IL TRENTINO ... Parte 3^

Törggelen ..La Strada della Mela..Christkindlmarkt..Usi e costumi del Trentino Alto Adige..

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  1. tomiva57
     
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    IL LAGO DI CAREZZA
    la leggenda

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    Racconta la leggenda che nel laghetto posto nella valle tra il Catinaccio/Rosengarten e il Latemar viveva una bellissima ondina che deliziava con il suo canto melodioso i viandanti che salivano al passo di Costalunga. Di lei si innamorò lo stregone del Latemar, che tentò inutilmente di rapirla, infatti non appena l'ondina lo scorgeva si rituffava nelle acque del lago. Lo stragone chiese allora consiglio alla strega del Rosengarten, che dopo avrlo deriso, gli suggerì di cambiare abito, di stendere il più bell'arcobaleno tra il Catinaccio e il Latemar e di recarsi al lago fingendosi un viandante commerciante in gioielli.
    Lo stregone del Latemar così fece, stese il più bell'arcobaleno mai visto sino all'ora tra le due montagne e si recò al lago, ma dimenticò di travestirsi. Quando arrivò, l'ondina attirata dall'arcobaleno e dal luccichio dei monili era fuori dall'acqua incantata ad ammirare lo splendore di quello spettacolo, ma non appena scorse lo stregone, si rituffò nel lago e scomparve. Lo stregone si infuriò moltissimo e preso l'arcobaleno lo distrusse in mille pezzi e lo gettò nel lago. Ancora oggi nelle acque di Carezza puoi ritrovare tutti i colori dell'iride, dall'azzurro al verde, dal rosso all'indaco, dal giallo all'oro.

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    altra versione

    Il Lago di Carezza, incastonato nella fitta foresta ai piedi del Latemàr, nelle Dolomiti, è noto per il gioco di colori delle sue acque cangianti durante la giornata, dal verde/blu, al rossastro, dall’oro fino al grigio cupo dei temporali: per questo motivo nella lingua ladina viene chiamato anche "Lec de Ergobando" (o "arcoboàn"), cioè "Lago dell'arcobaleno", un nome che gli si addice perfettamente.

    Infatti, mentre gli altri laghi montani rispecchiano acque azzurre o verdi, quello di Carezza ha in sé tutti i colori dell’iride.
    L’origine di tanta peculiare bellezza potrebbe trovarsi in questa antica leggenda alpina.

    Molto, molto tempo fa, quando le fate e le ninfe popolavano ancora i boschi e le acque e, seppur raramente, era dato anche agli umani vederle, nelle profondità del lago di Carezza, in un magnifico palazzo tutto di madreperla e di marmo, abitava appunto una ninfa, Ondina.
    Era una donna giovanissima di straordinaria bellezza: aveva i capelli neri e folti che contrastavano con gli occhi azzurri del color della pervinca nel cui sguardo un umano avrebbe potuto perdersi.
    La carne del suo corpo bianca e compatta, liscia come seta incantava anche gli dei, la stessa stirpe da cui la ninfa proveniva. Ondina era solita, nelle notti di luna piena, raggiungere le rive del lago per cantare alla stregua di un usignolo, tanto che tutti gli animali che abitavano la fitta foresta di conifere che si può ammirare ancor oggi
    attorno allo specchio d’acqua si radunavano intorno a lei e in silenzio si beavano del suo canto.
    All’alba la fanciulla con un tuffo tornava nel suo palazzo lacustre, le splendide gambe mutate in coda di pesce: diventava in tutto e per tutto una sirena.
    Qualche volta usciva anche di giorno, al sole di mezzogiorno.
    Le piaceva lasciarsi accarezzare dai raggi, distesa sulle rocce della riva.
    Si racconta che i pochi uomini che ebbero la fortuna di vederla abbiano terminato la loro vita in preda alla pazzia dopo aver cercato lei in ogni donna che incontravano
    Vicino al lago, nelle foreste che salgono fino alle cime del Latemàr, abitava un grande Mago: la sua era una magia cattiva, distruttiva e il suo potere grande.
    Una notte, mentre creava nuove e oscure magie nella torre più alta del suo castello tra le rocce, udì un canto da cui fu irresistibilmente attratto; il vecchio, orrendo a vedersi, brutto di malvagità, per la prima volta in vita sua si sentì quasi umano: pareva che le pietre del suo cuore si stessero sgretolando al suono di quella melodia.
    E volle sapere a chi apparteneva la voce incantata.
    Così furtivamente si avvicinò al lago e quando vide la splendida donna che coperta solo dei suoi capelli cantava alla luna... seppe che doveva averla, in ogni modo.
    Uscì allo scoperto, per avvicinarsi a lei, toccarla....
    Ma come Ondina vide quel vecchio orrendo dalle mani adunche che si avvicinava- seppe subito chi era, riconobbe il Male, lei che era di natura divina- con un balzo scomparve nelle acque, lasciando al Mago solo il ricordo della sua bellissima immagine.
    Da quel giorno lui provò in tutti i modi a catturare la Ninfa: usò i trucchi del travestimento, ma lei lo batteva in velocità, agilità e infine l’acqua era il suo elemento mentre il palazzo dove si rifugiava nelle profondità lacustri la proteggeva dal potente Stregone, il quale, vedendo fallire ogni tentativo di catturar la preda, veniva preso sempre più spesso da crisi di rabbia paurose; allora scatenava sul Latemàr furiosi temporali e scagliava nel lago fulmini apocalittici: ma Ondina, al sicuro nel suo palazzo di marmo e madreperla, rideva di lui, e la sua risata, tra il frastuono degli elementi, arrivava al Mago, nel cupo castello tra le rocce, portandolo alla disperazione.
    Così, un giorno, a malincuore, si decise a salire sul Vajolòn per consultare una “Stria del Masaré”, che abitava lassù in una caverna: era costei una creatura malefica quanto lui ma infinitamente più astuta.
    La vecchia megera, dopo averlo ascoltato, si mise a ridere e disse, con voce chioccia di scherno:
    - Ma guarda il grande Mago che si fa prender in giro da una piccola Ninfa, perché la vista di una bella femmina gli ha distrutto il cervello, tanto da non saper neppur più di quali magie è capace... da non crederci.
    E ora ha bisogno di me...
    Mi ricambierai questo favore un giorno.
    Allora ascolta:
    Ondina , la tua bella, non ha mai visto un arcobaleno.
    Tu creane uno, sempre se ti ricordi come si fa, che abbia un capo sulle vette del Latemàr e l’altro sulla riva del lago.
    Bada di farlo con i colori più splendenti che la tua magia può inventare, deve brillare più del sole.
    Ondina non potrà fare a meno di uscire per veder una simile meraviglia, per lei sconosciuta.
    Intanto tu ti travestirai da mercante, con folta barba bianca e lunghi capelli che ti copriranno in parte il viso; inoltre darai alla tua voce un tono suadente, amoroso, pacato.
    Porta sulle spalle un sacco con oggetti preziosi: oro, argento, diamanti.
    Avvicinati al lago con passo tranquillo, sì da ispirare fiducia e quando sarai
    arrivato all’acqua, mormora tra te e te “ eccolo il famoso tessuto con cui si cesellano i gioielli dell’aria, i più belli del mondo...”; così dicendo taglierai un pezzetto di arcobaleno e fingendo di metterlo nel tuo sacco in verità farai uscire da quest’ultimo i meravigliosi ornamenti che contiene.
    Ondina ti si avvicinerà, perché è pur sempre una donna e i gioielli la attireranno inesorabilmente.
    Allora tu le spiegherai che son fatti appunto con la stoffa di quell’enorme arco colorato, che tu stesso ne sei il creatore e che principesse e regine di tutto il mondo se ne adornano.
    Poi la inviterai a casa tua , per poterne ammirare alcuni assai più belli di quelli che lei di sicuro ormai starà già accarezzando.
    Ti seguirà e tu potrai tenerla prigioniera per sempre-
    Il Mago si convinse che il piano era buono; così il giorno stesso salì sul Latemàr
    e vi creò un magnifico arcobaleno, che inarcò al di sopra dei boschi fin laggiù, al lago di Carezza.
    Ondina si accorse subito di quella meraviglia, che irradiava riflessi splendenti fino al suo palazzo; uscì fuori e come lo stregone vide emergere dalle acque quel corpo splendido che piano piano gli si rivelava in tutta la sua divina perfezione...perse ogni prudenza; si mise a correre a perdifiato verso l’arcobaleno e verso l’oggetto del suo desiderio, dimenticando barba e capelli candidi da innocuo mercante, nonché il sacco appropriato della mercanzia...
    La Ninfa lo riconobbe immediatamente e con una risata e un balzo, tornata sirena, fu al sicuro in fondo al lago, nella sua casa di marmi e madreperla.
    Il povero Mago fu colto allora da un’ira tremenda: cominciò a sradicar alberi, a sollevar pietre e macigni che gettava nel lago.
    Alla fine afferrò anche l’arcobaleno, la sua creatura –trappola: lo distrusse in mille pezzi e gettò anche quelli nelle acque di Carezza.
    Poi ritornò al suo cupo castello tra le rocce e scomparve per sempre.
    Intanto i frammenti di arcobaleno si andavano sciogliendo nel lago, donando alle sue acque tutti i colori dell’iride per sempre.
    Ondina riuscì a tenerne per sè qualcuno: così per gioco a volte, ancora oggi, li sbriciola, sceglie un colore particolare e si diverte a colorar di polvere rosa le cime dei monti circostanti...





     
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16 replies since 25/7/2010, 10:57   8666 views
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