FIABE DI Gianni Rodari

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  1. gheagabry
     
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    como




    Como nel comò
    Gianni Rodari


    Una volta un accento
    per distrazione cascò
    sulla città di Como
    mutandola in comò.
    Figuratevi i cittadini
    comaschi, poveretti:
    detto e fatto si trovarono
    rinchiusi nei cassetti.
    Per fortuna uno scolaro
    rilesse il componimento
    e liberò i prigionieri
    cancellando l'accento.
    Ora ai giardini pubblici
    han dedicato un busto
    "A colui che sa mettere
    gli accenti al posto giusto".



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  2. gheagabry
     
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    parentesiNOSCRITTE




    Il caso di una parentesi
    Gianni Rodari


    C'era una volta
    una parentesi aperta
    e uno scolaro
    si scordò di chiuderla.
    Per colpa di quel somaro
    la poveretta buscò un raffreddore,
    e faceva uno sternuto
    al minuto.
    Passato il malore
    fece scrivere da un pittore
    il seguente cartello:
    "Chi mi apre, mi chiuda, per favore".




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  3. gheagabry
     
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    bcristallo1

    Una volta, in una città lontana, venne al mondo un bambino trasparente. Attraverso le sue membra si poteva vedere come attraverso l’aria e l’acqua. Era di carne e d’ossa e pareva di vetro, e se cadeva non andava in pezzi, ma al più si faceva sulla fronte un bernoccolo trasparente. Si vedeva il suo cuore battere, si vedevano i suoi pensieri guizzare come pesci colorati nella loro vasca. Una volta, per sbaglio, il bambino disse una bugia, e subito la gente poté vedere come una palla di fuoco dietro la sua fronte: ridisse la verità e la palla di fuoco si dissolse. Per tutto il resto della sua vita non disse più bugie. Un’altra volta un amico gli confido’ un segreto, e subito tutti videro come una palla nera che rotolava senza pace nel suo petto, e il segreto non fu più tale.
    Il bambino crebbe, divento’ un giovanotto, poi un uomo, e ognuno poteva leggere nei suoi pensieri e indovinare le sue risposte, quando gli facevano una domanda, prima che aprisse bocca. Egli si chiamava Giacomo, ma la gente lo chiamava “Giacomo di cristallo”, e gli voleva bene per la sua lealtà, e vicino a lui tutti diventavano gentili. Purtroppo, in quel paese, salì al governo un feroce dittatore, e cominciò un periodo di prepotenze, di ingiustizie e di miseria per il popolo. Chi osava protestare spariva senza lasciar traccia. Chi si ribellava era fucilato. I poveri erano perseguitati, umiliati e offesi in cento modi. La gente taceva e subiva, per timore delle conseguenze.
    Ma Giacomo non poteva tacere. Anche se non apriva bocca, i suoi pensieri parlavano per lui: egli era trasparente e tutti leggevano dietro la sua fronte pensieri di sdegno e di condanna per le ingiustizie e le violenze del tiranno. Di nascosto, poi, la gente si ripeteva i pensieri di Giacomo e prendeva speranza. Il tiranno fece arrestare Giacomo di cristallo e ordinò di gettarlo nella piu’ buia prigione. Ma allora successe una cosa straordinaria. I muri della cella in cui Giacomo era stato rinchiuso diventarono trasparenti, e dopo di loro anche i muri del carcere, e infine anche le mura esterne. La gente che passava accanto alla prigione vedeva Giacomo seduto sul suo sgabello, come se anche la prigione fosse di cristallo, e continuava a leggere i suoi pensieri. Di notte la prigione spandeva intorno una grande luce e il tiranno nel suo palazzo faceva tirare tutte le tende per non vederla, ma non riusciva ugualmente a dormire. Giacomo di cristallo, anche in catene, era più forte di lui, perché la verità e’ più forte di qualsiasi cosa, più luminosa del giorno, più terribile di un uragano.


    Autore: Gianni Rodari – Libro: Il gatto viaggiatore


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    Edited by gheagabry - 6/10/2011, 23:58
     
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  4. gheagabry
     
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    10106504A~Drogheria-Posters

    Gli odori dei mestieri
    Gianni Rodari

    Io so gli odori dei mestieri:
    di noce moscata sanno i droghieri,
    sa d'olio la tuta dell'operaio,
    di farina il fornaio,
    sanno di terra i contadini,
    di vernice gli imbianchini,
    sul camice bianco del dottore
    di medicine c'è un buon odore.
    I fannulloni, strano però
    non sanno di nulla e puzzano un po'



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  6. tomiva57
     
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    grazie Gabry ..sono bellissime
     
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  7. gheagabry
     
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    illustrazione+rodari+XINT




    IL GATTO INVERNO
    Gianni Rodari

    Ai vetri della scuola stamattina
    l'inverno strofina
    la sua schiena nuvolosa
    come un vecchio gatto grigio:
    con la nebbia fa i giochi di prestigio,
    le case fa sparire
    e ricomparire;
    con le zampe di neve imbianca il suolo
    e per coda ha un ghiacciuolo...
    Sì, signora maestra,
    mi sono un po' distratto:
    ma per forza, con quel gatto,
    con l'inverno alla finestra
    che mi ruba i pensieri
    e se li porta in slitta
    per allegri sentieri.
    Invano io li richiamo:
    si saranno impigliati
    in qualche ramo spoglio;
    o per dolce imbroglio,
    chiotti, chiotti,
    fingon d'esser merli e passerotti



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    :17.gif: Gabry...sono molto belle....
     
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  9. gheagabry
     
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    Un grattacielo in mare



    Forse non sarò creduto: ho visto, una notte, a Genova, un grattacielo partire per mare come un transatlantico.
    Stavo sulla terrazza del mio albergo e guardavo il porto. Nel porto un transatlantico, alto come un grattacielo, spiccava con le sue mille luci sulla folla più bassa dei mercantili, dei rimorchiatori, dei vaporetti.
    Una sirena ululò, da qualche punto di quell'immenso groviglio di alberature, di ciminiere, di scafi oscuri ed immobili.
    Non si può udire quel suono senza desiderare di partire per il mondo, incontro ai larghi spazi del mare e del cielo. E' un desiderio struggente, che riempie il corpo e l'anima. Lo si sente perfino nei piedi. Ma stavo per dire "nelle radici". Viene voglia di strappar su le proprie radici e di andare a ripiantarsi altrove, lontano, lontano.


    Non ho mai potuto dormire tranquillo, di notte, a Genova.
    Così, me ne stavo sulla terrazza e la sirena chiamava, chiamava.
    I grattacieli hanno orecchie per sentire? Non so, non domandatelo a me. Hanno in cima, proprio sulla testa, sopra l'ultimissimo piano, una foresta di antenne televisive. Captano le onde elettromagnetiche. Perché non dovrebbero captare il richiamo di una sirena?
    La sirena chiamava, chiamava…
    Il grattacielo si scosse sulle sue radici.
    Hanno radici i grattacieli? Mi figuro di sì. Debbono averle. Forse sono le tubature dell'acqua e del gas, i cavi elettrici, i cavi telefonici: tutto un groviglio metallico che serpeggia dentro e sotto le loro fondamenta.
    Sulle prime credetti che fosse il transatlantico. Una colonna immensa, bucata qua e là, disordinatamente, a diverse altezze, da finestre illuminate, scivolava lenta e solenne sull'acqua cupa prendendo il largo.
    Guardai meglio. Il transatlantico era sempre al suo posto. Il grattacielo non spiccava più sui tetti della città. Il gran pastore di cemento armato e di vetro aveva abbandonato il suo gregge di case. Il grattacielo se ne andava per mare…
    Forse avrei dovuto chiamare il portiere dell'albergo, avvertire la polizia, i vigili del fuoco, non so. Invece rimasi lì, incollato al parapetto, affascinato dallo spettacolo.
    Il grattacielo uscì dal porto e si diresse, così mi parve, verso la Riviera di Levante. Ma quasi subito, con un'ampia curva, mutò direzione e puntò verso Ponente.
    - Se ne va in Francia? - mi chiesi. - Senza passaporto?
    Mi venne da ridere. Mi figuravo il motoscafo dei doganieri inseguire il grattacielo, domandargli i documenti.
    - Ha qualcosa da dichiarare? Trasporta merci preziose?
    - Preziosissime, direi: mezzo migliaio di persone addormentate, tra cui non pochi bambini.
    - Ci dispiace: dobbiamo fare una perquisizione a bordo.
    - Sì, ma non fate rumore: al quindicesimo piano c'è un signore ammalato, è appena riuscito a prender sonno. Al ventesimo c'è uno studente che prepara un esame difficile: vedete un po' se potete convincerlo a mettere da parte i libri e a farsi una dormitina. Prima la salute, non vi pare?
    - Insomma, fermate le macchine e fateci salire.
    - Quali macchine? Guardate pure: c'è solo la caldaia termosifone.
    - Gettate le ancore!
    - Ci mancherebbe che gettassi via tutti i miei cavi: lo sapete che al decimo piano aspettano una telefonata importante da New York? Questi genovesi sono così: levategli il gusto di lavorare a qualsiasi ora, e subito per il dolore gli verrebbe, a dir poco, il mal di gola.
    - Alt! Alt! Non potete tornare indietro!

    - Non posso? Vorrei vedere anche questa. Date un'occhiata al cielo, per favore. No, non da quella parte: dalla parte di Levante. Vedete quel pallido grigiore laggiù? La notte sta per finire. Debbo entrare in servizio prima che arrivi il garzone del lattaio. Se si accorge che di notte me ne vado a spasso per mare, prima di sera lo saprà tuta Genova. Io non ci tengo, sapete? Sono un grattacielo disciplinato e rispettoso. Almeno di giorno, si capisce.
    - E di notte?
    - Di notte è un'altra cosa. Di notte mi figuro di essere un transatlantico anch'io. Mi figuro di partire, di andare lontano… Noi genovesi siamo famosi per andare lontano. Avete mai sentito parlare di Cristoforo Colombo?
    Il grattacielo stava tornando in porto, filando, a occhio e croce, i suoi dieci nodi. Aveva fretta di rincasare, si vede.
    Mi aggrappai al parapetto quasi temendo che qualcuno mi portasse via: per nulla al mondo avrei voluto perdere lo spettacolo del grattacielo che tornava a prendere posto sulle sue fondamenta, per aspettare l'arrivo del lattaio, del giornalaio, del garzone panettiere con la cesta della focaccia fresca: la famosa "fugassa" ligure.
    Purtroppo alle mie spalle, nella stanza, squillò il telefono.
    - Pronto, - dissi meccanicamente, senza lasciare il mio posto di osservazione.
    Il telefono continuò a squillare. Se non volevo che si svegliassero i vicini di camera, dovevo rispondere. Corsi ad alzare la cornetta:
    - Buongiorno, signore, sono le sei.
    La sveglia. Maledizione, ero stato proprio io ad avvertire il portiere che mi svegliasse alle sei. Mica che io mi alzi così presto. Ma mi piace leggere un'oretta o due a letto, la mattina, prima di cominciare la giornata.
    Ringraziai e tornai di corsa sul terrazzo.
    Il grattacielo era già al suo posto, alto sulla folla dei tetti comuni: e ammiccò furbescamente nella mia direzione, con una finestra che proprio in quel momento si accese e tornò a spegnersi. Qualcuno certo si era destato, aveva dato un'occhiata alla sveglia e aveva deciso che gli restava il tempo per schiacciare un altro sonnellino.
    Insomma, non avevo visto nulla.
    Il grattacielo era là come sempre: l'avevo visto, perfino sulle cartoline di Genova. Tra poco la vita avrebbe ripreso i suoi traffici tra le sue altissime pareti: ora pareva sonnecchiare, in attesa dell'alba.
    Un'altra finestra si accese e tornò a spegnersi. Era il grattacielo che mi strizzava l'occhio, come un monello che l'ha fatta franca?
    Non lo saprò mai.

    G.Rodari


     
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  11. gheagabry
     
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    L'omino della pioggia



    Io conosco l’omino della pioggia. È un omino leggero leggero, che abita sulle nuvole, salta da una nuvola all’altra senza sfondarne il pavimento soffice e vaporoso. Le nuvole hanno tanti rubinetti. Quando l’omino apre i rubinetti, le nuvole lasciano cadere l’acqua sulla terra. Quando l’omino chiude i rubinetti, la pioggia cessa. Ha un gran da fare, l’omino della pioggia, sempre ad aprire e chiudere i rubinetti e qualche volta si stanca. Quando è stanco stanchissimo si sdraia su una nuvoletta e si addormenta. Dorme, dorme, dorme, e intanto ha lasciato aperti tutti i rubinetti e continua a piovere. Per fortuna un colpo di tuono più forte di tutti gli altri lo sveglia. L’omino salta su ed esclama: – Povero me, chissà quanto tempo ho dormito! Guarda in basso e vede i paesi, le montagne ed i campi grigi e tristi sotto l’acqua che continua a cadere. Allora comincia a saltare da una nuvola all’altra, chiudendo in fretta tutti i rubinetti. Così la pioggia cessa, le nuvole si lasciano spingere lontano dal vento e muovendosi cullano dolcemente l’omino della pioggia, che così si addormenta di nuovo. Quando si sveglia esclama: – Povero me, chissà quanto tempo ho dormito! – Guarda in basso, e vede la terra secca e fumante, senza una goccia d’acqua. Allora corre in giro per il cielo ad aprire tutti i rubinetti. E va sempre avanti così.

    Gianni Rodari

     
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  12. gheagabry
     
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    La fantasia fa parte di noi
    come la ragione:
    guardare dentro la fantasia
    è un modo come un altro
    per guardare dentro noi stessi”.
    (Gianni Rodari)





    In principio la Terra era tutta sbagliata, renderla più abitabile fu una bella faticata.
    Per passare i fiumi non c’erano ponti.
    Non c’erano sentieri per salire sui monti.
    Ti volevi sedere?
    Neanche l’ombra di un panchetto.
    Cascavi dal sonno?
    Non esisteva il letto.
    Per non pungersi i piedi, né scarpe né stivali.
    Se ci vedevi poco non trovavi gli occhiali.
    Per fare una partita non c’erano palloni:
    mancava la pentola e il fuoco per cuocere i maccheroni, anzi a guardare bene mancava anche la pasta.
    Non c’era nulla di niente.
    Zero via zero, e basta.
    C’erano solo gli uomini, con due braccia per lavorare, e agli errori più grossi si poté rimediare.
    Da correggere, però, ne restano ancora tanti:
    rimboccatevi le maniche, c’è lavoro per tutti quanti.

    Gianni Rodari

     
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    "IL GIOVANE GAMBERO"



    Un giovane gambero pensò: - Perché nelle mia famiglia tutti camminano all’indietro? Voglio imparare a camminare in avanti, come le rane, e mi caschi la coda se non ci riesco. –
    Cominciò a esercitarsi di nascosto, tra i sassi del ruscello natio, e i primi giorni l’impresa gli costava moltissima fatica: Urtava dappertutto, si ammaccava la corazza e si schiacciava una zampa con l’altra. Ma un po’ alla volta le cose andarono meglio, perché tutto si può imparare, se si vuole.
    Quando fu ben sicuro di sé, si presentò alla sua famiglia e disse: - State a vedere.- E fece una magnifica corsetta in avanti.
    - Figlio mio,- scoppiò a piangere la madre, - ti ha dato di volta il cervello? Torna in te, cammina come i tuoi fratelli che ti vogliono tanto bene.
    - I suoi fratelli però non facevano che sghignazzare.
    Il padre lo stette a guardare severamente per un pezzo, poi disse : - Basta così. Se vuoi restare con noi, cammina come gli altri gamberi. Se vuoi fare di testa tua , il ruscello è grande : vattene e non tornare più indietro.-
    Il bravo gamberetto voleva bene ai suoi, ma era troppo sicuro di essere nel giusto per avere dei dubbi: abbracciò la madre, salutò il padre e i fratelli e si avviò per il mondo.
    Il suo passaggio destò subito la sorpresa di un crocchio di rane che da brave comari si erano radunate a far quattro chiacchiere intorno a una foglia di ninfea.
    - Il mondo va a rovescio, - disse una rana, - guardate quel gambero e datemi torto, se potete.-
    - Non c’è più rispetto, - disse un’altra rana.
    - Ohibò ohibò, -disse un terza.
    Ma il gamberetto proseguì diritto, è proprio il caso di dirlo, per la sua strada. A un certo punto si sentì chiamare da un vecchio gamberone dall’espressione malinconica che se ne stava tutto solo accanto ad un sasso. – Buon giorno, - disse il giovane gambero.
    Il vecchio lo osservò a lungo, poi disse: - Cosa credi di fare? Anch’io, quando ero giovane, pensavo di insegnare ai gamberi a camminare in avanti. Ed ecco cosa ci ho guadagnato: vivo tutto solo, e la gente si mozzerebbe la lingua, piuttosto che rivolgermi la parola: Fin che sei in tempo, da’ retta a me: rassegnati a fare come gli altri e un giorno mi ringrazierai del consiglio.-
    Il giovane gambero non sapeva cosa rispondere e stette zitto. Ma dentro di sé pensava:
    - Ho ragione io.-
    E salutato gentilmente il vecchio riprese fieramente il suo cammino.
    Andrà lontano? Farà fortuna? Raddrizzerà tutte le cose storte di questo mondo? Noi non lo sappiamo, perché egli sta ancora marciando con il coraggio e la decisione del primo giorno. Possiamo solo augurargli, di tutto cuore: - Buon viaggio! –

    (Gianni Rodari)

     
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  14. gheagabry
     
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    “ ALLA FORMICA “

    Chiedo scusa alla favola antica,
    se non mi piace l’avara formica.
    Io sto dalla parte della cicala
    Che il più bel canto non vende, regala.

    (Gianni Rodari)

     
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  15. gheagabry
     
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    SULLA NEVE
    D’inverno, quando cade
    la neve e imbianca il prato
    e nasconde le strade
    sotto il manto gelato,

    ai bimbi, avventurieri
    dal cuor senza paura,
    non servono sentieri
    per tentar l’avventura:
    marciano arditi dove
    la nevicata è intatta
    aprendo strade nuove
    nel deserto d’ovatta.
    ( Ma l’orme dei piedini
    la neve serberà
    per guidare i bambini
    a casa, quando mamma chiamerà…)
    (G.Rodari)
     
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