IL TRENTINO ... Parte 3^

Törggelen ..La Strada della Mela..Christkindlmarkt..Usi e costumi del Trentino Alto Adige..

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    BUONGIORNO ISOLA FELICE ... BUON RISVEGLIO A TUTTI


    “... Giovedì ... Su 'sta val che se spegia 'n l'Ades pegro e sgionf dopo le prime piòze cala pian pian la not de primavera. Drìo a le nebie che se sfanta 'n gnènt slùse, sora le zime lustre, tonda, la luna ... e'nsema a 'st'aria fresca respiro na speranza nova: forsi doman con l'erba tendra sora 'i pradi buterà 'na giornada ciara piena d'amor per tuti. Nenie attraverso idiomi sconosciuti raccontano la storia di luoghi e persone...di immagini e anime colorate dalle tradizioni ... Buon risveglio amici miei, oggi il nostro viaggio racconterà gli usi e i costumi di questa bellissima terra ... il Trentino Alto Adige .."

    (Claudio)



    Törggelen ..La Strada della Mela..Christkindlmarkt..L'Egetmann..La Strozegada..Usi e costumi del Trentino Alto Adige..


    “La Strada della Mela e dei Sapori ha preso il suo nome dalle sue mele …. come la Golden Delicious, la Stark Delicious e la Renetta Canada, famose per il loro sapore tanto dolce e fresco…. in mezzo alle Valli di Non e di Sole…… circondata da maestosi rilievi montuosi come le Maddalene, il Gruppo di Brenta e l’Ortles-Cevedale…. collega le due vallate… da secoli dominate dalla coltivazione delle mele e dai frutteti…. Fra settembre e ottobre, quando mucche e capre ritornano dai pascoli, le vallate si vestono a festa per celebrare l’autunno…una festa particolare … la cosiddetta “Pomaria” a Casez.. piccolo borgo rinascimentale in Val di Non.”

    “…. il periodo autunnale è infatti il periodo dedicato al Törggelen, ovvero al passaggio di maso in maso. È una tradizione antica, che permetteva agli abitanti dei masi di scambiarsi e vendere i propri prodotti gastronomici. Vino, formaggi, carni, speck….la tradizione vuole che si possa ancora fare il Törggelen con la scusa di assaggiare il nuovo vino. in verità per fare una meritata scorpacciata di bontà altoatesine. Come resistere a un piatto di canederli o a delle castagne arrosto con un buon vino fatto in casa….E nel periodo di fine ottobre inizio novembre non perdetevi la tradizionale festa della Castagna, che vede Tesimo animata da mercatini, castagnate….”

    “….a Bolzano… nel periodo compreso fra la fine di novembre e la vigilia di Natale, Bolzano ospita una manifestazione davvero straordinaria: il “Christkindlmarkt” (mercato di Gesù Bambino). L’avvento è probabilmente il periodo più bello e suggestivo….come da tradizione, i mercatini sono ricchi di oggetti dell’artigianato locale come le stoffe dipinte, le ceramiche e gli oggetti in legno. Immancabili sono le decorazioni natalizie, come le classiche candele fatte a mano, ma anche pezzi d’abbigliamento unici creati utilizzando materiali caldi e tradizionali come la lana cotta e il panno di loden…. Oltre agli oggetti di cui abbiamo parlato, è possibile assaggiare o acquistare i prodotti di pasticceria locale come il classico Zelten: un dolce a base di frutta secca e candita tipico dell’Alto Adige. Immancabile e, devo dire, estremamente utile e piacevole nelle giornate fredde, è il Vin Brulè, il vino speziato preparato in pentoloni di rame un po’ in tutte le località alpine.”

    “Un’altra ragione per trascorrere qui qualche giorno di vacanza è quella di poter vedere in versione “live” i famosi costumi della tradizione montana valgardenese. Ad Ortisei, ogni tre anni e a rotazioni con le altre due città, si svolge la Festa dei costumi gardenesi. Precisamente nelle prime due domeniche di agosto, si potranno ammirare i costumi tipici del comprensorio.”

    “Giardini di Sissi … Nel punto più alto del giardino si trova la voliera, una grande gabbia popolata da colorati pappagalli provenienti da tutto il mondo. E’ possibile attraversarla grazie a una passerella, circondata da reti di protezione, che termina in un punto panoramico di straordinaria bellezza. Cavalli avelignesi… L’allevamento dei cavalli avelignesi affonda le proprie radici in Alto Adige e in particolare in zona Avelengo - Merano. L’allevamento di questo animale di montagna, dal manto biondo e dorato, è sempre stato di grande importanza”

    “Il Loden… In origine il loden era il tessuto utilizzato dalla gente di montagna per coprirsi durante l’inverno. Era un materiale molto resistente e a buon mercato. Veniva utilizzato anche per la confezione di abiti più eleganti da usare nei giorni di festa. Fu l’Imperatore Francesco Giuseppe a nobilitarlo e a introdurlo nella corte imperiale di Vienna. Da allora è diventato un materiale sempre più ricercato e pregiato”

    “Vicino Bolzano, ogni anno in occasione del carnevale si tiene la tradizionale sfilata dell'Egetmann, un pupazzone di paglia che, dalla notte dei tempi, rappresenta la divinità della primavera e della fecondità. Alla parata partecipa una folla imponente che accompagna l'Egetmann sul suo carro, guidato dal cocchiere al cui fianco siede la sposa del pupazzo. Ad ogni fontana il corteo fa una sosta, ed un banditore legge l'annuncio di nozze dell'Egetmann, mentre le Schnappiveh, mostri alti due metri con pelose e cornute teste di coccodrillo, si agitano urlando. Ad ogni fontana una Schnappiveh muore accoltellata da un macellaio. All'interno del corteo compaiono inoltre diverse figure della tradizione trentina, come la strana figura della donna che porta sulla sua schiena una sacca da cui spuntano le gambe di un uomo.”

    “I fuochi di San Martino…Alla vigilia dell'11 novembre, i rappresentanti di tutti i rioni di Predazzo (Trento) corrono sulle montagne circostanti per accendere il fuoco più alto ed imponente. Quando le pareti delle montagne risplendono di luce, i partecipanti corrono in paese e con l'aiuto di corni, trombe e tamburi cercano di fare più chiasso possibile, per scacciare il maligno dal paese. A questo scopo si tiene anche una gara tra musicisti, in cui vince chi riesce a produrre col proprio strumento il suono più alto per un intero minuto. La notte di festa prosegue generalmente nelle osterie e si cerca, nel rispetto dell'antica tradizione, di tener fede alle proprie promesse e pagare i debiti.”
    “Nel pieno rispetto delle tradizioni, rigorosamente a mano - dagli intarsi all’inserimento dei meccanismi meccanici, dal calibro alle numerose verifiche - gli orologi a cucù ancora appassionano per il sapore di antico e di classico che riescono ad esprimere. Piccoli e grandi capolavori che riscaldano il cuore….. a Siror in Trentino …. un ricordo del fiabesco paesaggio..”

    “Strozegada…Alla vigilia della notte di Santa Lucia (13 dicembre) tutti i bambini di Levico Terme (Trento) si mettono a raccogliere le lattine vuote che trovano in giro. Queste vengono poi legate insieme e trascinate, mentre i bambini seguono un asinello che porta su di sé una figura della Santa, cercando di fare più chiasso possibile. La "strozegada", ossia il trascinare le lattine in giro, serve, secondo i bambini locali, ad attirare l'attenzione della Santa, che dovrà ricordarsi di portar loro i doni durante la notte.”

    “l vino dei fantasmi…Nella vecchia rovina "Haselburg", abitata dai fantasmi, un contadino di Salorno scoprì una fantastica cantina piena di vini. Rapito dalla bontà della bevanda, ne riempì subito un orcio da portare a casa, ma tre fantasmi lo fermarono facendogli promettere di prenderne solo quanto bastava a lui e alla sua famiglia e di mantenere il segreto sulla cantina. Ecco che in una serata di allegria con gli amici nel suo maso , si dimenticò della promessa fatta e offrì agli ospiti il prelibato vino dell'Haselburg. Improvvisamente si sentirono echeggiare nell'aria urla di rabbia e la magica cantina si dissolse per sempre. Si racconta però che la cantina esiste ancora nascosta da qualche parte, ma nessuno ne svela il segreto.”

    “…ad Ortisei …la gastronomia sembra esser figlia di una lunghissima tradizione, con piatti dal nome rigorosamente ladino. Parlavo prima dei rifugi di montagna, dimenticandomi che spesso si trasformano in splendide trattorie, in cui poter pranzare di fronte a scorci dolomitici….I piatti traggono ispirazione dalla produzione contadina e dagli splendidi formaggi, che soltanto una valle così può generare. Assaggiate, quindi, i tortelli con ripieno di ricotta. Oppure lo speck, stagionato naturalmente e con il caratteristico affumicamento con legna locale. Infine, non possono mancare a tavola i vini della zona, vero culto locale ed ultimamente apprezzati anche nel resto d’Italia.”

    “I sapori del lago di Garda sono accostati a quelli montani: tra le specialità ci sono la tipica carne salada del Trentino meridionale (carne di manzo speziata e fatta essiccare per venti giorni) e il pesce d’acqua dolce, spesso condito con l’olio d’oliva locale….Questo olio ha un’antica tradizione ed è quello che può vantare la più alta latitudine geografica al mondo; è un prodotto di qualità che ha ricevuto dalla Comunità Europea la Denominazione di Origine Protetta.”

    “Nel pieno rispetto delle tradizioni, rigorosamente a mano - dagli intarsi all’inserimento dei meccanismi meccanici, dal calibro alle numerose verifiche - gli orologi a cucù ancora appassionano per il sapore di antico e di classico che riescono ad esprimere. Piccoli e grandi capolavori che riscaldano il cuore….. a Siror in Trentino …. un ricordo del fiabesco paesaggio..”

    “San Candido è un incantevole paesino - ai confini con l’Austria…. spessissimo c’è la famosa festa dei pompieri ………...e come non gustare cibo altoatesino e il famoso speck altoatesino… Fra i formaggi …. i Puzzone di Moena, i caprini di Cavalese e il Grana trentino…l’olio extravergine del Garda, l’agnello biologico della val di Fiemme, il pesce dei nostri laghetti alpini, il broccolo di Santa Massenza, le mele Golden, la prugna di Drò , il tartufo della val Lagarina e la nostra selvaggina e i funghi…..Le trippe in brodo o asciutte per il giorno dei Santi; “i grostoi ” per il giorno di San Vigilio.”

    “La leggenda dell'aquila di pietra narra di un tal Gian Giorgio Scanda di Sardagna e di un'aquila del monte Bondone che avevano stretto una forte amicizia, ostacolata dalla moglie di lui. Infatti la donna non accettava il rapporto tra i due e spesso questo livore sfociava in litigi molto violenti, in cui la moglie aveva la peggio…Un giorno però la divergenza si fece più violenta del solito e il tutto si risolse con la morte della donna per mano del marito esasperato. L'uomo fu portato in cella dove ricevette la visita di un usignolo messaggero dell'aquila, la quale si offriva di salvarlo purché non giurasse il falso…..Trascorsi molti lunghi giorni di prigionia solitaria, l'uomo fu condotto di fronte ai giudici a Palazzo Pretorio, e pur mentendo evitò accuratamente di giurare il falso. I contadini di Sardagna tuttavia lo accusarono tutti di essere un poco di buono, cosa che convinse i giudici a condannarlo alla decapitazione…L'uomo fu quindi portato sul patibolo nell'antistante piazza del Duomo tra la folla inferocita. Con la testa già poggiata sul ceppo vide giungere l'aquila; a quel punto, sentendosi perduto e pieno d'odio verso l'aquila che lo aveva illuso, giurò la propria innocenza e accusò l'animale d'aver commesso l'omicidio, aggiungendo: "Se io mento, che tu, maledetta, diventi di sasso!". All'improvviso il volatile si trasformò in pietra, confermando la colpevolezza dell'uomo che fu quindi giustiziato. L'aquila pietrificata, dopo qualche giorno, venne posta sulla fontanella che si può veder ancor oggi in piazza del Duomo di Trento.”








    Da Antonio



    Da Mela ...

    ** Strada della Mela e dei Sapori delle Valli di Non e di Sole **



    Una magia di luoghi, profumi, sapori: tutto questo sono le Valli del Noce!
    Il territorio della Strada della Mela comprende le Valli di Non e di Sole, due vallate tra loro vicine, accomunate dalla dolcezza del paesaggio e dalla ricchezza di fiumi, laghi e torrenti.

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    Lago di Santa Giustina



    Lago di Tovel



    Dolomiti del Brenta



    In Valle di Non lo specchio cristallino dell'acqua riflette un panorama senza paragoni: dai piccoli laghetti alpini fino al grande bacino del lago di Santa Giustina , ogni lago è un quadro dove la natura è al centro della scena. Numerose sono le possibilità di divertimento: gli amanti dell'avventura possono solcare le acque del lago di Santa Giustina penetrandone le strette forre pagaiando a bordo di un kayak, si può pescare, nuotare o semplicemente godersi il sole. Incastonato nel cuore del Parco Naturale Adamello-Brenta, spicca il lago di Tovel, conosciuto anche come "lago rosso". Dominio protetto dell'orso bruno, è il luogo ideale per gli escursionisti e i praticanti del trekking dolce che dal lago potranno partire per escursioni indimenticabili ai piedi delle Dolomiti di Brenta.

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    Gruppo dell'Ortles


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    Parco Nazionale dello Stelvio



    Punta di S. Matteo



    Il Cevedale



    La Val di Sole è la più estesa ramificazione della Val di Non, nel Trentino nord-occidentale. Confina con il Gruppo dell’Ortles verso nord, il Passo Tonale verso est e la catena montana dell’Adamello-Dolomiti di Brenta verso sud. La valle si sviluppa lungo il fiume Noce fino al lago artificiale di Santa Giustina presso Cles, ed è servita, fino al suo capoluogo Malè, dalla ferrovia della Val di Non, di recente prolungata fino al comprensorio sciistico di Marilleva.
    Il fondovalle sale dai 700 m di Malè fino ai 1.200 m di Vermiglio, mentre tra le montagne che lo circondano vi sono tante punte oltre i 3.500 metri, tra cui il Cevedale e la Punta di San Matteo nel Parco Nazionale dello Stelvio, il Crozzon di Lares ed il Monte Carè Alto nel Gruppo dell’Adamello.

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    Val di Sole - Pejo



    Le acque minerali delle sorgenti di Pejo e di Rabbi, per la loro qualità terapeutica, hanno dato vita a centri termali. Il versante trentino del Parco Nazionale dello Stelvio è inoltre un’importante riserva naturale per le specie faunistiche e floristiche dell’arco alpino.

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    Renetta canada


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    Red delicious


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    Golden delicious



    In quest’angolo del Trentino si estende un vasto frutteto incastonato fra le Dolomiti di Brenta e la catena delle Maddalene . Nel lussureggiante giardino anaune, arricchito da stupendi castelli e da arditi Canyon, vengono coltivate pregiate varietà di mele in grado di soddisfare ogni palato: Golden Delicious, Renetta Canada e Red Delicious che dal 2003 si possono fregiare del prestigioso marchio D.O.P.
    Vallate generose, queste, ma non solo di mele: pere, ciliegie, piccoli frutti e verdure come i cavoli e le patate, coltivati ad una certa altezza, acquistano una fragranza intensa.

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    Trentin grana




    Anche la zootecnia si giova dell’ambiente salubre di montagna: ne è un esempio l’ottimo Trentingrana, ma anche piccole “chicche” gastronomiche come il Casolèt della Val di Sole ed gli insaccati come la “Mortandela affumicata della Val di Non”, entrambi protetti dal marchio Slow Food.




    Sulle sponde del Lago di Santa Giustina è stata recentemente reintrodotta la coltivazione di un antico vitigno autoctono dal quale si ricava il “Groppello di Revò” vino rosso dal sapore intenso e robusto.
    Gli oltre 180 Associati della “Strada della Mela e dei Sapori delle Valli di Non e di Sole”, si sono impegnati a seguire un rigido e dettagliato disciplinare che garantisce all’ospite l’offerta di un’ampia gamma di prodotti gustosi e genuini.

    Da Augusto ...

    Val Gardena



    Da Gabry ...





    Da Lussy ...



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    ...ORTISEI...



    Da Gabry ...



    Da Lussy ...

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    .I FRATELLI..

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    Da Rino ...

    Törggelen e Buschenschänke

    Autunno goloso con mosto e castagne

    L’autunno è una stagione interamente da scoprire, specie in Alto Adige, dove l’avvio della raccolta nei campi, nei frutteti e nei vigneti, da il via a una ricchissima tradizione di feste e sagre legate al raccolto. Lo splendore di un ambiente che muta rapidamente i colori brillanti e solari dell’estate per tingersi dei toni policromi e malinconici dell’autunno, provoca una vera e propria febbre settembrina che sfocia fino a novembre, in uno dei più popolari dei riti conviviali altoatesini: il Törggelen.

    Il termine viene fatto derivare sia dal latino "torquere" che significa torcere, pressare, e si riferisce alla pressatura del mosto dopo la vendemmia, sia dalla parola “Torculum”, torchio, l’antico strumento per la pigiatura dell’uva da cui si ottiene il mosto: Il vino nuovo, detto anche, "Nuie", il nuovo, dal basso contenuto di alcol e dall’alta concentrazione zuccherina, diventava, ieri come oggi, l’oggetto di un allegro pellegrinaggio da cantina a cantina, da maso a maso, per assaggiare e confrontare il migliore. Nell’occasione si dava naturalmente fondo a robuste merende a base di Speck, pane nero e frutti di stagione.

    Il più apprezzato era, naturalmente, la castagna, (più raro il marrone) che univa al piacere di assaggiare il mosto fresco quello di scartare le caldarroste in un’atmosfera di conviviale allegria. Negli ultimi decenni usanza di queste “castagnate” tra amici, ha decisamente varcato i confini delle case e delle Stuben private per contagiare le osterie e i ristoranti. Al successo di queste feste ha contribuito anche la riscoperta, all’inizio degli anni 70, dell’antica tradizione tirolese dei Buschenschänke che si sono presto scoperti luoghi ideali per il Torggelen.
    Diffusa ormai un po’ ovunque, la tradizione del Torggelen, è particolarmente radicata soprattutto in Val D’Isarco che a questo rito dedica testoBoldAzz, mostre e molte altre iniziative. La vicinanza con il confine austriaco ha favorito la passione degli austriaci per questo genere di incontro conviviale. Lungo le pendici della valle sono inoltre presenti numerose cantine private e Buschenschänke specializzati. I boschi che si spingono quasi fino al fondovalle sono infatti ricchi di castagni di cui particolarmente apprezzati sono i frutti di Velturno e Barbiano.
    La tradizione delle castagne è rinomata anche nella zona di Tesimo che dedica loro una settimana gastronomica. Anche nel comune di Laives, e in particolare sulle pendici della Costa Sait, si raccolgono ottime le castagne servite in vari locali che praticano il Torggelen.

    Per i più golosi suggeriamo: frittelle di castagne, gnocchi di castagne con salsa di formaggio caprino, zuppa di castagne con maggiorana e tartina di castagne con frutta di stagione.

    Buschenschank

    La tradizione dei “Buschenschänke” nasce nel medioevo dal diritto conferito dai principi ai contadini di pigiare l’uva e di tenersi una parte del vino prodotto e anche di offrirlo ad occasionali clienti e passanti: il simbolo di queste improvvisate osterie contadine era una frasca verde, “il Buschen” appeso all’ingresso del maso. Così questi locali venivano distinti dalle locande e taverne “ufficiali” con l’obbligo di appendere una insegna fissa tutto l’anno. I Buschenschänke, come accade ancora oggi, rimangono invece aperti solo alcuni mesi. Tradizionalmente da fine aprile (festa di san Giorgio) a fine settembre (festa di San Michele). I viandanti si fermavano all’indicazione e potevano ordinare il vino della casa e, spesso, qualche piatto della cucina.
    Regolati da vent’anni anche sul piano legislativo, oggi i Buschenschänke rappresentano una interessante alternativa ai locali classici, non solo per i prezzi contenuti, ma perché permettono di gustare quell’atmosfera contadina che il consumatore appassionato di canederli, crauti, stinco di maiale, Haswurst, Grostel e altre goloserie della cucina tradizionale tanto apprezza.




    Da Lussy ...



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    -.PIAZZETTA..DI ORTISEI..

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    ORTSEI..VAL GARDENA...

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    Da Rino ...





    Da Lussy ...



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    Da Gabry ...



    GALLO CEDRONE - Tetrao urogallus



    Classe: Uccelli
    Ordine: Galliformi
    Famiglia: Tetraonidi
    Morfologia: è il più grosso galliforme della foresta alpina (peso 4/6 Kg). Il maschio presenta colorazione tendenzialmente scura con riflessi verdastri sul petto e due vistose macchie scapolari bianche (bottoni). La femmina di dimensioni inferiori, ha colore bruno-grigiastro con sfumature rosse sul petto.






    Pettirosso.

    Il Pettirosso è un uccellino conosciutissimo di piccole dimensioni (circa 135 mm.) diffuso in tutta Europa, in Italia lo si vede e lo si sente spesso in inverno nei giardini, nei parchi ed in campagna, mentre rovista tra le foglie secche e i muschi in cerca di piccoli insetti. Non ha timore dell'uomo e accetta volentieri piccole mollichelle di pane, in campagna molte volte segue il contadino ,che vangando il terreno porta allo scoperto piccoli insetti.. La femmina ha il colore rosso del petto più pallido, i maschi sono territoriali e attaccano altri maschi se questi invadono il loro spazio vitale. Il nido viene costruito a terra ben nascosto tra un ciuffo d'erba o sotto un ceppo d'albero, vengono deposte 3-5 uova finemente punteggiate di rossastro la cova dura 12-15 giorni, i piccoli s'involano dopo 13-15 giorni.




    Marmotta

    Questo grazioso roditore di circa 60 cm lo troviamo fino alle cime delle alpi ; dove la neve si scioglie solo per poche settimane e nemmeno le capre proverebbero a vivere . Coperto da una lanetta sottile e da setole piu' lunghe ,di colore grigio – fulvo e bruno – rossiccio sul ventre , zampe corte e 7 kg di peso sembra camminare sfiorando il suolo . La si può osservare sui pendii esposti a mezzogiorno , all' erta sulle zampe posteriori . Si nutre di erba secca , piante alpine e radici . La tana , sempre molto complessa e' circa ad un metro di profondita' e l' entrata chiusa fin dai primi freddi da pietre e cespugli : durante il letargo , che dura 6 -8 mesi , puo' ospitare piu' di 10 esemplari . Prudente e guardinga al minimo pericolo emette un fischi acuto e ripetuto . In primavera dopo una gestazione di 6 settimane partorisce da 2 a 6 cuccioli che restano con i genitori fino all' estate successiva . se catturate da molto piccole e trattate con cura possono venire addomesticate con successo , al contrario si dimostrano aggressive e intolleranti .




    Da Rino ...



    Alba Cles (TN)



    Baita



    STROZEGADA 2009

    La Strozegada è un'antica tradizione a Selva, piccola frazione di Levico Terme, dove Santa Lucia è invocata in una suggestiva cerimonia notturna al lume delle fiaccole. La serata è resa ancora più magica dall'arrivo della Santa con il suo asinello, pronta a distribuire regali a tutti i bambini.

    La sera del 12 dicembre vigilia di Santa Lucia, ci si ritrova con le "STROZEGHE" alle ore 20 davanti alla ex scuola elementare per percorrere vie e piazza trascinando le "strozeghe", in attesa che Santa Lucia richiamata dal frastuono scenda dall'antico Castello.

    Strozega= barattoli, lattine legati tra loro con filo di ferro o spago.
    Luzia= Lucia

    Il Gruppo Castel Selva ringrazia tutti gli sponsor, grazie ai quali è stato possibile organizzare la manifestazione.

    Si ringraziano le nonne e le mamme.

    Si ringrazia Attilio con la sua zampogna e Lucia con l'organetto dell'associazione culturale Zampognaro Lagaro di Pomarolo



    Strozegada di Santa Lucia 2009

    Santa Luzia l’è vizina.

    Santa Luzia l’è vizina;
    Su da bravi, ne’ a dormir;
    Metè fora la farina,
    E no feve pu sentir.
    La ven zo dal castelo,
    Con de drio el caretelo,
    Pien de roba de zugar,
    Guai però se i popi i ziga,
    Guai a quei che no obediss;
    L’asenelo el passa via,
    E po’ l’sgola ’m paradiso!
    Guai a quei che fa dispeti,
    Che no i vegn quando sei ciama,
    Che i maltrata i poreti,
    Che no i scolta la so mama;
    Guai a quei che diss bosie,
    Che no diss le so oraziom,
    Che strazzai, come le strie,
    I va sempre a zibaldom!
    Per quei popi, dove’ creder,
    Santa Luzia e l’asenelo
    I fa finta de no veder,
    E i sparis piam piam.
    Dunque sù, déghe drio,
    prepareve e ne a dormir.
    E prometéghe al Sioredio
    D’esser bravi e d’obedir.

    Selva 01/12/2008 D.A.




    La notte di Santa Lucia.

    Questa é la notte di Santa Lucia
    senti nell’aria la sua magia.
    Lei vola veloce col suo asinello
    atterra davanti ad ogni cancello.
    Ad ogni finestra un mazzolin di fieno
    e l’asinello ha già fatto il pieno.
    Santa Lucia con il suo carretto
    lascia a tutti un gioco e un dolcetto.
    porta ai bambini tanti regali
    tutti belli, tutti speciali.

    ::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::

    Santa Luzia, mama mia porta roba ’n casa mia.
    Se la mama no ghen mete resta vòde le scudelete.




    Da Antonio ...

    STRUDEL TIROLESE....



    Da Rino ...



    Castel Valer, Val di Non



    Sanzeno, panorama



    Santuario San Romedio



    Da Lussy ...

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    FESTA DEI FIORI..BOLZANO...

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    PANORAMICA DEL MERCATINO..

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    ..CASTELLO RONCOLO.QUI UNA FESTA..EM..NN CI STAREBBE..MALE...

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    ..PANORAMA CON LE ALPI....

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    CASTELLO DI JENE...

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    ..MERCATINI DI NATALE...

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    ...CASTEL FIRMIANO...

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    ..CASTEL..MARECCIO...



    Da Gabry ...











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    Da Rino ...


    Lago di Tovel






    Le magie dell'autunno in Val di Non





    "Pomaria" festa della mela in Val di Non




     
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  2. tomiva57
     
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    IL LAGO DI CAREZZA
    la leggenda

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    Racconta la leggenda che nel laghetto posto nella valle tra il Catinaccio/Rosengarten e il Latemar viveva una bellissima ondina che deliziava con il suo canto melodioso i viandanti che salivano al passo di Costalunga. Di lei si innamorò lo stregone del Latemar, che tentò inutilmente di rapirla, infatti non appena l'ondina lo scorgeva si rituffava nelle acque del lago. Lo stragone chiese allora consiglio alla strega del Rosengarten, che dopo avrlo deriso, gli suggerì di cambiare abito, di stendere il più bell'arcobaleno tra il Catinaccio e il Latemar e di recarsi al lago fingendosi un viandante commerciante in gioielli.
    Lo stregone del Latemar così fece, stese il più bell'arcobaleno mai visto sino all'ora tra le due montagne e si recò al lago, ma dimenticò di travestirsi. Quando arrivò, l'ondina attirata dall'arcobaleno e dal luccichio dei monili era fuori dall'acqua incantata ad ammirare lo splendore di quello spettacolo, ma non appena scorse lo stregone, si rituffò nel lago e scomparve. Lo stregone si infuriò moltissimo e preso l'arcobaleno lo distrusse in mille pezzi e lo gettò nel lago. Ancora oggi nelle acque di Carezza puoi ritrovare tutti i colori dell'iride, dall'azzurro al verde, dal rosso all'indaco, dal giallo all'oro.

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    altra versione

    Il Lago di Carezza, incastonato nella fitta foresta ai piedi del Latemàr, nelle Dolomiti, è noto per il gioco di colori delle sue acque cangianti durante la giornata, dal verde/blu, al rossastro, dall’oro fino al grigio cupo dei temporali: per questo motivo nella lingua ladina viene chiamato anche "Lec de Ergobando" (o "arcoboàn"), cioè "Lago dell'arcobaleno", un nome che gli si addice perfettamente.

    Infatti, mentre gli altri laghi montani rispecchiano acque azzurre o verdi, quello di Carezza ha in sé tutti i colori dell’iride.
    L’origine di tanta peculiare bellezza potrebbe trovarsi in questa antica leggenda alpina.

    Molto, molto tempo fa, quando le fate e le ninfe popolavano ancora i boschi e le acque e, seppur raramente, era dato anche agli umani vederle, nelle profondità del lago di Carezza, in un magnifico palazzo tutto di madreperla e di marmo, abitava appunto una ninfa, Ondina.
    Era una donna giovanissima di straordinaria bellezza: aveva i capelli neri e folti che contrastavano con gli occhi azzurri del color della pervinca nel cui sguardo un umano avrebbe potuto perdersi.
    La carne del suo corpo bianca e compatta, liscia come seta incantava anche gli dei, la stessa stirpe da cui la ninfa proveniva. Ondina era solita, nelle notti di luna piena, raggiungere le rive del lago per cantare alla stregua di un usignolo, tanto che tutti gli animali che abitavano la fitta foresta di conifere che si può ammirare ancor oggi
    attorno allo specchio d’acqua si radunavano intorno a lei e in silenzio si beavano del suo canto.
    All’alba la fanciulla con un tuffo tornava nel suo palazzo lacustre, le splendide gambe mutate in coda di pesce: diventava in tutto e per tutto una sirena.
    Qualche volta usciva anche di giorno, al sole di mezzogiorno.
    Le piaceva lasciarsi accarezzare dai raggi, distesa sulle rocce della riva.
    Si racconta che i pochi uomini che ebbero la fortuna di vederla abbiano terminato la loro vita in preda alla pazzia dopo aver cercato lei in ogni donna che incontravano
    Vicino al lago, nelle foreste che salgono fino alle cime del Latemàr, abitava un grande Mago: la sua era una magia cattiva, distruttiva e il suo potere grande.
    Una notte, mentre creava nuove e oscure magie nella torre più alta del suo castello tra le rocce, udì un canto da cui fu irresistibilmente attratto; il vecchio, orrendo a vedersi, brutto di malvagità, per la prima volta in vita sua si sentì quasi umano: pareva che le pietre del suo cuore si stessero sgretolando al suono di quella melodia.
    E volle sapere a chi apparteneva la voce incantata.
    Così furtivamente si avvicinò al lago e quando vide la splendida donna che coperta solo dei suoi capelli cantava alla luna... seppe che doveva averla, in ogni modo.
    Uscì allo scoperto, per avvicinarsi a lei, toccarla....
    Ma come Ondina vide quel vecchio orrendo dalle mani adunche che si avvicinava- seppe subito chi era, riconobbe il Male, lei che era di natura divina- con un balzo scomparve nelle acque, lasciando al Mago solo il ricordo della sua bellissima immagine.
    Da quel giorno lui provò in tutti i modi a catturare la Ninfa: usò i trucchi del travestimento, ma lei lo batteva in velocità, agilità e infine l’acqua era il suo elemento mentre il palazzo dove si rifugiava nelle profondità lacustri la proteggeva dal potente Stregone, il quale, vedendo fallire ogni tentativo di catturar la preda, veniva preso sempre più spesso da crisi di rabbia paurose; allora scatenava sul Latemàr furiosi temporali e scagliava nel lago fulmini apocalittici: ma Ondina, al sicuro nel suo palazzo di marmo e madreperla, rideva di lui, e la sua risata, tra il frastuono degli elementi, arrivava al Mago, nel cupo castello tra le rocce, portandolo alla disperazione.
    Così, un giorno, a malincuore, si decise a salire sul Vajolòn per consultare una “Stria del Masaré”, che abitava lassù in una caverna: era costei una creatura malefica quanto lui ma infinitamente più astuta.
    La vecchia megera, dopo averlo ascoltato, si mise a ridere e disse, con voce chioccia di scherno:
    - Ma guarda il grande Mago che si fa prender in giro da una piccola Ninfa, perché la vista di una bella femmina gli ha distrutto il cervello, tanto da non saper neppur più di quali magie è capace... da non crederci.
    E ora ha bisogno di me...
    Mi ricambierai questo favore un giorno.
    Allora ascolta:
    Ondina , la tua bella, non ha mai visto un arcobaleno.
    Tu creane uno, sempre se ti ricordi come si fa, che abbia un capo sulle vette del Latemàr e l’altro sulla riva del lago.
    Bada di farlo con i colori più splendenti che la tua magia può inventare, deve brillare più del sole.
    Ondina non potrà fare a meno di uscire per veder una simile meraviglia, per lei sconosciuta.
    Intanto tu ti travestirai da mercante, con folta barba bianca e lunghi capelli che ti copriranno in parte il viso; inoltre darai alla tua voce un tono suadente, amoroso, pacato.
    Porta sulle spalle un sacco con oggetti preziosi: oro, argento, diamanti.
    Avvicinati al lago con passo tranquillo, sì da ispirare fiducia e quando sarai
    arrivato all’acqua, mormora tra te e te “ eccolo il famoso tessuto con cui si cesellano i gioielli dell’aria, i più belli del mondo...”; così dicendo taglierai un pezzetto di arcobaleno e fingendo di metterlo nel tuo sacco in verità farai uscire da quest’ultimo i meravigliosi ornamenti che contiene.
    Ondina ti si avvicinerà, perché è pur sempre una donna e i gioielli la attireranno inesorabilmente.
    Allora tu le spiegherai che son fatti appunto con la stoffa di quell’enorme arco colorato, che tu stesso ne sei il creatore e che principesse e regine di tutto il mondo se ne adornano.
    Poi la inviterai a casa tua , per poterne ammirare alcuni assai più belli di quelli che lei di sicuro ormai starà già accarezzando.
    Ti seguirà e tu potrai tenerla prigioniera per sempre-
    Il Mago si convinse che il piano era buono; così il giorno stesso salì sul Latemàr
    e vi creò un magnifico arcobaleno, che inarcò al di sopra dei boschi fin laggiù, al lago di Carezza.
    Ondina si accorse subito di quella meraviglia, che irradiava riflessi splendenti fino al suo palazzo; uscì fuori e come lo stregone vide emergere dalle acque quel corpo splendido che piano piano gli si rivelava in tutta la sua divina perfezione...perse ogni prudenza; si mise a correre a perdifiato verso l’arcobaleno e verso l’oggetto del suo desiderio, dimenticando barba e capelli candidi da innocuo mercante, nonché il sacco appropriato della mercanzia...
    La Ninfa lo riconobbe immediatamente e con una risata e un balzo, tornata sirena, fu al sicuro in fondo al lago, nella sua casa di marmi e madreperla.
    Il povero Mago fu colto allora da un’ira tremenda: cominciò a sradicar alberi, a sollevar pietre e macigni che gettava nel lago.
    Alla fine afferrò anche l’arcobaleno, la sua creatura –trappola: lo distrusse in mille pezzi e gettò anche quelli nelle acque di Carezza.
    Poi ritornò al suo cupo castello tra le rocce e scomparve per sempre.
    Intanto i frammenti di arcobaleno si andavano sciogliendo nel lago, donando alle sue acque tutti i colori dell’iride per sempre.
    Ondina riuscì a tenerne per sè qualcuno: così per gioco a volte, ancora oggi, li sbriciola, sceglie un colore particolare e si diverte a colorar di polvere rosa le cime dei monti circostanti...





     
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    LE VALLI E GLI AMBITI TURISTICI PER LE VACANZE IN TRENTINO



    Cenni sul territorio Trentino.

    Il Trentino si estende su di una superficie di oltre seimila chilometri quadrati da una altitudine di 65 m slm del Lago di Garda sino ai 3764 del Monte Cevedale. Il corso del fiume Adige con le valli dallo stesso solcate (Valle dell'Adige con i centri di Trento e Lavis e Val Lagarina con la città di Rovereto) divide in due parti la Provincia di Trento.
    Ad Est del fiume Adige si trovano i Gruppi Dolomitici del Latemar, Catinaccio, Sella, Sassolungo, Marmolada, Pale di San Martino. Sempre ad oriente dell'Adige si trovano la magnifica catena del Lagorai - Cima D'Asta e più a sud il massiccio della Vigolana e il complesso Pasubio Carega. In questo versante si distendono le Valli di Fiemme con i centri di Cavalese e Predazzo, Val di Fassa con Moena e Canazei, Val di Cembra, con Cembra e Segonzano, percorse dal Fiume Avisio, l'Altipiano di Pinè, la Valle dei Mocheni bagnata dalle acque del Fersina, la Valsugana con i laghi di Levico e Caldonazzo dal quale nasce il Fiume Brenta, le Valli del Primiero e del Tesino con l'Altopiano del Vanoi, gli Altipiani di Folgaria Lavarone e Luserna, l'altipiano della Vigolana. Più a sud troviamo la Vallarsa.
    Nel settore occidentale del Trentino da nord verso sud si trovano: Valle di Non, con il capoluogo Cles e il Lago di Santa Giustina, la Valle di Sole con i centri di Malè, Dimaro Mezzana solcate dal Fiume Noce, Valle di Bresimo, Valle di Rabbi, Valle di Pejo, Val Meledrio, Val Rendena con Pinzolo e Madonna di Campiglio, bagnata dalle acque del Fiume Sarca, Valle del Chiese, Valli Giudicarie, Valle dei Laghi (Terlago, Cavedine, Castel Toblino, Santa Massenza, Lamar), Valle del Basso Sarca dal lago di Castel Toblino sino alla piana di Arco giù giù sino al Lago di Garda. A sud-ovest il territorio trentino è delimitato dalle Valli di Ledro e dalla Val d'Ampola.
    Il Massiccio della Paganella-Gazza, le Cime di Vigo, l'altipiano della Predaia. Il massiccio del Roen, il Penegal, la catena delle Maddalene, il gruppo Vioz Cevedale si elevano a Nord ovest di Trento e segnano il confine con l'Alto Adige. Il gruppo delle Dolomiti di Brenta è lambito dalle Valli di Non, Val di Sole, Val Meledrio, Val Rendena, Valli Giudicarie, dal Lago di Molveno e dall'Altipiano della Paganella. I ghiacciai della Presanella e dell'Adamello stabiliscono il naturale confine con la regione Lombardia. Completano il quadro montuoso il gruppo delle Tre Cime del Bondone, le Alpi di Ledro e sul lato orientale del Garda il massiccio dell'Altissimo Telegrafo Baldo.


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    foto:Rafting Center Val di Sole



    VAL DI SOLE: situata a nord ovest del Trentino è percorsa dal Fiume Noce. Dispone di una offerta turistica di ottimo livello, sia per la stagione invernale con i complessi sciistici di Passo Tonale, Pejo, Folgarida-Marilleva, che per la stagione estiva data la sua collocazione tra il Parco Nazionale dello dello Stelvio e il Parco Naturale Adamello Brenta. Le principali località turistiche sono Dimaro, Folgarida, Passo Tonale, Mezzana Marilleva e Pejo per la Val di Pejo, Rabbi per la Val di Rabbi.


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    foto:Trentino

    VALLE DI NON: famosa n tutta Italia per la produzione di mele e per il grande numero di piccoli centri abitati che la caratterizzano. Il Fiume Noce e il grande lago artificiale di Santa Giustina dividono il suo verde territorio in due parti. Ad ovest le pendici orientali del Gruppo di Brenta con il magnifico Lago di Tovel, ad est l'altipiano della Predaia con le elevazioni montuose dei Gruppi Penegal-Roen-Cime di Vigo. Di particolare fascino è l'Eremo di San Romedio e il Castello di Thun. A settentrione il Gruppo delle Maddalene la separano dalla Val d'Ultimo. Il capoluogo è Cles e i centri turistici maggiori sono situati nella parte nord orientale (Fondo, Cavareno, Malosco).


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    VAL RENDENA: è circondata dai Gruppi montuosi dell'Adamello Presanella e del Gruppo di Brenta. Percorsa dal Fiume Sarca annovera nel proprio territorio prestigiose località turistiche quali Madonna di Campiglio e Pinzolo. Di particolare interesse naturalistico la visita alla Val di Genova.Il suo territorio è quasi completamente inserito nel Parco Naturale Adamello Brenta.


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    VALLI GIUDICARIE: sono racchiuse in un vasto territorio collinare che comprende le aree del Banale del Lomaso del Bleggio, la busa di Tione sino a Breguzzo. Dal punto di vista turistico l'offerta principale è costituita dalle Terme di Comano con i paesi del Banale che sorgono alle pendici delle Dolomiti di Brenta, la propaggine occidentale di Tione e Breguzzo si addentra nelle elevazioni dell'Adamello. Elevazioni isolate e per questo molto panoramiche sono il Misone e il Casale. Il Sarca e i suoi numerosi affluenti caratterizza l'idrografia di queste ubertose vallate. I centri principali dal punto di vista turistico sono Comano Terme, San Lorenzo in Banale, Breguzzo, Stenico con il suo Castello...


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    ALTOPIANO DELLA PAGANELLA - LAGO DI MOLVENO: situato tra il Gruppo di Brenta e il massiccio della Paganella. Di grande tradizione turistica la località di Molveno grazie al suo magnifico Lago, assai rinomata Andalo soprattutto per il complesso sciistico della Paganella che si estende anche sul versante di Fai della Paganella. Dispone di strutture turistiche di rilievo soprattutto dal punto di vista degli impianti sportivi. L'ufficio informazione principale è l'azienda per i turismo Dolomiti di Brenta Paganella Lago di Molveno Andalo.


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    foto:Mondo del Gusto


    VALLE DEI LAGHI, TRENTO E MONTE BONDONE: oltre al capoluogo della Provincia, Trento, e alla sua montagna, il Bondone, questo territorio comprende la Valle di Laghi che si distende da est a ovest tra i massicci del Bondone e della Paganella. Prende il nome dalla presenza di numerosi laghi quali il Lago di Lamar, il lago d Lagolo, il Lago di Terlago, il Lago di Cavedine. Verso la piana del Sarca completano l'elenco i Laghi di Santa Massenza e di Castel Toblino.


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    foto:Trentino


    LAGO DI GARDA TRENTINO E BASSO SARCA: principali località turistiche, di ottima fama, Riva del Garda, Torbole ed Arco.


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    foto:Trentino Top

    ROVERETO, VALLAGARINA, BRENTONICO VALLARSA: la parte sud-orientale del Trentino è caratterizzata dalla presenza della piana dell'Adige con i vigneti della Vallagarina, costellata di numerose testimonianze storiche con i castelli medievali di Beseno, Rovereto e Chizzola d'Ala e Sabbionara di Avio. Sulle alture del Pasubio Carega e dell'Altissimo Baldo di rilievo la presenza di fortificazioni e sentieri legati al primo conflitto mondiale. Oltre a Rovereto buona ricettività turistica è presente a Brentonico.


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    foto:Montagna Estate


    VAL DI LEDRO E VALLE DEL CHIESE: sono situate nel settore sud-occidentale del Trentino. La valle e l'Alpe di Ledro con l'omonimo Lago divide la Valle del Chiese dal Bacino del Garda. Le località turisticamente più conosciute sono situate sulle rive del Lago di Ledro: Pieve e Molina di Ledro.


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    foto:Etineris


    ALTIPIANO DI FOLGARIA LAVARONE LUSERNA: situati nel Trentino orientale tra la valle dell'Adige l'Altipiano di Asiago ad est, il Gruppo del Pasubio a sud e la Vigolana a nord. Vantano una rinomata tradizione turistica sia estiva che invernale. La località principale è Folgaria che si compone di diverse frazioni, Lavarone ha una vocazione maggiormente estiva per la presenza dell'omonimo lago.



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    foto:Trentino


    VALSUGANA e TESINO : situata tra la Vigolana e la catena del Lagorai questa vasta zona del Trentino orientale comprende le aree turistiche dei laghi di Levico e di Caldonazzo, la Valle dei Mocheni, la parte meridionale della catena del Lagorai, il Gruppo Rava-Cima d'Asta e le colline del Tesino. Il centro più popoloso è Pergine seguito da Borgo Valsugana.



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    foto:Visit Pine Cembra


    ALTIPIANO DI PINE' E VALLE DI CEMBRA: Situato nel Trentino orientale tra la piana dell'Adige e la Valle di Fiemme e la Val dei Mocheni. Oltre al turismo il settore economico trainante è costituito dalla estrazione del porfido. Baselga di Pinè con i laghi delle Piazze e della Serraia è il centro turistico più conosciuto.


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    foto:Trento Today


    VALLE DEL PRIMIERO, SAN MARTINO DI CASTROZZA, ALTOPIANO DEL VANOI: segna il confine tra il Trentino e la Provincia di Belluno. E' caratterizzata dalla presenza del bellissimo gruppo dolomitico delle Pale di San Martino al quale fanno da degne comparse i Gruppi Cimonega e le Vette. Oltre al complesso dei comuni del Primiero (Transacqua, Mezzano, Imer, Fiera, Siror) degno di menzione è il centro di San Martino di Castrozza, località turistica alpina dalle nobili tradizioni..


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    foto:www.visitfiemme.it


    VALLE DI FIEMME:
    si estende da ovest ad est a settentrione della Val di Cembra e della Catena del Lagorai, segnando il confine con l'Alto Adige. Percorsa dal fiume Avisio conosce un forte impulso turistico legato agli sport invernali per a presenza degli impianti del Cermis, di Pampeago e del Latemar. Particolarmente sviluppata è la pratica delle discipline nordiche delle quali il più eclatante fulcro è la Marcialonga Località principali sono Cavalese e Predazzo.



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    foto:Fidelity Viaggi - Fidelity House


    VAL DI FASSA: la valle dolomitica per eccellenza. Ha conosciuto un intenso sviluppo turistico invernale per la presenza del famoso carosello Dolomiti Superski. Anche nella bella stagione non mancano elementi di fortissimo richiamo costituiti dai gruppi dolomitici della Marmolada, del Catinaccio, del Sella, del Sassolungo, del Latemar. Le località principali sono Moena e Canazei.



    Edited by tomiva57 - 19/7/2017, 17:10
     
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    foto:Interline srl


    TON (TN)



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    foto:Trentino Experience



    CASTEL SAN PIETRO




    Ubicazione: Sorge a 864 m. s/m in un ambiente molto aspro alle pendici occidentali della catena montagnosa che divide la Valle di Non dalla Val d'Adige.

    Come si raggiunge: Il sentiero di accesso parte dal Campo sportivo, in località "Glare" e prosegue attraversando per due volte il torrente che scende dalla valle di S.Pietro e Dalla Valle dei Pilastri.

    Proprietà: Privata

    Condizioni: Ruderi

    Storia: L'importanza di questo maniero è messa in rilievo da tutti gli storici: architettonicamente è un raro esempio di torre cilindrica; strategicamente era costruzione medievale che proteggeva un raccordo stradale che si staccava a Termeno e superando la cresta montagnosa arrivava a Vigo di Ton, passando ai suoi piedi. Ancora oggi la strada oggi un impervio sentiero che da Vigo di Ton risale sino al castello è detta, localmente, romana. Fu costruito nel XII sec. dai Thun che lo abbandonarono nel XVII sec.
    Secondo una ricostruzione grafica dei ruderi, eseguita da Franco Lancetti, il castello era di notevoli dimensioni e merita di essere riscoperto e valorizzato. L'edificio stando alle testimonianze storiche, già verso la fine del secolo XVII era in uno stato di totale abbandono. La causa del rapido decadimento è da ricercarsi con tutta probabilità nella tristemente famosa «tassa sul coperto» che causò molti strani incendi ai tetti di edifici nobiliari poco utilizzati. Risale proprio a quest' epoca infatti la rovina di castelli come San Pietro e Belfort. L'isolamento in cui giace ormai da due secoli lo ha trasformato inesorabilmente in «un ammasso di pietre e che deve far fronte non più ad un eventuale attacco nemico, ma ad una sottile e capillare invasione della vegetazione circostante».
    La parte più antica del castello, posto a quota 864, è secondo Lancetti, la torre cilindrica leggermente rastremata verso l'alto, risalente ai primi anni dell' insediamento romano in val di Non. La fortificazione infatti sorge lungo un'antica via romana che collegava l'Anauuia con la val d'Adige attraverso il passo di Roccapiana. A quei tempi infatti le strade vista l'Impervietà che ancor oggi limitava la percorribilità dell'area nel fondovalle, sorgevano in quota. Era meglio dunque percorrere la montagna anziché aggirarla attraversando zone difficili e paludose. La torre di castel San Pietro dunque era in collegamento visivo con altre fortificazioni della valle in particolare con la zona di castel Belasi e castel Corona.
    Secondo la ricostruzione effettuata da Lancetti la torre ha un diametro interno di circa sei metri e le mura sono larghe un metro e quaranta, l'altezza doveva essere (visto che ora è mezza), di circa quindici metri.
    Successivamente in epoca medioevale, attorno all' antica fortificazione si è sviluppata, come in altre zone, un castello munito di ponte levatoio e di mura per, la difesa. Al suo interno sorgeva una cappella dedicata a San Pietro, di questa è ancora possibile scorgere le fondamenta dell' abside che ha un diametro di circa tre metri.
    Il castello viene nominato per la prima volta in un documento del 1338 dal quale risulta essere un feudo antico della chiesa di Trento, di proprietà della famiglia Thun che lo acquistò dalla famiglia Negri di San Pietro.


    VAL DI NON – TRENTINO ALTO ADIGE




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    foto:Visit Pine Cembra

    IL FANTASMA DEL CASTELLO DI SEGONZANO





    Era una notte illuminata dalla luna quando il fantasma di un sarto luterano conosciuto come Picena, fece la sua apparizione lungo le mura del castello di Segonzano. Lo spettro prese la rincorsa e si gettò in un precipizio. Poco dopo riapparse e si dileguò nel nulla.
    Narra la leggenda che questo sarto si ferì gravemente cadendo da un albero mentre raccoglieva dei fichi. Il sarto venne sepolto ai piedi dell’albero senza nessuna cerimonia in quanto aveva offeso il prelato che voleva confortarlo sul letto di morte ma questo rifiutò il suo aiuto.
    Da allora si dice che il sarto appaia a Segonzano facendosi notare dalle persone.




    Castel Bragher, Coredo (Trento)

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    foto:APT Val di Non


    Nella splendida Valle di Non, a tre chilometri da Coredo, sulla strada che porta a Taio, sorge Castel Braghèr, un palazzo nobiliare ritenuto fra i meglio conservati del Trentino. Il Castello, tuttora abitato, grazie alle sue 70 stanze decorate con preziosi oggetti d'arte, è considerato un capolavoro dell'architettura trentina.
    Qualche secolo fa, una delle figlie del Conte del Castello, si innamorò di un giovane di Clès, un paese poco distante. La loro relazione mandò su tutte le furie il padre, poichè il ragazzo non era di origini nobili. La punizione fu spietata: la giovane, su ordine del Conte, venne rinchiusa nella prigione del torrione a morire di fame e di sete. Anche adesso, a distanza di secoli, durante le notti di luna piena lo spettro infelice della contessina vaga per le stanze e i corridoi del Castello, passando per il salone delle feste giunge fino alle scale che portano al torrione e sparisce nelle cantine. Solo in quel momento si sente un canto disperato di due voci, una maschile e l'altra femminile, che si invocano e si cercano.
    Un'altra leggenda racconta che ogni anno, durante la Festa dei Santi, nella Camera fonda, una delle stanze del Castello, prenda vita una misteriosa fiamma. Questo lume, volteggiando in aria, percorre tutti i saloni del palazzo, e passando attraverso porte e muri si spegne dentro la cappella di San Celestino. Nel corso degli anni qualcuno ha anche tentato di spegnere il lume con dei secchi d'acqua senza mai riuscirci. Si ritiene che questa misteriosa luminescenza sia l'anima inquieta di qualche antico abitatore del Castello.




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    foto:castelpergine.it


    Castel Pergine, Pergine Valsugana (Trento)



    Castel Pergine è una fortificazione che si erge sul colle di Tegazzo, una collinetta a est della cittadina di Pergine Valsugana; sede presunta di un castelliere romano (o addirittura preromano, in particolare di epoca Retica) in età antica. Il castello è di origine medievale e la sua posizione risulta particolarmente strategica, sia per l'ampio domino di terre che va dall'alta Valsugana, ai monti Celva e Calisio, alla vallata del Fersina e parte della Val dei Mocheni, sia per la posizione di collegamento tra Veneto e Trentino. Nonostante sia stato edificato in pieno periodo Rinascimento, è un tipico esempio di architettura militare gotico.

    Il maniero è circondato da una cinta muraria esterna e l'accesso è situato attraverso una torre quadrata, sulla strada che porta al paese di Pergine. La cinta percorre tutto il perimetro circostante il maniero, con un alternarsi di torri di guardia. L'impianto del castello vero e proprio si trova sulla sommità della collina, di pianta quadrangolare. Al suo interno c'è un giardino circondato dalla cinta muraria principale ed accesibile solo dall'interno del maniero. I collegamenti verticali si attuano attraverso imponenti scale a chiocciola in pietra, che consentono di raggiungere i piani superiori.

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    Due sono le particolarità di questo maniero:
    -La dama bianca: pare che nel castello vi siano state apparizioni di una dama candida, un fantasma di una donna che secondo la tradizione morì di morte violenta nel maniero e circola tutt'oggi senza trovare pace.
    -Prigione della goccia: si tratta di una stanza appositamente adibita a prigione, in cui il malcapitato subiva l'antica tortura della goccia che cadeva dall'alto del soffito.



    CASTEL STENICO (TRENTO)

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    E' uno dei più antichi della regione e costituisce un importante esempio di evoluzione di un castelliere. Da un millennio domina le vie di comunicazione verso le valli Giudicarie. Ma su quello sperone roccioso forse si rifugiavano più di 2000 anni fa gli Stoni, fierissima popolazione alpina massacrata nel 118 a. C. dalle legioni del console romano Quinto Marzio. Su quel dosso sorse un insediamento romano e gli archeologi vi hanno anche trovato i resti di una basilica paleocristiana. Ma Castel Stenico, fortezza di grande importanza strategica, fu attraverso i secoli il simbolo del dominio temporale dei vescovi di Trento sulle Giudicarie.

    Il castello rappresentava il potere del Principe vescovo che vi manteneva il Capitano delle Giudicarie cui competeva l’amministrazione della giustizia ed era sede della gastaldia del Banale. Un ultimo periodo di fulgore il maniero lo visse nel sedicesimo secolo, quando diocesi e castello erano governati dai Madruzzo. Il castello è di poco sovrastato da una leggera, ma famigerata torre, detta "torre della fame". Fatta costruire da Bozone nel XII secolo, veniva utilizzata come prigione: ma la leggenda dice che i prigionieri vi venivano lasciati a morire di fame (di qui il suo nome) e le loro urla si udivano fino in paese. La leggenda aggiunge anche che nelle notti di luna piena gli spettri dei condannati si aggiravano nei saloni del castello accendendo luci alle finestre.



    DRENA (TN) CASTELLO DI DRENA

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    Tra i merli del castello sembra che appaiano ancora le sentinelle che presidiavano le mura mentre altre figure entrano a corte sfoggiando sfarzosi abiti.
    Alcuni avrebbero assistito ad un'esecuzione sommaria: un uomo e una donna, dopo essere stati giudicati da una giuria sommaria, vengono crudelmente impiccati.
    Pare che nel 1910 siano stati rinvenuti i resti dei due sventurati.
    Altre informazioni, più recenti, ce le fornisce Massimiliano:
    "Abito ad 1 km da Castel Drena e posso darvi altre notizie a riguardo.
    Il castello é ora visitabile, é stato restaurato e all'interno vi trova spazio anche un piccolo museo.
    Si trova a 15 minuti da Riva del Garda in direzione Trento.
    In effetti vi sono state rinvenute diverse sepolture nella campagna di scavi degli anni '80 che hanno portato alla luce un'antica chiesetta precedente alla costruzione del castello (VIII secolo) che rimase in uso per tutta la vita del castello stesso (XVII secolo).
    Sette anni fa si decise di inscenare un dramma storico sulla vita di una contessa proprietaria del castello: sembra che durante le prove che venivano svolte da gruppi filodrammatici locali la sera fino a tarda ora, si sentissero strani rumori provenire dall'antichissima torre la quale è isolata dal castello e la cui unica entrata è sbarrata da robusti catenacci...
    Un testimone di indubbia affidabilità mi raccontò che nei piani del museo di notte si possono udire distintamente dei passi, non attribuibili al normale scricchiolio del pavimento....".


    Castello di Bondone (Trento)
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    A Bondone, piccolo paese in provincia di Trento, è situato l'omonimo Castello che, fino agli anni '70, è appartenuto ad un nobile signore. Costui, a causa di una grave crisi depressiva, si suicidò in una camera del Castello, sparandosi un colpo di fucile alla testa. Gli abitanti di Bondone si accorsero di questo tragico fatto solo dopo qualche settimana, per via della prolungata assenza dell'uomo giù in paese. Da allora il Castello è diventato di proprietà del comune, nessun infatti sembra disposto ad acquistarlo poichè molti affermano che l'edificio sia infestato dal fantasma del nobile. Chi ha visitato il Castello ed in particolare la stanza dove è avvenuto il suicidio, ha provato una forte sensazione di disagio e di angoscia.


    RIVA DEL GARDA (TN) ROCCA
    IL CAVALIERE SENZA TESTA


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    Il primi abitanti di Riva del Garda furono i cacciatori mesolitici, poi comunità di agricoltori e pastori distribuite in villaggi, fino ai romani e ai successivi barbari per essere poi annesso al Principato vescovile di Trento. Fu territori sempre conteso dalle grandi e nobili famiglie di Milano, Venezia e Verona, divenendo campo di numerose battaglie. Dopo la conquista anche ad opera di Napoleone, l'Alto Garda venne annesso all'Impero Austroungarico che diede un'impronta agli usi, costumi e linguaggi che ancora oggi questa zona conserva.

    Riva del Garda si trova all'estrema punta del Lago di Garda. La Rocca risale al XII secolo ma subì pesanti restauri. L'interno ospita il Museo della Rocca, luogo che ancora oggi evoca un episodio molto inquietante riportata dal giornalista Giorgio Batini.

    Circa negli anni 50 fu data alla luce un'antica tomba romana a capanna, ricoperta di tegole contenente resti umani di un guerriero, ma senza testa! Probabilmente il guerriero era stato decapitato e il cranio perduto. Venne subito sistemato all'interno del museo, peccato che da quel giorno le cose a Riva mutarono pesantemente. Accadevano fatti strani narrati dai guardiani che sentivano strani rumori, scorgevano luci impossibili, e dagli addetti alle pulizie che il giorno dopo trovavano inspiegabile disordine, ma soprattutto trovavano il corpo del guerriero in luogo differente e con la disposizione delle ossa un po' diverse dalla sera precedente. Insomma l'unica spiegazione poteva essere data dal fatto che la notte il cavaliere senza testa si sarebbe periodicamente risvegliato, magari un po' adirato per la sua nuova collocazione, alla ricerca della propria testa!

    Provarono dunque a mettere dei fili trasparenti un po' dappertutto per capire se poteva essere lo scherzo di qualcuno, ma il giorno dopo, veniva ritrovato lo stesso disordine e i fili erano intatti!

    Accadde nel 1955 un episodio correlato. Fu ritrovato a Malcesine un teschio, che probabilmente poteva essere il tassello mancante.

    Oggi lo scheletro è conservato sotto una teca di vetro nella sala delle torture e sembra che non accada più nulla ormai da molto tempo...





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    foto:IX Congresso Nazionale SISEF

    HASELBURG - CASTEL FLAVON (TN)

    Il vino dei fantasmi






    Nella vecchia rovina "Haselburg", abitata dai fantasmi, un contadino di Salorno scoprì una fantastica cantina piena di vini. Rapito dalla bontà della bevanda, ne riempì subito un orcio da portare a casa, ma tre fantasmi lo fermarono facendogli promettere di prenderne solo quanto bastava a lui e alla sua famiglia e di mantenere il segreto sulla cantina. Ecco che in una serata di allegria con gli amici nel suo maso , si dimenticò della promessa fatta e offrì agli ospiti il prelibato vino dell'Haselburg. Impovvisamente si sentirono echeggiare nell'aria urla di rabbia e la magica cantina si dissolse per sempre. Si racconta però che la cantina esiste ancora nascosta da qualche parte, ma nessuno ne svela il segreto.


    CORNEDO (BZ)

    IL CAVALIERE SENZA PACE




    burg-karneid
    foto:static.familienhotels.com



    Narra la leggenda che a Castel Cornedo, poco ad est di Bolzano, su uno sperone roccioso all'ingresso della Val d’Ega, nel comune di Cornedo all'Isarco, vivesse un cavaliere con la sua famiglia e la sua numerosa servitù. Il castello attorniato da campi e pascoli, vigneti e boschi aveva ai suoi piedi le casette dei contadini che lavoravano quelle terre. Il castello era in una posizione strategica: dominava strade e sentieri della Val d’Isarco e della Val d’Ega. Il Signore del castello si sentiva in una roccaforte, invincibile e sicuro di sé. Un brutto giorno la peste colpì queste zone e molte vite umane furono colte dalla “morte nera”. Quelle terre rigogliose e ridenti si erano trasformate in un teatro di morte. La Paura regnava ovunque e raggiunse presto anche il castello, in silenzio e in punta di piedi. L’audace cavaliere iniziò a pensare di non essere più tanto invincibile: “Il suo nemico non aveva volto, colpiva a morte senza perdonare nessuno”. Come combattere un nemico invisibile? Lo sconfortato cavaliere iniziò a conoscere l’Umiltà e capì che doveva cercare aiuto altrove, rivolgendosi a qualcuno o qualcosa che poteva alleviare questa angoscia disperata. Sentì il bisogno di stare con se stesso e si chiuse nella cappella del castello invocando la Madonna e promettendo di fare un pellegrinaggio fino a Pietralba se Lei avesse risparmiato la sua gente da quell’orrida fine. La “morte nera” aveva trovato un degno avversario, non riuscì a superare le mura del castello, qualcosa di misterioso e invisibile avvolgeva coloro che vi abitavano e li proteggeva da ogni male. A poco a poco la peste si dileguò e la vita normale tornò ai villaggi, gli artigiani ripresero le loro attività, i contadini tornarono ai loro campi. Era come svegliarsi da un brutto incubo, la luce e i colori riapparvero a colorare la vita di ognuno che per lungo tempo era stata intrappolata nelle tenebre più oscure. Spesso nei momenti di paura si fanno delle promesse che ben presto ci si dimentica…e così fece il cavaliere che ritornò a organizzare festini e banchetti, dimenticando in un batter d’occhio tutto quanto accaduto e promesso. Perché mai ricordare brutti momenti se ora il pericolo era passato? Nulla poteva più accadere in un momento florido e speranzoso come ora...ma c’è chi non dimentica una promessa fatta! La Morte senza volto! Ancora una volte in silenzio penetrò nel castello, non risparmiando nessuno. Nessun essere vivente poté più risentire le feste, le musiche e deliziarsi nei prelibati banchetti…la Morte non lo permise a nessuno!
    Il castello orami disabitato da tantissimi anni veniva guardato con sospetto dalla gente che per caso passava da quelle parti e che preferiva tenersi al largo da quel luogo in passato”maledetto”.
    Ma in una notte…quelle notti buie e silenziose più del solito, i morti del castello, avvolti nei loro mantelli, a cavallo, tornarono nella loro vecchia dimora, come se fossero guidati da un richiamo irresistibile. In fila ad uno a uno, seguendo lo scheletro del Signore del Castello, si misero in cammino. Ma verso dove? Cavalcarono fino a valle, salirono sul monte opposto, attraversando prati e boschi…per fare che? Ma per tenere fede alla loro vecchia promessa, il pellegrinaggio a Pietralba, per poter così trovare la pace e tornare al sonno eterno nelle loro tombe.
    Oggi migliaia di pellegrini visitano il Santuario di Pietralba per deporre alla Madonna le loro domande, i loro dolori e le loro speranze …un po' come avvicinarsi al cielo …ma se vi capitasse di addentrarvi nel cammino durante la notte, una notte più buia e silenziosa del solito, un brivido lungo la schiena potrebbe invadervi, forse è solo suggestione, ma il sibillio del vento……. potrebbe essere il respiro di altri scheletri che ripercorrono a cavallo ogni stazione della “Via Crucis” in attesa di trovare la pace eterna!





    CASTELROTTO (BZ)



    BOSCO DI CASTELROTTO E VERSANTE DELLA BULLACCIA


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    foto:Mantegna Viaggi



    In questi luoghi, a cavallo del 1500, si radunavano le streghe per celebrare i sabba satanici. Le "sedie" e i "banchi" delle streghe sono grosse pietre che affiorano dal terreno e sono ancora ben visibili a Castelrotto e nella Bullaccia

    Esistono tantissime leggende a proposito delle streghe dello sciliar e le panche delle streghe a Bullaccia documentano quasi queste storie e gli avvenimenti mistici.Si dice che le strega più vecchia ed autorevole sedeva volentieri sulla panchina del Bullaccio, per poter vedere ed ammirare il panorama. Nelle sedute notturne inoltre le streghe si ritrovarono sul posto per festeggiare e celebrare i loro riti.
    Scienziati molto obiettivi commentano questa disposizione delle roccia, come una cosa naturale, ma singolare nel suo essere.





    BOLZANO

    CASTEL TIROLO



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    foto:meranoedintorni.net



    Questo castello fu la residenza di Margherita Maultash che andò in sposa
    (alla tenera età di 12 anni) al duca Giovanni di Boemia.
    Nel 1342, ripudiò il marito che aveva sposato perché costretta e sposò
    Ludovico di Brandeburgo.
    Margherita viene descritta come una donna molto scaltra ed intelligente.
    Pur non essendo propriamente una "bellezza", era alta e formosa.
    Anch'ella condusse una vita sfarzosa e priva di inibizioni: gli uomini robusti le facevano perdere la ragione e spesso ne faceva accomodare qualcuno nella sua camera da letto.
    Il suo Fantasma appare con una veste di velluto rosso scuro, con la pelle abbronzata e con occhi bramosi di passione.
    Ancora oggi vaga alla ricerca di un uomo robusto col quale trascorrere qualche ardente momento: dopo aver fatto l'amore con grande trasporto emotivo e senza alcun freno inibitorio, se ne va regalando
    un ultimo tenero bacio al suo amante.




    Castel Forte
    Castel Forte, chiamato anche Trostburg, domina sopra l’ingresso per la Val Gardena.



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    foto:burgeninstitut.com



    Castel Forte è uno dei più noti castellli, grazie anche alla posizione centrale, lungo la strada del Brennero, la strada principale del Tirolo. Su un’altura accanto al paese Colma, il castello sorge sopra il fiume Isarco con una vista panoramica stupenda.

    Menzionato per la prima volta nel 1173, il castello era conosciuto come la residenza dei conti di Trostburg. Arredato con tipici elementi del tardo gotico, l’edificazione è ancora in un buon stato. All’interno si trova una grandissimo e noto salotto con un rivestimento di tavole con ornamenti preziosi.

    Anche la biblioteca, la quale conta tra le più famose di quel tempo, la sala dei cavalieri, la sala da pranzo e altri locali arredati con preziosi mobili meritano una visita.

    Dal 1981 Castel Forte é di proprietà del “Südtiroler Burgeninstitut”. A quel tempo l’unica possiblitá a salvare il castello dalla rovina era una donazione a questo istituto. Il castello come oggi è rimasta inalterata nel tempo ed offre come allora un carattere e fascino unico.





    Castello Presule


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    foto:mondimedievali.net

    Il castello dove abitava già Oswald von Wolkenstein




    Sicuramente avrete già notato il castello passando per Fiè o Castelrotto: Poco prima del paese Fiè allo Sciliar, sul lato destro sopra la strada, sorge il magnifico Castel Presule!
    Il castello fu menzionato per la prima volta nell’anno 1279 con il nome “castrum presile” e ca. nel 1500 è stato quasi completamente rinnovato nello stile del rinascimento dal proprietario di quel tempo che fu Leonhard von Völs.

    Notevole è la grande collezione di armi del castello. Prevalentemente oggetti del 19 secolo, ma anche armi dal tempo di Leonhard von Völs, lasciano ritornare l’ospite col pensiero in tempi passati.

    Oggi il castello, sotto la direzione del “Kuratorium Schloss Prösels srl”, è soprattutto un luogo di incontro per manifestazioni culturali di tutti i tipi. Nei mesi estivi il castello offre spazio a varie mostre, concerti, teatro e altri eventi culturali.

    Anche una parte del noto torneo “La Cavalcata Oswald Von Wolkenstein” ha luogo nel cortile del castello e sicuramente conta tra gli eventi speciali di tutto l’anno. Ogni volta il grande concorso ippico attira la gente attorno le dimore antiche del castello.

    Orari di apertura:
    Il castello può essere visitato tutti i giorni (escluso sabato) solo con guida!


    Edited by tomiva57 - 19/7/2017, 17:28
     
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  5. tomiva57
     
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    Storia del Castello di Trauttmandorff

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    lNel XIV secolo (1328), nel luogo dove ora sorge l'attuale castello, c'era un altro maniero, chiamato Neuberg, che ebbe fra i proprietari gli Angerheim ed i Suppan.
    La famiglia Trauttmansdorff lo acquistò nel 1543 e lo fece ampliare ed adattare ed adattare alle loro esigenze.
    Nei secoli seguenti il castello venne via via trascurato ed in fine abbandonato, verso la fine del '700.
    Nel 1800, Merano per il suo clima particolarmente dolce e per la presenza di acque termali diventa una "città di cura" alla moda, frequentata dai nobili austroungarici.
    Il Castello di Trauttmansdorff, era ormai un rudere abbandonato e, nel 1850, il conte Joseph von Trauttmansdorff riprese la residenza nel castello, ampliandolo sino alle dimensioni attuali,trasformandolo nel primo esempio di castello neogotico in Tirolo.

    storia

    Il bel Castel Trauttmansdorff ed i verdi sentieri delle immediate vicinanze, divennero presto un luogo di riposo ed un rifugio per i componenti della famiglia imperiale, lasciando la loro impronta, specialmente Elisabetta d'Austria, l'amatissima Sissi.
    L'imperatrice trascorse al Castello piacevoli soggiorni, facendo costruire “ameni sentieri coperti di ghiaino” nel bosco di roverelle presso Castel Trauttmansdorff, per poter “passeggiare indisturbata lontano dal trambusto del mondo”.
    Nel 1994, su incarico della Provincia di Bolzano, è stato dato il primo colpo di vanga per sistemare i 12 ettari di terreno che circondano il castello di Trauttmansdorff dove sono state messe a dimora più di 100.000 piante di 3.000 specie diverse trasformando il bosco in un giardino botanico splendido.

    - Museo del Turismo

    All'interno del Castello, nel 2003 è stato inaugurato Il museo provinciale “Touriseum”, un “museo vivo” che propone, con un insolito e curioso itinerario, la storia del turismo in Alto Adige.
    Questo originale museo, propone un eroe moderno: Andreas Hofer.
    Il turismo ha utilizzato poco la figura di Andreas Hofer a scopi pubblicitari: eppure Hofer é stato ugualmente trasformato nel prototipo del tirolese e per anni ha rappresentato il testimonial classico del Paese.
    Hofer è un eroe come tanti altri: ovunque esistono eroi le cui storie sembrano parallele alla sua.
    Andreas Hofer è stato trasfigurato in un mito che lentamente è divenuto un sinonimo per “Tirolo”, il Tirolo a sua volta è divenuto l’ “Hoferland”.
    Il Touriseum mostra come si costruiscono e si commercializzano gli eroi.
    Ciò che Mozart rappresenta per Salisburgo, Che Guevara per Cuba, Guglielmo Tell per la Svizzera, Giuseppe Garibaldi per l’Italia o Nelson Mandela per il Sud Africa, Andreas Hofer lo rappresenta per il Tirolo.

    Il museo propone al visitatore molti oggetti legati in qualche modo al percorso dell'industria del turismo, partendo dall'attività familiare degli osti ed albergatori, come l'eroe Andreas Hofer, alle attività di contorno, legati all'alta montagna, all'evoluzione dei mezzi e dei servizi, dalle slitte con i cavalli ai moderni gatti delle nevi, dalle rudimentali sciovie ai kilometri di piste superservite.
    Il museo è un luogo attento alle esigenze delle famiglie e dei bambini nonché dei portatori di handicap, facilmente raggiungibile in macchina (dispone di un ampio parcheggio) e con i mezzi pubblici.
    Proprio vicino al museo c'è un ristorante e nei giardini è stata allestita un'area per picnic.

    Il Touriseum è un luogo affascinante, sorprendente e pieno di ironia.
    Il cuore del museo è il percorso espositivo allestito in 20 sale che diventano la scenografia di un divertente viaggio attraverso due secoli di storia del turismo alpino, con un mix indovinato di allegria ed erudizione, divertimento e sguardo al passato.
    Nei locali che ospitarono la coppia imperiale Elisabetta d'Austria e Francesco Giuseppe d'Asburgo, sono visibili alcuni dei circa settemila oggetti.
    I materiali non esposti sono accessibile ai visitatori in un deposito del terzo piano.
    Il Touriseum raccoglie oggetti relativi a tutte le attività turistiche, dagli oggetti da viaggio, ai souvenir, dalla hotellerie ai manifesti turistici, tra i quali ricordiamo la collezione degli originali del cartellonista Franz Lenhart, attivo a Merano ed in Europa tra gli anni Quaranta e gli anni Sessanta.

    - Giochi

    Alcune sale presentano, per la gioia dei ragazzi, misteriosi oggetti elettronici che con i quali si può interagire.
    L'oggetto-gioco più curioso e notevole del museo è il Gioco dell’Alto Adige: si tratta di un flipper di circa 10 metri di lunghezza, completamente intagliato a mano nel legno di cirmolo, con leve e meccanismi da azionare per condurre la pallina, che rappresenta il turista, attraverso i paesaggi ed i clichées dell’Alto Adige, realizzato da un giovane artista della Val Gardena, Theo Mahlknecht.
     
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  6. gheagabry
     
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    vacanze_alto_adige
    Alto Adige. Sorpresa d'autunno
    [color=#3b6493 ]Deserte le piste da sci ancora prive di neve; silenziosi i rifugi e i sentieri ai piedi delle Dolomiti; ancora rigogliosa la campagna cosparsa di vigneti, castagneti, meleti e verdi pascoli. È l'Alto Adige d'autunno, un fuori stagione da vivere a 360°, per scoprire il volto più genuino di questo angolo magico di Alpi.
    Le emozioni autunnali altoatesine nascono sotto il segno dell'antico rito del Törggelen, che significa "andare per locande contadine a degustare il vino nuovo". Da ottobre fino agli inizi di dicembre le osterie contadine, chiamate Buschenschänke, situate nelle zone vinicole spillano dalle botti bicchieri di mosto d'uva, dal basso contenuto alcoolico e dall'alta concentrazione zuccherina, accompagnandoli con le keschtn, (caldarroste), la zuppa d'orzo, gli schlutzer (ravioli con ripieno di spinaci e ricotta), lo speck e gli strauben (tipiche frittelle sudtirolesi cosparse di marmellata). I Törggelen più autentici? Nella ventina di masi aderenti all'associazione agrituristica Gallo Rosso, tra i quali quello biologico Luggin-Steffelehof a Caldano e il maso Fohrner, un'osteria contadina del 1135 che, alla periferia di Bolzano, offre un'indimenticabile zuppa di vino.
    Nell'incontaminata Val Sarentino ( www.valsarentino.com ), antica terra di streghe e leggende, si va invece per scoprire i mille piacevoli segreti del pino mugo. L'olio essenziale è utilizzato per massaggi, bagni aromatici e trattamenti benessere e, da alcuni anni, è diventato un ingrediente dell'aromatica cioccolata prodotta dal pasticcere Anton Oberhöller.
    A Lana la star di turno è la castagna, declinata in mille modi. Utilizzata come ingrediente per preparare piatti tradizionali; impiegata per preparare impacchi e rilassanti bagni caldi, capaci di tonificare il corpo e rilassare l'anima; trasformata dalle api nel pregiato miele adoperato nei trattamenti di bellezza. La spettacolare Valle Isarco dedica a questo frutto autunnale un sentiero lungo circa 60 km, percorribile in tutte le stagioni, che attraversa boschi, prati e castagneti, collega Varna a Castel Roncolo, nei pressi di Bolzano. Altrettanto suggestivo il Cammino di San Giacomo, che conduceva i pellegrini dalla Val Pusteria fino al Passo del Brennero. Lungo l'itinerario, percorribile anche in bici, si incontrano la Chiusa di Rio di Pusteria, un'affascinante fortezza che fungeva da posto di dogana; la grande piazzaforte di Fortezza; l'antico bagno Möders con le fonti termali di San Pietro, un luogo incredibile, dove da oltre 500 anni sgorga un'acqua particolare rivitalizzante, e il Santuario Maria Trens, presso Vipiteno, costruito intorno al 1498 e ancor oggi uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti dell'Alto Adige.
    Merano regala ai suoi visitatori i trattamenti rivitalizzanti al mosto d'uva e alla castagna e le acque curative delle sue terme e lo strepitoso e colorato spettacolo del fall foliage nei Giardini di Sissi che si trasformano in meravigliose distese cariche di rosso, giallo e arancio: i caldi colori dell'autunno.
    Poco più a nord si incontra Tirolo con il suo imponente castello e l'incanto dei dieci laghi di Sopranesi che, situati a quota 2500 metri, rappresentano la maggiore zona lacustre altoalpina europea. L'autunno assume colori magici anche ai piedi del mitico Catinaccio, nella zona del Rosengarten Latemar, dove, in attesa della neve, è ancora possibile percorrere i sentieri e le strade rurali che attraversano le Dolomiti di re Laurino, che all'alba e al tramonto si colorano di rosa.
    Plan de Corones e la Val Pusteria sono il regno delle erbe, spontanee e coltivate. Distillerie, masi avvolti da boschi e prati, ristori agrituristici e centri benessere le utilizzano per preparare oli essenziali, bagni rilassanti, grappe aromatizzate, tisane depurative, cosmetici e saporiti piatti. Il Maso Hauserhof prima accompagna i visitatori nell'orto botanico con il percorso didattico sulle erbe, poi li conduce alla scoperta dei mille possibili utilizzi delle stesse. Chi preferisce qualcosa di più movimentato può invece partecipare alle escursioni guidate nel Parco Naturale Fanes-Senes-Braies, per ammirare il lago più suggestivo di tutte le Dolomiti, o camminare lungo i percorsi Kneipp naturali, ricavati in alcuni torrenti nei pressi di Rasun di Sotto e in val Casies.
    L'Alta Badia, in attesa del 6 novembre e della Rait da San Linert dles valades ladines, la cavalcata di S. Leonardo delle vallate ladine dolomitiche animata da cavalli di razza haflinger e norica provenienti dalle valli dolomitiche, propone rilassanti passeggiate per assaporare la pace totale, i fantastici colori autunnali dei prati falciati e dei boschi, il bianco delle cime e l'incontro ravvicinato con caprioli e camosci. Da non perdere anche l'Indian Summer della val Aurina, con i boschi che si colorano magicamente di rosso e gli alberghi che praticano prezzi da saldo autunnale.
    Il viaggio nell'Alto Adige fuori stagione può concludersi con una visita al nuovissimo Museum Ladin Ursus ladinicus di San Cassiano, che ospita i reperti dell'orso preistorico delle Dolomiti, e con una sosta al Castello di Brunico, situato sulla collina a sud della città, dove Reinhold Messner ha collocato l'ultimo dei suoi musei dedicati alle vette: il museo dei popoli di montagna. Buone notizie anche per chi vuole già mettere gli sci ai piedi. In Val Senales la stagione invernale inizia ad ottobre, per la gioia di tutti gli appassionati di sci e, soprattutto, di snowboard visto che Skiresort.de l'ha premiata come "la miglior località sciistica per gli snowboardisti con parchi e rampe".
    (Giuseppe Ortolano, repubblica)


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  7. tomiva57
     
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    foto:catinabib.it



    Altipiani di Lavarone e Folgaria




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    foto:tienne.it


    Nelle Prealpi trentine, a un passo dalla pianura, gli altipiani di Lavarone e Folgaria offrono uno straordinario e innovativo carosello sciistico dove trionfano il fondo, le ciaspole, i camper e le attività all'aria aperta per i bambini.


    Ci sono luoghi nei quali vorresti poterti rifugiare quando hai un momento libero o semplicemente il bisogno di staccare la spina. Gli altipiani di Folgaria e Lavarone rappresentano per me uno di essi, e quando penso alla neve in arrivo sulle montagne vorrei correre subito da quelle parti. Ampi terrazzi naturali delle Prealpi trentine a diretto contatto con quelle venete, tra il lungo solco della Valle dell’Adige a ovest e quello della Valsugana a nord-est, questi vasti pianori si presentano ammantati da distese di larice e di abete rosso e bianco, circondati da vette suggestive e punteggiati da sette fortezze austro-ungariche, lascito della Grande Guerra, in un’atmosfera ancora autentica e in un ambiente naturale di sorprendente bellezza. E qui, pur trovandoci alle quote della montagna, sembra a volte di essere in pianura: il territorio presenta una morfologia armoniosa e di facile approccio che ha consentito lo sviluppo degli insediamenti anche tra i 1.000 e 1.200 metri di altitudine, e nel quale il veicolo abitativo può spostarsi senza problemi.
    Nei mesi invernali, la varietà e l’articolazione delle offerte sciistiche – lo Skitour dei Forti – è eccezionale, con 90 chilometri di piste larghe, movimentate e ben tenute e opportuni collegamenti che permettono di coprire lunghe distanze con gli sci sempre ai piedi. Nelle ultime stagioni, inoltre, la realizzazione di nuove seggiovie e altre infrastrutture ha fatto sì che le file agli impianti di risalita siano modeste e di rapido avvicendamento. Tutto ciò si completa con la magia del fondo, delle ciaspolate e del nordic walking fra panorami e abetaie di Passo Coe, Malga Millegrobbe, Forte Cherle, l’area di Bertoldi, Passo Vezzena, senza contare le innumerevoli e ben organizzate opportunità per i più piccoli che rendono tutta la zona ideale per le vacanze sportive della famiglia. Non da ultimo, gli altipiani sono una delle zone sciistiche più vicine alla Pianura Padana (appena 20 chilometri dall’uscita autostradale di Rovereto Nord) e presentano costi di ricettività, ristorazione e skipass inferiori alle più note stazioni del circo bianco.


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    foto:trentinograndeguerra.it


    Forte Sommo alto


    Neve per tutti


    Composta da più di trenta frazioni di varia estensione, Folgaria è oggi la più importante stazione turistica del Trentino meridionale, e al contempo rappresenta una delle più antiche comunità della provincia essendone documentata l'esistenza già nel XIII secolo. La dura lotta contro il potere feudale per la conquista dell'indipendenza le valse il titolo di Magnifica Comunità, del quale si fregia ancora oggi in veste onorifica. Il nucleo centrale del paese si presenta vivace, ricco di servizi e comodo da scoprire nella lunga passeggiata che lo attraversa, interdetta ai veicoli a motore, mentre il palaghiaccio è una grande pista coperta (in funzione anche la sera) capace di accogliere centinaia di pattinatori, oltre che luogo deputato a spettacoli ed esibizioni artistiche e sportive.
    Quest'anno la stagione sciistica si apre con importanti novità, che includono ben tre seggiovie automatiche. In attesa poi della nuova cabinovia a otto posti che dal centro del paese salirà al Forte Sommo Alto, in Folgaria si può piacevolmente usufruire di una singolare opportunità che chiameremmo “sci a terrazze”: i vari impianti che collegano la cittadina al Passo Coe partono infatti a diverse altitudini, consentendo di scegliere a piacimento tra i vari livelli e godendo della splendida opportunità di poter compiere l'intero carosello senza mai togliere gli sci. Con il camper si può optare per le aree attrezzate di Fondo Grande, Costa o Passo Coe se la strada per il valico è ben praticabile, mentre le auto possono fermarsi anche nelle aree di Francolini e Ortesino, nella stazione intermedia di Fondo Piccolo o nel tranquillo paesino di Serrada. Stupendi i panorami che si godono dalle vette raggiunte dagli impianti più elevati di Forte Sommo Alto e Plaut, e larghi e ben tenuti i tracciati di discesa, ancorché ripidi.
    A tanta ricchezza (diciannove impianti e trentadue piste) si aggiunge la più defilata Alpe Fiorentini, situata in una sorta di costone laterale dell’altopiano di Folgaria quasi al confine con il Veneto.



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    foto:Scuola di Sci Folgaria


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    Attraversati gli stupendi pianori del Forte Cherle, ecco la stazione sciistica formata da una seggiovia e due skilift, ora in procinto di essere collegata al carosello di Folgaria: la vetta del Costa d’Agra, grazie all’apertura di tre seggiovie e quattro nuove piste, fungerà così da ponte attivo tra gli arrivi in quota dell'Alpe Fiorentini e di Folgaria.
    Per gli appassionati della tavola da neve ci sono il Jurassik Snowboard Park, anch'esso all'Alpe Fiorentini, e il Mazinga Park nell'area di Fondo Piccolo, mentre per gli amanti del fondo le due chicche sono rappresentate da Forte Cherle e Passo Coe. Nel primo, a 1.400 metri di quota e a 10 chilometri da Folgaria, si può far base presso l'albergo omonimo, l'unico bar e locanda di questa zona, gestito con grande competenza e cortesia dai proprietari e con possibilità di noleggio sci. Quattordici i chilometri di piste, che si prestano ad essere percorsi anche dai principianti: tre anelli rispettivamente di un chilometro e mezzo, 4 chilometri e mezzo e 8 chilometri che si sviluppano fra i prati e le abetaie nei pressi della possente fortezza austro-ungarica.


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    foto:fotografieitalia.it

    Il centro fondo di Passo Coe domina invece l’omonimo valico a quota 1.600 e a 6 chilometri da Folgaria: qui il riferimento è la ben organizzata struttura della ex base Nato di Malga Zonta, con 45 chilometri di piste (due agonistiche da 10 e 15 chilometri, una media da 5 chilometri e due facili da 2 e 3 chilometri) e la casa del fondista che offre servizio di sciolinatura, spogliatoi, docce e pronto soccorso. Nelle vicinanze sono disponibili il noleggio di sci e ciaspole, nonché la citata area per la discesa con due piste medio-facili e un paio di ristoranti in cui rifocillarsi. La zona è altamente quotata per l’agonismo, ma anche i meno esperti, gli appassionati delle racchette da neve e i camminatori troveranno grandi soddisfazioni, perché basta percorrere meno di un chilometro per ritrovarsi immersi in una natura incontaminata.




    Forte Sommo Alto

    Sci, natura e Grande Guerra
    Ricco di storia nell'abitato e nei dintorni, il paese di Lavarone conserva evidenti testimonianze della Belle Époque nella quale ebbe inizio, grazie all'arrivo dell'aristocrazia e della borghesia viennese, la nuova economia del turismo. Sigmund Freud definiva come suo rifugio prediletto l’Hotel du Lac, sorto nel 1901 vicino al suggestivo lago. Ma Lavarone significa anche Grande Guerra, in quanto strategico caposaldo difensivo asburgico nel conflitto del 1915-18 tra Impero austroungarico e Regno d’Italia: questi altipiani vennero fortificati per impedire un eventuale tentativo di avanzamento italiano verso la città di Trento. Fra Cima Vezzena (1.908 m), nel settore orientale, e il Dosso delle Somme (1.680 m), in quello sud-occidentale, furono costruite sette imponenti fortezze che nelle prime fasi del conflitto impedirono i tentativi di sfondamento italiani, e nel 1916 permisero la cosiddetta Strafexpedition, l’offensiva che fece arretrare la linea di difesa italiana fin sulle alture di Asiago. Di questi edifici il più rappresentativo è Forte Gschwent, belvedere sull’altipiano di Lavarone (forte e relativo museo sono chiusi al pubblico fino alla prossima primavera), mentre sull’altipiano di Folgaria, Forte Sommo Alto, Forte Cherle e Forte Dosso delle Somme rappresentano mete di gradevoli escursioni in un ambiente prealpino di grande suggestione naturalistica e paesaggistica, raggiungibili anche d’inverno grazie agli impianti sciistici e alla pista da Fondo Cherle.
    Nella stagione invernale le passeggiate del territorio di Lavarone si possono effettuare con le racchette da neve o con il nordic walking. Presso il bacino di Lavarone (recentemente premiato quale lago alpino italiano più pulito) si pattina sulla piastra a cielo aperto allestita nelle vicinanze, godendo dell'assoluta tranquillità e bellezza del sito. E per rilassarsi o farsi coccolare dopo una giornata di sport sulla neve, ecco un centro benessere e beauty farm di nuovissima apertura.
    Forse Lavarone soffre del dinamismo della vicina Folgaria, ma il fascino degli altipiani e della loro offerta invernale deve molto a questa stazione turistica dal nobile passato; e ciò è tanto più vero per il turismo secondo natura, il turismo dei luoghi, delle atmosfere semplici e genuine.



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    foto:Alpe Cimbra

    Una pista di tubing a Lavarone


    Anche nello sci da discesa, oltretutto, l’offerta di Lavarone è delle migliori e con interessanti novità: alla pista Torion, inaugurata lo scorso inverno, si affiancherà da quest’anno Le Cogole, facile variante che consente a tutti di percorrere l’intero carosello da Lavarone all’Alpe di Vezzena sempre con gli sci ai piedi. Si volteggia così per molti chilometri attraversando tre valli, vette e controcrinali su tracciati divertenti serviti da impianti veloci e di buona capienza. Nella conca del Tablat si aprono d'improvviso belle radure con antiche e suggestive malghe, quindi si procede con gli sci accanto al laghetto ghiacciato vicino al quale svetta il maestoso Avez del Prinzipe, un abete bianco di 60 metri di altezza e trecento anni di età, ritenuto il maggior esemplare della specie in Europa. Da quest'albero prende il nome quella che è considerata una delle più belle piste del Trentino, con oltre 400 metri di dislivello e 2 chilometri di lunghezza. Dalla cima del Monte Virgo Maria Perg (sopra un ardito sperone è stato aperto il rifugio Baita del Neff) il panorama a 360 gradi è effettivamente grandioso: dal solarium lo sguardo spazia sulla foresta cimbra di Luserna e fino ai ghiacciai dell'Adamello, alle Dolomiti di Brenta, ai laghi della Valsugana e ad est l’Alpe di Vezzena. Per provare questo bellissimo percorso, chi si sposta in auto può lasciarla alla stazione intermedia Rivetta Lait, mentre in camper si può far base a una delle due estremità: il Passo Vezzena oppure una frazioncina di Lavarone, Bertoldi, magnificamente attrezzata per la sosta e per far goder la neve anche ai bimbi. Questo paesino è un esempio di fruizione tranquilla e integrata ma fornitissima di servizi eccellenti. Ci sono infatti tre alberghi, un'area di sosta per camper, un centro sportivo che d’inverno diventa un incredibile anfiteatro con protagonisti i bambini (tapis roulant per i primi passi dei principianti, piste tubing per esilaranti discese in gommone, una slittinovia per grandi e piccini, un parco neve con giochi gonfiabili).



    bertoldi
    foto:alpecimbra.it


    Da Bertoldi si dipartono ampie distese prative e abetaie ben servite da sentieri battuti, per gli appassionati di ciaspole e camminate sulla neve. Nella direzione opposta, sulla montagna incombente, prendono il via piste e impianti tra cui la seggiovia Tablat, impianto triposto ad alta portata che sale al monte omonimo, con bei panorami sull’altipiano di Lavarone e sulla vetta del Becco di Filadonna. Due chalet in funzione sulla pista offrono un simpatico servizio di motoslitta per salire in baita, dove una romantica cena a base di piatti genuini della cucina locale sarà l'ultima conferma della magia delle cose semplici.


    Testo e foto di Roy Berardi
    PleinAir 461


    Edited by tomiva57 - 19/7/2017, 17:38
     
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    Valsugana: grandi emozioni, piccoli prezzi

    Dai boschi incantati di Arte Sella agli 80 chilometri di piste ciclabili. Senza dimenticare il Castello medievale di Pergine e le fonti termali di Levico. Con un occhio al risparmio

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    Valsugana una terra di tradizioni, natura e cultura. Da coniugare con vacanze nel massimo relax e offerte per tutte le tasche, con un occhio al risparmio. La prima tappa si fa sui laghi di Caldonazzo e Levico Terme. La città termale, prediletta dagli Asburgo, che adesso può fregiarsi del bollino Bandiera Blu d’Europa, dunque consigliata per balneazioni e attività turistiche. Le proposte spaziano da salubri escursioni sul lungolago, fino alla panoramica “Kaiserjagerweg”, una ex strada militare a quota 1300 metri. «E poi trekking tra le baite montane – dice Cristina Eberle, responsabile Apt Valsugana – ma anche itinerari naturalistici di più giorni a piedi e biking» (guarda qui tutte le attività, tel.0461.727700).

    Si va dai numerosi campeggi attrezzati del lungolago (da 15 €/notte), ai caratteristici BB con tipica accoglienza trentina (da 30 €/notte). Tra gli hotel, “l’Eden” (tel.0461.706103) è una locanda nel centro di Levico, con roof garden e piscina interna. Gestita con cura da tre generazioni dalla stessa famiglia (camera da 65 €). Per chi vuole una stella in più c'è l’ottocentesco Grand Hotel Imperial (tel.0461.706104) dove godere dei benefici delle fresche acque termali ferruginose. E poi, all’esterno, uno splendido parco ideale per jogging e attività all’aria aperta (prezzi da 135 € camera doppia). Per cena si va al centrale Boivin, per provare la cucina di Riccardo Bosco (tel.0461.701670). Dal “salmerino in crosta di larice”, un prelibato pesce dei laghi alpini, ai “Cansoncei al formaggio puzzone” una rivisitazione dei tradizionali ravioli ripieni trentini. Il menu degustazione costa 33 € (vini esclusi).

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    A pochi chilometri, Pergine affascina per il castello medioevale, con panorama mozzafiato sulla valle, che poi all'imbrunire si accende di luci fino a Trento (tel.0461.531158). A gestirlo sono Verena Neff e Theo Schneider, con una storia unica. Una ventina di anni fa lasciano il lavoro in Svizzera e si innamorano di questo castello del XIII secolo. Da allora ci vivono e lo hanno trasformato in locanda. Il menu a chilometro zero comprende “Ravioli al carbone vegetale” seguiti da “Costolette di cervo al ribes e rabarbaro” (prezzo 34 € vini esclusi).


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    ARTE SELLA IL “MUSEO VIVENTE” A CIELO APERTO - Non si può soggiornare in Valsugana senza un sosta, di almeno mezza giornata, nei “boschi incantati” di Arte Sella. Da Borgo si sale per l’omonima Valle, lasciata la macchina al posteggio ci si incammina nel percorso ArteNatura per un paio d’ore, l’ingresso è gratuito. Nel bosco, come per incanto iniziano ad apparire le opere naturali, realizzate negli anni da artisti italiani e stranieri utilizzando materiali “green” come tronchi, radici, blocchi di legno, foglie e argilla. Strutture viventi che si integrano in modo armonioso con il territorio come i cinque “Lupi” della gallese Sally Matthews, che dal 2002 appaiono al visitatore su una collina tra i pini. Arrivati sull’altopiano di Malga Costa, si entra nella zona museale a pagamento (6 €) dove ammirare La cattedrale vegetale, icona di Arte Sella. L’opera iniziata nel 2001 dall’italiano Giuliano Mauri (scomparso nel 2009) è in piena fase di crescita naturale. «Ma occorrerà un’altra decina d’anni perchè i rami delle piante si chiudano ad arco – spiega il presidente Giacomo Bianchi – solo a questo punto la struttura sarà completata, assumendo forme e dimensioni di una cattedrale gotica». A fine percorso potete fare uno stop, per un meritato spuntino Dall’Ersilia (tel. 0461.761092). Da non perdere a fine luglio il concerto “Suoni delle Dolomiti”, nella cornice del “Teatro Naturale” dentro il parco. Il percorso Arte Sella è attrezzato per accogliere visite di persone disabili.

    VACANZA SU DUE RUOTE CON SOSTA IN BOTTEGA - In momenti di crisi non guasta un occhio al portafoglio, così per risparmiare, senza perdere il contatto diretto con la natura, niente di meglio della ciclabile della Valsugana. Un itinerario di oltre 80 chilometri, con partenza in Trentino da Pergine e arrivo in Veneto a Bassano del Grappa. Si compie con comode tappe in fondovalle, seguendo le sponde del Brenta. Non mancano piacevoli salite pedemontane, da fare con calma e relax, anche con bambini al seguito. I più arditi possono cimentarsi con fuori pista in montagna, da Borgo Valsugana, verso gli alpeggi di Cima Dodici sull’altopiano di Asiago. Per tutti la parola d’ordine è sicurezza, perché l’intero percorso si compie in zone protette. Le bici si possono noleggiare (da 15 €al giorno, www.valsuganarentbike.it).

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    E per fare meno fatica niente di meglio che una tecnologica e-bike, un’elettrica a pedalata assistita, molto apprezzata in salita. Lungo il cammino (qualcuno lo fa anche a piedi) si trovano sette punti di noleggio e ristoro con soste nei “bici-grill”, per rifornire la pancia e ricaricare le batterie. D’obbligo una fermata a Roncegno Terme, nella bottega officinale di Stefania Dal Fior (tel.0461.773185). Dopo aver deliziato con racconti sulle proprietà terapeutiche e cosmetiche di erbe e medicamenti naturali, prepara una tonificante tisana. Fatta “su misura” secondo i desiderata.

    Per il pernottamento a Borgo Valsugana vale la pena fermarsi alla Locanda in Borgo, tipico Garnì trentino (tel.0461.757103). Una quindicina di stanze ricavate da una storica palazzina del 1775. Qui l’ospitale Denis Pasqualin, si prende cura degli ospiti e delle bike (da 45 €/notte). A Bassano soggiornate invece Alla Corte (tel.0424.502114), un tranquillo hotel ai piedi delle colline, a due passi dal celebre Ponte degli Alpini (camera da 70 €). Da Bassano è previsto il servizio di ritorno in treno verso Trento, con trasporto bici. Chi vuole, può anche rientrare sulla linea Padova-Venezia.



    Umberto Torelli
    da: viaggi.corriere.it



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    La Cattedrale di Borgo Valsugana
    “Land Art” al Centro espositivo Arte Sella
    a cura di Franco Isman

    Land Art: opere d'arte realizzate nella natura con materiali naturali. Il termine è coniato nel 1969 da Gerry Shum e conquista subito numerosi adepti, in particolare nei paesi anglosassoni. Le opere sono spesso monumentali in quanto commisurate con l'ambiente con il quale si integrano, spesso caduche, proprio come loro intrinseca caratteristica. Fra gli artisti della Land Art viene annoverato come particolarmente rappresentativo Christo, ma chi scrive contesta questa attribuzione in quanto impacchettare in polietilene nero interi monumenti o una semplice carriola nulla ha di naturale, ed è anche discutibile che possa definirsi arte.

    In Italia, nel 1986, nasce Arte Sella, biennale d'arte contemporanea che si svolge all'aperto nei prati e nei boschi della Val di Sella, nel comune di Borgo Valsugana, in Trentino. Ad un primo percorso lungo una strada forestale si è aggiunta l'esposizione permanente di Malga Costa ove hanno trovato collocazione molte opere significative ed in particolare dal 2001 la “Cattedrale vegetale” di Giuliano Mauri.
    Un'opera monumentale e coinvolgente, una cattedrale gotica a tre navate, delle dimensioni di 82 metri per 15, con 80 pilastri alti 12 metri. Queste colonne sono costituite da otto esili e flessibili alberelli, collegati fra loro da telai ottogonali, che vanno a riunirsi in alto in modo da formare archi a sesto acuto, i portali gotici della cattedrale appunto. Ma le fotografie valgono più di mille parole. All'interno di ciascuna colonna è stato piantato un carpino, protetto da questa gabbia e destinato negli anni a crescere fino a sostituire nel tempo l'originaria struttura che si sarà degradata.


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    La cattedrale vegetale di Giuliano Mauri, 2001
    foto Aldo Fedele © Arte Sella


    In realtà il fascino della struttura è dato proprio dall'effetto cattedrale della struttura provvisoria, si fa per dire, che si andrà a perdere se e quando rimarranno soltanto i quattro filari di carpini. Di fatto, a cinque anni dalla sua realizzazione, la struttura, sempre affascinante, richiede qualche manutenzione e gli alberelli piantumati si sono sviluppati in modo assolutamente non omogeneo. Non abbiamo avuto la fortuna di vedere la cattedrale con la neve, come illustrato da una foto “ufficiale” di Aldo Fedele, e dev'essere uno spettacolo davvero eccezionale.

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    foto Franco Isman


    Ma a Malga Costa, circondata da vasti prati verdi contornati da boschi ad alto fusto, a ridosso delle montagne, sono piazzate numerose altre sculture e illustriamo i “fili d'erba” di Johann Feilacher, in realtà robusti “totem” scolpiti, “Elios” ovvero il cerchio solare di Thierry Teneul e i “nidi d'acqua” di Giuliano Orsingher: un susseguirsi di “nidi” in pietra sui rami spogli di un bosco. Attualmente è in costruzione un ampio anfiteatro, sempre realizzato con alberelli e rami intrecciati.

    Giuliano Mauri sta in questo momento realizzando una grande capanna nella splendida cornice del Parco di Monza, suscitando per la verità una nutrita serie di contestazioni, forse più politiche che altro: l'opposizione deve pur opporsi…

    Franco Isman
    da: agengario.net
    foto web

     
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    Cloz

    Cloz, piccolo comune ai piedi del Monte Ozol, offre ai visitatori la possibilità di un soggiorno tranquillo e salubri passeggiate tra i numerosi sentieri nei boschi vicini.


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    Che Cloz sia un paese antico lo testimoniano i ritrovamenti di tracce dell’età neolitica e del bronzo, nonché i rinvenimenti di tombe, utensili, ecc. di epoca romana. Degne di nota sono le due chiese: la Parrocchiale di S. Stefano, ricostruita nel 1942, al cui interno è possibile ammirare un altare barocco; e la chiesa di S. Maria, costruita nel XV secolo e restaurata nel secondo dopoguerra.


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    Molto belli sono gli affreschi sulle facciate del maso Clomper e delle case Cisi, Mola e Marangoni. Sul “Dosso Alto” a valle dell’abitato di S. Stefano, sorge invece Castel S. Anna, che conserva ancora perfettamente il suo aspetto esterno. Costruito nel 1334, all’interno della cappella è possibile ammirare una pala di F. Unterperger.

    mulino

    Intraprendendo la passeggiata al torrente Novella si può ammirare un antico mulino. L’antica attività di battitura del rame è rimasta viva a Cloz e viene curata dagli artigiani locali che realizzano diversi utensili e oggetti, in seguito venduti.

    B-9107-cloz

    fonte:tr3ntino.it
    foto:- comune.cloz.tn.it
    - notizie.it
    - vitatrentina.it


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    Parco Fluviale Novella


    La Storia

    Lungo il percorso del Parco Fluviale Novella si possono ricercare le tracce del connubio tra uomo e natura, le strutture sul territorio che ci fanno cogliere come nel tempo l'uomo sia riuscito a convivere con gli aspetti naturali del territorio, coltivandone il rispetto e seguendo i loro tempi.

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    I MULINI DI CLOZ

    Alla partenza del percorso dal paese di Cloz si incontrano due vecchi mulini. La loro presenza sulle rive del torrente è documentata a partire dal 1375, ma già da alcuni anni sono dismessi. Essi impiegavano una parte dell'acqua del torrente Novella per macinare il grano e produrre la farina. Sono la testimonianza di come le acque del torrente venissero sfruttate per la sussistenza dell'uomo, senza però che venisse intaccato il loro naturale corso.


    LA CENTRALE DI POZZENA

    Primo esempio di sfruttamento dell'energia idroelettica in Valle di Non, la centrale di Pozzena è visibile al termine della forra del Parco Fluviale Novella ed appartiene al Nucleo Idroelettrico di Trento. La sua costruzione iniziò nel 1900, con la preparazione di una galleria nella roccia di 1 Km, scavata interamente a mano, per l’adduzione dell’acqua dai Mulini di Cloz alla centrale. Al termine delle gallerie, l’acqua arriva in una piccola vasca di carico, da dove viene condotta alla turbina tramite una condotta forzata di circa 60 m. Fu collaudata nel lontano 1902 ed è tutt’ora in funzione.


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    I PONTI DI EPOCA ROMANA

    Sul Novella sono storicamente ricordati quattro ponti di epoca romana: della “Poina”, di San Biagio, il “Marsili” e il “Pozzena”. Un tempo, in mancanza di alternative vie di collegamento, i ponti rappresentavano una delle vie principali per l’approdo all’altra sponda della valle, divisa appunto dalla forra del torrente Novella. Essi sono di rilevabile importanza perché risalenti all’epoca romana e si caratterizzano per un’arcata a tutto sesto in pietra.


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    LA CALCARA

    La calcara è una fornace costruita in pietra a secco, adibita alla produzione della calce, lavoro anticamente molto diffuso nei luoghi ricchi di pietre calcaree e legname. La struttura veniva generalmente realizzata in un bosco o in luogo limitrofo, su un terreno facilmente lavorabile, con una buona presenza di sassi contenenti carbonato di calcio, materia prima per ottenere il risultato finale. Per realizzare la struttura si scavava una buca circolare, che veniva poi perimetrata utilizzando pietre resistenti al calore come graniti, porfidi e massi erratici, andando ad innalzare una specie di “igloo” troncoconico, con una bocca laterale per l’alimentazione del fuoco di cottura e per l’estrazione delle ceneri.
    Oltre al classico utilizzo nell’edilizia, la calce veniva utilizzata come disinfettante nelle entrate delle stalle o dei pollai per combattere la diffusione dell’afta epizootica bovina o della peste suina. La calce veniva anche utilizzata come antiparassitario nella lotta contro la peronospora, malattia della vite.


    fonte: parcofluvialenovella.it
    foto:.italiaparchi.it
    - mw2.google.com/
    - s3.amazonaws.com
    - visitvaldinon.it
    - albergonerina.it
    - magazine.voiaganto.it
    - montagneitaliane.com
    - cavallinobiancorumo.it


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    Piramidi di Segonzano


    Un capolavoro della natura: torri, creste, pinnacoli disposti a canna d’organo, alte colonne sovrastate da un masso di porfido, queste sono le Piramidi di terra nel Comune di Segonzano, in Valle di Cembra. Un fenomeno geologico unico in Trentino e raro nel mondo. Resti di un deposito morenico risalente all’ultima glaciazione, le Piramidi sono oggi un’attrazione turistica di alto valore didattico. Il sito è visitabile tutto l’anno attraverso un sentiero appositamente attrezzato e ben segnalato.



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    Sinfonia d'autunno. Le incredibili piramidi di terra di Segonzano : magia, follia o bizzarria della natura?

    In un ambiente di selvaggia bellezza, la natura ha plasmato una delle sue molte bizzarrie, delle incredibili piramidi di terra.
    Siamo a Segonzano, un piccolo paese tra Cavalese e Cembra, sulla valle dell'Avisio, importante affluente dell'Adige. L'Avisio nasce dai ghiacciai della Marmolada, proprio nel cuore stesso della regione dolomitica.

    piramidi di terra di Segonzano, Val di Cembra La valle è chiamata dapprima Val di Fassa, poi Val di Fiemme, ed infine Val Cembra, e attraversa un territorio profondamente mutato dal lavoro dell'uomo. In questa parte bassa della valle, alle porte di Trento, il paesaggio è una sequenza di opere e terrazzamenti per strappare alla montagna ogni minimo spazio coltivabile, pur con un intenso equilibrio degli spazi del bosco.
    Non mancano tuttavia azioni più profondamente incisive dell'equilibrio naturale siamo, infatti, nella zona di estrazione del porfido e numerosissime sono le cave con impressionanti discariche di materiale di lavorazione.

    La storia di queste valli è lunga e tormentata, ed è testimoniata dalla numerosa varietà di lingue e parlate e dall'infinita serie di saghe e leggende.
    Ci troviamo ai margini della regione Ladina, il dialetto principale è il trentino, un dialetto del ceppo venetico, ma nelle vicinanze vi sono testimonianze di lingua Cimbra, di origine germanica.
    Oltre che importanti arterie di passaggio, queste valli sono da sempre sfruttate con cave e miniere. Poco lontano, sul Monte Calisio, vi era la più grande miniera d'argento d'Europa, fin dal tempo dei romani. Questa è zona di contatto tra montagne di origine magmatica, la catena dei Lagorai, e i più famosi gruppi dolomitici. A pochi chilometri da qui, a Predazzo, esisteva uno dei più imponenti apparati vulcanici dei mari tropicali durante la genesi delle grandi strutture dolomitiche.

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    Il nostro magico viaggio, tra queste incredibili costruzioni qui chiamate 'omeni', o anche i Camini delle Fate, inizia dal parcheggio nei pressi della grande curva proprio sotto il paese di Segonzano.
    E' una breve escursione completamente attrezzata con gradini artificiali e terrazze panoramiche e con numerosi punti di sosta, ed è adatta ad essere percorsa anche con i bambini.
    Il periodo più bello è senz'altro il tardo autunno, fino a novembre e dicembre inoltrato, quando i colori si sprigionano in magici e stupefacenti fuochi d'artificio, ed è favorito dalla felice esposizione che regala giornate di tiepido sole anche in pieno inverno. Il percorso è in ogni caso indicato per ogni stagione ed in estate la calura è mitigata dalla rigogliosa vegetazione.

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    Le curiose architetture sono, geologicamente, di origine molto recente e sono l'opera combinata di azioni di erosione delle acque dilavanti su un deposito morenico lasciato dalle lingue dei ghiacciai quaternari, e sono di composizione molto particolare. E' un impasto di terra e piccoli ciottoli di diverso calibro e di varia origine, cementati ed induriti al punto giusto per avere una certa consistenza, ma facilmente erodibili dal dilavamento dell'acqua meteorica. Sopra questo deposito si è adagiata una frana di grossi massi porfirici e sono proprio questi i principali responsabili di questa strabiliante magia. Sotto l'enorme peso del masso l'agglomerato terroso è più compatto, ma soprattutto il masso, anzi il cappello, preferibilmente dalla forma squadrata e leggermente inclinato, ha potuto riparare il terreno dall'azione dirompente della pioggia.


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    E' una magia delicatissima, dovuta a situazioni ambientali e combinazioni fisiche veramente particolari. Se il cappello cade la vita della struttura è irrimediabilmente segnata e la piramide si scioglie nel giro di qualche secolo.
    Di questa morte sono testimonianza i 'ruderi' di alcune piramidi senza cappello che, a fine ottocento, furono oggetto di 'tiro a segno' da parte dell'artiglieria austriaca in vena di esercitazioni.


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    Vale la pena di salire per il sentierino nel bosco, dopo la grande terrazza attrezzata con tavoli e panchine, e concludere la nostra passeggiata scendendo in paese (verso sinistra) per la stradina asfaltata.
    Un altro esempio di struttura simile si trova sul Renon, poco sopra Bolzano, ma è un fenomeno molto raro nel resto del mondo, con pochi e ben più miseri esempi.


    fonte& foto:magicoveneto.it/


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    foto:isolelinguistiche.it

    Luserna


    Luserna (Lusèrn in cimbro e Lusern in tedesco) è un comune italiano di 286 abitanti della provincia di Trento ed è un'isola linguistica cimbra. Il suo nome deriverebbe infatti dal cimbro Laas, che voleva indicare valico, località di accesso alla Valsugana.

    Luserna si colloca sul settore nord-occidentale dell'Altopiano dei Sette Comuni, non lontano dal Passo di Vezzena (1402 m s.l.m.) che permette il collegamento con l'Altopiano di Lavarone.

    Il territorio, caratterizzato da terrazzamenti naturali, si protrae sulla sottostante Valle dell'Astico creando profonde valli e strapiombi, con dislivelli anche di seicento metri. I suoi confini naturali sono segnati dal solco della Val Torra, ad oriente, e dal Rio Torto, all'estremità opposta. La superficie dell'altopiano è circa di 20 km² ma, attualmente, solo otto di questi - compresi tra le quote di 1200 e 1550 m s.l.m. - appartengono amministrativamente alla comunità in questione.


    I restanti dodici sono frammentati dai molti comuni che in questa zona godono di diritti di proprietà: particolarmente esteso è il territorio di Levico Terme, il quale detiene gran parte delle Vezzene, seguono poi Caldonazzo con Monterovere, e Lavarone con Millegrobbe e Laghetto. A sud il villaggio confina anche con Pedemonte e Casotto, entrambi situati ai piedi della montagna. La morfologia del paesaggio fa sì che la zona sia moderatamente ondulata e che le cime superino difficilmente i duemila metri d'altezza. L'insediamento si costituisce di soli due nuclei: Luserna (a 1333 metri di quota) si snoda su di un piccolo lembo di terra pianeggiante, che si dipana da levante a ponente, a cavallo del cosiddetto Tal vo Sant'Antone (Valle di Sant'Antonio) e Tezze (collocato a 1288 m s.l.m.) in una valletta ad ovest del nucleo centrale. La struttura è quella del classico Strassendorf, vale a dire un paese che si sviluppa lungo una strada. Sull'altura a monte dell'abitato, in un intervallo pianeggiante nel versante della montagna, si trovano gruppi d'edifici isolati denominati Hüttn (Baite).

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    foto:rifugiomalgacampo.it

    Oltre il crinale di Malga Campo, in una valletta a monte delle sorgenti della Torra, si trovano i tre nuclei del "villaggio estivo" di Bisele: Untarhäusar (Case di Sotto), Obarhäusar (Case di Sopra) e Galen (da Galeno, soprannome di una famiglia locale).


    Tradizionalmente le vie di comunicazione che congiungevano il piccolo altopiano con gli altri villaggi sparsi nella zona erano poche ed in cattive condizioni. Anticamente la via più importante era quella che, scendendo i dirupi sottostanti il paese, arrivava a Brancafora. Questa però era semplicemente un sentiero, impraticabile durante l'inverno per la sua pericolosità.

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    foto:magicoveneto.it/

    Il collegamento con Passo Vezzena, e di lì con Asiago, era invece assicurato dalla vecchia strada che salendo lungo l'Eck (dosso, storica contrada del paese) portava verso Millegrobbe. La strada per Lavarone, quella che oggi è la principale via di collegamento con il fondovalle, fu realizzata solo tra il 1882 ed il 1885. Ai primi di questo secolo fu costruita la carrozzabile che da Monterovere conduce a Caldonazzo.

    L'aspetto dei territori che circondano Luserna è fortemente segnato dalla mano dell'uomo. Vi si leggono i tentativi e gli sforzi compiuti da questa gente per recuperare ogni metro di terra. L'elemento architettonico più forte è la pietra, usata per realizzare campi e orti terrazzati che risolvono l'elevata pendenza di certi luoghi, consentendone lo sfruttamento e ampliando le risorse. Le zone più pianeggianti, segnate anch'esse da una fitta rete di mura a secco - questa volta per demarcarne la proprietà - erano invece utilizzate a pascolo.

    I tratti caratteristici di questo territorio antropizzato di cogliere l'antico equilibrio tra prati, pascoli e boschi. Se ne ricava una realtà che va interpretata come il tentativo, di una società con chiare e definite radici culturali, di piegare un ambiente ostile.

    Luserna è subito individuabile come una comunità di alta montagna e l'influenza dei suoi milletrecento metri di quota non è da sottovalutare. Nei mesi più freddi dell'anno a ciò si aggiunge anche il vento proveniente da nord, che non trovando ostacoli sul suo percorso, investe il paese. Per contro l'inclinazione a sud-ovest di questa grande terrazza calcarea, e la particolare ampiezza d'orizzonte rispetto alle montagne di fronte, fa sì che l'insolazione sia la massima possibile. Per quanto riguarda le precipitazioni queste sono abbastanza buone, aggirandosi sui 1200 mm/annui. La vegetazione si caratterizza per essere costituita principalmente da boschi misti, con essenze legnose a foglia caduca e conifere. Particolarmente diffusi sono il faggio, l'abete - nelle varietà rosso e bianco - e il larice.


    Storia

    Eredi di antichi coloni

    Stando ai resti pervenutici di antichi forni per la fusione del rame risalenti al 1200 a.C., il monte di Luserna risulta già abitato in età preistorica, ma circa l'origine e la consistenza di questi primi coloni ci è dato di sapere ben poco. Sicuri si è del fatto che in epoca medioevale la zona fu colonizzata da genti di origine tedesca, portati su questi monti principalmente per opera del Principe Vescovo di Trento Federico Vanga. In questo periodo il territorio montano compreso tra i fiumi Adige e Brenta, fino a quel momento in prevalenza disabitato, vide la nascita di piccole comunità rurali dedite al taglio del legname e alla pastorizia. Nei secoli, attorno ai primi masi crebbero dei villaggi e presero vita sempre nuove forme di stanzialità. Già nel XVII secolo la popolazione che abitava la grande area interessata da questa colonizzazione era arrivata ai 20 000 abitanti.

    I Cimbri degli altipiani

    Gli antichi coloni, portarono in questi nuovi territori la propria lingua e le proprie millenarie tradizioni (ancora oggi nel paese si tramandano di generazione in generazione alcune leggende cimbre) e per secoli i loro usi, i costumi, ma in particolare la lingua (detta lingua cimbra appunto), affascinarono ed interessarono intellettuali ed esperti delle più diverse materie. La leggenda fa risalire l'origine di questa popolazione germanofona al popolo di uguale nome, proveniente dal territorio dello Jutland, in Danimarca, che tentò di invadere l'Italia ma che fu sconfitto dall'esercito romano sotto la guida di Gaio Mario. Secondo queste leggende parte di questa popolazione belligerante si sarebbe ritirata sulle montagne dell'Altopiano di Asiago, originando la stirpe dei moderni Cimbri. Una seconda ipotesi, che è andata affermandosi sul finire dell'Ottocento, probabilmente per fini nazionalistici, vede invece l'origine dei cimbri dovuta alla discesa dalla Germania meridionale, intorno all'anno mille, di gruppi di famiglie provenienti per lo più dall'area linguistica bavaro-tirolese. Molti indizi fanno però vacillare quest'ultima tesi, primi fra tutti i resti del villaggio celtico rinvenuto nel Bostel, presso Rotzo, e la toponomastica storica dell'Altipiano dei Sette Comuni che ha precisi riferimenti con la mitologia nordica.
    Diversamente da quanto avvenuto altrove, la lingua cimbra si è mantenuta ancora viva a Luserna, anche se il cimbro di Luserna viene considerato il meno originale, e più moderno, essendo anche influenzato dal tedesco moderno.
    Oggi comunque il cimbro di Luserna è oggetto di approfondite indagini, soprattutto da parte di studiosi tedeschi, che possono praticare una sorta di "archeologia linguistica". Per meglio tutelare l'unicità culturale di questa comunità si sono mosse anche la Provincia Autonoma di Trento e la Regione Trentino – Alto Adige, promuovendo significativi interventi per la salvaguardia di ciò che è ritenuto un patrimonio di tutti. Tra questi, l'edizione settimanale di un telegiornale in lingua cimbra, "Zimbar Earde" (Terra Cimbra).

    Luserna onoranda vicina

    Il piccolo paese di Luserna viene citato per la prima volta in un documento il 24 gennaio 1442. Risulta, infatti, che un tale Ser Biagio vendette al Duca Federico, detto il Tasca Vuota (Duca d'Austria e Conte del Tirolo), i suoi quattro masi sul Monte di Luserna per 55 ducati d'oro. Dopo questo primo eccezionale documento, Luserna compare più volte negli scritti che vanno via via a delineare la storia degli altipiani. Già nel 1454 risulta che dei contadini di Lavarone si trasferirono, come livellari della Parrocchia di Santa Maria di Brancafora, sull'altopiano di Luserna. Alla fine del Cinquecento, in una relazione che il conte Francesco Caldogno preparò per la Serenissima Repubblica Veneta, Luserna viene descritta come un paesello con circa 40 fuochi, lungo più contrade e con un centinaio di anime. Successivamente, tra gli abitanti dell'Onoranda Vicinia di Luserna (come recita il documento dell'epoca) e quelli della Magnifica Comunità di Lavarone iniziarono delle dispute per i confini e per l'autonomia amministrativa, le quali portarono alla separazione delle due comunità il 4 agosto 1780.


    La Grande Guerra

    Collocati lungo il confine meridionale dell'antica provincia austriaca del Tirolo, gli altipiani vennero a trovarsi in prima linea allo scoppio del primo grande conflitto mondiale (1915-1918). Fin dagli inizi del Novecento i rapporti diplomatici tra Regno d'Italia ed Impero austro-ungarico erano diventati giorno dopo giorno più tesi in relazione del problema delle terre irredente e la possibilità di una pace duratura era irrimediabilmente compromessa. Ormai entrambi gli Stati pensavano all'eventualità di entrare in conflitto. Considerata l'importanza strategica di questa zona, possibile punto di sfondamento per raggiungere Trento, ben prima dello scoppio del conflitto iniziò la costruzione di una poderosa linea di fortezze. Gli Altipiani venivano ad essere il punto nodale di quella che fu la cintura difensiva di un immenso impero. Tra Folgaria e Vezzena furono erette sette fortezze, le quali rappresentavano il meglio della tecnica militare dell'epoca.


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    foto:centenario.alpecimbra.it

    Nei dintorni di Luserna vi sono molte testimonianze di questa "trincea d'acciaio": il complesso fortificato Campo Luserna (1549 m s.l.m.),


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    foto:funghiitaliani.it


    il forte Verle (1554 m s.l.m.),


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    foto:centenario.alpecimbra.it

    l'Osservatorio Fortificato di Cima Vezzena (1908 m s.l.m.), il piccolo Cimitero Militare di Costalta e chilometri di solchi lasciati dalle vecchie Trincee.

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    foto:centenario.alpecimbra.it

    Il Centro Documentazione Luserna, sito nel cuore del paese, ha ospitato due importanti mostre sul tema della Grande Guerra, nel 2006 e 2007. In occasione dell'ultimo evento è stato edito un interessante volume dal titolo "Dagli Altopiani a Caporetto. Von den Hochebenen nach Karfreit", autore Lorenzo Baratter, Direttore del Centro Documentazione Luserna - Documentationszentrum Lusérn.



    fonte: wikipedia.org

    «Dalle storie alla Storia», sentiero emozionale a Luserna



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    Lungo il percorso che da piazza Marconi-Platz conduce prima a Forte Campo-Wèrk Lusérn e poi all’avamposto di Oberwiesen, sono installate ventotto silhouettes di metallo raffiguranti persone e animali che raccontano in prima persona altrettante storie vere accadute tra gli ultimi anni del 1800 ed il 25 maggio del 1915, quando Luserna si è svegliata sotto il fuoco incrociato dell’artiglieria italiana e di quella austroungarica.

    Dall’arricchimento del paese per i proventi derivati dai lavori del forte (alla cui costruzione hanno preso parte sia uomini che donne), all’incendio del 1911 che distrusse l’intero abitato dai caratteristici tetti in larice.
    Dalla ricostruzione delle case, alla disperazione di dover improvvisamente partire per la Boemia, abbandonando cose e animali.
    Ogni personaggio vuol far rivivere nei visitatori le emozioni di allora attraverso domande e spunti di riflessione sull’atrocità della guerra.
    Agli escursionisti viene anche chiesto di prendere delle decisioni e di operare delle scelte, come se vivessero in prima persona qui tragici momenti.

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    Tra le figure più emblematiche del percorso c’è quella di Don Josef Pardatscher, parroco di Luserna nel 1915; dal suo diario di quegli anni sono state tratte diverse vicende narrate lungo il sentiero.
    Le silhouettes sono arricchite con dettagli artistici in argilla cotta (volti tratti da fotografie originali, oggetti simbolici) realizzati a mano.
    Le didascalie sono in italiano, cimbro, tedesco e inglese.
    Il percorso si snoda tra boschi e pascoli per circa cinque chilometri (200 m di dislivello) ed è adatto a tutti; la passeggiata si completa in circa due ore.

    «Dalle storie alla Storia» è il secondo sentiero tematico che il Comune di Luserna-Lusérn realizza sul proprio territorio.
    Il «Sentiero Cimbro dell’Immaginario» è stata un’iniziativa di grande successo che incuriosisce e attira ogni anno migliaia di visitatori e famiglie sull’altopiano cimbro.


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    Grazie alla collaborazione con l’Azienda per il Turismo di Folgaria, Lavarone e Luserna è stato anche attivato un contest fotografico (Diventa anche tu testimonal della storia!) sui social network Facebook e Twitter per la pubblicazione delle fotografie che i visitatori scatteranno lungo il sentiero «Dalle storie alla Storia».
    Tutte le foto che saranno pubblicate utilizzando l’hashtag #emozioniluserna saranno raccolte in un album fotografico sulla pagina Facebook dell’ApT ed utilizzate per fini promozionali su tutti i canali ufficiali, citandone gli autori.



    14/08/2013
    fonte&foto:ladigetto.it


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    foto:tr3ntino.it

    l Sentiero Cimbro dell'Immaginario

    Il sentiero cimbro dell’immaginario rappresenta un piacevole viaggio alla scoperta dei racconti e delle leggende cimbre.
    Grazie a opere di artisti locali e a pannelli illustrativi dislocati lungo il percorso, il visitatore potrà conoscere ed apprezzare i personaggi che la fantasia e la tradizione popolare hanno tramandato nel tempo.
    Il sentiero inizia dalla piazza centrale davanti al Kamouhaus vo Lusérn - Municipio di Luserna (q. 1.333 m.) attraversa il centro storico (Pill-P.zza C.Battisti) passando davanti alla Casa Museo “Haus von Prükk” ed alla Pinacoteca Martin Pedrazza (aperti tutti i giorni nei tre mesi estivi): Sale per Pletz - Via Cima Nora. Subito dopo l’Agritur gira a destra su una strada rurale con un tratto scavato nella roccia (Rendola) e punti panoramici sugli storici, purtroppo abbandonati, campi terrazzati della Prach e sulla Valle dell’Astico. Transita davanti alle bacheche con l’illustrazione delle leggende della “Frau Pertega” e di “Tüsele Marüsele” e relativa scultura . Si prosegue percorrendo la comoda stradina promenade “Obarleitn” incisa nel ripido fianco della montagna che attraversa boschi di faggi. Dove la stessa finisce, “Hoacheck”, si sale a sinistra per un breve sentiero che porta sulla strada sterrata.

    B-0258-sentiero-cimbro-immaginario-luserna
    foto:tr3ntino.it

    Si gira a destra ed al margine del bosco di abeti “Bältle” si incontra la scultura del “Bolflupo” . Dopo duecento metri, poco prima del confine con il Veneto, si lascia la strada e si gira sul sentiero a sinistra. In una radura si incontra la scultura del “Basilisco-drago”. Proseguendo dopo una piccola discesa si trova una “Kalchgruabe - Calcara” scavata con tecnica archeologica-didattica con due bacheche ed una scultura di antico boscaiolo/guerriero cimbro.

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    foto:vacanzealpine.com

    Si risale a destra costeggiando “Bis von Kåmp” l’antico prato delimitato con muri a secco. Si sale e nel punto più alto (q.1.500) si trova un bellissimo pianoro con un laghetto alpino “Laghetto - Hülble von Kåmp” con la scultura del “Peer-orso” e tracce delle trincee e dei baraccamenti della Grande Guerra. Attraversato il pianoro si segue la “stradina dell’impero” che porta al Forte Lusern.

    Dopo alcune centinaia di metri si gira a sinistra in ripida discesa si arriva al “Kåmp - Rifugio Malga Campo”. Girando leggermente a destra si attraversa la grande prateria, seguendo il sentiero segnato con grandi pietre. Vi si trova la bacheca con la leggenda del “Sambinélo-Sambinèl” .
    Seguendo il sentiero si attraversa un bosco misto e di larici “Lächla” quindi si attraversano in discesa i prati privati e di arriva agli edifici rurali “Hüttn- Baiti”. (Una ripida stradina “Tal” lastricata con smolleri di porfido porta più velocemente in paese).
    Il percorso del sentiero prevede di girare a destra sulla stradina sterrata che porta al “Bersaglio “. Si imbocca il sentiero a sinistra e si passa davanti al “Pillele - Capitello di San Antonio da Padova” e percorrendo il ripido sentiero a scalini in discesa si arriva davanti alla Casa Museo Haus von Prükk e in centro paese. Il sentiero cimbro dell’immaginario ha uno sviluppo complessivo di 7 chilometri, supera un dislivello di 250 metri tra sali e scendi, e si percorre comodamente in tre ore.



    fonte:.visittrentino.it/
     
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  12. gheagabry
     
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    grazie
     
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  13. tomiva57
     
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    image_02
    foto:albergolagorosso.it



    Lago di Tovel






    Situato nel settore settentrionale del Gruppo Brenta, il lago di Tovel (m. 1178) è uno dei gioielli naturalistici del Parco Naturale Adamello – Brenta ed è il più grande dei laghi naturali del Trentino.
    Le sue acque sono sorprendentemente limpide con incredibili tonalità di blu e di verde e ricche di fauna.
    Il lago appartiene al bacino idrografico del Noce, uno dei maggiori affluenti del fiume Adige. Ha una superficie di 360.000 metri quadrati, con una profondità massima di 39 metri


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    foto:Easy Trentino


    Il lago di Tovel era famoso in tutta Italia e in Europa almeno fino agli anni '60 per un particolare fenomeno di arrossamento delle acque che si ripeteva regolarmente ogni estate. Oggi questo spettacolo naturale non accade più, ma la leggenda del lago rosso non smette di affascinare.
    Fino a qualche tempo fa si credeva che all’origine dell'arrossamento delle acque del Lago di Tovel vi fosse la presenza di un’alga, il Glenodinium sanguineum.
    Quest'alga, che contiene nel plasma sostanze oleose colorate da pigmenti carotenoidi, avrebbe fatto apparire nel periodo estivo, quando risaliva in superficie, le acque del lago di color rosso.
    Dal 1964 il fenomeno non si è più verificato, probabilmente a causa della minor presenza di vacche in alpeggio; infatti erano le deiezioni di queste ultime ad apportare sostanze nutrienti con le quali le alghe si nutrivano.
    Recentemente l'Istituto Agrario di S. Michele all'Adige ha tuttavia scoperto che l'arrossamento del Lago di Tovel non deve essere imputato al Glenodinium, ma ad altre tre specie di alghe: La Tovellia sanguinea (specie "rossa", presente oggi in minima quantità, data la scarsità di nutrienti), la Baldinia anauniensis (specie "verde" presente oggi in massicce quantità, da cui deriva il tipico colore odierno del lago) e una terza alga la cui identità è attualmente in fase di ricerca.

    centro.tovel-800
    foto:Parks.it


    Sulle rive del lago di Tovel si trova una delle Case del Parco Naturale Adamello Brenta, allestita in collaborazione con il museo Tridentino di Scienze Naturali. Il centro è dedicato all’orso bruno, animale simbolo del parco. Nel centro si possono trovare fotografie, testi didattici e illustrativi, filmati, ambienti sonori, profumi, ricostruzioni realistiche, animali naturalizzati, attività interattive, libri. E’ il primo passo per avvicinarsi al parco.



    lago-rosso
    foto:MeteoWeb


    LA LEGGENDA DEL LAGO DI TOVEL


    Fino agli anni ’60 la fama del lago di Tovel era legata, oltre alla sua splendida atmosfera romantica, al famoso fenomeno di arrossamento delle sue acque.
    Per un certo periodo, ogni anno, le rive del lago si tingevano di un rosso acceso. Lo spettacolo era davvero suggestivo e non c’è da meravigliarsi se, intorno alle origini del fenomeno, nacquero, nel corso dei secoli, molte storie e leggende.
    La più famosa di tutte è la leggenda della Regina Tresenga.


    1276272619D_IMG_3864_LagodiTovel_Infotafel
    foto:Trentino

    La storia racconta di un tempo molto lontano quando Ragoli, oggi piccolo paese della Val Rendena, era una ricchissima cittadina, a capo di un grande regno.
    Venne un giorno in cui l’ultimo re di Ragoli morì senza lasciare eredi maschi, ma solo una bellissima figlia dal nome Tresenga. L’ansia dei i cittadini del regno fu allora molto grande perché tutti sapevano bene che se la principessa si fosse sposata tutto il loro regno sarebbe divenuto proprietà di un sovrano straniero e ciò avrebbe comportato la perdita di ogni ricchezza per la cittadina di Ragoli. Tresenga tuttavia era una giovane molto intelligente che amava talmente il suo popolo da fare solenne giuramento di rinuncia ad un qualsiasi legame matrimoniale pur di salvare il proprio regno.
    La bellezza e la ricchezza della giovane regina però erano ben conosciute da tutti i giovani cadetti dei territori confinanti che non intendevano perdere l’occasione di divenire sovrani di un regno così potente e, al tempo stesso, mariti della più bella principessa che si fosse mai vista.
    Il pretendente più cocciuto e superbo si dimostrò essere il giovane e arrogante re di Tuenno, Lavinio. Costui tentò ben due volte di conquistare il cuore di Tresenga, prima esibendo tutto il suo potere con doni magnifici, e poi cercando di intenerire la principessa con un semplice mazzo di fiori. In entrambi i casi la risposta di Tresenga fu uno sdegnato rifiuto. La doppia offesa subita all’orgoglio del giovane re tramutò ben presto il suo amore in rabbia, tanto che Lavinio radunò tutto il suo esercito deciso a marciare su Ragoli e a raderla al suolo.
    Tresenga, informata dai suoi messaggeri della marcia punitiva di Lavinio, interrogò i suoi sudditi chiedendo loro se preferissero vederla andare in sposa al re di Tuenno o combattere una battaglia che avrebbe potuto costare loro la vita. Il popolo di Ragoli non ebbe il minimo dubbio e subito si schierò al fianco della giovane regina, deciso a rischiare il tutto per tutto per la propria libertà.
    I ragolesi marciarono fino alle sponde del lago di Tovel, e qui trovarono l’esercito di Lavinio accampato per la notte. Iniziò una sanguinosa battaglia che durò diversi giorni. L’esercito di Tuenno era troppo forte e preparato per soccombere di fronte al debole, seppur agguerrito popolo ragonese.
    Ben presto tutti i cittadini di Ragoli furono uccisi barbaramente e, per ultima, anche la bella Tresenga perì sotto le armi, dopo aver combattuto tenacemente accanto al suo popolo. Il suo sangue e quello di tutti i suoi sudditi si riversò nelle acque del lago di Tovel e le colorò di un macabro color vermiglio.
    Da quel triste giorno, una volta all’anno, in occasione dell’anniversario della truce battaglia, per incanto, le acque del lago cominciarono a ricolorarsi di rosso e c’è chi giura che, ancor oggi, nelle notti di luna piena, la triste figura della bella Tresenga, vaghi sospirando lungo le rive del lago.



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    foto:Trentino


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    foto:Trentino




    fonte: visitvaldinon.it
     
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  14. tomiva57
     
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    PERCORSO IN MTB O O PER UNA PASSEGGIATA, IN TRENTINO A LAVARONE COMANDO AUSTRO UNGARICO DEI VIRTI SULL'ALPE CIMBRA



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    foto:bikehotels.alpecimbra.it


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    foto:montagnando.it

    Subito dopo la frazione Virti, procedendo in direzione di Lavarone proprio a pochi metri dal cartello stradale che segnala il nome dell'abitato vedrete un sentiero di sassi che parte dal bordo della strada asfaltata e si insinua dentro al bosco. Il percorso è molto semplice ed adatto a tutti i ciclisti, anche i "ciclisti della domenica" troveranno che il tragitto attraverso il bosco, per quanto nascosto e coperto sia, risulta facilmente percorribile e con una pendenza (a parte la prima curva) molto leggera.
    Infilatevi quindi tra il verde degli abeti e prendete la stradina sterrata senza indugi, poco più avanti subito dopo una antica "calcera" scoprirete quello che resta del misterioso ex Comando Austro-Ungarico dei Virti.


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    foto:bikehotels.alpecimbra.it


    Delle attività di questo comando militare così ben nascosto non abbiamo molte notizie storiche, anche se grazie ai ritrovamenti archeologici e la sua ampiezza (oltre che alla posizione strategica a ridosso del Monte Rust di Lavarone) si immagina che durante la guerra fosse un luogo molto frequentato ed importante.



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    foto:bikehotels.alpecimbra.it


    Dopo aver percorso il sentiero costruito nel 1915, ci infiltriamo tra il bosco di abeti fino ad arrivare ad una piccola gola naturale di origine carsica. Qui, ben mimetizzati tra la verde vegetazione, ben difficili da vedere a prima vista, sorgono diverse strutture in cemento armato nascoste tra la roccia: si pensa fossero magazzini, camerate o uffici di comando...
    Spostando l'attenzione sulle pareti rocciose intorno, facilmente troveremo diversi buchi e gallerie che si snodano sotto la montagna portando a rifugi per i bombardamenti e stanze per i soldati. Forse, come dicono le leggende del posto, uno di questi cunicoli potrebbe portare addirittura direttamente fino all'osservatorio in cima al Monte Rust, per adesso però non è stata trovata nessuna prova che confermi questa teoria.

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    foto:montagnando.it

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    foto:montagnando.it

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    foto:montagnando.it


    Il sito è stato recentemente ripulito e ricostruito in alcune sue parti, rendendo ancor più realistica ed interessante la visita dei curiosi: ora l'effetto è ancora più spettacolare e quando ci si ritrova all'interno della gola che porta al comando sembra quasi di stare in un film di Indiana Jones.
    I lavori di restauro oltre ad aver migliorato l'agibilità alla struttura possono aiutare a comprendere meglio l'utilizzo del luogo durante la Prima Guerra Mondiale che comunque, con i suoi edifici così ben nascosti e i suoi lunghi pertugi nella roccia, rimane ancora adesso un piccolo luogo misterioso ed affascinante dell’Alpe Cimbra tutto da esplorare.


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    foto:bikehotels.alpecimbra.it




    fonte:bikehotels.alpecimbra.it
     
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    foto:Trentino Corriere Alpi




    A Rabbi, il ponte tibetano sulla cascata del Ragaiolo



    Aperto nell'estate del 2016, con i suoi 100 metri di passeggiata nel vuoto sopra la cascata del Ragaiolo è divenuto meta tra le più ambite per gli amanti delle passeggiate.


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    foto:Outdoor - Val di Sole



    Nell'agosto 2013, il progetto dell’impresa Htb Hoch Tief bau di Nalles ha dato vita ad una struttura sospesa su funi d’acciaio nei pressi della cascata Ragaiolo, formata dall’omonimo torrente a quota 1.360 metri. Il progetto esecutivo, affidato a un tecnico dalla Comunità di Valle, prospettava un impegno complessivo di spesa di circa 291 mila euro, gran parte dei quali sono stati coperti dall’ente Parco dello Stelvio, dalla Comunità di Valle e dal Gal Progetto Leader e in piccola parte dal Comune di Rabbi. Scopo dell’opera è rendere accessibile il ponte 365 giorni l’anno, con una nuova rete di sentieri appositamente creati che lo metterà in comunicazione con il fondovalle, costituendo un anello di circa 4-5 km che, partendo dalla località Fonti di Rabbi, porta alla scoperta della natura del Parco dello Stelvio e delle segherie veneziane presenti in zona. Il circuito sarà percorribile anche in inverno, per la gioia degli scialpinisti e soprattutto dei tantissimi amanti delle racchette da neve che frequentano la Val di Rabbi e le sue montagne incontaminate. Per raggiungere

    il ponte sarà sufficiente risalire per circa 1 km la strada forestale che, partendo dal piazzale delle Terme di Rabbi, conduce alle malghe Cercen e Villar, e poi proseguire per altri 200 metri su un sentiero pianeggiante ottimamente segnalato dalla cartellonistica predisposta.


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    foto:I Love Val di Non



    fonte:trentinocorrierealpi.gelocal.it
     
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16 replies since 25/7/2010, 10:57   8660 views
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