GIRAFFE, ANTILOPI, ELEFANTI....

..ANIMALI DELLA SAVANA

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  1. ZIALAILA
     
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    UNO DEI BIG 5 : IL RINOCERONTE


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    Con il suo massiccio corpo muscoloso , il corto collo e i magnifici corni ,il RINOCERONTE sembra quasi un animale preistorico e di fatto non è cambiato molto dall'epoca in cui apparve ( l' Oligocene ) 40 milioni di anni fa .
    la sorprendente agilità di movimento nonostante la poderosa mole e la presenza minacciosa di uno o due corni sulla regione nasale , fanno apparire invincibile il rinoceronte .
    Oggi esistono 5 specie di rinoceronti :
    i rinoceronto dell' Africa il nero e il bianco
    il rinoceronte di Sumatra
    il rinoceronte dell' India
    il rinoceronte di Giava .

    I corni del rinoceronte non sono fatti di corno cioe' non hanno un nucleo osseo ma sono costituiti da filamenti strettamente ammassati e incredibilmente robusti formati da peli modificati quindi il loro costituente essenziale è la cheratina .
    La taglia dei corni varia da specie a specie : il corno anteriore del rinoceronte bianco africano può crescere fino a due metri .
    Frequentare acque stagnanti e guazzare nel fango fa parte delle abitudini del pachiderma .

    Il rinoceronte bianco dopo l' elefante è il più grande mammifero terrestre vivente .
    Tra i rinoceronti il più piccolo è quello di Sumatra che pesa soltanto 1000 kg. mentre il più pesante è il rinoceronte bianco che può arrivare al peso di 3600 kg.

    Malgrado rare manifestazioni di aggressività i rinoceronti conducono una vita dal ritmo lento : trascorrono gran parte del tempo mangiando , dormendo e guazzando nel fango .
    L'aspetto minaccioso nasconde in realtà una natura pacifica : essendo esclusivamente erbivoro passa il suo tempo a pascolare nelle savane .
    Sebbene la mole e la possanza del pachiderma non possano di per se ' non impressionare in realta' è proprio il rinoceronte a fuggire davanti a un pericolo piuttosto che affrontarlo .
    Le occasionali manifestazioni di aggressività del rinoceronte nero sono prevalentemente dovute alla sua vista poco sviluppata : per capire se ciò che ha dinanzi è una minaccia o meno , tende a scagliarsi contro qualsiasi cosa veda .
    I rinoceronti sono sorprendentemente agili : corrono a grande velocità - fino a 50 km. orari anche se non possono mantenerla a lungo .
    I rinoceronti delle specie asiatiche sono inoltre eccellenti nuotatori
    Come la maggior parte dei mammiferi privi di pelo preferiscono trascorrere per lo più il tempo rotolandosi nell' acqua e nel fango per evitare il caldo .
    Quando riemergono sono coperti da un mantello fangoso che li protegge dai parassiti e dai raggi solari .
    I rinoceronti trascorrono in solitudine o in piccoli branchi la loro tranquilla esistenza : il legame tra madre e figli è uno tra i più forti nel mondo animale rimanendo i cuccioli con la madre per anni .


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  2. ZIALAILA
     
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    I RINOCERONTI ASIATICI

    Tutte e tre le specie di rinoceronti asiatici sono sull'orlo dell'estinzione: il rinoceronte indiano (Rhinoceros unicornis) e il rinoceronte di Giava o della Sonda (Rhinoceros sondaicus), ambedue con un solo corno, e il rinoceronte di Sumatra (Dicerorhinus sumatrensis).
    Quest'ultimo è il più piccolo dei rinoceronti (1,10-1,40 metri al garrese) ed è l'unico con il corpo ricoperto parzialmente di peli. Anticamente erano diffusi in tutta l'Asia meridionale e sud-orientale, ma si trovano oggi soltanto in piccole aree isolate. Gli ultimi rinoceronti indiani (circa 2.400 individui) si trovano nelle riserve paludose in India nord-orientale (circa 1.500), Bhutan e Nepal oltre che in Bangladesh e in Pakistan dove è stato reintrodotto.

    In passato il rinoceronte indiano era distribuito lungo un’ampia fascia geografica, estesa dal Pakistan al confine con il Myanmar. Nel corso degli anni la specie ha subito un drammatico declino e l’areale attuale è costituito da un insieme di piccoli nuclei sempre più isolati tra loro, localizzati nell’India nord-orientale, Nepal e Bhutan. Tra tutti i rinoceronti asiatici, il rinoceronte indiano è quello meno minacciato: negli ultimi anni il numero di individui è aumentato progressivamente e grazie a diversi progetti di traslocazione oggi il rinoceronte vive in aree dalle quali era stato estirpato. Si stima che in natura ci siano attualmente circa duemila esemplari di rinoceronte indiano

    I rinoceronti di Giava e di Sumatra preferiscono le fitte foreste pluviali. Quello di Giava sopravvive con una popolazione di appena 40-60 individui nel Parco Nazionale di Ujung Kulon all'estremità occidentale di Giava, mentre pochi anni fa un nucleo di 8 individui è stato trovato nell'attuale Riserva Naturale di Cat Loc in Viet Nam. Il rinoceronte di Giava è considerato il più raro dei grossi mammiferi. Del rinoceronte di Sumatra ne restano circa 300, in piccole popolazioni sparse nell'isola di Sumatra (circa 200), nel Borneo, penisola Malese, Birmania e forse Tailandia. Il declino dei rinoceronti asiatici è dovuto principalmente all'eccessiva richiesta del corno. Le popolazioni sono così ridotte e frammentate che l'estinzione le minaccia, anche a causa del basso numero di adulti riproduttori. Altra minaccia è la distruzione dell'habitat.



    I RINOCERONTI AFRICANI

    Due specie, ambedue con due corni, vivono in Africa: il rinoceronte nero (Diceros bicornis) e il rinoceronte bianco (Ceratotherium simum).

    Il rinoceronte nero è in grave pericolo di estinzione: si trova nell'Africa centro-occidentale, centro-meridionale e orientale, mentre pochi individui restano a nord della cintura di foreste pluviali in Camerun.


    Il rinoceronte bianco è il più grosso animale terrestre dopo gli elefanti, potendo raggiungere i 2 metri di altezza al garrese e un peso di oltre 3 tonnellate. In effetti è grigio, non bianco: il nome probabilmente deriva da un'errata traduzione in inglese del nome boero "wijde" (pronuncia: "uàid") che vuol dire "largo", dalle sue labbra squadrate (il rinoceronte nero ha il labbro superiore appuntito).
    Questo termine è stato impropriamente tradotto con "white" (bianco) invece che con "wide" (largo). Alla fine dell'’800 il rinoceronte bianco meridionale (Ceratotherium simum simum) era stato considerato estinto. Alcuni sopravvissuti furono scoperti in Namibia e in Sudafrica, e grazie alla severa protezione, oggi ve ne sono circa 10.400 in aumento. La situazione della sottospecie di rinoceronte bianco settentrionale (Ceratotherium simum cottoni) è invece assai precaria: ve ne sono solo 30, tutti nel Parco Nazionale Garamba in Congo, oltre a una decina in cattività. Venti anni fa ve n'erano ancora meno: fra 12 e 15. Anch'esso grigio, il rinoceronte nero è più piccolo: è alto m 1,50-1,60 e pesa fino a 2 tonnellate. Non ne restano in Africa che poco più di 2.700, soprattutto in Namibia, Zimbabwe, Sudafrica, Kenya e Tanzania. Negli anni '70 erano circa 65 mila! Ambedue le specie africane preferiscono la savana aperta. Il rinoceronte nero è in genere solitario e aggressivo se disturbato, quello bianco è più sociale e tranquillo.


    FONTE : WWF





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    rinoceronte bianco africano



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    rinoceronte nero africano


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    rinoceronte di Sumatra


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    rinoceronte indiano


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    rinoceronte di Giava
     
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  3. ZIALAILA
     
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    ALLARME RINOCERONTI


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    In Africa esistono 2 specie di rinoceronti: bianco e nero a serio rischio di estinzione
    Nel 1970 la popolazione totale dei rinoceronti ammontava a 70.000 esemplari. Nel 2007 si parla di appena 11.000 fra bianchi e neri.


    Perché uccidere un rinoceronte? Ce lo siamo chiesti, sinceramente e, la risposta, ci ha sconcertato. I rinoceronti vengono uccisi - anche nelle riserve e nei parchi nazionali - per un corno . Sì, perché secondo alcuni il loro corno ha poteri afrodisiaci e per fare propri tali poteri c'è chi è disposto a pagare qualsiasi cifra .Un altro motivo è che i loro corni i vengono utilizzati dalla medicina asiatica tradizionale come rimedio per svariate malattie. Al corno di rinoceronte, infatti, così come al corno di antilope, la medicina orientale attribuisce proprietà benefiche nella cura di febbre, malaria, epilessia e molti altri disturbi di natura più o meno grave, facendo di esso uno degli ingredienti più utilizzati per farmaci e pomate di vario tipo.


    Il corno del rinoceronte è fatto di tessuto cheratinizzato (simile alle nostre unghie), difficile da lavorare e per nulla estetico.

    In Yemen il corno viene usato come impugnatura dei pugnali da cerimonia e ha rappresentato per molto tempo un vero e proprio status simbol, incastrato nel manico dello jambia, il pugnale a sciabola, che ogni uomo, per essere definito tale, dovrebbe portare. .

    A causa dell’incredibile richiesta di corna oggi ogni chilo di corno ha un valore pari a 10.000 dollari americani (metà del valore dell’oro) e molti personaggi sono interessati al mercato nero di questo bene di lusso.

    L '’Interpol ha stimato che dopo il traffico di armi e quello di droga, il mercato degli animali e delle loro parti è il terzo più redditizio del mondo illegale, un vero business che, a differenza dei primi due, nessuno conosce e che in pochi cercano di arrestare perché definito “meno importante”.

    I ranger dei parchi africani hanno incominciato a tagliare il corno dei rinoceronti, tattica che si è rivelata inutile per due motivi: primo perché il corno è uno strumento sociale e di difesa fondamentale per i rinoceronti, secondo perché i bracconieri preferiscono abbattere gli esemplari senza corno per non rischiare di perdere tempo nel seguirne le tracce.
    Lo spostamento degli esemplari in zone più sicure è un altro mezzo di protezione ma anche questa strategia è dannosa perché rende particolarmente nervosi i pachidermi che tendono a non accoppiarsi anche per anni a causa dello stress subito, aumentando il rischio di estinzione.

    L’unico strumento utile è proprio quello di vigilare 24 ore al giorno gli esemplari rimasti realizzando anche dei piani formativi e di addestramento del personale che si occupa dello loro salvaguardia .

    Per migliorare il controllo di questi animali , come avviene in Kenia e in Namibia , il trucco e' riuscire a concentrare i rinoceronti in piccoli parchi, piu' facilmente controllabili o offrire possibilita' di sopravvivenza alternative ai bracconieri. Da un po' di tempo, malgrado le difficolta' di reperimento, il prezzo di mercato del corno e' stabile o viene addirittura dato in calo. Merito soprattutto delle campagne di sensibilizzazione che hanno portato, ad esempio, la domanda dello Yemen a contrarsi negli ultimi anni. I corni dei bufali e delle antilopi costituiscono poi un' alternativa sempre piu' accettata in Oriente. I Paesi responsabili della richiesta dei corni a scopo farmacologico, ossia Cina, Taiwan, Yemen e Corea hanno poi recentemente adottato una serie di provvedimenti nazionali e internazionali che dovrebbero, forse, bloccare questo commercio.

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  4. gheagabry
     
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    “In Africa,ogni mattina, una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre veloce perché altrimenti il leone la mangerà.

    In Africa, ogni mattina, un leone si sveglia e sa che dovrà correre più veloce della gazzella perché altrimenti morirà di fame.

    In Africa, ogni mattina, non importa se sei una gazzella o un leone: COMINCIA A CORRERE!!!”

    -ALDO, GIOVANNI e GIACOMO-

     
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  5. gheagabry
     
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    Se Ne È Andato L’Ippopotamo Più Vecchio D’Europa


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    si chiamava Pippo e viveva nel Parco Faunistico Natura Viva di Bussolengo (VR). un circo lo aveva donato al parco nel 1969 (che allora si chiamava Parco Zoo Del Garda), anno della sua apertura, si calcola che nel corso degli anni lo abbiano visitato almeno 3 milioni di bambini. .

    la sua reale età non è certa, tuttavia si pensa che abbia raggiunto e superato i 50 anni, (massima longevità per la specie) e per questo viene considerato l’ippopotamo più vecchio (almeno) d’Europa. la sua continua convivenza con l’uomo lo aveva reso talmente docile che non ha mai potuto vivere in mezzo ai suoi simili, che sono caratteristicamente molto aggressivi. il Natura Viva si appresta a festeggiare quest’anno i 40 anni di attività, e pur ospitando 1.500 animali di 200 specie diverse, considera Pippo come una mascotte e in sua memoria progetta una speciale iniziativa a breve.

    24 Gennaio 2009
     
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  6. gheagabry
     
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    La paura degli elefanti per i topi è da tempo un luogo comune che è patrimonio di tutti, ma adesso si è scoperto che temono persino le formiche. I ricercatori dell’università del Flurida, in collaborazione col Mpala Research Centre in Kenya, hanno scoperto come le formiche agiscano da ‘guardie del corpo’ per alcuni alberi e piante, riuscendo a incutere timore agli enormi pachidermi, tenendone a bada la voracità, in modo da salvaguardare le specie protette. In particolare, quando gli elefanti sentono l’odore delle formiche sui tronchi dell’Acacia drepanolobium, una pianta di cui i pachidermi sono molto golosi a causa della qualità delle foglie, evitano di avvicinarsi. L’acacia della savana è una pianta che vive in stretta simbiosi con le formiche. Tra questi due esseri vige una sorta di patto: le formiche difendono l’albero, nel quale vivono, spruzzando sostanze irritanti verso gli erbivori che si avvicinano per mangiarne le foglie. In cambio, l’albero offre protezione, all’interno di comode spine a forma di bulbo, in cui nidificare, oltre che alimenti, sotto forma di nettare. Lo studio si è svolto presso il Laikipia District e ll Tsavo National Park, entrambi in Kenya. L’elefante è attualmente presente in 37 diversi stati dell’Africa, potendo contare su una popolazione complessiva di almeno mezzo milione di individui. L’elefante della savana costituisce, in particolare, la più grande tra le specie di elefanti del nostro pianeta.


    DAL WEB
     
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  7. gheagabry
     
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    Perché l’elefante è così grande



    Narra una leggenda africana che, all’origine del mondo, l’elefante aveva la statura degli altri animali, nonostante ciò era il più prepotente, voleva comandare su tutti ed essere servito e riverito come un re.

    Gli abitanti della savana, stanchi delle sue prepotenze, si riunirono di nascosto in assemblea e dissero:

    - Non vogliamo più sopportare le angherie dell’elefante, tutti noi viviamo nel terrore, ogni protesta e ogni ragionamento non sono serviti a niente. E’ ora che facciamo qualcosa per fargli capire le nostre ragioni.

    Discussero a lungo fino a che, di comune accordo, decisero di dargli una sonora lezione. Invitarono il prepotente in un’ampia radura dove gli avevano apprestato un ricco banchetto per abbonirlo e per tenerlo occupato. L’elefante aveva accettato ben volentieri, tutto contento di essere così ossequiato; mentre era assorto a gustare il pranzo, gli animali lo circondarono e cominciarono a dargli tante botte con le zampe e con le corna sino a gonfiarlo tutto, da capo a piedi!

    Il malcapitato, alquanto malconcio, andò a tuffarsi nel vicino fiume per dare refrigerio alle tante ferite che aveva sul corpo. Gli ci vollero parecchi giorni per guarire e, quando i dolori furono passati e le piaghe rimarginate, l’elefante, specchiandosi nell’acqua del fiume, vide che il suo corpo era rimasto tutto gonfio, enorme, pesante! Soltanto le orecchie erano rimaste come prima e certamente non facevano bella figura in quel suo grande testone!

    Era diventato il più grande animale della savana, ma il suo potere era finito! Ora non avrebbe più potuto comandare nemmeno sugli animali più piccoli perché la sua grande mole avrebbe ricordato a tutti la lezione avuta nella radura. E fu così che l’elefante, da quel giorno, prese a camminare con le orecchie abbassate… per la vergogna.



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  8. gheagabry
     
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    "Gli animali che vivono una vita semplice e libera non muoiono di fame, fra loro non si trovano ricchi e poveri, chi mangia molte volte al giorno e chi non ha da sfamarsi..queste differenze esistono solo in mezzo agli uomini. E tuttavia continuiamo a crederci superiori agli animali" Gandhi



    Conosciamo....




    L'ELEFANTE



    Un tempo i cieli erano popolati di elefanti. Troppo pesanti per il volo, spesso urtavano le cime degli alberi, spaventando gli altri animali. Un giorno queste creature gentili decisero di rinunciare alle proprie ali e di trasferirsi sulla terra… le stelle che vediamo brillare nella notte sono elefanti che sognano:
    anche nel sonno tengono l’occhio spalancato per meglio vegliare su di noi.
    Gregory Colbert





    «“L’elefante è una nuvola che cammina sulla terra” […]. Pare infatti che la virtù magica per eccellenza dell’elefante fosse quella di produrre le nuvole. Questo nel beato tempo dei primordi quando possedeva le ali. Volante e capace, come le nuvole, di assumere qualsiasi forma, l’elefante volteggiava nell’aria e si posava sugli alberi neanche fosse un uccello. Ma un giorno un ramo, su cui si erano appollaiati in troppi, si spezzò e le bestie alate caddero pesantemente schiacciando alcuni asceti raccolti intorno al maestro Dirgathapas. Senza darsi pensiero del crimine commesso, quegli allegroni andarono subito a posarsi svolazzando su un altro ramo. Grande fu l’ira del maestro, Dirgathapas era un asceta molto suscettibile. La sua maledizione si scatenò contro gli elefanti che da quel giorno persero le ali e furono costretti a servire l’uomo sulla terra. Conservando però molta della regalità perduta, non per niente sono le colonne dell’universo: lo sostengono nei quattro punti cardinali e in quattro punti intermedi.
    Da cui la celebre domanda filosofico-teologica: chi sostiene l’elefante?»
    Sandra Petrignani



    Gli Elefanti sono mammiferi Proboscidati appartenenti alla famiglia degli Elefantidi (Elephantidae - Gray, 1821).Sono i più grandi animali terrestri Vivono normalmente fra i 50 e i 70 anni, ma l'elefante più longevo di cui si ha notizia ha raggiunto gli 82 anni L'esemplare più grosso mai trovato fu ucciso in Angola nel 1956: era un maschio di 12.000 kg di peso, per un'altezza alla spalla di 4,2 metri (un metro più alto della media dell'elefante africano) Tradizionalmente la famiglia si considerava costituita da due specie, l'elefante indiano o asiatico (Elephas maximus) e l'elefante africano (Loxodonta africana) Recentemente è stata identificata una terza specie (precedentemente considerata una sottospecie di L africana), l'elefante africano delle foreste (Loxodonta cyclotis). Gli elefanti sono animali di grande mole, con occhi relativamente piccoli e grandi orecchie mobili; sono dotati di 2 zanne prominenti (da cui si ricava l'avorio) e di una proboscide, derivata dalla fusione di naso e labbro superiore: un organo molto versatile, prensile, dotato di numerose terminazioni nervose.
    Gli elefanti hanno un udito e un olfatto sviluppatissimi, che compensano una vista piuttosto debole.Gli elefanti sono dotati di una proverbiale memoria; individui addomesticati hanno mostrato di poter riconoscere una persona anche a distanza di anni.



    L’elefante (in sloveno “slon”) è un animale eccezionale che gli europei hanno visto raramente prima dell’istituzione dei primi giardini zoologici pubblici (i primi sono quello di Vienna, istituito nel 1779, e quello di Londra del 1828). In precedenza, ad eccezione degli elefanti da guerra di Annibale, nessuno sulla sponda europea del Mediterraneo conosceva questo animale. Possedere un animale esotico, quale un elefante, una tigre o un leone, era simbolo di ricchezza e potenza, ad appannaggio esclusivo dei più alti ranghi dell’aristocrazia. Nel 1552 l’arciduca austriaco Massimiliano II aveva 25 anni. Da poco sposato con Maria di Spagna, stava per diventare imperatore del Sacro Romano Impero. Partito dalla Spagna, portava con sé anche i regali di nozze, tra i quali c’era anche un elefante di nome Solimano. Il sultano Solimano il Magnifico era a quell’epoca il peggiore nemico dell’Austria e addomesticare un animale così possente come l’elefante Solimano aveva sicuramente un significato simbolico. Durante il suo viaggio Massimiliano si fermò anche a Lubiana e gli abitanti della città rimasero ammaliati dal possente animale. Nel luogo dove riposò l’elefante Solimano fu successivamente costruito l’Hotel Slon e, poiché il ricordo di Solimano si manteneva vivo, la locanda prima e l’albergo poi furono denominati Pri Slonu (“all’elefante”).





    "Memoria d'elefante non perdona.
    Il pachiderma s'è fermato d'un tratto e con lo sguardo offeso, a testa bassa si è scrollato di dosso il canestro, quanto c'era dentro e a dire il vero era ben poco...e me, la farfalla. Orgoglioso animale l'elefante. Si è bagnato, rotolato per bene nel fango poi mi ha gettato un immane spruzzo d'acqua dritto in faccia. - Saccente farfalla. Cosa vuol dire sono aerea creatura? Orgogliosa vanitosa, sciocca farfalla. Ho piedi ben piantati in terra io. Non sono come te che continui a fuggire, che non trovi mai pace, che corri leggera e che ti si nota per solo qualche fulmineo istante. Io sono qui. Se barrisco si sente. Non frullo le ali, ma ho voce grossa e autorevole, ho larghi poderosi fianchi e sono utile, animale adatto al lavoro. Tu farfalla così fragile ed esile, hai insultato il mio umile lavoro. Vanitosa creatura, se solo volessi...se solo non sapessi io essere tanto delicato quanto tu sembri esserlo. Che male c'è nell'essere lavoratore? Tu dici che il mio lavoro è prosa della vita, tu denigri il mio passo pesante. Lo cambierà farfalla il mondo il tuo frullo d'ali o il mio impegno?
    Ammetto di aver avuro paura, quando con un tonfo sordo ha alzato la zampa sopra i miei colori...
    Ho pensato:"E' finita! Non c'è più cielo da solcare, nè mare da sorvolare!"
    L'ha abbassata poco più in là, di qualche millimetro. Ha abbassato le orecchie, chiuso gli occhi e barrito come un animale ferito, meglio perso, smarrito e mi ha detto:
    "Vola, farfalla, vola, ma ricorda gli elefanti hanno buona memoria, crea pure versi con le tue ali, frulla sui fiori, frulla nel cielo, ti ascolto. Struggente è il tuo canto, ad altri, per cui tu non hai ali abbastanza possenti per raggiungerli in volo, reciterò i tuoi versi, nel mio lento cammino, durante il mio lavoro quotidiano. Dovunque poggerò il piede, lascerò traccia, racconterò di quanto felice ero un giorno, quando sulla mia groppa s'era, tra tante cose, appoggiata anche un'aerea creatura, che frullando le ali sopra di me trascorse la sua breve vita. Io che più a lungo di te vivrò, io pachiderma con le zanne d'avorio, di cui gli uomini hanno gola, per sempre di te farfalla farò memoria. Tu sei la vita, io sarò storia".
    Altro non disse, quasi piangeva.
    Ho visto come può essere leggero il cuore di un elefante, come dentro anche un pachiderma non sia pesante. Sulla sua groppa ancora...con delicato rispetto mi poserò ancora di tanto in tanto ricambiando la sua fatica col mio affetto.
    Questione mi dice lui di rispetto."
    (Dal web)






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  9. gheagabry
     
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    Due cose mi hanno sempre sorpreso:
    l'intelligenza degli animali e la bestialità degli uomini.
    Tristan Bernard



    IPPOPOTAMO




    L'Ippopotamo è un grosso mammifero erbivoro africano (è il terzo mammifero terrestre più grande esistente, dopo l'Elefante africano e il Rinoceronte).
    Della sua specie ne esiste solo un altro tipo:l'Ippopotamo Pigmeo che è molto più piccolo di lui.
    Ippopotamo deriva dal greco e significa cavallo di fiume.
    Un tempo gli ippopotami abitavano tutta la bassa valle del Nilo. Per gli antichi Egizi, il loro aspetto tondeggiante e massiccio evocava la dea della fecondità Tueret, che significa Grande femmina della terra, protettrice delle donne in gravidanza, rappresentata con il corpo di una donna gravida e il muso di ippopotamo.
    Ai nostri giorni la sua presenza si limita alla parte centrale dell'Africa dove esistono grandi fiumi, perchè l'ippopotamo ama vivere in acque profonde vicino a praterie e canneti.
    I nemici principali degli Ippopotami sono gli uomini che li cacciano oltre che per la carne anche per l'avorio dei denti che hanno sostituito l'avorio delle zanne dell'elefante il cui commercio è proibito e riducono di continuo i loro territori trasformandoli in terre coltivate.
    L'ippopotamo ha un aspetto tozzo con zampe corte e la testa grande. Il corpo, senza peli, ha una forma cilindrica, pesa mediamente un paio di tonnellate, è lungo come una utilitaria , 3,30-3,75 metri ed è considerato uno degli animali africani più pericolosi ed aggressivi.
    Nonostante la mole l'Ippopotamo è però piuttosto agile, in caso di necessità può caricare o scappare, a 30 chilometri orari circa.
    Quando esce dall'acqua, per nutrirsi (é strettamente erbivoro), sa inerpicarsi facilmente anche su sponde ripide.
    La conformazione della testa è perfetta per consentire all'ippopotamo di restare immerso a lungo: i grandi occhi, le narici e le orecchie, piccole e mobili, sono situati nella parte superiore del muso e si trovano sullo stesso piano (spesso restano le sole parti visibili).
    Quando l'ippopotamo si immerge, chiude le narici e le orecchie.
    Generalmente l'Ippopotamo, che vive in branco, durante il giorno dorme e solo di notte notte esce dall'acqua alla ricerca di pascoli, percorrendo distanze anche superiori a 30 Km.
    Oggi in Africa l'ippopotamo ha ancora un ruolo importante nella vita degli uomini, dei fiumi e dei laghi. E non si tratta solo di un ruolo relativo all'alimentazione: questo animale infatti è parte integrante della cultura dei gruppi etnici in mezzo a cui vive. Per esempio nel delta del Niger, durante il festival dell'acqua di Owu, alcuni partecipanti si mettono in testa una maschera da ippopotamo.




    ....nella mitologia....



    Insieme con Bes (considerato il marito), Taweret, la dea-ippopotamo, nonostante il suo aspetto ripugnante e perfino minaccioso, era una divinità innocua, benevola, godendo di accettazione tremenda in casa egiziana, dove le immagini erano frequenti.
    Come Bes, Taweret è stato anche figurato in innumerevoli amuleti, utilizzato principalmente da donne in gravidanza o in travaglio, che ha assicurato una protezione efficace contro gli spiriti maligni. Come dea protettrice delle donne incinte, che figura appare in aiuole e vasi per la conservazione del latte, nella misura in cui le sue azioni aveva favorito l'abbondanza di latte. I suoi amuleti erano spesso posti in tombe di proteggere la resurrezione, la rinascita del defunto nel regno dei morti.
    Sebbene sia considerata una divinità minore nella religione, divinità Taweret trionfato come il primo progetto in termini di religione e devozione popolare. In realtà, ha guadagnato grande popolarità tra la gente e la classe media dei tempi dei faraoni, come divinità domestiche, che presiede la maternità, la nascita e il primo periodo di lattazione. Non di rado, il suo nome è stato dato a molti bambini, che esprime la devozione personale dei genitori.




    ....nella storia....



    Esistono forme in natura che, sin dai primordi, hanno catalizzato la curiosità dell’uomo e ció dipende forse dal loro essere semplici. Se alla forma si associano suoni o caratteristiche uniche probabilmente la loro efficacia è vincente.
    Si pensi all’essenzialità della sagoma dell’ippopotamo: un insieme di linee curve ed un aspetto compatto che l’occhio umano è in grado di cogliere senza indugio nella sua interezza, escludendo analisi e consentendo agli osservatori di codificarlo senza scomporlo.
    Gli antichi egizi per primi rimasero affascinati dalla sua figura, e se in epoca preistorica ne tracciavano la forma su pendii rupestri o lo materializzavano in rudimentali statuette ben presto seppero elaborare una forma con un contenuto unici al mondo.n quasi tutti i musei egizi del mondo possiamo osservare i deliziosi ippopotami, talvolta definiti “urlanti”perché ritratti con le fauci spalancate.



    ...........oggi.....



    La simpatia e la razionalità di tale sintesi non può essere rimasta indifferente al settore grafico-pubblicitario che periodicamente ricalca l’idea egizia attualizzandola. Ecco ad esempio il simpatico ippopotamo creato dalla Lines negli anni ’80 che propagandava pannolini per bambini.
    Recentemente l’ippopotamo ricompare nei media e dilaga con grande successo di pubblico attraverso il famoso Happy Hippo della Kinder.




    .....la danza delle ore.....in "Fantasia" di Disney......



    Danza delle ore, di Amilcare Ponchielli, è un segmento contenente un comico balletto di ippopotami, struzzi, elefanti e coccodrilli. Un gruppo di struzzi sgranchisce le gambe e sgambetta aspettando la colazione (le ore dell’aurora), risvegliando un gruppo di ippopotami e la loro principessa (le ore del giorno). Mentre la principessa dorme, gli elefanti si esibiscono in una sfilata di bolle di sapone (le ore della sera), scomparendo con un forte vento che introduce i maligni coccodrilli (le ore della notte). Alla fine il principe dei coccodrilli e la principessa degli ippopotami si inseguono, mentre i coccodrilli rincorrono struzzi, elefanti e ippopotami per danzare con loro.




    .......l'ippopotamo e la tartaruga.......



    Un cucciolo di ippopotamo, scampato al maremoto che ha prodotto danni anche sulle coste del Kenya, e' stato adottato da una tartaruga gigante in un giardino zoologico situato nel porto di Mombasa. Lo si e' appreso dalla direzione del Lafarge Park.
    Il piccolo ippopotamo - chiamato Owen - pesa 300 chili. Si trovava alla foce del fiume Sabaki, in cui e' entrata rovinosamente l'ondata di maremoto del 26 dicembre. Separato dalla madre, era stato salvato dalle guardie forestali e portato a Mombasa.
    'E' incredibile, il piccolo ippopotamo, che ha meno di un anno, e' stato adottato da una tartaruga maschio che ne ha cento. E la tartaruga sembra molto contenta di giocare a fare la madre'', ha detto la responsabile del parco, Paula Kahumba.
    ''Dopo avere perso la madre, l'ippopotamino era traumatizzato. Era in cerca di una nuova mamma. Fortunatamente ha trovato la tartaruga e si e' legato ad essa in modo fortissimo. Mangiano e dormono insieme'', ha detto Kahumba, aggiungendo che '' l'ippopotamo segue la tartaruga esattamente come seguirebbe la madre, Se qualcuno si avvicina alla tartaruga, diventa aggressivo ''.
    Per natura gli ippopotami sono animali che vivono in gruppo. Di solito restano con la madre per i primi quattro anni di vita.




    ...un mito africano...


    Quando il mondo fu creato, la pioggia non esisteva. Gli animali erano preoccupati e si riunirono a gruppi per invocare la pioggia lanciando le loro voci verso il cielo. Prima provarono gli elefanti, coi loro barriti, poi gli ippopotami e poi i leoni, ma la pioggia non arrivava. Poi toccò alle giraffe, e agli animali più piccoli: i fenicotteri, i conigli e i topi. Ancora niente. Per ultime toccava alle rane. Tutti gli animali le implorarono di gridare verso il cielo il loro bisogno di acqua. Le rane non aspettavano altro per mettersi a gracidare e così presero a cantare tutte insieme e il loro grido era talmente assordante e sgradevole che il cielo si stancò di sentirlo e si coprì di nubi per attutire quel suono. Ma fu inutile: il gracidio penetrava attraverso la cortina di nubi e così il cielo pensò di affogare le rane per farle smettere una volta per tutte. Mandò giù tanta di quella pioggia che le rane finalmente tacquero contente. E da allora si credono padrone dell'acqua, perchè furono loro a far piovere, e vivono in ogni stagno nella melma, e continuano a gracidare per chiedere la pioggia.



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  10. gheagabry
     
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    Ogni giorno, in Africa, una gazzella si sveglia, sa che dovrà correre più forte del leone o finirà mangiata,
    ogni giorno, in Africa, un leone si sveglia, sa che dovrà correre più forte della gazzella o morirà di fame,
    ogni giorno in Africa non importa che tu sia un leone o una gazzella
    l'importante è che inizi a correre


    LA GAZZELLA



    Con il nome di gazzella si designano numerose antilopi che possono essere suddivise in una dozzina di specie, il cui prototipo è rappresentato dalla gazzella dorcade. E' la più bella specie della fauna desertica, i poeti orientali l'hanno cantata sin dai tempi più antichi. Gli egiziani la consacravano ad Iside.
    Il suo corpo misura da un metro a un metro e venti di lugnhezza, più una dozzina di centimetri per la coda. La sua altezza caria tra i 50 e i 70 cm. Il corpo è robusto, anche se l'esilità delle zampe lo fa apparire minuto. Le corna, presenti sia nel maschio che nella femmina, risultano provviste di anelli e foggiate a lira. Vive nell'Africa settentrionale, in Egitto, in Palestina, in Siria e in buona parte dell'Asia minore.
    Si tratta di un animale tipicamente desertico, che predilige la pianura. Lotta contro la siccità espellendo una minima parte di acqua. I suoi escrementi sono duri e l'urina è molto concentrata. Durante il giorno ricerca assiduamente l'ombra, ed è attiva soprattutto all'alba e al tramonto.
    Presenta un mantello uniforme, il cui colore si confonde con il paesaggio circostante. I branchi sono poco numerosi; le femmine di antilope sono gregarie e con i giovani, formano branchi che si dividono al momento del parto, per ricongiungersi subito dopo. I gruppi costituiscono unità chiuse, che respingono gazzelle che provengono da altri branchi. I maschi si curano delle femmine solo durante il periodo degli amori. In questo periodo danno prova di un forte istinto di proprietà.
    Il territorio viene delimitato con il muco del lacrimatoio, che depongono su pietre e arbusti. Questa marcatura procura all'animale un senso di sicurezza che nel corso di un combattimento, interrompe la lotta per dedicarsi alla marcatura.
    La vegetazione offre solo vegetali secchi e foglie spinose. Sono animali sobri, a volte la rugiada notturna rappresenta il loro unico approvvigionamento di acqua, ma una sorgente è molto apprezzata. La stagione degli amori varia secondo il clima. Durante questo periodo i maschi si cimentano in violenti combattimenti e formano i loro harem. I giovani maschi che non conquistano una femmina, si radunano in branchi fino alla successiva stagione d'accoppiamento.
    Generalmente le femmine danno alla luce un solo piccolo, dopo una gestazione di 5-6 mesi. Nei primi giorni di vita, i neonati, malgrado l'assidua sorveglianza della madre, si dimostrano molto incauti e sono facili prede per l'uomo e i carnivori.



    .........simbologia.........



    Mio Signore e Maestro, Youssef, / Che Allah gli allunghi la vita, / E’ come le gazzelle del deserto, / Slanciato e di corporatura media, / Con occhi ardenti e dolci allo stesso tempo; / Come le gazzelle è agile ed instancabile.
    In questi versi la donna canta le qualità del suo amato, Youssef, e lo paragona ad una gazzella, in cui convivono dolcezza e violenza allo stesso tempo: un’ambivalenza che possiedono tutte le creature del deserto.
    La gazzella, che in Marocco gode di una sterminata iconografia, dalle primitive pitture rupestri ai francobolli di oggi, è il simbolo di femminilità per eccellenza: fragile, dolce, aggraziata, è l’appellativo più frequente per indicare una donna giovane e attraente. Chiamata Azencot in berbero, nell’Atlante centrale è anche conosciuta come “tamlalt”, ossia “la bianca”. Insieme al montone e alla capra, la gazzella è simbolo di fecondità ed è evocata nei riti propiziatori della pioggia e delle inondazioni durante lunghi periodi di siccità nella valle del Draa. Alcune popolazioni berbere sono solite versare del latte sulle pitture rupestri che raffigurano una gazzella perché il latte e la gazzella sono entrambi simboli di procreazione. La gazzella è anche l’unico animale non domestico di cui si sono trovate tracce nei siti funerari protostorici.
    La sua silhouette sottile e stilizzata ricorre in molti oggetti d’uso quotidiano e nell’artigianato locale, ma è anche il logo di marchi molto diffusi in Marocco, come “Aiguebelle Maroc”, famosa marca di cioccolato, o “La Gazelle d’Or”, lussuoso riad da Mille e una notte che sorge a Taroudannt, nel sud-ovest del Marocco. Una “gazzella d’oro” è il primo premio in palio per i vincitori del Festival del Cinema Mediterraneo di Tangeri.



    ...un racconto....



    Nel cuore della savana...."E’ vero, svegliarsi alle cinque del mattino non è fantastico….ma qui sì. Senti dentro di te, ancora nei sogni, i cori africani, i tamburi mescolati alle voci dei bambini, e questa è la sveglia che vorrei sentire ogni giorno della mia vita. La partenza per il safari è una frenesia di pensieri, la jeep che ti accompagna ti farà sentire i sentieri più dissestati e polverosi (polvere rossa per la precisione) che si siano mai attraversati, e pian piano il sole sorgerà tra lo stupore di occhi di tutte le persone e degli animali che si stanno risvegliando, insieme, nella savana. La magia che accompagna questo viaggio è unica per l’immensità di colori di rumori e di “incontri”..ecco le gazzelle, antilopi, facoceri, babbuini...Nel silenzio assoluto in lontananza le iene che ridono di noi, perché loro quel tramonto lo vedono ogni giorno e sanno che il mal d’Africa s’insinuerà nelle nostre menti, nelle nostre anime, probabilmente per sempre... Ogni giorno che si trascorre in safari, è diverso, puoi non vedere animali per ore e in cinque minuti incontrare tutta la savana in festa. Poco dopo, infatti, ecco due ghepardi, probabilmente due fratelli che se ne vanno a caccia, ignari forse della loro bellezza e sinuosità. Li seguiamo speranzosi ed ecco il mammifero più veloce al mondo sulla terraferma su breve distanza sferrare il proprio attacco fulmineo; un povero cucciolo di gazzella scappa e questa volta si salverà…La caccia non è andata a buon fine ma noi rimaniamo senza parole per la scena cui abbiamo assistito...."



    Il leopardo e la gazzella



    Un leopardo un giorno stava appollaiatoin cima ad un grosso albero,
    faceva caldo nella giungla e lui sembrava molto annoiato.
    Passò di lì una zebra a strisce bianche e nere
    in altre occasioni ne avrebbe fatto una ghiotta cena per diverse sere.
    Ma in quella giornata il leopardo non aveva nessuna intenzione di correrle dietro
    era triste e pensieroso, non aveva voglia di fare caccia
    nemmeno per un piatto così succulento e generoso!
    Passò di lì una gazzella che per sua natura ha tanta fretta
    e ad ogni domanda trova la risposta perfetta.
    "Dalla natura il tuo destino è segnato!!! Tu devi cacciare gli altri animali della giungla
    non ti puoi tirare indietro, così è sempre stato!!!’"
    "Si lo so" rispose il leopardo "ma per questo mio compito ingrato non ho più amici e sono sempre triste ed isolato".
    "Dammi un minuto per pensare e da questo pasticcio ti saprò liberare".
    "Senza far torto alla tua natura con la pancia piena di animali trovati morti continuerai a cacciare, almeno i tuoi amici non dovrai più mangiare!"
    Il leopardo ci pensò giù dall’albero balzò.
    Dovette riconoscere l’astuzia del piccolo animale che da quel momento nominò suo amico e suo consigliere personale.



     
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  11. gheagabry
     
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    «La giraffa ha il cuore lontano dai pensieri.
    Si è innamorata ieri, e ancora non lo sa.»

    Stefano Benni



    LA GIRAFFA




    La giraffa (il cui nome scientifico è giraffa camelopardalis) è un animale timido e riservato riconoscibile immediatamente per la conformazione fisica e soprattutto per il lungo collo.
    Quest’ultimo è importantissimo per la sopravvivenza di questo mammifero africano proprio perché gli permette di arrivare anche a foglie di alberi alti, soprattutto acacie.
    Il collo può arrivare anche negli esemplari adulti a misurare fino a 3 metri.
    Che sia, quindi, il mammifero più alto tra tutti gli animali terrestri è indubbio dal momento che arriva anche a misurare 5 metri complessivamente.
    Un’altra caratteristica della giraffa è la sua lingua blu muscolosa e appiccicosa che aiuta l’animale a strappare il fogliame con meno difficoltà. Quando il fogliame è ricco di linfa possono anche resistere alla sete per diversi giorni.
    Come i cavalli, le giraffe riescono a dormire in piedi anche se sono capaci di passare diversi giorni in attività senza riposare.
    Le giraffe sono generalmente animali inoffensivi organizzati in branco contenente anche 10 esemplari. Questi animali sono decisamente sgraziati da vedere al galoppo ma nonostante la presunta lentezza in realtà si spostano velocemente perché ad ogni “passo” avanzano anche di 5 metri alla volta.
    La durata media della vita è di circa 10 anni e la stagione degli amori varia tra Luglio e Settembre.
    Nasce un piccolo alla volta e sono rarissimi i casi di gemelli.
    L’unico vero nemico delle giraffe ( escludendo l’uomo ), è il leone l’unico predatore di questo “gigante” della steppa.
    Il termine "giraffa" deriva dall'arabo e probabilmente dalla parola "xirapha" che significa "colui che cammina molto velocemente".

    Il record di altezza ottenuto da questo animale è 5,87 metri, mentre il suo peso massimo è 2.000 Kg, il suo collo misura 3 m, mentre la lingua molto muscolosa ( di colore blu ) misura 60 cm circa.

    La giraffa non assomiglia a nessun altro animale; la si riconosce grazie al collo e le zampe lunghissime, il corpo massiccio, il dorso inclinato, la testa fine ed elegante, i grandi occhi con lunghe ciglia e le due o tre singolari sporgenze ossee, ricoperte di pelle che si ergono sulla fronte. L'altezza del corpo e del collo fanno si che la giraffa sia l'animale più alto e in proporzione, quello più corto fra tutti i mammiferi. La lunghezza del corpo è di 2,25 m, l'altezza può superare i 5 m, la coda misura un metro. I maschi adulti arrivano a pesare fino ad una tonnellata, mentre le femmine non superano i 600 kg. La testa, già allungata, sembra più lunga data la forma stretta del muso; la lingua, lunga e ruvida, può raggiungere i 50 cm di lunghezza. Le labbra sono molto mobili e le ampie narici si chiudono a volontà. La fronte presenta due protuberanze che ricordano vagamente delle corna; risultano più corte dei grandi orecchi aguzzi; una terza sporgenza ossea, arrotondata, più o meno sviluppata, cresce fra gli occhi. Il collo, quasi della stessa lunghezza delle zampe anteriori, è sottile, appiattito lateralmente e ornato, nella parte posteriore, di una corta criniera. Nonostante la lunghezza, il collo presenta solo sette vertebre. La pelle molto spessa e ricoperta di peli. Il mantello della giraffa è giallo fulvo, biancastro nella parte inferiore e disseminato di larghe macchie irregolari di colore bruno ruggine più o meno scuro.

    Fin dagli egizi la giraffa era ben conosciuta e molto più diffusa di adesso. Attualmente si trova in numerose regioni dell'Africa, a sud del Sahara, fino al fiume Orange. Le giraffe si dividono in due grandi gruppi; gli esemplari del gruppo settentrionale presentano macchie fitte e di forma angolosa, ciò che conferisce agli spazi chiari che le separano l'aspetto di un reticolato. Gli arti sono bianchi e il terzo corno frontale appare evidente. I rappresentanti del gruppo meridionale sono ornate di macchie e il colore frontale è poco appariscente. Le macchie del mantello hanno forme varie, sono meno nette e più spaziate. La giraffa vive esclusivamente nelle steppe disseminate di alberi e cespugli. La si può incontrare fino a 1.700 metri di altitudine.





    Dio in realtà non è che un altro artista.
    Egli ha inventato la giraffa, l'elefante e il gatto.
    Non ha un vero stile: non fa altro che provare cose diverse.
    - P.Picasso -


    ....la costellazione....



    J. Hevel (1611-1687), generalmente noto con la forma latinizzata del suo nome in Hevelius, visse a Danzica, dove fece costruire un osservatorio astronomico nel 1641. Si deve a lui la costellazione della Giraffa, che i Greci cchiamarono "Camelopardis" perché ha il muso di un cammello e le macchie del leopardo. E' formata con alcune stelle di modesto splendore, comprese tra l' Orsa Maggiore, l' Orsa Minore, Cassiopea, Perseo e l' Auriga.
    Stupisce sapere che la Giraffa venne introdotta solo nel 1624 da Jakob Bartsch, genero di Keplero, nonostante sia collocata nelle vicinanze d’asterismi molto antichi e dalla lunga tradizione mitologica. Precedentemente in questa zona sono esistite altre costellazioni che poi sono state dimenticate o non hanno avuto fortuna, quali il Cammello, il Custode delle messi e la Renna.





    .....una favola....



    Quando nacque, in una notte di luna piena, la sua mamma la strinse a sè e la riempì di tenere coccole, tanto era felice di aver messo al mondo una creatura così bella.
    Era in effetti una giraffa molto carina e, dopo pochi giorni, riusciva già a stare ritta sulle proprie zampe, coraggiosa e curiosa di conoscere quel mondo che le pareva, a prima vista, meraviglioso ed accogliente.
    Tutti gli animali si complimentavano con lei quando la vedevano passeggiare tra il verde e facevano a gara per darle suggerimenti e consigli.
    La sua vita di società divenne alquanto intensa: le zebre la invitavano a giocare con loro, mamma gorilla le raccontava tante storie e Baby, così si chiamava la piccola giraffa, era tanto felice.
    Si nutriva a volontà e cresceva velocemente. Soltanto il collo non voleva saperne di allungarsi come è consuetudine della sua razza. Infatti il suo corpo era sorretto da quattro lunghe zampe ma il collo era veramente corto.
    Mamma Giraffa non sapeva spiegarsi il perchè ma neppure si disperava, amava così tanto la sua creatura che era certa che col tempo tutto si sarebbe sistemato.
    Baby però vedeva le altre giraffe che, per toccar terra o immergere il muso nell'acqua per bere, si esibivano in vere e proprie acrobazie: lei non faceva alcuna fatica e cominciava a domandarsi il perchè.
    "Mamma, perchè il mio collo non è come gli altri?" chiese un giorno pensierosa. "Non è nulla, piccola mia, non ti devi preoccupare. Vedrai che prima o poi, come per magia, si allungherà e potrai mangiare da sola direttamente dagli alberi, anche quelli più alti" la consolò la madre.
    "Magia? Chissà che avrà voluto dire... Magia... Magia..." ripetè dirigendosi verso il fiume per bere.
    E mentre si dondolava sulle zampe, domandava agli animali che incontrava cosa fosse la "magia", ma non ebbe risposta.
    Aveva appena immerso il musetto nell'acqua fresca per dissetarsi, quando si accorse di un'ombra scura poco distante nel fiume.
    "Ciao, chi sei tu che ti muovi nell'acqua?" domandò l'ingenua giraffa, ma non ottenne risposta.
    "Io mi chiamo Baby e tu?" riprese gentilmente. Silenzio anche questa volta. Osservò attentamente quell'essere che sembrava un pesce ma era troppo grosso e pure alquanto brutto, tutto scuro, con un faccione lungo ed appuntito da incuterle timore.
    "Che sia la magia?" disse tra sè la giraffa.
    "Senti, toglimi una curiosità: ti chiami per caso Magia? La mamma ha detto che il mio collo si allungherà quando incontrerò la magia..."
    A sentire quelle parole, la misteriosa creatura si mosse verso la piccola facendo fuoriuscire dallo specchio d'acqua il suo muso lungo contornato da una fila di denti aguzzi da far rabbrividire: era un coccodrillo.
    "Certo che sono la magia, avvicinati così mi potrai osservare meglio" la invitò l'astuto coccodrillo.
    La piccola ed ingenua Baby, felice di poter veder realizzato il sogno di avere finalmente un collo lungo come le altre giraffe, si avvicinò all'animale, ignara del pericolo.
    "Eccomi, cosa devo fare?" domandò.
    "Avvicinati, che compio la magia" rispose il coccodrillo aprendo l'enorme bocca, già pregustando un lauto pranzetto.
    Tutta contenta ed emozionata, Baby fiduciosa abbassò il collo nell'acqua in direzione della magia… Già immaginava di tornare dalla mamma con il collo allungato e di mangiare, finalmente da sola, le foglioline più verdi dai rami degli alberi più alti.
    All'improvviso il coccodrillo le prese il piccolo collo tra i denti ed iniziò a tirare, tirare, tirare... Baby, spaventata, iniziò a puntare le zampe a terra tra il fango e, con le lacrime agli occhi, si mise ad urlare e a chiedere aiuto.
    Poco distante stava riposando l'elefantino Birba il quale, sentendo il vociare della piccola amica, si precipitò verso il fiume in suo aiuto.
    Birba, con i suoi 200 chili di peso, si scaraventò arrabbiatissimo sul coccodrillo, lo afferrò con la proboscide e gli fece fare un volo di diversi metri, mandandolo a finire sulla riva opposta.
    Baby, si stringe all'amico piangendo ed insieme tornarono a casa.
    Saputo dell'accaduto, la mamma rassicurò la piccola e le disse: "Baby, la natura ha voluto che tu fossi speciale. Quando sarai grande capirai da sola il significato delle mie parole. Non temere, anche se non possiedi un collo lungo 2 metri sei per me la più bella giraffa di tutta la savana: sei figlia mia". Tutti gli amici animali si strinsero loro attorno, ognuno con una parola affettuosa.
    Baby e Birba, tranquilli e spensierati, si misero a correre tra l'erba alta, uno con la sua lunga proboscide e l'altra con il suo collo rimasto corto, mentre la giornata volgeva al termine.
    - gretablu -



    «Io conosco il canto dell'Africa, della giraffa e della luna nuova africana distesa sul suo dorso.
    Degli aratori nei campi e delle facce sudate delle raccoglitrici di caffè...
    Ma l'Africa conosce il mio canto?»
    - Karen Blixen -





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  12. gheagabry
     
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    La verità è un rinoceronte che dorme
    (Anonimo)


    Il RINOCERONTE



    Ciò che appare più evidente in questa specie, oltre alla mole, è sicuramente il corno o le corna sul muso. Entrambe le specie africane e il rinoceronte di Sumatra possiedono due corna (di cui uno più sviluppato), mentre le altre specie asiatiche ne hanno uno all’estremità del naso.
    Le robuste zampe sostengo un peso notevole, che può variare dagli 800 kg (per 250-315 cm di lunghezza) del rinoceronte di Sumatra ai 2300 kg del rinoceronte bianco (per 370-400 cm di lunghezza).
    Il rinoceronte bianco presenta un evidente gobba dietro il collo, contenente i legamenti per sostenere la pesantissima testa.
    I maschi dei rinoceronti bianco ed indiano sono molto più grandi delle femmine, mentre nelle altre specie non c’è un’evidente differenza tra i due sessi.
    Il rinoceronte bianco e nero si differenziano soprattutto per la conformazione delle labbra e del cranio: nel primo il cranio è più allungato e permette di strappare l’erba, nel secondo il labbro superiore è prensile e gli permette di mangiare le estremità delle piante. In realtà le due specie presentano colorazioni simili, il nome rinoceronte nero è originato dal fatto che, in alcune zone, ha assunto un colore leggermente più scuro per il tipo di terreno nel quale vive...La vista del rinoceronte è scadente, tanto da non riuscire a distinguere una persona ferma a 30 m; inoltre gli occhi sono posti lateralmente e, quindi, prima osserva con un occhio e poi con l’altro. L’udito è buono e riesce a percepire anche il suono più basso.
    Tutti i rinoceronti sono erbivori, e necessitano di una gran quantità di foglie ogni giorno. Dipendono anche dall’acqua dove quotidianamente si dissetano e sguazzano nel fango, ma nel caso in cui l’acqua scarseggi possono resistere anche 5 giorni senza bere. Il fango è estremamente utile per proteggere la pelle dagli insetti.
    La femmina è in grado di accoppiarsi dai 5 anni, anche se il primo parto giunge dopo 1-3 anni. Nasce un unico piccolo, e si devono attendere altri 2-4 anni per un'altra gravidanza. Le femmine si isolano per partorire. Alla nascita il piccolo è appena il 4% del peso della madre, oscillando dai 40 ai 65 kg. Dopo circa 3 giorni il neonato è in grado di seguire la madre, la quale è estremamente attenta e protettiva. Generalmente il piccolo rinoceronte cammina davanti alla madre, eccetto che nel rinoceronte nero nel quale il piccoli insegue la madre. Gli accoppiamenti si concentrano nel periodo delle piogge, cosicché le nascite avvengono dalla fine del periodo delle piogge sino a metà della stagione secca.
    Il rinoceronte è una specie solitamente solitaria, eccetto che nel periodo degli accoppiamenti e quando la madre cresce il figlio. Tra le cinque specie, il rinoceronte bianco presenta la maggior socialità: i giovani maschi, talvolta, creano dei gruppi e le femmine possono accettare di essere accompagnate da maschi immaturi. Al massimo il gruppo può essere costituito da 7 individui.
    Il rinoceronte ha la fama di una specie aggressiva, in realtà esso si difende caricando se disturbato e minacciato. Il più grande fra i rinoceronti, il rinoceronte bianco, è anche il più inoffensivo; spesso gli individui di questa specie si pongono in formazione di controllo, ponendo la schiena una vicina all’altra e osservando l’orizzonte: questo sistema da un lato è utile per difendersi dall’attacco di alcuni Carnivori, come la iena o il leone, dall’altro rende gli animali vulnerabili ai cacciatori...Se non disturbato il rinoceronte può essere un animale rumoroso, emettendo sbuffi, squittii, ruggiti.



    ......nella storia........


    L'immagine di un animale raro, inconsueto a vedersi, incuriosisce sempre. Ma c'è un animale che attrae in modo particolare.
    Ogni tanto, attraverso i secoli, ricompare. E sempre con significati diversi e sorprendenti: è il rinoceronte.
    La prima volta, il 20 maggio del 1515, entrò nel porto di Lisbona su una nave, carica di spezie e merci preziose. Veniva da Goa, trasportato come un dono favoloso da parte di un sultano indiano per il re Manuel del Portogallo. Era dall’antichità che non s'era più visto in Europa. Era, dunque, un animale misteriosissimo, destinato al serraglio reale. Un regalo sontuoso, visto che avere animali esotici era segno di potere. Leoni, orsi o elefanti c'erano già, custoditi in ambienti appositi nei palazzi e nei giardini reali. Ma il rinoceronte mancava. Se ne conosceva l'esistenza nei testi classici; se ne favoleggiava, nel Medioevo, ma nei primi del ‘500, era una assoluta novità. Il re ne fu estasiato e chiamò a esaminarlo, artisti e scienziati da tutta Europa. In suo onore fu subito organizzato un combattimento con un elefante, il solo che sembrava potesse stargli alla pari, per dimostrare che era il più forte degli animali, l’unico degno della corte di un re. L’elefante, troppo giovane e impaurito, scappò immediatamente, confermando la fama di invincibilità del rinoceronte, subito esaltato come il più potente animale mai visto. Qualche mese dopo, Manuel I decise di farne dono al papa Leone X che sapeva appassionato di animali esotici. Fu organizzato un viaggio per mare e un altro re, Francesco I di Francia, approfittò di una sosta della nave a Marsiglia per andare a vedere quello che era considerato un portento della natura. Prima di arrivare a Roma, all’altezza di Porto Venere, la nave fece naufragio e il rinoceronte sparì tra i flutti. Quando la carcassa riaffiorò, fu impagliata e inviata, così, al pontefice.
    Sempre nel 1515, Albrecht Dürer, già celebre all’epoca, dedicò al rinoceronte un’incisione su legno (una xilografia) che ottenne un successo enorme. Nella sua bottega a Norimberga aveva ricevuto, una lettera da Lisbona con uno schizzo e la descrizione dello straordinario animale...Sotto una scritta, che ne ricorda le circostanze dell’arrivo, compare un esemplare enorme con la pelle spessa che assomiglia a una armatura a placche metalliche.
    Dürer, ovviamente, un rinoceronte vivo non lo aveva mai visto; tanto che nella stampa lo raffigura - erroneamente - con un secondo corno sul dorso. Si era lasciato trasportare dalla fantasia e, forse, con il secondo corno rievocava, una di quelle micidiali punte metalliche che completavano le armature da guerra, all’altezza delle spalle. Il rinoceronte rappresentato come animale guerriero, dunque: una sorta di mostro leggendario, mutuato da un passato remotissimo o da un luogo alieno. Questa immagine, aggressiva e potente, ebbe una grande divulgazione e fu ricopiata e incisa per quasi due secoli.
    (grazia, senza dedica - blog)



    Cosa sa, cosa sa
    che gli animali sono esseri scorrevoli;
    però il rinoceronte ha il freno a mano,
    l'amore è un gesto pazzo come rompere
    una noce con il mento sopra il cuore.....
    (lucio battisti)




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  13. gheagabry
     
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    Le zebre

    Gli etologi hanno scoperto che, a causa della loro disposizione particolare delle strisce e quindi
    per la caratteristica zigrinatura del mantello, le zebre sono le meno attaccate dagli insetti



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  14. gheagabry
     
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    Il mantello a strisce delle zebre è da tempo oggetto di dispute all’interno della comunità scientifica. Nel corso degli anni sono state prodotte diverse teorie per spiegare come mai le zebre, appartenenti alla famiglia degli Equidi (la stessa dei cavalli), si siano evolute ricoprendosi di strisce bianche e nere, ma nessuna ipotesi si è rivelata del tutto soddisfacente. Una recente ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Journal of Experimental Biology, ha riportato di attualità l’annosa questione ipotizzando che il mantello delle zebre sia fatto così per respingere gli insetti che si nutrono del loro sangue, come i tafani.



    Lo studio è stato realizzato da un gruppo internazionale di ricercatori in Svezia e Ungheria e, stando alle loro conclusioni, tutto dipende dal modo in cui il mantello delle zebre riflette la luce. Il team ha iniziato lo studio prendendo in considerazione il manto dei cavalli di colore nero, marrone e bianco. I ricercatori si sono così accorti che nel caso del nero e del marrone, la luce viene riflessa in forma polarizzata lungo un piano orizzontale. In pratica, i fasci luminosi che disordinatamente colpiscono il cavallo vengono in parte riflessi dal mantello in una forma più ordinata che segue un particolare piano. Questo effetto attira molto alcuni insetti, come quelli volanti che si nutrono con il sangue dei cavalli.
    A differenza dei mantelli scuri, quelli bianchi riflettono la luce in forma non polarizzata: le onde elettromagnetiche viaggiano su ogni piano e per questo attraggono con minore facilità i tafani. Per questo motivo, i cavalli con il mantello bianco sono di solito molto meno infastiditi da simili insetti rispetto agli altri equini con colorazioni più scure. Ma che cosa succede nel caso delle zebre?



    Per scoprirlo i ricercatori hanno collocato nel recinto di un allevamento di cavalli in Ungheria un pannello nero, uno bianco e una serie di pannelli a strisce bianche e nere di diverse dimensioni. Le tavole erano cosparse con una speciale colla per trattenere gli insetti, rendendone più semplice il conteggio. Il pannello con le strisce bianche e nere disegnate in modo da imitare il più possibile il manto delle zebre ha attirato meno insetti rispetto a tutte le altre tavole usate nell’esperimento, pannello bianco compreso.



    «Si è trattata di una vera sorpresa per noi perché nel caso delle strisce hai ancora delle aree scure, che riflettono orizzontalmente la luce polarizzata. Ma più erano sottili le strisce (e quindi simili a quelle delle zebre), meno i tafani venivano attirati» ha spiegato alla BBC Susanne Akesson della Università di Lund (Svezia). Per avere ulteriori conferme, i ricercatori hanno poi affinato l’esperimento usando quattro modelli a forma di cavallo con il manto nero, bianco, marrone e a strisce cosparso di colla. Dopo diversi giorni di osservazioni, sono arrivati alle stesse conclusioni: il modello con il mantello simile a quello delle zebre attira meno insetti.



    Lo studio da poco pubblicato sul Journal of Experimental Biology sembra confermare una precedente ricerca, svolta nei primi anni Ottanta del secolo scorso, dove veniva ipotizzato che le strisce servissero per confondere il sistema visivo di alcuni insetti volanti ghiotti del loro sangue. Questa versione non convince comunque del tutto altri ricercatori ed esperti, che nel corso del tempo hanno elaborato altre teorie sulla particolare colorazione del mantello delle zebre. Inizialmente si pensava che questi animali fossero bianchi con strisce nere, ipotesi sostenuta dal fatto che alcuni esemplari hanno il ventre bianco. Analizzando gli embrioni si è, invece, scoperto che le zebre sono animali dal manto scuro e che le strisce bianche sono quindi degli “extra”. Generalmente sono verticali dalla testa a circa due terzi del corpo di ogni esemplare, poi si inclinano cambiando direzione e diventando orizzontali. Raramente sono verticali sulle zampe.



    Le ricerche scientifiche più datate o tradizionali ipotizzano che le zebre siano a strisce per mimetizzarsi nell’erba. I leoni, tra i principali predatori di questi animali, non distinguono bene i colori (altri sostengono che non li vedano) e potrebbero quindi essere ingannati dal mantello di questi animali, che inoltre visto da lontano diventa grigio. Le zebre vivono in mandrie e da una certa distanza in poi non è facile distinguere un esemplare dall’altro proprio a causa delle strisce sul manto. Altre ricerche si sono concentrate sulla forma delle strisce bianche e nere, arrivando a ipotizzare che servano agli esemplari di una stessa mandria per distinguersi e riconoscersi. C’è anche chi ipotizza che le strisce corrispondano alla distribuzione del grasso sotto pelle e che servirebbero quindi per regolare meglio la temperatura delle zebre nella savana. Infine, sono state formulate anche ipotesi su una possibile funzione del mantello legata all’accoppiamento: gli esemplari senza ferite e cicatrici hanno un manto regolare, senza interruzioni nelle loro strisce, un segnale importante per la ricerca di un compagno in salute con cui mettere su famiglia.

     
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  15. gheagabry
     
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    scatto di Diego Arroyo

     
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