L'ENEIDE

di Virgilio

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  1. gheagabry
     
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    L'ENEIDE






    L'Eneide (latino Aeneis) è un poema epico, considerato il più rappresentativo dell'epica latina, scritto dal poeta e filosofo Virgilio nel I secolo a.C., tra il 29 a.C. e il 19 a.C.
    Il poema racconta la leggendaria storia di Enea, un principe troiano fuggito dalla città, dopo la conquista dei greci, che arrivò in Italia, dove diventò il precursore del popolo romano.


    VIRGILIO





    Publio Virgilio Marone (Publius Vergilius Maro), o semplicemente Virgilio, (70 a.C. - 19 a.C.) poeta latino.

    Nacque a Andes, un villaggio nei pressi di Mantova (nell'allora Gallia Cisalpina), corrispondente secondo la tradizione all'odierna Pietole, probabilmente in una ricca famiglia di agricoltori.
    Ebbe dal padre un'educazione, che lo portò studiare grammatica a Cremona e retorica a Milano, poi a Roma (53 a.C) e a Napoli, dove forse frequentò la scuola del filosofo epicureo Sirone epicureo.
    Non fece molti progressi nell'oratoria a causa del carattere e di difetti nella pronuncia, si dedicò quindi alla filosofia, alla medicina e alla matematica.

    Aderì alla corrente poetica Poetate novi. Ma gli orizzonti gli furono aperti dalla lettura del De rerum natura di Lucrezio: Virgilio vi trova il suo grande modello, pur non accettando la concezione intesa a negare l'immortalità dell'anima.

    Conobbe Mecenate ed entrò a far parte del suo circolo, che raccoglieva molti letterati famosi dell'epoca. Ebbe parecchi contatti con Augusto. Viene considerato il maggiore poeta di Roma e dell'impero.


    Dalle Bucoliche all'Eneide


    Le Bucoliche (o, ma meno correttamente, Egloghe) sono il primo testo che Virgilio ha sicuramente composto e rivelano frequentazioni epicuree. Le compose dopo il ritorno nella casa paterna (44 a.C.) fra il 42 e il 39 a.C.: in quest'opera, Virgilio allude più volte ai gravi avvenimenti del 41 AC, quando nelle campagne del Mantovano ci furono confische di terreni, destinati a ricompensare i veterani della battaglia di Filippi.

    Il periodo fu turbato da gravi disordini e Virgilio rievoca il dramma dei contadini espropriati. Pare che Virgilio stesso avesse perso nelle confische il podere di famiglia e l'avesse poi riacquistato per intervento di Ottaviano in persona, o di alcuni personaggi citati nelle Bucoliche e tutti coinvolti nell'amministrazione del territorio transpadano (due sono ben noti uomini di cultura: Asinio Pollione e Cornelio Gallo).

    Le Bucoliche non recano alcuna traccia del grande amico e protettore di Virgilio, Mecenate - l'ispiratore delle Georgiche - mentre vi ha notevole rilievo Pollione, destinato, però, a scomparire del tutto dall'opera di Virgilio. Subito dopo la pubblicazione delle Bucoliche, Virgilio entrò nella cerchia di Mecenate e quindi anche di Ottaviano.

    Negli anni d'incertezza e di lotta politica che precedettero la battaglia di Azio (31 AC), Virgilio lavorò all'elaborazione del poema georgico. Nel 29 AC, Ottaviano, di ritorno dall'Oriente, si fermò ad Atella, in Campania, dove Virgilio gli lesse le Georgiche che erano state da poco terminate. L'opera era composta da quattro libri e raccontavano la vita dei campi. Entrava nel disegno politico di Augusto che voleva ricondurre il popolo all'agricoltura, in quanto troppo incline all'ozio e alla corruzione.


    L'Eneide


    Negli anni seguenti, fino alla morte, il poeta si dedicò alla composizione dell'Eneide. Il poeta lesse alcune parti del poema al principe, ma, nel 19 AC, morì a Brindisi, di ritorno da un viaggio in Grecia, prima di aver concluso l'opera, e fu sepolto a Napoli sulla via di Pozzuoli.
    La sostanza vera e viva del poema è la glorificazione dell'impero romano, in Enea, suo mitico fondatore, e nella Gens Iulia, che da lui discese.
    L'Eneide doveva, per volontà del suo autore, essere distrutta, non essendo stata sottoposta alla revisione finale. Augusto intervenne per salvare il poema e affidò l'edizione del manoscritto a Vario Rufo, noto poeta, e Tucca, amici personali di Virgilio.
    L'Eneide fu pubblicata senza alcuna aggiunta o modifica, divenendo il poema sacro.


    Attività e riconoscimenti


    Fu l'unico scrittore classico sempre accettato dalla Chiesa e per questo ebbe un grande successo anche durante il medioevo. Ciò permise alle sue opere di essere tramandate completamente.
    La sua Eneide fu studiata nelle scuole e ha continuato ad esserlo per tutta l'era cristiana. La pietà naturale del poeta era evidente, al di sopra di ogni religione.
    Gli si attribuì infatti un ruolo di profeta mancato del cristianesimo, basandosi su un suo brano (IV Egloga) che parla della venuta di un bambino che avrebbe riportato l'età d'oro. Oggi gli studiosi sono più propensi a pensare che il bambino cui si riferisce Virgilio fosse in realtà l'allora giovane Ottaviano e non, come si credeva nel medioevo, Cristo.

    Ancor più sorprendenti gli ultimi versi del libro VI dell'Eneide, un presagio del nuovo destino di Roma. La Sibilla descritta da Virgilio (Eneide, libro IV) sostenne, nella letteratura cristiana primitiva, un ruolo simile a quello dei profeti dell'Antico Testamento.


    Opere


    * Bucoliche, dieci brevi componimenti in esametri, detti anche egloghe e composti fra il 42 AC e il 39 AC.
    * Georgiche, poema didascalico in quattro libri in esametri, completato nel 29 AC;
    * Eneide (Aenéis), poema epico in dodici libri, in esametri. Opera non portata a termine, i cui segni d'incompiutezza si ritrivano in qualche incongruenza, qualche ripetizione compositiva ed alcuni versi incompleti che Virgilio stesso chiamava tibicines, "puntelli".

    I testi poetici noti come Appendix Vergiliana sono in gran parte spuri: solo un paio di brevi componimenti potrebbero essere autentici e appartenere alla produzione giovanile.





    Storia della letteratura






    L'Eneide fu ben presto adottata come libro di scuola, mentre i detrattori si dedicarono a cercare frasi e concetti "rubati" ai predecessori tanto greci che latini. Queste ricerche ebbero un benefico effetto sullo sviluppo della filologia latina. Liste di "fonti" di Virgilio sono confluite fino ad autori tardi, come il famoso Grammatico del IV secolo Servio per i e costituiscono una vasta riserva di informazioni. Una pleiade di poeti minori imitò la tecnica virgiliana, e una parte di questo lavoro confluì, nel corso del I secolo DC, nella cosiddetta Appendix Vergiliana.

    La cultura cristiana nello sforzo di assimilare la letteratura pagana trovò in Virgilio il suo migliore punto di attacco. Tra i più vistosi fenomeni di assimilazione vi fu l'interpretazione cristiana della IV egloga, riletta come un simbolico annuncio dell'avvento del Redentore sulla terra. La cultura medioevale trasformò Virgilio in un sapiente, un mago, un profeta, trovando alimento in nuove letture condotte secondo il filtro dell'allegoria.

    L'Umanesimo cinquecentesco fece dell'opera di Virgilio uno stabile canone di riferimento. La riscoperta di Omero attualizzò il confronto Omero-Virgilio, che già era stato in auge nella cultura romana di età classica. I commenti virgiliani del Cinque-Seicento volsero il confronto a tutto detrimento di Omero.

    Il romanticismo capovolse tale giudizio, esaltando una poesia "spontanea" e nazionale, mentre in epoca totalitaria i regimi colsero in Virgilio un culto autoritario e bellicoso della romanità, ma con il mutato clima politico si riscoprì il "Virgilio poeta della pace".



    LA STORIA


    Alla morte di Virgilio il poema, composto da dodici libri, restò incompiuto; nel suo testamento aveva lasciato detto di bruciarlo nel caso non fosse riuscito a completarlo, ma Augusto si oppose personalmente e, a sua volta, ordinò a Vario, uno dei migliori amici del poeta, di curarne la pubblicazione.
    Il motivo della pubblicazione da parte dell'Imperatore era dovuto al fatto che Virgilio aveva scritto il poema con il proposito di realizzare un'opera capace di celebrare allo stesso tempo, sia i motivi ideali e le qualità morali che avevano contribuito alla costruzione dell'impero di Roma, sia la presunta discendenza divina della Gens Iulia, ossia la famiglia cui apparteneva lo stesso Augusto, che in quel momento era alla guida dell'Impero romano.
    Di qui, la scelta di Virgilio di narrare le mitiche vicende di Enea, figlio di Anchise e della dea Afrodite, il quale, oltre ad essere considerato "padre" dei Romani in quanto fondatore della città laziale di Albalonga, dalla quale sarebbero giunti i primi abitanti di Roma, veniva anche considerato, da parte della Casa Giulia, come il suo più celebre antenato.

    Secondo la leggenda, Virgilio scriveva soltanto tre versi al giorno.
    Nel XV secolo ci furono due tentativi di scrivere un'aggiunta all'Eneide, per renderla più completa; per primo ci provò Pier Candido Decembrio, ma non non lo portò mai a termine. Il secondo tentativo fu del poeta Maffeo Vegio, che ebbe più successo e fu spesso inserito nelle edizioni rinascimentali del poema con il titolo di Supplementum.

    I primi sei libri del poema narrano la storia dei viaggi e le peripezie di Enea, da Troia all'Italia, questa parte somiglia molto all'Odissea; nella seconda parte si racconta della guerra tra i Troiani e i Latini, con richiami evidenti all'Iliade e alla fine la vittoria dei Troiani contro i Latini, nome con cui saranno riconosciuti in seguito Enea e i suoi sostenitori.



    Le Divinità



    Venere, è la madre di Enea che fa sbocciare l'amore tra Enea e Didone.
    Giunone, divinità avversa e nemica principale di Enea, gelosa del suo successo.
    Giove, garante del Volere e del Fato, più che un dio, compare come un'entità astratta e imparziale che rappresenta l'equilibrio.
    Poseidone, Eolo, Mercurio, Dei Latini e originari del Lazio, che servono per realizzare il volere maggiore.


    Enea



    Il personaggio principale dell'Eneide è Enea, un eroe eletto dagli dei, infatti viene definito "pio". Enea è un capo maturo e responsabile che si assoggetta completamente al volere degli dei, rispetta suo padre Anchise, è premuroso con il figlio, è sincero e corretto ma spesso ha momenti di incertezza e di dubbio; per tutto questo Enea è considerato il simbolo delle virtù della romanità, cioè:

    - Coraggio
    - Lealtà
    - Giustizia
    - Clemenza
    - Devozione verso gli dei
    - Pazienza
    - Elevato senso civico

    Enea non rappresenta i personaggi di Omero, Achille ed Ulisse, perché si affida al fato per proseguire nelle sue imprese e pur essendo forte e coraggioso, non cerca guerre.


    L'Eneide e l'ambientazione circostante


    L'Eneide è ambientata in luoghi molto diversi tra loro infatti si svolge in parte in Oriente e in parte in Occidente; si avvicendano dettagliati paesaggi naturali a città, fino a le regge di Priamo e di Cartagine.

    Il poema fu composto nel momento in cui a Roma si stavano verificando grandi cambiamenti politici e sociali, in quanto dopo la caduta della Repubblica, la guerra civile aveva scosso fortemente la società e il ritorno alla pace e allo sviluppo, dopo tanti anni di guerre, stava cambiando il modo di confrontarsi con le varie categorie sociali e usanze culturali.
    Per affrontare questa situazione, l'imperatore Augusto cercava di riportare Roma verso i valori morali tradizionali; l'Eneide raccontava nei suoi contenuti queste intenzioni, infatti Enea è raffigurato come un uomo dedito allo sviluppo del suo paese, anziché interessato ai propri problemi, ciò ha reso possibile arrivare alla fondazione e alla gloria di Roma.
    Attraverso l'Eneide si cerca di confermare l'autorità di Giulio Cesare e del figlio adottivo Augusto e dei suoi discendenti, infatti il figlio di Enea, Ascanio, detto anche Ilo, da Ilio, altro nome di Troia, viene rinominato Iulo da Virgilio e viene definito un antenato della gens Iulia, la famiglia di Giulio Cesare. Durante il viaggio nel mondo sotterraneo dei morti a Enea viene predetta la futura grandezza degli imperiali discendenti di Roma. Successivamente riceve da Vulcano un'armatura e delle armi e uno scudo decorato con immagini del futuro di Roma dove vengono rappresentanti gli imperatori, tra i quali Augusto.
    Nell'Eneide l'onore e la dignità dei Romani si salvano attraverso la descrizione del rapporto tra Troiani e Greci.
    I Troiani erano considerati gli antenati dei Romani, mentre i Greci, che avevano assediato e distrutto Troia, erano i loro nemici; ciò nonostante all'epoca in cui l'Eneide fu scritta, i Greci erano un popolo che faceva parte dell'Impero Romano, allo stesso tempo era assoggettato ma anche rispettato e considerato per la sua cultura e civiltà. Si sosteneva infatti che i Greci avevano battuto i Troiani soltanto grazie al trucco del cavallo di legno e non con una battaglia sul campo.



    Temi Trattati nell'Eneide


    Nell'Eneide si ritrova come tema principale il concetto filosofico della contrapposizione.
    La più evidente è quella tra Enea, guidato da Giove, che rappresenta la pietas, cioè la devozione e la capacità di ragionare con calma, e Didone e Turno, guidati da Giunone, che impersonano il furor, cioè agire seguendo le emozioni e senza ragionare.
    Le altre contrapposizioni si trovano nel Fato contro l'Azione, in Roma contro Cartagine, nel maschile contro il femminile ed infine tra Enea, simile ad Ulisse nei libri I-VI contro Enea simile ad Achille nei libri VII-XII.
    La pietas era considerata la qualità più importante di ogni cittadino romano, che doveva rispettare vari obblighi morali, verso gli dei, la patria, i propri compagni e la propria famiglia, soprattutto nei confronti del padre. Questa riforma morale sostenuta da Augusto era volta a dare dei buoni esempi alla goventù romana. Uno dei temi affrontati nell'Eneide è proprio lo studio delle relazioni tra padri e figli: Enea e Ascanio, Anchise ed Enea, Evandro e Pallante, Mesenzio e Lauso.
    Tema fondamentale dell'Eneide è insegnare che attraverso la pietas gli uomini devono accettare le azioni degli dei come parte del destino, infatti Virgilio, tracciando il personaggio di Enea si riferisce ad Augusto e propone che gli dei realizzano i loro piani attraverso gli uomini, Enea aveva il compito di fondare Roma, Augusto doveva governarla e tutti e due dovevano sottomettersi a quello che era il loro destino.


    Il Successo dell'Eneide



    L'Eneide ebbe da subito molto successo, anche nelle scuole, infatti prima della sua pubblicazione venne accolta da Properzio come un'opera che avrebbe superato all'Iliade. Durante il Medioevo fu interpretata in modo metaforico dal punto di vista cristiano. Dante Alighieri scelse Virgilio come sua guida nella Divina Commedia, definendolo maestro di vita e d'arte.
    I poemi cavallereschi del Cinquecento presero spunto dall'Eneide, infatti Ludovico Ariosto, nell'Orlando furioso, fece riferimento a Eurialo e Niso per l'episodio di Cloridano e Medoro, mentre Torquato Tasso, prese come modello l'Eneide per il suo poema epico cristiano, la Gerusalemme liberata.




    Fonte Eneide.it
     
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