VENETO ... 1^ Parte

ALLA SCOPERTA DELLA CITTA’ DEI DOGI..VENEZIA..

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    CITAZIONE (tomiva57 @ 10/8/2010, 21:38)
    CITAZIONE (ginakarlo @ 9/8/2010, 11:42)
    ;) :36_1_11.gif: :36_1_55.gif:

    grazie gina ...ma aspetto che anche voi raccontiate qualcosa

    ehm..come turista direi che la Venezia e bellissima e pulita nelle foto e video..ma in vivo ti manca l'aria e profumo.. ;) -_-
     
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  2. tomiva57
     
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    HAI RAGIONE GINA ...CI VORREBBE UN POPIU' DI PULIZIA ..DA PARTE DI TUTTI....MA PERO' E' BELLISSIMA
     
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  3. tappi
     
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    GRAZIE
     
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  4. tomiva57
     
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    venezia e le sue spiaggie più famose



    Lido di Venezia


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    Il Lido di Venezia è un'isola che si affaccia, da un lato a Venezia e alla laguna e, dall'altro, al Mar Adriatico. La sua spiaggia, lunga circa 12 km., è, sicuramente lo località balneare più prestigiosa e affascinante del lungo litorale veneto. Proprio per la sua posizione, l’isola è infatti facilmente raggiungibile da Venezia, è una delle mete più ambite per chi vuole una vacanza all'insegna dell'arte senza però rinunciare al mare e al sole. Al Lido si svolge, a fine estate, uno dei più famosi festival del Cinema di carattere internazionale: Il Festival del Cinema di Venezia che ogni anno ospita stars da tutto il mondo. Cultura, mare, sole, vita mondana e tanto altro si possono trovare in questa località di villeggiatura di modeste dimensioni. Ma, ovviamente, il protagonista principale rimane il mare e l'atmosfera di pace e tranquillità che riesce a creare. Passeggiare lungo la spiaggia al calar del sole o girovagando per le sue calli guardano la bellezza delle case circostanti, questo sono solo alcuni dei tanti piaceri che offre il Lido.

    Il Lido nella storia
    La sua bellezza veniva già apprezzata nel XIX secolo, quando era tra le mete preferite di importanti artisti del tempo tra cui Lord Byron e Thomas Mann. Lo scrittore tedesco, ispirato dalla bellezza del posto, ambientò la sua opera di maggiore successo "Morte a Venezia", da quale fu tratto l'omonimo film, nel rinomato hotel des Bains.
    Hotel e strutture turistiche consigliate

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    Cavallino



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    La spiaggia pulita, i fondali di fine sabbia bianca, il clima mite, gli ampi spazi aperti, le case dei pescatori che danno quel tocco in più ad una tra le spiagge preferiti da un sempre maggior numero di turisti italiani e stranieri. Facilmente raggiungibile dalle maggiori vie di comunicazione, Cavallino è altresì vicina a Venezia. Le partenze e gli arrivi delle motonavi da Punta Sabbioni per la città lagunare sono frequenti e veloci: basti pensare che ci vuole solo mezz'ora di transito, percorrendo lungo la suggestiva laguna, per raggiungere il centro storico. Inoltre, da Cavallino, le maggiori località balneari, quali Jesolo, Bibione e Caorle, sono facilmente raggiungibili attraverso strade statali che si immergono nella tipica pianura padana con le sue ampie distese di campi e i suoi vigneti. Grazie alla sua posizione tranquilla, è piacevole girare per Cavallino e le zone limitrofe in bicicletta o partecipare alle numerose escursioni in barca per poter così ammirare i luoghi dove si pratica la pesca.

    Divertimento a Cavallino

    Molto spazio è dato anche al divertimento: Cavallino e le zone vicine sono ricchi di bar, gelaterie e ristoranti dove è possibile gustare piatti tipici di pesce fresco accompagnati da un buon bicchiere di vino visto che la zona è conosciuta come una delle maggiori produttrici di vino di ottima qualità. Cavallino è anche il posto ideale per praticare vari sporti acquatici. Tutto questo rende Cavallino il posto migliore per trascorrere delle vacanze da sogno!

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    Jesolo



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    Lungo i 120 chilometri di spiagge Venete che si affacciano al Mar Adriatico si trova Jesolo, una delle maggiori località balneari di tutta la costa Adriatica. Jesolo è riuscita, negli ultimi decenni, a dare un volto nuovo cambiando radicalmente aspetto. Attrezzature e servizi all’avanguardia e moderni, locali e intrattenimenti di tutti i tipi, eventi mondani, fanno di Jesolo una località ambita e rinomata che vede sempre più aumentare il numero di visitatori che decidono di passarvi le vacanze estive. Jesolo, con i suoi molti chilometri di spiaggia, è in grado di offrire, anche ai clienti più esigenti, servizi di ottima qualità.

    Attività e divertimenti a Jesolo
    Dai campeggi, agli appartamenti fino agli hotel extra lusso, tutto questo fanno di Jesolo una località che non ha nulla da invidiare ad altre spiagge più conosciute. Per chi ama praticare sport c’è solo l’imbarazzo della scelta: sport acquatici, tennis, golf club e molto di più. E per la sera la scelta è altrettanto varia: bar, ristoranti, pizzerie, club e discoteche che rimangono aperte fino a notte inoltrata. Da non dimentica è la sua posizione strategica: facilmente raggiungibile da strade e autostrade è il posto ideale per chi vuole armoniosamente unire svago e cultura. Raggiungere Venezia è facile! Si può arrivare a Punta Sabbioni e prendere la motonave oppure optare per la macchina e, con poco più di mezzora, si raggiunge il capoluogo. Per coloro che non dispongono di una propria macchina ricordiamo che il servizi pubblico di autobus collega, quotidianamente, Jesolo a Venezia.


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    Eraclea Mare



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    Un’altra importante località di villeggiatura estiva è Eraclea Mare. Facilmente raggiungibile dalle maggiori vie di comunicazione, Eraclea è considerata un’ esempio di progresso e sviluppo urbano armoniosamente bilanciato con il territorio naturale. Seppur in questi ultimi anni il bisogno di creare strutture nuove per accogliere il sempre maggiore numero di ospiti ha dato ampio impulso allo sviluppo edilizio, si è voluto comunque salvaguardare l’ambiente naturale che ha reso questa spiaggia amata dai suoi ospiti. La spiaggia, conosciuta per la sua rigogliosa pineta e per la sua sabbia bianca, è stata recentemente ripulita per salvaguardare il suo aspetto naturale. Eraclea Mare è il posto ideale per famiglie con bambini per la tranquillità che viene garantita ai propri ospiti senza però dimenticare i servizi di alto standard. Nelle vicinanze e nella stessa Eraclea Mare vi sono ristoranti e trattorie che propongono piatti tipici e vino di ottima qualità. Per gli amanti della bicicletta, Eraclea Mare e i suoi dintorni sono i luoghi ideali per lunghe pedalate. Persino le vicine Jesolo e Caorle sono facilmente raggiungibili in bicicletta. Da non dimenticare che da Eraclea si possono organizzare escursioni a Venezia e Treviso e, per chi vuole, imboccando l’autostrada, si possono raggiungere località collinari come Conegliano e Bassano per passare una piacevole giornata alternativa.

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    la mia spiaggia....



    Caorle



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    Caorle, con il suo piccolo centro storico e il suo mare trasparente, è meta preferita da una vasta clientela. La sua spiaggia è fornita di tutti i servizi per rendere il soggiorno dei proprio ospiti indimenticabile. Il centro storico, piccolo, con le sue basse case colorate e le sue strade strette, ricorda Venezia e le isole della Laguna. La semplicità e i colori accesi dei caseggiati rendono Caorle una località balneare unica nel suo genere. Camminando lungo le sue strette strade, che ricordano le calli di Venezia, sembra come essere tra storia e leggenda. La chiesa del 1083, recentemente restaurata, è, con il campanile, costruito un secolo dopo, uno tra i posti più interessanti da visitare. Ciò che balza agli occhi è la pendenza di quest’ultimo dovuta agli assestamenti del terreno sottostante. Dalle strutture alberghiere, ai vari appartamenti, Caorle è in grado di accogliere un numero considerevole di ospiti.

    Divertimenti ed escursioni a Caorle

    Molti sono anche i locali quali bar, ristoranti e altro per passare piacevoli serate. Per ci ama praticare sport vi è un’ampia scelta. Coloro che scelgono di soggiornare a Caorle possono comodamente raggiungere le altre località balneari quali Jesolo, Bibione, Eraclea Mare e organizzare piacevoli escursioni nella bellissima Venezia, come nelle altre affascinanti isole della laguna, oppure visitare il centro storico della piccola Treviso passeggiando lungo le strade e facendo shopping nei numerosi negozi.

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    Bibione



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    Bibione si affaccia sul Mar Adriatico con i suoi 8 km di spiagge splendide. Situata sul lato destro del fiume Tagliamento, è una penisola esposta al sole dalle prime luci dell’alba alle ultime luci del tramonto. Bibione, rispetto ad altre località balneari del lungo litorale Veneto, quali Jesolo ed Eraclea, è diventata una spiaggia rinomata molto più recentemente. Ma,come le altre località, è in grado di offrire il meglio ai suoi amati ospiti: alberghi di varie categorie, campeggi attrezzati, equipaggiamenti sportivi con particolare riguardo agli sport acquatici, divertimento e molto di più rendono Bibione amata da molti. Persino la cucina, che risente del vicino Fiuli, è ottima. Ma questi sono solo alcuni esempi di quello che Bibione è in grado di offrire. Varie escursioni sono regolarmente organizzare per raggiungere i maggiori centri di interesse tra i quali spicca Venezia con le sue isole.

    Escursioni da Bibione

    Da Bibione sì può anche decidere di visitare il vicino Friuli e la sua Trieste, città che segna il confine con la vicina Slovenia. Per coloro che amano mescolare l’amore per la natura con lo sport, ricordiamo che a Bibione è possibile praticare vari sport e ammirare le riserve di pesca che sono state preservate intatte. Bibione può inoltre vantare la lunghezza della sua spiaggia dove i servizi a disposizione della clientela sono all’avanguardia con la sicurezza di soddisfare una clientela sempre più esigente.


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    Lignano Sabbiadoro



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    Lignano Sabbiadoro è la località balneare geograficamente più lontana da Venezia, ma con le sue particolari caratteristiche è sicuramente degna di nota.
    La spiaggia, costantemente affollata di turisti, è ampia e permette comodamente la convivenza dei lettini riservati agli ospiti degli hotel ed alla clientela degli stabilimenti balneari , con gli ospiti che vogliono godere della libertà di stendersi col proprio asciugamano nella porzione di spiaggia libera che è delimitata dal bagnasciuga su un lato, e dai lettini dall'altro. Una lingua di spiaggia dove potersi sicuramente divertire.

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    Attività e divertimenti a Lignano

    Lignano non è solo spiaggia e mare, ma anche sport, escursioni, locali, bar, discoteche, vita mondana.
    E' possibile praticare sport nei diversi centri disponibili nella città, oppure trascorrere alcune giornate nel parco acquatico "Aquasplash", per la gioia soprattutto di giovani e bambini.
    La sera non mancano le attrazioni per gli adulti, i quali, dopo aver cenato in uno dei numerosi locali di Lignano, possono passeggiare e visitare i negozi che in stagione rimangono aperti fino a mezzanotte.
    I giovani invece hanno a disposizioni pub e discoteche per passare in allegria le ore notturne.



    Edited by tomiva57 - 16/5/2011, 08:15
     
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    Chioggia



    Chioggia è un comune italiano di 50.844 abitanti della provincia di Venezia.


    Geografia fisica



    Chioggia si trova su una piccola area peninsulare adriatica fra la Laguna Veneta ed il Delta del Po, a circa metà strada tra Venezia e Ferrara, ed a circa 50 km da Padova e Rovigo, con le cui province il comune confina direttamente. Con la vicina Sottomarina forma il corpo urbano cittadino.

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    Spiaggia

    A Chioggia, più precisamente nelle frazioni di Sottomarina e Isolaverde, è presente un lido. La spiaggia di Sottomarina si estende dalla bocca di porto di Chioggia, fino alla foce del fiume Brenta, mentre la spiaggia di Isolaverde si estende dalla foce del fiume Brenta fino alla foce del fiume Adige. Lungo tutta la spiaggia vi sono rinomati stabilimenti balneari, i quali sono una risorsa economica per la città. La spiaggia è raggiungibile mediante il Lungomare Adriatico, una lunga via che consente di proseguire da Viale Mediterraneo verso gli stabilimenti balneari e le vie interne.



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    la laguna



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    Acqua Alta a Chioggia, sullo sfondo la Loggia dei Bandi e il Monte di Pietà


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    Storia


    L'altra Venezia


    Carlo Goldoni - che abitò per alcuni anni a Palazzo Poli - ha ambientato in questa città una delle sue commedie più conosciute, Le baruffe chiozzotte, rappresentata per la prima volta al Teatro San Luca di Venezia nel 1762.
    Palazzo Municipale e Loggia dei Bandi invase dall'acqua alta.

    Così lo stesso Goldoni la descrive nella prefazione alle Baruffe:

    « Chiozza è una bella e ricca città venticinque miglia distante da Venezia, piantata anch'essa nelle Lagune, isolata ma resa Penisola per via di un lunghissimo ponte di legno, che comunica colla Terraferma. Ha un Governatore con il titolo di Podestà, ch'è sempre di una delle prime Case Patrizie della Repubblica di Venezia, a cui appartiene. Ha un Vescovo colà trasportato dall'antica sede di Malamocco. Ha un porto vivissimo e comodo e ben fortificato. Evvi il ceto nobile, il civile ed il mercantile. Vi sono delle persone di merito e di distinzione. Il Cavaliere della città ha il titolo di Cancellier Grande, ed ha il privilegio di portare la veste colle maniche lunghe e larghe, come i Procuratori di San Marco. Ella in somma è una città rispettabile. »

    (Carlo Goldoni, Le baruffe chiozzotte)



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    Chiesa e campanile di S.Andrea apostolo situate nel Corso del Popolo.





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    Il centro storico di Chioggia, se osservato dall'alto, appare a forma di lisca di pesce. La città viene denominata la Piccola Venezia per le caratteristiche urbanistiche della zona antica molto simile a quella di Venezia, il capoluogo veneto a cui la città è collegata da linee di battelli privati e dell'ACTV.

    A Chioggia - sorta di isola collegata alla terraferma da poche strade rotabili - sono presenti, quindi, al pari di Venezia, calli, campi e canali. Il principale - dal punto di vista turistico, per la tipicità dei palazzi e delle chiese che vi si affacciano - è il citato Canal Vena, attraversato da nove ponti, per molti versi simili a quelli presenti a Venezia.

    Il più imponente è il Ponte Vigo che chiude il canale a ridosso della laguna conducendo alla piazza omonima prospiciente la stazione dei battelli diretti a Pellestrina e nella quale troneggia un'alta colonna sormontata dal leone marciano, simbolo dell'orgoglio veneto ma ironicamente chiamato dai veneziani el gato (il gattone) perché di dimensioni molto inferiori a quelle del leone di Venezia, causa di forti litigi, le famose "baruffe", tra veneziani e chioggiotti, questi ultimi ritenendosi offesi dal disprezzo che tale appellativo preclude.

    Gli altri canali che attraversano o racchiudono perpendicolarmente Chioggia sono il Canal Lusenzo, a sud, il Canal Lombardo, a ovest, e il Canale San Domenico, a est. La parte più esterna della città viene chiamata Riva Mare anche se in realtà non si affaccia sulla laguna; il nome deriva dalla sua posizione protesa, appunto, in direzione del mare.

    Notizie storiche

    La leggenda delle origini di Chioggia narra che Antenore, fuggito da Troia dopo la sua sconfitta, trovò rifugio nelle coste del Mar Adriatico assieme ad Aquilio e Clodio, anch'essi fuggitivi. La leggenda si dirama poi in tre parti: Aquilio, Antenore e Clodio fondarono rispettivamente le comunità di Aquileia, Padova e Clodia. Per quest'ultima, Clodio scelse come stemma un leone rampante rosso a ricordo di Troia. Il nome Clodia poi cambiò nei secoli in Cluza, Clugia e quindi Chiozza, per arrivare infine all'attuale toponimo Chioggia.
    L'orologio della torre di S.Andrea, al secondo posto tra gli orologi più antichi del mondo, poiché preceduto di alcuni mesi da quello bretone, situato a Salisbury, Gran Bretagna

    Chioggia è di origine romana, ne resta il tipico reticolato geometrico nella topografia urbana, e faceva parte di una più estesa centuriazione che comprendeva l'intera area della laguna di Venezia.

    I documenti più vecchi sono attribuiti al V secolo d.C., quando la città era parte di una provincia dell'impero bizantino. Nel medioevo la città ebbe una propria autonomia comunale e nel 1110 divenne anche sede episcopale.
    Palazzi in stile veneziano dai colori vivaci si affacciano sul Canal Vena, che taglia longitudinalmente Chioggia ed è uno dei più pittoreschi della città



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    Canal Vena -pittoreschi comignoli



    Una pagina importante della storia della città avvenne durante la cosiddetta guerra di Chioggia (rievocata nel Palio della Marciliana), l'ultimo scontro tra Repubblica di Genova e Serenissima Repubblica di Venezia.

    Nel 1379 la città cadde in mano a Genova, per poi essere riconquistata dall'intervento veneziano nel 1380.

    Chioggia fece parte della Repubblica di Venezia fino al 1797, anno in cui cadde in mano alle truppe di Napoleone Bonaparte.

    In seguito al trattato di Campoformio, nel 1798, la città passò in mano all'Austria, a cui rimase tranne per un breve periodo in cui subentrarono nuovamente i francesi, fino al 1866, anno in cui Chioggia venne annessa al nascente Stato Italiano alla fine della terza guerra di indipendenza, quando, malgrado le sconfitte militari subite dalle forze italiane, con la notevole eccezione delle formazioni garibaldine, grazie all'alleanza con la Prussia, il governo austriaco fu costretto a cedere il Veneto e parte del l'odierno nordest all'Italia.

    Durante la seconda guerra mondiale rischiò il bombardamento a tappeto da parte dell'aviazione alleata. Solo grazie alla rivolta dei cittadini i nazifascisti si arresero e il 27 aprile 1945 la città venne liberata dalle forze alleate.

    Onorificenze


    La città di Chioggia è la quindicesima fra le ventisette città decorate con Medaglia d'Oro come "Benemerite del Risorgimento nazionale" per le azioni altamente patriottiche compiute dalla città nel periodo del Risorgimento italiano, ovvero tra i moti insurrezionali del 1848 e la fine della prima guerra mondiale (1918).
    Medaglia alle Città Benemerite del Risorgimento Nazionale - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia alle Città Benemerite del Risorgimento Nazionale
    «In ricompensa del valore dimostrato dalla cittadinanza nell'episodio militare dal 22 al 23 marzo 1848 ed in genere nella difesa dell'estuario veneto. Chioggia insorgeva il 18 marzo 1848; il 23 gli Austriaci abbandonarono la città, nella quale venne proclamata, il 24, la Repubblica. Di qui in avanti, Chioggia seguì le sorti di Venezia.»

    Monumenti e luoghi d'interesse

    Chiese


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    il duomo



    Numerose sono le chiese cattoliche presenti nel territorio. Fra queste la chiesa di Sant'Andrea, risalente al 1700, ha al suo fianco una torre in stile romanico - detta Torre dell'Orologio - risalente all'XI-XII secolo e, un tempo, torre di difesa e di avvistamento militare. Possiede al suo interno l'orologio da torre più antico al mondo realizzato da Giovanni Dondi dell'Orologio (recenti studi hanno dimostrato la sua pre-esistenza a quello di Salisbury). All'interno dell'edificio religioso è presente una Crocifissione di Palma il Vecchio (1480-1528). Importante è pure la cattedrale di Santa Maria Assunta.




    Chioggia
    la cattedrale




    Particolarità dei cognomi

    Chioggia rappresenta un caso demografico unico in Italia: l'elevatissimo tasso di omonimia tra i due cognomi principali, Boscolo e Tiozzo, ha indotto l'ufficializzazione nel registro dell'anagrafe dei soprannomi, tipici di tutto il Veneto e utilizzati popolarmente per distinguere i vari rami di una stessa famiglia. In ogni documento ufficiale, patente di guida e carta d'identità compresi, questi soprannomi - alcuni dei quali molto bizzarri - vengono dunque inseriti a tutti gli effetti di legge, accompagnando la vita giuridica dell'interessato.

    Per fare alcuni esempi, dei Boscolo si distinguono, tra gli altri, i Forcola, i Bachetto, gli Anzoletti, i Gioachina, i Cegion, i Bariga; dei Tiozzo i Caenazzo, i Fasiolo, i Napoli, i Campanaro, i Brasiola, i Pagio.




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    Museo civico della Laguna Sud



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    Il Museo Civico della Laguna Sud - detto anche Museo "San Francesco fuori le Mura" - è un museo archeologico ed etnografico di Chioggia ed uno dei principali dell'area della Laguna di Venezia.

    Operativo dal 31 maggio 1997, è situato in Campo Marconi 1 ed è allestito nell'ex Convento di San Francesco fuori le Mura, a breve distanza dalla Porta di Santa Maria ed al termine del Canal Vena, uno dei principali della città. L'edificio originale risaliva al 1315, mentre il suo rifacimento, dopo la distruzione avvenuta durante la guerra di Chioggia (vedi Palio della Marciliana) fra Serenissima Repubblica di Venezia e Repubblica di Genova, è del 1434.

    Al XIX secolo (anno 1806) risale la sconsacrazione del convento che da allora ha assunto diverse funzioni dinenendo dapprima magazzino militare e quindi, dopo la prima guerra mondiale, diviso in due parti, mercato ortofrutticolo. Nel secondo dopoguerra è divenuto ricovero per sfollati e quindi, prima di essere recuperato come polo museale, deposito degli autobus.

    Già nel 1868 il Comune di Chioggia aveva acquisito la raccolta libraria dell'oratorio dei Padri Filippini dando vita alla Biblioteca Civica di Chioggia, intitolata a Cristoforo Sabbadino, illustro ingegnere della Serenissima.


    La struttura museale


    Si articola su tre piani raccogliendo testimonianze archeologiche rinvenute a Chioggia nelle aree limitrofe e che hanno come denominatore comune l'acqua. Al piano terra vi sono reperti di epoca preromana, romana e medioevale; il primo piano ospita collezioni di epoca medioevale, rinascimentale e moderna; il secondo piano infine espone una mostra sulla cantieristica e sulla marineria a partire dal XVIII secolo. In quest'ultima sezione una sala è dedicata alle tecnologie idrauliche di difesa adottate in epoca imperiale romana mentre un'altra documenta le attività commerciali sempre in epoca romana; altre sale sono poi dedicate specificatamente a Sabbadino e alla marineria, alla pesca e alla cantieristica locali.

    Il museo si avvale di materiale documentario vario come, oltre ai tradizionali reperti archeologici, monete, ceramiche, plastici, diorami, attrezzi per la pesca, costumi e fotografie.

    Il museo ospita anche al primo piano, accanto alla sala Cristoforo Sabbadino, l'archivio storico comunale, visitabile da lunedì a venerdì dalle ore 9 alle ore 13. Vi sono conservati documenti di grande rilievo storico e culturale risalenti, come nel caso delle Mariegole - codici miniati pergamenati - al 1246, epoca dei primi statuti medioevali. La documentazione presente si spinge fino agli anni 1950 documentando la vita locale nel secondo dopoguerra.

    I servizi comprendono una sala studia e consultazione.


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    La principale risorsa e fonte di sviluppo è la pesca che fa di Chioggia uno dei porti marittimi più importanti dell'Adriatico.

    La seconda fonte di reddito per questa città è data dalla produzione agricola di radicchio (Rosa di Chioggia).

    Terza risorsa economica, ma non meno importante, proviene dal turismo culturale e grazie alla nota località balneare di Sottomarina (frazione di Chioggia) anche dal turismo balneare, la cui sabbia viene raccomandata per la talassoterapia (comunemente detta sabbiatura). L'ampiezza - e la profondità (oltre mezzo chilometro) - della costa, ne fa una fra le spiagge più estese d'Italia; il mare poco profondo nei pressi della battigia è particolarmente adatto per la balneazione dei più piccoli.

    Importante è l'attività portuale, che grazie al collegamento ferroviario (linea dedicata Verona-Rovigo-Adria-Chioggia)riesce a dare un valido supporto per lo scambio merci; dall'estate 2005 il porto grazie al servizio traghetti diventa anche terminal passeggeri con rotte verso la Croazia, a Spalato, per il trasporto non solo di merci ma anche di persone e autovetture.

    Altre forme minori di reddito presenti nella città di Chioggia sono date dalle industrie del tessile, del legno e dalla molteplice presenza di piccoli cantieri navali (comunemente chiamati dalla gente del posto "squeri"), che si occupano della realizzazione e riparazione di pescherecci e barche in legno.


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    Frazioni


    Principali frazioni di Chioggia sono Brondolo, Sant'Anna di Chioggia, Ca' Bianca, Cavanella d'Adige, Valli e le località balneari di Sottomarina e Isolaverde.

    Brondolo

    Brondolo è una frazione del Comune di Chioggia, posta circa a 4 km a sud della stessa, contigua alla frazione di Sottomarina e delimitata a sud dal fiume Brenta.


    Sant'Anna di Chioggia

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    La ferrovia Adria-Chioggia collega anche le frazioni di Cavanella d'Adige e Sant'Anna.

    Sant'Anna di Chioggia è una frazione del Comune di Chioggia, posta circa a 8 km a sud della stessa e compresa tra due fiumi, il Brenta e l'Adige.

    Ca' Bianca

    Ca'Bianca di Chioggia è una frazione della città di Chioggia, in provincia di Venezia. Dista 10 km dalla città clodiense (7 km in linea d'aria) ed è estesa per 730 metri.

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    Il centro del paese è costituito da una chiesa (dedicata a San Rocco), ad agosto si svolge La Sagra di San Rocco che è organizzata dal comitato parrocchiale.

    Il territorio su cui sorge il paese è pianeggiante ed è caratterizzato prevalentemente da campi coltivati (le maggiori colture sono mais e barbabietola), alcune zone residenziali con notevoli villette e villette bifamiliari.

    Ospitava una base missilistica americana.

    Cavanella d'Adige

    Il paese sorge sulla riva sinistra del fiume Adige che sfocia a Est,ad una decina di km, nel mare Adriatico e si trova al limite di separazione tra la provincia di Venezia da quella di Rovigo, situata a circa 13 km a sud di Chioggia, 4 a nord di Rosolina e 13 a nord di Porto Viro. Nei pressi dell'abitato si trova Riserva naturale Bosco Nordio nonché la Laguna di Caleri, fra la foce dell'Adige e quella del Po di Levante. Da Venezia dista 63 km, 44 da Rovigo, 60 da Padova e 22 da Adria.

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    il ponte levatoio sulla conca di navigazione tra l'Adige ed il Canale di Valle.

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    Valli



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    Il paese sorge in terraferma sulla riva sinistra del fiume Brenta in corrispondenza di Valli sfocia in laguna con il braccio di Montalbano, situata a circa 13 km a ovest di Chioggia è attraversata dalla statale Romea.

    Il centro del paese è costituito da una chiesa dedicata alla natività di Maria di cui, a settembre, si svolge una sagra commemorativa organizzata dal comitato parrocchiale.

    Il territorio su cui sorge il paese è pianeggiante ed è caratterizzato prevalentemente da campi coltivati e alcune zone residenziali a villette bifamiliari.



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    Sottomarina




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    Sottomarina (in lingua veneta "Marina", in latino: "Clodia Minor") è un'importante località turistica e frazione del comune di Chioggia. La località, che fa parte integrante del tessuto urbano della città, è importante meta turistica balneare nel periodo estivo.

    Isolaverde



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    Isolaverde (già Isola del Bacucco) è una frazione del comune di Chioggia (VE). La località è divisa dalle foci del Brenta e dell'Adige, separate da pochi chilometri, e da un canale chiamato "Busiola" che mette in comunicazione i due fiumi.


    Palio della Marciliana




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    Palazzi in stile veneziano si affacciano su corso del Popolo, a Chioggia. In questa via, fra la folla che assiste all'evento, si svolgono le fasi centrali della manifestazione ed il corteo storico che chiude il palio



    Il Palio della Marciliana è una rivisitazione storica ed una delle principali feste popolari cittadine che si tengono annualmente a Chioggia, in provincia di Venezia. Include il Palio della balestra e richiama ogni anno nella città della laguna veneta migliaia di visitatori.

    È organizzato nel terzo fine settimana di giugno e fa rivivere con una serie articolata di manifestazioni quella che era la città del medioevo negli anni che vanno dal 1378 al 1381 e che videro quella che è passata alla storia come la guerra di Chioggia, combattuta per ottenere l'egemonia negli scali commerciali d'Oriente (vedi colonie genovesi), tra la Serenissima Repubblica di Venezia e la Repubblica di Genova.


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    La marciliana

    Il termine Palio della Marciliana deriva da quello di una nave di piccolo cabotaggio in uso nel medioevo. L'imbarcazione - chiamata, appunto, marciliana - quando raggiungeva tonnellaggi di considerevole proporzione assumeva la dignità del nome magna.
    Costruita nei cantieri navali locali, è diventata nel tempo emblema del coraggio e del valore dei marinai chioggiotti.
    È stato calcolato che a tutto il XVIII secolo siano state diverse centinaia le marciliane impegnate a solcare il mar Mediterraneo orientale.

    La guerra di Chioggia portò alla totale distruzione di quella che era al tempo Clugia minor, oggi Sottomarina, ricostruita solo oltre tre secoli dopo dalla Repubblica veneziana che pose a difesa di questo tratto di laguna fortificazioni e decine di chilometri di murazzi.

    Una prima svolta all'evento bellico si ebbe nell'agosto 1379 quando, infranta la rete posta a difesa dalla flotta veneziana a Pola, i soldati della Repubblica di Genova incrociarono lungo la costa veneziana trovando un varco che, dopo un attacco combinato via terra e via mare, grazie anche all'ausilio di un esercito alleato proveniente da Padova, li portò ad asserragliarsi in Chioggia.

    Teatro finale della sanguinosa guerra fu quindi essenzialmente il centro principale, all'epoca Clugia maior, ovvero l'antica Clodia) che venne liberato definitivamente dalle armate veneziane, dopo dieci mesi di assedio, il 24 giugno 1381.

    Dalla data di questo ultimo evento deriva la scelta delle giornate in cui si tiene il palio.

    Le feste del palio

    Lungo corso del Popolo, la via principale della città, al suono dei Musici di Clugia vengono contestualmente allestiti banchetti, montate taverne con accanto la Torre di Montalbano e insediati gli accampamenti degli armigeri, mentre tutto intorno si svolgono danze, canti, simulazioni di combattimenti ma anche delle attività lavorative dell'epoca, principalmente nelle saline (con i Milites Castri Salinae) e negli orti della laguna.

    I balestrieri mostrano al visitatore bandiere, armature, strumenti musicali, fedeli e accurate riproduzioni di pezzi originali: una ricostruzione storica che vede impegnati centinaia di figuranti in abiti del Trecento ed in veste di spadaccini e tamburini in grado di trasportare chi assiste alla manifestazione in un suggestivo climax medievale.


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    Chioggia - La tettoia rossa del mercato del pesce, ricavato in un edificio storico, accentua il contrasto cromatico con il bianco del vicino palazzo del Comune. La città veneta è il principale centro peschiero dell'alto mar Adriatico


    In serata, le manifestazioni del Palio si concludono con un festoso corteo preceduto da spettacoli in tema, come l'incendio alla torre e le scene di vita quotidiana allestite nelle calli, sulle fondamenta, nelle rive e nei campi delle diverse contrade.

    Palio della balestra

    Il Palio della balestra a Chioggia, non è sorto contemporaneamente al Palio della Marciliana (molto più recente), ma ha origini antiche risalenti all'epoca della guerra di Chioggia. È da osservare che, curiosamente, quest'arma era uno dei punti di forza dei soldati della Repubblica di Genova che poteva contare su un corpo di balestrieri di tutto rispetto se non considerato fra i più efficienti a quell'epoca.

    Nel XV secolo vi fu, in mancanza di uno specifico riferimento in merito, una disputa intorno al fatto se al palio potessero partecipare o meno balestrieri non originari di Chioggia o che non fossero almeno veneziani.

    Nel 1414 il Gran Consiglio cittadino adottò una scelta a metà strada nell'intento di accontentare sia coloro che erano favorevoli ad una estensione dei partecipanti sia quelli che invece si mostravano contrari a una tale ipotesi.

    Fu pertanto deliberato di limitare ad un numero minimo di balestrieri forestieri la partecipazione ai giochi, precludendo però a questi l'aggiudicazione di un qualsiasi premio. Un codice in pergamena con la trascrizione fedele della delibera medioevale è conservato nell'antico archivio storico cittadino.

    Le contrade in competizione


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    La Torre di Sant'Andrea - o Torre dell'Orologio - sorge accanto all'omonima chiesa ed è uno dei principali simboli di Chioggia. Su di esso in occasione del palio viene issato il gonfalone con il leone rampante, emblema dell'orgoglio veneziano

    In gara sono cinque contrade che rappresentano la comunità clugiense trecentesca: sono l'anima del palio e si contendono il primato con il tiro delle balestre grandi da banco. Il lavoro preparatorio del palio è piuttosto complesso e prevede una serie di incontri periodici che coinvolge anche scuole e istituzioni locali.

    Questi i nomi e una breve descrizione delle contrade:

    * Montalbano - È la contrada i cui rioni erano maggiormente ricchi di saline e valli da pesca, protette militarmente dalla torre di Nassaruolo, custodita ufficialmente dal novembre 1299. In realtà, il canale di Montalbano rivestiva una particolare importanza strategica in chiave bellica. Il suo colore è il vaio che diventa argento durante il palio, mentre il simbolo è rappresentato dalle tre torri di Montalbano, Saline e Nassaruolo.

    * Sant'Andrea - Comprendeva calli dei settore nord-occidentale (anticamente l'ultra platheam) e nord-orientale (l'ultra Venam, la parte al di là del Canal Vena e del Ponte Vigo, uno dei principali della città). Vi sorgeva l'ospedale di Santa Croce che ospitava anche pellegrini di passaggio. Il suo simbolo è il decusse, appunto la croce di Sant'Andrea, mentre il colore distintivo è il verde.

    * San Giacomo - Costituiva il cuore dell'area urbanistica, con il palazzo pretorio sede del Podestà su cui venivano issati nei giorni di festa i vessilli comunali e marciani. Dopo la guerra di Chioggia accolse la comunità monastica di Santa Caterina, il cui monastero era andato distrutto. Il simbolo è la conchiglia di san Giacomo di Compostela (Giacomo il Maggiore) mentre il colore identificativo è l'oro.

    * San Martino - Conglobava le contrade di quella che ora è Sottomarina, antica Clugia minor. Era la contrada colta della città poiché diversi suoi abitanti non erano solo affermati mercanti ma anche dottori all'università di Padova. La guerra di Chioggia portò alla distruzione del ponte di pietra che da San Domenico giungeva a Clugia minor e della loggia dei bandi della futura Sottomarina. Simbolo di San Martino è la cappa, appunto, di San Martino mentre il colore rappresentativo è il rosso.

    * San Michele Arcangelo - Contrada periferica, ha come simbolo la spada e la bilancia; il colore è l'ermellino che si trasforma in nero durante la gara del palio. Pochi gli abitanti di questa contrada e tutti gravitanti intorno al monastero benedettino di San Michele Arcangelo e Santissima trinità eretto nei pressi della foce del Brenta, punto focale dei collegamenti con l'entroterra di Padova. Anche questo convento, peraltro già in decadenza da inizio 1300, fu distrutto nel corso della guerra di Chioggia prima di essere trasformato dai Genovesi in fortezza.






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    Edited by tomiva57 - 20/11/2012, 23:13
     
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    Mestre




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    Mestre è un centro abitato compreso nel territorio comunale di Venezia. L'ex quartiere 10 Mestre centro costituisce assieme all'ex quartiere 9 Carpenedo-Bissuola la municipalità di Mestre-Carpenedo.

    Un tempo ben distinta dagli altri centri della terraferma, Mestre, soprattutto dal secondo dopoguerra ha visto una rapida crescita urbana che l'ha portata a costituire con gli stessi una vasta conurbazione. Per questo motivo, con il toponimo Mestre spesso si intende, per estensione, tutta la terraferma veneziana (comprendente le municipalità di Mestre-Carpenedo, Marghera, Favaro Veneto e Chirignago-Zelarino).

    Già comune autonomo, dal 1808 al 1926, nel 1923 le è stato conferito il titolo di città con il quale è tuttora nota.


    Stemma

    Lo stemma della città riporta una croce argento in campo azzurro, con il Leone di San Marco nel quarto superiore sinistro e le lettere M e F (iniziali del motto Mestre Fidelissima) nei quarti inferiori.

    Come gli stemmi di molti altri centri storicamente assoggettati alla dominazione del Libero Comune di Treviso, lo stemma originario di Mestre ricalcava quello dei dominatori trevigiani, ed era rappresentato da una croce d'argento racchiusa in un scudo sannitico in campo rosso. Venne modificato una prima volta con il passaggio del castello sotto il dominio della Serenissima sostituendo il rosso con l'azzurro - colore ricorrente negli antichi stendardi veneziani - e con l'aggiunta del leone marciano nel quarto superiore sinistro. Nel 1513 fu aggiunto l'acronimo del motto Mestre Fidelissima in onore dell'eroica resistenza di Mestre nel corso della guerra della Lega di Cambrai. Infine, la corona muraria venne inserita nel 1923 con la concessione del titolo di Città.

    Onorificenze conferite alla città

    Il 13 novembre 1898, Mestre, allora comune, fu nominata XI città decorata con Medaglia d'Oro come "Benemerita del Risorgimento nazionale" per le azioni altamente patriottiche compiute dalla città nel periodo del Risorgimento (che, secondo la definizione dei Savoia, è compreso tra i moti insurrezionali del 1848 e la fine della Prima guerra mondiale).
    Medaglia alle Città Benemerite del Risorgimento Nazionale - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia alle Città Benemerite del Risorgimento Nazionale
    «In ricompensa del valore dimostrato dalla cittadinanza alla presa del forte di Marghera la notte del 22 marzo 1848 e nella sortita di Marghera del 27 ottobre successivo. Entrambi gli episodi si riferiscono alla breve ma intensa stagione repubblicana di Venezia, iniziata il 22 marzo 1848 con l’occupazione del forte di Marghera, dell’arsenale e del palazzo del governatore. Sfiancata dal blocco posto alla città il 17 marzo 1849, distrutto il forte di Marghera il 27 maggio, la Repubblica Veneziana capitolò per fame il 23 agosto.»

    Geografia fisica


    Mestre è situata nella Pianura Veneta a margine della Laguna di Venezia (3 m s.l.m.) e funge da porta d'accesso a Venezia tramite il Ponte della Libertà. L'affaccio sulla Laguna è costituito dal Parco di San Giuliano, inaugurato l'8 maggio 2004 ed esteso per 74 ettari.

    Il principale corso d'acqua è il Marzenego il cui alveo originale è stato nel tempo più volte modificato e tombinato. Esso si biforca, circondando la città antica, nel ramo Campana o delle Muneghe a sud e nel ramo delle Beccherie o di San Lorenzo a nord. I due bracci si riuniscono all'altezza del ponte di via Colombo formando l'Osellino, il canale artificiale che ne convoglia le acque in laguna, sfociando a Tessera

    Altra via d'acqua rilevante è il Canal Salso che mette in comunicazione la città e la laguna; l'ultimo tratto in prossimità, che terminava all'altezza di piazza XXVII ottobre, è stato interrato nel Novecento per la realizzazione della piazza stessa (allora denominata piazza Barche, toponimo tutt'oggi molto usato) e di via Forte Marghera.

    Storia

    Le origini


    In base a quanto si legge nell'Iliade, nella quale è citato un Mesthle, figlio di Pilemene re degli Eneti, alcuni storici del passato hanno proposto per la città un'origine leggendaria ricollegandosi alle vicende dell'eroe Antenore, capostipite dei Veneti. Questi, fuggito da Troia distrutta, dopo un lungo peregrinare per mare trovò rifugio nella regione che lui stesso chiamò Veneto dove fondò la città di Padova. Al suo seguito c'era anche Mesthle che invece si stabilì con altri presso un bosco di fronte alla Laguna, la cosiddetta Selva Fetontea, fondando una città fortificata che, dal suo nome, chiamò Mestre.

    Leggende a parte, anche per la scarsità di reperti e notizie riguardanti l'età antica, l'origine di Mestre rimane ancora oscura. Pure il toponimo resta inspiegabile: l'ipotesi più accreditata, proposta da Dante Olivieri, lo fa derivare dal personale romano Mester e Mestrius, documentato specialmente nell'Italia settentrionale; il Filiasi resta nel vago e asserisce che l'etimo sarebbe etrusco; l'Agnoletti invece sottolinea la possibile presenza della radice mad-, riferita ad una località paludosa; chi invece vuole ricollegarsi al mito, individua una somiglianza con dei nomi di origine orientale (frigia e greca in particolare).

    Per quanto riguarda la fondazione della città, sembra che né in epoca Paleoveneta né Romana nella zona sorgessero insediamenti di particolare rilevanza. L'Itinerarium Burdigalense, una guida per pellegrini del IV secolo, citava nella zona solo una «mutatio ad nonum», cioè "una stazione di posta per il cambio dei cavalli situata a nove miglia" (13,5 km ca.) dalla città di Altino, lungo la Via Annia. Appare tuttavia possibile l'esistenza di un castrum, un piccolo centro fortificato embrione del medievale Castelvecchio
    .
    Il medioevo e l'epoca della Serenissima


    Mestre è citata una prima volta in un documento del 710 riguardante delle donazioni al monastero di San Teonisto di Casier. Compare poi in un diploma dell'Imperatore Ottone III, il quale dava a Rambaldo, conte di Treviso, terreni nella zona.

    La zona era in quest'epoca divenuta terra di confine tra il Sacro Romano Impero e il Ducato di Venezia, luogo di passaggio per uomini e merci diretti da e per la vicina Venezia. Attraverso il porto di Cavergnago, situato sul basso corso del flumen de Mestre, infatti, passavano la dogana le merci e gli uomini diretti in Laguna; inoltre, di qui passavano incrociandosi tre importanti arterie di collegamento con l'entroterra: la Padovana (l'odierna Miranese), la Castellana ed il Terraglio.

    Nel 1153, infatti, la bolla in cui riconosceva signore di Mestre il vescovo di Treviso Bonifacio, papa Eugenio III specificava tra le proprietà un porto, il castello e la chiesa arcipretale di San Lorenzo.

    La potestà vescovile venne però minacciata nel XIII secolo dalle prepotenze di Ezzelino III da Romano. Nel 1237 le sue soldatesche si spinsero nel territorio mestrino, devastandolo, tanto da costringere le monache del Monastero di San Cipriano, che sorgeva nei pressi, a fuggire sotto la protezione di Venezia[11]. Tra il 1245 e il 1250 Ezzelino occupò il castello di Mestre in contrasto con il fratello Alberico, divenuto podestà di Treviso, sino a che tra i due fratelli si giunse ad un accordo: nel 1257 il vescovo Adalberto III Ricco venne costretto a cedere il possesso del borgo e del castello all'amministrazione civile di Treviso, che prese a nominarvi un capitano per l'esercizio del potere amministrativo, militare e giudiziario.

    Nel 1274 un incendio danneggiò gravemente il Castelvecchio

    Nel 1317 Cangrande della Scala incominciò a minacciare Treviso, che come contromisure rinforzò tra l'altro il castello di Mestre. Nel 1318 gli Scaligeri tentarono a più riprese di conquistare la piazzaforte, che però resistette contro ogni aspettativa. Le soldatesche, ritirandosi, saccheggiarono i territori dei dintorni provocando una grave crisi economica. Alla fine, nel 1323 Treviso, stremata dalla lunga guerra e abbandonata dall'imperatore, capitolò finendo sotto il dominio veronese — e con essa Mestre.

    La consapevolezza che lo strapotere degli Scaligeri sulla terraferma era una minaccia per gli interessi commerciali della Serenissima spinse verso la metà del XIV secolo Venezia a prendere il controllo di Mestre, principale via d'accesso all'entroterra: così il 29 settembre 1337, giorno di San Michele Arcangelo, il comandante veneziano Andrea Morosini, corrompendo i 400 mercenari tedeschi di guardia, conquistò il castello di Mestre. Il borgo e il territorio limitrofo fu da allora governato da un rettore avente il titolo di Podestà e Capitanio: il primo fu Francesco Bon. L'espansione non si arrestò: Treviso venne conquistata il 2 dicembre 1338 e il 21 gennaio dell'anno successivo venne firmata la pace tra Venezia e Verona, che pose fine definitivamente alle ostilità.

    In quest'epoca il traffico di merci tra Mestre e Venezia era diventato così importante da richiedere la costruzione di un canale artificiale, il Canal Salso, che dalla laguna arrivava fino al cuore del borgo. D'altra parte la successiva deviazione del fiume Marzenego, che venne portato a sfociare in corrispondenza di Altino, rese impraticabile al commercio tale via d' acqua, rendendo ancor più importante il Canal Salso e la sua terminazione in laguna San Giuliano. In ragione di ciò il commercio si spostò dalla parte nord di Mestre alla parte sud contribuendo allo sviluppo del suo nuovo centro commerciale, attorno alla Piazza Maggiore. Da lì partiva anche una via acquea (oggi interrata) chiamata "Brenta vecchia" che percorreva le odierne vie Brenta vecchia, Dante, Fratelli Bandiera, e confluiva nel naviglio Brenta a Malcontenta, e consentiva alle imbarcazioni di raggiungere Padova dal centro di Mestre. L'accresciuta posizione strategica di Mestre rese così necessaria la realizzazione di una nuova fortezza: il Castelnuovo, cui seguì un progressivo abbandono del Castelvecchio, che venne infine demolito nel XV secolo.

    Nel 1452 venne costituito un Consiglio per affiancarsi nell'amministrazione del borgo all'autorità dei rettori veneziani: nel 1459 il consiglio prese così sede nella nuova Provvedaria.

    Nel 1509, durante la Guerra della Lega di Cambrai, le forze veneziane in ritirata dopo la sconfitta nella battaglia di Agnadello, si asserragliarono al comando di Niccolò di Pitigliano nel castello di Mestre, che divenne l'estremo baluardo sulla terraferma e da dove partirono le spedizioni in soccorso di Treviso assediata, e alla riconquista di Padova, occupata dagli Imperiali. Nel 1513 Mestre dovette però affrontare nuovamente l'assalto di Spagnoli e Tedeschi, che conquistarono il castello, saccheggiando e incendiando il centro abitato. A onore dell'eroica resistenza, la città ricevette dalla Serenissima il titolo di Mestre Fidelissima, che tutt'oggi ne è il motto.

    Nel Settecento furono demolite le mura del Castelnuovo, ormai in grave stato di deterioramento; di esse restarono solo la Torre dell'Orologio e la gemella Torre Belfredo.

    Con la caduta della Repubblica di Venezia, Mestre fu occupata dalle truppe di Napoleone Bonaparte nel maggio del 1797, che posero fine al governo dell'ultimo podestà e capitano veneziano, Daniele Contarini.




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    resti del castello




    L'Ottocento e i moti patriottici

    Nel 1798 il borgo passò assieme al resto degli ex-territori veneziani all'Impero d'Austria, salvo subire una nuova occupazione francese nel 1805 a seguito del trattato di Presburgo, venendo inglobata nel neonato Regno d'Italia. Mestre, secondo il modello francese, nel 1806 divenne una "Comune" nell'ambito del Dipartimento del Tagliamento (l'attuale provincia di Treviso), dotata di un consiglio di 40 membri e di un Podestà nominato dal governo centrale. Nel 1808 passò al Dipartimento dell'Adriatico (l'attuale provincia di Venezia) e nel 1810 assorbì i comuni di Carpenedo, Trevignan e Favero.

    Alla caduta di Napoleone, nel 1814 Mestre tornò sotto il dominio austriaco del Regno Lombardo-Veneto. Nel 1842 venne aperta la Ferrovia Milano-Venezia che, passando a sud dell'abitato, ne spostò il baricentro, con lo sviluppo delle vie Cappuccina e Piave.

    Il 22 marzo 1848 sulla scia dei moti insurrezionali e patriottici risorgimentali, mentre a Venezia Daniele Manin a capo degli insorti cacciava gli austriaci e proclamava la Repubblica di San Marco, a Mestre molti patrioti, disarmati con facilità i pochi soldati di guardia, presero il controllo della città. Istituita una Guardia Civica, i mestrini marciarono contro il Forte Marghera, sopraffacendo gli Austriaci ed impadronendosi della fortezza.

    Mentre gli Austriaci, incalzati in tutto il Lombardo-Veneto si rinchiudevano tra le fortezze del Quadrilatero, Mestre divenne crocevia di passaggio per i molti volontari che affluivano da ogni parte d'Italia. Vittoriose però contro le truppe piemontesi e volte alla riconquista dell'intero Lombardo-Veneto, il 18 giugno le truppe austriache fecero nuovamente ingresso a Mestre, rioccupandola ed usandola come testa di ponte per l'assedio di Venezia. Nonostante l'ardita Sortita di Forte Marghera del 27 ottobre che liberò di Mestre solo per poche ore, il 26 maggio 1849 il Forte fu riconquistato dagli Austriaci, ed alla capitolazione del forte seguì il 22 agosto la resa della stessa Venezia.


    Nel 1866 Mestre vide l'assedio di Forte Marghera da parte delle truppe italiane (giunte in città il 15 luglio) e fu annessa assieme al resto del Veneto al Regno d'Italia. Il 6 marzo 1867 giunse a Mestre anche Giuseppe Garibaldi, arrigando la folla da un balcone di Piazza Maggiore, evento poi commemorato da una lapide.

    Nel 1876 venne demolita dai privati che la possedevano la vecchia Torre Belfredo, una delle ultime vestigia dell'antico castello. A ricordo degli avvenimenti del 1848, il 4 aprile 1886 venne inaugurata in Piazza Barche una colonna commemorativa dei caduti nella resistenza del 1848-1849, mentre il 13 novembre 1898 veniva concessa alla città la medaglia d'oro al valor militare.

    Il Novecento
    I referendum


    A partire dalla fine degli anni settanta iniziarono a presentarsi i primi progetti di separazione di Mestre da Venezia, per la creazione di due comuni distinti, con la richiesta di indire dei Referendum popolari. Le varie consultazioni tenutesi negli anni (1979, 1989, 1994 e 2003) hanno tuttavia sempre visto rigettare tali proposte da parte della popolazione.

    Alle suddette consultazioni, vennero chiamati a votare tutti gli abitanti dell'intero territorio comunale di Venezia, come richiesto dalla Corte Costituzionale per i distacchi di territori comunali che abbiano popolazione superiore al 10% dell'intero comune scindendo. In tutti i referendum prevalse il No sia a Mestre sia a Venezia. Tuttavia nei primi tre referendum una percentuale sempre più ampia dei votanti si espresse per il Sì. Durante l'ultima consultazione, al contrario, l'affluenza alle urne non ha neppure raggiunto il 50% degli aventi diritto (quorum non necessario per convalidare il referendum a norma di legge ma che la Regione aveva previamente richiesto per tenere conto di un eventuale risultato positivo) e inoltre i voti espressi e regolarmente conteggiati indicavano una maggioranza contraria alla separazione più ampia rispetto agli ultimi due referendum.

    Nel 1917, con l'ausilio di una nuova legge sui porti, un quarto del territorio comunale di Mestre (Bottenigo, il cui nome venne da allora mutato in Marghera) veniva integrato al comune di Venezia e affidato alla Società Porto Industriale di Venezia, la quale avviò le opere che portarono alla creazione del primo nucleo di Porto Marghera, inizialmente detto Porto di Mestre.

    Frattanto un decreto del re Vittorio Emanuele III 26 agosto 1923 attribuì a Mestre il titolo di "Città". Ma già il 24 agosto 1926 un nuovo decreto pose fine all'autonomia amministrativa della città: il distretto costituito dai comuni autonomi di Mestre, Chirignago, Zelarino e Favaro Veneto venne dichiarato parte integrante del comune di Venezia.

    L'atto era legato alla nascita del polo industriale di Marghera, creato dalle politiche economiche di quegli anni, incentrate attorno all'attività dell'industriale e politico Giuseppe Volpi conte di Misurata e del conte Vittorio Cini. Il primo, ministro delle Finanze e del Tesoro, nonché presidente della Società Porto Industriale di Venezia e della Società Adriatica di Elettricità (allora principale industria elettrica dell'Italia nord-orientale), fortemente interessata ad un forte sviluppo industriale dell'area; il secondo, presidente della Società Adriatica di Navigazione, della SITACO interessata alla realizzazione dei nuovi quartieri residenziali, nonché commissario governativo per le acciaierie ILVA. Venezia, per la propria conformazione urbana, si rivelava infatti incapace, pur con la propria ampia disponibilità di manodopera, di avere una propria compiuta area industriale: l'espansione in terraferma divenne la soluzione necessaria per dare nuovo sviluppo della città lagunare.

    Nel 1933 venne costruito il Ponte della Libertà e con esso il tratto stradale che portava all'odierna autostrada per Padova. Per unirla a Mestre fu costruito il Corso del Popolo e, per dare più spazio a tale strada, fu interrato un tratto del Canal Salso. Nel 1955, in concomitanza con l'edificazione di Viale San Marco, fu costruito il cavalcavia di San Giuliano, che consentiva così di raggiungere Venezia direttamente senza dover transitare per Corso del Popolo. Tale cavalcavia rappresenta il tratto finale della strada statale per Trieste.

    In conseguenza di ciò, Mestre vide una forte crescita demografica che divenne vertiginosa a partire dagli anni sessanta, quando alle politiche abitative e del lavoro, che non favorivano i residenti lagunari, si sommarono i disastrosi effetti dell'alluvione del 1966, che mostrò la vulnerabilità delle abitazioni ai piani bassi di Venezia. Sull'onda dell'emigrazione dal centro storico, la massima espansione edilizia e demografica venne raggiunta negli anni settanta, periodo in cui Mestre toccò i 210.000 abitanti. L'incredibile rapidità dello sviluppo fece sì che questo avvenisse in modo alquanto disordinato e al di fuori di un piano regolatore (è il cosiddetto sacco di Mestre).

    La crisi dell'industria chimica tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta, assieme al generale ridimensionamento delle grandi città del nord Italia, hanno fatto sì che a Mestre e nei sobborghi limitrofi si registrasse un sensibile calo di residenti. Tuttavia, con oltre 180.000 abitanti (oltre il 66% della popolazione del comune), la terraferma veneziana contribuisce ancora largamente a posizionare il comune di Venezia come primo del Veneto e undicesimo in Italia per popolazione.

    Il nuovo millennio

    Nel corso dell'ultimo decennio l'assetto urbano della città ha visto una progressiva mutazione, con la riqualificazione delle aree centrali del vecchio borgo, la progettazione della tranvia, la creazione di aree pedonali e la costruzione di nuove aree verdi, di zone commerciali e del nuovo ospedale dell'Angelo. Altri esempi sono l'importante palazzo-congressi del Centro Candiani, la riqualificazione del Teatro Toniolo, i nuovi quartieri dirigenziali nella parte meridionale e il parco San Giuliano.

    Grande importanza assume la riqualificazione dell'area dell'ex ospedale Umberto I, aperto nel 1906 e dismesso nel giugno 2008 con l'apertura del nuovo ospedale dell'Angelo. L'abbattimento dell'ex nosocomio si è concluso nel 2009. Il progetto prevede la realizzazione di tre torri da 115m, 110m e 92m ad uso residenziale, direzionale e commerciale, e 32.000 m² di spazi pedonali e a verde pubblico. Il completamento è previsto per la fine del 2013

    Gli allagamenti del 26 settembre 2007

    Il 26 settembre 2007la terraferma veneziana è stata colpita da un eccezionale evento pluviometrico che ha causato l'allagamento di una vasta parte del territorio. Alla base dell'evento vi è stato un intenso e persistente sistema temporalesco che ha colpito nella mattina di tale giorno la fascia costiera del Veneto centro-meridionale. Nel corso dell'evento alla stazione pluviometrica di Mestre-Marghera è stata registrata una precipitazione di 260.4 mm, pari a circa un terzo della precipitazione media annua della zona. Un dato ancora più elevato (324.6 mm) è stato registrato nella stazione di Valle Averto (VE).

    L'eccezionalità del fenomeno è indicata da alcuni dati registrati dalla stazione di Mestre-Marghera:

    * 24.0 mm caduti in 5 minuti (dalle 6.25 alle 6.30)
    * 42.2 mm caduti in 10 minuti (dalle 6.20 alle 6.30)
    * 91.2 mm caduti in 30 minuti (dalle 6.15 alle 6.45)
    * 126.6 mm caduti in 1 ora (dalle 6.15 alle 7.15)
    * 201.0 mm caduti in 3 ore (dalle 5.35 alle 8.35)
    * 246.8 mm caduti in 6 ore (dalle 3.25 alle 9.25)
    * 260.4 mm caduti in un giorno.

    Moltissime furono le aree allagate; in molte strade l'acqua raggiungeva anche il metro d'altezza. Per la prima volta dalla definizione delle emergenze, il sito del Comune di Venezia ha attivato il "codice rosso", il più grave dei tre previsti.

    In seguito all'evento alluvionale, la Regione Veneto ha dichiarato lo stato di emergenza per una parte del territorio regionale. Successivamente, con l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri OPCM n° 3621 del 18/10/2007 l'ingegner Mariano Carraro è stato nominato commissario delegato per l'emergenza concernente gli eventi meteorologici del 26/9/07. Tra i principali compiti del commissario vi sono l'uscita dalla situazione di emergenza verificatasi (provvedendo anche alla liquidazione dei danni) e l'adozione di provvedimenti atti a scongiurare o ridurre il rischio del ripetersi di allagamenti analoghi

    Monumenti e luoghi d'interesse


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    La chiesa di Santa Maria della Salute.



    La piazza intitolata ad Erminio Ferretto è la principale della città. Sviluppatasi nel medioevo come piazza del mercato e, in tempi più recenti, come capolinea della rete tranviaria, si arricchì poi di esercizi commerciali e del noto Teatro Toniolo, posto in una piazzetta contigua. Sulla piazza sorgono il settecentesco Duomo di San Lorenzo, il Palazzo da Re, il cui portico ospitava il mercato delle granaglie e la Torre dell'Orologio. Quest'ultima era originariamente una casa-torre fatta erigere dai Collalto nel 1108, ma fu poi inglobata nel secondo castello di Mestre (il Castelnuovo). Oggi è l'unica rimasta delle quindici — o, secondo altre fonti storiche, diciassette — torri che componevano la fortezza.



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    torre dell'orologio




    Altri edifici di rilevo sono il Palazzo Podestarile, la Provvedaria e la scuola dei battuti o scholetta piccolo edificio trecentesco con finestre trilobate prospettante sulla via Poerio. Tra il 1995 e il 1998 Piazza Ferretto è stata ristrutturata secondo il progetto dell'architetto Guido Zordan. In particolare, al centro è stata collocata una lunga fontana con una scultura in bronzo dorato di Alberto Viani intitolata "Nudo".


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    teatro

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    Il Palazzo Podestarile, oggi sede della Municipalità.



    In Piazza Ferretto papa Giovanni Paolo II tenne un discorso il 17 giugno 1985 durante la sua visita pastorale a Venezia

    Presso la chiesa dei frati Cappuccini, in via Cappuccina, è custodita l'icona della Madonna del Don, trovata dagli Alpini in Russia nel 1943. Tale icona è venerata dagli Alpini, che ogni anno nel mese di settembre si ritrovano da tutta Italia per celebrare la ricorrenza, alternandosi tra le varie sezioni dell'Associazione Nazionale Alpini nell'offrire l'olio destinato ad alimentare la lampada votiva per l'anno a seguire.

    Altre opere di interesse artistico sono il monumento alla Resistenza di Augusto Murer in Piazza XXVII ottobre (conosciuta comunemente con il nome di "Piazza Barche", toponimo che ricorda quando il Canal Salso giungeva al centro dell'odierna piazza collegando Mestre alla Laguna Veneta) e la fontana di Gianni Aricò nella vicina via Piave.


    Architetture religiose



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    La chiesa di San Girolamo, situata lungo l'omonima via.

    Quasi tutte le chiese di Mestre sono state costruite nel secondo dopoguerra in concomitanza con l'espansione dei quartieri residenziali, tuttavia sono degni di nota alcuni luoghi di culto ben più antichi.



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    Il luogo di culto più rilevante è senza dubbio il Duomo di San Lorenzo. Antichissima pieve citata sin dal 1152, l'attuale aspetto è dovuto alla ricostruzione del 1781-1805; all'interno, opere del Pozzoserrato, del Diziani e del Canal.

    La chiesa di San Girolamo è l'edificio religioso più antico della città, risalendo al 1261. Sorge lungo l'omonima via pedonale dove un tempo erano edificate le mura est del Castelnuovo, di fronte ad un canale derivato dal Marzenego e oggi interrato.

    La chiesa di San Rocco, che sorge lungo l'attuale via Manin, fu eretta nel 1476 ed oggi è parrocchiale greco-cattolica rumena

    La chiesa di Santa Maria delle Grazie e l'annesso convento vennero completati nel 1520 dalle monache benedettine (da cui il toponimo ramo delle muneghe riferito ad un ramo del Marzenego ora tombato). Situata presso l'attuale via Poerio, è oggi sconsacrata e adibita a libreria.

    La chiesa di Santa Maria della Salute, in via torre Belfredo, fu edificata fra il XVII e il XVIII secolo, ma demolita nel 1903 e successivamente ricostruita nel 1906, su progetto dell'architetto Raffaele Cattaneo.

    Ben più recenti ma degne di nota sono le due chiese del Sacro Cuore (1970), dalla caratteristica forma a due vele discendenti alte quaranta metri, e la chiesa dei Cappuccini (1967), costruzione che ha inglobato l'antica chiesetta dei frati datata 1619 e dedicata a San Carlo Borromeo.

    Merita un cenno anche la chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, a Carpenedo, antica pieve indipendente dal Duomo di Mestre, citata dal 1152 e ricostruita nel 1852 in stile neogotico.


    Ville Venete

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    Villa Querini, tra via Verdi e via Circonvallazione.



    Quando la Serenissima, esaurito il suo ruolo di potenza marittima, volse i suoi interessi economici verso la Terraferma, affidò la gestione dell'agricoltura ai patrizi che, presso il loro podere, avevano l'usanza di edificare la propria villa. Per la vicinanza a Venezia, il territorio mestrino fu una delle prime località coinvolte in questo fenomeno e tuttora vi si ergono numerosi palazzi signorili. La recente espansione urbana ne ha inglobato la maggior parte nella conurbazione, ma si tenga presente che, originariamente, si trovavano tutti in aperta campagna.
    Tra le più centrali si ricordano:

    * villa Erizzo (XVII secolo), oggi affacciata su piazzale Donatori di Sangue, è interamente circondata da edifici moderni, ma in passato le erano annessi quasi 5.000 mq di parco. Conserva alcuni affreschi del Settecento di tema bucolico, attribuibili ad Andrea Urbani. Le è annessa anche una cappellina privata dedicata alla Vergine (1686), dove papa Pio VI, ospite dei proprietari, vi celebrò una Messa (1782). L'edificio fu in seguito molto rimaneggiato e assunse l'attuale aspetto quando furono completati gli ampliamenti (1939) voluti da Giuseppe Volpi per farne la sede di terraferma della società elettrica SADE. È destinata a divenire sede della biblioteca cittadina; in quest'ottica è iniziato nell'ottobre 2009 il restauro dell'edificio, che si concluderà in 14 mesi.



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    I giardini di Villa Querini, in via Circonvallazione.



    * villa Querini (XVIII secolo), si trova all'angolo tra le attuali via Verdi e via Circonvallazione. Appartenuta ai Querini Stampalia fino al 1869, è di proprietà comunale e il parco è oggi un giardino pubblico.
    * villa Della Giusta, in via Torre Belfredo, costruita dai Contarini (seconda metà del XVIII secolo), è attualmente sede dell’Istituto Parini. Nel giardino si trovano ancora alcuni resti delle mura del Castelnuovo.
    * villa Settembrini, situata in via Carducci, è un edificio tardo (seconda metà dell'Ottocento) di dimensioni modeste e dalle linee semplici. Ospita oggi la sede della Fondazione Gianni Pellicani.


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    Villa Algarotti/Berchet - Via Terraglio, Mestre






    Architetture militari: i forti
    Antica pianta del Forte Marghera, principale caposaldo del campo trincerato di Mestre.

    Di interesse sono inoltre i forti, che costituivano il campo trincerato di Mestre, realizzati nel corso del XIX secolo. Il più grande e importante di essi, antecedente di quasi un secolo la creazione dello stesso campo, è Forte Marghera, il quale si estende per 48 ettari in un'area posta tra la città e la laguna, vicino al Parco di San Giuliano. Costruita per scopi militari, la struttura fu poi abbandonata e nella seconda metà del 2008 è stata acquistata dal Comune, mettendo così a disposizione dei cittadini una grande area verde all'interno della città.

    Parchi urbani principali

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    Il Parco di San Giuliano è stato scelto per ospitare il festival rock Heineken Jammin' Festival, dal 14 al 17 giugno 2007. La manifestazione, giunta alla sua decima edizione, avrebbe dovuto svolgersi come tradizione all'Autodromo di Imola, ma la direzione decise di spostarlo nel parco mestrino per sfruttare, oltre alla grande capienza di pubblico, il bellissimo panorama di Venezia, che si scorge da San Giuliano. Nel pomeriggio del 15 giugno, violente raffiche di vento causarono il crollo di alcune torrette per l'illuminazione e il ferimento di una trentina di persone, rendendo necessaria la chiusura anticipata della manifestazione. La manifestazione dell'anno successivo, tenutasi sempre al parco di San Giuliano, ha avuto un esito positivo, essendosi svolta con ottime condizioni meteo.

    Mestre conta due grandi parchi urbani:

    * il Parco Alfredo Albanese (dedicato al vice-questore ucciso dalle Brigate Rosse) chiamato popolarmente parco della Bissuola ha un'estensione di 33 ettari e ospita alcuni campi sportivi, una palestra e una piscina comunale.
    * il Parco di San Giuliano prospiciente la Laguna è stato inaugurato l'8 maggio 2004, attualmente si estende per 74 ettari ma, secondo il piano guida del parco, si estenderà per ben 700 ettari, di cui 475 ettari di terreno e 225 di canali, barene e laguna, risultando quindi il più vasto parco urbano italiano.

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    Il Parco di San Giuliano.



    Altri parchi di minori dimensioni sono il parco del Piraghetto e i giardini di Villa Querini.

    Il Bosco di Mestre

    Il Bosco di Mestre è un bosco periurbano che nasce da un'idea di Gaetano Zorzetto (prosindaco di Mestre e politico locale dal 1970 al 1995) e si compone di parecchie aree ex agricole riforestate di diversa ampiezza alcune vicine altre un po' più distanti tra loro, ma con il progetto di essere tutte collegate da percorsi ciclo-pedonali.


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    Parte del Bosco dell'Osellino, a ridosso del quartiere Pertini.



    Attualmente le aree completate e fruibili sono:

    * Bosco Zaher (situato tra le località di Favaro e Dese), 44 ettari;
    * Bosco Ottolenghi (situato tra le località di Favaro e Dese), 20 ettari;
    * Bosco di Carpenedo (ultimo residuo dell'antica foresta planiziale che ricopriva l'intero entroterra mestrino, situato a ridosso della SR 14 di Mestre ex SS 14 bis) 10 ettari.
    * Bosco dell'Osellino (situato lungo l'omonimo canale, a ridosso del quartiere Pertini) 8,1 ettari;
    * Bosco di Campalto (situato nella omonima località) 6,7 ettari;

    Le Aree Querini sono diverse zone ex agricole acquistate dal comune di Venezia nel 2003, con usufrutto trentennale, dalla Fondazione Scientifica Querini Stampalia (che aveva iniziato l'opera di rimboschimento già nel 1997). L'estensione complessiva è di 200 ettari, dei quali 64 già riforestati ed aperti al pubblico (corrispondenti ai boschi Zaher ed Ottolenghi).

    Nel 2006 sono iniziati gli impianti dei cosiddetti nuovi boschi, comprendenti il Bosco Campagnazza (situato a ridosso della Diramazione aeroporto "Marco Polo") 25 ettari ed il Bosco Zaher (aperto nell'ottobre 2010) 40 ettari.

    Completano l'opera i due boschi privati Bosco del Montiron (nei pressi dell'abitato di Ca' Noghera) ed il Bosco della Malcontenta (nell'omonima località). Gli impianti, iniziati nel 1993, continuano ancora e sono composti principalmente da farnie, carpini, aceri, frassini, pioppi, tigli e salici. All'interno delle aree già inaugurate esistono zone umide, zone ricreative, culturali e percorsi naturalistici. A lavori ultimati, con i suoi 1400 ettari di superficie, il Bosco di Mestre sarà il bosco periurbano più grande d'Italia.


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    Forte Marghera



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    Forte Marghera è una fortezza settecentesca a pianta pentagonale posta tra terraferma e laguna che occupa un’area di circa 48 ettari, canali compresi. Il complesso, che nel corso degli anni è stato anche caserma dell’Esercito Italiano, faceva parte del campo trincerato di Mestre e del sistema difensivo della laguna.

    Fino ad inizio Ottocento nella zona sorgeva il piccolo borgo di Malghera, un centro abitato che, grazie alla posizione in cui si trovava, era diventato un importante punto di scambio tra terraferma e laguna. Osterie, locande, alberghi, magazzini e dogane lo rendevano un luogo molto vivo e popolato. Ma proprio la sua ottima posizione ne decretò la fine come centro abitato: infatti Napoleone prima e gli Austriaci poi lo trasformarono in una grande fortezza.

    Nel 1848, durante la sollevazione repubblicana, venne conquistato dagli insorti che ne fecero il baluardo della resistenza agli austriaci.
    Negli anni successivi questa grande fortezza e tutto il campo trincerato di Mestre costituirono un ottimo sistema di difesa della città di Venezia, almeno fino all’avvento dell’aviazione e delle armi moderne.
    In seguito il complesso fu utilizzato come deposito militare fino al 1996; da quel anno è iniziata la dimissione militare di tutti i forti ed è stato intrapreso un processo di riqualificazione di questi luoghi carichi di storia.

    Ad oggi Forte Marghera, il più antico e grande dei forti storici che circondano Mestre, è di proprietà del Comune di Venezia ed è sede di eventi.
    Servizi, spazi espositivi e museali, un’oasi floro-faunistica e un’area di diporto realizzati secondo i criteri di bio-compatibilità.

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    Il villaggio di Marghera era il principale luogo di interscambio tra la terraferma veneziana e la città. Si estendeva lungo il canale 'Cava Gradeniga' (ora, comunque modificato, Canal Salso) dove le merci, principalmente derrate alimentari, venivano caricate sui battelli. Il ponte translagunare, ovviamente, non esisteva ancora.

    Dopo la caduta della Serenisima Republica (12 maggio 1797) e con la prima occupazione francese, il luogo venne designato per la costruzione di una struttura militare che doveva essere caposaldo e principale fortezza per la difesa dalla terraferma della città e, allo stesso tempo, avamposto per il controllo della stessa.
    I lavori veri e propri iniziarono con la prima occupazione austriaca, avvenuta l'anno seguente a seguito del trattato di Campoformido. Il borgo, con la relativa chiesa, vennero smantellati e gli abitanti insediati nell'area dell'odierna Marghera, qualche chilometro a sud-ovest.
    E' la volta della seconda occupazione francese (1806) e la fortezza, ancora in costruzione, passa ai francesi che proseguono nell'opera di costruzione. Nel 1808 l'area è teatro di battaglia e la difesa francese si avvale anche del vecchio forte Manin (zona parco San Giuliano), considerato avamposto verso nord del grande forte Marghera.

    Quindi nel 1815, con il trattato di Vienna, nuovo insediamento austriaco.
    La dominante austriaca ripristinò e potenziò le fortificazioni veneziane, completò forte Marghera e costruì altre fortezze più moderne per difendere, e soprattutto controllare, l'importante città-simbolo del regno Lombardo-Veneto.


    Nel tentativo di far risorgere la Serenissima Repubblica, memorabile fu la difesa nella 'calda' estate del 1848 (fino a maggio 1849) del forte Marghera, allorquando la fortezza venne tenuta dai volontari dell'effimera Repubblica di Manin. I 2.500 uomini al riparo del forte vennero assediati da una armata di 30.000 soldati austriaci con numerosa artiglieria.
    Gravemente danneggiato il forte, gli assediati ripararono fortunosamente a Venezia e la repubblica di Manin resistette per altri due mesi.

    Per tutto l'ottocento Mestre visse di indotto militare e la dislocazione urbanistica venne pesantemente influenzata dalle esigenze militari. Gli austriaci costruirono un primo ponte ferroviario tras-lagunare, con la linea ferrata che, non a caso, era controllata dal forte Marghera.

    Con il passaggio della regione al Regno d'Italia, forte Marghera divenne la centrale operativa del Campo Trincerato di Mestre con la doppia corona di fortezze di terraferma. Cippi delle Conterminazioni lagunari Cippo di Conterminazione lagunare.

    La conterminazione segna il confine tra le zone di acqua dolce e le zone di acqua salmastra o salata.
    Lungo questa linea vennero approntate numerose opere idrauliche atte a preservare lo sversamento di acqua dolce in laguna.
    Ed anche impianti e postazioni militari, come il grande forte Marghera, vera e propria porta d'accesso alla città di Venezia.

    Per preservare la laguna dall'interramento, questo innanzitutto a scopi difensivi e militari, la Serenisima Republica affrontò grandiose opere di deviazione dei grandi fiumi veneti : la Brenta, il Sile, la Piave vennero fatti sfociare direttamente in mare, fuori dalla laguna, e tutti gli innumerevoli fiumiciattoli della semipaludosa immediata terraferma vennero rigidamente regolati.

    Nella foto la lapide, del 1701 con il Leone di San Marco sfregiato su ordini napoleonici, sul ponte del vecchio canale di Marghera.

    Lungo il canale 'Cava Gradeniga', parzialmente l'attuale Canal Salso nell'area dove ora si trova il forte Marghera, da secoli esisteva un borgo commerciale con porticciolo che serviva al trasbordo delle mercanzie provenienti dalla terraferma e dirette in città. Il villaggio di Marghera venne spostato dove attualmente si trova (non esisteva ovviamente l'area industriale, tutta paludosa), per far posto ai militari nell'area strategica per il controllo dei traffici verso Venezia.

    Le truppe napoleoniche iniziarono la fortificazione lungo il canale. Il canale venne interrato dagli austriaci ad inizio '800 per ampliare il forte Marghera, sopra il ponte venne costruita la casermetta di comando.
    ex forte Marghera e il campo trincerato di Mestre
    La struttura attuale del forte è molto complessa. Si sviluppa su numerose isolette artificiali attorno al nucleo centrale della fortezza.
    L'area è in parte in abbandono, con evidenti segni dell'incuria e del tempo, solo alcune parti sono utilizzate.
    Esistono, tuttavia, progetti di recupero e valorizzazione che dovrebbero sfociare in qualcosa di concreto e molto valido.

    Forte Marghera merita sicuramente la visita. Il luogo è molto interessante e sorprendente sotto molti aspetti.
    Nelle aree interne e in alcuni edifici si svolgono diverse attività di alcune associazioni.
    Interessante il costituendo Museo delle Imbarcazioni Tradizionali (Mit).
    Anche i numerosi edifici in gravissimo stato di degrado sono, fotograficamente, molto interessanti e possono rientrare nella categoria 'archeologia industriale'.
    Per la visita i luoghi più notevoli sono le caserme francesi, la polveriera austriaca e la polveriera francese, i volti del ponte sull'interrato canale 'Cava Gradeniga', le lunghe bastionate in terrapieno e le vaste aree rinselvatichite e rinaturalizzate.

    Il forte è da considerare come il baricentro per lo studio dell'interessantissima storia del Campo Trincerato di Mestre. Storia imprenscindibile per la conoscenza della città di Mestre ed anche della Venezia ottocentesca, nonché tassello nello studio della storia risorgimentale fino alla grande guerra.

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    da wikipedia
    dal web
    magicoveneto.it

    Edited by tomiva57 - 11/5/2011, 07:39
     
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    foto:Rete Comuni Italiani


    Noale




    Da Wikipedia




    Noale (Noal o Noałe in veneto locale) è una città di 15.619 abitanti della provincia di Venezia, in Veneto.

    Geografia

    Il territorio di Noale è completamente pianeggiante, con altitudini che variano dagli 11 ai 18 m s.l.m.

    Il corso d'acqua principale è il Marzenego che lambisce il centro storico e la rocca. Altro fiume degno di nota è il Draganziolo, suo affluente di sinistra, mentre a sud il confine con Santa Maria di Sala è segnato in parte dal Muson Vecchio. Poco discoste dal centro e a cavallo del Draganziolo si estendono cave di argilla abbandonate, in parte acquisite dal Comune e recuperate come oasi gestita dal WWF.


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    Storia

    Il centro fortificato di Novalis (che significa "terra di nuovo utilizzo") sorse dopo il 1000 come avamposto militare di Treviso, poco lontano dal confine, rappresentato dal fiume Musone, con la rivale Padova. I molti reperti archeologici recuperati, tuttavia, testimoniano che la civiltà era presente nel territorio già in epoca preromana e romana. A conferma di ciò i toponimi, di chiara origine latina, e la disposizione di strade e fossati che ricalca la regolarità della centuriazione. Inoltre, esiste una tradizione che afferma che la comunità di Noale fosse stata evangelizzata da San Prosdocimo, primo vescovo di Padova, nel I secolo.

    Nel XII secolo (1158) il castello divenne residenza dei signori Tempesta che avevano ricevuto la carica di "avogari", cioè difensori e amministratori dei beni temporali dei Vescovi di Treviso. I Tempesta eserciteranno tale ufficio fino alla fine del Trecento quando, dopo l'estinzione del ramo legittimo, subentrarono gli Azzoni.

    Nel (1339) i Tempesta consegnarono il Castello di Noale alla Serenissima che vi istituì una Capitaneria e, in seguito, una Podesteria. Sotto il governo francese la città divenne comune e, durante il successivo dominio austriaco, capoluogo di distretto. Nel 1853 subì un declassamento amministrativo in quanto città natale del patriota Pier Fortunato Calvi. Nel 1866 entrò con tutto il Veneto nel Regno d'Italia, passando dalla provincia di Padova a quella di Venezia.

    L'11 ottobre 1944 tra Zeminiana di Massanzago e Briana ci fu un importante combattimento tra GNF e partigiani guidati anche da Bruno Eugenio Ballan.

    Il 9 novembre 1999, con decreto del Presidente della Repubblica Ciampi, Noale ha acquisito il Titolo di Città.


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    Monumenti e luoghi d'interesse
    Architetture religiose


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    Chiesa arcipretale dei S.S. Felice e Fortunato


    Principale luogo di culto della città, è arcipretale dal 1769 e sede di un vicariato della diocesi di Treviso. Conserva varie pregevoli opere d'arte.

    Chiesa dell'Assunta



    L'edificio, risalente all'inizio del XVI secolo, era la chiesa abbaziale del Monastero benedettino femminile intitolato a Santa Maria della Misericordia (fondato nel 1492), del quale con la Foresteria che gli sorge di fronte, è l'unica testimonianza. E' ad unica navata, in stile romanico, ma modificato. Sull'altare maggiore si trova una pala raffigurante l' "Assunta con alcuni santi" del pittore trevigiano Bartolomeo Orioli del 1602 e un pregevole Tabernacolo in stile barocco. Ai lati del presbiterio ci sono due altari: a sinistra quello di S. Francesco di Paola con pala raffigurante il santo a figura intera firmata da Iseppo Scolari: a destra l'altare della Madonna del Rosario, datato marzo 1563 con una bellissima immagine della "Vergine in trono col Bambino", opera di scuola sansoviniana. Ai piedi dell'altare vi è la sepoltura della famiglia Lamberti di Venezia. In questa tomba è stato sepolto, per sua volontà, Giovanni Battista Rossi (1737-1826). Un quarto altare, eretto nel 1735 in stile barocco, occupa la parete orientale dell'edificio: attualmente è collocato un pregevole Crocifisso settecentesco (opera di Brustolon?), mentre prima della soppressione del monastero conteneva la pala della "Visitazione" di Paris Bordon che andò dispersa. La chiesa, che era dotata di un pregevole organo del Callido (1779) ora depositato nella parrocchiale di Fossalta (Padova), ha subito varie modifiche a causa di non rispettosi restauri; nel 2007 si è concluso un accurato intervento conservativo. Ogni mattina dei giorni feriali viene celebrata la santa messa e, durante l'ottava della solennità dell'Assunta, si svolge annualmente dal 1830 (salvo un'interruzione nel primo decennio del 1900) una sagretta detta, in veneto, dee Muneghe in ricordo della festa che vi si svolgeva ai tempi del monastero.

    Chiesetta di Ca' Matta


    Fu eretta in epoca imprecisata, ma probabilmente al tempo dei Tempesta in quanto presso il quartiere dove alloggiavano i soldati (Ca' Mata, appunto, corrispondente all'italiano casamatta). Da ricordare, al suo interno, una statuetta della Vergine con Bambino.

    Chiesa dell'Ospedale o di Santa Maria dei Battuti

    La chiesa occupa lo spazio dell'atrio dell'antico ospedale dei Battuti. Sull'altare di destra si trova una notevole effigie della Madonna in trono col Bambino detta Madonna del Fuoco o dei Battuti (XV secolo), un tempo molto venerata dalla popolazione perché ritenuta miracolosa.
    Architetture civili

    Il palazzo Negro, in piazza Castello, è una costruzione dell'inizio del XV secolo ed ha subito molte modifiche nel corso dei secoli. Il recente recupero della facciata ha evidenziato decorazioni vivaci e a forte cromia. I decori risalgono al Quattrocento e appartengono a un artista veneto. All'interno si trova una decorazione parietale ripetitiva tardo-quattrocentesca molto raffinata.

    Tra gli altri numerosi edifici di pregio, sono da menzionare: il palazzo Soranzo-Scotto, edificio del XVI secolo ora adibito a biblioteca comunale; il palazzo della Loggia eretto nel 1848 su progetto dell'architetto Businari, sul luogo dove sorgeva l'antica loggia XV secolo decorata da Paolo Pino con gli stemmi dei podestà e altre allegorie, già sede del Municipio.

    Al centro del crocevia si trova una elegante scultura denominata Colonna della Pace, eretta nel XVI secolo a spese di una facoltosa famiglia locale e firmata dall'artista veneziano Paolo Pino. Attualmente sostiene il pennone portabandiera.

    Architetture militari

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    Castello e Rocca dei Tempesta


    La rocca si presume risalga al XII secolo e fu residenza dei Tempesta, Signori di Noale. Fu utilizzata per scopi militari fino al XV secolo poi divenne sede del Podestà sino al definitivo abbandono del 1763. A partire da quello stesso anno molte parti dell'ormai cadente struttura vennero deliberatamente demolite per ricavarne materiali da costruzione "a beneficio della comunità". Nel 1819 divenne Camposanto fino al 1983 quando costruito il nuovo cimitero cominciarono le riesumazioni conclusesi nel 1996. Ora la Rocca è visitabile in occasione di visite guidate o manifestazioni.

    Alla Rocca si affianca il Castello ovvero quell'area ancora cinta dai fossati medievali che con forma di quadrilatero irregolare sorge a cavallo della direttrice Camposampiero-Mestre. All'interno del perimetro delle fosse, una cinta muraria degna di questo nome non è mai esistita, si elevano la chiesa Arcipretale e belle abitazioni decorate con affreschi nonché si estende Piazza Castello, già Piazza Calvi. Fanno parte del complesso due grandi porte d'ingresso al Castello munite di merlature a coda di rondine, cui si affiancano le torri note come Torre dell'Orologio e Torre delle Campane.

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    Cultura
    Personalità legate a Noale


    * Guecello Tempesta (+1338): cavaliere, poeta e capitano;
    * Caterina Maltraversi da Lozzo (sec. XV): fu la seconda moglie di Guecello Tempesta. A Noale istituì e beneficò il convento di S. Giorgio chiamando i Francescani minori di Treviso;
    * Alvise da Noal o Campagnari (sec. XV-XVI): giureconsulto, nobile, benefattore del monastero delle monache benedettine di Noale;
    * Ludovico Dalle Tovaglie (sec. XV), noto giurista, benefattore della chiesa e convento di S. Giorgio;
    * Ettore Dalla Bastia o Bastiato (1450ca.-1529): fu pievano di Noale dal 1480 alla morte. Compilò gli statuti della "Confraternita di S. Maria dei Battuti" (Capitolare della Scuola dei Battuti) e rinnovò la chiesa parrocchiale riedificando il presbiterio e la sacrestia. Dopo l'incendio del Castello (1513) diede impulso alla ricostruzione degli edifici danneggiati;
    * Felice Polanzan o Polanzani (Noale 1712- Roma 1780): valido incisore e maestro d'intaglio;
    * Ubaldo Bregolini (Noale 1722, Venezia 1807): sacerdote, giurista e letterato. Insegnò diritto civile, canonico ed eloquenza a Treviso e Bergamo. Scrisse un trattato di diritto ["Elementi di giurisprudenza civile secondo le leggi romane e venete"], 1787, satire latine e poesie italiane, tra cui, celebrate, le stanze "L'imeneo delle piante e dei fiori" (1776)[4];
    * Giovanni Battista Rossi (Noale 1737- Treviso 1826): sacerdote noalese. Il vescovo P. F. Giustiniani lo nominò cancelliere, incarico che mantenne per cinquantanni. Eletto poi canonico della cattedrale trevigiana e decano del Capitolo. Nel periodo di "sede vacante" (1817-1822)fu nominato vicario capitolare. Fu letterato e illustre epigrafista in latino e italiano e fondò, con il suo lascito di 30.000 volumi, il primo nucleo della biblioteca civica di Treviso (fondo Rossi). Scrisse un'interessantissima storia di Noale, tuttora inedita. Le sue spoglie giacciono ai piedi dell'altare del Rosario nella chiesa di S. Maria Assunta di Noale;

    * Sebastiano Soldati (Padova 1780 - Treviso 1849): sacerdote padovano, fu a lungo arciprete di Noale prima di essere eletto Vescovo di Treviso.
    * Pietro Fortunato Calvi (Noale 1817-Mantova 1853): eroe del Risorgimento italiano, ultimo dei Martiri di Belfiore;
    * Egisto Lancerotto (1847-1916): pittore, donò al Comune di Noale moltissime opere;
    * Luigi Picchini (1856-1954): medico ricercatore e letterato;
    * Giuseppe Candeo (Noale 1859-1899): esploratore italiano. Con il capitano Baudi Di Vesme è il primo esploratore europeo del fiume Uebi Scebeli in Somalia. Ad Assab raccolse preziosi elementi per un dizionario della lingua dei Dancali;
    * Ivano Beggio, imprenditore nel campo motociclistico, figlio del fondatore dell' Aprilia
    * Francesco Di Castri, scienziato e studioso dei problemi ambientali;
    * Luigi Celeghin, organista;
    * Mario Rigo, uomo politico italiano;
    * Andrea Zorzi, giocatore della Nazionale di pallavolo;
    * Enrico Bertaggia, pilota;
    * Marco Fortin, portiere del Vicenza.

    Eventi

    * "Pan e Vin" (6 gennaio): falò dell'Epifania in Piazza XX Settembre.
    * Sagra di S. Valentino (14 febbraio) a Moniego.
    * Festival internazionale Marzo Organistico: festival internazionale di musica d'organo ospitato nella Chiesa arcipretale.
    * Sagra de "A Crose" (5 maggio): sagra della frazione di Briana.
    * Sagra di Sant'Urbano (25 maggio): sagra della frazione di Moniego.

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    * Infiorata del Corpus Domini: il giorno della ricorrenza religiosa del Corpus Domini, vengono create diverse composizioni con i petali di fiori nella via accanto la Chiesa arcipretale.

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    * Palio delle Contrade: tradizionale appuntamento che riguarda il terzo fine settimana del mese di giugno. Storica rievocazione del palio disputato nel 1347 sotto la Signoria dei Tempesta, consiste in una corsa a piedi tra i rappresentanti delle sette contrade lungo un percorso di 1600 metri. Nei tre giorni di festa vengono inoltre riproposti il "mercatino medievale", la cerimonia della "Bala d'Oro", la cena delle contrade, rappresentazioni teatrali, esibizioni di saltimbanchi, giullari, menestrelli e mangiafuocho, duelli fra cavalieri, sfilate storiche con musici sbandieratori e, a conclusione, lo spettacolo pirotecnico dell'Incendio della Torre.

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    * Noalestate: serie di manifestazioni ospitate nella prestigiosa cornice della rocca dei Tempesta nei mesi di luglio e agosto.
    * Sagra del Carmine (16 luglio): sagra della frazione di Cappelletta.
    * Sagretta dell'Assunta (la settimana dopo il 15 agosto): sagretta presso l'Oratorio Don Bosco e la Chiesa dell'Assunta.
    * Sagra del Rosario (prima domenica di ottobre): sagra nel centro storico di Noale.
    * Mercatino dei trovarobe (ogni seconda domenica del mese): mercatino dell'usato realizzato lungo le vie e le piazze del borgo medievale.
    * Natale a Noale: iniziative varie durante il mese di dicembre.

    Geografia antropica
    Frazioni


    * Cappelletta: situata a nord è la frazione più piccola del comune di Noale: essa si siluppa lungo una curva, sulla quale si trova la chiesa di S. Margherita: una chiesa costruita prima del XIV secolo a tre navate e con cinque altari dedicati a S. Margherita, a S. Defendente, alla Beata Vergine del Carmine, alla Madonna del Rosario e a S. Antonio. Di Cappelletta sono proprie infine la contrada del Drago, contraddistinta dai colori giallo e verde, la sagra del Carmine a luglio, e il falò dell’Epifania realizzato nel cortile di una villa di campagna.

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    * Moniego: situata a nord-est è la frazione più grande del comune di Noale: essa si sviluppa lungo una via principale, lungo la quale sorgono il centro e la chiesa dedicata a S. Maria Annunziata: risalente al XIII secolo, essa possiede un’unica navata e ben cinque altari dedicati all'Annunciazione, a S. Urbano, a S. Valentino, alla Croce e alla Madonna; all’esterno vi è inoltre un campanile molto bello del 1512. Di Moniego sono proprie infine la contrada di S. Urbano, contraddistinta dai colori bianco e azzurro, e la sagra di S. Urbano, festeggiata il 25 Maggio.

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    * Briana: si colloca ad sud-ovest del centro storico, lungo la strada regionale SR515 ed è la seconda frazione del comune per popolazione: essa sorge nei pressi di una curva lungo la quale si trova la chiesa di S. Giovanni Battista: essa risale al XV-XVI secolo ed è caratterizzata da un’unica navata e da cinque altari dedicati rispettivamente a S. Giovanni, a San Giuseppe, alla Madonna del Rosario, ed al Sacro Cuore di Gesù. Di Briana sono proprie la contrada di S.Giovanni, contraddistinta dai colori rosso e blu, e la tradizionale “Sagra dea Crose” a maggio. A Briana esisteva infine la casa natale del martire per l'indipendenza italiana Pietro Fortunato Calvi.

    Contrade

    Lo spazio interno alle mura, detto castello interiore (intra moenia) era diviso in tre contrade (Dirondella, del Gato, Ca' Mata) alle quali nel sec. XVI se ne aggiunse una quarta detta della Sorgata in onore della nobildonna Maria Sorgato. L'extra oppidum o castello esteriore era invece suddiviso in borghi, che prendevano il nome dagli assi viari che si dipartivano dalle quattro porte della fortezza (Borgo Treviso a nord, Borgo Mestre ad est, Borgo verso Mirano a S/E, Borgo Padova a sud, Borgo Camposampiero o della Bassata ad ovest).

    Le contrade sono state recuperate a scopo folkloristico e rappresentano le sette squadre che si sfidano in occasione del palio.

    * Bastia: zona ad oriente delle mura, dove si trovava un piccolo fortilizio: contraddistinta dai colori verde e rosso.
    * San Giorgio: zona in cui sorgeva la Chiesa di S. Giorgio: contraddistinata dai colori rosso e nero.
    * Cerva: zona ad est delle mura nei pressi di via Cerva: contraddistinta dai colori oro e nero.
    * Gato: zona all'interno delle mura, prende il nome da una macchina da guerra, il gato appunto: contraddistinta dai colori bianco e nero.
    * San Giovanni: rappresenta la frazione di Briana: contraddistinta dai colori blu e rosso.
    * Drago: rappresenta la frazione di Cappelletta: contraddistinta dai colori giallo e verde.
    * Sant'Urbano: rappresenta la frazione di Moniego: contraddistinta dai colori bianco e azzurro.

    Economia

    Il comune è conosciuto anche perché ospita la sede principale dell'azienda motociclistica Aprilia. Le attività produttive hanno subito nei secoli una notevole evoluzione. Importanti nel medioevo e nel rinascimento erano due mulini sul Marzenego a cui si aggiunse un follo poi diventato maglio sul Draganziolo. Nel rinascimento era presente pure un sito di raccolta dei nitrati di origine ovina per la produzione di polvere da sparo. Nei primi anni del XX secolo venne avviata la Lane Eger che è rimasta in attività sino agli anni ottanta dello stesso secolo e nella quale trovarono lavoro centinaia di operai e operaie. Noale contò anche una centrale elettrica costruita nel 1922 da Luigi Picchini. A sfidare i secoli permane la produzione di laterizi che, saltuariamente testimoniata in documenti e cartografia tra il medioevo e la fine del XIX secolo, diventa produzione stabile e qualitativamente importante a partire dalla fine del XIX secolo grazie all'iniziativa della famiglia Rossi che impiantò il primo forno Hoffman. Ora si contano due fornaci, "SanMarco Terreal Italia" fondata dagli stessi Rossi con il loro nome attorno al 1911 e la "fornace agli Ongari" fondata nel 1948 dall'ing. Cosulich poi acquisita da Giovanni Cavasin che l'ha diretta per quasi quarantacinque anni. La prima produce "elementi per l'architettura" a stampo con superficie prevalentemente sabbiata, mentre la seconda produce per trafila tavellame. È difficile riassumere l'evoluzione della produzione agricola ma sicuramente fiorente è la produzione del mais. Venivano allevati i bachi da seta e, attorno agli anni cinquanta del XIX secolo, importanti erano l'allevamento dei polli e la produzione di pesche. Sino a circa trent'anni fa diffusissima era la coltivazione delle vite e molto curate erano le rive, ovvero quelle siepi composte da diverse varietà arboree e arbustive che costeggiavano i campi e dalle quali si ricavavano legna, frutta (ciliege, more, etc.), funghi, foglie per i bachi da seta e rami flessibili per produrre ceste e legacci. Diffusa era inoltre la coltivazione dell'erba medica utilizzata per l'allevamento del bestiame. Ogni edificio rurale contava almeno un capo da latte. Oggi le piccole e piccolissime stalle sono scomparse, le viti sono state estirpate e sono diffuse la coltivazione di mais, soia, radicchio, etc. Tra le attività si contano aziende metalmeccaniche (tornitura di metalli, produzione di stampi, zincherie), imprese edili e aziende a servizio dell'edilizia (calcestruzzi, prefabbricati in cav, case in legno, serramentistica, marmi, etc.), aziende di trasporti (padroncini e grandi gruppi), una importante azienda di raccolta della carta usata e laboratori di sartoria oltre a officine meccaniche e di manutenzione. Ancora attiva è la cantina sociale che raccoglie le uve di un ampio circondario.

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    CAVARZERE




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    Cavarzere (pronuncia: /kaˈvarʣere/, Cavàrzere) è un comune di 14.950 abitanti della provincia di Venezia

    La storia

    Cavarzere, lembo di terra polesana e veneziana insieme, era anticamente compresa nelle paludi Adriane, poi chiamate lagune di Venezia. Il lento ritirarsi delle acque, nel corso dei secoli, ne fece un isolotto e poi un paese in terraferma. Il suolo conobbe in tempi remotissimi l’opera di coloni romani e antecedentemente quella degli Etruschi Adriesi. Fin dall’epoca etrusca e più tardi sotto la dominazione romana c’erano intorno a Cavarzere, e più in basso verso il mare Adriatico, campi coltivati, borgate e boschi estesissimi, dei quali molti rimanevano al tempo delle invasioni barbariche e dei Veneziani. Il luogo dove ora sorge Cavarzere fu certamente un avamposto fortificato degli Etruschi di Adria. Il nome di Capo d’Argine sarebbe stato attribuito a Cavarzere quando le guerre galliche devastarono l’Italia Padana, disalveando nuovamente i fiumi, inondando i paesi e nel tempo delle calate dei barbari, che sconfissero i Romani, sconvolgendo ogni loro ordinamento materiale e morale. "L’Aggere" di cui Cavarzere fu detta "Caput" sarebbe stato l’argine della "Fossiones Philistine" e non dell’Adige. Mutate le condizioni del paese e mutato governo, il luogo divenne in seguito "Caput Aggeris", o "Caputargilis", "Caput Argelle", "Capo d’Argine", "Cao d’Arzere" (in dialetto) e quindi Cavarzere. Appare accertato che dalle guerre di sterminio e rovina che si svolsero in questo luogo si ripeté l’origine delle valli e dei canneti, che un tempo non lontano si estendevano tutt’intorno a Cavarzere (fino a Chioggia e dall’Adige al Bacchiglione). A determinare lo stato di arretratezza del cavarzerano concorsero nel tempo pestilenze e carestie, sommatisi alla malaria e alle ricorrenti alluvioni imputabili alla vicinanza del Po e alla presenza dell’Adige. Questi mutò più volte il corso sino ad assumere l’attuale con la rotta della Cucca, nel Veronese, avvenuta nel 589. In quell’anno si verificò nei territori del Veneto e della Liguria, come in altre regioni d’Italia, un diluvio paragonabile a quello dei tempi di Noè, che causò la deviazione del Po, da Legnago verso sud e dell’Adige, dalle mura di Este; con il nuovo corso, l'Adige finì per dividere in due Cavarzere. Il castello raffigurato nello stemma del paese non è del tutto fedele alla tradizione araldica; si tratta infatti non tanto di un simbolo, quanto di una rappresentazione naturale del castello originario, "gran fortezza e bella, fornita di armi e vettovaglie" che purtroppo fu abbattuto per la costruzione del duomo (XVI sec.) e degli immancabili argini sull’Adige.

    La rappresentazione del castello nello stemma rientra pienamente nei diritti della città di Cavarzere, fortificata come si è detto fin dalle sue più remote origini e rifugio, soprattutto durante l’invasione degli Unni, nel 452, dei padovani e degli abitanti di Este.

    In questo periodo si resse con una Magistratura più simile all’ordinamento longobardo che alla tradizione del diritto romano, finché nell’anno Mille cominciò ad avere un tribuno minore ed un consiglio tribunizio; in seguito, assorbiti in qualità di cittadini della Repubblica di Venezia, gli abitanti ebbero diritto di partecipare al Governo con un loro Gastaldo e di prendere parte all’elezione del doge, fino alla serrata del Maggior Consiglio (XIII sec.) cioè finché durarono a Venezia le forme democratiche del governo. Dagli inizi del XIII secolo, Cavarzere fu retta da un podestà mandato da Venezia e scelto fra i patrizi veneziani (ciò però non prima che la carica fosse istituita in Chioggia, nel 1211). Il paese è citato nei trattati fra Venezia ed i re longobardi o i successivi imperatori: "Caput Aggeris" figura ad esempio nel diploma di Lotario (840); inoltre tutti gli atti della Serenissima s’iniziarono per secoli con l’attestazione che il suo territorio andava "da Grado a Cavarzere". Fino ai nostri giorni la storia di Cavarzere è data dal succedersi di dolorosi coinvolgimenti in eventi bellici e di disastrose calamità naturali. Cavarzere fu devastata durante la guerra fra il re longobardo Liutprando e L’Esarcato di Ravenna nel 740; saccheggiata da Pipino, figlio di Carlo Magno, nella guerra franco-veneziana nell’809; data alle fiamme nel corso di periodiche incursioni compiute nel Veneto dagli Ungheri tra il IX ed il X secolo. Nel 983 L’imperatore Ottone II indusse i cavarzerani a ribellarsi a Venezia per contrasti sul diritto di "vagantivo", ma il suo successore Ottone III restituì il paese a Venezia. Il suo territorio fu violato ancora da Pietro I, vescovo di Adria, che vantava diritti su Loreo nel 1010 ed il paese fu poi assalito e depredato da adriesi, romagnoli e ferraresi nel 1040, contro i quali però i cavarzerani si vendicarono mettendo a sacco l’adriense. Nel 1150 il Po ruppe nuovamente l’argine a Ficarolo, inondando il cavarzerano. Nella seconda metà del XII secolo, per fame o forse perché corrotto con l’oro, Cavarzere si arrese all’imperatore Federico Barbarossa. Cavarzere fu ancora allagata dal Po nel 1192, in seguito al cedimento dell’argine alla "Stellata". Toccata dalla guerra fra Venezia, Padova e Treviso, nel 1236 Cavarzere subì l’assalto di Ezzelino da Romano in lotta con Venezia. Nel 1232, la storia di una giovinetta cavarzerana di nome Samaritana, paralitica di entrambe le gambe e guarita grazie all’intercessione del Santo, contribuì al processo di canonizzazione del padre taumaturgo Antonio da Padova. Un terribile terremoto, nel 1276, fece soffrire carestia e pestilenza alla popolazione cavarzerana. Nel 1372 i podestà di Cavarzere e Chioggia attaccarono i Padovani alla Bastia di Borgoforte, ma furono sconfitti. La guerra termina con la vittoria dei Veneti e i Carraresi sono costretti ad inviare a Venezia quale ambasciatore di pace il poeta Francesco Petrarca. Nella guerra contro Genova (1378) Cavarzere finisce in potere dei Carraresi di Padova e vi rimane fino al 1381, anno della pace tra Venezia e i Padovani. Dopo un altro terremoto non meno terribile dei precedenti (1410), nel 1438 l’Adige tagliato dai nemici di Venezia a Castagnaro e Malopera per operazioni belliche allaga per l’ennesima volta Cavarzere, con gravi danni. Trent’anni dopo, una terribile pestilenza fa strage per due anni della popolazione, seguita da una grande carestia. Durante un altro conflitto con i Ferraresi, nel 1482 gli argini del Po e dell’Adige vengono tagliati dai contendenti e le acque sommergono Cavarzere. Il territorio cavarzerano è inondato anche nel 1493 e nel 1499 per le rotte dell’Adige a Badia e a Barbuglio e ancora nel 1502 per la rotta di Badia.

    Finito il Polesine di Adria definitivamente in potere della Serenissima, nel 1509 il paese di Cavarzere comincia ad estendersi sulla sinistra dell’Adige. Numerosi eventi bellici decimarono la popolazione cavarzerana e i dintorni del paese sono ridotti a pestifere paludi. I podestà si rifiutano di abitare nella loro sede e la reggono da Venezia per mezzo di un vicario. Comincia la rapida decadenza del castello. Delle antiche fortificazioni e del castello di Cavarzere non sono rimasti che dei ruderi della torre delle Bebbe, ai confini con il territorio di Chioggia.

    Tre secoli di pace segnano la rinascita di Cavarzere, che può estendersi rapidamente sulla sinistra dell’Adige. Durante questo periodo, nel 1602, Giulio Tescario, cittadino di Venezia, dona alla Chiesa di S. Giuseppe di Cavarzere una reliquia di sangue del 1171, proveniente dalla chiesa miracolata di S. Maria in Vado.

    Nell’agosto del 1706 vi transitò l’esercito di Eugenio di Savoia, che scendeva da Trento per l’Adige accorrendo in aiuto di Torino assediata dai francesi e la popolazione fu costretta, anche con requisizioni di farina, animali, e a volte con violenza, (quando non si possono ottenere in altro modo) a contribuire alle spese militari. La fiacchezza di Venezia favorì pure l’occupazione e il saccheggio da parte di mercenari spagnoli nel 1728.Caduta la Serenissima (1797), con il trattato di Campoformio, il paese è declassato da comune e viene diviso in due: la parte destra divenne frazione di Adria, soggetta alla Repubblica Italiana (alle dipendenze della Francia) e quella sinistra passò sotto il dominio dell’Austria.

    Il paese diventa comune italiano, con marcata tinta francese, durante il Regno Italico (1801-1815), periodo in cui si ebbero atti di aperta rivolta politica e di brigantaggio, dovuti alle misere condizioni di vita nelle campagne. Viene incendiato il municipio e il suo prezioso archivio va irrimediabilmente perduto. Dopo il congresso di Vienna del 1815, Cavarzere è reintegrata nei suoi confini e annessa al Regno Lombardo-Veneto. Passa dal distretto di Adria a quello di Chioggia. Nel 1844 entrano in funzione nel cavarzerano le prime macchine a vapore per la bonifica delle valli. Con la nascita della proprietà, comincia a scomparire il diritto di "vagantivo" dei poveri, nonostante le ribellioni di piazza. Il 30 maggio 1848 il generale Pepe con i suoi uomini attraversa l’Adige a Cavarzere, su un ponte di barche, per portare soccorsi a Venezia, dove Daniele Manin aveva proclamato la Repubblica (che resiste fino all’agosto del 1849). Con la terza guerra d’indipendenza, nel 1866, il territorio di Cavarzere viene unito all’Italia con il Veneto. Il 1878 segna la nascita a Rottanova di Cavarzere di Tullio Serafin, allievo del maestro Ettore Galeazzi capobanda del paese, destinato a diventare uno tra i più famosi direttori d’orchestra del mondo. Il freddo del 1878-79 impedisce il lavoro nei campi per quasi tutto l’inverno. La miseria viene ulteriormente ad aggravare la situazione sociale, che a cominciare dal 1880 favorisce l’emigrazione dei contadini. Dopo l’unità d’Italia, il paese fu al centro di tensioni dovute alla sua arretratezza economica.

    Nel 1882 l’Adige inonda nuovamente il territorio, in seguito ad una rotta nei pressi di Legnago. Il 23 dicembre dell’anno 1887 un altro incendio distrugge la sede municipale di Cavarzere. A difesa del paese, tra il 1889 e il 1893 viene eretto lo "schermo arginale" nel centro cittadino, continuamente minacciato dalle acque irruenti dell’Adige. Agli inizi del secolo si manifestano i primi fermenti sociali e scoppiano scioperi di risonanza nazionale alimentati da una miseria che da secoli alligna tra la popolazione, condannata a vivere in catapecchie malsane e tormentata dalla malaria.

    Attanagliate dalle malattie, dalla povertà e dalla disperazione, centinaia di persone, abbandonando anche la famiglia, trovano la via dell’emigrazione in America: un triste fenomeno che si protrarrà fino al 1914. Nel 1907 il cavaliere del lavoro Ilario Montesi, poi "re dello zucchero", diviene direttore della distilleria di Cavarzere, industria promossa dal conte Francesco Salvadego Molin (seconda per importanza in Europa durante l’ultimo conflitto mondiale); nello stesso anno, egli si rende promotore anche della "Banca Cooperativa del Sindacato Agricolo", poi "Banca Agricola Popolare di Cavarzere, unico istituto di credito di origine cavarzerana. Nel 1909 viene fondata la "Società sportiva Juventus", che nel 1921 porta alla ribalta nazionale l’organizzazione ciclistica locale con una competizione vinta dal famoso Costante Girardengo, seguito a ruota da Gaetano Belloni.

    Nel 1915 Domenico Carrari dona a Cavarzere il secondo organo per importanza del Veneto, dopo quello della Basilica del Santo di Padova; distrutto poi dalla guerra, verrà sostituito dall’attuale grande organo, sempre fra i più grandi del Veneto, donato alla Chiesa di S. Mauro, nel 1972, dal commerciante cavarzerano Giacomo Concon, detto "el campanaro". La rotta di Caporetto, nel novembre del 1917, rigetta Cavarzere in un nuovo, angoscioso sconvolgimento. Circondata da ospedaletti da campo, invasa dalle truppe in fuga, dal fragore dei carri e delle fucilate, la cittadina assiste a diserzioni, ladroneggi e allagamenti.

    La lotta per il riscatto d’Italia richiede al paese il sacrificio di circa 400 dei suoi cittadini. Nel 1921 la lotta antifascista ebbe fra le sue prime vittime l’assessore socialista Giuseppe Pavanello, coinvolto in una sparatoria mortale mentre tentava di placare gli animi. Nel 1923 Cavarzere si ribella contro la spartizione del suo territorio tra le provincie di Venezia e di Rovigo. In seguito all’insurrezione popolare, una commissione si reca a Roma da Mussolini, il quale annulla il decreto già firmato, affermando: "Siete più veneziani dei veneziani".

    L’insicurezza idraulica, per secoli causa di miseria nel cavarzerano, soggetto a periodiche inondazioni dei fiumi, è la fonte di una nuova sciagura nel 1928: il Gorzone rompe un argine nei pressi di Sabbioni di Rottanova. L’intera zona sinistra è allagata, fino alla Torre delle Bebbe. L’anno seguente, il freddo intenso fa ghiacciare l’Adige al punto che a Cavarzere può essere attraversato con i carri agricoli. Durante la seconda guerra mondiale Cavarzere fu quasi rasa al suolo dai bombardamenti aerei a tappeto, così da essere definita dai bollettini di guerra "la Cassino del Veneto".

    Numerose sono le vittime fra la popolazione civile a cui sono da aggiungersi quanti si immolarono nella lotta partigiana. Dal 28 luglio 1944, giorno del primo bombardamento aereo avente per obiettivo il ponte ferroviario sull’Adige, al 27 aprile 1945, giorno della liberazione di Cavarzere ad opera dei 21° Gruppo di Combattimento "Cremona", il paese subì uno sconvolgimento radicale. Il 28 luglio del 1944 vengono dunque colpiti l’ospedale, la casa di riposo, la distilleria e, ovviamente, numerose abitazioni. Il 4 agosto è distrutto il ponte ferroviario, ma le incursioni aeree continuano: fino al 31 dicembre se ne contano 25, con 102 morti! La gente, terrorizzata, abbandona il paese e, nel gennaio 1945, il centro di Cavarzere è un "deserto", come testimonia Mons. Giuseppe Scarpa nel suo prezioso diario "Il Martirio di Cavarzere". I bombardamenti ormai non si contano più: ancora la distilleria, il linificio, la fabbrica di lavorazione degli ortaggi, la stazione ferroviaria, e poi ancora il centro cittadino alla destra e alla sinistra dell’Adige. Dal 23 al 27 aprile, l’ultimo obiettivo è attaccato dai bombardieri e dalle truppe alleati ed è la tragedia finale: è distrutta la chiesa di S. Giuseppe, abbattuto il Duomo, colpito il Municipio e, infine, viene centrato dalle bombe il ponte pedonale sull’Adige. Tutto il centro storico, orgoglio e vanto dei cavarzerani, è ora letteralmente raso al suolo. Solo il campanile ha resistito alla furia delle bombe, ma viene gravemente danneggiato dalle cannonate alleate per snidare i cecchini e dai colpi di rappresaglia dell’antiaerea tedesca. Il 27 aprile, quando il primo ufficiale della "Cremona", il sottotenente Riccardo Bisognero, raggiunse il muraglione che sorregge l’argine dell’Adige al centro di Cavarzere, si trovò di fronte ad uno spettacolo allucinante. Con il paese, infatti, era stata distrutta una intera colonna semovente tedesca in fuga verso il nord, per cui tra le rovine, i mezzi militari distrutti, le armi e le munizioni abbandonate, giacevano i corpi sanguinanti e brucianti dei tedeschi. I cavarzerani superstiti, che dalle campagne in cui si erano rifugiati tornavano festosi in paese, rimasero annichiliti di fronte ad un tale disastro e non poterono più riconoscere, in quei cumuli informi di macerie, i luoghi familiari creati dai sacrifici e dall’ingegno dei loro padri.

    L’opera di ricostruzione, faticosissima, ebbe subito inizio e ancora una volta i cavarzerani dimostrarono, pur tra enormi difficoltà e nuovi drammi, il loro spirito di abnegazione e la loro volontà di rinascita, ma per rivedere il vecchio caro paese non restò loro che ammirare le rare cartoline rimaste. L’alluvione del 1951, la crisi dell’industria e dell’agricoltura, nuove realtà sociali del dopoguerra, favoriscono il salasso migratorio. Migliaia di cittadini cavarzerani sono costretti alla fuga.

    Questa, per grandi linee, la storia di Cavarzere che negli ultimi decenni ha sempre più affermato la volontà di riscatto e di rinascita. Debellati per sempre miseria ed analfabetismo, quasi a sfida del suo passato, Cavarzere continua ad alimentarsi di nuova linfa vitale e democratica, espandendosi sempre più verso la periferia. Oggi la Cavarzere negletta e sottosviluppata, retaggio dei secoli passati, ricordo di certi film neorealistici del dopoguerra, è ormai un lontano ricordo.

    Dal libro "Cavarzere, la sua Chiesa e la sua Storia" di Rolando Ferrarese






    foto:La voce di rovigo
    il municipio




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    foto:cavarzere.it

    IL DUOMO. Le origini del Duomo di S. Mauro di Cavarzere si perdono nel tempo. La costruzione di quello distrutto nel 1945 risaliva al 1755. Del precedente non si hanno ricordi; si sa che già esisteva nel 1500 e nel 1700 mostrava i segni di una decrepitezza avanzata. Il primo documento su questa chiesa-parrocchia è del 1288, anno in cui la sede arcipretale era vacante. Nel 1724, il Comune, che ne era il "jus patrono", ne propose un radicale restauro. In successive decisioni, del 1732 e del 1740, l’amministrazione comunale convenne per una costruzione "ex novo", più artistica e più vasta. L’opera fu condotta a termine nella sua mole muraria, utilizzando una vera e propria cava di sasso d’Istria, nel 1793. Di stile greco-romano, con maniera palladiana.

    Volgeva la facciata verso il fiume, come tutte le principali costruzioni paesane del tempo. Nel 1795, lo benedisse e lo aprì al culto l’arciprete Giuseppe Piasenti; venne poi consacrato nel 1800 dal vescovo Sceriman. Nel 1827 fu costruito il monumentale altare delle "Anime" del Fadiga. Per il pavimento della navata, in marmo rosso e bianco di Verona (1832), ogni famiglia sostenne la spesa di 5 lire (costo di un quadro).

    Il Duomo subì un restauro generale nel 1938. Quello che era considerato il più grande monumento d’arte cittadino, nelle giornate del 23, 24 e 25 aprile 1945 fu ridotto in un cumulo di macerie. Non appena cessate le ostilità, l’onere della ricostruzione venne assunto dal governo centrale. E secondo il desiderio più volte insistentemente espresso dall’arciprete mons. Scarpa, venne rifatto quasi "com’era e dov’era".

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    DUOMO ATTUALE



    Unica variante fu l’inversione della facciata, che oggi è rivolta a mezzogiorno e che fu dettata dalle esigenze del piano regolatore del paese. I lavori di ricostruzione incominciarono nel 1950. Ripresero dopo l’alluvione del Po del 1951 (1953) con la posa della prima pietra. Alto circa 37 metri, l’attuale Duomo fu benedetto e aperto al culto nella festa di S. Mauro del 1956 dal vescovo mons. Piasentini.


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    foto:Cavarzereinfiera



    LA CHIESA DI SAN GIUSEPPE. La comunità cristiana di San Giuseppe risale al 1542. La sua chiesa, sulla sponda sinistra dell’Adige, è la seconda del paese per antichità e importanza. In questa zona fioriva l’industria delle "grisole" o "grisoe", tessuto di cannucce parallele adatte alla pesca e usate nell’edilizia per soffittare. Questo famoso artigianato, che occupava gran parte della popolazione, aveva trovato la sua sede naturale a "Cannaregio"(o "Canalregio" dalla parola canneto), in quanto la materia prima era a portata di mano.
    La popolazione di questo sobborgo, in continuo aumento, si lamentava del distacco dal centro di Cavarzere, cui era collegata da un passo natante. Così il vescovo di Chioggia, mons. Alberto Pascaleo, il 2 luglio 1542 poneva la prima pietra della primitiva cappella di San Giuseppe, che venne successivamente trasformata in una vera Chiesa consacrata da mons. Pasquale Grassi, il 23 luglio del 1636.

    La posizione sotto l’Adige e la necessità di rettificare il corso del fiume portò all’abbattimento di questo tempio, tra il 1847-48. La nuova chiesa fu benedetta e aperta la prima domenica di luglio del 1851 e consacrata il 4 luglio 1856 da mons. Francesco Andrea Bonaldo. Fu però distrutta in due ondate successive di bombardamento aereo: il 19 marzo 1945, festa del santo patrono, e il 22 aprile successivo.
    L’attuale chiesa di San Giuseppe venne costruita a partire dal 3 settembre 1949. Fu consacrata il 28 aprile 1951 dal vescovo mons. Giacinto Ambrosi. San Giuseppe venne eletta a parrocchia il 10 maggio 1944.

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    foto:scacchi.cavarzere.it

    la partita a scacchi


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    foto:Corriere del Veneto - Corriere della Sera

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    PALAZZO SILIMBANI



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    La storia

    Palazzo Silimbani, protagonista del passato


    L'imponente Palazzo Silimbani fu costruito intorno alla metà del 1800 sotto il dominio austroungarico come avamposto militare, in seguito fu utilizzato come sede dell'azienda agricola.

    Nel novembre del 1951, durante l'alluvione del Po, fu la salvezza di quanti si rifugiarono sul tetto del palazzo per sfuggire alle acque, in attesa dei soccorsi: il "Gazzettino" del 20 novembre di quell'anno scrive di 70 persone isolate dall'alluvione che si salvarono a Palazzo Silimbani.

    Piccolo museo dell'agricoltura
    Un filo diretto col territorio e le tradizioni



    Nel piano superiore di Palazzo Silimbani è stato allestito il "Museo della storia locale", che ospita gli attrezzi della passata civiltà contadina e fotografie e immagini di repertorio.

    Come tutta la zona di Grignella e Cavarzere, la tenuta Silimbani era dedita ad agricoltura e allevamento: i campi coltivati producevano frumento, patate, fieno, barbabietole e tabacco che veniva essiccato nei locali del palazzo, mentre le stalle ospitavano imponenti buoi e tori da monta.

    Edited by tomiva57 - 23/5/2017, 17:29
     
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    grazie ivana
     
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  10. gheagabry
     
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    Un week end a.....


    Sogno o son desta?!

    Mi trovo a Venezia quella romantica città
    dalle architetture acquose che si riflettono nei canali,
    mentre sopra una gondola di legno percorro vie misteriose, su i ponti,
    il gondoliere silenzioso dirige il viaggio con un naturale movimento.
    Quell’area paludosa e mistica mi ispira e tiro fuori parole e versi
    mentre l’ombra del mio Don Giovanni
    mi insegue tra i spiragli e le insenature della Venezia romantica e poetica.
    Mi sospira da lontano che Venezia è poesia, amore e mistero.
    La Torre M.Cristina



    VENEZIA




    Venezia per me, ancor prima di
    visitarla da ragazzina, è sempre stata una città magica, intrigante,
    misteriosa come le sue maschere e affascinante come i suoi palazzi e la sua
    storia. Sicuramente unica....



    Venezia, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, è storicamente la Serenissima o la Dominante, antica capitale della Repubblica di Venezia. La città, capoluogo del Veneto, sorge sulla laguna veneta, nell’omonimo golfo di Venezia, e Il territorio comunale comprende, oltre alla città stessa città e alle isole lagunari, un’ampia porzione di terraferma comprendente Mestre e Porto Marghera. E’ Divisa in sei quartieri: Dorsoduro, Santa Croce, San Polo, San Marco, Cannaregio e Castello. Regina dell’Adriatico e Repubblica marinara insieme a Genova, Pisa e Amalfi. Il suo cuore è Piazza San Marco, dominata dall’omonima Basilica, colorata d’oro e rivestita da mosaici che raccontano la storia di Venezia, assieme ai maestosi bassorilievi che raffigurano i mesi dell’anno. Il portale principale è sovrastato dai quattro cavalli di bronzo di Costantinopoli, in memoria della quarta Crociata del 1204.
    Il Palazzo Ducale sorge di fianco della Basilica, uniti da Porta della Carta, opera di Bartolomeo Bon che funge da uscita del museo di Palazzo Ducale, mentre l’ingresso principale è sul lato che guarda alla laguna. Dove prima aveva sede il governo della Serenissima ora c’è un museo, contenente le opere dei migliori artisti veneziani e la Biblioteca Sansovina. Da non perdere il famosissimo Ponte dei Sospiri, le carceri e i Piombi. Di fronte al Palazzo Ducale sorge il campanile della basilica di San Marco: fu costruito nel 1173 come faro per i naviganti, fu restaurato da Bartolomeo Bon nel XV secolo, crollò nel 1902 e venne interamente ricostruito. Altro simbolo della città di Venezia è il Ponte di Rialto: progettato da Andrea Da Ponte, fu costruito nel 1591 e costituiva l’unico modo per attraversare il Canal Grande a piedi: infatti rimase l’unico ponte fino al 1854, quando fu costruito il Ponte dell’Accademia. Tipici i negozi di lusso sui lati del corpo centrale, la pescheria e la chiesa di San Giacomo di Rialto alla fine del ponte, nel quartiere di San Polo. I canali principali della città sono il Canal Grande ed il Canale della Giudecca: il primo taglia in due la città tracciando una sorta di “S”, il secondo separa il centro storico propriamente detto dall’isola della Giudecca. Meritano una visita anche le bacari, le tipiche osterie veneziane, dove si può sorseggiare un’ombra (calice di vino) e mangiare la spieza (milza), le sarde in saor, colla poenta (col pesce, la polenta è assolutamente bianca!), fegato alla veneziana e i bigoi in salsa. Venezia è la città del rinomato Carnevale. Le sue origini che si legano probabilmente alle saturnalia romane. Ma è anche la città della gondola, vera opera d’ingegneria. Splendido è poi il Bucintoro, il più ornato dei vascelli usato per le cerimonie dei Dogi. Poche città al mondo possono vantare di aver dato i natali a così tanti importantissimi pittori, che hanno d’altronde influenzato tutta la pittura occidentale: Jacopo, Giovanni e Gentile Bellini, Tintoretto, Vivarini, Tiepolo, Canaletto, Francesco Guardi, Ippolito Caffi. Venezia è anche la città dove si espresse il genio di tutti i più importanti pittori veneti, come il Tiziano, i Bassano e il veronese Paolo Caliari. Non ultimo, la Serenissima è la città natia del grande compositore Antonio Vivaldi.



    Molte sono le leggende che ancora oggi si narrano su Venezia, la città che ha incantato scrittori e artisti di tutti i tempi e che più di ogni altra, avvolta in un manto di nebbia che copre tutta la laguna, si presta a occultarne i misteri. Ad esempio, c’è forse qualcuno che trema ancora la sera, a mezzanotte, quando il campanile di San Marco batte i suoi dodici rintocchi: la qual cosa, potrebbe anche rientrare nella normalità, se non dovesse capitare d’imbattersi in un individuo dal passo barcollante, che si aggira nei pressi di corte Bressana, a San Giovanni e Paolo, mendicando denaro. Questo essere, se tale si può definire un fantasma, sta solo cercando soldi per poter riacquistare se stesso: si racconta, difatti, che in vita fosse uno degli ultimi campanari di San Marco e che la sua statura spiccasse a tal punto da attirare l’attenzione del direttore di un istituto scientifico. Quest’u ltimo, difatti, infervorato dalle sue ricerche d’anatomia, propose all’uomo un’ingente somma di denaro in cambio del suo scheletro, che gli avrebbe restituito a morte avvenuta. Naturalmente il campanaro, di fronte a una tale somma di denaro, accettò, ma la notte stessa la morte lo colse, per un eccesso nel bere. Chi non credesse a tali strani racconti, potrebbe recarsi al Museo di storia naturale, dove troverebbe lo scheletro, ancora in bella mostra nella sua teca.
    Delle tante leggende che avvolgono la città, vi sono quelle che riguardano il pittore Tintoretto, la cui figlia sarebbe stata presa di mira da una strega, o l’architetto Baldassar Longhena, che verso la metà del XVII secolo avrebbe edificato il tempio alla Madonna della Salute, il cui progetto era ispirato alla cabala; altre ancora raccontano di amori felici, come quella di un giovane pescatore in procinto di sposarsi, che, accerchiato dalle splendide sirene che volevano rubargli l’anima, seppe resistere ad ogni tentazione, al punto da stupire le sirene stesse, che, meravigliate, gli resero, come dono per la futura sposa, trine di schiuma di mare, da cui la bella amata realizzò il merletto buranello, prezioso vanto dell’intera isola di Burano.




    SSShhhh! Custodiamo la chiave di Venezia segreta, una Venezia nascosta e misteriosa, la cui esistenza è conosciuta solo a pochi.
    Lasciatevi guidare nel labirinto di quest’antica e magica città creata secoli fa da grandi capomastri, vero e proprio gioiello al centro della laguna.
    Città di sussurri… città romantica… città di fantasie e di sogni...



    Tra i ponti di Venezia ce ne sono due in particolare con delle impronte di piedi in pietra d’Istria sulla pavimentazione della sommità: stiamo parlando del ben noto Ponte dei pugni a San Barnaba e del Ponte di Santa Fosca a Cannaregio. Questi due, come in realtà molti altri, erano la sede di lunghi scontri e battaglie a suon di pugni (e non solo), chiamate Guerre dei Pugni, tra due contrade rivali. Vinceva chi prendeva possesso del ponte gettando in acqua il maggior numero di sfidanti della parte avversa (i ponti di Venezia all’epoca erano per lo più privi di parapetti e quindi l’operazione non era molto difficile)...Ai tempi della Repubblica Serenissima Venezia era divisa in due fazioni: Castellani e Nicolotti. I primi, vestiti con sciarpa e berretto rossi, rappresentavano tutte le maestranze che lavoravano all’Arsenale, dove si costruivano tutte le imbarcazioni e i vascelli, i secondi, con sciarpa e cappello nero, erano per la maggior parte pescatori provenienti dalla contrada di San Nicolò dei Mendicoli...Le Guerre dei pugni si svolsero tutti gli anni, a partire dal 1300, nel periodo tra settembre e Natale finchè vennero proibite nel 1705. In quest’anno infatti uno degli scontri sfociò in una sanguinosa battaglia che solo dopo molte ore riuscì a essere sedata.



    Ca Dario svetta tra i Palazzi sul Canal Grande per i marmi policromi che ne decorano la facciata in stile rinascimentale. In seguito ad un assestamento statico la facciata del palazzo è visibilmente inclinata verso sinistra il che gli conferisce un aspetto un po’ inquietante. Per la sua bellezza venne scelto come soggetto da Claude Monet per una serie dipinti e colpì l’interesse di John Ruskin che ne descrisse le decorazioni nel suo famosissimo “Le pietre di Venezia”..L’edificio fu costruito nel 1479 da Pietro Lombardo per conto del proprietario Giovanni Dario, segretario del Senato della Repubblica di Venezia. Sua figlia, Marietta, sposò Vincenzo Barbaro e il palazzo rimase nelle mani della famiglia Barbaro fino al XIX sec. Le disgrazie cominciarono subito però: Giovanni Dario perse in brevissimo tempo la sua influenza politica e da lì a breve il generò subì un terribile tracollo finanziario. Marietta morì in seguito alla caduta in disgrazia della famiglia, c’è chi dice di crepacuore chi suicida, e il padre e il marito la seguirono a ruota...Ca’ Dario venne venduto dalla famiglia Barbaro agli inizi del XIX sec ad un ricco commerciante di diamanti armeno, Arbit Abdoll, che, per non venir meno alla maledizione, subito dopo l’incauto acquisto fece bancarotta e morì in disgrazia...Rawdon Brown, lo scienziato inglese che divenne proprietario del palazzo nel 1832 finì sul lastrico nel 1842 e da lì a poco si suicidò, come pure il suo amante...Tra la fine dell’800 e i primi del 900 ebbero la disgraziata idea di venire in possesso di questo palazzo maledetto Charles Briggs, che fu costretto a fuggire da Venezia perchè accusato di omosessualità (allora era un reato) e Henry De Reigner, che si ammalò gravemente 2 anni dopo l’acquisto e fu costretto a tornare in Francia......La maledizione non finisce qui naturalmente e prosegue fino ai giorni nostri.......



    Lì dove terminano le Fondamente Nove si apre un’ampia insenatura, dove un tempo i veneziani solevano fare il bagno d’estate, su cui svetta un elegante e malinconico edificio chiamato Casino degli Spiriti. In realtà si tratta della dependance di Palazzo Contarini dal Zaffo, che si affaccia sul lato opposto rispetto alla Laguna, in Fondamenta Contarini. Tutto il complesso apparteneva nel 500 a Giuseppe Contarini, cardinale e famoso mecenate. Oggi laproprietà è suddivisa tra due istituzioni religiose ed è possibile chiedere alla portineria di visitare il bellissimo giardino...Il Casino degli spiriti, chiamato così perché ritenuto un luogo di ritrovo di spiriti irrequieti, è sempre stato considerato un luogo maledetto. Nei secoli passati si vocifera che fosse la sede di misteriose cerimonie grazie alle quali gli adepti di una setta invocavano demoni e spiriti, che poi finivano per infestare il luogo...Il fantasma più famoso che si dice apparisse spesso tra le sue stanze era quello di Luzzo pittore del “500, che in quelle stanza si incontrava con Giorgione, Tiziano, Sansovino. Luzzo morì suicida a causa di un amore non corrisposto: si era follemente invaghito di una delle amanti del Giorgione, Cecilia.




    Venezia è come musica al cuore, come un pianto prosciugato dal sole.
    Venezia può apparire anche volgare, come un gondoliere stanco del troppo remare.
    Venezia è simile al mio vivere, ballerina impazzita e forse un poco triste. Venezia è una città meravigliosa, l'ho vista specchiarsi piena di vanità e senza alcun rancore.



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    da ivana

    grazie gabry ...venezia.....l'hò visitata decine di volte ....in periodi diversi...sempre bella ...sempre da scoprire...angoli nuovi ..calle nuove ...non mi piace il "nuovo " ponte ..che se ne dica... :36_1_11.gif:

    da fabry


    Venezia è fantastica per me ( Fabry ),una delle tante meraviglie della nostra bella Italia ...ma non ho mai potuto andare o vedere di persona il suo carnevale ....Spero un giorno di poterlo fare ,anche di convincere Giuly a venire a vederla. Grazie Gabry.


    Giallo di un giorno sul Canal Grande
    VENEZIA - Per un giorno Venezia ha temuto di non essere piu' ''proprietaria'' del suo Canal Grande. Un ''equivoco interpretativo'', come lo ha definito il ministro Roberto Calderoli, sul dispositivo ''ammazzanorme'' che aveva fatto maturare la convinzione, espressa dall'assessore alla mobilita' Ugo Bergamo, che l'arteria d'acqua, simbolo stesso della vita cittadina, sarebe stata gestita dallo Stato. La paura di un cambio di competenza sui quattro chilometri d'acqua ha presto fatto fremere mezza citta' sino a che in serata lo stesso ministro ha messo le cose in chiaro.
    ''Intendo tranquillizzare gli amici veneziani'' ha detto Calderoli, spiegando che i timori non avevano alcun fondamento normativo: ''il Canal Grande e' e resta dei cittadini di Venezia e del suo Comune''. Il ministro ha spiegato anche il perche': ''Il Regio Decreto 523 del 1904, in materia di opere idrauliche ha natura giuridica di Testo Unico e quindi, come tale, e' espressamente escluso da abrogazione ai sensi dell'articolo 14 comma 17 della legge 246 del 2005. Pertanto, lo ribadisco, la notizia su di un trasferimento del Canal Grande dal Comune di Venezia allo Stato appare priva di qualsiasi fondamento''. A togliere ulteriori possibili dubbi c'e' stato la telefonata in serata di Calderoli allo stesso sindaco Giorgio Orsoni.
    ''Gentilmente - ha detto il primo cittadino - mi ha confermato che non c'e' stata alcuna abrogazione della convenzione in essere. Il Canal Grande, dunque, e' ancora nella disponibilita' dell'Amministrazione veneziana. Si e' trattato di un equivoco interpretativo che il ministro ha provveduto a chiarire''. A far scoppiare la 'bomba' che aveva messo in fibrillazione la citta', oltre al mondo politico anche le categorie, come i gondolieri, la notizia che nel corso di una ricognizione sulle questioni da porre al Demanio sulle competenze in laguna non era piu' strata trovata traccia del Regio Decreto che stabilisce la concessione del Canal Grande all'ente locale. A porre l'accento, nel corso di un convegno, l'assessore alla mobilita' Ugo Bergamo. Orsoni aveva indicato da subito che a suo parere nulla sarebbe cambiato, mentre l'ex primo cittadino Massimo Cacciari aveva detto che era un equivoco risolvibile in pochi minuti.(Ansa)


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    Carnevale di Venezia, omaggio all'800
    Sarà l'Ottocento il motivo guida del Carnevale 2011 a Venezia, in programma dal 19 febbraio all'8 marzo. Nel centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, Venezia insegue la sua seducente femminilità nei richiami alle grandi eroine post-romantiche ottocentesche cui è dedicato il Carnevale, sdrammatizza in chiave popolare e giocosa gli scontri tra gli ufficiali austriaci e gli italianissimi dei Comitati per l'Unità al Regno d'Italia, si sposa di nuovo con i Veneziani, nei teatri e nei musei cittadini, in un tete-a-tete fatto di concerti, spettacoli teatrali, rappresentazioni storiche, gran balli e proiezioni cinematografiche....Con redingote e crinoline, la citta' riscopre l'anima a tema del suo Carnevale e ne sottolinea l'indirizzo antico. La manifestazione verrà inaugurata il 19 con il ''Gran brindisi'', incontro dove i veneziani e i turisti daranno ufficialmente il benvenuto al Carnevale. E si apriranno le danze in piazza san Marco, sulle note dei celebri Brindiam! dell'opera lirica italiana, in una festa colorita in cui venir coinvolti con i frac e i bastoni da passeggio dell'eleganza ottocentesca. Il giorno successivo, ecco la festa di tutti i veneziani, con il corteo acqueo che lascera' san Marco e, percorrendo tutto il Canal Grande, raggiungera' il popolare sestiere di Cannaregio dove sfilerà in un tripudio di pubblico assiepato sulle rive del Rio de Cannaregio, in attesa dell'ormai acclamato "Svolo della Pantegana", a opera del Coordinamento delle Remiere.
    All'arrivo delle barche si apriranno gli stand eno-gastronomici con le leccornie carnascialesche per antonomasia: le venezianissime fritole e galani e i prelibati cicheti salati. Nel programma 2011 ci saranno ovviamente gli appuntamenti classici, come il volo dell'Angelo (27 febbraio alle 12.00, piazza san Marco, con la discesa dal campanile), la tradizionale "Festa delle Marie" (sabato 26 e martedì 8 marzo) che ricorda l'omaggio che il Doge portava annualmente a dodici bellissime e umili fanciulle veneziane, dotandole munificamente per il matrimonio con i gioielli dogali. La Festa, un momento unico per ammirare i costumi della tradizione veneziana, si snoda su più giorni.
    La premiazione con l'incoronazione della "Maria" vincitrice avverrà il martedì grasso, l'8 marzo, al termine del corteo acqueo in partenza da San Giacomo dell'Orio con destinazione piazza San Marco. Lì, alle 17.00, l'incoronazione da parte del Doge della damigella più dolce e aggraziata suggellerà la giornata dedicata alla Festa della Donna. Ancora, nel programma, le rievocazioni storiche (weekend del 26-27 e domenica 6 marzo sempre a san Marco), e la riproposta del Carnevale dei Bambini, lungo tutto l'arco della manifestazione. Un'iniziativa che si svolgerà a Venezia così come nelle località più vicine, con animazioni e giochi per i più piccoli. Domenica 6 marzo alle 12, il saluto al Carnevale 2011, con il volo dell'Asino: una parodia del ''Volo dell'angelo'' che si svolgera' a Mestre, dove si raduneranno abitanti e turisti per una festa dedicata alle famiglie. Il sipario sul Carnevale ''Ottocento'' si abbassera' con lo spettacolo finale della Vogata del silenzio, una lunga processione di gondole e imbarcazioni a remi lungo il Canal Grande, illuminato da un'atmosfera ottocentesca, e all'arrivo numerose piccole mongolfiere di carta con lumino saranno lanciate verso il cielo, a segnare la fine del Carnevale e l'ingresso nella Quaresima. (Ansa)

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  11. tomiva57
     
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    grazie gabry
     
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  12. tomiva57
     
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    Gondola



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    La gondola veneziana (comunemente detta gondola per antonomasia) è un'imbarcazione tipica della laguna di Venezia.

    Per le sue caratteristiche di manovrabilità e velocità è stata, fino all'avvento dei mezzi motorizzati, l'imbarcazione veneziana più adatta al trasporto di persone in una città come Venezia, le cui vie acquee sono sempre state la via più usata per i trasporti.



    Struttura

    La gondola è composta da 280 diversi pezzi, fabbricati con varie essenze di legname.

    La sua costruzione richiede solitamente più di un anno.

    Un tempo veniva costruita e ricoverata in rimessaggio in piccoli cantieri detti squèri come ad esempio lo squero di San Trovaso.

    Lunga all'incirca 11 metri e di caratteristica forma asimmetrica, con il lato sinistro più largo del destro, può essere condotta da uno o due rematori che vogano alla veneta, cioè in piedi e rivolti verso la prua.

    Il lungo remo è manovrato appoggiandolo ad una sorta di scalmo libero denominato fórcola, che si inserisce in un'apposita fessura e viene sfilato dopo l'uso.


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    Il ferro di prua

    L'asimmetria serve a semplificare la conduzione a un solo remo. La molto accentuata asimmetria delle gondole attuali è comunque di introduzione piuttosto recente: progetti della fine dell'Ottocento dimostrano che, all'epoca, la forma era solo marginalmente asimmetrica.

    Il tipico pettine o ferro di prua (in veneziano fero da próva o dolfin) ha lo scopo di equilibrare l'imbarcazione, bilanciando il peso del gondoliere a poppa. La sua forma ha tradizionalmente il significato di rappresentare i sei sestieri di Venezia (le sei barrette rivolte in avanti), la Giudecca (la barretta rivolta all'indietro) e il cappello del Doge, l'archetto sopra il dente più alto del pettine rappresenta il Ponte di Rialto, infine, la "S" che parte dal punto più alto per arrivare al punto più basso del ferro rappresenta il Canal Grande. In quello di alcune gondole di recente costruzione sono presenti anche tre rifiniture - una sorta di ricami detti foglie posti tra le sei barrette anteriori - che rappresentano le tre isole più importanti tra quelle delle laguna veneta, ovvero le isole di Murano, Burano e Torcello.


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    il risso

    Il ferro di poppa, molto più piccolo di quello di prua e con funzioni principalmente di potezione dagli urti, è detto rìsso.

    Malgrado la considerevole lunghezza, la gondola è estremamente maneggevole, grazie al fondo piatto e alla ridotta porzione di scafo immersa, e può essere manovrata anche in spazi angusti. Le manovre richiedono però una notevole abilità da parte del conduttore, detto gondoliere, che deve essere dotato di un senso dell'equilibrio molto sviluppato in quanto la posizione di voga all'estremità della poppa è assai instabile. Per evitare scontri, vi è l'usanza di avvertire alla voce quando si svolta in un rio stretto e i tipici richiami (òhe) sono divenuti un elemento caratteristico della città.



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    con la copertura: felze

    Storia

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    Gentile Bellini, Miracolo della Croce caduta nel canale di San Lorenzo. Il quadro mostra l'aspetto della gondola nel 1500

    La forma della gondola si è venuta definendo progressivamente nel corso del tempo. Le rappresentazioni pittoriche risalenti al XV-XVI secolo mostrano un'imbarcazione notevolmente differente da quella attuale. Nel quadro Miracolo della Croce caduta nel canale di San Lorenzo di Gentile Bellini, databile al 1500, le gondole appaiono più corte, più larghe e meno slanciate di quelle attuali e soprattutto prive di asimmetrie. La coperta di prua e quella di poppa, dove si posiziona il gondoliere, sono piatte e molto basse rispetto al pelo dell'acqua. I ferri, sia a prua che a poppa, sono costituiti da due brevi e sottili astine metalliche. La forcola del rematore appare piatta ed essenziale, priva di gomiti.

    Fu solo tra il 1600 e il 1700 che la fisionomia della gondola, utilizzata sempre più per il trasporto privato di rappresentanza, si avvicinò a quella attuale. In questo arco di tempo, la lunghezza dello scafo aumenta e anche i ferri, soprattutto quello di prua, assumono dimensioni sempre maggiori, più grandi rispetto a quelli attuali, con un carattere ornamentale sempre più spinto. La poppa si stringe e inizia ad alzarsi rispetto al pelo dell'acqua. Le coperte di poppa e di prua perdono la forma piatta per diventare spioventi e a poppa viene aggiunta una piccola pedana di appoggio per garantire l'equilibrio del gondoliere. Anche la forcola assume la sua caratteristica forma a gomito. Lo scafo tuttavia mantiene ancora una sostanziale simmetria.

    Nel corso dell'Ottocento, la poppa e, in misura minore, la prua si alzano ancora rispetto al pelo dell'acqua, per migliorare la manovrabilità dello scafo, la cui lunghezza si assesta definitivamente attorno agli 11 metri. Si introduce anche una prima leggerissima asimmetria, che viene accentuata in modo deciso solo all'inizio del Novecento, sempre per esigenze di manovrabilità, così come sia la prua che la poppa vengono alzate ulteriormente. Lo scafo si snellisce leggermente e cambiano anche le dimensioni del ferro di prua, che vengono ridotte per ottenere il bilanciamento ottimale rispetto alle mutate proporzioni.



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    Una gondola con felze nel bacino di San Marco in una fotografia ottocentesca di Carlo Naya

    Attualmente le gondole sono imbarcazioni aperte ma, sino ai primi anni del Novecento, erano dotate di una cabina smontabile detta fèlze. Quando Venezia era una città con un numero di abitanti molto più elevato dell'attuale e non erano stati realizzati i cospicui interramenti dei rii (avvenuti in epoca ottocentesca) la gondola costituiva il mezzo di trasporto per eccellenza. Le permanenze a bordo potevano quindi essere piuttosto lunghe e, con il clima invernale veneziano, la copertura del fèlze consentiva una certa confortevolezza e intimità.

    Il tradizionale colore nero dell'imbarcazione è dovuto all'origine per l'uso consueto della pece come impermeabilizzante dello scafo (come tutte le imbarcazioni veneziane e lagunari) e in seguito esteso a tutta la barca come conseguenza dei decreti suntuari del Senato veneziano - a partire dal 1609 - volti a limitare l'eccessivo sfarzo nella decorazione delle gondole, anticamente coperte di stoffe preziose e dorature; del resto il nero è sempre stato considerato un colore elegante, e quindi adatto ad un mezzo di trasporto signorile (come le carrozze ottocentesche) mentre all'epoca il colore del lutto era il pavonazzo, un azzurro cupo e molto scuro.

    Le famiglie nobili possedevano una o più gondole de casàda con cui si facevano trasportare per affari o diporto. I cosiddetti freschi, occasioni di incontro e mondanità, erano vere e proprie passeggiate in barca che si svolgevano per la città. Questa abitudine dette origine anche ad un genere musicale, la cosiddetta canzone da batèlo, che ebbe il suo massimo fulgore nel Settecento ma che ancora oggi è molto praticata a scopi turistici.

    La corporazione dei gondolieri è stata sempre governata da uno statuto, detto Mariègola, in cui si stabilivano i doveri degli appartenenti. Dagli atti della corporazione è possibile desumere una serie di interessanti notizie, sia tecniche che economiche. Ad esempio è documentato che alla metà del Settecento le gondole a Venezia fossero all'incirca millecinquecento.


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    Nello sport e nel turismo

    Questa imbarcazione è attualmente usata soprattutto a scopi turistici, ma anche per cerimonie come matrimoni e funerali, nonché come traghetto per trasportare le persone da una riva all'altra del Canal Grande. Per quest'ultimo compito vengono utilizzati i cosiddetti gondolòni o barchette, particolarmente capienti e mossi da due rematori, uno a poppa e l'altro a prua. L'usanza è assai antica (i primi documenti che regolamentano il funzionamento dei traghetti risalgono alla metà del Trecento) e i luoghi di transito come la Ca' Rezzonico o la Ca' d'Oro sono segnalati dal nome delle calli (Calle del traghetto).

    Un altro uso della gondola è quello sportivo, in regate dedicate alle imbarcazioni della tradizione veneziana, come la celebre Regata Storica. In queste gare si usano anche gondole di formato ridotto a due rematori dette gondolini.

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    Grazie Gabry..Grazie Ivana.....
     
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