fuoco per piccoli smottamenti e prosciugamenti di scantinati in particolare nei comuni di Ovada e Novi. Il presidente della Regione Piemonte, Roberto Cota, ha invitato a ''non sostare sui ponti e tenersi lontani dai corsi d'acqua, riducendo all'essenziale gli spostamenti ed evitando i sottopassi".

    Un avviso di allerta per rischio idrogeologico per le prossime 24-36 ore è stato diramato anche dalla Protezione civile regionale della Sardegna.

    Stando a quanto sottolinea all'Adnkronos il previsore servizio meteo della Protezione Civile, Luca Delli Passeri, ci saranno ancora tre giorni di allerta per il maltempo che persisterà fino a lunedì, con precipitazioni diffuse e continue in particolare sul versante Nord Ovest. Rovesci e forti piogge colpiranno la Liguria, l'Emilia Romagna fino al Veneto.

    "Dal tardo pomeriggio di oggi - aggiunge - la perturbazione si sposterà, senza mai abbandonare il Settentrione, sul Centro con temporali su Sardegna, Lazio e Toscana. Il maltempo si estenderà al Sud già da questa notte, per le 12/18 ore di domani sarà caratterizzato da piogge passeggere. Rovesci isolati si verificheranno fino all'inizio della settimana prossima".












     
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