ROSE E ROSETI...

tutto quello che c'e da sapere..

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  1. gheagabry
     
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    .....................le rose.......................



    Nell'impero romano, un vino alla rosa veniva preparato con i petali, erano usati a profusione anche in numerose situazioni diverse, lungo i percorsi di gara dei vincitori, come decorazione di ambienti, dentro l’acqua di fontane, nel letto nuziale a garanzia di un matrimonio felice.
    Il padre della medicina, il greco Ippocrate (460 a.C. circa-377 a.C.), prescriveva i petali di rosa macerati nell’olio come rimedio contro alcune malattie dell'apparato genitale femminile e, in seguito, si riconobbero anche altre proprietà medicamentose proprie di questo fiore. Anni addietro, nell'Iliade’, Omero descrisse Afrodite vegliare giorno e notte la salma di Ettore, massaggiandolo con olio di rose per imbalsamarlo.
    Si racconta che in Egitto, la regina Cleopatra (69-30 a.C.) – che pretendeva di avere il letto coperto di rose fresche ogni giorno – avesse accolto Marco Antonio coperta da una coltre di profumatissimi petali di questo fiore, al quale attribuiva poteri afrodisiaci, quando avvenne il loro ultimo incontro d’amore prima della partenza dell’amante. In occasione di un banchetto in onore di questi, Cleopatra aveva fatto spargere una quantità così spropositata di petali di rose da ricoprire i pavimenti del suo palazzo. Per rimarcare quanto era innamorata, aveva poi imbevuto di acqua di rose le vele della nave in modo che il profumo trasportato dal vento le avesse preannunciato l’imminente arrivo dell'amato molto tempo prima che lei potesse vederlo.



    L’imperatore Nerone (37-68 d.C.) – che pare dormisse in un letto di petali di rosa – ne usava così tanti come tappeto e per il vino aromatico da sperperare somme esorbitanti. Questo consumo abbondante e diffuso anche tra il popolo romano indusse a impiantare vivai di rose per coltivarlo nell’Italia meridionale invece che farlo arrivare dall’Egitto, grande produttore, a costi elevatissimi.
    Nel Medioevo, per superstizione frammista a devozione, ai petali di rosa – il fiore sacro della Madonna protettrice e artefice di ogni salvezza – furono attribuiti poteri magici contro il rischio di contagio di malattie. Così, durante le pestilenze, si diffuse in Europa l’usanza di portarli addosso come amuleto, oltre ad utilizzarli come disinfettante delle vesti e degli ambienti. Durante il Rinascimento, i petali di rosa – simbolo dell’amore – erano sparsi nella dimora e lungo il percorso seguito dalla sposa per andarsi a sposare. Ma con i petali freschi si preparavano sciroppi e mieli, invece quelli essiccati erano l’ingrediente base di bevande – infusi, tisane, acquavite – e di numerose preparazioni cosmetiche (acque profumate, unguenti, talchi, saponi, deodoranti).
    Secondo la raccolta di novelle orientali ‘Mille e una notte’ (X secolo, autori diversi), il califfo di Baghdad serviva una marmellata di rose così speciale da soggiogare tutti quelli che la assaggiavano.
    Si narra anche che, nel 1187, il sultano e condottiero musulmano Saladino, riconquistata Gerusalemme dai Crociati, si rifiutò di entrare in una moschea finché non fosse stata completamente purificata con acqua di petali di rose fresche, così occorsero più di cinquanta cammelli per trasportare la mercanzia da Baghdad.
    In Inghilterra, profumati petali di rosa venivano cuciti nelle gonne dalle cortigiane della regina Elisabetta I per affascinare i corteggiatori. Si impiegavano anche per profumare gli alimenti e l’acqua per lavare gli indumenti e, essiccati in pot-pourri, erano esposti nelle stanze.




    Dal 1656, vengono sparsi petali di rosa (‘sa ramadura’ o ‘infiorata’) a tappeto lungo il percorso del Cocchio Sacro in processione durante la ‘Sagra di Sant'Efisio’ – uno dei più sentiti eventi religiosi e folkloristici in Sardegna – celebrata ogni primo maggio dall’anno in cui il Santo martire salvò Cagliari da un’epidemia di peste.
    Nell’isola sarda, i petali di rosa erano tra i simboli della tradizione in occasione del matrimonio: venivano sparsi sul capo degli sposi quale augurio di amore per tutta la durata dell’unione coniugale. In Italia, tutt’oggi sono lanciati (insieme o al posto del riso) agli sposi dagli invitati, appena escono dalla cerimonia nuziale, come augurio di felicità e di prosperità che in origine, nella tradizione medievale, prevedeva invece chicchi di grano come simbolo di fertilità.

    In Cina, i petali freschi di rosa sono aggiunti al tè nero aromatizzato per ottenere la squisita miscela di tè ‘Rose Congou’ mentre, in alcune aree geografiche – Medio Oriente, India, Iran, Turchia, Grecia, Balcani – l’acqua di rose alimentare è un ingrediente di sorbetti, gelati, dolci, macedonie, secondo un’antica tradizione culinaria.



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  2. gheagabry
     
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    Alcuni petali di rosa – simbolo di rinascita, rinnovamento e salvezza –dovevano essere mangiati dal giovane Lucio come rimedio di purificazione per riprendere le proprie sembianze umane dopo che era stato trasformato in asino invece che in gufo, come avrebbe voluto, in seguito ad un errore di magia. Dopo lunghe vicissitudini – narrate dallo scrittore, filosofo e oratore Apuleio (124 – 170 circa) nell’opera di letteratura latina intitolata ‘Metamorfosi’ (o ‘L'asino d'oro’) – Lucio concluse il complesso percorso di espiazione dai peccati e riuscì a diventare sacerdote del culto di Iside.
    Spicchi di aglio dovevano essere avvolti nei petali di rosa da tre commensali che, in questo modo accoppiavano rispettivamente il simbolo della prosa con quello della poesia durante il ‘Pranzo parolibero primaverile’ descritto nel testo di letteratura futurista inserito nella raccolta (1932) del poeta e scrittore Filippo Tommaso Marinetti e del poeta pittore Fillia (Luigi Colombo). Contro l’ansia e la monotonia, questi improbabili accostamenti di sapori distanti di questa corrente di avanguardia avevano lo scopo di riconfigurare e ricombinare l’esistente per mezzo di schemi percettivi in modo da originare ex-novo accordi dagli effetti insoliti. Nella sperimentazione poetica della cucina futurista, il gusto viene quindi deformato per anticipare una nuova armonia con il senso del linguaggio.
    Nel dipinto ‘Le rose di Eliogabalo’ (1888), il pittore anglo-olandese Lawrence Alma-Tadema (1836-1912) rappresentò un macabro scherzo che si racconta – nella biografia contenuta nella controversa raccolta ‘Historia Augusta’ (244-253), di dubbio autore – fosse stato messo in atto per capriccio dallo stesso imperatore Eliogabalo (218-222), uno dei più dissoluti tra gli imperatori dell’antica Roma, durante l’ennesimo banchetto sfarzoso della serie che organizzava. A un dato segnale, un baldacchino artefatto rilasciò tonnellate di petali di rosa che soffocarono gli ospiti inconsapevoli riuniti al di sotto.



    Per una tradizione secolare, una moltitudine di petali di rose veniva, invece, fatta cadere dall’alto sui fedeli riuniti per la celebrazione della Santa Messa nella domenica di Pentecoste, denominata anche “Pasqua delle Rose”. E’ una delle feste più solenni nella Chiesa cristiana, che rinnova la discesa dello Spirito Santo sotto forma di fiammelle sugli Apostoli nel cenacolo, descritta dall’evangelista Luca.
    Petali di rosa purpurea sono ossessivamente ricorrenti nelle visioni e nella simbologia della vicenda che si sviluppa, tra sogno e realtà, nel film pluripremiato ‘American Beauty’ (1999). Popolano, diventando una fissazione, le appassionate fantasie sessuali di Lester, maturo padre di famiglia, calamitate dall’amica della figlia, l’adolescente Angela – con le nudità appena celate, adagiata in una vasca da bagno colma di fiori, oppure con questi che fuoriescono a pioggia dalla camicetta slacciata fino a comporsi a un tappeto – ma anche incentrate su se stesso, come quando si toglie un petalo dalla bocca dopo averla baciata o scende dal soffitto una nevicata di petali sul suo viso. Simbolo del legame tra vita, amore, morte, le rose onnipresenti nelle scene della pellicola sembrano lanciare l’avvertimento che le rose sono di notevole bellezza – da qui il suggerimento per la scelta del titolo – ma sono insidiose, hanno le spine e possono pungere




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  3. gheagabry
     
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    Teasing Georgia



    Rosa di tenue giallo di gran bellezza e gran valore..... I fiori a coppa sono particolarmente estetici.
    I petali centrali formano una coppa in giallo vivace mentre quelli esterni si aprono sfumando sino al giallo più impercettibile.
    Meraviglioso profumo di tè di media-alta intensità.
    Nel complesso è una varietà veramente robusta, affidabile e sana, con eccellente ripetizione della fioritura : una rosa davvero elegante.
    Il nome è stato scelto dal Sig.Ulrich Meyer, che ha voluto dedicare questa rosa alla moglie Georgia.



    Teasing Georgia ha vinto la Medaglia Henry Edland del 2000 per varietà con migliore profumazione nei Royal National Rose Society Trials e vari altri riconoscimenti sia nel Regno Unito che nel resto del mondo.
    Teasing Georgia è stata introdotta dalla David Austin Roses nel 1998 ed è possibile averla anche nella versione rampicante






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  4. gheagabry
     
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    Ci sono anche aneddoti storici sulle rose. Pare ad esempio che un grande intellettuale persiano, Omar Khayyam, fosse innamorato delle rose. Omar era poeta, matematico, astronomo, filosofo… insomma, un intellettuale a 360 gradi! Visse nell’XI secolo e molti dei suoi versi furono tradotti nel XIX secolo dal poeta inglese Edward Fitzgerald. Secondo la sua traduzione, una volta Omar disse che sulla sua tomba il vento avrebbe fatto nascere le rose. La cosa interessante è che davvero sulla sua tomba, secoli dopo, è stata trovata una rosa, i cui semi, inviati in Europa, diedero vita a un rosaio e a una nuova varietà. I semi di questa rosa furono piantati anche sulla tomba del suo traduttore, Edward Fitzgerald.





    Come acqua di ruscello e come vento di pianura

    un altro giorno se n'è andatodalla vita mia e dalla tua:

    finchè vivrò, di due giorni non dovrò patire il triste pensiero,

    del giorno non ancora venuto e di quello che è andato....

    Omar Khayyam





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  5. gheagabry
     
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    Rosa riso d'amor, del ciel fattura
    Rosa del sangue mio fatta vermiglia,
    Pregio del mondo, e fregio di natura,
    De la Terra, e del Sol vergine figlia,
    D'ogni Ninfa, e Pastor delitia e cura,
    Honor de l'odorifera famiglia,
    Tu tien d'ogni beltà le palme prime,
    Sovra il vulgo de' fior donna sublime.

    Quasi in bei trono Imperadrice altera
    Siedi cola su la nativa sponda.
    Turba d'aure vezzosa lusinghiera
    Ti corteggia dintorno, e ti seconda;
    E di guardie pungentia armata schiera
    Ti difende per tutto e ti circonda.
    E tu fastosa del tuo regio vanto
    Porti d'or la corona, & d'ostro il manto.

    Porpora de' giardin, pompa de' prati,
    Gemma di Primavera, occio d'Aprile,
    Di te le gratie, e gli Amoretti alatti
    Fan ghirlanda a la chioma, al sen monile.
    Tu qualhor torna a gli alimenti usati
    Ape leggiadra, ò Zefiro gentile,
    Dai lor da bere in tazza di rubini
    Rugiadosi licori e christallini.

    Non superbisca ambitioso il Sole
    Di trionfar frà le minori stelle,
    Ch’ancor tu frà i ligustri, e le vïole
    Scopri le pompe tue superbe e belle.
    Tu sei con tue bellezze unice e sole
    Splendor di queste piagge, egli di quelle.
    Egli nel cerchio suo, tu nel tuo stelo:
    Tu Sole in terra, & egli Rosa in Cielo.

    E ben saran trà voi conformi voglie,
    Di te fia 'l Sole, e tu del Sole amante.
    Ei de l'insegne tue, de le tue spoglie
    L'Aurora vestirà nel suo Levante.
    Tu sphiegherai ne' crini e ne le foglie
    La sua livrea dorata e fiammeggiante;
    E per ritrarlo & imitarlo apieno,
    Porterai sempre un picciol Sole in seno.

    Adone[1623]





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  6. gheagabry
     
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    Rose banksiae 'Alba Plena' e 'Lutea'



    Entrambe sarmentose rigogliosissime: la prima a fiore doppio bianco dall'intenso profumo di violetta. La seconda a fiore doppio giallo-primula dal profumo quasi impercettibile. I fiori molto piccoli sono riuniti in corimbi di piccole dimensioni, ma così numerosi da creare l'effetto d'un'esplosione. Come un fuoco d'artificio! Caratteristici i lunghi tralci flessuosi senza spine, ricoperti di piccole foglie suddivise in cinque foglioline.

    Vi è infatti una notevole varietà della rosa scoperta nello Yunnan ed in altre zone della Cina, dove è largamente diffusa allo stato spontaneo.
    Così la rosa banksiae “Alba plena”, introdotta da William Kerr a Kew da Canton nel 1807, la “Lutescens”, a fiore giallo come la “Lutea”, importata da John Parks nel 1824, ma già presente nel giardino botanico di Calcutta.
    La grande espansione della “banksiae” è dovuta alla sua rusticità, alla sua vigoria e soprattutto alla mancanza di spine. E’, inoltre, sempreverde e rampicante, bella anche quando non è in pieno rigoglio. Ma ai primi tepori primaverili si verifica la grande fioritura, accompagnata dall’intenso profumo di violetta.


    La rosa,
    la rosa immarcescibile che non canto,
    quella che e' peso e fraganza
    quella dell'oscuro giardino della notte fonda,
    quella di qualunque giardino e qualunque sera,
    quella che risorge dalla tenue
    cenere per l'arte dell'alchimia,
    la rosa dei persiani e di Ariosto
    quella che e' sempre sola,
    quella che e' la rosa delle rose,
    il giovane fiore platonico,
    l'ardente e cieca rosa che non canto,
    la rosa irragiungibile.
    (JORGE LUIS BORGES)




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  7. gheagabry
     
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    La ROSA CHINENSIS


    Secondo alcuni si chiama Rosa viridiana, secondo altri Rosa chinensis viridiflora, gli inglesi la chiamano monster rose: è la rosa verde. Si tratta di una varietà antica, molto particolare. Il fiore è dello stesso colore delle foglie e quasi non si vede anche per le dimensioni ridotte. Anche la forma è particolare: sembra quasi più un garofano che una rosa. Queste particolarità sono dovute al fatto che la rosa verde non ha petali mentre stami e pistilli si sono trasformati in petaloidi, sorta di petali stretti e allungati. Anche per questo motivo la catalogazione di questa pianta è incerta. Quelli che la chiamano Rosa viridiana la vorrebbero specie a sé mentre chi la chiama Rosa chinensis “viridiflora” la definisce come sottospecie della Rosa chinensis. Io appartengo a quest’ultima scuola. Le foglie e il portamento della pianta sono quelli tipici della R. chinensis.

    Questa rosa è di facile coltivazione, si riproduce agevolmente da talea ed è abbastanza resistente alle malattie anche se a volte compare un po’ di oidio o di ticchiolatura. Non è possibile la riproduzione da seme. Poiché stami e pistilli sono trasformati in petaloidi la pianta risulta sterile.

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  8. gheagabry
     
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    La rosa BOURBON


    Poco dopo la comparsa delle rose Portland si formò casualmente un'altra razza di rose.
    All'inizio del XIX secolo era diffusa l'usanza di realizzare siepi costituite da due varietà di rose.
    Sull'isola di Bourbon (ora Rèunion), nell'Oceano Indiano meridionale, le uniche presenti erano la vecchia rosa cinese Old Blush e la damascena Quatre Saison; esse si incrociarono casualmente, dando origine a piante di rose a distribuzione locale che univano la continua rifiorenza della cinese al profumo dei fiori della Damasco.
    Il direttore del piccolo giardino botanico dell'isola raccolse i semi di questa rosa e li inviò in Francia al suo amico M.Jacques, capo giardiniere del Duca d'Orlèans. Avendo quest'ultimo riconosciuto nelle piantine ottenute le premesse per la costituzione di una nuova razza, denominò la prima di esse Bourbon Rose.
    Da allora, per tutto l'Ottocento, parecchi coltivatori francesi la usarono per incroci e reincroci, dando origine ad una serie di rose ad arbusto o rampicanti a lunga fioritura che, con poche rivali, nel XIX secolo ornarono i giardini di tutto il mondo.
    Dal punto di vista delle caratteristiche formali le Bourbon si possono dividere approssimativamente in due gruppi: quelle che hanno ereditato la forma dei fiori dalle rose Cinesi (con una gran quantità di petali disposti a coppa o anche un po' scomposti) e quelle che ripetono la forma delle loro antenate Damasco, con fiori semidoppi e piuttosto piatti quando aperti. Notevoli differenze appaiono anche nel portamento, nella forma e nella struttura del fogliame, e nel tipo di spine, a seconda che prevalga la tendenza ancestrale cinese o damascena.
    Al gruppo delle Bourbon appartengono rose celeberrime. Souvenir de la Malmaison (1843) ha fiori bianco incarnato con ombreggiature di cipria rosa, piatti quando aperti e suddivisi in quarti gradevolmente proporzionati.
    Zéphirine Drouhin (1868) è la più nota e coltivata tra le poche rose esistenti senza spine: ha fiori di colore rosa-ciliegia brillante che sbocciano in profusione per tutta la stagione estiva ed hanno un profumo delizioso.


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  9. gheagabry
     
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    La rosa DAMASCENE



    La nascita delle rose damascene risale a molti secoli fa, ma sulle loro origini ben poco sappiamo di certo. L'unico indizio storico attendibile risiede nel nome, che ricorda un loro antico utilizzo nel Medio Oriente e in particolare a Damasco. Probabilmente anche i Romani ne conoscevano alcune varietà.
    L'origine botanica del gruppo non fa capo ad una specie ma ad un ibrido (probabilmente R. gallica X R. moschata) che vive in Asia Minore ed è provvisto di una forma perenne, che produce fiori anche in autunno.
    E la Quatre Saison o Rosa damascena Bifera, una varietà di grande importanza storica: oltre ad essere la più antica tra le rose europee rifiorenti, con ogni probabilità ha dato un apporto essenziale alla nascita del gruppo delle rose Portland. Produce una serie di fioriture a intervalli di circa sei settimane sino al tardo autunno; nell'Italia del XVII secolo era conosciuta come la rosa di ogni mese. Dal punto di vista genetico non è distinguibile dalla normale rosa damascena a fioritura unica, di cui è probabilmente una mutazione. Ha fiori doppi, lassi, di colore rosa intenso che trascolora al rosa chiaro, con il profumo più dolce che si possa immaginare.
    Se si esclude la rifiorenza, sono caratteristiche comuni a tutto il gruppo: arbusti di media altezza (120-150 cm), a portamento molle, con germogli ricurvi e foglie rivolte verso il terreno, tinte poco appariscenti, ma sempre con il pregio rilevante del profumo.
    Non a caso Kazanlik (1686) viene coltivata per l'essenza. Il nome è quello di una città bulgara in cui l'attività di coltivazione delle rose allo scopo di estrarne il profumo è antica.
    Ricordiamo anche Celsiana (circa 1750) con i suoi sottili petali rosa, che appena sbocciati appaiono spiegazzati e delicati, e diventano velocemente di colore rosa più chiaro, riempiendo l'aria di una fragranza straordinariamente ricca per tutto il periodo della fioritura.


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  10. gheagabry
     
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    La ROSA di NATALE



    La rosa di Natale fiorisce a dicembre. Il suo nome botanico è Elleboro. I suoi fiori bianchi crescono sotto la neve, anche con pochissimi raggi di sole. Nei giorni di Natale raggiunge la fioritura massima che durerà fino alla quaresima.

    L’elleboro è una pianta invernale che appartiene alla famiglia delle Ranucolacee. Ha origine nel Caucaso e nell’Asia Minore. Differenziandosi per fiori e foglie ne esistono diverse specie. La più conosciuta è un’erbacea perenne con fiori da cinque petali di colore bianco rosato, dotato di foglie di colore verde scuro grandi e resistenti; si tratta dell’ l’Helleborus niger.
    L’origine del nome di questa pianta è greco. La parola Helleborus si riferisce alla sostanza altamente tossica che questa pianta possiede. Infatti è preferibile lavarsi le mani dopo aver toccato principalmente radici e rizoma. Sempre al centro di leggende, soprattutto per quanto riguarda l’uso farmacologico, ora non è più utilizzata perché considerata tossica.
    In Europa cresce sulle Alpi, sugli Appennini e sui Carpazi; predilige le zone boschive.

    Esistono molte leggende su questo fiore. Si racconta che un pastore, di nome Melampo, indovino e guaritore, avendo osservato che le proprie pecore, si purgavano mangiando l'elleboro, pensò di somministrare lo stesso alle figlie del re di Argo, Preto. La pazzia aveva colpito le giovani principesse, esse credevano di essere diventate vacche. Melampo le guarì, come ricompensa ottenne il titolo onorifico di "Purgatore", una parte del regno di Argo e la mano di una delle principesse.
    Gli antichi greci ricorrevano alla frase "aver bisogno dell'Elleboro " per indicare i folli, in quel tempo molti malati di mente si recavano ad Antycira, nel golfo di Corinto, che era località rinomata per la vegetazione ricca di Elleboro , luogo consigliato anche dal poeta latino Orazio.
    Racconta la leggenda che Eracle fosse stato guarito dalla pazzia proprio grazie a questa pianta. Pare che gli antichi filosofi ricorressero ai principi di questa pianta per raggiungere uno stato ipnotico, molto simile alla meditazione profonda.
    Un uso particolare ne fece Paracelso che usò le foglie dell'Elleboro per la preparazione di un "elisir di lunga vita".
    Gabriele D'Annunzio, ne "La figlia di Iorio" lo cita:"Vammi in cerca dell'Elleboro nero, che il senno renda a questa creatura".
    Anche gli inglesi hanno la loro leggenda in merito all'Elleboro. Pare che, spargendo la polvere della radice mentre si cammina, questa abbia il potere di rendere invisibili.
    Nei paesi della bergamasca, negli anni 50-60, c'era un commercio della rosa di natale, i bambini raccoglievano i fiori e li portavano in un punto di raccolta dove venivano selezionati e poi contati.
    I pochi soldi racimolati servivano per comprare i quaderni; quando il raccolto era abbondante, grande festa, ci scappava anche qualche caramella.
    Oggi in India si brucia questa pianta accanto al letto delle partorienti, per affrettare il parto e perché lo spirito degli dei entri nella mente del neonato. Secondo l'etimologia, questo termine deriva dal greco, Helleborus: è formata da due parole greche che significano"far morire " e "nutrimento" che uccide, in riferimento alla sostanza venefica che contiene.
    La figlia piccola di un pastore era intenta ad accudire il gregge del padre in un pascolo vicino Betlemme, quando vide degli altri pastori che camminavano speditamente verso la città. Si avvicinò e chiese loro dove andavano. I pastori risposero che quella notte era nato il bambino Gesù e che stavano andando a rendergli omaggio portandogli dei doni. La bambina avrebbe tanto voluto andare con i pastori per vedere il Bambino Gesù, ma non aveva niente da portare come regalo. I pastori andarono via e lei rimase da sola e triste, così triste che cadde in ginocchio piangendo. Le sue lacrime cadevano nella neve e la bimba non sapeva che un angelo aveva assistito alla sua disperazione. Quando abbassò gli occhi si accorse che le sue lacrime erano diventate delle bellissime rose di un colore rosa pallido. Felice, si alzò, le raccolse e partì subito verso la città. Regalò il mazzo di rose a Maria, come dono per il figlio appena nato.
    Da allora, ogni anno nel mese di dicembre fiorisce questo tipo di rosa per ricordare al mondo intero del semplice regalo fatto con amore dalla giovane figlia del pastore.



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  11. gheagabry
     
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    ..."da Creta a questo tempiodivino:
    v'è un bosco gentile di meli, are vaporano d'incensi.
    L'acqua fredda risuona fra le rame del melo
    e la radura è un'ombra di rose.
    In un palpito di foglie cola sopore.
    Nei pascoli prativi, fioriture di primavera:
    spira un alito di finocchi, soave..."
    (Saffo)


    La ROSA



    La presenza della rosa nella nostra penisola si perde nelle nebbie del tempo ma da quel passato emergono le voci di personaggi leggendari come Virgilio (70-19 a.C.) che cantò le rose di Paestum, di Plinio il Vecchio (79-23 a.C.), il più grande naturalista di quei tempi che descrisse le rose esistenti allora. I romani conobbero ed importarono rose, in seguito alle loro conquiste, dalla Grecia e dall’Asia minore. Con la caduta dell’Impero Romano decaddero pure la coltivazione ed il culto delle rose. Quasi tutte le varietà scomparvero e sopravissero soltanto quelle che poterono riprodursi da seme e naturalmente le botaniche. Nel V sec. Erodo parla già della rosa a cento petali come di un fiore comune e racconta come fosse coltivata con successo nei giardini del mitico re Mida, in Macedonia. Le "Georgiche" di Nicandro completano la notizia dicendola originaria del monte Bermios, nel Caucaso orientale, sul quale le famiglie greche, in primavera ed in autunno, facevano scampagnate per procurarsi le talee. In effetti, ancora oggi nel Kurdistan questa rosa cresce assolutamente spontanea. Di qui dunque è penetrata in Asia Minore e poi in Grecia da una parte, in Mesopotamia, Siria e Palestina dall'altra.

    Per tornare al nostro re Mida, Erodoto racconta che presto lasciò la città di suo padre e si stabilì in Tracia, poi nell'Edonia e nell'Emazia, sempre con le sue rose sottobraccio, fino a fissare la propria dimora e soprattutto i suoi prestigiosi giardini ai piedi del monte Bermios... ed ecco che storiografia e leggenda coincidono.
    Siamo circa nel V a. C.: ben presto la grossa spinta della colonizzazione ellenica porterà la rosa in tutto il Mediterraneo, soppiantando rapidamente, o almeno mettendo in secondo piano, gli altri più antichi fiori sacri: il giglio ed il fior di loto. Legata come s'è detto al culto di Venere, dea di fecondità e delle acque, la rosa fu impiegata largamente nel suo culto e collegata fin dapprincipio all'amore ed al benessere intesi quasi in senso moderno, vale a dire come beni in se' e non soltanto per ottenere la fecondità.

    La rosa fu un fiore proibito per circa 1000 anni. Con l'avvento del Cristianesimo, la rosa fu ritenuta un simbolo pagano per molti secoli e fatta scomparire nell'Occidente cristiano. Sia i Greci sia i Romani, infatti, la consideravano un attributo di Afrodito/Venere e, anche in altre civiltà, era associata all'amore e alla passione, come oggi.
    Ma in Grecia e a Roma la rosa era anche il simbolo del silenzio, attributo del dio Harpocrater rappresentato con un dito sulla bocca. Tanto che nell'antica Roma si usava porre una rosa su una mensa o davanti a una porta per indicare che quanto veniva detto a tavola, o in quella stamza, doveva rimanere segreto. Da qui l'estressione latina sub rosa in relazione a una cosersazione riservata. Tanta simbologia pagana ne decretò anche la sua messa al bando nei primi secoli del Cristianesimo. La rosa sopravvisse nei monasteri dove era coltivacome pianta officinale. E tornò in auge durante le crociate, quando i cavalieri di ritorno dall'Oriente ne magnificarono la bellezza e la popolarità, tanto da riemergere, stilizzata , nei rosono delle cattedrali gotiche. In seguito su associata alla Madonna e così tornò a diventare il fiore più amato nel mondo religioso e laico.
    (Focus)
     
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  12. gheagabry
     
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    rosetocarlafineschi

    Si scoprono tantissime cose per caso.
    Noi siamo bravissime a scoprire quasi tutto per caso. Il primo fanatico uso dei detersivi, quando apparvero per la prima volta dopo la guerra, causò formazioni di grasso nell’acqua per lavare. Il grasso, raggrumato in bolle, formava a sua volta grosse focacce di unto nel tombino sotto la finestra di cucina. Si era a Londra e c’era ancora il razionamento, e buttare via quello che poteva anche sembrare una specie di zuppa commestibile non stava bene. La seppellimmo nel cuor della notte in fondo al giardino poco lontano dalle radici di una rosa rampicante che era sempre stata un po’ striminzita. Quell’anno la rosa fiorì stupendamente e da allora fiorì sempre. Abbiamo continuato a nutrire le rose con il grasso, chiedendo a volte al macellaio di tenerci via qualche scarto.
    Quando siamo andate in campagna abbiamo continuato il primo anno a fare lo stesso. Ma una ad una tutte le nostre belle rose venivano immediatamente aggredite e strapazzate intorno alle radici dalle volpi che sono numerose nei boschi intorno a noi. Fummo costrette a smettere. Ma per chi ha il giardino in città oppure cintato da alti muri o reti metalliche è una pratica eccezionalmente raccomandabile

    Da: Il giardino delle vecchie signore di Maureen e Bridget Boland

     
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  13. gheagabry
     
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    Il simbolo della Rosa è, assieme a pochi altri, onnipresente nei tempi e quasi in tutto il globo. Gli eroi greci la usavano per ornare il loro elmo come Enea ed Ettore (peraltro eroi Troiani), oppure lo scudo come Achille. I roseti erano consacrati tanto ad Afrodite che ad Atena ed una leggenda mitologica dice che inizialmente in Grecia esistevano solo rose bianche finché la dea Afrodite, accorrendo in aiuto di Adone, mortalmente trafitto da un cinghiale, si punse con le spine, tingendo del rosso del proprio sangue le corolle del fiore ad essa consacrato. Già, le spine, il cosiddetto “rovescio della medaglia”. Secondo varie leggende medievali, l’Eden era pieno di rose senza spine, nate dopo il “peccato” di Eva. E San Bernardo di Chiaravalle era solito dire:” Eva, spina; Maria, rosa”.


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    Il dio Arpocrate, l’equivalente greco dell’egizio Horus, era il dio della segretezza e veniva raffigurato incoronato di roselline. Ciò fece sì che il simbolismo della rosa acquisisse anche il simbolo iniziatico della conservazione dei segreti.

    Ecate, dea degli inferi, era talvolta rappresentata con la testa cinta da una ghirlanda di rose. Questo fiore era per i greci anche simbolo di rigenerazione e perciò era usanza deporre rose sulle tombe.

    Nell’antica Roma la rosa celava il “profumo di eternità”, tanto che durante le “Rosalie”, cerimonie miranti ad onorare gli dei Mani celebrate tra maggio e luglio, i cittadini erano soliti offrire ai defunti ampie ghirlande di rose. Pure il famoso “asino di Apuleio” riacquistò forma umana mangiando una corona di rose vermiglie offertegli dal sacerdote di Iside.

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    Il Cristianesimo attinse copiosamente nel simbolismo della Rosa che divenne addirittura emblema del Graal, la mitica coppa che raccolse il sangue di Cristo sgorgante dalle sue ferite. Ma la rosa era anche simbolo di trasformazione: in due diverse leggende abbiamo la Rosa bianca che si trasforma in rossa con il sangue di Cristo e la Rosa rossa che si trasforma in bianca con le lacrime della Madonna. I cinque sepali del fiore ricordano proprio un calice, il calice in cui ogni anima che si incarna raccoglie il proprio destino futuro.

    Fra gli alchimisti la Rosa bianca rappresentava l’ ”Albedo” (purificazione del sentire, ovvero del Mercurio) e quella rossa la “Rubedo” (purificazione del volere, ovvero lo zolfo), le due fasi dell’Opera di trasmutazione successiva alla “Nigredo” (la putrefazione di base).

    Nell’esoterico Ordine Rosacrociano una corona di rose rosse con al centro una rosa è posta al centro della Croce, al posto del cuore: il dolore umano (Croce) abbinato all’Amore (Rosa).

    Anche il rosone in vetri colorati che si vede in alcune cattedrali o il rosone in pietra posto sulla facciata delle chiese trae origine dal simbolismo della Rosa: attraverso il rosone, la luce (ossia la Verità) può entrare nel Sacro edificio. Nell’XI secolo alcuni monasteri regalavano ogni anno a Papa Leone IX una rosa d’oro, in segno di riconoscenza per ciò che la Chiesa faceva per loro. Inoltre in tutto il Medioevo il simbolo della Rosa era tra i più usati, assieme alla Croce, dagli ordini cavallereschi.

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    San Bernardo in uno dei suoi sermoni disse: ”Maria è stata una rosa: bianca per la sua verginità, vermiglia per la sua carità”.

    Il legame che unisce la Madonna, Regina del Cielo, con la Rosa, Regina dei fiori, è strettissimo, tanto che nel XVI secolo nacque una leggenda secondo la quale quando la Vergine salì al cielo, lasciò un sepolcro fiorito di rose e di gigli.

    La Madonna apparve a Lourdes con due rose sui piedi nudi ed a La Salette ornata di rose multicolori. A Guadalupe le rose fiorirono miracolosamente per opera della Vergine e molti santuari Mariani sono dedicati alla “Madonna delle rose”.

    San Domenico di Guzman (1170-1221) sognò che le preghiere degli uomini salivano verso la Madonna in cielo, sotto forma di tante rose unite in corona. Fu questo sogno la chiave che unificò il simbolo della Rosa con il culto della Vergine. Si coniò allora sia per la corona con i grani in quanto oggetto, sia per l’insieme delle preghiere, il termine “Rosario” dal latino “Rosarium”, e per rafforzare il legame simbolico tra il fiore e la preghiera, si diffuse l’uso di fabbricare i grani delle corone esclusivamente con legno di rosa.

    L’idea di uniformare teoricamente la corona con i grani con la corona di rose servì anche ad inglobare le antiche tradizioni pagane, ancora presenti nel XII secolo in varie parti d’Europa, miranti ad implorare la protezione degli dèi offrendo loro delle corone di fiori intrecciate in varie forme. Era questa una comune cerimonia del Nord Europa dove in un rito propiziatorio, venivano appese da parte di giovani fanciulle corone di fiori su ”alberi sacri”.

    Nello stesso periodo nacque anche la leggenda secondo la quale fu per primo l’Arcangelo Gabriele ad intrecciare una corona di 150 rose in onore della Vergine. Tale corona era divisa in tre: rose bianche per ricordare l’infanzia di Gesù, rose rosse per ricordarne la Passione e rose d’oro per celebrarne la Resurrezione.

    Ricordiamo infine come anche Dante (rosacrociano ante litteram), riprendendo il simbolismo della Rosa, nella Divina Commedia fa disporre i Beati attorno al Trono Celeste in modo tale da formare una candida rosa.

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    Edited by gheagabry1 - 9/9/2018, 12:47
     
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  14. gheagabry
     
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    L’origine della rosa si perde nella notte del tempo.
    Già Confucio viveva in mezzo alle rose e compose un gran numero di poesie, che sono state
    riportate sui grandi vasi dei mandarini del celeste impero. Fra i 18.000 volumi della biblioteca
    dell’imperatore della Cina, 1800 sono trattati di floricoltura e di essi 600 trattano della coltivazione
    delle rose, nonostante che allora fossero conosciute solo due qualità: la bianca e la giallo paglierina.
    L’essenza di rose, in Cina, può essere usata solo dai membri della famiglia imperiale e dagli alti
    dignitari. Un sacchetto pieno di foglie, era considerato come un talismano contro i geni del male, le
    malattie e i brutti sogni.
    Nel Siam è credenza che il genio del bene sia nato in un boschetto di rose, mentre il genio del male
    era nato in un boschetto di cipressi.
    I greci la facevano nascere nell’isola di Citera, chiamata anche Cerigo, mitica patria di Afrodite, ma
    Anacreonte la derivava da Afrodite stessa, che usciva dalle onde grondante d’acqua. Una goccia
    attaccata alla pelle nuda della Dea, cade a terra e fece nascere la prima rosa. I fiori furono tutti
    bianchi, ma un giorno Venere accorrendo a soccorrere Arom si punse ed il fiore s’imporporò del sangue della Dea. Un'altra versione ci narra che le rose diventassero rosse per la vergogna di aver dato tanto dolore alla dea.
    La leggenda maomettana, fa nascere la rosa dal sudore del profeta.
    La Roma imperiale fece un uso immoderato dei petali di rosa. Nerone fece piovere sui suoi convitati, petali per quattro milioni di sesterzi. Eliogabalo lo emulò e la pioggia di rose sommerse i suoi invitati; in quanto a lui, non si bagnava che in vino di rose. Cleopatra, ricevendo Antonio fece ammassare sul pavimento, petali per l’altezza di un’auna. Verre, nella sua lettiga, giaceva su un materasso di rose e di esse si cingeva la testa ed il collo. Marziale diceva "Egiziani inviateci il grano, noi vi manderemo rose". Infine Apicio immaginò e lasciò ai posteri la ricetta del pudding di rosa.
    Il Medioevo, come per tutto il resto, fu un’epoca buia e Carlomagno emise inutili decreti per valorizzarla.
    Verso il 1100, i crociati portano in Francia ed in Inghilterra delle rose asiatiche e quelle di Damasco. Nella stessa epoca i monaci benedettini presero affezione a questo fiore e lo coltivarono.
    Lutero aveva una rosa nel suo sigillo. In Svizzera le persone assolte avevano il diritto di portare la "rosa dell’innocenza".
    In Inghilterra, una rosa rossa, divenne il simbolo del casato Lancaster, mentre una rosa bianca lo divenne per il casato York. Fra questi due casati, fu combattuta la guerra dei trent'anni (1455-1485), anche nota come guerra delle Due Rose.
    Negli anni del 1800, due erano i rosai più notevoli: quello di Hildesheim (Hannover) e quello di Tolone nel giardino della marina.

    Narra una leggenda che Chloris, dea dei fiori, trovasse una ninfa morta in un bosco. La raccolse e la portò da Afrodite, dea della bellezza, e da Dionisio, che insegnò agli uomini la coltivazione della vite, affinché le donassero l'immortalità. Afrodite le donò la sua bellezza e Dionisio il profumo. Chloris portò infine la ninfa da Apollo, dio del sole, che la riportò in vita e così, nata a nuova vita, diventò la rosa e fu incoronata regina dei fiori.



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  15. gheagabry
     
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    Ramo di rose
    ti offri allo sguardo
    giocando con la luce tenue
    delle ombre lacustri.
    Piccoli soli in fiore
    regali innocenza
    di incontaminate visioni.
    Stupito il pittore
    ti ha voluto
    ritrarre in eterno.
    Entri cosi'
    dalla vista del passante distratto
    nell'animo del poeta che t'invoca :
    sii tu effimero ramo
    lo spartiacque delle mie malinconie.

    (Luciana Schneyder)

     
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