PIANTE CARNIVORE

...specie e curiosità

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  1. gheagabry
     
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    La Sarracenia



    Pianta originale del nord America che cresce spontanea tra gli Stati Uniti e il Canada: di questo genere fanno parte otto specie dalle quali si possono ottenere un numero infinito di ibridi, sempre diversi e nuovi.
    Si presenta con lunghe foglie verdi verticali a tubo, o meglio a forma di cono rovesciato con una apertura nella parte superiore, sormontato da un opercolo, che è quella specie di tappo che chiude il tubo dall’alto. La parte sotterranea è il rizoma; un tubero carnoso: sono presenti radici non molto folte. Può raggiungere la ragguardevole altezza di circa un metro, formando molti ascidi, speciali ‘tubi’ verdi.
    Il suo sistema di cattura è molto semplice, ma permette di catturare un grande numero di prede, che verranno attratte dagli svariati colori della pianta carnivora, che crea sui propri ascidi: inoltre c’è la produzione di uno speciale nettare profumato che ne ricopre l’ingresso. Questo ha un duplice scopo: attrae la preda e una volta che questa si invischia sempre più nel nettare, questo stesso nettare la fa scivolare verso l’interno del tubo, e l’opercolo si chiude, escludendo la possibilità di fuga all’insetto. Questo viene dunque digerito per mezzo di speciali enzimi che la pianta può emettere una volta che si è chiuso l’opercolo e innestato il processo digestivo dell’insetto catturato.
    La Sarracenia psittacina e la Sarracenia purpurea sono le uniche due piante carnivore di questa specie che hanno ascidi distesi in modo orizzontale e non verticale come tutte le altre.
    (dal web)


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    Piante carnivore, il genere Nepenthes

    Nepenthes

    Le piante appartenenti al genere Nepenthes sono tutte piante carnivore appartenenti alla famiglia delle Nepentaceae, originarie delle zone tropicali ma che, a seconda della specie, possono crescere in diversi luoghi: alcune di queste piante, infatti si sviluppano vicino al mare o con temperature miti, mentre altre preferiscono le zone di montagna e non temono le escursioni termiche. Generalmente, nei vivai si trovano ibridi derivati dalle cosiddette Nepenthes di pianura, abituate ai climi tropicali caldi e umidi.
    Le Nepenthes si sviluppano come delle lunghe liane tra gli alberi e, quindi, hanno fusti sottili, foglie spesse e cuoiose, dotate di viticci che permettono loro di attaccarsi tra i fusti e le foglie degli altri alberi. Le trappole sono le foglie che diventano delle specie di bottiglie coperte da un labbro superiore che impedisce all’acqua piovana di entrare all’interno; queste trappole sono grandi, di colore verde con maculature brune e riempite per metà da un liquido viscoso che, tra l’altro, si trova anche nella parte superiore.
    In natura le Nepenthes possono raggiungere lunghezze fino a 10 metri e trappole che possono contenere fino a due litri di fluido, mentre in vivaio vengono coltivate ibridi o specie dalle dimensioni più piccole con trappole che raggiungono massimo i dieci centimetri. Le Nepenthes, che sono piante dioiche, producono delle infiorescenze a pannocchie costituite da fiori bianchi o color crema che profumano di muschio.

    Nonostante le Nepenthes siano piante di origine tropicale, le condizioni di coltivazione non sono diverse da quelle riservate per le altre piante carnivore presenti in Italia, l’importante è ricordare che temono il freddo e che quindi vanno tenute in appartamento e spostate all’esterno solo a partire da maggio o giugno.
    Molto importante è anche fornire loro il terreno giusto: essendo in natura piante epifite e con un apparato radicale piccolo e che si affonda all’incrocio dei rami degli alberi o nelle foglie del sottobosco, le Nepenthes vanno coltivate in un contenitore piccolo riempito di torba, pezzetti di corteccia e un po’ di pietra pomice.

     
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    Piante carnivore, la Sarracenia


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    La Sarracenia è una pianta carnivora appartenente alla famiglia delle Sarraceniacee ed originaria dell’America del Nord. E’ caratterizzata da un tubero sotterraneo carnoso, dal quale partono gli ascidi, ovvero delle foglie chiuse a tubo sormontate da un opercolo che costituisce una trappola micidiale per insetti di ogni tipo. Gli ascidi possono raggiungere il metro di altezza ed hanno colorazioni e forme diverse a seconda della specie.
    La propagazione della Sarracenia avviene per semina al termine della stagione invernale, quando i semi dell’anno precedente – opportunamente trattati tramite stratificazione a freddo – andranno interrati in un composto di torna e perlite e lasciati germogliare al caldo. Volendo, si può intervenire anche per talea di rizoma, prelevando delle porzioni di radice e e lasciandole radicare in vaso. La coltivazione della Sarracenia non presenta particolari difficoltà e regala grandi soddisfazioni dal punto di vista decorativo.

    Sarracenia
    Fioritura:
    Impianto: al termine della stagione invernale
    Tipo di pianta: carnivora
    Altezza max: un metro
    Esposizione

    la Sarracenia deve essere collocata in posizione luminosa, in modo da poter ricevere il sole diretto per alcune ore nel corso della giornata. Sopporta sia le temperature afose della stagione estiva che quelle rigide dell'inverno, anche se mostra qualche problema in presenza di gelate persistenti.
    Terreno

    Il substrato deve essere sciolto e ben drenato, composto in prevalenza di torba, perlite e quarzo.
    Innaffiatura

    Nel corso della stagione vegetativa la Sarracenia va irrigata con regolarità, facendo in modo che il terreno si mantenga costantemente umido. In autunno-inverno, invece, gli interventi andranno sensibilmente diminuiti, ma garantendo sempre una certa umidità al substrato.
    Malattie e avversità

    La cocciniglia può compromettere la bellezza della pianta. Attenzione anche agli eccessi di umidità, che possono portare al deperimento ed alla morte della Sarracenia.
    Concimazione

    Non necessita di interventi particolari. Volendo, si può fornire del concime a lenta cessione prima della ripresa vegetativa.
    Moltiplicazione

    La propagazione della Sarracenia avviene per semina o per talea di rizoma al termine della stagione invernale,

     
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  4. gheagabry
     
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    Fotografia per gentile concessione Rajani Kurup, Anil J. Johnson, Sreethu Sankar e Sabulal Baby

    Le piante carnivore hanno un intero arsenale a disposizione per attirare le prede: colori accesi, nettari deliziosi... Finora però nessuno sapeva che fossero anche in grado di produrre una particolare bioluminescenza blu acceso, invisibile all'occhio umano ma non alle malcapitate prede, come quella visibile in quest'immagine di una pianta Nepenthes khasiana scattata nell'ultravioletto.
    Come rivela infatti un nuovo studio pubblicato sulla rivista Plant Biology, le piante carnivore posseggono cellule specializzate capaci di produrre questa colorazione all'ultravioletto che di sicuro non sfugge agli insetti, ma forse, sospettano i ricercatori, anche a piccoli mammiferi.

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    Fotografia di Daniel Düsentrieb/Wikipedia

    La pianta carnivora Nepenthes khasiana come appare all'occhio umano. “A quanto ci risulta, abbiamo a che fare con la più netta emissione di bioluminescenza del mondo vegetale", dice l'autore dello studio Sabulal Baby, botanico al Jawaharlal Nehru Tropical Botanic Garden and Research Institute in India.

    La fluorescenza è in realtà una tecnica di sopravvivenza: le piante carnivore la emettono in suoli particolarmente privi di nutrienti e hanno bisogno di catturare prede per supplire alla dieta povera.
    La luce della pianta viene emessa nella lunghezza d'onda dell'ultravioletto per attrarre prede potenziali, tra cui insetti o altri artropodi come crostacei o ragni. Gli insetti spesso vedono lunghezze d'onda che li aiutano a individuare fonti di cibo: le api ad esempio si sono evolute per individuare i fiori dai colori più vivaci, e spesso più ricchi di nettare.

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    Fotografia per gentile concessione Rajani Kurup, Anil J. Johnson, Sreethu Sankar e Sabulal Baby

    La pianta Sarracenia purpurea risplende di luce nell'ultravioletto. A un insetto, la bioluminescenza della pianta fa l'effetto che avrebbe per noi un falò nella notte. Ma non per l'essere umano: “Noi non possiamo vederla a una luce normale”, dice Baby. “Ma nella scala di una piccola formica, per loro potrebbe essere una luce molto forte”.

    Baby e il suo team hanno preso in esame i tipi principali di trappole di pianta carnivora: ad aspirazione, ad ascidio (in cui le prede vengono intrappolate all'interno di una foglia arrotolata a forma di caraffa, contenente enzimi digestivi o batteri), adesive e a tagliola.
    Queste ultime svolgono i movimenti più rapidi del mondo vegetale, mentre in quelle ad aspirazione la preda viene risucchiata da una struttura simile ad una vescica, l'utricolo, al cui interno si genera un vuoto di pressione.
    Solo le piante con trappola ad ascidio come Nepenthes e Sarracenia e quelle a tagliola come Dionaea muscipula generano questa tipica bioluminescenza blu, che però si è rivelata importante per la loro sopravvivenza. Quando ad esempio gli studiosi hanno oscurato la luce all'ultravioletto, le piante hanno attratto meno insetti.

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    Fotografia per gentile concessione Rajani Kurup, Anil J. Johnson, Sreethu Sankar e Sabulal Baby

    La pianta ad ascidio Nepenthes khasiana nella luce bianca (a sinistra) e nell'ultravioletto.
    Benché la ricerca sia ancora incompleta, Baby sospetta anche che la bioluminescenza sia visibile anche a piccoli mammiferi come topiragno o ratti, attirandoli verso la pianta per berne il nettare. Così facendo, questi animali depositerebbero all'interno della pianta materia fecale, che costituisce un'altra fonte di nutrimento.



    national geofraphic
     
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  5. gheagabry
     
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    PUYA CHILENSIS




    Semina terrore nelle greggi, ma non ha zanne né zampe: la Puya chilensis, una pianta di origine sudamericana alta fino a 3 metri, sta per fiorire per la prima volta in una serra britannica. Si nutre (per ora) di fertilizzante, ma se potesse scegliere non avrebbe dubbi e opterebbe sicuramente per un'innocua pecorella inglese.

    L'assassina non è una pianta carnivora ma appartiene alla famiglia delle Bromeliacee, vegetali dalle foglie dure e spinose di cui fa parte anche l'ananas. Mentre molte piante spinose, come i cactus, utilizzano le proprie punte a scopo difensivo, la Puya chilensis le usa per attaccare animali lanosi da pascolo, come le pecore.

    Ferite dalle propaggini aguzze di questa pianta, le poverette rimangono nei paraggi e finiscono per morire di fame. È allora che il terreno, lentamente, inizia ad arricchirsi dei prodotti della decomposizione dell'animale, facendo incetta di nutrienti. Per la pianta, una vera manna.

    Nelle Ande cilene, dove sono diffusi, questi vegetali si nutrono così. Alla Royal Horticultural Society (RHS) di Wisley (UK) dove la Puya è stata seminata 11 anni fa, il fiore appena sbocciato è invece nutrito con fertilizzanti liquidi. Rispettare la sua dieta naturale potrebbe costituire un problema.
    (focus 25.6.13, Elisabetta Intini)



    Edited by gheagabry - 16/8/2015, 01:35
     
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  6. Jacopo9
     
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    Ottimo sito!
     
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  7. gheagabry
     
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    PUYA CHILENSIS



    La Puya Chilensis appartiene alla famiglia delle Bromelìace e non è considerata una pianta carnivora. Cresce in natura solamente nelle aride alture delle Ande cilene, ed è una pianta molto rara che sta attraver-
    sando una fase di rapido declino demografico. Cresce lentamente, è una specie longeva, la cui maturità sessuale, con la produzione di fiori, viene raggiunta solo dopo diversi anni di vita, in media 12-15, a volte raggiungendo i 20 anni. Può raggiungere i tre metri di altezza. E' una specie perenne che forma grandi e dense rosette grigio verdastro, con margini spinosi. I fiori sono picchi di colore verde giallastro di oltre 2 metri di altezza e assomigliano a una mazza medioevale.
    Ci sono voluti milioni di anni per evolvere un sistema di difesa così sofisticato tanto da trarne nutrimento. Le grosse, coriacee ed appuntite spine, che ricoprono le foglie al fine di ridurne il consumo da parte degli erbivori, sono orientate verso l'apice opaca o all'esterno, in modo da impedire agli animali di raggiungere il centro dove la palma è commestibile; in caso contrario sono in grado di “intrappolare” mammiferi e uccelli di piccole e medie dimensioni, tra cui le pecore che pascolano nelle vicinanze. Quando la pecora brucando incontra le spine viene trafitta, l’animale prima si immobilizza e poi lentamente muore. La pianta “attende” che il terreno, lentamente, inizi ad arricchirsi dei prodotti della decomposizione dell’animale, facendo incetta di nutrienti.
    La sua predilezione per le pecore, sostiene il comunicato stampa della Royal Horticultural Society, è dimostrato anche dal fatto che, nelle zone in cui cresce, i pastori sono soliti andare in cerca delle piante e rimuoverle per proteggere le loro greggi.

    Nella Puya vi è anche un fenomeno, non ancora ben descritto di combustione spontanea, presente anche nella Puya berteroniana , Puya venusta e Puya coerulea. Il fenomeno sembra verificarsi solo in colonie mature, teoricamente avviene un tipo di autocombustione per l'accumulo di sostanze chimiche, che vengono bruciate probabilmente con l'aiuto della luce solare molto intensa in Cile. La pianta brucia come in una brace, senza fiamma.
    E' probabile che si verifichi a causa di una drastica perdita di tessuto e massa vegetale dovuta alla fioritura violenta, che combinata con le sostanze chimiche presenti nella pianta e il calore prodotto ne provocano la morte.


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21 replies since 5/9/2010, 13:19   4522 views
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