L'Emilia Romagna ... Parte 2^

BOLOGNA ...DOZZA..MARZABOTTO..MODENA ...

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  1. tomiva57
     
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    SEMINARIO METROPOLITANO

    Annesso alla Chiesa di San Francesco si trova l'ex-convento di San Francesco, oggi Seminario Metropolitano. Il primo edificio venne eretto alla seconda metà del XIII secolo. L'attuale edificio fu eretto nel 1699. Al suo interno di notevole interesse è il chiostro seicentesco di forma rettangolare e limitato da colonne in stile dorico. Al centro del chiostro è posta una statua in marmo dell'Immacolata Concezione.

    TEMPIO MONUMENTALE SAN GIUSEPPE

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    Eretto in ricordo dei caduti della prima guerra mondiale su progetto dell'architetto modenese Domenico Barbanti, con la collaborazione di Achille Casanova, è dedicato a San Giuseppe.
    La posa della prima pietra avvenne l'8 dicembre 1923 alla presenza di Vittorio Emanuele III e dell'Arcivescovo Natale Bruni, suo principale ideatore e benefattore, la cui cappella funeraria, col medaglione scolpito da Giuseppe Graziosi, si trova a destra dell'entrata. Nella cripta, sui pilastri e sulle pareti, sono scolpiti i nomi dei 7.300 modenesi caduti durante la prima guerra mondiale.

    SANTUARIO DELLA MADONNA DEL MURAZZO

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    Il Santuario presenta la facciata in stile gotico-lombardo. L'interno è composto di 5 altari. Presenti varie sculture, quadri, statue del XIX e XX secolo. Belle le vetrate con l'Annunciazione.
    Nell'Abside a sinistra si trova l'immagine della Madonna del Murazzo.


    TORRE GHIRLANDINA -

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    Da gennaio 2008 e per circa 2 anni, in occasione dei lavori di restauro della torre, un telo ignifugo e microforato di colore bianco, lungo 64 metri, impreziosito di disegni colorati e particolari di sculture che rievocano l'immaginario arcaico e cristiano, avvolgerà interamente il monumento, ad eccezione della parte terminale della cuspide.
    L'imponente copertura è affidata all'artista Mimmo Paladino, uno dei principali esponenti della Transavanguardia.

    La torre Ghirlandina, così chiamata per il doppio giro di ringhiere che la incoronano come ghirlande, è alta 86 metri e costituisce il simbolo della città.
    Essa unisce armoniosamente in sè gli stili di due epoche diverse: la parte a base quadrata è coeva del duomo e segue i canoni architettonici romanici, mentre la parte a base ottagonale e la piramide che costituisce la cuspide sono più tarde e risentono di un gusto più chiaramente gotico (furono iniziate nel 1261 su progetto di Arrigo da Campione e terminate nel 1319).
    La Ghirlandina, insieme al Duomo e a Piazza Grande, è tutelata dall'Unesco come patrimonio artistico dell'umanità.

    FONTANA AL SALEIN

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    Nella parte occidentale della piazza si vede la fontana, detta dai modenesi "al salèin" per la forma caratteristica delle vasche che la fanno assomigliare ad una saliera. Il putto è opera dello scultore Giuseppe Graziosi e fu eseguito nel 1931, mentre il salino vero e proprio era collocato in piazza Grande dal 1900.

    FONTANA D'ABISSO

    Situata nell'angolo di Piazzale San Domenico prospiciente il Palazzo Ducale, la Fontana d'Abisso (chiamata dai modenesi veraci la funtaneina dla béssa) è stata oggetto di recenti lavori di riscoperta e di rimessa in funzione.
    Originariamente la fontana era collocata alla base del torrione sinistro del Palazzo Ducale, di cui riforniva le cucine. Alla fine del '500 era circondata da una vasca e nel '700 fu circondata da un muretto a pianta quadrata adorno di marmi che proteggeva la gradinata per scendere alla vasca. Nel 1865 fu spostata a pochi metri di distanza dall'architetto Cesare Costa, il quale disegnò anche due rampe curvilinee d'accesso che portavano ad una quota di 170 cm inferiore al piano stradale.
    Nel 1946 la fontana fu allacciata all'acquedotto comunale e la vasca fu interrata e sostituita da una fontanella di ghisa protetta da una ringhiera.
    Riportata alla luce alcuni anni fa durante i lavori di ripavimentazione di Piazza Roma è tornata ufficialmente in funzione nel febbraio 2005.






    FONTANA DEI DUE FIUMI MODENESI


    La monumentale Fontana dei due fiumi modenesi orna Largo Garibaldi e rappresenta due statue bronzee raffiguranti il fiume Secchia in forme femminili e il fiume Panaro in forme maschili che orientano i getti d'acqua verso il rispettivo alveo, opera di Giuseppe Graziosi. La fontana fu attivata il 25 luglio 1938 in occasione dell'entrata in funzione del nuovo acquedotto cittadino.

    FONTANA DI SAN FRANCESCO

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    La Fontana di San Francesco è all'interno della piazzetta che si apre sul lato settentrionale della chiesa omonima.
    Disegnata dall'ingegnere Cavazzuti, su di essa si erge la statua in bronzo di San Francesco nell'atto di predicare ai pesci. La statua è opera di G.Graziosi e risale al 1938.





    PONTE DELLA BARCHETTA

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    COME ARRIVARE
    Il ponte, riservato esclusivamente al passaggio dei pedoni, delle biciclette e dei ciclomotori, intende agevolare il collegamento tra Modena e Campogalliano con l'utilizzo di mezzi alternativi all'automobile e promuovere la fruizione di zone di interesse ambientale come il Parco del Fiume Secchia e i Laghi Curiel.
    Dal via Emilia centro, proseguire lungo via Emilia Ovest, direzione Reggio Emilia. Svoltare a destra per via Barchetta.

    DESCRIZIONE
    Inaugurato il 9 Aprile 2000, il ponte della Barchetta sorge dalla collaborazione dei Comuni di Modena e Campogalliano.
    La sua realizzazione è stata affidata all'impresa Vesuviana Carpenteria s.n.c., su progetto dell'ingegnere Luca Romano.
    Montato a terra e poi posato con una grande gru su due supporti di calcestruzzo collocati sulle opposte rive del Secchia, pesa complessivamente t 75.
    Fonda le sue radici storiche in epoche lontane poichè ha da sempre costituito il tragitto più breve tra Modena e Campogalliano.
    In età medievale, attraverso una convenzione tra i Comuni di Cremona, Reggio Emilia, Modena e Brescia, pose le basi per la realizzazione di un percorso che dal Po, attraverso il Naviglio, giungesse a Modena e da qui proseguisse fino a Reggio Emilia.

    MODALITA' DI ACCESSO
    Regolamento
    Il passaggio sul ponte è consentito ai pedoni e alle biciclette, oltre che ai ciclomotori fino a 50 cc, nei soli giorni feriali.
    E' vietato il transito alle automobili, alle moto, ai motocarri, ai trattori e a qualsiasi altro mezzo con motore di cilindrata superiore a 50 cc.
    La velocità consentita nei tratti di accesso al ponte è di 20 Km.
    In caso di violazioni del Regolamento, i trasgressori saranno sanzionati con ammende o con il sequestro del mezzo.


    AEDES MURATORIANA. MUSEO MURATORIANO - MUSEO STORICO

    L'Aedes Muratoriana costituisce uno degli isolati più caratteristici di Modena.
    La chiesa, già esistente nel 1153 quale dipendenza della celebre Badia della Pomposa in territorio di Ferrara, poco conserva dei suoi caratteri primitivi. La torre massiccia, disadorna, che rimane ancora intatta nella base, è la sola parte antica a noi giunta. Più che una cella per accogliere i sacri bronzi ha l'aspetto di fortilizio, quale era originariamente quando venne allargata la cerchia Lodoiniana.
    Il tempio, divenuto cadente e inadatto al culto, fu ricostruito nei primi del Settecento dal Muratori che ne rese l'architettura più lussuosa. All'interno è stata eretta nel 1931 la Tomba monumentale del Muratori, opera di Lodovico Pogliaghi.
    Attigua alla Chiesa, lungo il lato nord, s'erge la Canonica, dimora dello storico Ludovico Antonio Muratori dal 1716 al 1750. In questo edificio ora hanno sede il Museo Muratoriano e la Deputazione di Storia patria per le antiche Provincie modenesi.

    Il Museo Muratoriano aperto nel 1931 in occasione dell'erezione e consacrazione della Tomba e del ripristino dell'Aedes per raccogliere gli scarsi cimeli e le poche Opere del Muratori si è successivamente arricchito di oggetti personali dell'artista quali il bastone e il calamaio, la sua poltrona di bibliotecario, l'inginocchiatoio, qualche stampa e ritratto e i doni ricevuti da benefattori.




    ARCHIVIO DELLA COMUNITA’ EBRAICA

    L'Archivio conserva soprattutto documenti di carattere amministrativo, anche se non mancano atti "anagrafici", scolastici e medici, in buono stato di conservazione. Nel corso dei secoli, infatti, i materiali non hanno subito danni o dispersioni e sono stati conservati in spazi adiacenti la sinagoga da quando il Tempio venne edificato (1874).
    Sono confluiti nell'archivio modenese anche i documenti dell'archivio della Comunità ebraica di Carpi, chiusa nel 1920.


    GALLERIA CIVICA: MUSEO DELLA FIGURINA

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    Il Museo della Figurina, aperto nel 1986, nasce a Modena all'interno dell'azienda Panini.
    Parallelamente allo sviluppo dell'azienda, cresce la collezione personale di figurine di Giuseppe Panini, fondatore della ditta e ideatore del rinnovamento della figurina in senso moderno.
    Come conseguenza dell'intensa attività svolta dal 1986 al 1991 nel campo della didattica, della divulgazione e dello studio, a livello internazionale, si impone la necessità di riorganizzare il Museo secondo criteri più scientificamente in linea con le moderne museografia e museologia.
    E' così che, nel 1992, Giuseppe Panini decide, in accordo con l'azienda e il Comune di Modena, di donare la collezione alla sua città, sede naturale, in quanto capitale mondiale della figurina, di un Museo che ne documenti la storia e lo sviluppo.
    Numerose sono le collezioni:

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    • Collezione Liebig: La ditta che più di ogni altra ha legato il proprio nome alle figurine è senza dubbio la Liebig, produttrice del famoso estratto di carne, che a partire dagli anni Settanta dell'Ottocento comincia a realizzare serie proprie, caratterizzate da scene dominate dal vaso contenente l'estratto. Avendo filiali sparse in tutto il mondo, la Liebig diffonde le sue figurine in numerosi paesi europei traducendo la scritta pubblicitaria in varie lingue. Le figurine Liebig si caratterizzeranno ben presto per il formato costante e per due elementi rimasti immutati: il barattolo di ceramica bianca contenente l'estratto e la firma blu di Liebig. Il primo periodo è caratterizzato da scene di fantasia con bambini, fiori, donne, cui segue un più studiato filone didattico con una ricca didascalia esplicativa. Fino alla prima guerra mondiale le figurine Liebig sono distribuite gratuitamente dai negozianti mentre in seguito si introduce l'uso di offrirle in cambio di buoni punto contenuti nei prodotti.

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    • Collezione Cigarettes Card: Il tipo di figurina detto cigarettes card, ha origine negli Stati Uniti probabilmente intorno agli anni Settanta dell'Ottocento. All'epoca, quando la produzione meccanica era agli esordi, si usava rinforzare i pacchetti di sigarette con cartoncini. Per rendere il prodotto più accattivante si decise ben presto di stamparli con immagini a colori. Le prime cards erano immagini svincolate dal concetto di serie e riproducevano soggetti singoli. Successivamente le manifatture iniziarono a produrre le cards in sequenza, su temi specifici, in modo da incoraggiare i fumatori ad acquistare la stessa marca per completare la collezione. Poiché la stragrande maggioranza dei fumatori era di sesso maschile, inizialmente i soggetti più comuni furono attrici, bellezze femminili, personaggi sportivi, uomini politici, scene di cow-boys e americani famosi fino ad arrivare a comprendere un immaginario più vasto. Verso il 1885 questo tipo di figurine si diffonderanno anche in Gran Bretagna Mentre inizialmente, intorno al 1885, si importavano dall'America figurine già pronte, di carattere geografico e zoologico con una prevalenza di uccelli tropicali, ben presto la produzione divenne autonoma. I due diversi formati di cigarettes cards corrispondono rispettivamente al pacchetto grande e al pacchetto piccolo. Questo tipico formato fu conservato anche per le figurine pubblicitarie di altri prodotti e prese il nome di trade cards.

    • Collezione Bolli chiudilettera: I dischetti rotondi di carta rossa, gommati, prendono il posto della ceralacca usata fino ai primi dell'Ottocento e cambiano poi formato per adeguarsi ai francobolli, diventando quadrati o rettangolari, dentellati e non. Nati dalla necessità di sigillare la corrispondenza i chiudilettera furono un tipico fenomeno del costume italiano soprattutto durante la Belle Époque. Con il diffondersi della voga delle esposizioni e delle commemorazioni, la produzione dei chiudilettera diviene vastissima. Il Museo possiede circa 43.000 bolli chiudilettera suddivisi per soggetto.

    • Collezione scatole di fiammiferi, sicuramente precedenti alle figurine, conservate in album d'epoca secondo la fantasia e il gusto del collezionista stesso

    • Collezione di menu e segnaposti: Anche la tavola poteva essere decorata con piccole cromolitografie, utilizzate come menu e segnaposti. Di grande raffinatezza estetica sono quelli della ditta Liebig, di cui il Museo possiede la collezione completa costituita da 73 serie, emesse dal 1884 circa al 1911.

    • Collezione album originali: stampati dalle varie ditte per la raccolta delle serie, spesso forniti di didascalie ricche di informazioni su svariati argomenti.

    • Collezione di calendari: anch'essi utilizzati come veicolo pubblicitario e ricchi di immagini a colori. Si trovano in formati differenti: i più particolari sono sicuramente quelli che ebbero nel salone del barbiere il loro maggior punto di diffusione. Questi calendarietti, che pubblicizzavano spesso prodotti da toilette, erano caratterizzati dall'avere pagine profumate e in molti casi soggetti di castigato erotismo.

    • Collezione di figurine: Il boom della figurine italiane è avvenuto in questo secolo. A partire dal 1925 circa, infatti, furono emesse numerose serie, spesso fotografiche, dedicate soprattutto ai campioni dello sport e ai divi del cinema. Un fenomeno rilevante fu quello che avvenne tra il 1935 e il 1938, legato ai concorsi a premio che incrementarono il collezionismo distribuendo ricchi premi a chi consegnava album completi di figurine trovate nei loro prodotti. A questo proposito è famoso l'episodio del Feroce Saladino, figurina rarissima a causa di un ritardo nella consegna del bozzetto da parte del disegnatore, che consentiva di completare un album della Perugina-Buitoni legato alla trasmissione radiofonica "I Quattro Moschettieri". Completando 150 album si vinceva una automobile FIAT 500. Nel 1937 il Governo fu addirittura costretto a regolamentare i concorsi perché numerose ditte ricorrevano al trucco della figurina rara per non dover distribuire premi in realtà di eccessivo valore. In seguito le figurine conobbero un periodo di decadenza, già iniziato nel resto del mondo all'avvento della I guerra Mondiale. È solo negli anni '50 che si ha una ripresa. Proprio in questo periodo nasce la figurina "moderna", ancora in uso ai giorni nostri: svincolata dal legame con la pubblicità e distribuita in edicola assieme ad appositi album corredati da didascalie, essa acquista una propria autonomia di mercato. All'inizio degli anni '60 nasce l'azienda Panini, che dopo un primo periodo "pionieristico", riesce a portare la produzione e commercializzazione di figurine a livelli industriali tali da farle diventare un fenomeno mondiale.

    • Collezione Tagliavini - Roccatagliati di periodici italiani: La collezione è costituita da circa 514 periodici italiani per ragazzi che vanno dal 1812 agli anni '50 del Novecento. Il primo periodico per ragazzi che apparve in Italia, nel 1812, fu "L'amico dei fanciulli".e , si ispirava ai modelli francesi. Gli avvenimenti storici ne causarono una breve esistenza, che ebbe comunque il merito di attirare l'attenzione su un nuovo strumento di istruzione. Fu comunque solo dopo vent'anni che cominciarono a comparire numerose testate. Al 1898 risale "Novellino", il primo giornalino interamente a colori. Dagli esordi agli anni '50 sono apparse sul mercato circa trecento testate. Un fenomeno sorprendente se si considera lo stato di analfabetismo e di indigenza in cui versava il nostro paese.
    Organizza inoltre mostre tematiche anche su richiesta.





    LABORATORIO DELLE MACCHINE MATEMATICHE

    Il Laboratorio di Matematica di Modena ha una collezione di circa 200 strumenti per la geometria (macchine matematiche), ricostruiti a partire da ricerche storiche sui documenti originali. La maggior parte degli strumenti fa riferimento ai secoli XVI-XIX (es. prospettografi, curvigrafi, pantografi per trasformazioni), ma vi sono anche numerosi strumenti dell'antichità classica, collegati alla teoria delle sezioni coniche e alla risoluzione di problemi.

    BIBLIOTECA ASLA (ACCADEMIA NAZIONALE DI SCIENZE, LETTERE ED ARTI (ACCADEMIA DEI DISSONANTI) - PALAZZO COCCAPANI)

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    Nata nel 1683 come "Accademia dei Dissonanti", a carattere prevalentemente filosofico-letterario, divenne "Accademia di Scienze e Belle Lettere" nel 1791, e quindi "Accademia Reale di Lettere, Scienze ed Arti" con la Restaurazione. Attualmente è suddivisa in tre classi "Scienze fisiche, matematiche e naturali", "Scienze morali, giuridiche e sociali" e "storia, Lettere ed Arti". L'attività principale consiste, oltre alla pubblicazione di opere di storia locale, anche nell'organizzazione di seminari, convegni e conferenze ed anche mostre .
    La Biblioteca contiene più di 130.000 volumi , tra cui alcuni incunaboli, varie cinquecentine e numerose pubblicazioni dei secoli successivi.
    Notevoli sono i fondi archivistici:
    • Archivio Paolo Ruffini, insigne medico e matematico di fama mondiale
    • Fondo Soli, che raccoglie la documentazione di quattro generazioni di architetti appartenuti a questa famiglia (1750-1930 ca.)
    • Fondo musicale Tardini, con spartiti, libretti e volumi sul teatro
    • Raccolta di grida del periodo estense, importante per la ricostruzione della legislazione del Ducato Estense (1598/1860)
    • Archivio e biblioteca della famiglia Rossi Veratti, cui appartennero insigni giuristi dei secoli XVIII e XIX
    • Collezione di epistolari a stampa del Marchese Giuseppe Campori
    • Medagliere Rangoni, ricco di più di 5.000 monete e medaglie (non visionabile)

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    ACCESSO
    L'accesso è libero presentando documento di identità.
    SERVIZI
    - servizio consultazione previo accordo con il personale della biblioteca.
    - servizio fotocopie
    - l'Accademia organizza giornate di studio, convegni, seminari.

    VISITE GUIDATE
    Sono possibili visite giudate dell'Accademia su prenotazione


    L GRANDE GRAPPOLO

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    Posizionata al centro della rotatoria viaria “Vignolese-Tangenziale”, quadrivio di immissione a Modena , situata all’incrocio fra Via Vignolese e la Nuova Estense,l'opera dell'l'artista modenese Erio Carnevali, raffigura un grappolo di uva Lambrusco, alto dodici metri e largo poco più di sei metri.
    Gli acini, di diverso diametro e forma, sono 240, tutti in vetro soffiato, prodotti nelle fornaci di Murano da una équipe scelta per capacità e professionalità.
    Le foglie, di varie dimensioni, sono in rame per ricordare, in particolare, i colori dell’autunno. In gran parte collocate “naturalmente” sul tralcio superiore del grappolo, alcune di esse assolvono anche alla funzione di protezione dello stesso dagli agenti atmosferici.
    Il Grande Grappolo intende valorizzare un vino che è unico al mondo e conosciuto in oltre quaranta Paesi; non vuole però rappresentare solo l’immagine commerciale di questo prodotto ma anche raccontare il lavoro appassionato di tanta gente e la capacità imprenditoriale dei modenesi.


    ....che difficoltà a trovare le immagini..


    CHIESA DI GESU' REDENTORE

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    La chiesa di Gesù Redentore, dedicata a maggio 2008, è stata progettata dall'architetto milanese Mauro Galantino, vincitore del concorso nazionale indetto dalla Conferenza Episcopale Italiana per qualificare l'architettura religiosa. Il progetto, studiato fra il 2001 e il 2005, ha dato vita ad una struttura, esempio dell'espressione minimalista dell'architettura italiana contemporanea, che può oggi offrire alla parrocchia - circa 14.000 abitanti - e alla città la chiesa più grande della diocesi di Modena.

    All'esterno l'insieme trasmette una sensazione di bellezza e misticità. Il campanile, insieme al corpo della chiesa e al grande sagrato, crea il luogo della comunità, accogliendo la città, ponendola nello stato dell'interesse e nella percezione degli elementi-soglia architettonici: facciata, nartece, portale, i quali suggeriscono l'accoglienza e l'incontro con Dio, più che la monumentalità. Semplici ma sapienti linee costruttive creano giochi di luce, volumi e livelli, accentuati dal contrasto della pietra naturale con il bianco splendente, che dà prestigio al complesso, grazie all'utilizzo di un tipo di cemento "autopulente", in grado di resistere allo smog e alle intemperie.

    L'accostamento di lineari superfici di pietra e facciate trasparenti comunica serenità al visitatore; la luce zenitale e le grandi vetrate consentono l'ingresso di abbondante luce naturale, esaltando le forme geometriche, combinate con materiali naturali selezionati e mobilio essenziale. Una "corona di luce" nella zona perimetrale più alta cinge lo spazio assembleare, lo connette simbolicamente verso il cielo, enfatizzando il valore ascensionale delle pareti fin verso la grande vela del controsoffitto, che smaterializza l'importanza strutturale della copertura.
    Ambiti a cielo aperto, visibili solo dall'interno, sorprendono l'occhio: l'orto degli ulivi, che come un abside dilata lo spazio alle spalle dell'altare, e la grande fontana, sul lato opposto, che collega anche simbolicamente il luogo del battesimo alla cappella dove è custodito il tabernacolo.

    La disposizione liturgica, frutto di una ricerca che ha recepito la lezione degli architetti moderni e la tradizione antica della chiesa, evidenzia l'assemblea. Questa non è rivolta solo all'altare, come verso un palco, ma una metà all'altra, disponendosi sui lati lunghi di un'ellisse, che ha come fuochi la Parola (ambone basso per la parola biblica, alto per il Vangelo, in una stesura che monumentalizza la Parola e reintroduce l'icona della montagna, ai piedi e sopra la quale si parla) e il Sacrificio (altare: un quadrato di m 4 di lato rialzato di cm 45 con quattro accessi). La comunità eucaristica può essere così soggetto e oggetto della preghiera, suggerendo con ciò l'autorità piena e umile del corpo mistico di Cristo.

    La cappella feriale, accessibile dall'aula e dall'esterno, conclude il percorso di accesso e la transizione tra sagrato, portale, fonte, asse della celebrazione (ambone e altare), dando la riserva eucaristica come destino del percorso.
    Fanno parte del grande complesso le Opere parrocchiali e la Casa della Carità, quest'ultima segno visibile della Carità nella Parrocchia e destinata a diventare seme di cittadinanza, stimolo in rete con altre iniziative e preparazione ad accogliere i poveri delle future generazioni.

    Lo stile semplice, l'uso sapiente della luce, le multiple relazioni spaziali, il design e la struttura, la qualità dei materiali, importante più di ogni forma di decorazione o ornamento, senza concessioni alla comodità o alle evocazioni non necessarie, fanno del complesso di Gesù Redentore un'opera che si presenta con un linguaggio capace di sorprendere, emozionare e catturare il visitatore, oltre che parlare alla ricerca architettonica contemporanea.

    Opere d'arte

    Nella chiesa di Gesù Redentore è presente un ciclo pittorico dell'artista olandese Bert van Zelm (Amsterdam 1955), le cui opere, in bozzetto, erano parte del progetto dell'architetto Galantino, vincitore del concorso della CEI.

    Il ciclo comprende:
    § la Madonna con bambino e i poveri, nell'aula, sulla parete sud, sopra la bassa finestra che lascia vedere l'acqua della fontana esterna;
    § il Crocifisso, nell'aula, sulla parete nord, a sinistra in alto, rispetto alla vetrata alle spalle dell'altare;
    § la Via Charitatis, 14 tavole in vetro serigrafato, collocate sulla parete nord dell'orto degli ulivi, che rappresentano le stazioni della passione secondo il vangelo di Giovanni;
    § la Pietà, un trittico che occupa tutta la parete nord della cappella feriale, a sinistra entrando dall'aula

    In un rinnovato stupore per l'Incarnazione, la pittura di van Zelm - che ha fra i suoi riferimenti anche Rembrandt e Caravaggio - propone un divino pittoricamente impregnato di materia, quasi fisicamente presente, un divino meraviglioso e potente proprio perché vicino all'umano, capace di abitarlo e trasformarlo, assumendone anche limiti e inquietudine.


    OCA GIGANTE KIMERA - SCULTURA

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    Inaugurata il 4 maggio 2006, la scultura "Kimera" ha le sembianze stilizzate di un'oca giocattolo con le ruote. E' un'opera dell'artista modenese Carlo Cremaschi, collocata nell'aiuola tra via Formigina e strada per Cognento.
    Lo scultore ha lavorato su sedici tonnellate di acciaio e ha realizzato un'oca di sei metri di lunghezza per tre metri e mezzo di altezza. Cremaschi vuole in tal modo rendere omaggio al Novecento attraverso un'opera d'arte che si presenta come "un grande giocattolo arrugginito abbandonato da un bambino gigantesco".
    "Nelle mie intenzioni - spiega Cremaschi - Kimera racchiude l'emblema del Novecento, il secolo in cui sono nato: la chimera delle utopie, la corsa del sogno, la follia di un secolo fatto di crudeltà e di dolcezza, di intelligenza e brutalità, di potenti illusioni, grandi speranze e rovinose cadute". Leggera e pesante al tempo stesso, l'opera è costruita con tecnologia industriale. "Escluso l'uso di basi o piattaforme - prosegue Cremaschi - l'oggetto poggia direttamente sul suolo a sollecitare contemporaneamente il contatto e la distanza con le persone. Ripensandoci, potrebbe forse rappresentare anche lo spirito dell'automobile, con il suo stare insieme di elegante intelligenza, di simpatica quotidianità, ma anche di fredda stupidità".




    PALAZZO DUCALE ACCADEMIA MILITARE


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    Il Palazzo Ducale, la cui costruzione iniziò nel 1634 su disegno dell'Avanzini è un illustre esempio di architettura civile settecentesca e uno dei più grandi palazzi barocchi d'Italia.
    L'elegante facciata si presenta con tre piante di finestre affiancate, coronate da balaustre con statue. La parte centrale e quelle laterali sono sopraelevate. Il cortile d'onore, con elegante loggiato a due piani, è ritenuto un capolavoro dell'architettura barocca. Da qui si accede allo scalone d'onore, ornato da statue romane, che porta alle numerose sale della Residenza Estense. In particolare si segnalano: la Sala del Trono, il Salottino d'Oro, il Salone d'Onore e la sala dello Stringa.
    Oggi il palazzo è sede dell'Accademia militare.
    All' interno il Museo Storico dell'Accademia Militare contiene armi e armature, memorie, cimeli e militaria (bandiere, uniformi, tamburi ecc.).


    TEATRO COMUNALE LUCIANO PAVAROTTI -

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    Nel 1838 la Comunità di Modena delibera di costruire un moderno teatro capace di rispondere pienamente alle esigenze rappresentative ed al decoro della città, ormai insufficientemente servita dal vecchio Teatro Comunale di via Emilia, sito nell'edificio in cui, dal Seicento, aveva sede l'antico teatro dei comici, il Valentini. La nuova costruzione è affidata all'architetto ducale Francesco Vandelli, già autore del Foro Boario e della chiesa di S. Giovanni del Cantone, che prima di intraprenderne il progetto si reca in visita ad importanti teatri contemporanei tra cui, documentati da rilievi, sono quelli di Piacenza, Mantova e la Scala di Milano di cui sono appuntate le dimensioni. Essi rappresentano uno dei pochi documenti grafici di mano dell'architetto del quale non sono noti disegni autografi per il Comunale. I lavori iniziarono nel maggio 1838 sull'area prescelta, compresa tra Canalgrande, vicolo Venezia, Fontedabisso e strada S. Margherita, in cui si provvide ad abbattere o a ridurre dodici case; nonostante ciò lo spazio risultò ugualmente insufficiente, per cui la facciata del teatro ruppe la simmetria delle case del Canalgrande. Ciò contribuì ad agevolare in lontananza la "lettura" della funzione dell'edificio, che di fatto è poi ostacolata dalla reale ristrettezza della via nella quale sorge. Dopo quasi quattro anni di lavoro il teatro - dotato di un ampio portico per le carrozze all'esterno, di numerosi locali di servizio (tra cui la spaziosa sala per la scenografia utilizzata sino a pochi anni fa), di una sala dalla pianta a ferro di cavallo con quattro ordini di palchi e una galleria, oltre che un soffitto riccamente decorato - s'inaugurò la sera del 3 ottobre 1841 con l'opera Adelaide di Borgogna al Castello di Canossa, musicata da Alessandro Gandini. Da quella data l'edificio non ha subito radicali mutamenti; attualmente presenta l'originaria facciata neoclassica con un portico a bugnato piatto a pianterreno, un primo ordine di finestre architravate e un piano attico con finestre minori. Il risalto della parte centrale è segnato da quattro colonne doriche sulle quali s'imposta una ringhiera a pilastretti che inquadra tre finestre scandite da lesene ioniche; a coronamento un fastigio decorato con il Genio di Modena che incornicia lo stemma della citta'. La facciata si impreziosisce con l'inserzione di una pregevolissima decorazione plastica costituita, oltre che da rosoni posti sugli archivolti a pianterreno, dai bassorilievi di Luigi Righi nei fianchi del porticato e in corrispondenza delle finestre del primo ordine. Il soffitto, da cui pende il grande lampadario collocato con l'introduzione della luce elettrica nel 1887 è decorato con ornati di Camillo Crespolani e con figure di Luigi Manzini, autore anche degli stucchi con storie del Genio che corrono lungo le balconate dei palchi inquadrati da esili pilastrini. Nel 1869 fu eseguita una ridipintura del soffitto, da parte di Ferdinando Manzini, che propose l'aggiunta di quattro gruppi di putti.





    PALAZZO MONTECUCCOLI -

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    Nel tratto della via Emilia compreso tra via Malatesta (un tempo contrada Mallore) e via Carteria (un tempo contrada Carderia), dove ora sorge il palazzo Montecuccoli degli Erri, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, si innalzava l'antica chiesa di San Biagio.
    La menzione più antica della chiesa risale al 1189; fu distrutta all'inizio del XVI secolo e nello stesso secolo fu poi ricostruita: la facciata era su via Malatesta e l'abside con campanile o torre in via Carteria. Nell'ambito del progetto di sistemazione del tracciato della via Emilia, voluto da Francesco III, tra le altre costruzioni fu abbattuta nel 1775 anche la chiesa di San Biagio, come si legge nelle cronache del tempo: fin dal 1768 la parrocchia di San Biagio era stata soppressa e trasferita nella chiesa dei Carmelitani, oggi San Biagio del Carmine. Sull'area della chiesa e della canonica fu costruito, con un progetto di Raimondo Cavazzuti, il palazzo dei Conti Munarini, che divenne successivamente di proprietà della famiglia Montecuccoli degli Erri.
    Considerevoli interventi progettati e diretti nell'ultimo decennio del secolo scorso dall'ingegner Vincenzo Maestri per conto del marchese Giuseppe Montecuccoli degli Erri conferirono al palazzo, derivato dall'unione di più edifici, l'aspetto che ha tuttora.
    All'interno uno degli interventi più significativi riguarda lo scalone: all'esterno furono completamente risistemate non solo la facciata sulla via Emilia ma anche quelle sulle vie Malatesta e Carteria. Le sale interne del piano nobile sono decorate con affreschi e stucchi di buona qualità.
    Particolare attenzione meritano gli affreschi del salone d'onore: in un riquadro al centro del soffitto a volta è raffigurato Apollo che guida il carro del Sole circondato dalle Ore e preceduto dall'Aurora, avvicinabile all'affresco dipinto da Guido Reni nel Casino Rospigliosi Pallavicini di Roma. Attorno a questo altri quattro riquadri raffigurano scene della vita di Bacco: L'infanzia di Bacco a est, L'incontro di Bacco e Arianna nell'isola di Nasso a nord, Un sileno ebbro su un asino a ovest e il Trionfo di Bacco a sud. Gli affreschi paiono ispirati a quelli seicenteschi, opera di Giovanni
    Boulanger, della Galleria di Bacco del Palazzo Ducale di Sassuolo. Nel Salone è riconoscibile l'intervento di artista neoclassico del primo Ottocento, con tutta probabilità Giuseppe Zoni, di cui sono documentate opere di riqualificazione pittorica nel palazzo del marchese Giuseppe Carandini in via dei Servi. Gli affreschi sulle pareti, in particolare i tondi e le mandorle, costituiti da ghirlande di fiori trattenuti da putti e arpie, in cui sono raffigurati un sileno e una menade con doppio flauto affrontati ai lati della finestra a est, due menadi con crotali affrontate ai lati della finestra a nord, il Trionfo di Arianna nella parete sud e un sileno e un satiro nella parete sud, sarebbero invece opera del carpigiano Fermo Forti, a cui con tutta probabilità si devono interventi di ridipintura del salone, da lui stesso ricordati nelle sue memorie autobiografiche, realizzati alla fine del secolo e contemporanei ai lavori di ristrutturazione dell'edificio progettati e diretti da Vincenzo Maestri.






    l rinascimento nella provincia di Modena




    Un percorso di grande fascino tra le testimonianze del Rinascimento ci viene offerto da molte località nei dintorni di Modena .
    Scrigno dell'arte cinquecentesca è in primis la cittadina di Carpi ( 25 Km da
    Modena.): l'ultimo dei signori Pio a Carpi, Alberto III (1475-1531), principe umanista e straordinario intellettuale, volle trasformare il borgo in una sede principesca del Rinascimento.
    I "luoghi di rappresentanza" della città (la piazza, il palazzo, la collegiata) vennero o fondati ex novo o risistemati e furono inoltre apportati numerosi interventi di miglioramento alla struttura urbana .
    Il palazzo dei Pio , al cui interno si trovano numerose sale affrescate agli inizi del cinquecento, assume l'aspetto di una vera e propria corte, con la costruzione del cortile d'onore e della facciata e le decorazioni interne.
    La rinascimentale Piazza Martiri (276 metri per 60), di grande impatto prospettico e scenografico, nasce come cuore politico, religioso e amministrativo della città.
    La costruzione della nuova Collegiata, dedicata alla Madonna Assunta, fu iniziata nel 1515 e pare che per la sua realizzazione sia pervenuto da Roma un modello di legno, forse di Peruzzi, impostato sull'esempio classicheggiante che Raffaello aveva ideato per San Pietro.
    Completano il percorso la Chiesa di San Nicolò e la Pieve di Santa Maria in Castello detta "La Sagra".
    Un ramo dei Pio di Carpi, divenuti signori di Sassuolo (17 Km da Modena) nel 1499 diedero avvio alla ristrutturazione della loro già sontuosa residenza.
    All'interno del Palazzo si ritrovano affreschi databili tra fine XV e fine XVI secolo.
    Su incarico di Francesco I d'Este il Castello dei Pio a Sassuolo fu trasformato nel 1634 nella residenza estiva della famiglia Estense.
    Il rinnovato Palazzo Ducale fu impreziosito da affreschi di artisti d'eccellenza quali il Boulanger e da opere di squisito gusto barocco come la Peschiera o Teatro delle Fontane.
    A pochi chilometri da Sassuolo si trova anche il Castello di Spezzano, nel Comune di Fiorano Modenese (20 Km da Modena), centro fortificato e residenza dei Da Spezzano, nel XII secolo, e dei Da Castello nel XIV.
    Divenne feudo dei Pio nel 1535, e da allora fu una delle sedi più importanti della loro Signoria fino alla fine del 1500.
    Vi si possono ammirare affreschi riferibili alla seconda metà del Cinquecento, in particolare nella Sale delle Vedute e Galleria delle Battaglie.
    Da Fiorano modenese, percorrendo la strada di ritorno verso Modena, si incontra in località Baggiovara la Torre (proprietà privata), una tipica casa-torre della campagna modenese che presenta al suo interno un ciclo di affreschi, riferibili ad un anonimo artista della seconda metà cinquecento, ispirati all'Ariosto e in particolare al ciclo affrescato da Nicolò dell'Abate a Bologna per Palazzo Torfanini.

    Castelvetro

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    Il paese sorge sulle prime colline che salgono verso l'Appennino, lungo il corso del torrente Guerro.
    Anticamente era un villaggio etrusco, divenne un presidio militare romano e dal 776 fu sotto il Monastero di Nonantola.
    Le prime notizie sul Castello risalgono intorno all'anno Mille. Dall'XI secolo fu di proprietà di Bonifacio di Toscana, poi della figlia di Matilde di Canossa e successivamente annesso al Comune di Modena. Fu teatro della lotta tra guelfi e ghibellini. Fu espugnato dai guelfi nel 1326 e dato in feudo a Jacopino Rangone. I Rangoni lo governarono fino al 1796 con l'arrivo di Napoleone.
    Dopo la Restaurazione fu sotto il dominio estense fino all'Unità d'Italia.

    ITINERARI

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    - Centro storico di Castelvetro
    E' possibile vedere solo parte delle mura dell'antico castello, eretto nel IX secolo; la torre dell'Orologio e Palazzo Rangoni di epoca feudale, con soffitti in legno, cornici affrescate e interessanti dipinti.
    Nella bella piazza del borgo è presente il Palazzo comunale, restaurato intorno agli anni '30; l'antico oratori di S.Antonio da Padova con colonne doriche; la chiesa parrocchiale ottocentesca dedicata a S.Senesio e S.Teopompo, in stile gotico.

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    - Levizzano Rangone
    Dell'imponente castello medievale sono rimasti la Torre matildica, un tratto delle mura e una porta fortificata con corridoio.
    Nel borgo la chiesa parrocchiale di S.Antonio, costruita ai primi del Novecento.
    - Oratorio di San Giovanni Battista
    Sorge su una collina e sembra risalire al XVI secolo. Fu successivamente ricostruito come appare oggi nell'Ottocento.
    - Convento di Monte dei Gesuiti
    E' di proprietà privata e sembra risalire intorno al Cinquecento, quando passò sotto i padri gesuiti.
    Agli inizi del Novecento divenne un fabbricato ad uso rurale.
    - Oratorio di S.Polo
    Costruito sulla sponda destra del torrente Guerro, perscongiurare gli straripamenti delle acque.
    - Oratorio di Casa Re
    Fu eretto intorno al XVIII secolo e dedicato all'Immacolata Concezione.
    - Oratorio di S.Maria del Carmine
    Costruito nel XVII secolo si trova lungo stra fra Castelvetro e Levizzano.
    - Oratorio di S.Giuseppe delle Olive
    Interessante, all'interno della sacrestia è un quadro raffigurante la Sacra Famiglia.
    - Oratorio di S.Michele
    Risale al VIII-IX secolo ed. La parte decorativa inferiore della facciata è originaria. Il tetto è ornato da una cornice in mattoni "a denti di sega".

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    - Santuario di Puianello
    Sorge su un colle da cui si domina tutta la pianura modenese, è in sile barocco ed è dedicato alla Madonna.
    Costruito sull'antico oratorio della Beata Vergine della Salute, fu restaurato dai padri cappuccini che vi risiedono dal 1947.

    AREA TURISTICA
    Città d'arte, cultura, affari.

    Oggi conta circa novemila abitanti ed è caratterizzato prevalentemente da un'attività di tipo agricolo.
    E' una delle "Città del vino" italiane. Famoso è il Lambrusco Grasparossa, pilastro dell'economia locale.

    Di interesse naturalistico è l'area di riequilibrio ecologico dei Fontanili di Montale, acque risorgive naturali, e il Parco Rio dei Gamberi al cui interno è situata la "Collina delle fiabe", con le sagome dei persongaggi delle fiabe disegnati da Emanuele Luzzati.
    E' possibile ammirare nelle campagne maestosi alberi secolari (querce e salici).
    - Centro storico di Castelnuovo
    E' possibile ammirare l'imponente Torrione con l'orologio, simbolo del paese e ultimo resto di ciò che rimane del castello medievale.
    Poco distante dal Torrione è la chiesa parrocchiale, che conserva decorazioni nel catino absidale e nella cupola.
    Il campanile è della fine del XIX secolo. Di un'antica cappella del castello rimane invece un affresco cinquescentesco raffigurante la Madonna delle Grazie.
    Il Palazzo del municipio è stato ristrutturato negli anni '20. Recenti restauri hanno portato alla luce un antico pozzo sulla piazza.
    - Chiesa di Montale
    Sorge sul rialzo archeologico denominato "motta" (terramara ) da cui prende il nome la località di Montale, ed è dedicata a San Michele.
    Probabilmente fungeva da cappella dell'antico casello di Montale ed è stata ricostruita nella seconda metà del XVIII secolo.
    - Chiesa di Santa Maria del Tiepido
    E' di origini antichissime poichè sorge su di un lugo di epoca romana ed è già citata nel XII secolo.
    E' stata restaurata di recente e vi si venera la Vergine con il nome di Madonna della Neve.
    - Oratorio di Bergomi
    Risale alla prima metà del Settecento e presenta una sagrestia e un grazioso manufatto che funge da campanile "a vela".
    - Oratorio di San Lorenzo della Nizzola
    Antica chiesa nominata nel XI secolo, conserva un abside medievale ed è stato restaurato pochi anni fa.
    - Villa Latour
    Nucleo della fine del Settecento con parco-giardino e annesse dipendenze rurali, rimaneggiato nel Novecento.
    - Villa Manodori-Coccapani
    Ampliamento settecentesco di un edificio preesistente, presenta un ampio prospetto con belvedere, torri laterali, doppia scalinata centrale, parco con laghetto e corte con cinta muraria.
    - Villa Berti
    E' un complesso del XIX secolo composto da: villa signorile con tre corpi di fabbrica, fregi e torretta; casa colonica; cortile racchiuso da elementi porticati con edificio a torre.
    - Villa Torreggiani
    Costruzione del XIX secolo con annesso parco, oratorio novecentesco ed edifici colonici.
    - La Mulinazza
    Armonico complesso di edifici risalenti al XIX secolo, comprendente una villa signorile, un edificio rurale con stalla, fienile e abitazioni, oltre ad altri edifici minori.
    - Cà Settecani
    Località nominata già nel XII secolo, presenta un complesso di edifici padronali e rustici dei quali il più antico risale al Settecento.
    - Villa Frigieri
    Complesso di edifici risalenti agli inizi del XIX secolo, costituito da villa signorile con torretta e pertinenze agricole.
    - Fornace Ferrari
    Era già attiva nel Settecento per la cottura di mattoni a manufatti d'argilla.
    - Mulino delle Cavidole
    Importante mulino di origini anteriori al Cinquecento, fu di proprietà dei Rangoni.
    E' situato sul canale di San Pietro ed è rimasto in funzione fino agli anni '60.






    SAVIGNANO



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    Posto tra la collina e l'alta pianura sulla destra del Panaro, preziosi ritrovamenti archeologici testimoniano che queste terre furono abitate fin da epoche remote. Oggi conta circa ottomila abitanti e gran parte del territorio è coltivato a frutteti (ciliegi, susini, albicocchi, meli, peri) e vigneti Doc (trebbiano, pinot, montuni, albana, lambrusco grasparossa, barbera).
    Attiva è anche la piccola industria, l'artigianato e il terziario.
    La cucina locale è ricca e varia perchè prende ispirazione dalle tradizioni bolognese e modenese da una parte, e da quelle di montagna e di pianura dall'altra.
    Si possono quindi gustare prodotti montanari come i "borlenghi" e le "crescentine", insieme ai "modenesi" Aceto balsamico e nocino, e altri di provenienza bolognese, come le paste fresche e ripiene.
    Di interesse storico-architettonico è l'antico borgo medievale di Savignano Alto e tra i numerosi reperti archeologici ritrovati nel territorio, da menzionare è lo scheletro dell'elefante pliocenico (visibile al Centro covocp) e la statuetta della "Venere" risalente al paleolitico superiore.

    Centro storico
    Noto come Savignano Alto o Castello, l'antico borgo è ancora visibile con il suo antico impianto urbanistico medievale.
    Vi si accede da piazza Zanantoni, sviluppata su due piani, il più alto dei quali è circondato da un muro.
    L'oratorio, restaurato di recente, fu costruito nel 1631, a seguito della scampata peste del periodo manzoniano.
    L'ingresso al Castello è da via Crespellani. Le prime notizie su di esso risalgono all'anno 898. epoca della giurisdizione dei Vescovi di Modena.
    Il marchese Bonifacio di Toscana lo lasciò in eredità alla figlia Matilde di Canossa e alla morte di quest'ultima, nel 1115, Savignano fu contesa da modenesi e bolognesi.
    Passò poi sotto il dominio degli Estensi che nel 1408 ne fecero dono a Uguccione della Signoria dei Contrari.
    Dal 1577 al 1796 passò poi alla famiglia Boncompagni. Nel 1861 Savignano diventò uno dei Comuni del Regno d'Italia.
    Il torrione del Castello che sovrasta il primo voltone era un tempo dotato di ponte levatoio.
    Proseguendo si incontra la grande struttura della casa del Capitano, con tracce di affreschi e uno stemma della signoria dei Contrari.
    Una scala in mattoni porta alla chiesa parrocchiale dell'Assunta, ricostruita nel 1894 sul luogo dell'antico medievale dell'XI secolo.
    La Casa di Matilde, fabbricato ricostruito dove si dice che vi soggiornasse la contessa di Casnossa, è sita tra le antiche case di via Pallotti.
    Al termine degli edifici si erge la Torre del Capellano, visibile solo dall'esterno dell'abitato. Nella parte nuova di Savignano, posta ai piedi del colle del Castello da ricordare è la sede municipale dove è conservato lo scheletro dell'Archidiskodon Gromovi, elefante pliocenico rinvenuto sul greto del Panaro nel 1980.

    ITINERARIO NATURALISTICO

    Da percorrere è la cosidetta "Via delle Querce". E' un itinerario che permette di scoprire l'alto numero di querce secolari presenti e risalenti nel territorio al settecento.


    SPILAMBERTO

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    La posizione di Spilamberto offre al visitatore la possibilità di escursioni tra le rive del Panaro e i panorami delle prime colline modenesi.
    L'area del fiume, in particolare, è attraversata dal Percorso Natura, percorribile solo a piedi o in bicicletta fra suggestive boscaglie di salici e pioppi.
    Il percorso arriva fino al Parco di Marano, dopo aver superato Vignola.

    - Centro storico di Spilamberto
    Si possono ammirare il Torrione del XIV secolo, recentemente restaurato, che ospita l'Antiquarium e, al primo piano, la sede dell'ordine del nocino modenese.
    All'ingresso del centro è visibile la Villa comunale Fabriani di fine XVIII secolo, ampliata nel XIX, con pareti e soffitti finemente decorate e una pregevole scultura a piano terra; il sottotetto dell'edificio ospita le prestigiose acetaie del Comune e della Consorteria.
    Il vicino Palazzo del Bargello era la residenza medievale dei feudatari di Spilamberto e presenta ancora il bel portico del Pavaglione, sotto cui si teneva, già nel 1578, il mercato dei bozzoli del baco da seta. attigua al Palazzo si trova l'antica Filanda Rangoni, risalente nel 1609.
    Poco distante si trovano il Seicentesco Cortile della Racchetta e il Convento della Monache di San Francesco, sorti per volere della famiglia Rangoni, a cui appartiene l'omonima cappella del 1713.
    Opposte al Torrione sorgono la Rocca Rangoni del XIII secolo - attualmente di proprietà del Comune - e Villa Ida dei primi del Novecento.
    Dell'antico castello si possono ancora vedere i resti delle mura del XIII secolo e la Torretta di guardia.
    Poco distante da via Obici, si trova la Comuna Vecchia o Palazzo del Governatore, edificio del 1425 ed ex sede comunale; sul retro si trova l'antico presidio militare di cavalleria con interessanti merlature, denominato lo Stallone.
    Il Comune ha ora sede in un palazzo di epoca fascista che conserva pregevoli opere di artisti contemporanei.
    Da vedere: la chiesa di San Giovanni Battista del XIII secolo e restaurata nel Settecento; la chiesa di S.Adriano III Papa, risalente al 1214, ma ricostruita nel 1713 con il campanile ottocentesco e al suo interno un antichissimo organo a canne; la chiesa di Santa Maria degli Angeli, di epoca settecentesca, oggi sconsacrata, sede anticamente di un ospedale rimasto attivo fino al XIX secolo; la chiesa del Carmine, costruita nel 1641 che custodisce tre paliotti in scagliola e un'acquasantiera cinquecentesca.
    - Chiesa di San Vito
    Fu nominata Pieve nel 1186 ed è stata soggetta a diversi restauri e rifacimenti. La facciata novecentesca e il campanile è in stile neoclassico.
    All'interno il battistero con vasco in marmo e paliotto in scagliola e un antico organo a canne.
    - Oratorio di Collecchio
    Risulta essere già esistente nel '400, ma la sua fondazione sembra risalire all'XI secolo. Dedicato alla SS. Annunziata, fu ricostruito e riconsacrato alla fine del XVII secolo.






    VIGNOLA



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    Situata ai piedi dell'Appennino, la "Città" di Vignola (titolo conferitole dal Presidente della Repubblica nel 1994) conta circa ventimila abitanti e sorge sulla sponda sinistra del fiume Panaro.
    Vignola conserva importanti e pregevoli testimonianze architettoniche, come la famosa Rocca e diede i natali a personaggi storici illustri, come l'architetto Jacopo Barozzi (detto "Il Vignola", 1507-1573), e allo storico e letterato Ludovico Antonio Muratori (1672-1750).
    Vignola è famosa per la sua produzione agricola: famose sono le sue ciliegie e le sue susine, abbinate ad altre produzioni locali quali l'albicocca, le mele e i prodotti vitivinicoli.
    Come prodotti tipici della cucina emiliana, spiccano i "borlenghi", L'Aceto balsamico Tradizionale di Modena, la "Torta Barozzi", il nocino e le ciliegie sotto spirito.

    ITINERARI STORICI

    - Centro storico di Vignola
    E' dominato dall'antica e imponente Rocca, dotata delle torri angolari, del ponte levatoio, di un'ampia corte, numerose sale adornate e di una cappella con interessanti affreschi tardo gotici. Il castello appartenne nell'Alto Medioevo prima all'Abbazia di Nonantola, poi ai Vescovi di modena.
    Nel secolo XIII fu a lungo oggetto di contesa con Bologna, poi passò dalla signoria dei Grassoni a quella degli Estensi.

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    Nel 1401, Nicolò III d'Este donò il Castello ad Uguccione dei Contrari, signoria che dominò a Vignola per quasi due secoli.
    Il marchesato fu ceduto, nel 1577 a Papa Gregorio XIII, della famiglia dei Boncompagni che lo conservò fino al 1796.
    Con la Restuarazione Vignola subì il governo dispotico di Francesco IV d'Este.
    Accanto al Castello si trova il piccolo oratorio di S. Maria, con tracce di affreschi sul soffitto ed un calco in gesso dorato di una bella immagine della Madonna con Bambino del XV secolo.
    Di fronte alla Rocca sorge il cinquecentesco Palazzo boncompagni, costituito da un corpo centrale e due laterali e con portale bugnato; all'interno, la famosa chiocciola del Barozzi e affreschi ottocenteschi.
    Sede di frequenti mostre è la casa di Ludovico Muratori.
    La Chiesa di S.Nazario e S.Celso, infine, edificata nel 1416 e ampliata nel 1685, presenta una facciata ottocentesca e decorazioni a cornice e, all'interno, interessanti dipinti e una "pietà" in bronzo dorato.
    - Chiesa di S.Maria Rotonda
    E' citata già nell'826 e fu riedificata completamente nel 1491. E' costituita da due corpi rotondi sovrapposti, in mattoni rossi, sostenuti all'interno da otto archi. E' di proprietà privata.
    - Santuario della Madonna della Neve
    Costruito su una delle più antiche pievi romaniche della zona, nell'XI secolo assunse l'aspetto monumentale odierno.
    Nel Seicento vi fu costruito un oratorio dedicato alla Madonna con Bambino; fu po ampliato nel 1782 e restaurato negli anni '60.
    - Chiesa di Campiglio
    La chiesa è dedicata a San Michele e fu eretta sulle fondamenta dell'antico castello di cui restano due belle torri: oggi una è adibita a campanile e l'altra a sagrestia.
    - Villa Martuzzi-Ripandelli
    E' di proprietà privata e fu edificata sulla dimora cinquecentesca dei Rangoni.
    - Villa Tosi-Bellucci
    Sede comunale dal 1916, si presenta con un corpo centrale neoclassico e due corpi laterali di epoca successiva. Interessanti all'interno alcuni soffitti affrescati.


    ITINERARI FLUVIALI

    Percorribili a piedi, in mountain-bike o a cavallo sono il Percorso Natura (proveniente da Modena) e il Percorso Sole (verso il Parco Fluviale di Marano). Entrambi si collegano poi con il Percorso Belvedere che, dalla località Casona, si dirige verso l'Appennino e i Sassi di Roccamalatina.

    SASSSUOLO

    PALAZZO DUCALE -


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    Probabilmente all'inizio del sec. XII Matilde di Canossa fece costruire la Rocca. Nel 1458, il marchese Borso d'Este, nel recinto del castello, fece edificare da Pietro da Ronchegallo un palazzo per la residenza estiva.
    L'architetto Bartolomeo Avanzini eseguì nel 1650 i grandi lavori di trasformazione del castello in principesca residenza estiva per il duca Francesco I d'Este. Dopo la morte dell'Avanzini i lavori vengono diretti da Antonio Loraghi, suo allievo e nuovo architetto ducale. Dietro al palazzo fu costruito un giardino con statue, peschiere, fontane, piscine (il Fontanazzo), giochi d'acqua, sempre disegnati dall'Avanzini, e si conservò un vastissimo parco per la caccia attraversato da un viale alberato, lungo quattro chilometri, che conduceva al Belvedere, il casino di caccia di San Michele.
    Il prospetto del palazzo richiama diversi elementi del Palazzo Ducale di Modena.Il prospetto sottolinea l'apoteosi della casa d'Este: cinque grandi quinte, simbolo della casata coronano l'edificio; un fregio centrale contiene lo stemma nobiliare; altre due aquile risaltano sulle nicchie laterali. Ai lati della porta vi sono statue di Nettuno e Galatea, di Ercole Raggi.

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    L'interno è riccamente decorato da opere di Angelo Michele Colonna, di Giovanni Boulanger e di Pietro Galluzzi (sec. XVII). Di grande interesse è il cortile d'onore del palazzo ingentilito dalla decorazione pittorica parietale a finte architetture, soluzione formale adottata dal Mitelli e dal Colonna.
    La vicina chiesa di S. Francesco è stata edificata nel 1653, per volere di Francesco I d'Este da Bartolomeo Avanzini, come cappella ducale collegata al palazzo ducale tramite un percorso pensile. All'interno si possono vedere affreschi di Giovanni Boulanger e dei suoi collaboratori Agostino Mitelli, Angelo Colonna, Giovanni Monti e Baldassarre Bianchi. Nella chiesa è conservato un Crocifisso che, secondo la tradizione, era stato ricevuto in dono da Marco Pio da una fanciulla turca durante una crociata.

    TEATRO E CINEMA CARANI -

    Su un foglio volante stampato in occasione dell'inaugurazione di questo teatro, si legge quanto segue: "l'11 luglio 1696 si cominci a Sassuolo il teatro nel palazzo Giordani del duca Rinaldo Donato. Aumentata la popolazione nel 1773 si rinnovò il teatro facendolo più vasto." Questo brano tratto evidentemente da un antico memoriale, si riferisce al settecentesco teatrino ducale posto nella piazza dell'Orologio (ora piazza Garibaldi), demolito nel 1905. Il teatro Carani fu fatto costruire da Eugenio e Mario Carani, industriali del luogo, su una vasta area in prossimità del centro storico che avrebbe consentito lo sviluppo longitudinale della facciata su viale XX Settembre. Si diede avvio all'opera, su progetto dell'ingegner Zeno Carani di Modena, nel febbraio 1930 ed inaugurato il 25 dicembre di quello stesso anno. Questo teatro ha conservato interamente il suo aspetto originale. Elementi stilistici di gusto tardo liberty sono presenti nella facciata, negli arredi del foyer e nelle ampie porte d'ingresso dai bei vetri molati. Vale la pena ricordare una curiosità, questo teatro ha ben tre accessi: uno da su via Mazzini, uno da piazza Garibaldi attraverso galleria Carani, ed infine il principale su viale XX Settembre. La vasta sala ha un aspetto assai semplice e lineare, presenta una pianta a ferro di cavallo con due ordini di gallerie piuttosto ampie, ed è priva di particolari elementi decorativi. Al centro del soffitto posta una singolare cupola apribile ed un lampadario anni Settanta di manifattura muranese.


    VILLA SORRA

    CASTELFRANCO EMILIA - LOCALITA' GAGGIO DI PIANO (MO )


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    La Villa
    Villa Sorra è una delle più importanti ville storiche del territorio modenese. Nel suo parco troviamo quello che è considerato l’esempio più rappresentativo di giardino “romantico” dell’Ottocento estense ed è da molti ritenuto il più importante tra i giardini informali presenti in Emilia Romagna. La coesistenza dei vari elementi che costituiscono il complesso (villa, edifici rustici, serra, parco storico, rovine romantiche, vie d’acqua, giardino campagna)dà luogo ad un campione pressoché unico di paesaggio agrario preindustriale, di inestimabile valore storico, culturale e ambientale. La tenuta, che conserva ancora oggi il nome dei Sorra (nobile famiglia che edificò il complesso e ne ebbe la proprietà per oltre due secoli), è dal 1972 di proprietà dei Comuni di Castelfranco Emilia, Modena, Nonantola e San Cesario sul Panaro.
    Probabilmente progettata da Giuseppe Antonio Torri, coadiuvato dall’allievo Francesco Maria Angelini, la villa padronale costituisce un significativo esempio del barocchetto emiliano; di volume piramidale (ora purtroppo smorzato a causa della demolizione della lanterna sopra l’altana, avvenuta nel 1956), presenta un blocco compatto alla base e due avancorpi che fiancheggiano le facciate d’ingresso leggermente arretrate.
    Internamente la villa è imperniata sul grande salone centrale ovato a doppio volume sovrastato dalla grande volta a padiglione su pianta ellittica, fulcro intorno al quale ambienti e vani accessori sono simmetricamente collocati: due salette, quattro appartamenti (rosso, a rasetto, verde e giallo), la cappella, lo scaloncino all’imperiale e le due contrologge d’ingresso, collocate sull’asse principale est-ovest. All’interno dell’edificio è presente una ricca decorazione pittorica: dalle tempere su iuta che adornano le salette al piano nobile, alle grandi vedute scenografiche del salone d’ingresso realizzate in parete, fino alle decorazioni e agli affreschi presenti sulla volta di alcune sale.
    Insieme alla villa vengono costruite la scuderia, la ghiacciaia e il caseificio, edifici tuttora esistenti. La scuderia, risalente ai primi decenni del Settecento, rappresenta un interessante esempio di architettura rurale emiliana.
    La Villa è visitabile nelle giornate del 25 aprile, 2 giugno e 15 agosto. È possibile concordare visite per gruppi su appuntamento.

    La Raccolta del Lavoro Contadino e Artigiano
    La raccolta venne costituita nel 1973 quando il pittore e antiquario Celestino Simonini di Castelfranco Emilia decise di donare al Comune di Modena numerosi beni di cultura materiale da ospitare a Villa Sorra. Accresciuta nel tempo da altre donazioni, la raccolta è oggi una delle più cospicue a livello regionale con i suoi oltre 9.000 reperti, databili dal '700 alla metà del '900.
    Dal 1991 la raccolta è stata affidata in gestione al Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena. Attualmente, in attesa della riapertura al pubblico degli spazi espositivi, i materiali sono conservati nei depositi della villa. La collezione è costituita da attrezzi e manufatti, appartenenti a diversi settori della vita domestica e del lavoro rurale e urbano, che rappresentano una testimonianza rilevante del nostro recente passato e forniscono un prezioso contributo documentario per lo studio della storia modenese. I vari manufatti sono stati raccolti principalmente nell'area attorno alla città di Modena e sono legati ai cicli produttivi della vite e del vino, del grano e del pane, del latte e del formaggio, della canapa, oltre ai mezzi di trasporto ed ai lavori artigianali del falegname, del fabbro, del maniscalco e del calzolaio.

    Il Parco
    Il Parco di Villa Sorra si estende per circa 30 ettari a Gaggio di Piano nel Comune di Castelfranco Emilia. E' costituito da un giardino storico con piante ornamentali importate da tutto il mondo, da un pioppeto esterno al parco che va trasformandosi in bosco planiziale e da prati e campi coltivati. L'aspetto odierno del giardino storico è il risultato di vari apporti e di modifiche sull'originaria architettura settecentesca eseguiti a più riprese e in particolare dalla ristrutturazione ottocentesca di impronta romantica. Il bosco è costituito principalmente da farnie, carpini, aceri, olmi, pioppi, frassini e per lo strato arbustivo da corniolo, sanguinello, sambuco, lantana e biancospino. Nello stagno e nei canali che circondano il giardino storico vivono vari anfibi, la tartaruga palustre, la natrice tassellata, il martin pescatore, la gallinella d'acqua, mentre nel bosco trovano rifugio ghiri, ricci, picchi, fringuelli, cincie.

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