STREGHE e CATTIVE NELLE FIABE

..nei secoli.......

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  1. gheagabry
     
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    LE STREGHE NELLE FIABE



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    Il ruolo di "antagonista" nelle fiabe è spesso occupato dalla figura, inquietante ma ricca di fascino, della strega, colei che attraverso incantesimi e riti magici provoca un improvviso turbamento nell’andamento della storia narrata, ostacolando l’eroe nel raggiungimento della meta desiderata.

    La strega delle fiabe non sarebbe convincente se non avesse un gatto, magari nero anche se questo è un particolare trascurabile, fedele compagno e complice dei suoi sortilegi. Ma i gatti non erano gli unici animali associati alle streghe.
    Furetti, conigli, porcospini, merli, gufi e civette, corvi, rospi e rane erano tutti considerati loro degni compari .

    La scopa della strega

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    Questo strumento associato alla figura mitica della strega nasconde un segreto.
    Oltre ad essere utile per ripulire la porzione di pavimento e di spazio ove vengono eseguiti i rituali e quindi, simbolicamente, indicare il tirar via gli ostacoli che si possono frapporre alla buona riuscita degli stessi, viene da sempre considerata un oggetto assolutamente innocuo e utile ai lavori domestici e quindi non desta alcun sospetto. Quale miglior "travestimento" si poteva trovare per il "bastone del comando"? ...


    "LA RIUNIONE DELLE STREGHE"


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    Tutte le streghe decisero di riunirsi presso il bosco degli alberi scuri. Arrivarono da ogni parte della terra a cavallo delle loro scope di saggina. Dovevano incontrarsi per discutere dei loro incantesimi, delle pozioni e delle formule magiche. Qualche formula andava modificata perchè aveva causato dei litigi tra loro e gli umani.
    Le streghe non erano cattive. Erano solamente tanto vecchie e un pò bruttarelle. Viste tutte insieme sembravano tante tartarughe rugose; tra loro ridevano e scherzavano con grida rauche.
    Nessuna di loro si stupiva più di tanto per la reciproca bruttezza. Quando finalmente si riunirono intorno ad un albero scuro, arrivò improvvisamente un'altra strega. La videro giungere velocemente giù dal cielo con un piccolo fagotto dietro la schiena. Quando la scopa, dopo una serie di evoluzioni, atterrò nel bosco, le vecchie streghe scoprirono che la nuova arrivata era giovane e bellissima: la sua pelle era luminosa, i suoi occhi splendenti, la sua voce squillante.
    Il fagotto dietro la schiena si aprì ed apparve un piccolo bimbo dallo sguardo vivace e dalle gote rosse: era il piccolo figlio della giovane strega!
    Le vecchie streghe ammutolirono. Nessuna di loro aveva dei figli; non era mai accaduto che una strega fosse contemporaneamente anche una mamma ! Esse chiesero pertanto alla giovane strega se il suo bell'aspetto ed il bimbo fossero per caso opera di un bizzarro incantesimo.
    La bella strega iniziò a ridere di gusto riferendo che l'unico incantesimo era stato semplicemente quello dell'amore che provava nei confronti del suo bambino e del padre di quest'ultimo.
    adima gabriela






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    MAGA MAGO'



    chi è? Ma la magnifica, splendida maga Magò!


    Madam Mim, per noi Maga Magò, esordisce nel mondo nel 1963 apparendo nel film La spada nella roccia della Disney; è la rivale acerrima di Merlino, ci viene presentata come strega pazzerellona, un po’ suonata e un po’ sciatta e, nel complesso, malvagia. Chiaramente è molto diversa dalle leggendarie avversarie di Merlino nel ciclo di re Artù, ma in un cartone animato può succedere di tutto.
    Chi ha visto il film ricorda bene la canzone:



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    Se con un ditin
    io sol tocco un fior...
    zum para pin pin...
    si spampana e muor!
    Sol il demonio
    uguagliare mi può:
    io sono la magnifica,
    splendida, maga Magò!

    Posso gonfiar fino al camin,
    farmi piccina come un topin,
    fattucchiera o nera magia
    è specialità mia:
    io sono la magnifica,
    splendida, maga Magò!

    Posso aver fascino,
    un bel visin,
    ugola d'or,
    morbido crin,
    ma non farti illusion
    perché... zum para pon...
    io sono la magnifica,
    splendida, maga Magò!



    Il personaggio verrà ripreso nelle storie a fumetti, con alterne vicende: a volte la vediamo collaborare con Amelia, sebbene non abbiano rapporti idilliaci; altre volte è ora complice ora avversaria della Banda Bassotti; spesso è innamorata, in genere fa la corte a Macchia Nera -che non ne vuol sapere-, di rado la vediamo con una cotta per Capitan Uncino -che non ne vuol sapere-, più di frequente per Dinamite Bla -che non ne vuol sapere nemmeno lui-; è usata come comprimaria in storie con Topolino e/o Pippo, oppure con i Paperi (in genere associata a Paperone).

    Magò, dapprima caratterizzata come malvagia, col tempo diventa più una scontrosa che cattiva, amante della tranquillità della sua casa, magari interessata ma non tanto perfida, salvo ad inviperirsi quando viene toccata la sua dignità di grande strega. E ne ha ben donde, visto che pur non brillando per avvenenza come invece succede con Amelia, è una strega potentissima: sa volare, può assumere qualsiasi forma, trasmutare la materia e vedere il futuro con la sfera di cristallo.



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    Edited by gheagabry1 - 13/4/2020, 17:15
     
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    GRAZIE GABRY
     
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  3. gheagabry
     
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    ...una curiosità..



    GRIMILDE



    ...la vera storia...



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    Questa statua raffigura Uta degli Askani di Ballenstedt e si trova nella chiesa di Naumburg, una piccola cittadina della Sassonia che possiede una splendida cattedrale, il più importante edificio della transizione dal romanico al gotico di tutta la Germania e forse di tutta l'Europa. La costruzione fu iniziata ai primi del tredicesimo secolo e conserva magnifiche vetrate coeve e soprattutto, nelle cappelle absidali del coro, tra le agili colonne, le dodici splendide statue dei fondatori (1260 ca.), altissimo capolavoro dell'ignoto maestro di Naumburg. Lei, moglie senza figli di Ekkehard II di Messein, sfuggita al rogo dopo aver subito un processo per stregoneria e vissuta nel XII secolo, in particolare, affiancata alla figura dell’austero principe tedesco suo marito, distaccata visivamente dalla vita attiva del compagno per mezzo del suo scudo e della sua spada, simboli della sua condizione di valoroso guerriero, nel suo pesante abito volge lo sguardo malinconico altrove, mostrando una fredda regalità e una bellezza distaccata senza precedenti per una scultura romanica. Forse per queste morbidezze stilistiche, per queste caratteristiche sorprendenti proprio nella positura e nei caratteri somatici della giovane sposa effigiata, più vicina a certi intenti accademici di fine XIX secolo e al forte sentimento romantico e neomedievale, fu considerata orgoglio iconico dell’intera tradizione teutonica, sia essa post-bismarkiana che socialista e poi considerata simbolo della bellezza ariana nella Germania nazista, celebrata come esempio di arte classica contrapposta all’”arte degenerata” dell’espressionismo e del surrealismo, proprio quando il nazismo, criticando le avanguardie pluto-giudaico-massoniche, cercava di ritrovare anche nell’arte lo spirito del proprio popolo nel suo rapporto secolare con la campagna, la terra e la razza.

    Era consuetudine in quegli anni, inoltre, un pellegrinaggio dal velato sapore romantico di Grand Tour, una sorta di “cammino di Santiago dello spirito tedesco” verso la casa dove Nietzsche aveva vissuto; questo viaggio prevedeva una avvincente suddivisione in tappe presso luoghi simbolo della storia tedesca e culturale europea: dalla cittadina universitaria di Göttingen si proseguiva verso Eisenach, Gotha, Erfurth e quindi nella Weimar di Goethe mirando infine, dopo le ennesime, ma tradizionali ed irrinunciabili soste di Jena e Pforta, alla cittadina di Naumburg, autentica Mecca dell’itinerario per ammirare l’effige della dama.

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    Ecco allora, primo spostamento semantico, come un capolavoro dell’arte romanica diventa, in chiave nazionalista, l’emblema della donna tedesca, fiera ed austera, velata da un profondo sentimento wagneriano di tragicità e immortalità, simbolo dell’ideologia del pangermanesimo; non si presenta nuda come una Venere greca qualsiasi, mediterranea, ma si erge casta ed altera con "il volto bellissimo incorniciato da una benda che ne esalta l'ovale, le labbra tra il serrato e il dischiuso, il diadema con i gigli, l'ampio mantello con il bavero rialzato e nello stesso momento serrato al corpo con un gesto che appare forse più trepido che imperioso".

    Wolfgang Reithermann era figlio di emigranti tedeschi giunti in America nel 1912; dopo aver studiato disegno, mettendo a frutto le sue doti innate, dopo un fortuito incontro, divenne uno dei grafici che con Walt Disney, il “mago di Burbank” allora alle prese con una favola d’origini franco-tedesche e la ricerca della “maschera” cattiva, definì tecniche, soggetti e bozzetti del film capolavoro Biancaneve e i sette nani, primo lungometraggio di animazione di Disney che avesse per soggetti non animali antropomorfizzati ma esseri umani.

    Quando Disney partì nel 1935 per un tour europeo assieme al fratello Roy, durante il quale acquistarono più di trecento volumi d’arte e illustrati in vista del lungometraggio(è noto come gli alberi parlanti sono tratti da quelli disegnati da Gustavo Doré per la Divina Commedia di Dante), Reithermann lo consigliò caldamente di visitare Naumburg e di osservare da vicino la statua della bella Uta per cucirgli addosso i panni di Grimilde. Fu l’idea risolutiva, così come quella di mettere a Betty Boop i panni di Biancaneve. Disney fu colpito dalla fotografia della statua indicata dal suo collaboratore: «Era proprio bella, anzi impressionava e quasi raggelava, forse era da pensare a lei come modello per quella che ormai tutti erano d’accordo di chiamare col bel nome tedesco di Grimhilde…». La somiglianza è inequivocabile, e l’eco indiscutibilmente wagneriano del nome Grimhilde a questo punto non può essere certo un caso; del resto proprio la favola di Biancaneve derivava dalle celebri favole dei fratelli Jacob e Wilhem Grimm, grandi filologi e studiosi della lingua tedesca, pubblicate nella prima edizione nel 1812. Grimhilde, o meglio, la strega di Biancaneve è Uta di Naumburg con le sopracciglia folte arcuate, gli occhi verdi, seduttivi e malvagi, di Joan Crawford.

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    Secondo Umberto Eco, però, bisogna dire che il prototipo sarebbe da ritrovare in un'attrice degli anni Trenta, Helen Gahagan, che con vesti quasi uguali aveva interpretato la mitica 'She', bellezza sublime e maledetta, ispirata al romanzo celeberrimo di Rider Haggard.



    Seguendo l’interessante libro di Stefano Poggi “La vera storia della Regina di Biancaneve, dalla Selva Turingia a Hollywood” ecco allora una vera spy story, con Goebbels che si infastidisce per il furto dell'icona tedesca, Disney che nel 1935 conosce sul France, di ritorno a New York, Marlene Dietrich e il suo fotografo Paul Horst, nativo di Weissenfels an der Saale, a un tiro di schioppo da Naumburg, di cui spesso visitava il duomo accompagnato dal padre, imbattendosi appunto nella statua di Uta (entrambi erano presenti alla proiezione del film a Los Angeles, in prossimità del Natale 1937; l’attrice era compiaciuta, Horst invece si rammaricò per la corona della matrigna cattiva «che – osservò – ricorda il grattacielo Chrysler di New York» ). I nazisti, con mille pretesti, finirono per non far circolare il film in Germania, con tutto che il film era stato celebrato dal "Berliner Morgenpost", e che Goebbels (uso a regalare a Hitler cartoni animati di Disney, che se li guardava la sera nella cancelleria del Reich, ne possedeva circa 18), reputasse Biancaneve "una grandiosa creazione artistica" nonché "una favola per adulti". La beffa di rendere malvagia la nobile e bella Uta sarebbe servita a infrangere il progetto estetico del Reich che aveva fatto di Uta un’eroina völkisch, emblema della bellezza femminile germanica al punto che il potente ministro della Propaganda di Hitler si sarebbe dato da fare per mettere a tacere la provocazione ordita dagli studi Disney ai danni della Germania.

    Al di la delle varie considerazioni sulla vicenda, sugli intrecci politici e culturali e sui vari rapporti (il libro non tiene in giusto conto per esempio che Hitler era un fervente ammiratore di Disney e che il suo film Biancaneve, ispirato dalla favola dei fratelli Grimm, era il preferito del poeta francese e fascista Robert Brasillach, e che inoltre, nel suo viaggio americano, la regista Leni Riefenstahl, che aveva celebrato con Olympia i giochi di Berlino del 1936, fu accolta con amabile simpatia proprio da Walt Disney che non si uniformò al boicottaggio dell’opera della regista organizzato dalla Lega antinazista; senza dimenticare i presunti legami di Disney con la massoneria e il satanismo) rimane l’ennesimo spostamento semantico di un’immagine.

    Uta da emblema della donna tedesca ariana, bella, volitiva, fedele e degna di rispetto, si trasforma così nell’affascinante e crudele Grimhilde, diventando archetipo di “malvagia” almeno per la storia della cinematografia animata in un cartone che ha fatto la storia del cinema e che ha le sue basi nei simboli inconsci della cultura umana.


    dal web

    Edited by gheagabry1 - 13/4/2020, 17:24
     
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  4. gheagabry
     
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    Francesca ha un gatto nero
    mangia salatini
    uno per il gatto
    la ringrazia con la coda.

    Lucifero è il suo nome,
    soffia sulla poltrona,
    Francesca lo consola
    grattandolo sotto il mento.

    Francesca legge It
    poi fa dei sogni strani,
    il gatto la consola,
    forse scrive Insomnia.

    Lucifero ha un segreto
    lo racconta alla sua bella
    quando c’è la luna.
    Ronfa le sue magie.

    Francesca ha un amore,
    sotto quattro foglie,
    una scopa strana
    e un canestro rotto.

    Francesca è una strega
    può farti innamorare,
    tocca il suo gatto
    e forse ti potrai salvare.




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    CRUDELIA DE MON



    Crudelia De Mon (Cruella De Vil) è la principale antagonista nella novella "I cento e una dalmata" di Dodie Smith, nonché nel celeberrimo film Disney "La carica dei 101" tratto dal racconto. Nella storia e nelle successive Crudelia rapisce i cuccioli di dalmata per ottenerne la pelliccia.
    Il suo nome deriva dal gioco di parole basato su crudele e demone, allusione enfatizzata dal nome della sua casa di campagna "Hell Hall" nella quale compare anche la parola "hell", ovvero inferno (difatti nel doppiaggio italiano viene chiamato dal Sergente Tibbs Antro dell'Inferno). Il suo nome nella versione originale è Cruella De Vil che gioca sempre sulla parola crudele (cruel) e sulla parola "devil", cioè diavolo, demonio.





    Fisicamente nel cartone animato è una donna alta, truccatissima, dagli zigomi appuntiti, abbastanza scheletrica, dai gesti plateali e attorniata dal pesante fetore della sigaretta che fuma tramite un lungo bocchino rosso. Ha i capelli metà bianchi e metà neri, corti e lievemente cadenti a caschetto (divisi in due metà da una riga al centro da cui parte il ciuffo spettinato). Indossa una lunga pelliccia giallastra ornata di code di castoro (abbinata alla borsa fatta dello stesso materiale) e al di sotto indossa un lungo abito da cocktail nero scollato; il tutto completato da un paio di guanti lunghi fino al gomito rossi e da un paio di scarpe modello chanel rosse. Ha le unghie smaltate di rosso, appuntite e tanto lunghe da sembrare degli artigli (si notano nella scena in cui lei è a letto mentre legge il giornale, perché normalmente indossa i sopraccitati guanti rossi); porta un anello con una pietra verde al dito medio della mano destra.





    Crudelia De Mon
    Crudelia De Mon
    Ha molto danaro
    ma non ha l'amor
    Al sol vederla
    muori d'apprension
    Crudelia
    Crudelia
    De Mon
    Crudelia De Mon
    Crudelia De Mon
    Farebbe paura
    persino a un leon
    E' più letale lei
    d'uno scorpion
    Crudelia
    Crudelia
    De Mon
    Crudelia fa l'effetto
    di un demonio
    e dopo il primo istante
    di terror
    Ti senti in suo poter
    e tremi al sol veder
    gli occhi di felino predator
    Non può essere uman
    crudele vampir
    dovrebbe per sempre
    dal mondo sparir
    Che gioia allora
    che soddisfazion
    Crudelia
    Crudelia
    De Mon
    De Mon





    “Crudelia fa l’effetto di un demonio e dopo il primo istante di terror, ti senti in suo poter e tremi al sol veder gli occhi di felino predator”… chi di noi non ricorda questa famosissima canzone? La prima volta che ho visto “la carica dei centouno” al cinema ero anch’io impauritissimo dalla comparsa nello schermo di questo grandioso personaggio, tanto da sprofondarmi e nascondermi dietro i sedili. Grandioso personaggio perchè la ritengo una vera e propria icona, un seguitissimo esempio di donna-trauma, eh si, replicatissimo! Perchè Crudelia è proprio la vicina dietro l’angolo, con la sua pelliccia bianco giallastra che la accompagna sin dagli anni 80, affumicata dalle imponenti emissioni di fumo da sigaretta, sempre stretta e ostentata davanti al volto (attenti a non provocarla, potrebbe bruciacchiarvi gli occhi!)
    Crudelia è la donna senza legami, quella che ci racconta sempre del suo antidiluviano ex, o di quella volta che è stata abbordata dal prete della parrocchia di quartiere. Crudelia ondeggia davanti alla specchio, spolverando il pavimento e sproloquiando frasi in un francese o inglese maccheronico. Crudelia annaffia le ortiche sul balcone alle tre di notte,
    Crudelia, un mito e un concentrato di donna, raccolti in quattro ossa culminanti nella sua zazzera a caschè, la sua vecchia pelliccia di topo australiano e il suo fascino sigarettaio retrò anni ‘20.
    (dal web)






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  9. gheagabry
     
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    URSULA



    Ursula è l'antagonista principale del film Disney del 1989 La sirenetta. È doppiata da Pat Carroll nella versione originale, e dall'attrice Sonia Scotti nel doppiaggio italiano. È la strega del mare che, come dice il ritornello della sua canzone (Poor unfortunate souls in originale) "lei la gioia darà" alle tristi anime sole, mentre in realtà le sfrutta per ottenere ciò che vuole. Tiene esse imprigionate da un incantesimo che le rende piccole creature verdi e rugose, raggruppate in una sorta di "giardino" all'ingresso del suo covo. È una cecaelia, donna-polipo: nella parte superiore è quella di una donna obesa, con capelli bianchi e grigi e la pelle viola, nella parte inferiore è un grasso polpo nero coi tentacoli fucsia. È aiutata da Flotsam e Jetsam, due murene che lei chiama "i suoi adorabili piccoli spioni". Il modello a cui i disegnatori si sono ispirati per creare Ursula è il famoso cantante e attore travestito Divine.

    È la strega del mare che se apparentemente cerca di aiutare le persone in difficoltà, in realtà le sfrutta per ottenere ciò che vuole. Tiene esse imprigionate da un incantesimo che le rende piccole creature verdi e rugose, raggruppate in una sorta di "giardino" all'ingresso del suo covo. È una cecaelia (sebbene nella serie televisiva la sua specie è chiamata Octopunni), donna-polpo: nella parte superiore è quella di una donna obesa, con capelli bianchi e la pelle indaco, nella parte inferiore è un grasso polpo nero con sei tentacoli nero-violacei. È aiutata da Flotsam e Jetsam, due murene che adora quasi come se fossero i suoi bambini. Il suo covo si trova all'interno della carcassa di un'antica creatura marina. Nella sua forma umana (Vanessa) Ursula somiglia ad Ariel, con la differenza che ha i capelli bruni e l'aria più cattiva. Basta comunque uno specchio per rivelare la sua vera identità.




    Ursula appare per la prima volta ne La sirenetta nel 1989, meditando di usare Ariel per vendicarsi di Re Tritone, che l'ha cacciata dal palazzo reale. Sigla un contratto con Ariel, trasformandola in un'umana per tre giorni. In cambio la sirenetta le cede la sua voce, che la strega racchiude in una conchiglia. Vedendo poi che Ariel sta conquistando Eric e gli ha quasi rubato un bacio, Ursula decide di intervenire: si trasforma in una bellissima ragazza di nome Vanessa, e usa la voce di Ariel per irretire il principe Eric. Poco prima del matrimonio, quando l'inganno di Ursula è scoperto, la sirenetta parte alla riscossa, aiutata dai suoi amici animali. In particolare il gabbiano Scuttle manda in frantumi la conchiglia in cui è intrappolata la voce di Ariel, così che la giovane ottiene di nuovo la possibilità di parlare. Ora Ariel e Eric si possono riabbracciare... ma il sole tramonta sul terzo giorno e Ariel ritorna ad essere una sirena. Ursula, riconquistato il suo aspetto di polpo, la afferra e la trascina in mare. In seguito, dopo che Re Tritone scambia la firma di Ariel con la sua e dopo di che diviene un'anima perduta, uno strano esserino marrone, essa si impadronisce del tridente e si proclama "regina degli oceani". Fortunatamente, però, Eric, dopo una corsa contro il tempo per salvare Ariel dal tridente ora della megera, divenuta di dimensioni gigantesche, la trafigge alla pancia con la punta della sua nave, facendola morire dopo una brevissima agonia.





    La Canzone di Ursula

    Ursula: In passato sono sta un pò cattiva
    A una strega assomigliavo in verità
    Son cambiata sai però
    Non sono più cosi
    La vita mia è diversa credi a me!
    Oh si !
    Cè una cosa che ho sempre posseduto
    E il talento per i giochi di magia
    Ma ti prego non scherzar
    Io cerco di aiutar
    Le persone più infelici attorno a me!
    Patetico...
    Io la gioia darò
    A chi vorrà!
    Cè chi vuole dimagrire
    O chi soffre per amore
    E con me
    Guarirà!
    Oh io la gioia darò
    A chi vorrà!
    La pozione tutti vogliano da me
    Ursula aiuto
    Io dico
    Son qua!
    Ma non sempre va così se qualcuno
    Si è scordato di pagarmi
    L'ho punito
    L'ho punito
    Questo siii!
    Ma di solito però
    Sono una santa in verità
    Perchè io la gioia vi dò!
    Ariel: Ma se divento umana
    non potrò più stare con mio padre e le mie sorelle
    Ursula: E' naturale mia cara
    La vita è piena di scelte difficili
    Non te l'hanno detto!
    Non abbiamo discusso la versione del pagamento
    Non si può avere qualcosa, senza niente in cambio
    Ariel: Ma io non ho niente
    Ursula: Non chiedo molto..uhh
    Un compenso del tutto simbolico
    Una schiochezza...
    Una cosa di cui puoi fare a meno
    Quello che voglio da te
    ehhh la tua voce
    Ariel: La mia voce...
    ma senza la mia voce come potrò
    Ursula: Ma hai sempre il tuo bel faccino
    Poi non devi sottovalutare il linguaggio del corpo
    Agli uomini le chiacchere non piaciono
    Si annoiano a sentire bla bla bla!
    Sulla terra và cosi
    E le signore fanno in modo di
    Evitare di parlare un pò di più
    Ai maschi!
    La conversazione non fa effetto
    Il gentleman la evita se può
    Si innamorano però
    Di colei che sa tacer
    La donna un pò ritrosa troverà!
    Un uomo
    Che la conquisterà
    Ora fai la tua scelta
    Io non posso più sprecare
    Troppo tempo qui con te
    Voglio solo
    La tua voce!
    Io triste anima sola
    Tu sai
    Perchè
    E lo scotto da pagare
    Per avere ciò che vuoi
    Prendi fiato
    Fatti forza
    Firma questa pergamena!
    La flagemma non è mia
    Abbiam vinto ancora noi
    Su questa anima sola!
    Beluga, sevruga,
    Venite o venti del mar
    Larentius dlausi de maxlarigitis
    Ora canta...
    Cantaaaaa
    Ariel: Aaaaaaaahhhhhaaaaaaa



     
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  10. gheagabry
     
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    « Oggi ti convincerò che sono una strega! »
    (Nocciola parlando con Pippo)



    NOCCIOLA

    Universo Disney
    Nome originale Witch Hazel, poi Wanda Witch
    Autore Carl Barks
    Studio Walt Diseny Sudios
    Editore The Walt Disney Company
    1ª app. 1952
    Sesso Femmina
    Luogo di nascita Paese delle streghe
    Data di nascita 817 a.C.
    Professione strega
    Abilità magia



    La strega Nocciola non è stata inventata da Luciano Bottaro, ma è soprattutto grazie al Maestro di Rapallo che diventa uno dei character più interessanti dell'intero universo disneyano a fumetti.
    Witch Hazel, questo il suo nome originale, nasce ufficialmente il 10 ottobre 1952, quando nelle sale cinematografiche americane esce "Trick or Treat", un cortometraggio animato ambientato ad Halloween,diretto da Jack Hannah e sceneggiato da Roy Williams. Come consuetudine, il nuovo personaggio fa il suo ingresso quasi contemporaneamente anche nel mondo dei fumetti: il numero di novembre di "Donald Duck", un comic book edito dalla Western, ospita infatti una riduzione a fumetti della storia animata, affidata a Carl Barks. La trama è tutta giocata sul tentativo - inutile - di convincere Paperino che le streghe esistono; anzi, contro ogni evidenza, il papero vestito alla marinara la ritiene una complice dei nipotini nel tentativo di terrorizzarlo per ottenere i dolcetti che tradizionalmente vengono offerti durante l'autunnale festività. La storia, pur graziosa, non ottiene molto gradimento, tanto che, per molto tempo, nessun autore americano se la sente di riprendere il nuovo character, rischiando di farlo finire nel dimenticatoio.



    A ridare nuova vita a Nocciola ci pensa, pochi anni dopo, il giovane Bottaro, da poco entrato nella scuderia disneyana; colpito dalla versione italiana a fumetti ("Paperino e le forze occulte", "Topolino" 56, 1952), nel 1955 decide di recuperare il personaggio. Nella simpatica strega il Maestro intravvede fin da subito notevoli potenzialità espressive, ritenendola un ottimo veicolo per liberare il proprio talento umoristico, all'epoca già incontenibile. In questa operazione di rilancio, a cui partecipa a vario titolo anche Carlo Chendi, Bottaro cerca di esaltare l'originale frustrazione della simpatica strega, allo scopo di promuoverla ad attributo identificativo. Ma non solo: nella storia d'esordio, "Paperino e l'aspirapolvere fatato" ("Albi d'Oro" 13, 1956), Nocciola usa le sue arti magiche per stregare l'aspirapolvere di Paperino, affinché risucchi tutto il denaro dello zio per costringerlo a sborsare una generosa somma a favore dei Giovani Esploratori. L'opera di recupero è così avviata: da un lato il tormentone della crisi di identità, dall'altro un profilo psicologico più marcato e convincente rispetto a quello originale. Una strega che non solo non manifesta alcuna malvagità, ma che trasmette addirittura una simpatia e una bontà d'animo sorprendenti: magari userà mezzi forse non del tutto leciti e ortodossi (leggi incantesimi e magie varie), ma i suoi scopi saranno spesso nobilissimi.



    Incoraggiato da questo primo approccio, il Maestro inserisce Nocciola nel cast, seppure non da protagonista, dello straordinario "Dottor Paperus" ("Topolino" 188-189, 1958), probabilmente il capolavoro assoluto della produzione bottariana lato Disney.
    Bisognerà invece aspettare il 1960 per uscire dalla fase di studio ed entrare in una dimensione più matura, caratterizzata da risultati stilistico-narrativi di maggior pregio. Non del tutto soddisfatto del rapporto con Paperino, Bottaro decide di mettere sulla strada di Nocciola il candido Pippo, obbedendo probabilmente anche a un'inconscia ispirazione scaturita, molti anni prima, dalla lettura della storia di esordio di Eta Beta (Eega Beewa), insuperata creatura del duo Walsh-Gottfredson. In "The man of Tomorrow" (in Italia nota come "Eta Beta l’uomo del 2000", "Topolino" 1-5, 1949) uno dei leit-motiv della vicenda anticipa in qualche modo questo esperimento: il bizzarro aspetto e le curiose abitudini dell'improbabile omino proveniente dalla 'Pquarta Pdimensione', sbalordiscono l'intera Topolinia, eccezion fatta proprio per Pippo che per quasi tutta la storia arriva addirittura a negarne l'esistenza, nonostante possa vederlo, toccarlo e sentirlo!
    Allo stesso modo, il primo incontro 'italiano' fra Goofy e Hazel, che avviene in "Pippo e la fattucchiera" ("Topolino" 236, 1960), produce una situazione analoga: da una parte Pippo, l'ingenuità fatta persona, maggiormente pronto a credere alle più grandi panzane di questo mondo che non a fatti oggettivi, ma non alla realtà della buffa interlocutrice; dall'altra una strega in crisi di identità che tenta in ogni modo, facendo ricorso all'intero arsenale delle sue pratiche magico-illusionistiche, di convincerlo della sua effettiva 'essenza streghesca'. Ma invano, poiché l'amico di Topolino, rifiutando l'evidenza, si convincerà che chi gli sta davanti è solo una povera vecchietta un po' fissata e bisognosa di cure. Il tutto, è bene sottolinearlo, in una girandola irresistibile di gag a dir poco esilaranti.
    La storia ha così successo che, puntualmente, lo stesso anno esce "Pippo e i missili antimaliardi" ("Topolino" 262, 1960), in cui i due personaggi riprendono la loro battaglia personale, fatta di mirabolanti dimostrazioni magiche e di conseguenti disconoscimenti di attendibilità. Una storia, questa, con una trama più articolata; qui, infatti, Pippo, il Commissario Basettoni e Orazio cercano di risolvere l'enigma dei missili partiti da Capo Rimbombo, misteriosamente scomparsi e trasformati in una pioggia di caramelle. L'indagine non porterà a nulla, ma il lettore conoscerà ugualmente la soluzione del giallo: la responsabile è proprio Nocciola che, imbeccata dal Sindacato delle Streghe, distrugge i razzi subito dopo la partenza, in modo da non farli arrivare sulla Luna, luogo di elezione per i sabbah magici. Una metafora della paure della Bomba Atomica in piena Guerra Fredda che viene qui esorcizzata dal convinto pacifismo di Bottaro, con umorismo e fantasia.
    Negli anni successivi le vicende di Pippo e Nocciola ritornano in diverse storie: a titolo di esempio ricordiamo "Paperino e la pensione ai poveri diavoli" ("Topolino" 312, 1961), "Pippo e il fantasma migratore" ("Topolino" 319, 1962), "Pippo e il telescrocco" ("Topolino" 397, 1963), "Pippo e la bellissima strega" ("Topolino" 449, 1964), e molte altre. In questi lavori, accanto alla riproposta del classico tormentone fra i due personaggi (diventato ormai un vero e proprio segno di distinzione), Bottaro completa e affina il profilo psicologico e caratteriale di Hazel. Della strega il personaggio conserva soltanto gli stereotipi esteriori (cappellaccio a tuba, vestito d'ordinanza, mento e naso bitorzoluti), mentre il profilo caratteriale è totalmente fuori dalla norma. Nocciola cerca in continuazione di uscire dal cliché di strega brutta e scellerata, anche se quasi mai con successo. Un tormentone che per Bottaro non è solo una formidabile scusa per costruire situazioni esilaranti, ma anche un efficacissimo mezzo per delineare e affinare ulteriormente le caratteristiche dei suoi interlocutori, Pippo in primis, che dal confronto con la strega ne escono arricchiti e rafforzati.
    Una straordinaria evoluzione che interessa, ovviamente, anche l'aspetto grafico: se in "Paperino e l'aspirapolvere fatato" l'autore ricalca Barks e di Gottfredson (rispettivamente in Nocciola e in Basettoni), in seguito si sposterà sempre di più verso una reinterpretazione soggettiva, per arrivare all'inconfodibile tratto delle sue storie dei primi anni Sessanta. Trasformazione questa che va, ovviamente, oltre il personaggio qui in esame, ma che accompagnerà tutta la sua opera futura.



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  11. gheagabry
     
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    "Regina: Oh... e non vi siete offesa, Eccellenza?

    Malefica: Ma no, Maestà. E per mostrarvi che non serbo rancore, anch'io voglio porgere un dono alla bimba. Ascoltate tutti quanti! La principessa, in vero, crescerà in grazia e bellezza, amata da tutti coloro che la circondano. Ma... prima che il sole tramonti sul suo sedicesimo compleanno, ella si pungerà il dito con il fuso di un arcolaio, e morrà!"


    MALEFICA



    Malefica (Maleficent) è l'antagonista principale del film Disney del 1959 La bella addormentata nel bosco. È una crudele e potente fata, "Signora di tutti i Mali" e che, nella storia, brama vendetta nei confronti di Re Stefano e della sua sposa.

    Malefica appare come una persona sofisticata, calma e dalla parlata regale e signorile, tuttavia si nasconde un animo crudele, sadico, collerico e fortemente vendicativo. Non accetta sfide alla propria persona, arrivando a compiere vendette spaventose e mal sopporta l'incompetenza dei suoi sudditi, che arriva a punire con violenza per i loro fallimenti. Appare come un essere privo di emozioni al di fuori dell'odio, della rabbia e del rancore e, quando infuriata, si lascia andare a violentissimi scatti di rabbia. Oltre al potere, sembra che l'unica cosa che le dia una parvenza di gioia e di soddisfazione sia il compiere il male ai danni del prossimo. L'unica creatura per la quale Malefica sembra provare un minimo di affetto e di fiducia è il corvo Diablo, che apostrofa sempre con l'affettuoso epiteto "mio diletto".



    Malefica, incarna il Male, ed è molto potente. Apparentemente, parte dei suoi poteri derivano dallo scettro che porta con sè: è capace di controllare il fuoco, l'elettricità e gli agenti atmosferici, potendo lanciare fulmini e creando tempeste di gelo. Sembra inoltre capace di controllare le piante, come mostrato nel duello finale con Filippo; possiede capacità divinatorie, ha un legame simbiotico con il suo corvo, può lanciare maledizioni che non possono essere annullate per intero ed è un'abilissima mutaforma, riuscendo a trasformarsi in una sfera luminosa, in un arcolaio, in una cometa e soprattutto in un drago dal morso velenoso, mutazione che sembra rappresentare l'apice del suo malefico potere. E' immune al fuoco e alle armi mortali, tuttavia le armi magiche possono ferirla e ucciderla e, nel film del 2014, le viene attribuita anche una vulnerabilità al ferro, metallo noto per essere letale per gli esseri magici. Ha abilità fisiche superiori a quelle degli esseri umani, ha il potere di trasformare altri esseri viventi oltre a sè stessa, la telecinesi e l'emissione di raggi di energia



    Le Trasformazioni

    Umana. E’ lo stadio originale del personaggio. Una donna alta, con la pelle verde, gli occhi gialli e due lunghe corna nere sulla testa. Veste un ampio mantello nero all'esterno e violaceo all'interno; indossa anche un anello d'oro con incastonata una grossa pietra ovale nera. Infine porta con sé uno scettro con una sfera verde, attraverso il quale scaglia i suoi incantesimi.


    Drago. Questa forma è quella più potente della strega, che usa come ultimo asso nella manica per sconfiggere il principe Filippo. Si presenta con un corpo nero, con ventre viola, unghie affilate, 4 punte sul collo e altre sul dorso, con altre 3 sulla coda. Le ali trasparenti sono medio-grandi, ma il Drago non ha mai volato. Come abilità è capace di sputare fiamme verdastre-giallognole ed è capace di mordere. La strega non parla in questa forma ma ride e urla quando riceve la spada nel cuore. Le entrate in scena di Malefica sono letteralmente di “fuoco”: la stanze del castello si fanno buie, poi è un tripudio di fulmini e saette e… ecco la strega cattiva comparire avvolta da un fascio di fiamme verdi. Malefica non agisce d’istinto, ma decide di attuare per bene il suo piano di vendetta nell’arco di… 16 anni! «Prima che il sole tramonti sul suo sedicesimo compleanno, ella si pungerà il dito e morrà», questa è la profezia che la strega lancia sulla dolce principessa quando Aurora è ancora nella culla.



    Nell’immaginario comune Malefica è un personaggio iconico ma bidimensionale, senza sfumature: l’antagonista, il male, la malvagità, senza nessun appello. La Disney che, a distanza di più di mezzo secolo, decide di riabilitare una figura che non ha goduto fino ad oggi del beneficio di un’autodifesa. Le concede il diritto di raccontare la sua versione dei fatti. La protagonista, una fata dalle grandi ali, è un simbolo che riemerge dalla preistoria e dalla più importante divinità che veniva adorata 5.000 anni a.C., la dea madre, o dea uccello; l’archeologa Marija Gimbutas ritrovò molte statuette votive con le ali, il becco e talora le zampe. La dea madre è legata alla terra alla sua capacità nutritiva e generativa e alla natura, in quanto tale è dea sovrana degli animali e della vegetazione e come Malefica, difende le sue creature e le ama profondamente. Malefica è l’erede di una stirpe prolifica di creature affascinanti e temibili; vanta l’appartenenza a una genealogie di dee, dimenticate nel trascorrere lento dei secoli, ma di cui porta ancora intatte le fulgide insegne. Divinità potenti e selvagge, che dominano la vasta natura, il mondo vegetale e animale, la ciclicità vegetativa. In definitiva, la vita e la morte come realtà complementari e inscindibili, e il loro immenso mistero. In tempi arcaici era chiamata con molti nomi: la definizione che li racchiude tutti è Potnia. La Signora. Signora delle belve, dei serpenti e della vegetazione. I simboli di Malefica e le sue prerogative sono patrimonio prezioso della sua antenata più celebrata, Circe: come lei possiede il ràbdos, il bastone magico ricavato dal ramo di un albero sacro; Vive in una terra separata dal mondo degli umani, come Circe sull’isola Eea, dove le cose della natura possiedono un’anima e sono ammantate di sacra bellezza. Il corvo è il suo paredro, cioè compagno e servitore allo stesso tempo: lei lo trasforma a suo piacimento in essere umano, e poi all’occorrenza di nuovo in uccello, e gli assegna compiti e ricognizioni in volo.



    Stupisce come una creatura dolce e sensibile, una fata buona, si trasformi in una figura terrificante e cattiva. La dea madre primitiva era sia buona che cattiva, proprio come lo è la natura. Il personaggio femminile con le ali è immerso nella sovranità della natura contiene sia il bene che il male. Tutte le grandi divinità femminili arcaiche hanno questa doppia natura da Ishtar, dea babilonese sia dell’amore che della guerra, Iside, madre, moglie, temuta maga, Atena, la dea greca protettrice di Atene, delle arti e dei mestieri ma anche feroce e spietata dea della guerra, Ecate, la dea oscura della magia, potente e mortifera allora stesso tempo. Ma la figura che più si associa a Malefica, è Lilith, la prima moglie di Adamo, alla quale Dio uccise i figli a tradimento perché non voleva ubbidire al marito, divenne così uno spirito terribile, una signora dell’aria. Malefica viene tradita ingiustamente, sedotta, abbandonata e poi mutilata malvagiamente dall’uomo che amava, Stefano, che le taglia le ali per avere lo scettro del re. La barriera di spine gigantesca che divide i due regni quello delle fate da quello degli uomini è un simbolo che suggerisce quando l’animo e l’istinto ferito diventino fragili e vadano protetti dal mondo, ciò implica l’isolamento del mondo dell’anima, dopo un tradimento e un trauma doloroso: ci si isola e ci si difende. Stefano si perde nelle sue ossessioni di potere e, proprio come nel film, spesso perde lucidità e stima a causa del suo unico delirio di potere, diventa avido e senza cuore. Rifiuta persino di andare a salutare la moglie morente che lo supplica e quando rivede la figliola dopo sedici anni, prende il di lei abbraccio in modo distaccato. Malefica lancia il suo anatema al battesimo della figlia del Re Stefano, ma si accorge ben presto di amare la bambina e se ne occupa diventando una meravigliosa madre putativa, discreta, protettiva. Emergono le caratteristiche materne positive.

     
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