AQUILE,FALCHI E GUFI

.....ED ALTRI RAPACI

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  1. gheagabry
     
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    FALCHI ED AQUILE
    PER GARANTIRE LA SICUREZZA DEI NOSTRI VOLI

    ALLONTANAMENTO VOLATILI
    A MEZZO FALCONERIA




    Aquile e falchi per garantire la sicurezza dei voli

    Cheyenne, Margot, Viper, Ramirez, Mefisto sono i nomi di alcuni splendidi esemplari di aquila reale, aquila di Harris, girfalco, falco pellegrino, astore che, sotto la guida di abili falconieri, assolvono ad un compito molto delicato per la sicurezza aerea: liberare dall'inopportuna presenza di volpi, selvaggina e volatili le piste di volo e le aree di manovra degli aeromobili degli aeroporti di Bari e Brindisi.
    Una tecnica già sperimentata dalla RAF durante la seconda guerra mondiale che punta ad evitare le dannose conseguenze di possibili impatti tra aerei ed avifauna, il cosiddetto “bird strike”.
    Una tecnica abbandonata sino a qualche anno fa, gradualmente riscoperta e ora utilizzata nei principali aeroporti del mondo, soppiantando, poco alla volta, sistemi molto più invasivi e rumorosi (cannoncini ad aria compressa, riproduttori sonori dei versi di rapaci). Un metodo che sfrutta il naturale istinto all'autoconservazione della specie e che per la sua particolare validità riscuote sempre più consensi.
    Tra i primi scali italiani a credere nella sua efficacia quelli pugliesi; non poteva che essere così, in quella che fu la terra di Federico II che proprio a pochi chilometri da Bari fece erigere Castel del Monte, il suo maniero di caccia preferito.
    Il ricorso ai falchi, oltre a prevenire l’adattamento dei volatili a metodi meccanici ed artificiali, favorisce un miglior equilibrio biologico. Il disturbo provocato dal falco in volo libero porta all’allontanamento incruento dall’area aeroportuale dei volatili presenti e garantisce migliori standard di sicurezza.
    Il bird strike è uno dei fattori di rischio più elevati del trasporto aereo e rappresenta una delle più serie e meno prevedibili cause d’incidente. Soprattutto nelle delicate fasi di atterraggio e decollo l’impatto con uno stormo può provocare danni consistenti alle strumentazioni di bordo ed alla struttura dell’aereo.
    Un fattore di rischio più accentuato su aeroporti costieri, come nel caso di quelli pugliesi. Di qui la necessità di deterrenti di provata efficacia in grado di garantire elevati standard di sicurezza.
    Come si svolge questa attività che, se pur applicata ad un elemento di forte modernità quale il mezzo aereo, mantiene inalterato l’antico fascino?
    Un primo momento è costituito dalle ispezioni che a più riprese interessano la viabilità perimetrale dell’aeroporto, la pista d’atterraggio, i raccordi ed il piazzale aeromobili.
    Accertata la presenza di volatili potenzialmente pericolosi per l'attività aerea, valutate le condizioni meteo (vento, temperatura) ed identificata la specie da allontanare, il team –istruttore e falco -, dà il via ad un'azione di caccia simulata di circa 10 minuti. Falchi pellegrini e girfalchi per l’allontanamento di gabbiani reali e comuni, falchi sacri per piccioni e pavoncelle, aquile di Harris per i trampolieri.
    Per ottimizzare gli effetti del servizio, all’attività di prevenzione è stato affiancato uno studio del Dipartimento di Zoologia dell'Università di Bari, che ha tracciato lo screening delle specie insistenti sugli aeroporti pugliesi (numero, abitudini, zone di concentrazione) e valutato la loro potenziale pericolosità.
    Un approccio scientifico per rispondere alla crescente domanda di sicurezza. Se vogliamo, poi, la testimonianza di come la natura e la sua capacità di armonizzarsi al progresso possa contribuire alla soluzione di problemi in modo intelligente e rispettoso del futuro nostro e delle prossime generazioni.


    foto_falco2


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  2. gheagabry
     
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    LA FALCONERIA




    Alla domanda dove sia nata la Falconeria non possiamo ancora rispondere con certezza. Le ipotesi presentano come culla della Falconeria la Cina o addirittura la Mesopotamia, tra il Tigri e l'Eufrate… La più antica informazione risale quindi ad un sovrano cinese vissuto nel VII secolo a.c.. Nei reperti cinesi della dinastia Han (206 a.c.) sono riscontrabili disegni e dipinti murali rappresentanti scene di caccia con il falco… Carlo Magno pubblica un editto in cui viene punito il furto di un falco addestrato con una sanzione, oltre alla restituzio-ne di un altro falco di eguale bravura… Importante fu la diffusione delle tecniche arabe per la Falconeria, più raffinate di quelle europee e portate in occidente soprattutto con le Crociate…… il massimo esponente della Falconeria fu Federico II imperatore (1194-1250), nipote di Federico Barbarossa. Imperatore di fertile intellingenza, scrisse anche uno dei migliori Trattati di Falconeria sui temi etologici e naturalistici riguardante i volatili in genere ed i falconi in particolare: il "De Arti Venandi cum Avibus". Nel Medioevo e nel Rinascimento la falconeria non rimane prerogativa dei signori e delle dame, ma viene praticata anche da vescovi ed abati. Un'usanza era quella di portare i falchi in Chiesa durante le sacre funzioni. Gli eccelsiastici posavano i falchi dal lato dell'evangelo, i nobili dell'epistola. La Falconeria ebbe nella vita delle casate più illustri, per lo spazio di circa quattro secoli, un'importanza quale oggi sarebbe difficile da immaginare , poiché niente vi é di simile nei nostri costumi moderni.



    Caccia con falco


    La caccia col falco è una delle attività venatorie più antiche dove l’animale si limita ad assecondare il proprio istinto di cacciatore, seguendo però le direttive del suo supervisore: il falconiere. Da genitore, ad istruttore quest’ultimo deve fare in modo di addestrare il rapace a rispondere ai suoi richiami.A tal proposito esistono tecniche diverse. Il volo al logoro al traino o meno, molto usato nelle rappresentazioni per la sua spettacolarità, il volo al pallone che prevede la sospensione in aria di un boccone di carne per far sì che il falco impari a prenderlo, cui si aggiunge la semplice passeggiata dove è simulata un’azione di caccia...A seconda del rapace scelto, varieranno sia l’ambiente: aperto per le specie di alto volo o chiuso per quelle di basso volo, così come le prede cacciabili, su cui influisce anche la dimensione stessa del falco. L’azione di caccia allo stesso tempo si svolgerà in forma vagante con il cane da ferma nel primo caso, facendo levare il selvatico su cui il falco, già in volo, si avventerà. Altrimenti, sempre con il cane da ferma nelle zone boschive, il falco sarà rilasciato solo al momento esatto in cui il cane farà levare il selvatico...Addestramento, cura e grande attenzione sono assolutamente necessari per ottenere dei buoni risultati, soprattutto perché l’arma che abbiamo fra le mani è un essere vivente nobile ed intelligente.


    Falco Pellegrino

    Impiegato fin dall’antichità per la caccia, il Falco Pellegrino si butta sulla preda quasi verticalmente e con ali semi-chiuse..

    Girifalco


    Il più bel falco, ineguagliabile in forza e coraggio, così Federico II di Svevia descriveva il Girifalco.

    Falco Lanario

    Il Falco lanario è molto simile al pellegrino, lungo circa 42 cm, è riconoscibile per il capo fulvo

    Falco Smeriglio

    Il Falco Smeriglio è il più piccolo dei rapaci europei con i suoi 25-30 cm di lunghezza ed i 55-60

    Astore

    L’Astore così come lo Sparviero sono principalmente utilizzati nella caccia di basso volo, per la loro capacità di spostarsi agilmente

    Sparviere

    Lo Sparviere ha ali corte e coda lunga, di dimensioni ridotte, dal volo veloce, rapido

    Poiana di Harris

    La Poiana di Harris, chiamata anche Falco di Harris, è originaria del continente americano


    Poiana coda rossa

    La Poiana coda rossa (Buteo jamaicensis), originaria dell’America, rispetto alla cugina di Harris è di dimensioni maggiori

    Gheppio

    Il Gheppio (falco tinnunculus) è tra i rapaci più diffusi nell’Europa centrale e si contraddistingue per il suo volo oscillante.


     
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  3. gheagabry
     
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    Ma eccoci alla regina di tutti gli uccelli,
    alla terribile e maestosa aquila,
    i cui occhi, dicesi, sostengono,
    senza restarne abbagliati, lo splendore del sole.
    (Ida Baccini)


    Aquila reale


    L'aquila reale è un uccello appartenente alla famiglia degli Accipitridi. Essendo la specie più comune, è diventato il rapace per antonomasia è chiamata semplicemente aquila. E'uno dei più potenti uccelli rapaci del mondo; la robusta struttura le consente di attaccare con successo prede spesso più pesanti di lei e nonostante la mole imponente possiede un volo assai agile.
    Un tempo l'aquila reale viveva nelle zone temperate dell'Europa, nella parte nord dell'Asia, nel nord America, nord Africa e Giappone. In molte di queste regioni l'aquila è oggi presente solamente sui rilievi montuosi, ma nei secoli passati nidificava anche nelle pianure e nelle foreste. È assente in Islanda e Irlanda.
    Può raggiungere dai 74 - 87 cm di dimensioni, la sua coda misura dai 26 ai 33 cm, ha un'apertura alare di 203-240 cm.
    Il suo peso varia dai 2,9 kg, ai 6,6 kg e la femmina è circa più grande del maschio del 20%.
    L'aquila è di color bruno castano nella parte superiore, con penne e piume copritrici più pallide, la testa assume un color castano dorato a cui fa riferimento il suo secondo nome "chrysaetos", che in greco vuol dire "aquila d'oro".
    Il colore delle piume varia a seconda dell'età e un diventa esemplare adulto a 5 anni di vita. Il pulcino è ricoperto da un fitto piumino biancastro e quando inizia a volare ha un piumaggio bruno nerastro con evidenti macchie bianche a semiluna al centro delle ali e coda bianca bordata di nero.
    Ha colonizzato un ampio areale sia in Eurasia, sia in Nord america. In Italia è presente su tutte le più importanti catene montuose. La regolazione della densità dei rapaci avviene in modo complesso ed efficienti, riuscendo a stabilizzare le specie intorno ai livelli compatibili con le risorse localmente fruibili. Un territorio frequentato da una coppia di Aquile reali è solitamente composto da un sito di nidificazione con pareti rocciose che possano ospitare i nidi e da una serie di territori di caccia. I nidi di trovano intorno ai 1700-2200 m. Fedeli per la vita, il maschio e la femmina di Aquila reale, una volta formata la coppia e conquistato un territorio, rimangono stanziali per molti anni costruendo nei dintorni, sulle pareti a picco dei dirupi o, più raramente, fra i rami degli alberi più alti, anche una decina di nidi scegliendo, di anno in anno, quello che sembra il più adatto.

    ..storia, miti e leggende..



    La parola Aquila evoca immagini che parlano di vette, di cielo, di altezze, di infinito. Nell'etimologia il termine greco αετος si ricollega a qualcosa di così elevato da non poter essere raggiunto dall'uomo.
    La tradizione classica voleva che l'aquila fosse l'unico animale capace di fissare il sole e, di conseguenza, l'unica ad avere la possibilità di contemplare ed assimilare direttamente la luce della conoscenza.

    Nella mitologia greca, l'aquila era sacra a Giove e lo avrebbe aiutato in modo risolutivo nella guerra da lui condotta contro il padre Saturno, mitico divoratore dei propri figli. Ma Saturno è anche Kronos, il Tempo che inesorabilmente distrugge e
    travolge uomini e cose; la vittoria di Giove conferisce al sacro uccello una connotazione di immortalità che le
    consente di superare i limiti temporali e di svettare verso l'eterno. L'aquila è presente, anche nel mito greco di Prometeo dove ogni notte un'aquila, messaggera di Zeus, gli rodeva il fegato, sede, insieme al cuore, dei principi vitali. Ma il fegato martoriato e distrutto ricresceva durante il giorno. Un racconto diffuso nei territori greci del Peloponneso, affermava che l’Aquila era l’unico uccello capace di volare dal mondo materiale a quello soprannaturale. Esso avrebbe divorato il corpo degli eroi moribondi per rifarne il corpo nel proprio ventre, prima di rimetterli di nuovo nel mondo.
    Nell'antica Roma, l'aquila venne per la prima volta consacrata da Caio Mario, come insegna militare della legione, come ricordo di epiche guerre che egli combatté, vincitore, contro i Cimbri e i Teutoni nel II secolo a.C. La storia di Roma coincide con quella dell'aquila dalle sacre penne, dalle origini leggendarie, arriva fino al genio militare di
    Cesare, alla missione di pace di Augusto, all'epopea di Carlo Magno, imprese, cui Cristo conferì il sigillo della legittimità nei momenti culminanti della sua missione terrena. Con la divisione dell'Impero in due parti decretata dall'imperatore romano Teodosio per i suoi figli, l'emblema dell'aquila romana fu raffigurata con un unico corpo con a due teste che rappresentavano l'oriente e l'occidente.
    Con Carlo Magno, capo militare di enorme carisma, "defensor Christianae fidei" e consacrato da papa Leone III "imperatore dei romani" nella mitica notte di Natale dell'anno 800, l'Aquila divenne simbolo del Sacro Romano Impero da lui fondato, espressione di un dominio militare di dimensioni europee, cui per la prima volta l'autorità morale della Chiesa dava il riconoscimento ufficiale e l'appoggio.
    In alcune opere d’arte del primo Medioevo, è visibile l’identificazione dell’Aquila con lo stesso Cristo, del quale ne rappresenta l’ascensione al cielo e la regalità suprema. I mistici medievali usarono il concetto d’Aquila per evocare la visione di Dio, paragonando la loro preghiera alle ali dell’uccello regale. Nel Medioevo l’Aquila fu equiparata al leone, da cui la sua evoluzione nel Grifone. Il testo dello Pseudo Dionigi, molto dalla Scolastica religiosa del Medioevo, riporta che “la figura dell’aquila indica la regalità angelica, la tensione degli angeli verso le cime divine. Il vigore dello sguardo verso la contemplazione di Dio, del sole che moltiplica i suoi raggi nello spirito.”
    Nell’iconografia del periodo, le sommità delle colonne e gli obelischi furono spesso sormontati dall’immagine di un’Aquila, a significare la potenza spirituale più elevata, la sovranità, l’eroismo e, in generale, ogni virtù trascendente.
    Nell'identificazione dell'aquila con la Giustizia, Dante è esplicito nel VI canto del Paradiso, quando, nel condannare i Ghibellini che si appropriano indebitamente del "sacrosanto segno" per farne un'insegna del loro partito, sfogare i loro odi e compiere le proprie vendette, immiserendone bassamente il valore e la funzione.

    "Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
    sotto altro segno, ché mal segue quello
    sempre chi la giustizia e lui diparte"
    (Par. VI, vv. 103-105)


    Nell'Ottocento, Napoleone sostituì il tradizionale simbolo del Gallo con quello dell'Aquila come emblema della Francia, e
    lo zar Pietro I, quando nel 1721 si fece incoronare imperatore, adottò come emblema l'Aquila bicipite, le cui teste guardano rispettivamente al passato e al futuro, fondendo i due aspetti in quello dell'Eternità.
    La valorizzazione dell'aquila avvenne anche nella Chiesa cattolica, che la definì un simbolo di spiritualità (l'aquila è simbolo dell'evangelista Giovanni). La sua strumentalizzazione nel corso della storia l'ha portata paradossalmente ad essere vista da alcuni come un'immagine negativa, in quanto utilizzata come simbolo dagli stati totalitari che devastarono l'Europa nel '900. Fu poi spesso ripresa da tutte le nazioni che emulavano l'immagine di del potere; fu utilizzata dagli stati dell'Europa dell'est, da Hitler, da Mussolini e infine dagli USA.

    Presso gli Irochesi una popolazione di nativi americani, Oshadagea, la “grande Aquila della rugiada”, è al servizio del dio del Tuono, Hino. Porta sulle spalle un lago di rugiada, con la quale innaffia regolarmente la terra, per permettere alla natura di proseguire la sua opera, anche dopo essere stata attaccata dagli spiriti maligni. Animale psicopompo, accompagna le anime nel loro viaggio dal mondo dei vivi al mondo dei morti. È anche un uccello augurale, di cui gli antichi interpretavano il volo. La piuma dell’Aquila è per gli Indiani simbolo di potere e conoscenza, che richiama al rapporto simbiotico con la Natura e i cicli del tempo lunare. Il fischietto d’osso e il mitico casco di penne d’Aquila, il leggendario “War bonnet”, indicativo del massimo riconoscimento a cui loro aspiravano, erano usati nella propiziatoria e spesso sciamanica, “danza del sole”, comune a molte etnie pellerossa, azteche e perfino nipponiche.


    ..una leggenda..



    Nel tempo più lontano che ci sia, quando non era apparso ancora il sole, né la luna, né le stelle, né la terra, quando non c’era che l’aria, immensa, infinita, e al di sotto di lei non c’era che il mare, infinito anch’esso ed immenso, la bella Fata della Natura, la figlia dell’aria, si stancò di tanta monotonia.
    Scese giù dalla sua casa tutta azzurra ed incominciò a vagare sul mare; sfiorando con i piedi l’acqua chiara giocava con la spuma e con gli spruzzi salsi, scivolava sulle creste dei marosi ed intrecciava corone d’alghe per la sua testa bionda.
    Ma poi anche di questo si stancò; si adagiò quindi sulle onde, posò il capo sulla spuma bianca e lasciò che i capelli si sciogliessero e galleggiassero tutt’intorno al suo viso. Un dolce sonno la prese, mentre il mare la cullava e la trasportava lievemente di qua, di là, piano piano, senza svegliarla.
    Quand’ecco un’aquila enorme apparve nel cielo, venuta da chissà dove, da quali misteriosi confini dell’aria. Era stanca, cercava un luogo dove posarsi; agitava le ali, spossata, e a quel battito di penne la Dea si svegliò. Aprì i suoi grandi occhi azzurri, sollevò lentamente un ginocchio fuori dalle acque e l’aquila discese, squassando le pesanti ali in un ultimo sforzo e vi si posò.
    A lungo la Fata e l’aquila furono sballottate dalle onde. Sul ginocchio della Dea l’uccello fece il suo nido, e vi depose sei uova d’oro e un uovo di ferro, e le covò.
    Al quarto giorno il calore delle uova divenne così forte che la Dea non poté più sopportato. Si mosse di colpo ed ecco che le uova rotolarono le une contro le altre e s’infransero. L’aquila con un grido distese le larghe ali e s’innalzò nell’aria.
    Ma una cosa meravigliosa accadde allora, nell’infinito universo. Il guscio delle uova d’oro s’ingrandì, si distese, formò la volta del cielo e la superficie ricurva della terra: i rossi tuorli formarono gli astri, il sole, la luna, le stelle, i piccoli frammenti neri dell’uovo di ferro si convertirono in nubi e corsero rapide sui mari.
    E il mondo sorse così, per caso, mentre la Dea risplendeva nell’immensità del creato.
    Poi essa si sollevò dalle acque, toccò con le agili dita la terra molle e formò i seni e le baie, calcò con i piedi il suolo d’argilla e formò i monti e le valli, si adagiò al sole e con le braccia distese formò le vaste pianure. E là, dove la Dea aveva posato il capo, i capelli grondanti formarono laghi e fiumi e cascate d’argento.
    E dove la Fata aveva poggiato i piedi divini, sorse una ghirlanda d’isole brune. Così nacque la Finlandia, la strana terra dai quarantamila occhi azzurri, incoronata d’isole e di scogli. (https://giardinodellefate.wordpress.com)
     
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  4. gheagabry
     
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    falco a Dortmund, in Germania
    (BERND THISSEN/AFP/Getty Images)

     
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