FAVOLE DEL BUONGIORNO

.... per un buon inizio di giornata....

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    C’era una volta, o forse due…

    O forse c’è ancora, anzi direi proprio c’è ancora… nel boschetto più a nord del Parco Nord, un Coniglio un po’ particolare, di cui ogni abitante del parco conosce la storia, divenuta ormai leggenda……

    Non c’è tana, nido, o laghetto dove una mamma non racconti ai suoi piccoli le avventure del coraggioso Timoti: un normale coniglio selvatico, di quelli che si intravedono allegramente scorrazzare qua e là nei boschi, ma “diverso” da tutti gli altri conigli.

    Era nato con “un qualcosa”che lo rendeva davvero speciale: Timoti sapeva ruggire!!!!!!!

    Un coniglio che ruggisce…che invenzione è questa?I conigli di solito non ruggiscono vero? Emettono un verso simile a ….simile a ….boh non so , ma di sicuro non simile a un ruggito.

    Per non parlare poi del fatto che i conigli, resti tra noi, sono degli animali particolarmente timidi e, si sa, non di certo famosi per il loro cuore di leone: “Sei un coniglio” lo senti dire appunto a chi fa sempre la parte del fifone e si spaventa di tutte le novità che può incontrare fuori dalla sua tana.

    Tornando però alla storia di Timoti…
    Timoti era un coniglio “diverso”, tutto era fuorché non coraggioso, ma anche lui a volte aveva provato un po’di paura: ad esempio quando un fulmine, durante un temporale estivo, aveva abbattuto il fusto di un grande albero che cadendo aveva distrutto la sua tana, o ancora di più quando il suo fratello maggiore si era spinto su viale Fulvio Testi,e, senza percorrere la passerella, aveva attraversato la strada piena di macchine sfreccianti durante l’orario di punta.

    Sì, Timoti conosceva la paura, ma proprio per questo era divenuto coraggioso, perché essere coraggiosi vuol dire proprio conoscere la paura e nonostante ciò decidere di affrontarla…e il nostro amico in questo era un esperto.

    Ancora piccolo, ogni volta che aveva paura, Timoti emetteva un ruggito così potente che le foglie cadevano dagli alberi anche se non era autunno, un ruggito così potente da spaventare l’intero bosco e svegliare dal letargo anche gli animali più pigri, conosciuti per il loro sonno pesante: le uova dei nidi ad ogni ruggito si riempivano di impercettibile crepe, i pesci degli stagni rimanevano a bocca aperta bevendo un sacco di acqua, i bambini che giocavano a pallone scappavano di corsa a rifugiarsi sotto la gonna della mamme, anch’esse tremanti e incredule per quello che avevano sentito: senza dubbio il ruggito di un leone.

    Che bel pasticcio quando al parco si diffuse la notizia del segreto di Timoti: il Gran Consiglio degli Animali si riunì e la decisione fu unanime e irrevocabile: Timoti avrebbe dovuto lasciare i boschi e ritirarsi a vita solitaria, su su su sulla Montagnetta.

    Timoti triste e sconfortato non fece nessuna obiezione, salutò gli amici e partì per la sua nuova casa.
    Solo che la solitudine era troppa da sopportare, anche per un coniglio coraggioso come lui, e di notte, quando il bosco dormiva, Timoti tornava alla sua vecchia tana, si fermava a guardare i fratelli dormire sereni, correva per i prati della sua infanzia, e poi tornava alla Montagnetta un po’ meno triste e sconfortato..ma solo poco poco meno.

    Durante una di queste spedizioni notturne, Timoti si accorse che al bosco vecchio c’era qualcosa che non andava, si nascose dietro al grande olmo, vicino alle tane dei suoi fratelli conigli e osservò in silenzio: due uomini vestiti di nero, con passi felpati, si avvicinavano alle tane e stavano per stendere una grande rete per imprigionare tutti i conigli ancora addormentati e ignari della fine che li aspettava: una bella tavola imbandita, con tante patate arrosto…

    Timoti capì tutto in un solo momento: era un’imboscata, la famiglia dei conigli era in pericolo.
    Prese il respiro più profondo che poteva, e con tutta la forza che aveva nei polmoni emise un ruggito così spaventoso che i due bracconieri si la diedero a gambe levate senza pensarci due volte: un leone stava alle loro costole, un leone inferocito e probabilmente molto molto affamato.

    I due ladri di conigli raccontano ancora che quella notte un leone era fuggito da un circo e era andato a trovar alloggio proprio nei boschi del Parco Nord…ma si sa, gli adulti non è che abbiamo molta fantasia…

    L’importante è che Timoti da quel giorno fu riaccolto a casa come un eroe e a lui fu affidata la sicurezza del bosco.
    E ancora oggi se qualcuno si fa un giro nel boschetto più a nord del Parco Nord e sente provenire dalle frasche un insolito ruggito…niente paura è sempre quel piccolo, selvatico, coraggioso, coniglio Timoti che sta facendo il suo lavoro di guardiaparco.



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    Malahide-Castle-2

    Non c’era, in tutta quella vasta regione d’Irlanda, chi non conoscesse il castello del re. Era tanto grande che occupava un’intera radura, al centro di una bellissima vallata verde; ed era tanto splendente (perché fatto di purissimo cristallo) che lo si scorgeva balenare da mille miglia di distanza.
    Ma il re, che invecchiando diventava sempre più malvagio e sospettoso, aveva fatto circondare il castello da altissime mura e dentro il castello accoglieva soltanto i suoi amici più ricchi e potenti per i quali continuava a dare ogni giorno sontuose feste.
    Quegli ospiti del re potevano godere di un privilegio ben più importante. Bisogna infatti sapere che intorno al castello regale si apriva un giardino e che nel bel mezzo di quel giardino c’era una fontana dalla quale sgorgava un’acqua miracolosa: bastava berne pochi sorsi e si usciva guariti da qualsiasi malattia.
    I sudditi dei quel regno ricordano che un tempo da quella fonte aveva potuto attingere acqua chiunque ne avesse avuto bisogno, poi, come già sappiamo, il re era diventato avaro e geloso tanto che aveva severamente proibito ai popolani di entrare nel giardino, pena la morte.
    Cosicché, ormai, soltanto i nobili e i ricchi del regno, quelli che erano ammessi a corte, potevano bere quell’acqua se erano affetti da una qualche malattia, subito guarivano.
    Un giorno il re, divenuto ancor più vecchio e ancor più cattivo, ordinò che nessuno più bevesse l’acqua della sua fontana miracolosa. Nemmeno i più ricchi e i potenti, neppure i suoi più fedeli cortigiani.
    Comandò che un muro altissimo venisse innalzato intorno alla sorgente, un muro invalicabile, che fosse per di più guardato giorno e notte da sentinelle armate.
    Il re continuava tuttavia a dare feste sontuose, nelle quali si radunavano le dame più ricche e i cavalieri più nobili del regno.
    Ogni giorno, nel cuore della festa, si ripeteva la solita scena: schiere di infelici malati si trascinavano davanti al cancello di pesante ferro del giardino invocando che fosse loro concesso di bere qualche goccia dell’acqua miracolosa, ma le guardie respingevano bruscamente quella folla, aggiungendo però parole che finivano per procurare, a quegli infelici, un po’ di conforto:
    ” Vorreste entrare proprio voi, a bere quell’acqua, quando non possono più berla nemmeno i potenti amici del re ?!”
    Intanto l’acqua aveva continuato a sgorgare; ma non trovando più la buona terra del giardino sulla quale scorrere per lasciarsi poi lentamente assorbire, non aveva potuto far altro che accumularsi dentro l’angusto spazio delle alte mura erette intorno alla sorgente; e sali e sali, ecco che un bel giorno il livello dell’acqua raggiunse l’orlo di quelle mura.
    Una guardia, di servizio proprio lì sotto, sentì all’improvviso pioversi sulla testa, ma il cielo era sereno e allora non seppe far di meglio che mettersi a urlare:
    ”Allarme! Allarme!”
    Ma il grido fu inutile. L’acqua si rovesciava ormai a fiotti giù da quella specie di torre, con tale intensità che in breve invase le sale del castello, travolgendo dame e cavalieri riuniti come sempre per le loro feste da ballo.
    Il re capì, troppo tardi, che era stato lui l’artefice di quel disastro ma non ebbe tempo neppure di pentirsene: l’acqua, facendo gorghi e mulinelli, sommerse l’intero castello di cristallo e continuò a salire, a salire, prodigiosamente.
    L’indomani, agli abitanti dei villaggi vicini si offrì uno spettacolo davvero inatteso: al posto delle alte torri scintillanti al sole, al posto delle mura risplendenti di cristallo, essi trovarono un lago, un grande, tranquillo lago che occupava l’intera vallata, accogliendo nelle sue limpide acque i raggi del sole e restituendo mille variopinti riflessi, dentro le acque si scorgevano, capovolti, gli alberi dei boschi circostanti e le cime dei monti, che vi si rispecchiavano.
    Ma qualcuno dice che al tramonto del sole, quando ogni altro riflesso di luce naturale si è spento, giù giù sul fondo delle acque azzurrine si vedono strani bagliori. Sono le stupende torri di cristallo, rimaste intatte, sepolte nell’acqua; e qualche volta (così almeno assicura qualcun altro) si odono anche cupi, lontani lamenti, dispersi dallo sciabordare delle acque increspate dal vento.



    FIABA POPOLARE IRLANDESE
     
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361 replies since 9/7/2010, 15:31   28701 views
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