AQUILE,FALCHI E GUFI

.....ED ALTRI RAPACI

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    "Ora sei come un falco nella neve ... rapace che diviene fragile preda...
    Intuisci con lo sguardo la vita che non potrai più ghermire
    nel tuo cielo d'autunno stanco di luce"



    IL FALCO PELLEGRINO




    Il Falco pellegrino (Falco peregrinus) è uno stupefacente rapace di medie dimensioni conosciuto fin dall’antichità per la sua maestria di volo. Lo contraddistingue infatti un tipo di volo agile, potente e prodigiosamente veloce. Il nome Pellegrino gli deriva sia dal fatto di essere una specie cosmopolita, presente cioè in tutti i continenti tranne l’Antartide, ma probabilmente anche dal fatto che alcune razze sono migratrici di lungo corso, veri nomadi del cielo capaci di volare fino a 25.000 Km l’anno. In Italia ne esistono due razze, quella tipicamente mediterranea (brookei) e quella “mittel-europea” (peregrinus).
    Il Pellegrino, oltre ad essere la creatura più veloce del pianeta, è anche un animale iconico e carismatico sotto numerosi punti di vista: religioso-culturale, storico-venatorio, ecologico-naturalistico, e perfino per la storia dell’ambientalismo. Presso gli antichi egizi incarnava Horus, la divinità del cielo e del sole, mentre i greci lo consideravano il nunzio di Apollo. Il Pellegrino inoltre è sempre stato il rapace prediletto dalla falconeria.
    Al vertice della catena alimentare naturale, il Pellegrino è un eccellente indicatore ecologico. In seguito ad un drammatico crollo avvenuto tra gli anni 50 e 70, quando il Pellegrino stava per estinguersi dai paesi industrializzati a causa del DDT usato in maniera massiva in agricoltura, questa specie si è resa protagonista di una spettacolare ripresa demografica, resa possibile dal bando del pesticida, da strette misure di protezione e da svariati programmi di allevamento in cattività e reintroduzione. A partire dagli anni 90 il Pellegrino ha addirittura iniziato a colonizzare gli ambienti urbani di tutto il mondo, un fenomeno nuovo ed interessante. I Pellegrini sono presenti in alcune città, come ad esempio a Firenze dai primi anni 90, da quando cioè furono osservati utilizzare come posatoi inaccessibili le fiancate dei monumenti, che evidentemente “interpretano”come falesie o pareti di roccia a strapiombo, il loro habitat naturale prediletto. Dopo una decina di anni di acclimatazione i Pellegrini, che inizialmente soggiornavano a Firenze solo al di fuori del periodo riproduttivo (luglio-febbraio), hanno deciso di eleggere il centro storico di Firenze come sito di nidificazione Questi rapaci sono predatori “ornitofagi”, ovvero si nutrono esclusivamente di uccelli che cacciano in volo, spesso in maniera altamente acrobatica, con picchiate in verticale che gli consentono di superare i 300 chilometri orari. A Firenze banchettano prevalentemente con piccioni e storni.

    Caccia buttandosi sulla preda quasi verticalmente con le ali quasi chiuse: questo falco può scendere in picchiata a una velocità di 290 km orari, muovendosi più velocemente di qualsiasi altro essere vivente. Si nutre principalmente di uccelli sino alle dimensioni di un piccione. Vive in zone aperte e selvagge, scogliere, colline, montagne e zone rocciose; d'inverno anche paludi, localmente torri e campanili.





    ....falconeria....



    L’arte di cacciare con gli uccelli rapaci è una pratica dalle radici antichissime. Il falco è molto più del fiero animale predatore che si avventa ad alta velocità sulla preda designata: è una pura immagine di potere, rappresenta il principe stesso nella sua nobiltà, intelligenza, abilità, eleganza, bellezza. Cacciare non è soltanto un gioco, un passatempo affascinante e spettacolare, ma è anche un esercizio di potere, un’affermazione di prestigio, ostentazione di potenza e forza. La più antica testimonianza sulla falconeria risale ad 800 anni prima della nascita di Cristo, grazie a quanto lasciato da un sovrano cinese. In questa epoca, la Cina era molto più avanzata, rispetto all’Europa e al Medio Oriente, nell’addomesticamento degli animali. Molti reperti (disegni e dipinti) risalenti alla dinastia Hang (206 a.C.) ci mostrano scene di caccia con il falco. Non dobbiamo dimenticare che Chang-an (attuale X’ian) ha rappresentato, sotto la dinastia Hang, un fiorente commercio con l’estero: da quella città partirono carovane per molte parti del mondo allora conosciuto. Per quanto riguarda l’Italia, la Falconeria giunge da noi attraverso due strade. Dalla Sicilia per opera di arabi e normanni, e dalla Germania. L’unione di svevi e normanni fonde le due correnti di Falconeria. Primo cultore normanno della Falconeria in Sicilia fu Ruggero II, ma anche Federico Barbarossa fu un ottimo Falconiere.





    ...nella mitologia....



    Il falco è una creatura dell’aria e tutto ciò che vola ha sempre affascinato l’animo umano. È visto nell’immaginario collettivo come un essere quasi sovrannaturale, in cui la natura del predatore è associata alla crudeltà e alla freddezza, ma anche alla maestosità e alla forza. Ha un impatto visivo fatto di artigli, becco e fisionomia rapace, dotato di un’eleganza perfetta e di una picchiata letale; inoltre, almeno anticamente, nasce libero. Tutti elementi che hanno portato il Falco a suggestionare profondamente l’immaginario umano.....Presso i Persiani, la costellazione dell’Aquila veniva chiamata Shaihin Tarazed, cioè “falco che colpisce le stelle”, una idealizzazione del falco come animale vicino al cielo, e quindi agli dei. Analogo significato, in un altro tempo e in un altro luogo, viene ripreso presso gli Indiani d’America, cultori di una religione profondamente naturistica: il Falco è Cetan, uno degli animali-totem, paragonabile al messaggero degli dei della mitologia greca, che trasmette il volere degli dèi e indica i regali del Grande Spirito. Infatti il volo, estremo legame con l’elemento aria, rappresenta la capacità di elevarsi ad un livello superiore e di sondare oltre le capacità umane, riportando poi indietro la conoscenza. Il Falco compare anche in uno dei miti indiani della creazione: I Gemelli della Guerra, capostipiti della razza umana, portano alla luce dal caos delle tenebre quattro animali sacri, tra cui appunto il Falco, che con il battere d’ali dirige le acque verso gli oceani.

    Il dio Horus era il dio dei cacciatori ed era rappresentato da un falco.
    Successivamente fu identificato con il sole, divenendo il simbolo della nobiltà, archetipo dei faraoni. Horus, il falco divino, divenne quindi il dio del cielo, che aveva il sole come occhio destro e la luna come occhio sinistro. La sua natura comprendeva una chiaroveggenza che gli consentiva di vedere ogni cosa, una capacità visiva molto acuta e una sviluppata consapevolezza. I quattro elementi naturali, terra, aria, fuoco e acqua erano al suo comando. Horus, che rappresenta quindi l’equilibrio del mondo naturale, era anche associato all’orizzonte orientale e alle terre straniere. Il suo colore è il giallo. Ancora oggi, l’occhio di Horus ha una notevole influenza: le sue sembianze ricorrono, infatti, nella gioielleria popolare, nell’arte e nel disegno. Molti ne sono attratti senza conoscerne il significato, forse perché esso risveglia l’innato legame con gli antichi Egizi e con i miti di Osiride. In Egitto il culto degli animali la zoolatria, era molto diffuso e recentemente, nell’oasi di Kharga, a 200 Km a ovest di Luxor, è stata scoperta la più grande tomba monumentale di animali mai trovata nel Paese del Nilo. All’interno 3000 falchi mummificati, ancora perfettamente conservati, risalenti al nuovo regno, alle ultime dinastie quando il culto per gli animali era più che mai praticato.


    Una delle figure mitologiche più importanti della tradizione ungherese è il Turul, un falco di enormi dimensioni. La parola deriva dal turco Togrul o turgul e significa falco pellegrino. Sebbene nell’ungherese odierno ci si riferisca all’animale con il termine sólyom, in passato si usava proprio il termine Turul per riferirsi al falco sacro. Questo spiega l’importanza attribuita all’animale, la cui figura è strettamente collegata ad alcuni episodi chiave dell’epopea ungherese. Infatti, la leggenda vuole che Ermese, madre di Almos, fondatore dell’Ungheria, abbia visto in sogno proprio un Turul volare verso di lei e fecondarla; le annunciò inoltre che suo figlio sarebbe stato il fondatore di una grande dinastia. Questa leggenda è collegata all’etimologia stessa del nome Almos che in ungherese significherebbe “colui che è stato sognato”.
    Nella seconda leggenda un Turul appare nuovamente in sogno ai capi delle 7 tribù ungheresi. In questo caso gli animali mettono in fuga le aquile che stanno attaccando i cavalli delle tribù.
    Il significato attribuito al sogno fu che era necessario migrare verso nuove terre. Una volta in movimento, i Turul indicarono loro la strada, guidandoli verso la Pannonia che sarebbe divenuta la culla dell’Ungheria.





    ...simbolismo...



    Nella tradizione europea, il Falco rappresenta il cacciatore ed è associato con la divinità germanica del cielo Wodan. Nella cultura europea il Falco invece è considerato un simbolo di guerra. Come animale totem, rappresenta il potere della visione, la sapienza e la tutela. Il Falco porta con sé un messaggio di transizione e di cambiamento, lezioni che si applicano forse nella vostra ricerca interiore, nel lavoro, nella carriera......Il nome del falco pellegrino, deriva dal latino e significa straniero, perché è un uccello migratore che si trova in tutto il mondo e tende a viaggiare a grandi distanze. Il falco Pellegrino è usato in falconeria per la sua intelligenza, la sua natura appassionata e le incredibili capacità di afferrare la sua preda. Il Falco come animale totem ci incoraggia a elaborare una precisa strategia prima di mirare ai nostri obiettivi. Il falco ti dice che devi avere un preciso intento. Quando appare, siamo chiamati a concentrarci sui nostri desideri al fine di riuscire a tradurre in pratica i nostri sogni. Il fatto che il Falco è una creatura solare può significare che c’è qualcosa nella vostra vita verso la quale nutrite una profonda passione. Il Falco vi chiede di coltivare questa passione e di fare tutto il possibile per trarre da questa vocazione i massimi risultati, sia per beneficio vostro, sia per offrire il vostro talento al mondo. Rendi dunque la tua passione una realtà da perseguire, con metodo e con il potere della tattica, proprio come fa il Falco quando si avventa sulla sua preda.




    Scomposti di luce cristalli, frantumati da esplosioni tra rossi enigmi e misteri
    Fuggo veloce nell'interno del mio stesso pensiero
    che s'alza come un airone
    o come Horus il falco che cerca di raggiungere il sole
    La mente ha un'eco lontana di eclissi dei nuovi orizzonti
    tra paralleli mondi diversi e respiri senza materia
    della oscura notte alata che sorge ai chiarori dell'alba
    - nelvento -





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  3. gheagabry
     
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    Chi l'ha detto che chi sa volare non ha radici!? Nei miei voli ,ho sempre un posto sicuro dove voglio atterrare ...!A me basta vedere ampi spazi attorno a me ,godere dell'aria pulita del mattino e del sole che mi scalda la faccia per sentirmi libera...l'aria di un tiepido Ottobre m'induce a spiccare i voli più belli ! E se le nuvole poi si avvicinano tra loro parlando sottovoce ,mentre il vento bisbiglia fischiando ,io so che annunceranno una pioggia di passaggio ,che profumerà i boschi di muschio e funghi , più forte al primo sole !Scoiattoli laboriosi ,fanno pr0vviste,per non restar sprovvisti quando il freddo arriverà a sorprender li...le ultime rondini battono le loro ali ritmica mente senza posa, migrano verso un cielo più caldo e sicuro...torneranno a colorare questo cielo quando sarà nuovamente primavera...Ed io che amo la vita da altezze inimmaginabili mi vesto di vento e con le mie ali spiegate abbraccio tutto questo....spiccando un nuovo volo!



    dal web
     
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  4. gheagabry
     
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    “Chouette!”. L'esclamazione francese - ma, soprattutto, parigina - è intraducibile.
    Designa comunque una cosa bella, gaia, chic, divertente, godibile, adorabile.


    LA CIVETTA




    Il termine civetta forse proviene dal francese chouette con cambio di suffisso, dal gallico cavannus, civetta. Forse si tratta di un vocabolo di origine onomatopeica. Infatti in greco la civetta veniva comunemente detta glaúkë oppure glaúx, termini ambedue derivati forse da glaukós = glauco, ceruleo, grigioazzurro, scintillante.
    La civetta è un uccello Strigiforme della famiglia Strigidi. Attributo e simbolo di Atena nella religione greca (Glaukôpis, sguardo da civetta, era l'epiteto di Atena, composto da glaùx, civetta e øps, sguardo), è tuttora un uccello sacro: nelle credenze folcloristiche il suo verso notturno è considerato un cattivo presagio e tuttavia, per l'ambivalenza del sacro, talvolta (per esempio in Calabria) si considera fortunata la casa su cui si posa una civetta. Nella caccia è usata come richiamo delle allodole, appollaiata su una lunga pertica e posta a tiro del cacciatore appostato in un capanno.
    La civetta, lunga ca. 20 cm, si riconosce per il corpo tondeggiante, la testa di notevoli dimensioni, priva di ciuffi auricolari, appiattita, con grandi occhi gialli, becco corto e curvo. Le ali sono brevi e arrotondate, le dita munite di robuste unghie adunche. Il piumaggio, morbido e abbondante, è bruno scuro nelle parti superiori del corpo, con barre e macchie chiare; inferiormente tende al bianco, con strisce brune.
    Nidifica nelle crepe dei vecchi alberi o fra le rovine dove depone da 3 a 7 uova bianche e rimane nascosta durante tutto il giorno, uscendo solo alla sera a caccia di prede che sa scorgere anche al buio. Al tempo della cova deve procurare il cibo a cinque o sei piccoli affamati e per questo fa strage di roditori. Il nome scientifico della civetta è carine, che significa letteralmente donna che si lamenta. Infatti la civetta emette uno stridulo grido intermittente, che pare appunto un lugubre lamento




    .....storia, miti e leggende.....



    Curioso uccello, la civetta, legato a significati simbolici diversi.
    Sin dalla civiltà paleolitica, gli uccelli notturni hanno colpito la fantasia di quegli uomini, cacciatori e raccoglitori, sicuramente attenti e sensibili osservatori del loro ambiente. Ne è la prova una immagine scolpita sulla roccia delle pareti della grotta Trois Frères in Francia, che ritrae l’inconfondibile profilo di due civette con i loro piccoli. Con il trascorrere dei millenni, il rapporto tra uomo e animali, si è arricchito anche di contenuti culturali che nulla o quasi hanno a che fare con la realtà naturale. L’uomo ha attribuito ad alcuni animali un significato simbolico che ha pesato sulla esistenza di una povera e inconsapevole creatura la quale si è ritrovata portatrice di inaudite disgrazie o elargitrice di eventi favorevoli. Una di esse, la piccola civetta (Athene noctua), vede il proprio nome scientifico ispirato dalle sue abitudini notturne e dal nome di una dea, Atena (Minerva), di cui era il simbolo consueto, allusivo allo sguardo glauco (azzurro chiaro,tra il verde e il celeste) della dea. Il suo volo risulta felpato, a tal punto che nessuno è in grado di sentirlo passare, ma il suo ululato lacerante scuote la pace notturna, provoca in molti uno stato di angoscia. I suoi occhi dallo sguardo diretto e misterioso affascinano e, talvolta, luccicano improvvisamente nella notte. Questo spiega probabilmente perchè molti considerano la civetta, in qualche modo, un uccello diabolico e del malaugurio.Per il suo aspetto, la civetta è diventata la compagna tradizionale degli stregoni, delle streghe, delle veggenti, degli indovini. Curioso uccello, la civetta, legato a significati simbolici diversi.In Egitto, l’anima che abbandonava il corpo era rappresentata da una civetta, divinizzata con il nome di Bà.Nell’antica Grecia la civetta , insieme con il drago, era l’attributo di Atena-Minerva, divinità della saggezza. Questa dea compariva sulle monete ateniesi, sul cui rovescio compariva appunto una civetta,ed ancora Hegel, nell’Ottocento, la considerava simbolo della filosofia: infatti, così come la nottola (altro nome della civetta) spicca il volo sul far del tramonto, la filosofia giunge a comprendere il senso della storia a cose fatte, quando la storia ha già fatto il suo corso. Ai nostri giorni, sebbene la conoscenza scientifica di queste "creature della notte" abbia raggiunto un altissimo livello, tuttora persistono, nella nostra cultura, immagini e superstizioni legate alle antiche credenze. Nell’immaginario popolare, inoltre, alla civetta sono legati anche significati meno elevati.Ad esempio "fare la civetta", detto di una ragazza, significa comportarsi in modo frivolo, leggero, superficiale, sciocco. Ma la fama più sinistra della civetta è legata alla sua nomea di uccello porta-sfortuna. Se, attraversando nottetempo boschi e selve, odiamo il suo lugubre canto, dobbiamo allarmarci e fare i debiti scongiuri: la sventura è dietro l’angolo. Sussisterebbe, infatti, un qualche misterioso legame fra questo uccello notturno e le forze del male che, si pensa, siano all’origine di eventi nefasti, quali malattie, infortuni, tracolli economici, morti. Bisogna stare attenti, poi, dove la civetta rivolge lo sguardo quando canta la notte perché, sicuramente, in quella casa si avranno disgrazie. Una testimonianza di questa credenza la troviamo nella località di Vallate, presso Piagno (frazione di Cosio Valtellino, nella bassa Valtellina). Qui, alle spalle di una poco elevata ma pronunciata formazione rocciosa sul versante orobico, si apre una splendida conca di prati, che ospitò, nel cuore del Medio Evo, un’abbazia cluniacense, fondata tra il 1075 ed il 1110. Nei secoli successivi alla sua fondazione l’abbazia fu abbandonata, e cominciò ad andare in rovina. Già a metà del 1300, con tutta probabilità, all’ordinato mormorio della preghiera ed al sommesso canto gregoriano si era di nuovo sostituito, qui, il silenzio. La solitudine di quelle mura cadenti, incorniciate da boschi di castagni, a ridosso di quel breve ma impressionante salto roccioso che precipita sul fondovalle, suscitarono nei contadini del posto l’impressione che quei luoghi fossero legati ad una qualche maledizione, come se le forze oscure del male, in una sorta di controffensiva, se li fossero ripresi, strappandoli alla comunità monastica che vi aveva portato la luce della fede. In particolare, le grida stridule che si udivano nottetempo nelle selve vicine, e soprattutto nella boscaglia che ricopriva in parte il salto roccioso, facevano accapponare la pelle dei viandanti che si trovavano a percorrere quei sentieri solitari. Nacque così la credenza che si trattasse di luoghi infestati da streghe e spiriti malvagi, che assumevano le sembianze di civette e barbagianni, luoghi dai quali ci si doveva tener lontani di notte.Il posto assunse, quindi, il nome eloquente di “Malanotte”. Si credeva, in particolare, che coloro che venivano sorpresi dal canto lugubre delle civette incorressero in diverse forme di disgrazie, che colpivano loro o le persone a loro care. In realtà, tale credenza popolare è legata alle abitudini di vita durante il Medioevo, quando le uniche sorgenti di luce notturna erano dei lumini a olio o qualche candela che restavano accesi solo quando era indispensabile; una di queste occasioni era la presenza in casa di un ammalato molto grave o moribondo, bisognoso di assistenza. Quella debole fonte di luce che filtrava dalla finestra, attirava insetti e piccoli animali che costituivano facili prede della civetta in agguato. Spesso capitava che l’ammalato morisse e la sua morte veniva associata alla presenza della civetta il cui sguardo era rivolto verso quella casa e il cui canto, lugubre, certo non melodioso e proveniente dalle tenebre, alimentava simili superstizioni. Oggi gli studi sugli animali ci insegnano che la presenza della civetta può essere solo benefica e poterne ascoltare il canto è un privilegio, data la sua grande utilità come cacciatrice dei piccoli roditori e degli insetti. Se in sogno appare una civetta o il gufo, sembrano simboleggiare la chiaroveggenza e la veglia spirituale, attributi della saggezza, latenti nelle tenebre dell’inconscio e che, attraverso il sogno, affiorano alla conoscenza, come riporta il libro "La natura nei sogni" di J.de la Rocheterie (2004).





    La credenza che la civetta possa predire le disavventure è attestata nelle Metamorfosi di Ovidio, dove Asclalafo è mutato da Cerere in una civetta maschio (un animale ritenuto immondo; quando entrava nel tempio di Giove Capitolino, l'edificio si doveva purificare) in quanto l'aveva accusata presso Giove di aver mangiato di nascosto una melagrana, frutto come è noto in rapporto diretto con il mondo infero; una volta cambiato in civetta, Asclalafo avrebbe potuto predire soltanto il male.
    E che tale fosse il potere della civetta, lo rammentava nel Medioevo Alberto Magno; anche per questo essa entrava come ingrediente nei filtri delle streghe lo ricorda William Shakespeare nel Macbeth Vero è che vi sono tipi di civette particolarmente note per i loro tratti inquietanti la più interessante al riguardo è la "civetta cornuta", che in Italia si chiama “chiù” o, in Sicilia, “Jacobbi”. Ancora un riferimento alla luna, e ai suoi due corni? E quindi aveva, appunto, una figlia la quale era innamorata di lui e riuscì a congiungersi con lui a sua insaputa; venuto a conoscenza del misfatto Nykteo avrebbe voluto uccidere la figlia, ma Athena ebbe pietà di lei e la trasformò in civetta. Insieme ad Athena, le caratteristiche della civetta sembrano mutare di segno, ed essa si riscatta dalla sua fama sinistra. La sua capacità di vedere al buio diviene un simbolo della sapienza, della chiarezza d'idee, dell'intelligenza razionale che discerne là dove altri scorgono soltanto ombre e tenebre. Il suo nome greco è peraltro glàux, “la rilucente”, grazie ai suoi occhi lucenti come la luna che riflette la luce del sole. Il suo vegliare nella notte è paragonato, da allora in poi, al vegliare del saggio; il suo grido lamentoso tende a non venire più inteso come presagio funesto, ma come ammonizione tesa a rammentare la brevità della vita, ma anche a confortare, annunziando la prossimità dell'alba.
    Non è certo casuale la somiglianza tra la figura di una civetta e il ciuffo di peli che costituisce il vertice della criniera del cavallo di Marco Aurelio in Campidoglio, esattamente fra le orecchie del grande quadrupede. L'imperatore-filosofo viene qui rappresentato come vegliato e guidato dal volatile di Athena, dall'uccello della tenebra insonne e della chiarezza della mezzanotte. Secondo la leggenda, alla fine dei tempi, la statua “di Costantino” ( com’è popolarmente detta quella di Marco Aurelio) recupererà la patina d'oro che il tempo le ha strappato, e la civetta bronzea si alzerà in volo annunziando il Giudizio Universale. E sarà messaggera dell’alba del regno di Dio, non di una sciagura.




    La civetta dell’antica India ha due nemici: il considerarli analiticamente, ci aiuterà forse a cogliere meglio il messaggio celato dietro questi racconti.....
    Nel Ramayana, l'inimicizia è fra l'avvoltoio e la civetta, i quali si disputano il medesimo nido. Il dio Rama, chiamato a giudice della contesa, è intenzionato ad assegnare la ragione a chi occupa il nido da più tempo: l'avvoltoio risponde che esso è suo fin dal momento nel quale la terra si è popolata di uomini, la civetta che è invece suo fino da quando la terra si è popolata di alberi. Rama decide per la civetta, in quanto gli alberi sono più antichi dell'uomo. Sembra qui delinearsi un conflitto tra un asse “solare”, quello avvoltoio-uomo, e uno notturno, quello civetta-albero. Rispetto alla chiarezza del giorno amata dall'uomo e dal rapace diurno, la civetta predilige la foresta cupa, una sorta di hyle greca: e questa notte-ombra precede la luce del sole e la comparsa dell’uomo sulla terra.......
    Il Panchatantra invece, tra le sue storie di animali, narra del conflitto tra la civetta e il corvo: a proposito del quale, già nel Mahabarata, si dice che la civetta uccide i corvi di notte, mentre questi dormono. Ma il Panchatantra presenta, fra civette e corvi, una guerra vera e propria. Gli uccelli sono stufi di avere un re come Garuda, che pensa soltanto al suo dio Vishnu: essi stanno per eleggere re la civetta quando il corvo si oppone, sostenendo che essa è il più furbo tra gli uccelli.
    Ne nasce una guerra e comunque un’inimicizia inestinguibile, che si riscontra anche in altre tradizioni: come in quella russa, dove la civetta accusa - a ragione - presso l'aquila, il corvo di aver mangiato le uova delle oche e dei cigni, e quegli viene punito.
    Lo stesso Aristotele, nel suo scritto sugli animali, sostiene che il corvo distrugge il nido della civetta di giorno e questa a sua volta il nido di quegli durante la notte. poiché in altre tradizioni – dall’antica germanica alla pellerossa delle praterie - il corvo è animale «solare», si potrebbe pensare qui a una lotta fra il giorno e la notte. Il corvo, d'altronde, è animale dallo statuto simbolico segnato da una forte bipolarità, e rappresenta anche la notte senza luna, dinanzi alla quale la civetta - illuminata dai suoi grandi occhi e dalla sua astuzia proverbiale - rappresenterebbe invece la notte lunare, quella durante la quale si possono discernere le cose.

    Nella tradizione bizantina ed europea, dove questi racconti vengono senza sosta ripresi e rielaborati, talora i ruoli s'invertono: è il corvo che sta per essere proclamato re, e la civetta che invece si oppone. La civetta gioca sovente un ruolo che può ricordare quello del trickster, e in ciò il De Gubernatis ha ricordato che un celebre giullare della tradizione tedesca, Tilf Eulenspiegel, mantiene nel suo nome un'allusione alla civetta. Eulenspiegel è nome che si potrebbe tradurre come «specchio della civetta»; specchio e civetta sono in effetti nel Medioevo due attributi dei giullari con riferimento alla vanitas e alla follia. La funzione notturno-lunare del rapace sembra d'altronde confermata dalle sue frequenti «inimicizie», metafora forse di una bipolarità. La civetta, nella tradizione greca, è ostile allo stesso Dioniso: forse perché il suo vegliare notturno è suscettibile di vedere e pertanto violare i mysteria dionisiaci, che appunto durante la notte hanno luogo? Sta di fatto che, secondo una credenza degli antichi greci, un uovo di civetta bevuto nel vino per tre giorni di seguito faceva divenire astemio qualsiasi bevitore accanito.
    (Franco Cardini)



    Può sedurre fino a farti odiar la pace
    lei, la civetta,
    è solita condurti in riva a un fiume
    che sia vero o immaginario, ci si immerge.
    Nella sua testa: troppe cose;
    che lei ha sentito senza interpretare.
    È libera e viziata..lei.
    Usa il cuore come arma:
    dolce sevizia d'animo che,
    come fuoco, ti costringe alla resa.
    Stefano Sadè







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  5. gheagabry
     
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    Ho fatto un bel sogno: due uccelli giocavano in cielo, si rincorrevano, si sfioravano, ingoiavano l’aria felici; poi, unendosi, sono diventati un unico aquilone, di finissima carta di riso. I mille colori di cui era composto si sono slacciati uno dall’altro esplodendo in un magnifico fiore. Qualcuno ha raccolto il fiore, l’ha annusato, l’ha rivolto al cielo e... due uccelli sono tornati a rincorrersi.
    (J.Morrison)


    Il GRIFONE



    Il Grifone è uno tra i più grandi e maestosi volatori europei.E' un avvoltoio di grandi dimensioni : lunghezza 95/110 cm, può pesare fino a 7/11 Kg , ed ha un’apertura alare che varia da 2,4/ 2,8 m. Vita media: 25-30 anni, età massima riscontrata: 37 anni
    E’ caratterizzato da un piumaggio di colore bruno-fulvo, con la parte terminale delle penne di colore nero, la testa è ricoperta da sottili e brevi penne setolose e biancastre, e alla sua base è ben visibile il tipico collare di piume, marrone nei giovani e bianco negli adulti. Il becco è giallo e l' occhio chiaro.
    La femmina e il maschio sono uguali.
    Il Grifone vive in colonie numerose che necessitano di pareti rocciose poco accessibili ( aspre zone montane) dove le diverse coppie nidificano, comprese anche le falesie costiere, ove siano presenti habitat idonei, e cioè vaste praterie e ampi pascoli, buona disponibilità di cibo, e ove ci sono venti favorevoli alla formazione di correnti termiche per il volo planato. In volo appare come un grande "rettangolo",(sbatte di rado le ali tenendole leggermente sollevate a "V" durante il volteggio) con testa e coda poco sporgenti ed un evidente contrasto cromatico del piumaggio. Per la ricerca del cibo percorre grandi distanze grazie alle sue ampie ali che gli consentono di sfruttare al meglio le correnti ascensionali.E’ dotato di ottima vista grazie alla quale riesce ad avvistare le possibile fonti di alimentazione(necrofago esclusivo), rappresentate dalle carcasse di animali selvatici o domestici (generalmente la parte piu' morbida, ma le pelli), anche da grandi altezze(per questo motivo ha sviluppato la caratteristica testa calva che gli consente di nutrirsi, scavando nei resti degli animali senza "sporcarsi" eccessivamente). La loro ricerca è favorita anche dalla presenza di uccelli (nibbi, cornacchie, gazze) che stazionano nei pressi delle carcasse. Per allontanare gli avversari dal cibo il Grifone gonfia il piumaggio, saltella velocemente,abbassa il collo ed emette dei gracidii.
    Avvista il cibo, grazie alla sua vista acuta, durante i voli di perlustrazione. I diversi individui, si tengono in contatto visivo e, appena uno di loro avvista una carcassa e scende a terra, gli altri lo seguono per andarsi a riunire in gruppo sul terreno e partecipare tutti insieme al prelibato banchetto.
    Costruisce il nido con pelli, peli e rami, su anfratti rocciosi, preferendo caverne e nicchie, ma anche su grandi alberi, è spesso situato in prossimità di altri nidi. Raggiunge la maturità sessuale non prima del 4°-5° anno di età. La riproduzione rappresenta un momento estremamente delicato, nella vita del Grifone, e qualsiasi disturbo nelle vicinanze del nido può provocare la perdita dell'unico uovo deposto, che, tra gennaio e marzo, viene covato per circa 52 giorni. Avvenuta la schiusa dell' uovo, il giovane pullo si invola dal nido dopo 100-115 giorni dalla schiusa. I giovani del Grifone sono tendenzialmente erranti e possono allontanarsi dalle colonie dove sono nati anche di molte centinaia di chilometri.



    ....miti e leggende.....


    Il grifone è, secondo la tradizione, il custode dell’oro. La tradizione popolare narra che la
    sua tana fosse normalmente piena di inestimabili ricchezze, che lui difendeva strenuamente: gli
    scritti classici che lo descrivono dicono che avesse la forza di un leone, la vista di un’aquila e
    zampe con possenti muscoli e artigli fatali! Nella mitologia greca essi appartenevano a Zeus. Una
    di queste descrizioni la ritroviamo ne “La Natura degli Animali”, scritta da Eliano: “...è un
    quadrupede come il leone, munito di artigli particolarmente robusti e simili anche questi a quelli
    dei leoni. E' opinione comune che sia alato e che le penne del dorso siano di colore nero, quelle
    della parte anteriore del corpo rosse;.
    Ctesia scrive che il collo di questo animale è screziato con penne di colore blu; il becco è
    come quello delle aquile. ... Gli abitanti della Battriana che confinano con gli Indiani dicono che i
    Grifoni fanno la guardia ai giacimenti d'oro della zona, lo estraggono e lo impiegano nella
    costruzione del loro nido, e i frammenti che da esso cadono giù li portano via gli indiani”.

    Anche Marco Polo, nel suo libro "il Milione" (1298) ne parla: “.Dicommi certi
    mercatanti, che vi sono iti, che v'ha uccelli grifoni, e questi uccelli apariscono certa parte dell'anno,
    ma non son così fatti, com'e' si dice di qua, cioè, mezzo uccello e mezzo lione, ma sono fatti come
    aguglie, e sono grandi com'io vi dirò. E' pigliano lo leonfante, e portanlo suso nell'àiere, e poscia li
    lasciano cadere, e quegli si disfà tutto, e poscia si pasce sopra a lui. Ancora dicono coloro, che gli
    hanno veduti, che l'alie loro sono sì grande che cuoprono venti passi, e le penne sono lunghe dodici
    passi, e sono grosse come si conviene a quella lunghezza".
    ..Probabilmente deriva da un animale mitologico romano, il Grifo, anche lui con testa d'aquila, e corpo di leone. Viveva nei monti Rifei, dove
    custodiva l'oro del Nord. Secondo altre fonti mitologiche,il grifone era il triplo di un normale leone. Un solo colpo della sua poderosa zampa poteva abbattere all'istante uno stallone adulto e il becco d'aquila riusciva a sventrare la preda in pochi secondi. La leggenda del grifone nasce dalla mitologia
    mesopotamica,fenicia e babilonese.



    ...in araldica....


    In araldica, il grifone o grifo è una figura immaginaria ispirata dalla sua raffigurazione mitologica.
    Simboleggia custodia e vigilanza e, forse proprio per questo, un Grifone compare anche sullo
    stemma araldico del Corpo della Guardia di Finanza; del resto già gli antichi lo posero a guardia dei
    tesori esistenti nei monti della Scizia. Inoltre poiché riunisce l'animale dominante sulla terra, il
    leone, con quello dominante in cielo, l'aquila, il grifone simboleggia anche la perfezione e la
    potenza. Di norma il grifone prende: • dall'aquila: il capo, il collo, il petto, le ali e le zampe
    anteriori; • dal leone: il ventre, le zampe posteriori e la coda; • dal cavallo: le orecchie.



    ...............in volo............


    “Ho visto i grifoni, per la prima volta, sei anni fa. Era Febbraio, come adesso, ma non c'era la neve.
    Lo ricordo bene quel freddo pomeriggio sulla strada che va da Cappadocia a Castellafiume e taglia a metà i monti che proteggono la dolce e silenziosa Valle di Nerfa.
    Ero in macchina e li ho visti volare su di me... Il grifone non è un uccello che vola: il grifone "è" il volo.
    E' talmente grande che riesce con difficoltà a decollare, ha bisogno di sfruttare le correnti ascensionali calde per potersi librare.
    Ma quando è in aria...
    Non c'è nulla che possa paragonarsi al volo dei grifoni. Sembra che cielo, vento e sole si uniscano a dare il massimo per rendere spettacolari i volteggi, le spirali e le planate di questo vero, immenso, signore dell'aria.
    Chi non ha mai visto un grifone nel cielo non può sapere veramente cosa sia il volo.
    E come meravigliosi aquiloni viventi li vede probabilmente mio figlio, che si diverte a controllare, ogni volta che andiamo in quelle zone, se i grifoni sono sempre lì, su quelle rocce senza età, e quanti sono.
    Chissà se li vedremo ancora a lungo? Spesso li trovano a terra, senza vita, avvelenati. Forse il mondo è troppo piccolo per animali così grandi e liberi. Piccolo come il cervello di chi li uccide, e gioca crudelmente con un mondo che è anche suo.”

    (Gabriele Ciutti, articolo pubblicato sul quotidiano Il Tempo, e sulla “Rivista dei Parchi”)




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  6. gheagabry
     
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    Ha 25 anni ma è una Gran Vecchia Signora



    Gli scozzesi la chiamano con grande simpatia The Grand Old Lady (La Grande Vecchia Signora). Lei è una femmina di falco pescatore, un rapace piuttosto comune in tutta Europa, Italia compresa, ma la Old Lady ha una particolarità che la rende unica.

    È appena ritornata dall'Africa al suo nido in Scozia per il ventesimo anno consecutivo. Alla venerabile età di 25 anni compiuti, l'uccello rapace ha terminato, proprio in questi giorni, la sua migrazione dalle terre invernali dell'Africa occidentale e, dopo avere volato per 2000 chilometri, ha riconosciuto per l'ennesima volta il suo posto di nidificazione, vicino a Loch, nel Perthshire. La Vecchia Signora ha un'altra caratteristica eccezionale: la sua età attuale è almeno tre volte quella dell'aspettativa di vita di un falco pescatore e gli esperti hanno calcolato che le sue migrazioni annuali, tutte sommate, ammontano a metà strada fra la Terra e la Luna.



    Questi uccelli - ci informa l'Indipendent che scrive in prima pagina di questo caso - hanno iniziato a nidificare ancora in Scozia negli anni ’50, dopo essere stati quasi completamente estinti. La Old Lady è ritenuta la femmina riproduttrice più vecchia di tutta l'Inghilterra. «Siamo veramente impressionati», dice Emma Rawling, ranger del Scottish Wildlife Trust. «Da vent'anni vediamo tornare Old Lady qui da noi e anche quest'anno sembra godere di un ottimo stato di salute. Ora è già indaffarata a prepararsi per l'accoppiamento, esattamente come ogni anno».

    In tutti questi anni, i ricercatori del Loch Trust hanno stabilito che Old Lady ha «partorito» 55 uova, 46 delle quali si sono schiuse dando alla luce un pulcino che è stato presto in grado di lasciare il nido. Old Lady è stata riconosciuta martedì scorso mentre, nel primo pomeriggio, atterrava sulla sommità del suo posto di nidificazione preferito, un vecchio nido d'aquila abbandonato. Ora si attende che arrivi, entro una settimana, il suo abituale partner, identificabile tramite un anello verde posto intorno a una zampa. Come al solito farà qualche rituale combattimento, allontanando tutti i maschi pretendenti, per accoppiarsi poi con la Vecchia Signora che evidentemente ha ancora buoni argomenti al suo attivo. «Normalmente», aggiunge la Rawling, «dopo l'accoppiamento si vedono nel nido da due a quattro uova ai primi di aprile e, dopo sei settimane, i pulcini rompono il guscio ed escono nel nido, strettamente sorvegliati dai genitori. Tuttavia, anche quest'anno terremo d'occhio il nido con il fiato sospeso perché uccelli così vecchi a un certo punto cessano di essere fertili. Ma ogni anno la Vecchia Signora ci stupisce, regalandoci nuovi pulcini con il gran becco ricurvo e lo sguardo risoluto che si conviene a un grande falco».
    I genitori sorveglieranno i piccoli, ma oltre 70 volontari sorveglieranno giorno e notte il nido, per tener lontani ladri, cacciatori di frodo e collezionisti privati. Una telecamera perfettamente mimetizzata all'interno del nido filmerà l'evento le cui immagini saranno trasmesse dal sito dello Scottish Wildlife Trust. Saranno ancora oltre 20.000 i visitatori da tutta Europa a portare gli auguri della cicogna alla Grand Old Lady di Loch.(giornale)

     
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  7. gheagabry
     
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    L’autore di questi scatti è Il fotografo tedesco Martin Klimas



    La tecnica utilizzata è molto particolare. Si tratta infatti di una sorta di autoscatto. Gli uccelli, passando attraverso un fascio di luce, attivano un sensore che fa scattare la macchina fotografica, in modo da fermarli nel momento di minima tensione muscolare.



    Klimas li rappresenta così in un perfetto paradosso. Su uno sfondo grigio, decontestualizzandoli dalla cornice naturale nella quale sono solitamente confinati e focalizzando la nostra attenzione solo ed unicamente sull’ uccello stesso, li trasforma in soggetti stranamente immobili, oltre la vita e leggermente surreali.



     
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    Falchi pellegrini: Aria e Vento tornano a casa, il video in diretta web della deposizione del primo uovo

    aria-falco-pellegrino-depone-uovo-in-diretta-webcam

    Sono la coppia più bella del mondo: Aria e Vento, due falchi pellegrini che con estrema regolarità ogni anno tornano a casa per riprodursi. E così è stato anche stavolta, Aria ha già deposto il primo uovo in diretta video sul web e nei prossimi giorni ne seguiranno altri due o tre. L’evento è quanto mai naturale ed al contempo speciale. Perché? Perché la casa, o meglio il nido, dei due uccelli, è da sempre sulla terrazza della Facoltà di Economia della Sapienza di Roma, per l’appunto monitorato 24 ore su 24 da una webcam ed una “eggcam” in full HD dell’associazione scientifica Ornis Italica e di Terna.
    Se tutto procederà come sempre nella norma, le uova saranno covate per circa 33 giorni, poi si schiuderanno mostrando i piccolini tutti fragili e spennati. Per 40 giorni ancora sarà possibile vederli crescere, nutrirsi, essere accuditi da mamma e papà falchi ed infine vederli volare via. Il mondo magico della natura, tutto rigorosamente online e in diretta. Quest’anno c’è una novità però rispetto al passato. Un terzo falco. Come dire…un ospite, uno di famiglia. Grazie alla qualità dell’immagine della web cam, è stato possibile osservare da vicino l’anello fermato sulla zampetta: si tratta di Zefiro, un giovane falco, figlio di Aria e Vento nato lo scorso anno, sempre in diretta!

    Ed è a quanto risulta, il primo “figliol prodigo” ovvero l’unico esemplare finora tornato al nido in cui è nato. Sarebbe una conferma della teoria ipotizzata da tempo dagli ornitologi di Ornis Italica, in seguito al ritrovamento di due esemplari inanellati nel passato sempre a Roma. Ad accorgersi del nuovo evento un birdwatcher olandese che ha subito postato il video su you tube. Eccolo:



    Emozionante….ma non abbiate paura, se volete potrete osservare questi meravigliosi esemplari nella loro vita quotidiana semplicemente collegandovi al sito birdcam di Terna. In tutto da qui sono già nati 17 falchi pellegrini dalla coppia famosa e, devo confessare, ho visto schiudersi quasi tutte le loro uova. Non sono gli unici uccelli migratori seguiti (accade anche con le rondini ad esempio), ma gli unici con una “casa” in città.

     
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  9. gheagabry
     
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    L'ALLOCCO degli URALI



    L'allocco è un uccello rapace appartenente alla famiglia degli Strigidi. Nel continente europeo sono presenti tre tipi di allocco: l'allocco propriamente detto (Strix aluco), l'allocco degli Urali (Strix uralensis) e l'allocco di Lapponia (Strix nebulosa); i primi due sono presenti anche nel nostro Paese, mentre l'allocco di Lapponia è distribuito nell'emisfero nord, nelle foreste di conifere che precedono la tundra.


    Gli strigiformi hanno sviluppato molti adattamenti alla vita notturna, fra cui un
    superudito in grado di individuare le prede anche nell’oscurità, sotto le foglie e la neve. Questo grazie ai cerchi facciali che si pensa abbiano la funzione di raccogliere e concentrare le onde
    sonore verso gli orecchi interni. Non a caso le parabole per la ricezione dei segnali ricordano
    proprio il disco facciale.

    Gli strigiformi possono vedere perfettamente anche quando l’intensità luminosa è molto
    inferiore a quella necessaria all’uomo per mettere a fuoco un oggetto, questo grazie all’incredibile
    quantità di bastoncelli nella retina e agli occhi grandi e telescopici. Inoltre, sebbene gli occhi siano immobili, gli uccelli sono in grado di ruotare il capo anche di 270° per direzionare lo sguardo.

    Le filopiume presenti sul becco hanno la funzione di aiutare a “sentire” nel buio assoluto la
    consistenza della preda prima dell’ingestione, mentre i ciuffi auricolari di gufi e dell’assiolo non
    servono all’udito, ma per comunicare con i consimili. Per assicurarsi il silenziosissimo “effetto sorpresa” sulle prede, il piumaggio viene mantenuto sempre pulito e ben ordinato.

    Insieme al becco corto e ricurvo, l’artiglio è un’arma fondamentale per immobilizzare e uccidere la preda in breve tempo. Le zampe e le dita sono di regola ricoperte di piume e, in particolare, gli
    strigiformi hanno il terzo dito frontale mobile e opponibile, funzionale per stringere la preda in
    una tenaglia letale. Essendo questo dito posteriore reversibile, può essere girato in avanti se necessario.

    La biomimetica, scienza che studia i processi biomeccanici in natura per applicazioni umane, si sta
    interessando al piumaggio degli strigiformi, le cui remiganti sono rivestite di un microscopico pettine che minimizza le turbolenze dell’aria in volo e riduce il rumore. La struttura sta ispirando cinesi, giapponesi e americani nella progettazione di velivoli aerospaziali e militari ultrasilenziosi.


    L'allocco degli Urali è un rapace notturno che si caratterizza per la sua notevole eleganza. Come si può facilmente intuire dal nome è un uccello tipico delle regioni del grande Nord; abita infatti le terre che si trovano oltre il cinquantesimo parallelo. La sua presenza nel nostro Paese era inizialmente dovuta soltanto a ragioni migratorie e svernanti, ma da qualche anno (dal 1994, secondo diversi autori) ha iniziato a nidificare anche nel nostro Paese, in particolare nella regione Friuli. Ne esistono diverse sottospecie. È una specie protetta (art. 2 Legge 157/92).
    L'allocco degli Urali ha il suo habitat privilegiato nelle faggete di montagna o nei boschi di latifoglie miste ad abeti rossi e bianchi.
    Le sue dimensioni sono superiori a quelle dell'allocco propriamente detto; l'altezza è molto variabile (si va dai 63 agli 86 cm); gli esemplari maschi pesano circa 700-800 g, mentre le femmine, molto più grandi, hanno un peso che oscilla dai 1.000 ai 1.200 g. L'apertura alare è notevole dal momento che può raggiungere i 145 cm. La testa è di forma tondeggiante, la maschera facciale è di colore chiaro, mentre gli occhi sono di colore scuro, il sopracciglio è scuro e decisamente marcato. Le zampe sono di colore grigiastro e le unghie sono più chiare. Il piumaggio è grigio-biancastro picchettato di bruno-grigiastro. Ha una coda molto lunga se confrontata con quelle delle altre specie appartenenti alla stessa famiglia. L'allocco degli urali si nutre di mammiferi o di uccelli di piccole o medie dimensioni.
    (THEA 2011)

    ....in Italia....


    Facilmente addomesticabile dai falconieri più esperti, l’Allocco degli Urali rappresenta una delle specie più eleganti per quanto riguarda il piumaggio, come dimostra il caratteristico ciuffo di piume che ne circonda capo e collo. Nidificante in Italia solo dal 1994 – quando i primi nidi sono stati accertati in Friuli-Venezia Giulia – la sua presenza risale molto probabilmente a un periodo antecedente, forse passata inosservata.
    Come lascia intuire il nome, l’Allocco degli Urali abita prevalentemente le terre settentrionali, a nord del 50° parallelo, dalla porzione europea dell’ex Unione Sovietica alla Siberia occidentale. Quindi Polonia e Bielorussia. Se tali terre sono abitate dalla sottospecie liturata, quella presente nell’Europa centrale, nella vicina Slovenia, quindi in Italia, è invece la sottospecie macroura , che è risultata svernante proprio nelle stesse aree in cui negli anni Novanta sono stati censiti i primi nidi.
    Probabilmente, ad aver favorito l’insediamento di una popolazione nidificante di Allocco degli Urali sono le condizioni ecologiche riscontrate nelle foreste alpine e prealpine nord-orientali, in tutto e per tutto simili a quelle della vicina Slovenia, da cui potrebbero provenire i primi nuclei di popolazione nidificante. Altro fattore, l’elevata risposta di questa specie a misure di tutela quali l’inserimento di opportune cassette nido, che hanno favorito la specie nelle aree interessate da progetti di tutela.
    La prima nidificazione di Allocco degli Urali in una cassetta nido nel nostro Paese è peraltro notizia recentissima. Si tratta della struttura posta nelle Valli del Natisone, in provincia di Udine, dove la prima coppia di Allocco degli Urali ha deposto le uova nell’aprile del 2008.
     
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  10. gheagabry
     
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    Lorenzo Cassina


     
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  11. <<<nene>>>
     
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    bruttini... :lol:
     
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  12. gheagabry
     
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    Steve Mills

    Uno smeriglio (Falco columbarius) stringe tra le zampe un beccaccino (Gallinago gallinago) che ha catturato nella brughiera vicino a Whitby, nel Nord dell'Inghilterra.




    national geographic
     
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  13. gheagabry
     
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  14. gheagabry
     
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    Dove osano le aquile, 500 scatti lo raccontano


    In un libro maestosi rapaci immortalati in paesaggi suggestivi

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    Sono 1250 esemplari numerati a mano e autografati, 320 pagine e 500 foto a colori. Frutto di quasi 30 anni di attivita', passione di una vita intera. E' la collezione 'Il fotografo dei rapaci' raccolta in un volume che sarà presentato dall'autore Domenico Ruiu a Roma, mercoledì 29 maggio alle 18, presso il Museo Civico di Zoologia.
    Una straordinaria monografia interamente dedicata ad aquile maestose, imponenti grifoni, astori, nibbi reali, falchi, gheppi e poiane. Non solo, il grande fotografo naturalista non si limita a ritrarre i rapaci, ma rivolge uno sguardo attento all'ambiente in cui vivono, riuscendo a cogliere paesaggi insoliti e suggestivi, spesso in luoghi pericolosi, ma senza disturbare la vita privata degli uccelli.

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    Un volume arricchito dal racconto di alcuni aneddoti personali dell'autore, come quelli legati al ritrovamento di una famigliola di gheppi all'interno di una piccola chiesa sconsacrata in mezzo alla campagna sarda. Le immagini raccolte da Ruiu mostrano, tra le altre, un adulto con le ali allargate dietro la croce di legno, posizione caratteristica detta a "Spirito Santo" che il gheppio assume in natura quando si ferma in aria battendo le ali per avvistare dall'alto le prede.

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    ansa.it
     
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  15. gheagabry
     
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    Palude Okefenokee, Georgia, USA
    Fotografia di Graham McGeorge

     
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49 replies since 15/8/2010, 18:26   37377 views
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