PIANTE AROMATICHE E SPEZIE

..nel nostro orto....

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. tomiva57
     
    .

    User deleted


    IL CORIANDOLO



    Coriandrum sativum



    image

    Classificazione scientifica
    Regno: Plantae
    Divisione: Magnoliophyta
    Classe: Magnoliopsida
    Ordine: Apiales
    Famiglia: Apiaceae
    Genere: Coriandrum
    Specie: C. sativum
    Nomenclatura binomiale
    Coriandrum sativum

    Nomi comuni

    Coriandolo, erba cimicina (I)
    Coriandre (F), Coriander (GB),
    Koriander (D), Cilantro (E)

    image

    Il coriandolo (Coriandrum sativum, L. 1753) o prezzemolo cinese, conosciuto anche con il nome spagnolo culantro, è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Apiaceae (o Umbelliferae). I frutti sono aromatici e i fiori a ciuffi bianchi ad ombrello. Appartiene alla stessa famiglia del cumino, dell'aneto, del finocchio e naturalmente del prezzemolo. Coriandrum è una parola latina citata da Plinio (Naturalis Historia), che ha le sue radici nella parola greca corys o korios (cimice) seguita dal suffisso -ander (somigliante), in riferimento alla supposta somiglianza dell'odore emanato dai frutti acerbi o dalla pianta spremendo o sfregando le foglie.

    Benché originaria dei paesi del Mar Mediterraneo, le foglie fresche ed i semi essiccati sono utilizzati prevalentemente nella cucina indiana e latino americana. In Europa è oggi tornato in auge al seguito di quelle culture culinarie.


    Storia del Coriandolo

    Nelle civiltà meditrerranee trovò impiego fin nell'antichità come pianta aromatica e medicinale; in alcune tombe egizie viene raffigurato come offerta rituale. Il suo utilizzo da parte dei Micenei è attestato nelle tavolette in lineare B, dove appare definito già come "ko-ri-a-ndo-no". I Romani lo usarono moltissimo ed Apicio ne fa la base di un condimento chiamato appunto "Coriandratum". Secondo Plinio (Nat.Hist.XX,82) se si mettono alcuni semi di coriandolo sotto il cuscino al levar del sole si poteva far sparire il mal di testa e prevenire la febbre. Dai semi rivestiti di zucchero prendono nome i coriandoli di Carnevale, in un secondo momento pallottoline di gesso, ora dischetti di carta multicolori. [senza fonte]

    Raccolta

    Si usano soprattutto i frutti che nascono in giugno/luglio. La raccolta delle ombrelle, recise insieme al loro gambo, deve avvenire al mattino presto quando il coriandolo è ancora umido di rugiada. Vanno quindi essiccate subito altrimenti col tempo perdono molte proprietà. Le ombrelle vengono quindi riunite in mazzi ed appese in luoghi ombreggiati, quando sono ben essiccate si battono all'interno di un sacchetto per separare i frutti dai peduncoli che li sostengono. I frutti si conservano poi in recipienti di vetro. I semi si dovrebbero conservare interi poiché la polvere di coriandolo perde aroma molto facilmente.

    Uso in cucina

    Numerosissimi gli impieghi culinari del coriandolo. Entra nella preparazione di alcuni salumi, insaporisce carne, pesce e verdure, ma profuma anche biscotti, confetti e il panpepato[1]; i semi vengono utilizzati come spezia. Questi sono meno piccanti delle foglie, sono dolci con un lieve sapore di limone. Macinati, i semi di coriandolo costituiscono l'ingrediente principale del curry e del garam masala. Le foglie, in Oriente, sono utilizzate al posto del prezzemolo. Nella città di Monte San Biagio il seme di coriandolo viene usato per condire l'impasto della salsiccia.

    Uso in erboristeria


    Il coriandolo può essere usato come infuso contro i dolori di stomaco consigliato anche per problemi di aerofagia e le emicranie, aiuta la digestione e ha una funzione antidiarroica


    Carpaccio di vitello al tonno



    Carpaccio di vitello al tonno Tipo di piatto : secondo
    Numero di persone : 4
    Preparazione : 20 min
    cottura : - min?
    Costo : Economico
    Origine : Italia
    Difficoltà : Facile

    Ingredienti della ricetta:
    400g di noce di vitello
    100g di tonno in olio d'oliva
    12 pomodorini
    2 spicchi d'aglio
    3 cucchiai d'olio d'oliva
    10 mandorle mondées
    1 cucchiaio di coriandolo
    2 pizzichi d'origano fresco
    sale, pepe


    Taglia a fette sottili la noce di vitello e disponile a forma di rosone su dei piatti.
    Cospargi la carne con il tonno sminuzzato, la metà dell'origano, il coriandolo macinato, l'aglio sminuzzato e le mandorle tritate.
    Macina il pepe, bagna con dell'olio e conserva in frigorifero per 10 minuti.
    Prima di servire, cospargi con il resto dell'origano, i pomodorini tagiati in 4 e un po' di sale.

     
    Top
    .
  2. tomiva57
     
    .

    User deleted


    RUTA



    image


    NOME LATINO: Ruta graveolens
    FAMIGLIA: Rutacee

    DESCRIZIONE:
    La ruta è un arbusto sempreverde, d'aspetto grazioso, alto poco più di mezzo metro, che può servire a formare basse siepi utili per recintare le aiuole. Nelle località in cui gli inverni presentano temperature sotto lo zero il cespo della ruta va protetto; se si effettua la coltivazione in vaso questo va posto a riparo.

    FUSTO:
    Diviene legnoso a partire dal secondo anno, prima è di colore verde azzurro.

    FOGLIE:
    Le foglie della ruta sono piccole ovaleggianti e profondamente lobate; il loro colore è verde biancastro o verde-azzurro, ma può anche sfumare nel blu metallico o presentare macchie color crema; sono sempre cosparse da ghiandole oleose.

    FIORI:
    Sbocciano dopo la metà dell'estate i fiori di colore giallo tendente al verde.

    HABITAT:
    L'ambiente naturale della ruta è un terreno arido, ben drenato, pietroso, povero.

    COLTIVAZIONE:



    ESPOSIZIONE:
    La ruta predilige il pieno sole, ma vive anche a mezz'ombra.

    RIPRODUZIONE:
    La semina deve essere effettuata in primavera, come pure la divisione dei cespi, le talee vanno invece staccate nella tarda estate. Se si sceglie di seminare è opportuno sapere che la germinazione è lenta.

    CRESCITA:
    Tra pianta e pianta va lasciato poco meno di mezzo metro; ogni esemplare gradisce essere potato in primavera avanzata.

    RACCOLTA:
    Si raccolgono le foglie giovani poco prima della fioritura della pianta e i semi a maturazione.

    CONSERVAZIONE:
    Le foglie si conservano essiccate.

    image


    PROPRIETA':


    IN CUCINA:
    Si usa far marinare la selvaggina in un'infuso di semi di ruta e menta.
    BELLEZZA:
    La leggenda narra che Leonardo attribuiva le sue straordinarie capacità visive alla ruta; effettivamente gli sciacqui con un infuso di quest'erba ridanno benessere agli occhi affaticati.
    SALUTE:
    La ruta è un'erba velenosa e consumata ad alte dosi può nuocere gravemente alla salute. Per uso interno va dunque assunta a dosi molto basse -da due a cinque grammi per litro d'acqua- e sempre sotto stretto controllo medico.

    CURIOSITA':
    Nei tempi passati si attribuiva alla ruta il potere di evitare il contagio della peste; oggi spargendo le foglie essiccate sui pavimenti, in prossimità delle fessure, si tengono lontani gli insetti grazie a una sostanza insetticida in esse è contenuta. Pare che il disegno del seme di fiori che compare sulle carte da gioco sia stato ispirato proprio dalla graziosa foglia della ruta.


    Ravioli alla ruta selvatica



    Ricetta

    Ingredienti per 4 persone:
    Per la sfoglia:
    400 gr di farina semiintegrale
    4 uova
    sale

    Per il ripieno:
    2 uova
    200 gr di ricotta di pecora
    5o gr di carote
    50 gr di porri
    50 gr di parmigiano grattugiato
    prezzemolo
    basilico
    noce moscata
    30 gr di burro
    sale

    Per il condimento:
    burro e olio e.v. di oliva
    un mazzetto di ruta

    Preparazione
    Preparare la sfoglia con la farina, le uova, il sale aggiungendo, se occorre, un goccio d'acqua.
    Lasciar riposare e, nel frattempo, tritare il basilico e il prezzemolo.
    Mondare le carote e i porri, tagliarli a dadini e rosolarli nel burro.
    In una casseruola, mescolare insieme la ricotta con le uova rimaste.
    Unire le verdure, il parmigiano, il trito di erbette, il sale e una grattugiata di noce moscata.
    Stendere la pasta e ritagliarla in modo da ricavarne dei quadrotti di circa 3 cm di lato. Disporre un po' di ripieno al centro di ognuno e chiudere, ripiegando a triangolo.
    Cuocere in abbondante acqua salata i ravioli. Scolarli al dente.
    Preparare il condimento facendo sciogliere il burro nell'olio a fiamma bassa in modo tale che si sciolga solamente, senza cuocere e decomporsi. Unire le foglioline di ruta tagliate sottilissime, un pizzico di noce moscata e lasciare insaporire.

    Consigli
    Per una presentazione un po' diversa, disporre i ravioli in un cartoccio di alluminio e infornare a 180° per 12 minuti. Servirli accompagnado con parmigiano grattugiato e qualche fogliolina di ruta cruda, tritata molto finemente.

     
    Top
    .
  3. tomiva57
     
    .

    User deleted


    ANETO



    L'aneto (Anethum graveolens L.) è una pianta della famiglia delle Apiaceae (o Ombrellifere).


    image

    Germogli secchi

    Il nome del genere deriva dal greco « anethon » (Anice), il quale deriva dall'antico egizio, mentre l'epiteto specifico graveolens deriva dal latino « gravis » (pesante, forte) et « olens » (sentore), in quanto ha un un odore forte.

    È coltivato come pianta da condimento (foglie e semi molto aromatici, e si avvicina al finocchio per il suo odore e le sue proprietà, da ciò i suoi nomi di finocchio bastardo, fetido e rizu. I suoi fiori sono molto apprezzati dalle api

    Caratteristiche botaniche

    * Pianta annuale
    * Gambo: lungo dai 60 a 150 cm,
    * Fioritura: germogli terminali con fiori giallo verdastro profumati
    * Foglie ritagliate, fini e filiformi.
    * Semi: piccoli (2,5mg), ovali, appiattiti a coste preminenti, di colore bruno, si scindono in due parti una volta raggiunta la maturazione in agosto-settembre.

    Storia

    Originario del bacino mediterraneo ('Anethum graveolens) è stato utilizzato:

    * dai popoli Ebraici quale ortaggio;
    * dagli Egizi da più di 5.000 anni, come pianta medicinale;
    * dai Greci e i Romani per il suo profumo e le sue virtù medicinali.

    È menzionato nel Vangelo secondo Matteo :
    « Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell'aneto e del cumino e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. »


    In Inghilterra, è coltivata dal XVI secolo

    Utilizzo



    Uso in cucina

    image

    È una spezia molto utilizzata in Germania, nell'Est Europeo e in Scandinavia, ma anche in India, e in numerosi altri paesi del mondo prevalentemente in piatti a base di pesce.

    * le foglie, fresche o secche, sono impiegate per aromatizzare differenti preparazioni culinarie, generalmente le insalate, i pesci, le carni e le salse.
    * i semi servono per profumare i liquori e le confetture. Il loro infuso serve contro la nausea.

    Uso terapeutico

    Le sue proprietà hanno blandi effetti benefici per lo stomaco: digestive, aperitive, carminative, antispasmodiche, diuretiche e anti-infiammatorie; calmanti e preparatorie per il sonno.

    * Utilizzato in infusione, l'aneto favorisce la digestione e lenisce i dolori colitici;[1]
    * I semi, in infusione, permettono di fermare il singhiozzo, il mal di testa, la tosse infantile[senza fonte];
    * Altri utilizzi: indigestione, vomito nervoso, flatulenza, aiuta l'allattamento, gas intestinali, spasmi, crampi e anche come antisettico intestinale[senza fonte].

    Storicamente, fu anche utilizzato per l'epilessia[senza fonte] e per favorire l'allattamento delle bambinaie (antichi greci)[senza fonte], per calmare gli ospiti di banchetti che avevano bevuto troppo. (Carlo Magno)[senza fonte], per le sue virtù afrodisiache[senza fonte] e contro la mala sorte, (streghe e maghi del Medioevo)[senza fonte], per aumentare le capacità cerebrali XVII secolo[senza fonte], per «mantenere il calore e l'energia del corpo e donare un'intensa vitalità»[senza fonte] e anche per «aumentare il potere d'attrazione nei confronti del sesso opposto» XVII secolo[senza fonte].

    Coltura

    L'aneto apprezza l'esposizione al sole pieno e i terreni ben drenati. Teme i suoli troppo umidi. È poco diffuso nel territorio italiano, lo si trova raramente al di sotto dei 600 metri.



    Branzino con limone e aneto



    Ingredienti

    * 2 trote o branzini da 200 gr, puliti, senza testa e pinne
    * 1 limone o lime
    * aneto q.b.
    * olio q.b.
    * sale q.b.
    * pepe q.b.

    Per la salsa:

    * 1 cucchiaio di maionese
    * 2 cucchiai di yogurt
    * 1 cucchiaio di capperi
    * 1 cucchiaino di aneto tritato
    * il succo di 1 limone o lime
    * sale q.b.
    * pepe q.b.

    Preparazione
    Scaldate l’olio in una padella. Effettuate dei tagli diagonali sui due lati dei pesci con un coltello affilato. Tagliate 4 fette sottili di limone e mettetele da parte. Cospargete il succo del limone rimasto sui pesci e nelle loro cavità.

    Insaporite il pesce con sale e pepe e riempite le cavità con fettine di limone e con l’aneto. Lasciate cuocere ogni lato del pesce per 10 minuti a fuoco medio fino a doratura. Nel frattempo create una crema con tutti gli ingredienti per la salsa.

    Servite con la salsa e patate bollite.
     
    Top
    .
  4. gheagabry
     
    .

    User deleted


    PEPE





    Il pepe è una pianta arborea della famiglia delle Piperaceae i cui frutti vengono fatti essiccare per essere usati in cucina come spezie. Il frutto maturo si presenta come una bacca rosso scuro al cui interno è contenuto un solo seme. L’aroma piccante del pepe si deve principalmente al suo contenuto di piperina, un alcaloide presente sia nella polpa del frutto che nel seme.

    Varietà esistenti

    In base ai differenti processi di lavorazione del frutto della pianta del pepe si distinguono:

    * Pepe nero (comunemente chiamato pepe, viene ottenuto dall’essicazione del frutto)
    * Pepe bianco (ottenuto dalla lavorazione del solo seme del frutto privato della polpa)
    * Pepe verde (ottenuto dall’essicazione del frutto trattato con diossido di zolfo per mantenerne il colore verde)
    * pepe lungo è costituito da piccoli frutti neri conici della lunghezza di 1,5 cm circa, dal gusto dolce e intenso, e vengono comunemente usati in Etremo Oriente e in India, mentre in Occidente il loro uso è abbastanza raro.
    * pepe mignonette (o grigio) è una miscela di pepe bianco e nero che viene grossolanamente macinato, e risulta essere piuttosto dolce.



    Stagione e diffusione

    L’albero del pepe è una pianta perenne originaria dell’India sud-occidentale attualmente coltivata nella gran parte dei paesi a clima tropicale (Malesia, Madagascar, Brasile, Indonesia, Cambogia e Ceylon). Si tratta della spezia più comunemente usata in cucina nei paesi occidentali.

    Il pepe nero, bianco e verde provengono tutti dalla stessa pianta: il pepe verde è il frutto raccolto quando non è ancora maturo, quello nero è quello giunto a maturazione ed esiccato, quello bianco non è altro che il pepe nero privato della buccia esterna.

    Il pepe rosa, invece, è il frutto di un albero originario dell’America centro-meridionale, Schinus molle L. , e non ha parentele con il pepe nero.




    La piperina, il principale alcaloide contenuto nel pepe nero, sembra essere un elemento importante per la salute in quanto consente al corpo di trovare le sostanze nutrienti presenti nel cibo. La piperina aiuta inoltre il percorso degli enzimi nel corpo con un conseguente miglioramento della diffusione delle sostanze nutrienti nel flusso sanguigno. Oltre a stimolare gli enzimi del pancreas e aumentare le capacità digestive, la piperina stimola la produzione di endorfine nel cervello, agendo come un antidepressivo naturale diminuendo le ulcere allo stomaco, aumentando le funzioni cerebrali e bloccando i sintomi di dolore e asma. Sembra che sia efficace anche nel contrastare il cancro al colon.

    Il pepe è usato in tutto il mondo come condimento da tavola e per insaporire tutti i tipi di piatti salati; i grani interi si usano nei brodi, nelle miscele per salamoia, in alcuni salami e salsicce. Il pepe bianco sostituisce quello nero nelle salse bianche ma solo per un fatto estetico; i grani di pepe verde invece, più teneri, schiacciati si aggiungono a burro, salse alla panna per pesce, anatra, pollame e filetti di manzo.
    È consigliabile comprare il pepe in grani e macinarli al momento dell'uso, in quanto il pepe macinato perde rapidamente aroma e sapore.


    Filetti di cernia al pepe verde e bacche rosa



    Infarinare i filetti di cernia; scaldare in una padella un pezzetto di burro insieme a due-tre cucchiai di olio d’oliva.

    Aggiungere due cucchiai di pepe verde e bacche rosa (pepe rosa), leggermente schiacciati.

    Cuocere i filetti da ambo le parti finchè siano ben dorati, girandoli delicatamente. Salare e sfumare con un bicchierino di marsala secco. Cospargere con un trito di prezzemolo.

    Servire con insalatina mista condita con sale, olio, aceto o limone.










    CURCUMA








    In India è conosciuta ed utilizzata da almeno 5.000 anni, come medicina, spezia e anche colorante; botanicamente parlando, la curcuma appartiene alla famiglia delle Zingiberacee. Si tratta di piante erbacee, perenni, dotate di rizoma e coltivate prevalentemente nelle regioni tropicali. La pianta della curcuma è caratterizzata da foglie lunghe a forma ovale, mentre i fiori sono raccolti in spighe. Il suo nome deriva dalla lingua persiana-indiana e precisamente dalla parola Kour Koum, che significa zafferano; infatti la Curcuma è anche nota col nome di Zafferano delle Indie. I suoi rizomi, che sono la parte della pianta che contiene i principi attivi, o droga, vengono fatti bollire per parecchie ore e fatti seccare in grandi forni, dopodiché vengono schiacciati fino ad ottenere una polvere giallo-arancione che viene comunemente utilizzata come spezia nella cucina del Sud Asia.

    In India è conosciuta ed utilizzata da almeno 5.000 anni, come medicina, spezia e anche colorante; botanicamente parlando, la curcuma appartiene alla famiglia delle Zingiberacee. Si tratta di piante erbacee, perenni, dotate di rizoma e coltivate prevalentemente nelle regioni tropicali. La pianta della curcuma è caratterizzata da foglie lunghe a forma ovale, mentre i fiori sono raccolti in spighe. Il suo nome deriva dalla lingua persiana-indiana e precisamente dalla parola Kour Koum, che significa zafferano; infatti la Curcuma è anche nota col nome di Zafferano delle Indie. I suoi rizomi, che sono la parte della pianta che contiene i principi attivi, o droga, vengono fatti bollire per parecchie ore e fatti seccare in grandi forni, dopodiché vengono schiacciati fino ad ottenere una polvere giallo-arancione che viene comunemente utilizzata come spezia nella cucina del Sud Asia.
    Composizione e link utili
    cucchiaio-curcuma
    La spezia che si ricava dalla curcuma, come abbiamo detto di un bel colore giallo dorato, contiene centinaia di componenti; tuttavia l'attenzione degli studiosi si è concentrata su uno in particolare: la curcumina.
    Altri componenti della curcuma sono rappresentati da potassio, da vitamina C, e per il 26% da amido. Molto importante anche la presenza di oli eterici che sono in grado di stimolare l'appetito e quelli amari che sono in grado di stimolare la formazione di enzimi digestivi.

    Proprietà curative e benefici della Curcuma

    In base a recenti studi è risultato che la curcumina potrebbe essere utile a contrastare l'insorgere di almeno otto tumori: colon, bocca, polmoni, fegato, pelle, reni, mammelle e leucemia. La curcuma viene impiegata nella medicina tradizionale indiana e in quella cinese come disintossicante dell'organismo, in particolare del fegato e come antinfiammatorio. Queste proprietà salutari che vengono attribuite alla curcuma dalla tradizione popolare sono le stesse che oggi vengono confermate dalla medicina ufficiale, anche alla luce dei numerosissimi studi e scoperte che la scienza attuale ha ufficialmente confermato.
    La cosa che ha "catturato" l'attenzione degli studiosi è il fatto che nei paesi asiatici e in particolare in India, dove il consumo di curcuma è altissimo, l'incidenza dei tumori è molto bassa. Molto interessanti le proprietà antiossidanti della curcumina che sono in grado di trasformare i radicali liberi in sostanze inoffensive per il nostro organismo oltre naturalmente a rallentare l'invecchiamento del nostro patrimonio cellulare. Molto valida anche l'azione cicatrizzante della curcumina; in India infatti viene applicato il rizoma di curcuma per curare ferite, scottature, punture d'insetti e malattie della pelle con risultati veramente soddisfacenti. Infine, secondo uno studio pubblicato sulla rivista " Cancer Research", la curcuma avrebbe un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel trattamento del tumore alla prostata. Si è inoltre constatato che l'effetto della curcumina è ancora più evidente quando associato ad un isotiocianato presente in verdure come il cavolo, i broccoli o il cavolo rapa.

    La polvere di curcuma è l'ingrediente che dà il colore caratteristico al curry; il sapore è molto volatile mentre, al contrario, il colore si mantiene inalterato nel tempo. Per questo motivo è una sostanza che viene largamente impiegata nel ramo alimentare come colorante, il suo codice è E 100; alimenti come il formaggio, yogurt, mostarda, brodi vari in scatola e altri ancora vengono spesso colorati con derivati della curcuma.




    Gratin di zucchine e uova


    Ingredienti e dosi per 4 persone

    * 750 g di zucchine
    * 100 g di semola a grana media
    * 40 g di burro
    * 50 cl di latte
    * 3 uova
    * 100 g di formaggio emmenthal grattugiato
    * 2 pizzichi di cumino
    * 1 pizzico di noce moscata
    * 1 pizzico di cannella
    * 1 pizzico di curcuma
    * Sale
    * Pepe

    Preparazione

    Lavate le zucchine, tagliate le estremità e passatele sulla grattugia per verdura in modo da ottenere lamelle sottili.
    Fate scaldare il forno a 200 gradi (termostato 6).
    Fate fondere 30 g di burro in una padella e rosolate le zucchine a fuoco medio per cinque minuti.
    Aggiungete la semola, il cumino, la noce moscata, la cannella e la curcuma.
    Salate e pepate, coprite e lasciate cuocere per tre minuti.
    Rompete le uova in una ciotola, aggiungete il latte e metà emmenthal.
    Salate, pepate e sbattete con la forchetta.
    Imburrate una teglia di porcellana o di vetro.
    Versatevi prima le zucchine con la semola, poi le uova sbattute con il latte.
    Cospargete con l'emmenthal rimasto.
    Infornate e lasciate cuocere per venti minuti.
    Servite caldo nella teglia non appena la superficie del gratin è dorata.


    Edited by gheagabry - 7/10/2010, 19:59
     
    Top
    .
  5. tomiva57
     
    .

    User deleted


    CERFOGLIO




    Il cerfoglio (Anthriscus cerefolium (L.) Hoffm.) è una pianta annuale importata in Europa dai Romani dalla Russia meridionale, dal Caucaso o dal Medio Oriente; si è ormai naturalizzata nella flora americana, nordafricana ed europea , cresce infatti spontaneamente nei boschi e nei prati.

    Classificazione scientifica
    Regno: Plantae
    Sottoregno: Tracheobionta
    Divisione: Magnoliophyta
    Classe: Magnoliopsida
    Sottoclasse: Rosidae
    Ordine: Apiales
    Famiglia: Apiaceae
    Genere: 'Anthriscus'
    Specie: A. cerefolium (L.) Hoffm.

    Aspetto

    La pianta può crescere dai 40 ai 70 cm. Ha foglie a lamina suddivisa che possono arricciarsi e piccoli fiori bianchi riuniti in una infiorescenza ad ombrella di circa 2,5 cm di diametro. I frutti sono diacheni oblunghi e ovali, di circa 1 cm di lunghezza.

    Usi


    Culinario

    È indicato dovunque possa essere usato il prezzemolo, al quale spesso è preferito per il suo sapore più delicato. Particolarmente indicato con le uova. È molto popolare in Francia dove è aggiunto ad omelette, insalate e zuppe; abbastanza raro da trovare in Italia.

    Domestico

    Mettere alcuni rametti di cerfoglio nella dispensa terrà lontane le formiche. Il tonico è ottimo per pelli grasse.

    Agricolo

    Attira particolarmente le lumache, per questo è utilizzato dagli agricoltori per proteggere il raccolto dalle lumache; le quali, divorando il cerfoglio, faranno meno danni alle altre piante.

    Medicinale



    L’ Anthriscus cerefolium, o cerfoglio, anche se molto prossima al prezzemolo e dotata delle stesse proprietà vitaminiche del cugino, è una pianta meno nota al grande pubblico.

    In realtà, dal tempo dei romani e fino al medioevo, le proprietà terapeutiche del cerfoglio furono addirittura sovrastimate e le sue foglie, si usavano per curare moltissimi disturbi.

    Merito dell’elevata concentrazione di vitamina C, ferro, magnesio e carotene che evidentemente faceva sentire il suo beneficio anche in assenza dei dati scientifici confermati oggi giorno.

    Analisi, che oltre a confermare la vitamina C, hanno stabilito anche le percentuali di betacarotene che sarebbero maggiori di quelle contenute dalle carote.

    Per cui, dato l’ottimo sapore, meno amaro del prezzemolo, e vista l’imminente stagione delle abbronzature, perchè non arricchire fresche insalate con le ricche foglie di cerfoglio?



    Uso esterno

    Ha proprietà emolienti; perciò è utilizzato per curare contusioni, punture di insetto, occhi infiammati dal sole e dal vento, blefariti, geloni e nella preparazione di cataplasmi. Il decotto era usato anche per lavare le parti arrossate dei neonati.

    Uso interno

    L'infuso è utilizzato per curare idropisia, coliche epatiche, reumatismi, gotta e dolori mestruali. È considerato un purificatore del sangue.



    Una variazione del tradizionale 'salmoriglio' (un condimento a base di olio, limone e prezzemolo per il pesce grigliato), che usa una quantità maggiore di erbe, ma più delicate, per ricoprire completamente i tranci di salmone.


    Salmone grigliato alle erbe




    Ingredienti
    2 tranci di salmone
    succo di 1 limone
    4 cucchiai di olio d'oliva
    10 foglie basilico thai
    5 foglie di rucola
    1 mazzetto di cerfoglio

    Cuocere il salmone
    Preparazione
    Mescolare l'olio d'oliva con il succo di limone. Usando una o più foglie di rucola, spennellare spesso con questa salsa i tranci di salmone mentre li grigliate.

    Erbe per salmoneTritare insieme le erbe: basilico thai, rucola, cerfoglio e mescolarle alla salsa rimasta. Versare sui tranci di salmone e servire subito.


    Edited by gheagabry - 28/3/2018, 16:16
     
    Top
    .
  6. tomiva57
     
    .

    User deleted


    ANICE







    Sotto il generico nome di anice si raggruppano piante differenti, che non hanno in realtà parentele botaniche. Le piante sono accomunate dall'aroma dei loro semi o frutti, praticamente identico. Si suppone che siano tutte arrivate dall'Oriente in tempi remoti. Ne vengono utilizzati i semi o i piccoli frutti, essiccati ed, eventualmente, pestati.


    L'anice verde (Pimpinella anisum)



    Appartiene alla famiglia delle Apiaceae ed è una pianta annuale alta circa 60 cm. Produce grandi infiorescenze ad ombrello, costituite da fiorellini bianchi, talvolta così pesanti da piegare i fusti che le portano In estate produce piccoli frutti verdi con piccoli fiori bianco-giallo cui fanno seguito piccoli semi ovali caratterizzati da un aroma persistente che ricorda quello dei semi di finocchio. È il più noto in Occidente.


    L'anice stellato (Illicium verum)


    anicestellato_thumb

    Appartiene alla famiglia delle Illiciaceae e deve il suo nome alla forma di stella che caratterizza gli occhielli dei suoi 8 piccoli frutti. Fu importato in Occidente solo alla fine del 1600, passando attraverso la Russia. Noto e molto usato in tutto l'Oriente, è particolarmente amato in Cina e Vietnam.
    L’albero dell’anice stellato è alto circa 8 m ed è da sempre molto diffuso in Cine e Asia.

    Il sapore dei semi, all’interno di ogni petalo, è più forte e pepato rispetto all’anice verde e conserva più a lungo l’aroma.

    L'anice pepato (Xanthoxylum piperitium)

    anice_verde_frutti

    Appartiene alla famiglia delle Rutaceae. Insieme all'anice stellato è tipico della cucina dell'Estremo Oriente ed è, infatti, uno dei componenti della miscela nota come "5 spezie cinesi": anice verde, anice stellato, chiodi di garofano, semi di finocchio e cassia (Cinnamomum cassia).

    Storia e tradizione

    L'anice è una delle spezie più antiche, ed è diffusa in molte cucine. Era già conosciuta e utilizzata dai Greci, dagli Egizi e dai Romani per dare gusto alle vivande a base di pollo, maiale, verdure e piccoli biscotti digestivi. Dal Medio Oriente antico si diffuse nel bacino del Mediterraneo e da lì in Europa, tanto che nel Medioevo era un ingrediente di numerose ricette in quasi tutti i paesi.

    Gusto

    L'anice ha un gusto tendente al dolce, e l'aroma ricorda quello dei semi di finocchio con un lieve retrogusto di menta. Il gusto è tanto persistente che va usato con moderazione, perché qualcuno può trovarlo nauseante.

    Usi


    In cucina

    La spezia è diffusissima e le ricette che la contemplano sono virtualmente infinite. Possiamo però dire a grandi linee che l'anice viene usato per dare gusto a carni di pollo, maiale e coniglio, così come lo usavano già i Greci e i Romani. Viene inoltre usato in accompagnamento di verdure e formaggi, specie nei paesi del Nord Europa. In tutti i paesi europei è un ingrediente irrinunciabile di dolci e bevande tradizionali: torte, biscotti, panpepati, pandolci, frutta secca.L'anice è anche usato per gusti nel campo dei gelati, in particolare ghiaccioli. I dolci possono venire preparati con i semi essiccati, ridotti in polvere o grazie all'aroma dei numerosissimi liquori a base d'anice: il Pastis, l'Assenzio e l'Anisette in Francia, il Raki, l'ouzo e l'Arrak in Grecia, la sambuca in Italia, il Tutone in Sicilia,il Mistrà nelle Marche, per citarne solo alcuni dei più famosi. I liquori d'anice vengono anche usati per insaporire piatti vari, a base di pesce, di lumache, di castagne. I liquori a base di anice hanno la particolarità di diventare opachi quando vengono aggiunti all'acqua (o viceversa) perché gli olii essenziali sono solubili soltanto in alcool.

    Liquore all'anice

    Una bottiglia di liquore all'anice

    È ottimo da servirsi freddo a fine pasto o nella correzione del caffè.

    Farmaceutico

    Ancora oggi l'anice viene utilizzato come rimedio digestivo ed è uno degli ingredienti dei medicinali fitoterapici contro la tosse. La tradizione Orientale gli attribuisce un potere preventivo contro il cancro[senza fonte]. Il suo infuso si usa contro i crampi di stomaco. Inibisce i processi fermentativi presenti nell'intestino e ha un'azione antispasmodica. Inoltre, tra i suoi effetti benefici, riduce la flatulenza, nausea, vomito. Può essere assunto in combinazione con il finocchio per potenziarne l'azione.

    Raccolta

    Difficile da trovare allo stato selvatico nella penisola italica, è facilmente coltivabile in giardino. Si semina dopo gli ultimi geli invernali. La raccolta dei grappoli dei frutti avviene in agosto-settembre. Asciugati al sole e sgranati si conservano in locale asciutto.




    Biscotti di pan pepato di Alda



    jpg



    INGREDIENTI: Farina bianca 600gr, Miele aromatico 250 gr, Zucchero 125 gr, Burro 100 gr, Uova 1, Cannella (nella ricetta originale anche chiodi di garofano, anice, poca noce moscata) 1,5 cucchiaini, Lievito pane degli angeli ½ bustina,
    Cacao 7,5 gr

    PROCEDIMENTO

    1. mettere in una pentolina il cacao e lo zucchero setacciati insieme; il miele, la cannella, e il burro a pezzetti ; fare fondere insieme a fuoco basso, amalgamare e far raffreddare a temperatura ambiente (non deve indurire).

    2. Mescolare la farina e il lievito in una terrina capace, fare il pozzo nel centro, battere leggermente l’uovo, metterla nel pozzo, mescolare con un po’ di farina e aggiungere il composto di miele tutto in una volta;

    3. con il cucchiaio di legno o le fruste a gancio amalgamarlo con la farina, poi continuare ad impastare con le mani o nel robot da cucina.

    4. Quando la pasta è ben liscia, metterla in una terrina, coprire con pellicola trasparente e fare riposare una notte o mezza giornata.

    5. Per i biscotti, stendere la pasta su uno spessore di 4 mm, ritagliare le figurine, praticare il buco per appenderli (occhio: in cottura la pasta cresce e il buco si chiude: Alda usava l’attrezzo per togliere il torsolo alle mele !), cuocere a 180° - 200° un quarto d’ora circa : non devono brunire sui bordi, resterebbero eternamente duri e amari.

    6. Quanto alla decorazione, quella più classica (mandorle intere e mezze ciliegie candite) va messa prima della cottura (e aiuta a valutare la cottura stessa : se le mandorle bruniscono, sono troppo cotti) ; oppure, si rivestono i biscotti dopo la cottura con glassa densa a base di zucchero a velo e zuccherini colorati. Questi biscotti vanno preparati in anticipo e lasciati ‘frollare’ (nella solita scatola di latta) prima di consumarli o appenderli: appena sformati sono troppo duri, con il tempo si ammorbidiscono e risultano più saporiti. Un trucco per accelerare il procedimento: mettere nella scatola, insieme ai biscotti, una o più (a seconda delle dimensioni della scatola) fettine di mela





    cantucci o etruschi



    etruschi

    Ingredienti:

    500 gr di farina

    200 gr di zucchero

    20 gr di liquore all’anice

    4 cucchiai di olio di semi

    250 gr di mandorle tritate

    2 uova

    un cucchiaino di semi di anice

    1 bustina di lievito per dolci (meno un cucchiaino raso)

    Procedimento:

    Mescolare farina, zucchero e il resto degli ingredienti tutti insieme, aggiungendo le mandorle tritate grossolanamente e i semi di anice.

    Aggiungere l’olio e le uova lasciando da parte un albume .

    Se risulta troppo sodo aggiungere un po’ di latte.

    Formare cinque rotoli, adagiarli sulla placca coperta da un foglio di carta forno.

    Spennellare i rotoli con l’albume sbattuto rimasto e volendo aggiungere sopra anche un po’ di granella di mandorle.

    Cuocere in forno a 160 ° per 20 minuti.

    Quando si sono raffreddati, tagliarli in sbieco, con un coltello a sega un po’ bagnato.

    Rimettere nel forno e farli tostare. (Devono risultare piuttosto secchi).






    Anice di Chinchón



    Elementi che richiamano l'anice di Chinchon

    La qualità del rinomato liquore di Chinchón risiede principalmente nell'elaborata e attenta distillazione della "matalauga" o semi d'anice, Pimpinella anissum L, in alambicchi di rame, dopo essere stata macerata in alcol e acqua. Questo distillato d'anice, caratterizzato da un aroma e un sapore pulito e gradevole, costituisce la base per la preparazione dell'anice di Chinchón. Si tratta di una bevenda liquorosa, zuccherata o meno, elaborata dal distillato.

    Il liquore di Chinchón esiste nelle varietà: dolce, secco, extrasecco e secco speciale.

    L' anice di Chinchón è una Denominazione d'Origine Controllata riconosciuta dall'Unione europea. Solo le aziende insignite di questa denominazione possono utilizzare il termine Chinchón riferito ai loro liquori d'anice.

    Le materie prime, sostanzialmente i semi d'anice "matalauga" e l'alcol, i processi di elaborazione e i prodotti elaborati vengono rigorosamente controllati.


    Caratteristiche organolettiche e valori nutrizionali

    La prima notizia che si ha dell'anice risale al terzo millennio avanti Cristo. L'anice fu molto conosciuta nell'antichità e Pitagora la menzionò come uno degli ingredienti di una bevanda contro il dolore. La medicina araba la impiegò nel trattamento per la cura della sciatica e nel Medioevo, in Europa, ne venivano riconosciute le virtù aperitive.

    L'anice è nota per le sue proprietà carminative, aperitive e digestive. Bevuta dopo pranzo, è una bevanda straordinaria in grado di facilitare la buona digestione.
    Valori gastronomici

    L'anice di Chinchón viene usata nella preparazione di piatti dolci e salati.


    MTURGastronomiaAnis_01

    Torta all'anice



    Ingredienti:
    150 grammi di farina. 150 grammi di zucchero. 20 grammi di zucchero a velo. 1 bicchierino di liquore all'anice. 4 uova. Burro. Limone.

    Preparazione:
    In una terrina lavorare lo zucchero, i tuorli d'uova e il succo di un limone fino ad ottenere un impasto omogeneo.

    Aggiungere l'anice e la farina poco a poco. Montare gli albumi a neve ben ferma e incorporarli all'impasto mescolando.

    Imburrare e infarinare lo stampo, versare l'impasto e cuocerlo a fuoco medio per 35 minuti. Spolverizzare con lo zucchero a velo prima di servire.





    LIQUORE D'ANICE




    4 dl di Alcol a 95°
    350 gr di Zucchero
    40 gr di Anice stellato
    2 gr di Coriandolo
    un pezzetto di Cannella
    3 chiodi di Garofano
    1 stecca di Vaniglia
    la scorza di 1/2 Arancia

    Fate macerare per 20 giorni tutte le spezie con l'alcol in un vaso di vetro chiuso, agitando un paio di volte al giorno.

    Sciogliete quindi lo zucchero in 4 dl d'acqua e aggiungetelo al macerato, lasciando riposare per altri 2 giorni; poi filtrate a dovere e imbottigliate.



    (La ricetta è presa dal libro "liquori d'erbe, grappe, amari e..." della Giunti Demetra)




    Tartufi al cioccolato e semi di anice


    Brief
    Declinare il verbo tartufinare, quando il cioccolato incontra il profumo dell'anice


    La ricetta


    tartufi

    Occorrente: pirottini di carta (piccoli), cucchiaio, pentole per il bagnomaria, frullatore, carta da forno

    Ingredienti

    100 g cioccolato fondente + quello che metterete in bocca intanto che preparate
    30 g cacao amaro
    1 cucchiaio semi di anice
    1 bicchierino di liquore Sassolino
    60 g fiocchi d'avena
    200 g formaggio spalmabile magro

    Procedimento

    Sciogliere il cioccolato a bagnomaria e lasciarlo intiepidire, aggiungervi il formaggio morbido, il liquore, i semi di anice, il cacao setacciato e i fiocchi d'avena ridotti in polvere col frullatore. Mescolare formando un impasto omogeneo e privo di grumi.
    Mettere il composto in frigo a riposare per circa un'ora.
    Trascorso questo tempo, prelevarlo dal frigo, ricavarne tante palline e rotolarle su un foglio di carta da forno cosparso di cacao amaro.
    Depositare i dolcetti sui pirottini di carta e tenerli in fresco fino al momento di servire.

    Per chi non fosse emiliano o non conoscesse il Sassolino, è un liquore aromatico a base di semi di anice, leggero e delicato, utilizzato soprattutto per i dolci, nella provincia di Reggio Emilia.


    Come per tutti i prodotti della pasticceria minuta, i tartufi si presentano bene e possono rappresentare un'idea raffinata anche per chi ha poca dimestichezza coi fornelli. Il loro pregio è poi quello di prestarsi a tante personalizzazioni, non tanto nella forma e nella dimensione, che secondo me dovrebbe sempre restare piccola, quanto negli ingredienti. Il gioco tra cioccolato e frutta secca, semi, canditi, zuccherini, caffé, confetture e quant'altro può infatti diventare lunghissimo. Per non parlare poi di quello tra gli ingredienti principali. C'è chi li prepara coi biscotti sbriciolati, chi con le nocciole o le mandorle frullate, chi usa la panna, chi la ricotta, chi il burro, a seconda del gusto e delle calorie.


    I miei, senza aggiunta di zucchero e con cereali integrali si commentano da soli..

    Edited by gheagabry - 28/3/2018, 16:18
     
    Top
    .
  7. tomiva57
     
    .

    User deleted


    Melissa officinalis






    Classificazione scientifica
    Regno: Plantae
    Divisione: Magnoliophyta
    Classe: Magnoliopsida
    Ordine: Lamiales
    Famiglia: Lamiaceae
    Genere: Melissa
    Specie: M. officinalis

    image


    La Melissa officinalis o Melissa è una pianta erbacea spontanea, perenne e rustica, molto ricercata dalle api ed è appunto per questo motivo che prende il nome dal greco mélissa.

    Cresce spontaneamente nell'Europa meridionale e nell'Asia occidentale. In Italia la si può trovare lungo le siepi e nelle zone ombrose; viene inoltre coltivata nei giardini. È nota per le sue proprietà medicamentose ed è molto apprezzata anche come erba aromatica.

    Caratteristiche e conservazione



    La melissa può raggiungere dai 40 ai 100 cm di altezza, ha foglie picciuolate di un colore verde intenso in superficie e verde chiaro nella parte inferiore; le foglie sono cosparse di cellule oleifere; il loro aspetto ricorda molto la pianta dell'ortica e il profumo è simile a quello del limone.

    I fiori iniziano a sbocciare nel mese di giugno: sono di colore bianco con leggere sfumature rosa pallido; hanno forma di calice campanulato; la corolla anch'essa tubolosa, ha il labbro inferiore diviso in tre lobi con quello centrale più grande rispetto ai due laterali. La varietà "Melissa aurea" ha foglie maculate di giallo.

    Nell'uso popolare, la melissa viene apprezzata come erba aromatica: le sue foglie fresche sono usate per insaporire insalate, minestre, carni ecc. I fiori, una volta essiccati, vengono usati in erboristeria; uniti ad altre piante aromatiche servono a preparare decotti o infusi che possono servire come cordiale o tonico. Viene molto usata anche dai frati e dai monaci nella preparazione di ricette medicamentose e aromatiche.

    La conservazione della melissa viene fatta tagliando la pianta quando è ancora in fiore: si legano i rami in piccoli fasci e si appendono ad essiccare in un locale fresco e asciutto.

    Questo genere di pianta viene coltivata anche industrialmente: infatti le foglie e i fiori freschi, vengono raccolti due volte l'anno e distillati; il prodotto ottenuto è l'essenza di melissa che viene usata oltre che in profumeria anche nella preparazione dei liquori, come ad esempio l'Arquebuse, l'Assenzio e lo Chartreuse.

    Coltivazione



    La melissa si può facilmente coltivare in giardino con un qualsiasi tipo di terreno, i risultati saranno migliori se il terreno sarà fresco e leggero. Una zona parzialmente ombrosa è preferita.

    La semina avviene in primavera direttamente all'aperto. Si possono anche moltiplicare per divisione dei cespi interrando le piantine ad una distanza di circa 30 cm in modo che abbiano spazio sufficiente per crescere e infoltirsi; in questo periodo le piantine andranno annaffiate abbondantemente; solo quando le piantine avranno attecchito bene le annaffiature andranno ridotte in modo da non compromettere il contenuto aromatico delle piante.

    Utilizzi fitoterapici



    In fitoterapia, della melissa sono utilizzati soprattutto le foglie ma anche i fiori e gli steli.

    Negli estratti della pianta sono rintracciabili: triterpeni, acido caffeico, acido rosmarinico e vari flavonoidi (luteolina, quercetina, apigenina, chemferolo). È inoltre ottenibile un olio essenziale contenente: citrale, citronellale e cariofillene.

    Attualmente la Melissa officinalis viene impiegata come sedativo negli stati d'ansia con somatizzazioni viscerali ed irrequietezza ed anche in patologie dispeptiche gastroenteriche grazie alla sua azione spasmolitica e nella cura dell'emicrania.[2] L'estratto di foglie fresche di melissa possiede attività antivirale contro Herpes simplex per cui viene usata anche nel trattamento dell'Herpes labiale.

    L'uso della melissa è controindicato in persone con glaucoma in quanto in test con animali si è registrato un aumento della pressione oculare.
    Si è inoltre visto che l'estratto di melissa può interferire con l'azione tiroidea, forse per inibizione del legame dell'ormone stimolante la tiroide (TSH) alle cellule tiroidee, per cui è bene evitarne l'assunzione in caso di ipotiroidismo o in caso di terapie a base di ormoni tiroidei.

    Si ritiene, infine, che vi possano essere interazioni con i barbiturici e con il metimazolo. L'associazione con l'iperico e la passiflora ha prodotto uno stato di ipersonnia invece che antidepressivo.

    Data l'assenza di studi in merito si consiglia di non assumere melissa in corso di gravidanza o d'allattamento.




    Nomi comuni: Erba bergamotta, erba limona, erba cedrata, fior d’ape, citronella, milissa,

    image

    Raccolta: Le foglie a seconda che si vogliano essiccare o consumare fresche si devono raccolgiere o prima della fioritura o in estate; i fiori tra giugno ed agosto.

    Proprietà: Calmante, digestivo, sedativo, carmativo, cicatrizzante, stimolante.

    Habitat: Zone umide fino ai 1500 metri di altezza.

    Parti usate: I fiori e le foglie.

    Conservazione: Sia i fiori che le folgie devono essere essiccati in un luogo asciutto ed aereato e quindi conservati in vasi di vetro ben chiusi.

    Uso: Infusi e tinture per uso interno e per uso esterno contro nevralgie, reumatismi e punture di insetti.

    Note: Le foglie della melissa sono utilizzate come aromatizzante nella preparazione di frittate, insalate, bevande, dolci ed arrosti.






    Proprietà - Utilizzo



    "Ha proprietà aromatizzanti, digestive, coleretiche, antispasmodiche, emmenagoghe, sedative,antibatteriche,antivirali,carminativo, diaforetico,febbrifugo,toniche"

    Gli estratti di Melissa contengono triterpeni, acido caffeico, acido rosmarinico e vari flavonoidi come la luteolina, quercetina, apigeninae il chemferolo.Si può anche ottenere un OLIO ESSENZIALE contenente: citrale, citronellale e cariofillene.
    Le sommità fiorite per uso interno con l' INFUSO :
    come digestivo,sedativo,nel trattamento di febbre e raffreddori, ipertiroidismo, depressione, insonnia e lieve mal di testa .
    Le sommità fiorite per uso esterno in infuso o TINTURA:
    per decongestionare e purificare la pelle,per curare l'herpes,piaghe e punture di insetti.
    L'Olio essenziale che si ottiene da questa pianta viene impiegato in Aromaterapia.
    È molto apprezzata anche come erba aromatica,e viene utilizzata per insaporire insalate e cibi cotti.

    Attenzione!!
    Usate con cautela e solo su prescrizioni del medico o dell’erborista.





    L’olio essenziale di melissa





    L’olio essenziale di melissa viene estratto per distillazione da quella pianta della melissa che incontrala fama per la prima volta nel 1600, quando i Carmelitani Scalzi danno il suo nome ad una medicinaportentosa.

    L’Acqua di Melissa diventa il rimedio per ogni male e le virtù della pianta dai fiorellini bianchi e rosatipercorrono i secoli fino ad incontrare l’aromaterapia e a veder arruolare la melissa tra le fila degli oli essenziali.

    E il posto non è certo marginale, perchè dalla pianta l’olio essenziale eredita tutte le proprietà: èantispasmodico, digestivo, calmante, antidolorifico, analgesico e tranquillante. Proprietà cheattengono alla sfera della sedazione, della normalizzazione, e infatti le ‘aree di intervento’privilegiate attengono ai disturbi legati a dolori forti, di contrazione, soprattutto dell’areaaddominale.

    Per la digestione l’olio essenziale di melissa dimostra grande efficacia: in caso di crampi, di difficoltàdogestive, di peso alla bocca dello stomaco, una buona soluzione è utilizzare qualche goccina diolio di melissa. Si può diluire nell’acqua calda -in un bicchierino da caffè- o in un cucchiaino dimiele, nella misura di 2 gocce, non di più.

    Altrimenti si può ricorrere al metodo del massaggio, che è sempre pisitivo perchè consente ilcontatto diretto dell’olio con la parte dolorante: qui occorre un olio essenziale di base con cuimischiarlo. Solitamente si usano 1 cucchiaio di olio di mandorle dolci e 2-3 gocce di olio essenzialedi melissa, per fare un massaggio lieve e delicato sulla pancia e sullo stomaco, che alla fineandrebbero coperti con un panno tiepido o caldo per massimizzarne gli effetti.

    Le stesse soluzioni sono utili per il problema della colite, che affligge molte persone ed è un disturboodioso, pesante da sopportare per il senso di costrizione e pesantezza che sempre loaccompagnano. Al di là dell’alimentazione, per curare la colite occorre distendere i muscoliaddominali, fare in modo che ogni traccia di contrazione scompaia, e l’olio di melissa in questo nonha rivali.

    E’ anche positivo utilizzare l’olio essenziale di melissa in un diffusore per ambienti, così da diffonderenell’area le sue note calmanti, che si rivelano utili anche in caso di problemi del sonno, soprattuttoquelli correlati alla difficoltà di addormentarsi.

    Diciamo che per chi il letto non è un amico ma l’inizio di un percorso di tortura, entrare in unambiente ‘addolcito’ dalle note lievemente sedative dell’olio di melissa non può che essere di aiuto.





    Impiego terapeutico: manifestazioni dolorose di origine nervosa: palpitazioni, cefalea, spasmi gastrointestinali, vomito ecc.; stati di ansia accompagnati da irrequietezza e irritabilità; insonnia; psicastenia; distonia neurovegetativa; dispepsia, aerofagia, flatulenza;
    piccola insufficienza epatica; stati di tensione nervosa premestruale.

    La Melissa possiede, infatti, un'azione tranquillizzante, antispasmodica e carminativa, tanto che può essere definita una pianta «nervina a tendenza carminativa» (Weiss).

    Il suo uso è particolarmente indicato nella cosiddetta "nevrosi gastrica", cioè nei disturbi gastrici dì origine psicosomatica, o anche quando sia presente un quadro di irritabilità generale, difficoltà all'addormentamento e tachicardia su base funzionale.

    Come si può ben comprendere è un ottimo rimedio di nevrosi, e proprio per le sue qualità terapeutiche risulta articolarmente utile la prescrizione nei soggetti in sovrappeso con tendenze bulimiche e nelle forme di somatizzazione a livello gastrico.

    La pianta, inoltre, risulta essere un valido stomachico-aromatico e la si può utilizzare come carminativo e spasmolitico nelle forme dispeptiche (nausea, flatulenza ecc.). Risulta efficace nel trattamento del vomito gravidico.

    La melissa favorisce la secrezione della bile e sembra che un uso continuato contribuisca a diminuire la colesterolemia.

    L'attività antispasmodica rende la pianta interessante anche nel trattamento delle forme algiche (odontalgia, otalgia, cefalea, dolori gastrointestinali, dismenorrea ecc.).

    Esternamente l'essenza di melissa si usa in frizioni nelle nevralgie, nella cefalea e nell'emicrania.

    Un saggio clinico effettuato in 115 pazienti con pomata a base di estratto di melissa nel trattamento dell'Herpes simplex ha contribuito a diminuire il tempo di malattia e a ridurre notevolmente il numero delle recidive.

    Interessante lo studio controllato versus placebo realizzato allo scopo di determinare l'attività dell'aromaterapia con olio essenziale di Melissa nell'agitazione psicomotoria in persone con demenza grave.

    Il trattamento attivo o placebo venne combinato con una lozione di base applicata sulla faccia e sulle braccia due volte al giorno per quattro settimane.

    Curiosità

    * «Fu dapprima introdotta in medicina come rimedio moralmente esilarante e confortatore dei nervi. Galeno, Paracelso, Boerhaave la consigliavano nella mania e nelle vesanie, malattie che venivano attribuite a diffetto di energia cerebrale. Scriveva Serapio che allevia le inquietudini e tristezze del cervello e principalmente quelle prodotte da umori melanconici - Avicenna che rallegra il cuore e fortifica gli spiriti vitali - Dioscoride che disostruisce i condotti cerebrali e caccia la tetraggine prodotta dall'inspessimento del fluido nervoso [...] » (Scotti, 1872).
    * L'Alcolato di Melissa, inventato dai Carmelitani Scalzi di Rue De Vaugirard a
    Parigi nel 1611, era per le sue proprietà antispasmodiche un rimedio popolare a
    cui facevano ricorso tutte le classi sociali nei momenti critici della loro vita (dal mal di denti, alle sincopi, alle crisi di nervi ecc.).
    * È ancora in voga l'uso di utilizzare infusi di melissa in quanto gradevoli, rinfrescanti e diaforetici in caso di influenza, febbre e raffreddore. Attualmente conosciamo l'attività antivirale della pianta che ne giustifica ampiamente l'uso.
    * Il citronellale conferisce alla melissa un aroma gradevole e il sapore del limone.




    Tisana di melissa





    image

    Tisana di melissa officinalis per il sonno agitato o insonnia Quando si hanno problemi ad addormentarsi o ci si sveglia spesso durante la notte, preparare una tazza di tisana di melissa e berla a piccoli sorsi prima di coricarsi. La tisana aiuterà a distendere i nervi e riposare tranquillamente.

    Tisana di melissa per alunni stressati Nei giorni precedenti un'interrogazione o un esame, bere una tazza di tisana di melissa prima di andare a scuola, quando si torna da scuola e prima di andare a dormire; la tisana aiuterà a rimanere tranquilli eda essere ricettivi.

    Tisana di melissa contro i crampi addominali L'effetto antispastico della melissa può essere ottenuto anche con un rilassante bagno caldo. Versare 300 g di melissa fresca o 200 g di foglie essiccate in 1 litro d'acqua e portare ad ebollizione. Togliere il decotto dal fuoco e lasciarlo decantare per 15 minuti, quindi versarlo nell'acqua per il bagno.

    Tisana di melissa per curare le ferite La tisana di melissa ha proprietà antibatteriche e antivirali; per questo motivo usata esternamente può favorire la cicatrizzazione delle ferite. Tamponare con l'infuso le zone da trattare e lasciarle asciugare all'aria.




    INFUSO DI MELISSA



    Infuso di melissa Versare 150 ml d'acqua bollente su 2-3 cucchiaini di foglie di melissa, lasciare riposare per 10 minuti, poi filtrare. Bere 1 tazza più volte al giorno. La melissa, insieme ad altre piante officinali, può essere utilizzata per preparare una tisana calmante.

    Bagno alla melissa Versare 1 litro d'acqua bollente su 100 g di foglie di melissa, lasciare riposare 20 minuti, filtrare e aggiungere l'infuso all'acqua per il bagno. In alternativa alla tisana si può utilizzare l'estratto.

    Tintura Versare 20 g di foglie essiccate in 80 g di alcol
    70%, lasciare riposare per alcuni giorni e poi filtrare.
    In caso di mal di testa e dolori di origine nervosa,
    massaggiare la zona dolente con 15-20 gocce di tintura
    diluite con un po' d'acqua
     
    Top
    .
  8. gheagabry
     
    .

    User deleted



    L’arbusto del mare






    In tavola lo usiamo per insaporire le pietanze e, senza saperlo, arricchiamo così i nostri piatti di antiche leggende: il rosmarino ha infatti ispirato fin dall’antichità varie credenze, a partire dal suo nome che lo lega al mare…

    Quando all’arrosto aggiungete il rametto di rosmarino state in realtà insaporendolo col profumo del mare. Sì perché se si considera l’etimologia del latino rosmarinus ci si accorge che è strettamente legato ai flutti… C’è chi ritiene significhi “rugiada del mare” (ros maris) chi invece “rosa del mare” (rosa maris) e chi ancora “arbusto del mare”. Insomma il rosmarino è una pianta dei flutti: l’avreste mai detto? Tutta colpa dei suoi fiorellini azzurri come le acque del suo habitat naturale che lo vede crescere nella macchia mediterranea. Mare, ma non solo. Il rosmarino presso i Romani era anche simbolo della casa: coi suoi rametti venivano infatti incoronati i Lari, geni familiari della casa. Per gli antichi egizi alludeva invece all’immortalità: era infatti usanza aggiungerne qualche manciata in mano al defunto per facilitarne il viaggio verso l’oltretomba. Anche nel cristianesimo si ritrova l’allusione al rosmarino: una leggenda andalusa narra che un rosmarino ha permesso a Maria, in fuga dai soldati di Erode, di salvarsi nascondendosi tra i suoi rami.
    Dall’antichità spostiamoci al Medioevo: anche in quel periodo proliferarono le leggende sul rosmarino. Si riteneva che il suo legno fosse magico e perciò vi si ricavavano amuleti, talismani, cucchiai contro gli avvelenamenti e persino pettini contro le calvizie. Venendo ai nostri giorni si incontrano invece credenze legate alle proprietà benefiche della pianta: per esempio nelle campagne bolognesi dell’Ottocento si pensava che i suoi fiori, posti a contatto della pelle all’altezza del cuore donassero felicità. O che il profumo della pianta, messa in un vaso vicino alle foglie, allontanasse gli effluvi che portavano malattie e potenziasse la memoria.

    Fonte: Florario, Alfredo Cattabiani,
     
    Top
    .
  9. gheagabry
     
    .

    User deleted




    LO ZAFFERANO





    Zafferano Crocus sativus

    Zafferano, nome usato da Virgilio, deriva dal greco e significa "filo di un tessuto" allusione alla forma degli stimi. Secondo Ovidio deriva da Crocus che disperato nel vedere la giovane Smirax morire d'amore per lui, fu mutato in questo fiore.
    Gli indiani e i greci lo considerano da sempre un potente afrodisiaco: in medio Oriente le donne in gravidanza lo applicano vicino all'ombelico per assicurarsi un parto veloce; ritenuto oggi uno stimolante sessuale, è associato dalla tradizione alla gaiezza procurata da una vivace attività erotica: per questo motivo, in allusione a una notte di sesso felice, il linguaggio popolare ha coniato l'espressione "dormire in un sacco di zafferano".

    Lo zafferano è una sorgente naturale di carotenoidi, antiossidanti per eccellenza grazie alla crocina componente responsabile del suo inconfondibile colore giallo; contiene anche le vitamine B1 e B2, componenti necessari per la crescita, per il metabolismo dei grassi, delle proteine, dei carboidrati, promovendo la salute in generale.
    Inoltre gli aromi naturali hanno benefici eupeptici cioè favoriscono la normale funzione digestiva.
     
    Top
    .
  10. gheagabry
     
    .

    User deleted


    image



    Inglese: saffron; Francese: safran; Spagnolo: azafrán; Tedesco: safran.
    Caratteristiche generali
    Lo zafferano, conosciuto anche con il nome di croco o castagnola, è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Iridaceae caratterizzata da foglie lunghe e sottili di colore grigio-verde e fiori viola imbutiformi dal cui pistillo essiccato si ricava l’omonima spezia. Per ricavare un kg di zafferano occorrono circa 100-150 mila fiori.
    Stagione e diffusione
    Coltivata in Asia Minore (India e Iran sono i maggiori produttori al mondo) e nei paesi del bacino mediterraneo, la pianta dello zafferano cresce nelle aree montane a 500-700 metri di altezza. In Italia è coltivata soprattutto in Abruzzo, Sardegna, Umbria e Toscana. Fiorisce nel periodo autunnale e i fiori vengono raccolti da metà fino a fine ottobre. Durante la raccolta, che avviene manualmente, è di fondamentale importanza non rovinare il pistillo. Altre coltivazioni estese sorgono anche in Grecia e Spagna.
    Proprietà nutritive, calorie
    Lo zafferano contiene soprattutto carotenoidi e vitamine B1 e B2.
    Valore Nutrizionali per 0,15 grammi di prodotto (contenuto di una bustina)
    Kcal 0,407;
    Proteine g 0,018;
    Carboidrati g 0,064;
    Grassi 0,0087.



    Lo zafferano viene venduto in polvere o in stimmi (caso in cui è molto più pregiato e aromatico). Va conservato in un recipiente ermetico al riparo da luce e umidità. E’ consigliabile inoltre acquistarlo in piccole quantità perchè con il tempo perde facilmente il proprio aroma.
    Principali impieghi in cucina
    In cucina viene impiegato per preparare piatti a base di riso, crostacei e frutti di mare e carni bianche in umido (soprattutto pollame e coniglio). Viene usato anche per esaltare il sapore di verdure come zucchine e radicchio e talvolta è aggiunto all’impasto per dolci, biscotti, creme e gelati. Di frequente viene impiegato anche per dare colore alle pietanze. E’ l’ingrediente principale del famoso risotto alla milanese e non può mancare nella paella spagnola e nel caratteristico liquore francese Chartreuse.
    Note e curiosità

    Lo zafferano autentico è un prodotto molto pregiato, spesso però viene spacciato per zafferano il cartamo, detto anche zafferanone o zafferano bastardo, che ha proprietà quasi esclusivamente coloranti. Secondo la medicina tradizionale lo zafferano rallenta l’invecchiamento, stimola il metabolismo, favorisce le funzioni digestive, riduce pressione, colesterolo e trigliceridi, mentre secondo la mitologia greca il dio Ermes lo usava a scopi afrodisiaci. Un tempo, nei paesi orientali, si usava per colorare le stoffe di pregio. Lo zafferano fu introdotto in Italia dal frate domenicano Santucci, che lo importò dalla Spagna, intorno al 1300.

    RISOTTO ALLO ZAFFERANO



    image



    Il risotto allo zafferano, è' uno dei piatti tipici della tradizione culinaria lombarda, ed è spesso confuso con il "risotto alla milanese" o come lo chiamano i milanesi di una volta "risòtt giald", che presenta delle piccole ma sostanziali ddifferenze, come l'assenza del vino e l'aggiunta di midollo di bue.

    Nel Nord d’Italia il risotto allo zafferano è sicuramente il più diffuso e preferito da giovani e buongustai, in quanto semplice da preparare, gustoso, leggero e colorato.

    Di questo risotto giallo, troviamo diverse versioni, e ricette storiche; preparato dagli chef di tutto il mondo, è abbastanza comune trovare il risotto allo zafferano accompagnato a funghi, in genere porcini, salsicce o perchè no, scampi e altri frutti di mare.

    Ingredienti
    Brodo 1 litro
    Burro 125 gr.
    Cipolle 1
    Grana Padano grattugiato 150 gr
    Riso Carnaroli 350 gr
    Vino Bianco 1 bicchiere
    Zafferano in polvere 2 bustine
    Zafferano 1 pizzico di pistilli


    Per preparare il risotto allo zafferano cominciate tritando finemente la cipolla , dopodichè fate sciogliere, a fuoco lento, 80 gr di burro facendo attenzione che non frigga, quindi aggiungete la cipolla tritata finemente e fatela imbiondire mescolando continuamente con un cucchiaio di legno .
    Unite il riso e fatelo tostare facendogli assorbire bene il burro , dopodichè alzate il fuoco e bagnate il riso
    prima con il vino , che lascerete evaporare, e poi con 2 mestoli di brodo bollente ; mescolate sempre e, quando questo sarà quasi assorbito, aggiungetene altri 2 mestoli . Questa operazione dovrà essere ripetuta fino alla completa cottura .

    A metà cottura, sciogliete lo zafferano in poco brodo e versatelo nel riso facendolo amalgamare bene .
    Una volta che il riso ha raggiunto la cottura desiderata va tolto dal fuoco e mantecato con il grana grattugiato e con il resto del burro . Prima di servirlo, è meglio lasciare riposare il risotto allo zafferano per qualche istante , in modo che possa insaporirsi. Spargete i pistilli di zafferano sul risotto per decorare i piatti di portata.

    ■ Consiglio

    Quando preparate il risotto allo zafferano, ricordatevi che il vino con il quale bagnare il riso dopo la tostatura nel burro, è meglio che sia a temperatura ambiente; utilizzarlo freddo da frigorifero infatti, bloccherebbe la cottura. Lo stesso discorso vale per il brodo,che deve essere sempre in ebollizione per non fermare la cottura ad ogni aggiunta.
    Salare il riso, è una operazione da effettuare poco prima del termine della cottura, in quanto il riso viene bagnato con il brodo che è già salato di per se, quindi è meglio controllare il grado di sapidità al termine, per evitare brutte sorprese.
    Se avete occhio per le dosi, e avete preparato solo la giusta quantità di brodo, sicuri che non possa avanzare, allora è possibile sciogliere lo zafferano direttamente nel brodo: questo lo aiuterà ad amalgamarsi al meglio, per andare a formare un ottimo risotto allo zafferano, o se preferite, alla milanese!

    ■ Curiosità


    La leggenda narra che l'invenzione del risotto allo zafferano risalga alla fine del 1400, ad opera di Valerio di Fiandra, il quale mentre lavorava alle colorazioni delle vetrate del Duomo di Milano decise di rendere più allegro il suo pasto, versando un pò di zafferano nel suo riso: nacque così il risotto alla Milanese.





    DAL WEB
     
    Top
    .
  11. ZIALAILA
     
    .

    User deleted


    .....Quale vino abbinare ad un piatto tutto d'oro, profumatissimo con lo zafferano ?



    image





    Dei BIANCHI come lo Chardonnay , purche' di buona struttura , reggeranno molto bene il confronto con la complessita' e la persistenza aromatica dello zafferano che si sposa anche con vini profumati come il Riesling Renano , il Gewurztraminer o il Sauvignon .

    Se la preparazione vuole invece un ROSSO , questo dovra' essere maturo , ma molto morbido perche' i vini troppo tannici accentuano esclusivamente la nota amara dello Zafferano .

    E il risotto alla milanese ? Sara' in ottima compagnia con le bollicine e i profumi di uno spumante metodo classico
     
    Top
    .
  12. ZIALAILA
     
    .

    User deleted


    Giallo ..il colore della felicita'



    E' forse il colore giallo che rende lo Zafferano cosi' prezioso e seducente ?


    Per piu' di una antica cultura la particolare sfumatura di colore dello zafferano e' stata associata all' immortalita'.

    Lo zafferano e' stato per secoli associato alla gioia e all'allegria , un fascino che ne ha fatto il colore del velo delle spose nell'antica Roma e ancora oggi degli abiti nuziali femminili dell'India .

    Sempre in India gli asceti usano lo zafferano per tracciarsi simboli sacri sulla fronte , in base alla convinzione che lo zafferano stesso per via della sua purezza e grazia , favorisce una maggior serenita' spirituale .

    Per analoghi motivi , alla morte di Buddha i suoi seguaci adottarono vesti color zafferano come atto di illuminata memoria .

    Gia' agli albori della storia dunque c'è un frusciare di vesti e di veli tinti con lo zafferano .

    Come le spose dell'antica Roma anche le nobili dame del Medioevo indossavano sotto i loro abiti nuziali una tunica di seta tinta con lo zafferano

    Dalle toghe degli antichi Egizi agli abiti del Dalai Lama , lo zafferano ha donato il suo colore giallo agli abiti regali o sacri di ogni tempo .

    Fin dall 'antichita' piu' remota lo zafferano e' stato altamente simbolico : da sempre collegato alla ricchezza sia materiale che spirituale , e per tale motivo e' riservato a coloro che regnano o che si incamminano su di una via spirituale come ad esempio i monaci buddisti .

    Prezioso come la porpora , lo zafferano serviva per tingere gli abiti dei re Assiri , le calzature dei re di Babilonia cosi' come le bende delle mummie egiziane .





    image


     
    Top
    .
  13. gheagabry
     
    .

    User deleted


    Lo zafferano




    Fiore originario dell’Asia minore, cresce spontaneo nell’area mediterranea ed è intensamente coltivato in alcune regioni italiane; se ne consumano gli stimmi, essicati e polverizzati. Usato da secoli come tintura per tessuti, medicinale, cosmetico e condimento, era adorato dagli Egizi, che ne producevano unguenti e profumi, considerato sacro dai Greci, i quali affermavano che Zeus, nell’Olimpo, dormiva su materassi imbottiti di zafferano, loto e giacinti. Veniva utilizzato nei Misteri Eleusini, come tramite per avvicinarsi a entità superiori.
    I Fenici erano i maggiori distributori del prodotto e ne ebbero il monopolio per secoli; nel Medioevo la Repubblica Veneziana aveva uno speciale ufficio che regolava il commercio della sostanza.
    Secondo il Picatrix, lo zafferano guariva i depressi inducendoli al riso e all’allegria; però poteva essere usato dalle streghe per provocare un riso pernicoso e inestinguibile, che portava la vittima alla morte.
    Nel Seicento era considerato tanto salutare che anche quelli che erano prossimi al trapasso potevano essere rianimati dalla polvere.
    La pianta è sotto gli influssi del Sole; si aggiunge all’incenso nei rituali per dare coraggio e forza morale, ma anche per propiziare il benessere.
    Tratto da: I giardini incantati di Devon Scott, Venexia edizioni


    "Gli preparo una polvere di mandorle e zafferano da far bollire nel latte. 'Lo deve bere tutta la famiglia prima di coricarsi, - raccomando. - Per addolcire pensieri e parole, per ricordare l'amore sepolto sotto l'ira.'"
    Una spezia che insieme alle mandorle ricorda il sentimento puro e spolverato da quanto di oscuro lo possa coprire...
    "La Maga delle Spezie", di C. Divakaruni


    dal web

     
    Top
    .
  14. tappi
     
    .

    User deleted


    GRAZIE GABRY
     
    Top
    .
  15. gheagabry
     
    .

    User deleted


    LE SPEZIE




    Le spezie sono le parti essiccate delle piante aromatiche - semi, fiori, foglie, corteccia o radici anche se alcune vengono utilizzate fresche. Ma c'è anche qualcosa di evocativo che riguarda le spezie.
    All'udire le parole "Isole delle spezie" si prova un immediato richiamo di avventura; per le spezie si sono combattute guerre, sono crollati imperi, esploratori sono partiti alla scoperta di terre esotiche i cui nomi ancora stuzzicano l'immaginazione - Egitto,Cina, Arabia, Persia, India, Grecia, Zanzibar.
    Alcune spezie sono più pregiate di metalli preziosi e gemme; incenso e mirra furono addirittura inclusi tra i doni dei Re Magi per il bambin Gesù.
    La loro storia è un argomento affascinante e seducente.


    La storia del mondo senza la storia delle spezie sarebbe davvero insipda. Le spezie sono direttamente responsabili di guerre, hanno segnato le rotte delle navi, hanno portato alla scoperta de nuove terre, hanno prodotto editti e decreti papali, terapie mediche, preparati cosmetici e rituali religiosi, per non menzionare la cucina.

    Già 5.000 anni fa, in Cina, l'imperatore Shen Nung scriveva un trattato medico in cui esaltava le virtù dello zenzero, della cassia, dell'anice e della curcuma, Istituì mercati di spezie e la sua longevità è attribuita alla grande quantità di spezie utilizzate nella sua dieta.
    Confucio intorno al 550 a.C., raccontava ai suoi discepoli di non mangiare alcun cibo se non opportunamente preparato con spezie.

    Circa nello stesso periodo, il mondo arabo commerciava spezie con l'India. I porti indiani delle spezie, sulla costa di Malabar, prosperavano per il fiorente commercio di cardamomo, zenzero, curcuma, pimenti, sesamo e cumino. Le navi trasportavano vasi con piante di zenzero, per combattere lo scorbuto. Gli arabi compravano cannella dallo Sri Lanka.. macis, noce moscata e chiodi di garofano dalle Indie Orientali..mirra dall'Africa Orientale ed erano essi stessi produttori di incenso. Le rotte commerciali erano lunghe e perigliose, carovane di cammelli passavano Calcutta, o attraverso il Golfo Persico. Era un commercio molto redditizio e rimunerativo, e gli Arabi non rivelarono l'esatta ubicazione delle terre di provenienza delle spezie - anzi, inventarono storie fantastiche ed assurde, per fuorviare i concorrenti. I mercanti Arabi erano gli importatori ed esportatori delle spezie, compravano e vendevano in Egitto, Persia, Afghanistan, nell'interno del Mediterraneo - e da lì in Europa.

    Nell'antica Grecia e nell'antica Roma le spezie erano talmente apprezzate ed importanti che venivano usate per le applicazioni cosmetiche e medicinali, ma le usarono anche con spreco - si racconta che Nerone bruciò, ai funerali di sua moglie, le scorte di cannella di un intero anno, dell'intera Roma. I Greci amavano cibi semplici e poco saporiti, e il filosofo Epicuro, pur sostenendo che il piacere è tutto ciò in cui consiste la vita, affermava anche che essa deve essere semplice e goduta con moderazione. Nel periodo in cui la civiltà greca andò in declino, i Greci speziavano il loro cibo come chiunque.

    Con l'espansione dell'Impero Romano in Europa, si esportarono anche le spezie presso le popolazioni indigene - alcune delle qualine possedevano già di proprie, che rimasero in eredità dopo il crollo dell'Impero. Quando i Visigoti assediarono Roma, nel 408 d.C., pretesero un riscatto di 3.000 libbre di pepe, pari a circa 13 quintali.

    Il saccheggio di Roma segnò l'inizio, per l'europa, di 700 anni di oscurità. Il commercio delle spezie continuò nel Medio ed Estremo Oriente, ma in Europa l'arte dellespezie fu dimenticata, fino a quando, nel XII secolo, ritornarono con i Crociati dalla Palestina. L'Europa sisvegliò ed il commercio delle spezie fiorì ancora una volta.

    Nel XII secolo l'origine delle spezie rimaneva un mistero - persa la via dei romani e preso il loro commercio dagli arabi che ne nascondevano le fonti - almeno per chi non era direttamente coinvolto nel commercio.

    Nel 1309 un certo Jean, Senescalco della Champagne, scriveva a proposito del Nilo:
    "prima che il fiume entri in Egitto, la gente che di solito fa quel lavoro la sera butta le reti nell'acqua e le lascia galleggiare aperte. Quando viene la mattina essi trovano nelle reti cose che vengono vendute a peso e importate in Egitto, ad esempio zenzero, rabarbaro, aloe e cannella. Si dice che queste cose vengano dal paradiso terrestre...".


    Venezia e Genova divennero ricche grazie a questo nuovo commercio. La cucina mediovale trasse nuovo impulso e originalità - tutto doveva essere speziato e ben colorato, a dispetto del fatto che le spezie erano molto costose. Ci fu un tempo in cui un cavallo valeva quanto mezzo chilo di zafferano, mentre una pecora poteva essere barattata con mezzo chilo di zenzero, una mucca con un chilo di macis. Il pepe aveva un valore così alto che il suo prezzo era calcolato in singoli grani, usati come moneta per pagare le tasse ed affitti. Più tardi, quando divenne meno prezioso, i locatari cui era ancora permesso pagare il loro affitto in grani di pepe, erano considerati estremamente fortunati ed il termine "affitto grano pepe venne a significare l'esatto contrario di quanto accadeva in origine.


    Le spezie, presenti in tutto il mondo, provengono soprattutto dal continente asiatico (in particolare India, Indonesia e Indocina), con una decisa predilezione per i climi tropicali. Si presentano come cortecce, foglie, frutti, semi, polveri, radici, perchè a seconda della specie varia la parte più aromatica della pianta.
    Il termine latino “species”, trasformato nel Medioevo in “spezie”, identificava pregiate sostanze odorose d’origine vegetale, venute da terre lontane e utilizzate in farmacopea e in cucina.
    Nel mondo greco gli si attribuiva un origine mitica, identificata nel giardino delle delizie detto “Paradiso”. Furono i romani a creare una regolare e voluminosa corrente di traffico delle spezie, la cui intensità diede origine alla creazione degli "horrea piperataria", magazzini destinati esclusivamente alla loro conservazione. Questa tesi sarebbe confermata anche dal ritrovamento nell'India meridionale di numerose monete con l'effige d'imperatori della dinastia Giulio-Claudia, e dai tanti scritti di riprovazione contro il loro costo esorbitante di scrittori come Columella e Plinio.
    La leggenda della provenienza delle spezie, indispensabile per ottenere guadagni consistenti, venne tenacemente alimentata prima dagli arabi, poi dai crociati (scopritori occidentali delle vie delle spezie), e successivamente dai genovesi e veneziani. Il mito della loro provenienza era così radicato, che anche le rivelazioni di Marco Polo passarono in un primo tempo per invenzioni fantasiose.
    Poco ingombranti, con aromi e proprietà organolettiche di lunga durata, nel ‘300 le spezie avevano un prezzo di vendita quaranta volte superiore a quello pagato nei paesi d’origine.
    Fu la cucina medievale di corte a renderle “indispensabili”, arrivando a considerarle quasi una moneta. Oltre ad attribuirgli uno status sociale, gli si riconoscevano qualità terapeutiche e di afrodisiaci , nei ricettari dell’epoca i piatti venivano classificati in funzione della presenza o dell’assenza di spezie, utilizzate con dosaggi attenti e moderati.
    La situazione cambiò parzialmente a partire dal XV sec. con l’esplorazione delle coste africane fatta da Enrico il Navigatore, e la successiva scoperta del continente americano da parte di Colombo.
    Ma saranno il ‘600 e il ‘700 a rendere le spezie più “popolari” e meno ricercate, per la concorrenza fra le compagnie mercantili francesi e britanniche, e lo sviluppo delle coltivazioni a nuove latitudini. L’eccesso d’offerta portò progressivamente a far perdere alle spezie il loro segno di distinzione sociale, favorendo contemporaneamente l’utilizzo delle “locali” erbe aromatiche.


    .

    Edited by gheagabry - 15/1/2011, 01:02
     
    Top
    .
99 replies since 4/9/2010, 11:16   29641 views
  Share  
.